Mandel sullo Stato

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LA TEORIA MARXISTA DELLO STATO
di Ernest Mandel
Parte I
ORIGINI E SVILUPPO DELLO STATO NELLA STORIA
DELLE SOCIETA’
A. SOCIETA’ PRIMITIVE E ORIGINI DELLO STATO
Lo stato non è sempre esistito.
Alcuni sociologi e altri rappresentanti della scienza politica accademica sono in errore quando
parlano di Stato nelle società primitive. Quello che essi fanno in realtà è identificare lo Stato con la
comunità. In tal modo svuotano lo Stato della sua speciale caratteristica che consiste nel rimuovere
l’esercizio di alcune funzioni dalla comunità per farle diventare prerogativa esclusiva di una
minuscola frazione di membri appartenenti alla comunità stessa.
In altre parole, la nascita dello stato è un prodotto della divisione sociale del lavoro.
Fino a quando tale divisione sociale del lavoro è solo rudimentale, tutti i membri della società a
turno esercitano praticamente tutti i suoi compiti. Non c’è lo Stato. Non ci sono speciali funzioni di
Stato.
Riguardo ai Boscimani, padre Victor Ellenberg scrive che questa tribù non conosceva né la
proprietà privata né tribunali, né autorità centrale né corpi speciali di qualche tipo.1. Un altro autore
scrive di questa stessa tribù: “La banda e non la tribù è il vero corpo politico tra i Boscimani. Ogni
banda è autonoma, conduce la propria vita indipendentemente dalle altre. Le sue relazioni sono
regolate da norme stabilite da cacciatori qualificati e dai più anziani, in genere uomini con maggiore
esperienza.”2
Lo stesso vale per i popoli dell’Egitto e della Mesopotamia nella remota antichità: “non è più
tempo per la famiglia patriarcale con autorità paterna, subentrano ora gruppi politici molto
centralizzati… I doveri sono collettivi nel regime di clan totemico. Il potere e la responsabilità in
questa società hanno ancora un carattere indivisibile. Siamo qui in presenza di una società
comunitaria ed egualitaria, all’interno della quale la condivisione dello stesso totem, la vera essenza
di ogni individuo e la base per la coesione di tutti, mette sullo stesso piano tutti i membri del clan”.3
Ma dall’estensione che la divisione sociale del lavoro sviluppa e da1la società divisa in classi,
appare lo stato – e la sua natura è definita: I membri della collettività sono esclusi dall’esercizio di
un certo numero di funzioni: una piccola minoranza, da sola, assume l’esercizio di tali compiti.
Due esempi illustreranno questo processo che consiste nel portar via a una maggioranza di
membri della società certe funzioni che essi formalmente esercitavano (all’inizio collettivamente)
allo scopo di attribuirle a un piccolo gruppo di individui.
Primo esempio: le armi. Questa è una funzione importante. Engels diceva che lo Stato è in
ultima analisi, un corpo di uomini armati. Nella collettività primitiva, tutti i membri maschi del
gruppo (e talvolta anche tutti gli adulti, maschi e femmine) erano armati.
1
Victor Ellenberg, La fin tragique des Bushmen, Amiot-Dumount, Paris, 1953, pp.70-73.
I. Shapera, The Khoisan People of South Africa, George Routledge and Sons Ltd., London, 1930, p. 76.
3
A. Moret G. Davy, Des Clans aux Empires, La Reinassance du Livre, Paris, 1923, p. 17.
2
In una tale società il concetto che portare armi sia l’unica prerogativa di alcune speciali
istituzioni chiamate esercito o polizia non esiste. Ogni adulto maschio ha il diritto di portare le armi.
(in certe società primitive, la cerimonia di iniziazione, che segna l’entrata nell’età adulta, conferisce
il diritto di portare armi.)
E’ esattamente lo stesso nelle società che sono ancora primitive ma già ormai chiuse alla fase
della divisione in classi. Per esempio, lo stesso vale per le popolazioni Germaniche, all’incirca nel
periodo in cui attaccarono l’Impero Romano: tutti gli uomini liberi avevano il diritto di portare armi
e potevano usarle per difendere se stessi e i loro diritti. L’uguaglianza dei diritti tra uomini liberi
che noi osserviamo nelle società Germaniche primitive è in effetti uguaglianza tra soldati – che
l’aneddoto del vaso di Soissons4 illustra così bene.
Nell’antica Grecia e Roma, le battaglie tra patrizi e plebei spesso ricorrevano su questa questione
del diritto di portare armi.
Secondo esempio: la giustizia. In genere la scrittura è sconosciuta alle società primitive. Perciò
non ci sono codici di legge scritti. Inoltre l’esercizio della giustizia non è la prerogativa di
particolari individui; tale diritto appartiene alla collettività. Oltre alle questioni risolte dalle famiglie
o dagli stessi individui, solo assemblee collettive sono autorizzate a pronunciare sentenze. Nelle
società Germaniche primitive, la funzione del presidente del tribunale del popolo non consisteva
nell’approvare la sentenza ma nell’osservare che certe regole, certe convenzioni, fossero rispettate.
L’idea che potessero esserci certi uomini staccati dalla collettività a cui fosse riservato il diritto
di dispensare giustizia, sarebbe sembrato assurdo ai cittadini di una società basata sul collettivismo
del clan o della tribù, così come l’opposto apparirebbe inverosimile alla maggior parte dei nostri
contemporanei.
Per riassumere: A un certo punto dello sviluppo della società, prima della sua divisione in classi
sociali, certe funzioni come il diritto di portare armi o di amministrare la giustizia sono esercitate
collettivamente – da tutti i membri adulti della comunità. E’ solo quando questa società si sviluppa
più in là, dal momento in cui appaiono le classi sociali, che queste funzioni vengono sottratte alla
collettività per essere riservate a una minoranza che esercita tali funzioni in un modo speciale.
Quali sono le caratteristiche di questo “modo speciale”?
Esaminiamo la nostra società occidentale nel periodo in cui il sistema feudale comincia ad essere
dominante.
L’indipendenza (non formale, non giuridica, ma molto concreta e pressoché totale) delle grandi
proprietà feudali può essere dimostrata dal fatto che il signore feudale, e solo lui, esercita attraverso
il suo dominio tutte le funzioni prima enumerate, funzioni che si sono sviluppate dalla collettività
adulta nelle società primitive.
Questo signore feudale è l’assoluto padrone del suo regno. Egli è l’unico che ha il diritto di
portare armi sempre; è l’unico poliziotto, l’unica guardia; egli è l’unico giudice; è il solo che abbia
il diritto di coniare il denaro; è l’unico ministro delle finanze. Egli esercita attraverso il suo dominio
le funzioni classiche svolte da uno Stato come lo conosciamo noi oggi.
Più tardi un’evoluzione avrà luogo. Finché la proprietà rimane abbastanza piccola, la sua
popolazione limitata, le funzioni “di Stato” del signore, elementari e non molto complicate, e finché
l’esercizio di tali funzioni prende solo un po’ del tempo del signore , egli può tenere in mano la
situazione ed esercitare tutte queste funzioni in persona.
Ma quando il dominio cresce e la popolazione aumenta, le funzioni di cui il signore feudale è
responsabile diventano sempre più complesse e sempre più dettagliate e gravose. Diventa
impossibile per un uomo solo esercitare tutti questi compiti.
