Il Risorgimento

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Il Risorgimento Italiano
Cosa significa “Risorgimento”?
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Il verbo “risorgere” significa “sollevarsi”, “rinascere”; in senso transitivo
(ormai in disuso) significa “rianimare”, “risvegliare”.
Il primo ad utilizzare questa espressione è Saverio Bettinelli nel 1775
ne Il Risorgimento dell’Italia dopo il Mille.
E’ però Vittorio Alfieri (scrittore e tragediografo) ad utilizzare la parola
Risorgimento nel senso di “rinascimento nazionale” e con l’idea della
liberazione del suolo italiano dalla presenza straniera.
“Risorgimento” è il nome di un giornale diretto a Torino da Cavour e
Cesare Balbo ed uscito la prima volta nel 1847. I due direttori intendono
riferirsi con questo titolo sia alla rivolta degli Stati Italiani contro la
dominazione straniera sia allo sviluppo economico e sociale nella
direzione del progresso.
Cosa si intende per Risorgimento?
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Il dibattito sulla durata del periodo detto “Risorgimento” e sulle sue
caratteristiche è ancora aperto. Noi possiamo riassumere tre punti di
vista:
1.
Chi considera il periodo dalla Restaurazione (1815) alla
proclamazione del Regno d’Italia (1861).
Chi preferisce riferirsi agli eventi (bellici e politici) che hanno portato
all’Unità. Si considera allora Risorgimento il periodo che va dal 1848 (I
Guerra d’Indipendenza) fino al 1870 (presa di Roma).
Chi fa partire il movimento risorgimentale all’età rivoluzionaria (1796
circa per l’Italia) e lo fa terminare alla fine della I Guerra Mondiale con
la conquista delle terre “irredente”. Si parla in questo caso di “Lungo
Risorgimento”.
2.
3.
L’Italia della Restaurazione
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Vengono reimposti sui troni dei vari Stati Italiani quei
sovrani che erano dovuti fuggire per l’arrivo delle
truppe napoleoniche.
Per molti di coloro che avevano partecipato alle
istituzioni pubbliche create dai francesi la scelta è
tra l’affrontare un processo e partire per l’esilio.
In generale si può dire che quasi tutte le riforme
dell’età napoleonica (codice civile e penale, organi
rappresentativi) vengono abrogate.
L’Italia della Restaurazione (2)
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Contrariamente a quello che i sovrani europei hanno
pensato al Congresso di Vienna non è possibile un
ritorno alla situazione precedente l’ondata
rivoluzionaria.
Molte istituzioni e molte riforme dell’età napoleonica
sono ormai divenute indispensabili: si pensi soltanto
che i censimenti fatti fare da Napoleone durante la
dominazione francese in Italia sono per molte città i
primi effettuati da secoli.
I moti del 1821
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Nell’estate 1821 scoppia una rivolta a Napoli che trova l’appoggio
anche di parte dell’esercito borbonico. Di lì a poco la protesta si
diffonde anche a Palermo dove viene fomentata dal separatismo
siciliano.
Anche a Torino i patrioti si organizzano, potendo contare
sull’appoggio dell’erede al trono: Carlo Alberto. L’intenzione è quella
di convincere il re Vittorio Emanuele I a concedere una Costituzione
e muovere guerra contro l’Austria per liberare il Lombardo-Veneto.
All’ultimo momento Carlo Alberto fa mancare il proprio appoggio ai
ribelli che vengono sconfitti dai reparti fedeli al nuovo re Carlo
Felice.
A Napoli i Borboni, grazie all’aiuto militare dell’Austria, riescono a
portare l’ordine.
I moti del 1831
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A capo dei moti sono Enrico Misley e Ciro Menotti che operano nel
Ducato di Modena e Reggio.
Hanno l’appoggio del duca Francesco IV che spera, nel caso di un esito
positivo dei moti, di guidare uno Stato italiano del Nord.
Pochi giorni prima della congiura il Duca cambia idea e fa arrestare
quasi tutti i congiurati, compreso Ciro Menotti.
La rivolta però ormai è iniziata e si diffonde anche alle Legazioni. Si
creano Governi Provvisori che formano anche delle compagnie di
volontari.
Dopo poche settimane l’Austria, verificato che la Francia non ha
nessuna intenzione di intervenire a favore degli insorti, mette fine alla
rivolta con la battaglia di Rimini (fine marzo).
Alla fine dei moti segue la solita raffica di condanne (anche a morte) e
di esili.
Ciro Menotti e Francesco IV
Verso il 1848
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A partire dagli anni ’45-’46 Carlo Alberto, il sovrano del
Piemonte divenuto Re nel 1831, attua alcune riforme in
senso liberale: concede la nascita di un quotidiano, riforma
l’università, l’ordinamento giudiziario e sanitario e,
finalmente, istituisce il Ministero dell’Istruzione Pubblica.
