La luce artificiale

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“Riflessioni e appunti – Luce Artificiale”
La luce artificiale si è spenta.
Attendo qualche turista impaurito dal temporale che si decide ad uscire dallo
scrigno degli Uffizi, attraversare l’Arno a Pontevecchio per rifugiarsi in
S.Felicita.
Di andarmene non ci penso proprio.
Prima o poi uscirà qualcuno dalla sacrestia che mi cambi la cartamoneta.
Sono qui con le mani strette alle sbarre squadrate dell’inferriata a protezione
dell’altare.
Per quanto sposti la testa non c’è varco che consenta la piena visione della tela.
Nella penombra della cappella Cappone si intuiscono a malapena le figure in un
viluppo ascensionale attorno al busto. Le tonalità dei verdi, gialli, rosa, azzurri,
rossi non si avvertono.
Un concerto cromatico prezioso indistinguibile.
Perché quei colori curiosi, ricercarti, festosi per una deposizione?
Cosa vogliono dire? Potrei chiederlo a voce alta nell’aula vuota rimbombante il
tambureggiare della pioggia.
“Perché ti sorprendi? Hai mai visto un angelo?” sento senza capire.
Schiaccio la fronte tra le sbarre perché mi pare che la voce esca dal quadro “Sono
io, il rosa pallido che copre come una vernice il busto del cranio riccioluto.
Perché ho lasciato l’incarnato alla faccia ed alle gambe?
Per darti una traccia. Un essere sospeso tra il cielo e la terra. Le ali non le vedi?
Santa ingenuità! Lasciamo questi artifizi teatrali al Beato Angelico.
Piuttosto hai apprezzato la leggerezza con cui ho avvolto spalle e terga di
Maddalena? Pesante e bigetto: che c’entra la professione.
Noi non ci facciamo condizionare dalle vostre categorie morali altrimenti
dovremmo essere solo rossi per l’imbarazzo o verdi di rabbia,
“Hey piano con le generalizzazioni, c’è verde e verde. Io sono il verde acquatico
che veste come una tutina da ballo l’angelo femmina che sorregge Maria”
“Lo so bene chi sei. Dimentichi che per coprirti le spalle sono sceso a
compromesso con il rosso che per quanto lo si annacqui non perde il suo carattere
vigoroso. Lasciami dire che non approvo la tua stesura. C’è troppo realiasmo nella
scollatura. E poi quell’imperdonabile caduta di stile del capezzolo inturgidito”
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“Hem. Quante storie per un puntino d’arguzia e poi dimentichi che ti faccio da
zerbino. La tua Maddalena sarebbe così soavemente leggera priva del mio
morbito panneggio? Il tuo sfumato sulle sue natiche avrebbe dovuto lasciare
spazio a colori più “terra a terra””
“Io non copro solo deretani, sia chiaro. Metà dei veli copricapo sono miei. Non ti
scordare la mia ascendenza. Il rosa dell’alba, della primavera, della grazia
femminile.
“Hey esagerato, sei anche il colore dei gusti semplici, dei romanzi per
domestiche, il rosatello nella carta dei vini. Facile da bere leggero da digerire,
frizzante fino al rigurgito”.
Ti rammento il motto: chi di verde si veste di sua beltà si finta. E ciò ti basti a
segnare la distanza”
“Senti, senti. Ci sono ancora angeli vanitosi. Io credevo fossero caduti tutti.
Così sarei l’ingenuo sempliciotto!”
“Una mano di grigio non ti guasterebbe. Gioverebbe ad un carattere intriso di
bucoliche illusioni.”
“Oggi mi tocca sentirne di tutti i colori. Vergogna. Mentre Maria, che ho l’orrore
di vestire, è qui sfinita dal dolore per la morte del figlio. Me lo aspettavo prima o
poi dal rosa, pettegolo esibizionista attento alla cronaca più frivola. Ma tu verde
dimentichi il tuo lignaggio la tua discendenza.
Le divise grigioverdi diverranno il simbolo del potere temporale seconda solo a
quella spirituale che io, il blu in tutte le sue sfumature dall’azzurro al celeste ho
l’onore di rappresentare. Serietà quindi compostezza e rispetto della gerarchia. Si
è mai visto un manichino rosa? Solo nei film di hollywood l’auto blu è per
antonomasia quella dell’autorità.
Un carro armato è verde scuro, così i cannoni. Ed ora silenzio”
“Beh, se è per quello anche il compare che regge il Cristo per le spalle indossa il
tuo colore e per descrivere quel che combiniamo lassù ci vogliono i colori
dell’amore”.
“Rosa fumetto, rosa confetto”
“Chiacchere, ciance. Tutti a volare in alto però a portare il peso sono io,.Terreo mi
chiamate. Lo sento di tocco di disprezzo. Cosa credete che se sopporto la morte
debbo anche reggere il vostro sarcasmo? Provateci voi a prendere una tinta quanto
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il sangue non scorre, lo sguardo si spegne e le membra cadono per confondersi
con la terra.