4
Leggendario resoconto di un incidente durante il regno di Clodoveo re dei Franchi, nel quinto secolo d.C. (Clodoveo
fu il primo re Franco ad abbracciare il cristianesimo, e fu durante il suo regno che la maggior parte di ciò che sono ora il
Belgio e la Francia fu unito in un regno). Dopo una vittoriosa battaglia a Soissons (486 d.C.), quando il bottino stava per
essere diviso equamente tra tutti i soldati, Clodoveo decise di tenere per sé un certo vaso. Al che un soldato uscì fuori
dalle righe e frantumò il vaso con la sua spada, per dimostrare come nessun combattente ha diritto a speciali privilegi
nella spartizione del bottino.
Che cosa fa allora il signore feudale?
Egli delega parzialmente i suoi poteri ad altri – ma non agli uomini liberi, dal momento che
questi appartengono a una classe sociale in opposizione alla classe signorile.
Il signore feudale delega parte del suo potere a gente completamente sotto il suo controllo: servi
che fanno parte del suo personale domestico. La loro origine servile si riflette in molti titoli odierni:
“constable” deriva da Comes stabuli, il capo servo delle stalle, “minister” è il serf ministrable, cioè
il servo assegnato dal padrone all’amministrazione dei suoi bisogni – per agire in qualità di suo
attendente, servitore, assistente agente, ecc.; “marshall” è il servo che si prende cura delle carrozze,
dei cavalli, ecc. (da marah scalc in alto tedesco per indicare il custode dei cavalli).
Questa gente, questi uomini non liberi, questi domestici, sono completamente sotto il controllo
del signore, il quale decide di delegare parzialmente loro i suoi poteri.
Questo esempio ci porta a una conclusione – che è il vero fondamento della teoria marxista dello
stato:
Lo Stato è un organo speciale che appare in un certo momento nell’evoluzione storica
dell’umanità e che è destinato a scomparire nel corso di questa stessa evoluzione. Esso è nato
dalla divisione in classi della società e scomparirà nel momento in cui tale divisione svanirà. E’
nato come uno strumento nelle mani della classe dominante allo scopo di mantenere il suo dominio
sulla società e scomparirà insieme con il dominio di questa classe.
Tornando alla società feudale, possiamo notare che le funzioni di Stato esercitate dalla classe
dominante non concernono solo le aree più immediate del potere, come l’esercito, la giustizia, le
finanze. Sono sotto il dominio del feudatario l’ideologia, la legge, la filosofia, la scienza, l’arte.
Coloro che esercitano queste funzioni sono povera gente che, per vivere, devono vendere i loro
talenti al signore feudale che può occuparsi delle loro necessità. (I capi della chiesa devono essere
inclusi nella classe dei signori feudali, poiché la Chiesa è in possesso di vaste proprietà fondiarie.)
Sotto tali condizioni, almeno finché la dipendenza è totale, lo sviluppo dell’ideologia è controllato
interamente dalla classe dominante: essa sola sovrintende alla “produzione ideologica”; essa sola è
in grado di sovvenzionare gli “ideologi”.
Queste sono le relazioni di base che dobbiamo costantemente tenere a mente, se non vogliamo
perderci in un groviglio di complicazioni e di sottili distinzioni. Inutile dire, che nel corso
dell’evoluzione della società, la funzione dello Stato diventa molto più complessa, con molte più
sfumature, di quanto fosse in un regime feudale del tipo che abbiamo appena descritto molto
schematicamente.
Ciononostante, dobbiamo partire da questa situazione chiara e ovvia per capire la logica
dell’evoluzione, l’origine che da cui scaturisce la divisione sociale del lavoro, e il processo
attraverso il quale queste differenti funzioni diventano sempre più autonome e iniziano a sembrare
sempre più indipendenti dalla classe dominante.
B. LO STATO BORGHESE MODERNO
Le origini borghesi dello stato moderno
Anche qui la situazione è abbastanza chiara. Il moderno parlamentarismo trova le sue origini nel
grido di battaglia che la borghesia inglese scagliò contro il re, “No taxation without representation!”
il che significa in parole povere “non avrai nemmeno un cent da noi finché non ci dirai in che modo
lo spenderai”.
Possiamo osservare immediatamente come questa relazione non sia molto più contorta della
relazione tra il signore feudale e il servo assegnato alle stalle. E un re Stuart, Carlo I, morì sulla
forca per non aver rispettato questo principio, che divenne la regola aurea a cui tutti i rappresentanti,
diretti o indiretti, dell’apparato statale hanno dovuto obbedire sin dall’apparizione della moderna
società borghese.
Lo Stato borghese, uno Stato di classe
Questa nuova società non è più dominata dai signori feudali ma dal capitalismo, dai moderni
capitalisti. Come sappiamo, le esigenze monetarie dello Stato moderno – il nuovo potere centrale,
una monarchia più o meno assoluta – diventa sempre più grande, dal quindicesimo al sedicesimo
secolo in poi. E’ il denaro dei capitalisti dei commercianti e dei banchieri commerciali, che in larga
parte riempie le casse dello stato. Da allora in poi, in virtù del danaro pagato dai capitalisti per il
mantenimento dello Stato, essi pretenderanno di averlo al loro servizio. Lo faranno abbastanza
chiaramente decretando leggi e creando istituzioni.
Molte istituzioni che oggi sembrano democratiche in realtà, per esempio l’istituzione
parlamentare, rivelano chiaramente la natura di classe dello Stato borghese. Così, nella maggior
parte dei paesi in cui era istituito il parlamentarismo, solo la borghesia aveva il diritto di votare.
Questo stato di cose è durato in tutti i paesi occidentali fino alla fine del secolo scorso o anche
all’inizio del ventesimo secolo. Il suffragio universale , come sappiamo, risale a un periodo
relativamente recente della storia del capitalismo. Come si spiega?
E’ abbastanza semplice. Nel diciassettesimo secolo, quando i capitalisti inglesi proclamarono
“No taxation without rapresentation”, l’unica cosa che avevano in mente era la rappresentanza per
la borghesia; per cui l’idea che la gente che non possedeva niente e non pagava tasse potesse
votare, sembrava loro assurda e ridicola.Il parlamento non è stato creato allo scopo principale di
controllare le spese fatte con i soldi dei contribuenti?
Questo argomento, estremamente valido dal punto di vista della borghesia, fu preso in
considerazione e sviluppato dalla nostra borghesia Dottrinaria5 al tempo della rivendicazione del
suffragio universale. Per questa borghesia, il ruolo del parlamento consisteva nel controllare il
bilancio e le spese. E solo chi paga le tasse può validamente esercitare questo controllo, perché
coloro i quali non pagano le tasse avrebbero costantemente la tendenza di aumentare le spese, dal
momento che non sono loro a pagare le imposte.
In seguito, la borghesia considerò questo problema in un altro modo. Insieme con il suffragio
universale nacque la tassazione universale, che gravò sempre più pesantemente sui lavoratori. In tal
modo la borghesia ristabilì l’innata “giustizia” del sistema. L’istituzione parlamentare è un tipico
esempio del vincolo, diretto e strettissimo, che esiste - anche nello stato borghese – tra la
supremazia della classe dominante e l’esercizio del potere di stato.
Ci sono altri esempi. Osserviamo la giuria, nel sistema giudiziario. La giuria appare essere
un’istituzione eminentemente democratica in armonia, specialmente se confrontata
all’amministrazione della giustizia da parte di giudici inamovibili, tutti membri della classe
dominante, su cui il popolo non ha controllo.
