F.Scalia

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CARLO MARIA MARTINI, L’UOMO DELL’ASCOLTO
Una delle definizioni più condivise del cardinale Martini è stata quella di “uomo del
dialogo”. Ora la parola “dialogo” in ambito ecclesiale cattolico è variamente intesa.
Come tecnica di ingaggio dell’altro per condurlo a pensare come me (si potrebbe
leggere in questo senso la celebre raccomandazione ignaziana “entrare con la loro e
uscire con la nostra”), oppure come confronto “triangolare” di ricerca verso la Verità
che ci trascende: tutti e due cerchiamo la Bellezza e la Verità – tendiamo al vertice –
ma dialogando – alla base - ci scambiamo quanto abbiamo intuito in questa ricerca.
Nel primo caso io ho (o sono?) la verità a cui tu ti devi conformare; nel secondo caso
la verità è fuori di noi ed è preziosa la mia e la tua approssimazione ad essa.
Martini fu uomo di dialogo nel secondo senso, dunque necessariamente “uomo
dell’ascolto”.
Ascolto di chi? Della Parola che è nelle Scritture – della Parola che si leva dalla
storia. Si può dire anche così: Martini è stato l’uomo dell’ascolto delle domande
sempre nuove dell’uomo, dei problemi reali della gente, delle angosce e delle
speranze dell’umanità. E per questo è stato l’uomo dell’e ascolto di quella Parola che
li illumina gli uomini e li conduce verso una vita sensata. Diceva “Bisogna ascoltare
gli altri, comprenderli, includerli nel nostro affetto, riconoscerli, rompere la loro
solitudine ed essere loro compagni. Insomma amarli.”
Martini è stato un insigne studioso della Bibbia. Appartiene al suo DNA. Aveva 11
anni quando cercava di trovare una edizione critica del Nuovo Testamento con greco
e latino a fronte. Solo che il suo studio non si ferma all’esegesi dotta (quasi la Bibbia
fosse un reperto archeologico), ed aborre da una lettura fondamentalista dei testi
sacri. Ciò che a Martini importa è che l’uomo possa trovare risposte alla sua sete di
libertà, di vita e di verità, possa camminare verso se stesso e verso Dio. Ed è per
questo che tutti i suoi sforzi sono diretti a farsi interrogare dalla storia per
interpretarla alla luce del Vangelo. E se un tale atteggiamento lo faceva apparire
“profeta” a tanti e “non allineato” ad altri, il problema pareva non toccarlo. È andato
sempre avanti nella sua testimonianza cristiana. Credo che Martini abbia sempre
condiviso l’osservazione di papa Giovanni: “non è il Vangelo che cambia, siamo noi
che lo comprendiamo meglio”.
Ma nella storia chi ha ascoltato Martini?
Ha ascoltato la sofferenza della chiesa
Nato nel 1927 ed ordinato sacerdote nella Compagnia di Gesù nel ’52, vive giorni in
cui la chiesa cattolica viveva in difesa, nella paura e protesa a riguadagnare lo spazio
perso nell’epoca moderna. Considerava le comunità non cattoliche come
organizzazioni di eretici restii a volersi sottomettere alla verità, e dunque in grave
peccato, sulla via della dannazione eterna. Le religioni non cristiane erano
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considerate paurose tenebre dell’uomo peccatore che con la scusa di Dio sta
rivoltandosi nei suoi vizi. Riteneva assurda una libertà di coscienza o una libertà
religiosa. Assurdo pensare che ci potessero essere vie di salvezza fuori della chiesa
cattolica. E se nel secolo XX si era passati da una guerra all’altra, questo era colpa di
chi non voleva accettare il “regno sociale di Cristo”, cioè la sottomissione degli stati
alle direttive della chiesa, unica maestra di verità.
In questa chiesa erano guardati con sospetto non solo le rivolte di un ceto operaio e
contadino condannato a subire le angherie dei padroni terrieri o dei signori della
fabbriche, ma ogni idea di libertà, di giustizia sociale, di organizzazione dal basso.