In Toscana Leopoldo II attua riforme simili a quelle
piemontesi.
A Roma è eletto papa Giovanni Mastai Ferretti che prende
il nome di Pio IX. Il nuovo Papa ha fama di liberale e i suoi
primi provvedimenti fanno nascere la speranza che egli
possa guidare in futuro una federazione di Stati Italiani.
Il 1848
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Le prime rivolte si hanno in Sicilia contro i Borboni.
L’11 febbraio il re Ferdinando II è costretto a
concedere una Costituzione.
L’esempio napoletano prende piede in tutti gli altri
Stati italiani e anche Leopoldo II, Pio IX e Carlo
Alberto finiscono col cedere e promulgare una
Costituzione.
La Costituzione piemontese (meglio nota come
“Statuto Albertino”), pubblicata il 4 marzo 1848
diventerà poi la Carta Costituzionale dell’Italia Unita
fino al 1946.
Il ’48 si diffonde
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Le rivolte scoppiano in tutta l’Europa contro l’Impero
austriaco definito “prigione dei popoli”. Il grande uomo di
governo e diplomatico Metternich è costretto ad
abbandonare il potere.
Immediatamente si ribellano Venezia, i ducati emiliani legati
all’Austria e Milano. Ovunque nascono governi provvisori
che cominciano riforme e preparano l’annessione in un
unico Stato del Nord Italia.
A Milano si hanno le famose “Cinque giornate” quando la
popolazione mette in fuga l’esercito austriaco.
Metternich
La I Guerra d’Indipendenza
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L’Austria è in difficoltà e i liberali piemontesi
spingono Carlo Alberto a dichiararle guerra (25
marzo). Accorrono volontari da tutta l’Italia e anche
corpi di spedizione dalla Toscana e dallo Stato della
Chiesa.
All’inizio le operazioni militari sorridono ai
piemontesi che vincono a Goito e a Pastrengo.
In giugno però gli austriaci recuperano terreno e
sconfiggono i piemontesi a Custoza il 23-25 luglio. Il
9 agosto viene firmato un armistizio.
La I Guerra d’Indipendenza (2)
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La situazione di stallo favorisce l’Austria che si riorganizza.
Intanto nei ducati emiliani rientrano i sovrani.
A Venezia viene proclamata una Repubblica che mira a
recuperare la tradizione della Serenissima.
A Napoli Ferdinando II toglie ogni potere democratico
elargito con la Costituzione e si prepara a risolvere nel
sangue la questione siciliana.
A Roma viene cacciato il Papa e si forma la Repubblica
Romana: è il luogo dove per prime si sperimentano forme
avanzate di parlamentarismo. Qui confluiscono alcuni dei
personaggi più importanti del Risorgimento: Garibaldi,
Mazzini, Saffi, Mameli.
La sconfitta italiana
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Nel febbraio 1849 si riaprono le ostilità.
Gli austriaci si sono però riorganizzati e sconfiggono i
piemontesi prima a Mortara poi a Novara.
Carlo Alberto abdica in favore di Vittorio Emanuele II per
salvare almeno la dinastia sabauda sul trono piemontese.
E’ la fine delle speranze per i patrioti italiani.
La Repubblica Romana, dopo aver resistito per mesi alle
truppe francesi grazie all’abile guida di Garibaldi, cade il 12
luglio.
Qualche mese dopo si arrende anche la Repubblica di
Venezia.
Il decennio di preparazione
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La sconfitta lascia un’eredità pesante nel movimento
unitario: è mancata la coordinazione tra esercito
regolare e volontari, i governi provvisori erano
spesso divisi tra liberali e mazziniani, gli errori tattici
dei generali avevano permesso il ricostituirsi
dell’esercito austriaco.
A ciò si aggiunge l’ondata di esili e condanne che
colpisce coloro che hanno partecipato ai moti: molti
di questi riparano in Piemonte che è l’unico Stato
italiano a non ritirare la Costituzione concessa nel
1848.
Il decennio di preparazione (2)
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Nonostante i gravi problemi interni è il Piemonte che
finalmente assume il ruolo guida nel movimento nazionale.
Personaggio di spicco è Cavour che, prima Ministro poi
Capo del Governo, riorganizza in senso liberale lo Stato
piemontese razionalizzando l’amministrazione e la giustizia
e laicizzando l’istruzione.
Vengono riformate le Poste, l’esercito, si adotta un nuovo
Codice Civile etc.
Si comincia a creare una vera rete ferroviaria, si investe
nell’ammodernamento dei porti (soprattutto quello di
Genova).
L’Italia e l’Europa
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Cavour è consapevole che non è possibile costruire
l’Italia senza trovare un accordo con le potenze
europee.
La più interessata ad aiutare l’Italia è la Francia di
Napoleone III, desideroso di mettere in mostra il suo
ruolo sul continente a scapito dell’Austria.
