Anticoagulanti orali Quando il nostro sangue “incontra” delle sostanze o dei corpi a lui “estranei” si attivano delle reazioni a catena che portano nell’arco di pochi secondi / minuti alla formazione di un grumo di sangue chiamato trombo. La coagulazione può essere innescata dal contatto del sangue con una protesi meccanica di una valvola cardiaca (quindi una reazione che avviene al interno del sistema circolatorio), oppure dal contatto del sangue con i tessuti che si trovano al di fuori dei vasi sanguinei. Questa seconda situazione si verifica ad esempio, in caso di traumi con fuoriuscita del sangue dai vasi. La maggior parte delle proteine che intervengono nel processo coagulativo (chiamate “fattori della coagulazione”) sono sintetizzate dal fegato. Per la produzione da parte del fegato di alcuni di questi fattori e per la loro attivazione è indispensabile la presenza della vitamina K. Per questo motivo, questi fattori della coagulazione vengono anche chiamati “fattori della coagulazione vitamina K dipendenti”. Si tratta del fattore II, VII, IX e rispettivamente X. La vitamina K interviene anche nell’azione di altre due proteine coinvolte nella coagulazione che sono la proteina C e la proteina S. Se l’azione della vitamina K viene ostacolata la produzione di questi fattori viene interrotta e quindi, in loro mancanza la formazione del coagulo non può avvenire. Gli anticoagulanti orali (acenocumarolo, nome commerciale Sintrom e la warfarina, nome commerciale Coumadin) svolgono la loro azione anticoagulante proprio attraverso l’inibizione della vitamina K. L’anticoagulante impedisce la formazione e/o l’estensione del trombo ma non ha la capacità di “sciogliere” un trombo già formato ! Questi farmaci si assumono per via orale e raggiungono il picco dell’attività non prima di 36 - 72 ore dall’inizio della terapia. Per avere il desiderato effetto anticoagulante, una volta inibita la sintesi dei fattori II, V, VII e X si devono anche esaurire le loro scorte; il tutto avviene nell’arco di 2 - 3 giorni. L’equilibrio, nel senso di un effetto anticoagulante stabile viene raggiunto non prima di in circa 7-14 giorni dall’inizio della terapia (nei pazienti obesi ed in quelli molto anziani potrebbero essere necessari ancora più giorni). Anche il processo contrario richiede del tempo; dal momento della sospensione del farmaco ci vogliono sempre alcuni giorni per tornare ad un normale stato coagulativo. L’efficacia della terapia anticoagulante, cioè ”la stima” di quanto viene inibita la coagulazione viene giudicata attraverso un’analisi del sangue. Fino a pochi anni fa si utilizzava il tempo di protrombina (PT) mentre attualmente è in uso l’INR che fornisce un metodo più accurato per il controllo della coagulazione con farmaci anticoagulanti orali. Più il valore dell’INR aumenta, più il sangue è meno coagulabile. Figura: Esame ecocardiografico transesofageo. L’auricola sinistra (freccia), di un paziente con fibrillazione atriale. Nella parte superiore il colore nero, omogeneo è dovuto al sangue fluido, mentre nella parte inferiore si apprezza una formazione rotondeggiante, densa, biancastra (all’interno del cerchio rosso). Questa formazione occupa l’apice dell’auricola sinistra ed è un grumo di sangue (coagulato o trombo). AS, atrio sinistro; AO, aorta. L’intensità dell’effetto anticoagulante che ogni paziente deve raggiungere dipende dal motivo per il quale si assume l’anticoagulante. I soggetti che sono in terapia con anticoagulanti orali perche sono in fibrillazione atriale (quindi a rischio di formazione di trombi nell’atrio sinistro e nell’auricola sinistra - Figura) l’INR dovrebbe essere mantenuto tra 2 e 3; nei portatori di protesi valvolari cardiache meccaniche, tra 2,5 e 3,5. In altre patologie come ad esempio nella trombosi venosa profonda post chirurgica ed in caso di embolia polmonare il range dipende dall’obiettivo della terapia (terapia preventiva o curativa). Trovare la dose di anticoagulante in grado di mantenere l’INR dentro un determinato intervallo non è sempre un’impresa semplice. Esiste una grande variabilità di risposta da un soggetto all’altro. A parità di dosaggio