Ma da quali strati sociali erano – e sono ancora oggi in larga misura – scelti i membri di una
giuria? Dalla borghesia. Esistevano inoltre speciali qualifiche, comparabili ai requisiti di possesso di
proprietà per votare, per essere in grado di sedere in una giuria – un giurato doveva essere padrone
di una casa, pagare una certo ammontare di tasse, ecc. Per illustrare questo rapporto diretto tra la
macchina dello Stato e la classe dominante nell’era della borghesia, possiamo citare la famosa legge
di Le Chapelier, approvata durante la Rivoluzione Francese che, per “stabilire l’uguaglianza tra i
cittadini”, vietava tanto le associazioni dei padroni che quelle degli operai. Così, con il pretesto di
proibire le corporazioni dei padroni – quando la società industriale è andata oltre la fase della
corporazione – i sindacati sono stati messi al bando. In questo modo gli operai sono stati resi
impotenti contro i padroni, e solo successivamente le organizzazioni della classe lavoratrice sono
riuscite almeno in parte a servire da contrappeso alla forza e alla ricchezza dei padroni.
I membri dell’ala conservatrice del Partito Liberale nel diciannovesimo secolo in Belgio erano chiamati Dottrinari.
Essi si opponevano violentemente al suffragio universale, mentre i cosiddetti Progressisti nel Partito Liberale erano
pronti ad accettarlo.
5
Parte II
LO STATO BORGHESE:
LA FACCIA DELLA REALTA’ DI OGNI GIORNO
Attraverso la lotta intrapresa dal movimento dei lavoratori, alcune istituzioni dello Stato
borghese diventano insieme molto particolareggiate e complesse. Il suffragio universale sostituisce
il suffragio per i soli detentori di proprietà; il servizio militare diviene obbligatorio; tutti pagano le
tasse. Il carattere di classe dello Stato, dunque, comincia a diventare meno evidente. La natura dello
Stato come strumento nelle mani della classe dominante è meno evidente rispetto a come era al
tempo del regno della borghesia classica, quando le relazioni tra i diversi gruppi che esercitavano le
funzioni statali erano tanto visibili quanto nell’era feudale. Le analisi sullo Stato moderno, dunque,
dovranno essere un po’ più complesse.
Innanzitutto stabiliamo una gerarchia tra le differenti funzioni di Stato.
In quest’ètà, nessuno, tranne i più ingenui, crede che il parlamento governi realmente, che il
parlamento sia il padrone dello Stato basato sul suffragio universale. (Tale illusione è, comunque,
più diffusa in quei paesi in cui il parlamento è una istituzione abbastanza recente).
Il potere dello Stato è un potere permanente. Tale potere è esercitato da un certo numero di
istituzioni che sono isolate e indipendenti da un’influenza talmente mutevole e instabile come
quella del suffragio universale. Queste sono le istituzioni che più devono essere analizzate se
vogliamo sapere dove il potere reale mente: “I governi vanno e vengono ma la polizia e gli
amministratori rimangono.”
Lo Stato è costituito, soprattutto, da queste istituzioni permanenti: l’esercito (la parte permanente
dell’esercito – lo Stato Maggiore, le truppe speciali), la polizia, la polizia speciale, la polizia
segreta, i vertici all’amministrazione dei dipartimenti di governo (i dipendenti statali “chiave”), i
corpi di sicurezza nazionale, i giudici, ecc. - qualsiasi cosa sia “libera” dall’influenza del suffragio
universale.
Questo potere esecutivo è continuamente rafforzato. Nel momento in cui appare il suffragio
universale e si sviluppa una certa democratizzazione, benché assolutamente formale, di certe
istituzioni rappresentative, possiamo vedere come il potere reale scivoli da quelle istituzioni verso
altre, che sono sempre più lontane dall’influenza del parlamento.
Se il re e i suoi funzionari perdono una serie di diritti nel parlamento durante la fase di ascesa del
parlamentarismo, al contrario, con il declino del parlamentarismo (che inizia con l’introduzione del
suffragio universale), una serie continua di diritti vengono persi dal parlamento e vanno agli
amministratori di Stato permanenti e irremovibili. Questo è un fenomeno generalizzato che investe
tutta l’Europa occidentale. L’attuale quinta repubblica in Francia è attualmente è l’esempio più
completo e sorprendente di questo fenomeno. Può questa inversione di tendenza, questa svolta ,
essere vista come un complotto diabolico dei perfidi capitalisti contro il suffragio universale? La
realtà è più obiettiva e le implicazioni più profonde: i poteri reali sono trasferiti dal legislativo
all’esecutivo; il potere dell’esecutivo è rinforzato in modo permanente come risultato di
cambiamenti che hanno luogo anche all’interno della stessa classe capitalistica.
Questo processo iniziò al tempo della I Guerra Mondiale nella maggior parte dei paesi
belligeranti e da allora è continuato senza interruzione. Ma il fenomeno spesso esisteva molto prima
di quel periodo. Così nell’impero Germanico, questa priorità dell’esecutivo sul legislativo apparve
in concomitanza con il suffragio universale. Bismark e gli Junkers concessero il suffragio universale
allo scopo di usare la classe lavoratrice, a un certo punto, come leva contro la borghesia liberale,
quindi garantendo (in quella società già essenzialmente capitalistica) la relativa indipendenza del
potere esecutivo esercitato dalla nobiltà prussiana.
Questo processo mostra molto bene come l’uguaglianza politica è più apparente che reale e come
il diritto dei cittadini votanti sia nulla rispetto al diritto di mettere un pezzo di carta in un’urna ogni
quattro anni E comunque il diritto di voto non raggiunge mai gli effettivi centri decisionali e di
potere.
I monopoli traggono origine dal parlamento
L’età classica del parlamentarismo è stata l’era della libera competizione. A quel tempo
l’individuo borghese, l’industriale, il banchiere, era molto forte. Era indipendente, assai libero, nei
limiti della libertà borghese, e poteva mettere a rischio il suo capitale sul mercato in qualsiasi modo
desiderasse. In una siffatta società borghese atomizzata, il parlamento giocava un ruolo di
mediatore, molto utile e indispensabile per il regolare svolgimento degli affari quotidiani.
A quei tempi, era solo il parlamento il luogo in cui si poteva determinare il comune
denominatore degli interessi della borghesia. Vi erano rappresentati dozzine di gruppi distinti di
capitalisti, gruppi che erano in contrapposizione tra loro per una moltitudine di interessi locali,
regionali, e corporativi. Questi gruppi potevano riunirsi in modo composto, solo in parlamento. (E’
pur vero che si incontravano in borsa, ma lì lo facevano con i coltelli non con le parole!) Era solo in
parlamento che una linea intermedia poteva essere elaborata , una linea che potesse globalmente
esprimere gli interessi della classe capitalistica.
Quella era allora la funzione del parlamento: servire da luogo comune di incontro dove gli
interessi collettivi della borghesia potessero essere formulati. Ricordiamo che nell’età eroica del
parlamentarismo non era solo con le parole e i voti che questi interessi collettivi erano elaborati: si
usavano anche le mani e le pistole. Non è per caso vero che la Convenzione, quel parlamento
borghese classico durante la rivoluzione francese, mandava la gente alla ghigliottina con la
maggioranza più risicata?