Il Piemonte, per acquisire visibilità, manda un corpo
di spedizione in Crimea come alleato di Francia ed
Inghilterra che si trovano in guerra contro la Russia.
La Società Nazionale
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Nasce nel 1857 è mette insieme personaggi
di provenienza politica molto diversa come i
repubblicani Manin e Garibaldi e vari
esponenti monarchici e liberali piemontesi.
L’obiettivo comune è quello di scacciare gli
austriaci, per far questo tutti si dicono
disponibili a rimettersi agli ordini del
Piemonte e ad accettare il ruolo guida della
monarchia sabauda.
Massimo D’Azeglio
I patti con la Francia
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In un famoso incontro a Plombières (maggio 1858),
Napoleone III e Cavour si accordano sulla creazione
di uno Regno del Nord sotto guida sabauda, un
Regno del Centro con un sovrano di fiducia, un
Regno del sud da lasciare ai Borboni o a un
discendente di Murat. Roma sarebbe rimasta al
Papa.
Napoleone III in cambio pretende per la Francia
Nizza e la Savoia.
Napoleone III
La II Guerra d’Indipendenza
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Le ostilità si aprono nella primavera del ’59
I franco-piemontesi sconfiggono vicino a Milano gli
austriaci mentre Garibaldi con i suoi volontari ottiene
varie vittorie.
8 giugno: Napoleone III e Vittorio Emanuele II
entrano a Milano.
24 giugno: vittorie a Solferino e San Martino.
8 luglio: armistizio.
La battaglia di Solferino
La II Guerra d’Indipendenza
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La Francia si ritira dalla guerra prima di quanto pattuito e
per questo motivo il Piemonte non si sente legato a quanto
stabilito in precedenza.
Intanto sia nei Ducati emiliani che in Toscana sono nati dei
governi provvisori che hanno cacciato i vecchi governanti e
che preparano l’annessione al Piemonte.
Si crea una situazione di stallo che dura fino alla primavera
successiva. L’Austria comunque è costretta a riconoscere
al Piemonte le conquiste lombarde e le eventuali
annessioni emiliane e toscane.
Alla Francia vanno come pattuito la Savoia e Nizza.
I Mille di Garibaldi e la conquista del sud
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Mentre in Emilia e Toscana si svolgono i plebisciti per
l’annessione dei nuovi territori al Piemonte, Garibaldi organizza,
con la tacita collaborazione di Cavour, una spedizione in Sicilia.
Partiti il 5 maggio 1860 da Quarto, vicino a Genova, i Mille
sbarcano a Marsala l’11 e attaccano l’esercito dei Borbone a
Calatafimi riscuotendo anche l’appoggio della popolazione.
In due mesi conquistano l’intera Sicilia e sbarcano sul continente
risalendolo fino a Napoli dove Garibaldi entra il 7 settembre.
Intanto le truppe piemontesi sono entrate dalle Marche nel
territorio pontificio dove hanno sconfitto le truppe papali a
Castelfidardo.
Il 26 ottobre ha luogo il famoso incontro di Teano dove Garibaldi
consegna a Vittorio Emanuele II le terre conquistate.
Il Regno d’Italia
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Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia
con a capo re Vittorio Emanuele II. In mano agli
austriaci rimangono solo il Veneto e il Trentino. La
capitale è
Torino anche se molti dei patrioti
vorrebbero la conquista del Lazio e di Roma
considerata la capitale naturale della penisola.
Roma è però protetta dalle truppe francesi di
Napoleone III che per ragioni di politica interna non
può inimicarsi i cattolici del suo paese.
La III Guerra d’Indipendenza (1866)
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Nel 1866 scoppia una guerra tra la Prussia di
Bismarck (interessata all’egemonia degli stati
tedeschi nell’orbita austriaca) e l’Austria.
L’Italia si allea con i prussiani e nonostante le
clamorose sconfitte nelle battaglie di Custoza
e di Lissa (al largo della Dalmazia) ottiene il
Veneto.
La presa di Roma
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Nel 1870 la politica espansionista di Bismarck si scontra con la
Francia di Napoleone III.
La guerra franco-prussiana, che si conclude con una
schiacciante vittoria dei tedeschi, ha come conseguenza il
richiamo in patria delle truppe francesi schierate a difesa di
Roma.
Il 20 settembre 1870 un reparto di fanteria e uno di bersaglieri
piemontesi aprono una breccia nelle mura della città eterna
presso Porta Pia. Roma è conquistata. Il plebiscito che segue nel
Lazio e nella città ha un esito schiacciante a favore
dell’annessione al Regno.
Il 23 novembre Roma è nominata capitale e dal luglio 1871 il
Governo e il Parlamento spostano effettivamente la loro sede
nella nuova capitale.
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