Terreo. Cosa c’è di più mobile. Da li venivamo e li torniamo. Tutti persino il
figlio di Dio ha indossato la mia tinta, l’abito del passaggio, dell’unico vero
viaggio che non prevede il ritorno.
Ma guardatevi frizzanti, sgargianti ed empi commedianti. Perché quelle facce
affrante, quegli occhi curiosi? Una danza macabra. Guardatemi, vi pare che stia
soffrendo?
Sentite il mio peso? L’intero corpo, liberato dall’anima, vuole tornare a casa
abbracciare la madre, la terra”
La luce si accende
“E un pastorello” dice la guida.
***
***
“Un ……………... Guardate che colori. Irreali. Solo un visionario poteva
immaginarli”.
“La donna delle pulizie. Solo lei può avere commesso un simile misfatto. Sono
anni che la invito, le intimo, la scongiuro di non toccare la tela neppure con il
piumino.
Lei niente. Invero è vero. E’ successo. Ero giovane ed entusiasta.
Da allora ne sono passate di comete.
Dove è finito Achille, il mio asteroide. Anni di ricerche andati in polvere per
colpa di uno spolvero.
Guardiamo meglio, forse non è così grave. La forma mi è nota. Mi ricorda
qualcosa che conoscevo quella doppia V e quella stella dominante nel cielo di
settentrione. D’ov’è il blocco di appunti del 1° anno. Allora per dilettanti. 450
millimetri di diametro roba da paloman. Calma Achille era in fondo a destra nella
costellazione di …… come si chiama. Partiamo dalla stella polare. Da una parte
c’è questo cavolo di W e dall’altra? Vediamo gli appunti. Porca l’oca, l’Orsa
quella maggiore.
Eccolo li il recipiente degli ebrei e la Callisto per i romani.
Quante idiozie. Oggi sul meridiano del 20 aprile alle ore 22 …. Si non c’è dubbio.
Ora seguiamo la pista di Titus, misuriamo con la legge di Borde. 4+3, 4+6, 4+12.
“Riflessioni e appunti – Luce Artificiale”
E li cade l’asino. Non c’è. E quindi c’è. Achille non ti muovere. Arriva la polizia
celeste. No, tu sei un intruso Ulisse. Sei stato facile preda per Eleanor. Ti avrebbe
visto anche un cieco. Achille invece …….
Porca paletta.
Una zelante domestica è il tuo tallone anzi il mio tallone.
Domani mi sentirà . Bisogna che me lo ricordi. Ora lo scrivo sul palmo della
mano Achille! Devo ricordarmi di non lavare la mano. Lo scrivo sul dorso. Non
lavorare. Bene. Mi sento tranquillo. Devo solo ricordare di calzare gli occhiali e
poi è fatta o quasi vediamo. Se cambio la lente o il filtro? Gli appunti dell’altra
sera.
Ecco, ecco. Bene, bene. Come ho fatto a non ricordarlo? Achille !!! Ti ho
ritrovato non fare quella faccia scura sennò come faccio a ……….? Io ti ho
trovato. Tu piccolo asteroide sperduto tra milioni e milioni di pianeti, stelle,
satelliti. Tu unico, figlio mio e di una collisione astrale.
Ora ti registro. Dunque, dunque, famiglia; asteroidi. Nome; Achille “Non
consentito” Come non consentito? Chi lo dice? Io forzo il programma. Beccati
questo. Ancora. Allora vuoi farmi infuriare. Perché di grazia non è consentito che
io dia nome Achille alla mia scoperta? Come? Dove! Nell’orbita di Giove? Due
legioni, che dico, regioni di asteroidi con i nomi degli eroi troiani e greci? Voglio
vedere. Aspetta che ti sistemo io computer della malora.
Allora spostiamo …….
L’alba cancella la lavagna del cielo.
“non c’è poggio migliore per rimirar le stelle.
Il prato umido del bacio della notte che zittisce uccelli e rincasa gli insetti,
profuma di mentuccia.
Il silenzio spinge lo sguardo nel cielo, mare nero e liscio come lavagna.
Le stelle, guida dei naviganti e alfabeto degli astrologi, occhieggiano sul velo
nero.
Il vento di ponente che fa frusciare la foglia e piega l’erba sul mio viso in lieve
carezza, la spolvera liberandone lo scintillio.
Gli occhi fissi, si …….nel sentiero luminoso.
Non piatto mare ma abisso in cui precipitare seguendo le stelle più lontane, i
giochi giovani di millenni nelle praterie inesplorate in cui mi perdo un attimo,
falena favilla”
“Riflessioni e appunti – Luce Artificiale”
“che bello. Lei un poeta. Non ti pare che il playd si sia inzuppato?
Che ore sono?”
“Le 22 del 20 aprile. Notte memorabile”
“Si. Però ho ancora mezz’ora ……”
“Posso?”
“Magari…..”
La consueta prosa li avvolge.
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