Ma la società capitalistica non rimane atomizzata. Man mano possiamo vederla organizzarsi e
strutturarsi in un modo sempre più centralizzato. La libera competizione scompare; è rimpiazzata
dai monopoli , dai trusts e da altri raggruppamenti capitalistici.
Il potere capitalistico si centralizza fuori dal parlamento
Ora prende piede una vera e propria centralizzazione del capitale finanziario, delle grosse banche
e dei gruppi finanziari. Se un secolo fa in Belgio l’Analitique6 del parlamento esprimeva il volere
della borghesia belga, oggi è soprattutto il rapporto annuale della Société Générale 7 o del Brufina8,
preparato per i suoi incontri di azionisti, che deve essere studiato per conoscere le reali opinioni
degli imprenditori. Questi rapporti contengono le posizioni dei capitalisti che contano realmente, dei
grandi gruppi finanziari che dominano la vita del paese.
L’equivalente in Belgio dell’U.S. Congressional Record.
Il più importante gruppo capitalistico del Belgio dai tempi dell’indipendenza del paese (1830). Originariamente
organizzata sul modello di banca commerciale, la Société Générale era l’antesignana del “capitale finanziario” (“finance
capital”), che divenne diffuso in altri paesi capitalistici solo nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo. Ciò
dipendeva dall’originario possesso del controllo degli interessi in molte società per azioni, specialmente nel carbone e
nell’acciaio. Dopo essa divenne padrona della Union Minière du Haut Katanga, così come di altre compagnie nel
Congo.
Oggi si è riorganizzata sotto forma di holding finanziaria centrale che controlla l’acciaio in molte compagnie
apparentemente indipendenti, tra cui la principale cassa di risparmio belga.
8
Il secondo più grosso gruppo capitalistico del Belgio, il Brufina si sviluppò dalla Banque de Bruxelles, la seconda più
grande banca belga.
6
7
In tal modo il potere capitalistico si concentra fuori dal parlamento e fuori dalle istituzione nate
dal suffragio universale. Di fronte a una concentrazione di così grande potenza (ci basti ricordare
che in Belgio una dozzina di gruppi finanziari controllano la vita economica della nazione), le
relazioni tra parlamento e funzionari statali, tra commissari di polizia e multimilionari sono
relazioni che poco hanno a che fare con la teoria. Esse sono relazioni immediate e pratiche; e il
legame di connessione è il licenziamento.
Le visibili auree catene della borghesia – il debito nazionale
Il parlamento, e ancor, più il governo di uno Stato capitalistico, per quanto democratici possano
apparire, sono vincolati alla borghesia da catene d’oro. Queste catene auree hanno un nome – debito
pubblico.
Nessun governo potrebbe sopravvivere più di un mese senza dover bussare alla porta delle
banche per poter pagare le sue spese correnti. Se le banche si rifiutassero, il governo andrebbe in
bancarotta. Le origini di questo fenomeno sono duplici. Le tasse non entrano nelle casse ogni
giorno; le entrate sono concentrate in un periodo dell’anno, mentre le spese sono continue. Ecco
come il debito pubblico di breve termine cresce. Questo problema potrebbe essere risolto da alcuni
espedienti tecnici. Ma c’è un altro problema – molto più importante del precedente. Tutti gli stati
capitalisti moderni spendono molto più di quello che ricevono. Questo è il debito pubblico di lungo
termine per cui le banche e altri istituti finanziari possono più facilmente anticipare denaro, ad alto
interesse. Si stabilisce dunque una connessione diretta e immediata, un legame giornaliero, tra lo
Stato e i Grandi Affari.
La gerarchia nell’apparato dello Stato…
Altre catene d’oro, catene invisibili, rendono l’apparato statale uno strumento nelle mani della
borghesia.
Se esaminiamo il metodo di reclutare gente per il servizio civile, per esempio, vediamo che per
diventare un impiegato subalterno in un ministero, è necessario passare un esame. Il regolamento
sembra molto democratico effettivamente. In verità, non tutti possono accedere a un esame di
qualsivoglia livello .L’esame non è lo stesso per la posizione del segretario generale di un ministero
o per il capo dello Stato Maggiore dell’esercito, come lo è per un impiegato subalterno in un
piccolo boureau governativo. A prima vista, sembrerebbero normali prassi esaminative.
Ma – un grande ma – il modo di procedere di questi esami conferisce loro un carattere selettivo.
Bisogna avere certi titoli, bisogna aver fatto determinati corsi, per aspirare a certe posizioni. Un tale
sistema esclude un numero enorme di gente che non ha potuto avere un’educazione universitaria o
un suo equivalente, perché la parità delle opportunità educative non esiste realmente. Il sistema di
esaminazione per il servizio civile, pur sembrando democratico in superficie, rappresenta uno
strumento selettivo.
…specchio della gerarchia nella società capitalistica
Queste invisibili catene auree sono anche basate sulla remunerazione ricevuta dai membri
dell’apparato statale.
Tutte le agenzie governative, esercito incluso, sviluppano questo aspetto piramidale, questa
struttura gerarchica, che caratterizza la società borghese. Siamo così influenzati e così imbevuti
dall’ideologia della classe dominante che tendiamo a non vedere nulla di anormale nel fatto che un
segretario generale di un ministero riceva un salario dieci volte più alto di quello di un impiegato
subalterno nello stesso ministero, o di una donna che pulisce i suoi uffici. Lo sforzo fisico di questa
donna delle pulizie a ore è certamente maggiore; ma il segretario generale del ministero… lui
pensa! – il che, come tutti sanno, è molto più faticoso. Allo stesso modo, la paga del capo dello
Stato Maggiore (ancora, qualcuno che pensa!) è di gran lunga più alta di quella accordata a un
soldato semplice.
Questa struttura gerarchica dell’apparato dello Stato ci induce a sottolineare: Nell’apparato ci
sono segretari generali, generali dell’esercito, vescovi, ecc., che appartengono alla stesso livello
salariale, e hanno inoltre lo stesso tenore di vita, come la grossa borghesia, cosicché essi
appartengono allo stesso ambiente sociale e ideologico. Dopo vengono i funzionari medi, gli
ufficiali medi, che sono allo stesso livello sociale e hanno lo stesso reddito della piccola e media
borghesia. E infine, la massa di impiegati senza titoli, donne delle pulizie, lavoratori comuni, che
molto spesso guadagnano meno degli operai di fabbrica. Il loro tenore di vita corrisponde
chiaramente a quello del proletariato.
Questa struttura piramidale corrisponde a un reale bisogno della borghesia. Essi vogliono avere a
loro disposizione uno strumento da poter manipolare a piacimento. E’ quindi del tutto ovvio perché
la borghesia ha tentato a lungo, e in modo molto duro, di negare ai lavoratori del pubblico servizio il
diritto allo sciopero.
Lo Stato è semplicemente un arbitro?
Questo punto è importante. Nello stesso concetto dello Stato borghese – a prescindere che esso
sia più o meno “democratico” nella forma – c’è una premessa fondamentale, collegata tra l’altro,
alla stessa origine dello Stato: Per sua natura lo Stato rimane antagonista, o piuttosto inadatto, ai
bisogni della collettività. Lo Stato è costituito, per definizione, da un gruppo di uomini che
esercitano le funzioni che in origine erano esercitate da tutti i membri della collettività. Questi
uomini non forniscono nessun lavoro produttivo ma sono supportati dagli altri membri della società.
