Assolutismo

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Assolutismo
Con il termine assolutismo si intende un sistema politico in cui a regnare è un'unica persona, sciolta da ogni vincolo di
controllo politico (absolutus in latino, participio passato di absolvo, significa infatti slegato, sciolto).
Dalla fine del Medioevo, in vari Stati si assiste all’affermazione di un potere centralizzato contro l'anarchia feudale.
Strumenti di tale affermazione sono:
 la centralizzazione amministrativa e fiscale,
 la creazione di una burocrazia stipendiata, per compiti amministrativi e fiscali,
 il controllo del fisco,
 il controllo dell'amministrazione giudiziaria,
 la creazione di un esercito permanente stipendiato,
 il ridimensionamento di potere dell'alta nobiltà feudale.
Dal punto di vista teorico, a sostegno dell’assolutismo fu sviluppata — già nel Medioevo, ma soprattutto con l’età
moderna — la dottrina del diritto divino dei re, secondo la quale questi ultimi derivano il proprio potere direttamente da
Dio (omnis potestas a Deo, aveva detto San Paolo), e quindi non devono rendere conto del proprio operato ad alcuna
autorità umana, come ad esempio un’assemblea parlamentare.
In Francia, uno dei principali teorici del diritto divino, Jacques-Bénigne Bossuet, affermava alla fine del ‘600 che:
 la persona del re e la sua autorità erano sacre,
 il potere del re doveva essere assoluto, cioè indiviso e superiore ad ogni altro,
 il re esercitava il suo potere come un padre esercita il proprio all’interno della famiglia.
Anche in Gran Bretagna, alla metà del ‘600, Robert Filmer aveva equiparato lo Stato alla famiglia, e sostenuto che il re
era come un padre, che esercita la propria autorità indiscussa nel governo della famiglia.
Pur non condividendo la dottrina del diritto divino dei re, nel corso del ‘500 il francese Jean Bodin aveva sostenuto
l’assolutismo in quanto unico strumento di sviluppo riformatore e di pace sociale contro l’anarchismo feudale. Benché
investiti di potere assoluto, il sovrano doveva tuttavia rispettare la proprietà privata e la libertà personale dei sudditi, e
farsi assistere da un consiglio consultivo. Un altro teorico dell’assolutismo — su base però contrattualistica e non divina
— era stato l’inglese Thomas Hobbes, il quale, tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, affermò che soltanto il potere
assoluto e illimitato del sovrano, costituito dall’irreversibile trasferimento alla sua persona di tutti i diritti individuali dei
sudditi, sarebbe stato in grado di assicurare l’ordine e di regolare gli inevitabili conflitti tra gli uomini.
Modelli:
1) Francia (modello esemplare): accentramento politico-amministrativo, intervento dello Stato nell'economia, forte
esercito permanente reso necessario dal pericolo di accerchiamento asburgico, ridimensionamento del potere della
nobiltà ottenuto favorendo l'ascesa — economica e in una certa misura politica — di una borghesia fedele alla corona e
capace di fare da contrappeso allo strapotere nobiliare e di accrescere allo stesso tempo la ricchezza economica del
paese, ora in grado di sorreggere meglio l'accresciuta pressione fiscale imposta dal processo di riorganizzazione.
2) Inghilterra: accentramento politico amministrativo e intervento dello Stato a sostegno dell'economia,
ridimensionamento del potere della nobiltà ottenuto favorendo l'ascesa — economica e in una certa misura politica —
di una borghesia fedele alla corona e capace di fare da contrappeso allo strapotere nobiliare e di accrescere allo stesso
tempo la ricchezza economica del paese. L'assenza però di un forte esercito permanente (reso inutile dalle difese
naturali dell'isola), la scarsa omogeneità del regno (diviso fra Inghilterra anglicana, Scozia presbiteriana — cioè
calvinista — e Irlanda cattolica) e la particolare forza e consapevolezza di sé raggiunte dalla borghesia nel corso di un
processo di sviluppo proto-capitalistico (realizzatosi in modo più lineare e ampio che altrove) costituiranno alla lunga
motivi strutturali di debolezza della monarchia nei suoi propositi di realizzare un modello di assolutismo alla francese,
fino a sfociare nelle rivoluzioni della metà del '600.
3) Impero: in generale, il titolo imperiale si connetteva a una tradizione universalistica incompatibile con gli interessi
particolari della nazione germanica. L'affermazione dello Stato assoluto significa infatti l'instaurazione di un potere
centrale forte in un territorio relativamente unitario e omogeneo. Ma il rafforzamento del potere principesco in seguito
alla Riforma protestante (che aveva in qualche modo ostacolato la libera espansione delle forze borghesi
sottomettendole a una classe feudale incapace di interpretarne gli interessi), la scarsa omogeneità dell'impero diviso fra
cattolici e protestanti, l'esito negativo della guerra dei Trent'anni (che vedrà alla fine la vittoria della Francia)
costituiranno altrettanti motivi di debolezza dell'autorità imperiale, destinata a svilupparsi in senso assolutistico solo nei
suoi domini diretti (l'Austria e la Boemia), perdendo ogni reale influenza sull'area germanica spezzettata in una miriade
di staterelli retti da principi laici ed ecclesiastici.
4) Spagna: il rigido accentramento politico-amministrativo e l'intervento e la presenza di un forte esercito permanente,
reso necessario dalla politica di potenza che la Spagna persegue sul continente, incammineranno la Spagna sulla via
dell'assolutismo che tuttavia, a differenza degli altri modelli analizzati, poggerà sul rafforzamento della nobiltà a
discapito dello sviluppo economico e sociale, impedendo tanto la nascita di una vera borghesia quanto l'evoluzione
dell'economia in senso proto-capitalistico (l'eccessivo prelievo fiscale reso necessario dalle continue guerre non farà che
accentuare tale processo). Assai più che negli altri paesi, l'assolutismo spagnolo si realizzerà in quadro caratterizzato
dalla permanenza di numerosi elementi feudali.
5) Stato della Chiesa: il Concilio di Trento rafforza la secolare tendenza papale a realizzare una monarchia accentrata,
contro le tendenze conciliaristiche.
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