non tutti i soggetti rispondono in modo identico. Non solo, ma una volta trovato il dosaggio efficace, non significa che nel tempo, sia sempre quella la dose da assumere per ottenere quel determinato valore di INR. Per questa ragione è indispensabile controllare periodicamente l’INR, da una parte per essere sicuri che il valore sia quello desiderato e dall’altra parte per non arrivare ad una “scoagulazione eccessiva”, cioè ad un alto rischio di sanguinamento. Oggi è possibile eseguire dei test genetici per capire la sensibilità individuale alla terapia con warfarina. L’effetto dell’alimentazione La vitamina K si trova in quantità più alta o più bassa in molti alimenti che ogni giorno troviamo sulla nostra tavola. Si trovano nella carne, nelle verdure, nei legumi, nella frutta e cosi via. Si consiglia spesso ai soggetti in terapia con anticoagulanti orali di non consumare questi tipi di alimenti perchè, appunto, essendo ricchi in vitamina K contrastano l’effetto del farmaco. E’ vero e nello stesso tempo non è vero. E’ vero che l’introito di vitamina K ha un ruolo importante per la stabilità della coagulazione, ma dall’altra parte non si può costringere un paziente ad una “vita impossibile”. La vitamina K è presente quasi in tutti gli alimenti che abbiamo a disposizione. Allora, che facciamo ? Non mangiamo più nulla ? In realtà non esistono alimenti controindicati. Piuttosto si deve cercare di mangiare in modo più costante possibile, ingerendo in questo modo più o meno la stessa quantità di vitamina K. In questa maniera non si creano apporti eccessivi di vitamina K e quindi il dosaggio del farmaco ha buone probabilità di rimanere costante. Quando si mangiano più verdure (quelle a foglia larga sono piuttosto ricche di vitamina K) si avrà molto probabilmente bisogno di una maggiore dose di anticoagulante e viceversa. Quindi assumerle a “dosi costanti” . Sarà il vostro medico a dover “aggiustare” il dosaggio del farmaco a seconda delle vostre abitudini alimentari. In conclusione non è la dieta che deve sottomettersi al farmaco ma il farmaco che deve cambiare dosaggio a seconda di quello che si mangia ! L’effetto di alcuni farmaci Molti farmaci (vedi Tabella) possono interferire con l’efficacia della terapia anticoagulante orale determinando un’inadeguata scoagulazione, con dei valori di INR sia sotto, che sopra il range desiderato. Alcuni farmaci hanno specificatamente un azione di potenziamento dell’effetto anticoagulante (aumentano il rischio di sanguinamento); si tratta di alcuni antibiotici, aspirina, farmaci antinfiammatori non steroidei. Un farmaco abbastanza “tranquillo” per combattere la febbre o il dolore in un soggetto in terapia con anticoagulanti orali è il paracetamolo (nomi commerciali Tachipirina ed Efferalgan). Attenzione perché in alcuni soggetti anziani l’uso concomitante di paracetamolo ha determinato un potenziamento dell’affetto anticoagulante con aumento dell’INR. potenziano l’effetto anticoagulante contrastano (rischio di ipercoagulabilità) anticoagulante (rischio ipocoagulabilità) antibiotici (alcuni) antipsicotici (alcuni) aspirina vitamina C cortisonici antistaminici antinfiammatori non steroidei barbiturici l’effetto di Il dosaggio La terapia va iniziata con un dosaggio basso che va aumentato lentamente in funzione dei valori dell’INR. All’inizio della terapia, i controlli di laboratorio sono più frequenti (ogni 5-7 giorni) diradando con il passare del tempo ad un controllo ogni due settimane ed ulteriormente uno al mese. Quando si trova un valore dell’INR nell’intervallo desiderato significa che il dosaggio dell’anticoagulante è giusto. In questo caso si prosegue con lo stesso dosaggio ricontrollando la coagulabilità nel tempo. Si consiglia di non fare passare più di sei settimane tra due controlli di laboratorio. Quando sono controindicati gli anticoagulanti? La terapia anticoagulante è sconsigliata nei casi in cui vi è una tendenza ad emorragie (alcune malattie dal sangue, malattie del tratto gastro-intestinale, genitourinario oppure cerebrali), nel primo e l’ultimo trimestre di gravidanza, durante una procedura terapeutica o diagnostica di tipo