In tempi normali, non c’è bisogno di guardiani. A Mosca, per esempio, non c’è nessuno che
controlla i biglietti sugli autobus: i passeggeri depositano il loro copeco per viaggiare, ma in ogni
caso nessuno li osserva. Nelle società in cui il livello di sviluppo delle forze produttive è basso,
dove tutti sono in costante lotta contro tutti nella ricerca del necessario per la sopravvivenza, non
certo garantita da un reddito nazionale troppo esiguo per andare avanti un largo apparato di
supervisione diviene necessario.
Perciò, durante l’occupazione tedesca [del Belgio], proliferò un numero di sorveglianti
specializzati (polizia speciale nelle stazioni ferroviarie, controllo delle tipografie, controllo del
razionamento, ecc.). In tempi come quelli, l’area del conflitto era tale che l’imposizione di un
apparato di sorveglianza si rivelava indispensabile.
Se analizziamo il problema, possiamo osservare che tutti quelli che esercitano le funzioni di
Stato, che appartengono all’apparato statale, sono – in un modo o nell’altro – guardiani. La polizia
speciale e la polizia regolare sono guardiani, ma lo sono anche gli esattori delle tasse, i giudici, i
passacarte negli uffici di governo, i controllori sugli autobus, ecc. Riassumendo , tutte le funzioni
dell’apparato statale sono ridotte a questo: sorveglianza e controllo della vita della società nell’
interesse della classe dominante.
Si dice spesso che lo Stato contemporaneo giochi il ruolo di arbitro. Questa formulazione si
avvicina molto a quello che abbiamo appena detto: la “sorveglianza” e l’“arbitrio” – non sono
fondamentalmente la stessa cosa?
A questo punto c’è bisogno di due commenti. In primo luogo, l’arbitro non è neutrale. Come
abbiamo spiegato prima, gli uomini al vertice dell’apparato dello Stato sono parte integrante della
grossa borghesia. L’arbitrato dunque non si origina dal nulla; esso si sviluppa contestualmente
all’esigenza di mantenere in vita la società di classe. Certamente, gli arbitri possono fare delle
concessioni alle classi sfruttate; questo dipende essenzialmente dai rapporti di forza. Ma lo scopo
fondamentale dell’arbitrato è mantenere lo sfruttamento capitalistico, in quanto tale, se necessario di
tanto in tento scendendo a compromessi sulle questioni secondarie.
Lo Stato dei guardiani, testimonianza della povertà della società
In secondo luogo, lo Stato è un’entità creata dalla società per sorvegliare il quotidiano
funzionamento della vita sociale; esso è al servizio della classe dominante allo scopo di mantenere
il predominio di quella classe stessa. C’è un’oggettiva necessità per questa organizzazione di
guardiani, una necessità connessa al grado di povertà e all’entità del conflitto sociale esistente nella
società.
Da un punto di vista storico più generale, l’esercizio delle funzioni statali è intimamente
connesso con l’esistenza dei conflitti sociali. A loro volta, tali conflitti sociali sono intimamente
connessi con l’esistenza di una certa scarsità di beni materiali, di ricchezze, di risorse, dei mezzi di
sussistenza necessari a soddisfare i bisogni umani. Questo fatto va messo in rilievo: Fino a quando
esisterà lo Stato, sarà la dimostrazione del fatto che i conflitti sociali (e quindi la relativa scarsità
di beni di sussistenza e di servizi) persistono. Con la scomparsa dei conflitti sociali, i guardiani,
divenuti inutili e parassitari, scompariranno – ma non prima! La società, in effetti, paga questi
uomini per esercitare le funzioni di sorveglianza, fino a quando è negli interessi di parte della
società. Ma è abbastanza evidente che dal momento in cui nessun gruppo nella società ha un
interesse nell’esercizio della funzione di vigilanza, la funzione scomparirà insieme alla sua utilità.
Allo stesso tempo lo Stato svanirà.
Il fatto stesso che lo Stato sopravviva prova che i conflitti sociali persistono, che la condizione di
relativa scarsità di beni di sussistenza persiste – caratteristica di quel vasto periodo della storia
umana tra povertà assoluta (la condizione del comunismo primitivo) e l’abbondanza (la condizione
della futura società socialista). Fino a quando saremo in questo periodo di transizione che copre
diecimila anni storia umana, un periodo che include anche il passaggio da capitalismo a socialismo,
lo Stato sopravviverà, i conflitti sociali rimarranno, e dovrà essere la gente a dirimere questi
conflitti nell’interesse della classe dominante.
Se lo Stato borghese rimane fondamentalmente uno strumento al servizio della classe dominante,
significa che i lavoratori dovrebbero essere indifferenti alla forma particolare che prende questo
stato – democrazia parlamentare, dittatura militare, dittatura fascista? Niente affatto! Più libertà
hanno i lavoratori, per autoorganizzarsi e difendere le proprie idee, più i semi della democrazia
socialista daranno i frutti all’interno della società capitalistica, e più l’avvento del socialismo sarà
facilitato nella storia.
Ecco perché i lavoratori devono difendere i loro diritti democratici contro ogni tentativo di
ridurli (leggi antisciopero, istituzione di uno “stato forte”) o di annientarli (fascismo).
Parte III
IL PROLETARIATO AL POTERE
Ciò che abbiamo esposto precedentemente serve per rispondere ad alcune domande riguardanti
lo stato e il socialismo.
La classe lavoratrice ha bisogno dello stato?
Quando si afferma che lo stato rimane in vita fino ad includere il modello di società transitoria
tra capitalismo e socialismo, ci si chiede se la classe lavoratrice ha ancora bisogno di uno stato nel
momento in cui essa prende il potere.
Non può la classe lavoratrice, appena arrivata al potere, abolire lo stato dall’oggi al domani? La
storia ha già risposto a quest’interrogativo. Certamente, in teoria, la classe lavoratrice potrebbe fare
a meno dello stato. Questo, comunque, sarebbe solo un formale atto giuridico, in attesa del
momento in cui i lavoratori assumeranno il potere in una società già così ricca e con una tale
abbondanza di beni materiali e servizi che i conflitti sociali in quanto tali, centrati sulla
distribuzione di tali prodotti, potranno scomparire; in tal caso il controllo di tutto quel caos da parte
degli arbitri, dei guardiani, della polizia non sarebbe più necessario e il loro ruolo verrebbe meno
nel momento in cui scomparirebbe la scarsità di merci. Questo non è mai successo nel passato, ed è
molto probabile che non succederà mai.
Nel momento in cui in cui la classe lavoratrice prende il potere in un paese in cui c’è ancora una
parziale scarsità di beni, o in cui esiste un certo livello di povertà, vuol dire che essa assume il
potere in una fase in cui la società non può ancora funzionare senza uno Stato.
Persiste una quantità enorme di conflitti sociali.
Si può sempre ricorrere a un atteggiamento ipocrita, come fanno certi anarchici: aboliamo lo
stato e diamo un altro nome a coloro che esercitano le funzioni statali. Ma questa è un operazione
puramente verbale, un’abolizione teorica dello Stato. Finché i conflitti continueranno ad esistere, la
gente avrà bisogno di regolarli. Ora, la gente che regola i conflitti – coincide con l’essenza dello
stato. E’ impossibile per l’umanità, per la collettività, regolare i conflitti in una situazione di reale
disuguaglianza e di effettiva incapacità di soddisfare i bisogni di tutti.
Uguaglianza in povertà
Si potrebbe avanzare un obiezione a tutto questo, sebbene sia un po’ assurda e non molti ci
pensino più.
Potremmo immaginare una società in cui l’abolizione dello stato sia connessa a una riduzione dei
bisogni umani; in una tale società potrebbe stabilirsi la perfetta eguaglianza, ma sarebbe certamente
un’uguaglianza in condizioni di povertà. Così, se in futuro la classe lavoratrice dovesse prendere il
potere in Belgio ognuno avrebbe pane e burro – e anche qualche piccola cosa in più.
Ma è impossibile abolire artificialmente i bisogni umani creati dallo sviluppo delle forze
produttive – bisogni apparsi in seguito al raggiungimento di un certo stadio di sviluppo da parte
della società. Quando la produzione di un intera serie di beni e servizi non è sufficiente a coprire i
bisogni di tutti, vietare quei beni e servizi sarà sempre inutile. Una tale proibizione creerebbe solo le
condizioni ideali per il mercato nero e per la produzione illegale di quelle merci.
In tal modo tutte le sette comuniste che, durante il Medio Evo e l’età moderna, hanno cercato di
organizzare in poco tempo la società comunista perfetta, basata sulla completa uguaglianza dei suoi
membri, vietavano la produzione di prodotti di lusso, dei servizi più comuni – inclusa la stampa!
Tutti questi esperimenti sono falliti, poiché la natura umana è tale che dal momento in cui l’uomo
viene a conoscenza di certi bisogni, questi non possono essere repressi artificialmente. Savonarola 9,
che predicava la mortificazione e l’astinenza, inveiva contro la lussuria e pretendeva che tutti i
9
(1452-1498) Religioso riformatore italiano trascinatore di folle, che attaccava il vizio e la corruzione in infuocate
orazioni. Si attirò l’ostilità di Papa Alessandro VI in seguito agli scandali alla corte papale che egli non nascose e che
anzi rese pubblici. Accusato di eresia, morì sul rogo a Firenze.
dipinti fossero bruciati; tuttavia egli non sarebbe stato in grado di impedire a un qualsiasi
inguaribile amante della bellezza e dell’arte di dipingere in segreto.
Il problema della distribuzione di tali prodotti “illegali”, che dunque potrebbero diventare anche
più scarsi che in passato, si ripresenterebbe di nuovo – inevitabilmente.
Il rischio del proletariato
Un altro argomento, sebbene meno importante, sarebbe da aggiungere a quello che è stato detto
all’inizio di questo capitolo.
Quando il proletariato conquista il potere, lo fa in circostanze molto speciali, diverse da quelle
della presa del potere da parte di qualsiasi altra classe sociale. Nel corso della storia, nel momento
in cui altre classi sociali arrivano al potere, esse detengono già l’effettivo controllo in campo
economico, intellettuale, e morale. Non esiste nemmeno un caso, antecedente a quello del
proletariato, in cui una classe sociale sia arrivata al potere mentre era ancora oppressa dal punto di
vista economico, intellettuale e morale. In altre parole, ammettendo che il proletariato possa
prendere il potere, questo è quasi un rischio, perché, come classe all’interno del sistema
capitalistico, il proletariato è oppresso e ostacolato nello sviluppo del suo potenziale creativo. Non
si possono sviluppare pienamente le capacità morali e intellettuali quando si lavora otto, nove o
dieci ore al giorno in un officina, in una fabbrica, in un ufficio. Questa è ancora la condizione del
proletariato oggi.
Ne risulta che, una volta conquistato il potere, la classe lavoratrice è molto vulnerabile. In molte
zone, tale potere, deve essere difeso contro una minoranza che continuerà, per tutta la durata di un
intero periodo storico di transizione, a godere di enormi vantaggi oltre che in campo intellettuale,
anche in campo economico, grazie agli enormi possedimenti materiali – all’assortimento di beni di
consumo di cui dispongono – rispetto alla classe lavoratrice.
Una normale rivoluzione socialista espropria la grossa borghesia come detentrice dei mezzi di
produzione; ma non toglie ai possidenti borghesi i beni accumulati o i loro titoli di studio. Ancor
meno possono essere espropriati il loro cervello e il loro sapere: durante tutto l’intero periodo
antecedente la presa del potere da parte della classe lavoratrice, è la borghesia che ha un monopolio
pressoché esclusivo nell’educazione.
Dunque in una società in cui il proletariato ha preso il potere solo per un breve periodo tempo
(potere politico, potere di uomini armati), molti livelli del potere reale sono e rimangono nelle mani
della borghesia – più esattamente, nelle mani di una parte della borghesia, che potrebbe essere
chiamata intellighenzia o borghesia tecnologica e intellettuale.
Il potere dei lavoratori e i tecnici borghesi
Lenin ebbe alcune esperienze sgradevoli in merito. Attualmente, si può ben vedere che non
importa come ci si avvicini al problema, non importa quale legge, decreto, ordinamento, sia
promulgato, se c’è bisogno di insegnanti, funzionari di alto livello, ingegneri, tecnici altamente
addestrati a tutti i livelli della struttura sociale, è molto difficile piazzare i proletari in queste
posizioni dall’oggi al domani – e anche cinque o sei anni dopo la conquista del potere.
Durante i primi anni del potere del Soviet, Lenin, armato di una formula teoricamente corretta
benché leggermente incompleta, disse: Oggi gli ingegneri lavorano per la borghesia; domani
lavoreranno per il proletariato; per questo essi saranno pagati e se necessario costretti a lavorare.
Ciò che è importante è che dovevano essere controllati dai lavoratori. Ma pochi anni dopo, poco
prima di morire, Lenin, facendo un bilancio di quell’esperienza si chiese: chi controlla chi? I
comunisti controllano gli esperti, o accade il contrario?
Quando ci si cimenta con questo problema, giorno dopo giorno e in termini concreti, nei paesi
sottosviluppati, quando si osserva cosa significa in pratica in un paese come l’Algeria, si realizza
che questo è un problema che può essere risolto abbastanza facilmente nella teoria, con qualche
formula magica, ma che è una questione completamente diversa quando il problema deve essere
risolto in un paese reale, nella vita concreta. In un paese come l’Algeria, per esempio, si tratta di un
controllo pressoché assoluto; il privilegio dell’educazione universitaria (o qualsiasi tipo di
educazione) è posseduto da una minoranza infinitesimale della società, mentre la grande massa del
popolo, che ha combattuto eroicamente per avere l’indipendenza, si trova, al momento di esercitare
il potere, a fare i conti con la mancanza di conoscenze, competenze che solo ora cominciano ad
acquisire. E scoprono che, nel frattempo, devono cedere completamente ai pochi istruiti il potere
per cui avevano eroicamente lottato e vinto.
L’esperienza più eroica in questo campo, la più radicale e la più rivoluzionaria in tutta la storia
umana, è quella intrapresa dalla rivoluzione cubana. Traendo insegnamento da tutte le varie
esperienze del passato, la rivoluzione cubana iniziò a risolvere questo problema su larga scala e nel
minor tempo conducendo una straordinaria campagna educativa10 per trasformare diecimila
lavoratori analfabeti e contadini in altrettanti maestri, professori e studenti universitari – e nel
minimo del tempo. Alla fine di un lavoro di cinque o sei anni, il risultato era considerevole.