invasivo (intervento chirurgico, biopsia, estrazioni dentarie, esame coronarografico via femorale, ecc.) oppure in caso di riferita allergia al farmaco. Come comportarsi prima e dopo un intervento chirurgico? Prima di affrontare un intervento chirurgico è indispensabile avvertire i medici del fatto che si assume un anticoagulante orale. Di solito, il farmaco va sospeso circa 4-5 giorni prima della procedura e sostituito con anticoagulanti che si somministrano per via sottocutanea (Eparina). Per tutto il periodo preoperatorio ed immediatamente postoperatorio si fa esclusivamente uso di questo tipo di anticoagulante. La ripresa del farmaco anticoagulante orale viene ripresa nel momento in cui non vi è più rischio di sanguinamento dalle incisioni chirurgiche o dalla zone sottoposta alla biopsia. Nonostante la ripresa dell’anticoagulante orale, le iniezioni vanno continuate per circa 3 giorni ancora, a causa del tempo necessario affinché l’anticoagulante avvii il suo effetto. Una volta raggiunto il valore dell’INR desiderato, la somministrazione sottocutanea di Eparina va interrotta. Consigli pratici • Assumere il farmaco possibilmente alla stessa ora; • Meglio assumere il farmaco il pomeriggio o la sera. In questo modo, quando si esegue il controllo di laboratorio avete tutto il tempo per sapere la risposta e per contattare il vostro medico che in base all’INR riscontrato valuterà l’opportunità di un’eventuale variazione del dosaggio del farmaco; • Non “saltate” l’assunzione dell’anticoagulante. Piazzate la scatola sul tavolo dove mangiate, sul comodino o in bagno dove vi lavate i denti prima di andare a dormire. Vedere la scatola diminuisce il rischio di scordarsi di assumerlo; • Se un giorno, per qualche ragione avete mancato la somministrazione, non succede nulla. Il giorno successivo prendete solo la dose prevista. Come abbiamo detto, il farmaco ha un’azione lunga, di 2-3 giorni circa e “saltare” una dose non cambia di molto la sua concentrazione nel sangue; • Non associare altri farmaci (soprattutto per lunghi periodi) se non si ha la certezza di avere a che fare con un farmaco che non interferisce con l’effetto dell’anticoagulante. Chiedete sempre al vostro cardiologo dettagli sui farmaci; • Controllare l’INR periodicamente. Anche quando l’INR è costantemente e per lunghi periodi nell’intervallo desiderato, ci possono essere delle variazioni “spontanee”. In questi casi, un controllo una volta al mese è comunque indispensabile; • Contattare immediatamente il medico di fiducia in caso di sanguinamento dalle gengive, dal naso, dalla bocca, dalla vagina, dal retto o in caso di presenza di sangue nelle urine / feci; • In caso di interventi chirurgici o di estrazioni dentarie informare il medico per una corretta sospensione dell’anticoagulante orale e la sua sostituzione con un preparato eparinico (vedi sopra); • In caso di notevoli variazioni del valore dell’INR di fronte ad una minima variazione del dosaggio dell’anticoagulante non variare la dose e ripetere l’analisi il giorno successivo; • Cercare di non fare delle ampie variazioni del dosaggio. La più tranquilla variazione sia in un senso che nell’altro è un quarto di compressa; • In caso di INR < 2 oppure > 5 contattare il medico di fiducia per un’eventuale variazione del dosaggio e per la strategia dei controlli laboratoristici per i giorni successivi; • Negli anziani l’anticoagulante orale va utilizzato con cautela in quanto questa popolazione è molto sensibile al farmaco; Nei pazienti in terapia con anticoagulanti orali, l’aspirina può essere utilizzata in caso di malattie arteriose concomitanti, oppure in pazienti che sono stati sottoposti ad interventi di bypass aortocoronarico. L’associazione dell’aspirina è indicata anche nei soggetti che hanno presentato un evento embolico nonostante “buoni” valori dell’INR. In questi casi una dose di 75 – 100mg di aspirina può essere aggiunta all’anticoagulante orale. Se l’INR dovesse alzarsi troppo, il dosaggio dell’anticoagulante va abbassato. In caso di controindicazioni all’assunzione di aspirina o intolleranza a questo farmaco si può utilizzare il clopidogrel (Plavix).