Tuttavia, un singolo ingegnere o un singolo agronomo in un distretto contenente diecimila
lavoratori può in pratica diventare, nonostante l’ammirevole spirito rivoluzionario della gente
cubana, padrone del distretto, se ha un monopolio sulla conoscenza tecnica vitale per il distretto
stesso. In questo caso di nuovo, la falsa soluzione sarebbe di tornare a un livello così semplice in
modo tale da non aver bisogno dei tecnici. Questa è un utopia reazionaria.
Lo Stato, guardiano del potere dei lavoratori
Tutte queste difficoltà indicano la necessità per il proletariato, come nuova classe dominante, di
esercitare il potere di Stato contro tutti quelli che potrebbero sottrarglielo, o poco a poco o tutto in
una volta. Il proletariato deve esercitare il potere statale in questa nuova società di transizione in cui
esso possiede il potere politico e i livelli principali del potere economico, ma in cui esso è
minacciato da una intera costellazione di punti deboli e di nuovi nemici. Questa situazione rende
necessario il mantenimento di uno Stato da parte della classe lavoratrice dopo la conquista del
potere, e rende impossibile l’abolizione dello Stato stesso da un momento all’altro. Ma questo Stato
della classe lavoratrice deve essere un tipo di Stato molto speciale.
Natura e caratteristiche dello Stato proletario
La classe lavoratrice, per la sua speciale posizione nella società (che è stata appena descritta), è
obbligata a mantenere uno Stato. Ma per preservarne il potere, lo Stato in questione deve essere
radicalmente diverso dallo Stato che in passato sostenne il potere della borghesia, o della classe
feudale o di quella degli schiavisti. Lo Stato proletario è e non è allo stesso tempo, uno Stato. Esso
comincia a scomparire nel momento in cui nasce, come avevano affermato correttamente Marx e
Lenin. Marx sviluppando la teoria dello Stato proletario, della dittatura del proletariato, come la
10
La delegazione cubana alla Conferenza su Istruzione e Sviluppo Economico, tenutasi a Santiago, Cile, nel marzo del
1962, dichiarò: “per confrontare l’efficienza dei metodi cubani e quelli adottati dalla Conferenza, sarà sufficiente notare
che gli autori della cosiddetta Alleanza per il Progresso offrono 150 milioni di dollari l’annoa a diciannove paesi con
una popolazione di 200 milioni di abitanti, mentre un singolo paese – Cuba, con 7 milioni di abitanti ha aumentato il
suo budget per la cultura e l’istruzione di 200 milioni l’anno senza dover pagare interessi a nessuno.”
Solo surante l’anno 1961 a Cuba, 707.000 adulti hanno imparato a aleggere e a scrivere, e ciò ha portato l’analfabetismo
al di sotto del 3,9 %. Cuba ha raggiunto i seguenti obiettivi educativi nel periodo 1961-1964.
1. innalzare coloro che avevano di recente imparato a leggere e a scrivere al livello medio di istruzione primaria.
2. completare l’istruzione primaria di mezzo milione di lavoratori con soli tre anni di scolarizzazione.
3. asdsicurare un’istruzione secondaria di base di 40.000 lavoratori che avessero completato il ciclo primario.
Tutto ciò è stato portato a termine nonostante il blocco e le esigenze difensive, e a dispetto degli attacchi degli Stati
Uniti.
chiamava lui, dello Stato che svanisce, conferì ad esso diverse caratteristiche, di cui aveva trovato
esempio nella Comune di Parigi del 1871. I caratteri essenziali sono tre:
1.
Nessuna separazione né distinzione tra potere esecutivo e legislativo. E’ necessario che i
corpi legislativi promulghino e allo stesso tempo applichino le leggi. In breve, è
necessario ritornare allo Stato che era nato dal comunismo primitivo del clan e della tribù
e che sopravvive ancora nelle antiche assemblee popolari ateniesi.
Questo è importante. E’ il modo migliore di ridurre il più possibile la divaricazione tra
il potere reale sempre più concentrato nelle mani dei corpi permanenti, e il crescente
potere fittizio lasciato alle assemblee deliberative. Questa scissione è la caratteristica del
parlamentarismo borghese. Non basta sostituire un’assemblea deliberativa con un’altra se
non cambia nulla di essenziale riguardo a tale divaricazione. Le assemblee deliberative
devono avere il potere esecutivo effettivo a loro disposizione.
2.
Cariche pubbliche eleggibili su larga scala. Non solo i membri delle assemblee
deliberative dovrebbero essere eletti. Anche i giudici, i funzionari di alto livello, gli
ufficiali della milizia, i sovrintendenti all’educazione, gli amministratori dei lavori
pubblici, dovrebbero essere eletti. Questo potrebbe rappresentare un trauma per i paesi
con una tradizione napoleonica ultrareazionaria. Ma certe democrazie borghesi, gli Stati
Uniti, la Svizzera, il Canada o l’Australia per esempio, hanno conservato il carattere
elettivo di un certo numero di funzioni pubbliche. Per cui negli Stati Uniti lo sceriffo è
eletto dai suoi contadini.
Nello Stato proletario, tale elezione delle cariche pubbliche deve essere accompagnata
in tutti i casi dal diritto di revoca , cioè dalla possibilità di sottrarre in ogni momento
quegli incarichi ai funzionari ritenuti inadatti.
Dunque il controllo permanente ed estensivo da parte della gente su tale esercizio delle
funzioni di Stato è possibile, e la divaricazione tra coloro i quali esercitano il potere statale
e coloro nel nome dei quali esso è esercitato deve essere minore possibile. Ecco perché è
necessario garantire un costante ricambio di funzionari eletti per evitare che rimangano in
carica permanentemente. Le funzioni statali devono, su scala ancor più ampia, essere
esercitate a turno dall’intera massa del popolo.
3.
Salari non eccessivi. Nessun funzionario, nessun membro dei corpi rappresentativi e
legislativi, nessun individuo che eserciti il potere statale, dovrebbe ricevere un salario più
alto di quello di un operaio specializzato. Questo è l’unico metodo valido per evitare che i
funzionari pubblici si arricchiscano approfittando delle circostanze o che diventino dei
parassiti della società, l’unico modo valido per liberarsi dai cacciatori di carriera e dai
parassiti noti a tutte le società precedenti.
Insieme queste tre regole esprimono bene il pensiero di Marx e di Lenin riguardo allo Stato
proletario. Esso non ha più nulla a che fare con nessuno di quelli che lo hanno preceduto, perché è il
primo Stato che comincia a scomparire nel momento esatto in cui appare; perché è uno Stato il cui
apparato è composto di elementi non più privilegiati rispetto alla massa della società intera i cui
membri prendono a turno il posto l’uno dell’altro; perché è uno Stato che non si identifica più con
un gruppo di persone staccate dalle masse e che esercitano funzioni separate e a parte, ma che, al
contrario, è indistinguibile dalla gente, dalle masse lavoratrici; perché è uno Stato che scompare con
la scomparsa delle classi sociali, dei conflitti sociali, dell’economia monetaria, della produzione per
il mercato, delle comodità, del danaro ecc. Tale scomparsa dello Stato può essere concepita come
un’auto-amministrazione, un auto-governo dei produttori e dei cittadini che si espande sempre più
fino a strutturarsi, in condizioni di abbondanza materiale e di alto livello culturale dell’intera
società, in comunità autogovernate dai produttori-consumatori.
E sull’Unione Sovietica?
Se si pensa alla storia dell’URSS negli ultimi trent’anni, la conclusione che se ne può trarre
riguardo allo Stato è semplice: è uno Stato con un esercito permanente; uno Stato in cui si possono
trovare marescialli, amministratori di monopoli, e persino romanzieri e ballerine che guadagnano
cinque volte di più di un manovale o di un addetto ai servizi domestici; in cui la terribile selettività
di certe funzioni pubbliche è stata determinata rendendo l’accesso a tali funzioni praticamente
impossibile per la vasta maggioranza della popolazione; in cui il potere reale è esercitato da piccoli
comitati del popolo le cui cariche si rinnovano in modo misterioso e il cui potere rimane fisso e
permanente per lunghi periodi – un tale Stato, ovviamente, non è certo in procinto di svanire.
Perché?
La spiegazione a tutto ciò è semplice. In Unione Sovietica lo Stato non è scomparso perché non
sono scomparsi i conflitti sociali. I conflitti sociali non sono scomparsi perché il grado di sviluppo
delle forze produttive non ha permesso tale sparizione – perché la situazione di semipenuria che
caratterizza anche i più avanzati paesi capitalistici continua a caratterizzare la situazione nello Stato
sovietico. E fino a quando tali condizioni di semipovertà esisteranno, i controllori, i guardiani, la
polizia speciale saranno necessari. Certamente, in uno Stato proletario questa gente potrebbe servire
una causa migliore , al momento di difendere l’economia socialista. Ma si deve anche riconoscere
che essi sono staccati dal corpo della società, che essi sono in larga misura parassiti. La loro
scomparsa è legata direttamente al livello di sviluppo delle forze produttive che da sole possono
permettere la sparizione dei conflitti sociali e l’abolizione di funzioni collegate a tali conflitti.
E fino a quando questi guardiani, questi controllori, monopolizzeranno sempre più l’esercizio del
potere politico, fino a quel momento, ovviamente, essi avranno assicurati sempre più crescenti
privilegi materiali, e la scelta del boccone migliore nella relativa scarsità che domina la
distribuzione. Essi dunque costituiscono una burocrazia privilegiata fuori dalla portata e dal
controllo dei lavoratori propensa a difendere principalmente i suoi privilegi.
L’argomento del “cordone sanitario”11
I pericoli risultanti dall’essere circondati dal capitalismo, sono spesso citati da quelli che si
oppongono alla critica prima citata.
L’argomento è: fino a quando esisterà un pericolo esterno, uno Stato sarà necessario, come
diceva Stalin, anche se solo per proteggere il paese dall’ostilità che lo circonda.
Questo argomento è basato su un fraintendimento. L’unica cosa che l’esistenza di un minaccioso
accerchiamento capitalista può dimostrare è la necessità dell’armamento e di un’istituzione militare,
ma esso non giustifica l’esistenza di strutture militari separate e staccate dal corpo della società.
L’esistenza di tali istituzioni militari, separate dall’intera società indica che all’interno di tale
società permane un ammontare sostanziale di tensioni sociali, che impediscono ai governi di
permettersi il lusso di armare la gente, che inducono i leaders ad aver paura di fidarsi della gente per
risolvere i problemi militari di autodifesa nel loro stesso modo. Questo il popolo sarebbe
effettivamente in grado di fare, se la collettività avesse veramente il grado di straordinaria
superiorità che un’autentica società socialista dovrebbe avere rispetto alla società capitalista.
In realtà, il problema dell’ambiente circostante è solo un aspetto secondario di un fenomeno
molto più generale: il livello di sviluppo delle forze produttive, la maturità economica del paese,
11
Fu posizionato attorno alla giovane Repubblica Sovietica dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella I Guerra Mondiale.
L’Unione Sovietica fu isolata dei rapporti commerciali, diplomatici, e ideologici con il resto del mondo, dalla zona di
paesi che la circondavano e dalla flotta alleata che perlustrava i canali marittimi. Questa politica, che causò gravi
difficoltà all’Unione Sovietica ma che è fallita ultimamente, era una prima versione del tentativo attuale di Washington
di distruggere la rivoluzione cubana con il blocco economico e di mettere in quarantena l’ ”infezione “ rivoluzionaria
impedendovi l’ingresso.
sono lontani dal livello che dovrebbero avere in una società che sia una società socialista. L’Unione
Sovietica è rimasta una società di transizione il cui livello di sviluppo delle forze produttive è
comparabile a quello di una società capitalistica avanzata. Essa deve, inoltre, lottare con armi simili.
Non avendo eliminato i conflitti sociali, l’URSS deve mantenere tutti gli organi di controllo e
sorveglianza della popolazione, contestualmente, deve mantenere oltre che rinforzare, lo Stato
invece di permettere ad esso di scomparire. Per numerose ragioni specifiche, questo ha favorito le
degenerazioni e le deformazioni burocratiche in questa società di transizione, che hanno causato un
grave danno al socialismo fino al punto in cui la società sovietica è stata etichettata come
“socialista” per paura di dire la verità. Siamo ancora troppo poveri e troppo arretrati per essere in
grado di creare una vera società socialista. E fino a quando si vorrà usare l’etichetta “socialista” a
tutti i costi per ragioni di propaganda, si dovrà spiegare l’esistenza di alcune cose come le
epurazioni “socialiste”, i campi di concentramento “socialisti”, la disoccupazione “socialista”, la
violazione “socialista” dei diritti delle minoranze nazionali ecc. ecc.
Garanzie contro la burocrazia
Quali garanzie potranno essere introdotte in futuro per evitare l’anomalo sviluppo della
burocrazia apparsa in URSS?
1.
Rispetto scrupoloso dei tre principi enumerati prima, riguardanti l’inizio della scomparsa
dello Stato proletario (e specialmente la norma riguardante la limitazione dei salari di tutti
gli amministratori – politici ed economici).
2.
Rispetto scrupoloso del carattere democratico dell’amministrazione dell’economia:
comitati di autogoverno dei lavoratori eletti nelle imprese; un’assemblea di produttori
(“Senato Economico”) eletto dai comitati ecc. In ultima analisi quelli che controllano il
prodotto di surplus sociale controllano l’intera società.
3.
Rispetto scrupoloso del principio secondo cui se lo Stato dei lavoratori deve per necessità
ridurre le libertà politiche di tutte le classi nemiche che si oppongono all’avvento del
socialismo (restrizione che dovrebbe essere proporzionale alla violenza della loro
resistenza) esso dovrebbe estendere queste stesse libertà a tutti i lavoratori: libertà per
tutti i partiti che rispettino la legalità socialista; libertà di stampa a tutti i giornali che
facciano altrettanto, libertà di assemblea, di associazione, di manifestazione per tutti i
lavoratori – senza nessuna restrizione; effettiva indipendenza dei sindacati dallo Stato,
con riconoscimento del diritto di sciopero.
4.
Rispetto del carattere pubblico e democratico di tutte le assemblee deliberative e piena
libertà, di discutere.
5.
Rispetto del principio di leggi scritte.
Teoria e pratica
La teoria marxista riguardante la scomparsa dello Stato è stata finora pienamente sviluppata per
più di mezzo secolo. In Belgio manca solo un piccolo dettaglio, dobbiamo fare ancora una piccola
cosa – mettere tale teoria in pratica.
E. Mandel
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