Destavano perplessità i concordati con regimi nazifasciti stipulati prima della seconda
guerra mondiale. Non si era usciti dalla crociata antimodernista e qualsiasi
rinnovamento nella liturgia, nella teologia, negli studi biblici, nella catechesi destava
grandi sospetti.
In poche parole si trattava di una chiesa statica, chiusa (o, al massimo, parallela) al
mondo ferma nelle sue certezze eterne, che cercava di riconquistare il potere perduto
tramite la Democrazia Cristiana e di difendere le posizioni del Magistero con
atteggiamenti che potevano definirsi autoritari. Ciò che era stato detto una volta
doveva valere per sempre.
Di questo stato di cose soffrivano i fedeli più attenti, gli intellettuali, gli studenti di
teologia che si vedevano sempre più privi di una Parola da dire alla gente, quei
religiosi e quelle religiose che sentivano il bisogno di accostare in modo nuovo mondi
ormai lontani. Si pensi al mondo operaio, ai popoli che andavano decolonizzandosi,
ai giovani affascinati da un consumismo edonistico che uccideva le loro anime.
Ha ascoltato i lontani
Martini è uomo della Parola, non solo di quella per così dire codificata nella Scrittura,
ma di quella che lo Spirito grida, fa sentire con “gemiti inenarrabili” – dice Paolo nel cuore di ogni uomo creato a immagine di Dio, quale che sia la sua fede o la sua
non fede. Se c’è uno Spirito nel mondo, se dello Spirito vive ogni vivente, se dalla
croce (secondo Giovanni) Cristo ha effuso questo Spirito suo su ogni uomo, allora
non c’è uomo che non sia ben più grande dei suoi gesti e perfino più grande delle sue
stesse affermazioni.
In linea del resto con un Concilio che aveva parlato di “fratelli separati” e non di
eretici, che aveva riconosciuto la santità della coscienza (“Primo vicario di Cristo –
aveva detto il cardinale Newman) e l’onestà di una ricerca umana della verità, che
aveva intravisto vie di salvezza anche nelle religioni non cristiane, Martini intesse
rapporti con ebrei (“suoi fratelli maggiori”), con uomini e teologi della Riforma, con
non credenti. Resta un modello la “Cattedra dei non credenti” dove era lui a sedersi
tra la gente per ascoltare ed a rifiutare la cattedra per insegnare. Come restano un
modello di ascolto le conversazioni con Scalfari (oggi riediti in un volume).
Ha ascoltato le preoccupazioni dell’uomo del suo tempo
C’è differenza tra conoscere e “ascoltare” le ansie di un popolo, di una generazione e
perfino il grido di quelle generazioni che rischiano di non nascere mai. Se il
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novecento cattolico è pervaso – a titolo ed a modalità diverse – da una richiesta di
giustizia nel mondo (richiesta abbondantemente trascurata da quanti finivano per
approvare un sistema politico-economico che generava ingiustizie strutturali), non
abbondava nella chiesa l’ascolto quasi viscerale delle vittime dell’ingiustizia.
L’appoggio delle autorità vaticane ai dittatori dell’America Latina negli anni ‘70-80
rimane uno scandalo come rimane un mistero l’accoglienza acritica del capitalismo
da parte di tanti cattolici.
Martini ascoltò queste grida, accorgendosi di come fosse collegato il problema della
giustizia con quello della pace e con la fine dello sfruttamento selvaggio di Madre
Terra. Una simile sensibilità che lo portò a nome della Conferenza Episcopale
Italiana nel 1989 a Basilea per la prima Assemblea ecumenica europea dal titolo
“Pace nella Giustizia” (partecipano la Conferenza delle Chiese europee e il Consiglio
delle Conferenze Episcopali d'Europa) lo rende inaffidabile agli occhi di tanti
cattolici tradizionalisti.
Ha ascoltato gli interrogativi più angoscianti dell’uomo moderno
Quelli che riguardano l’origine della vita e la sua fine, le cellule staminali ed il
problema degli embrioni abbandonati, la sessualità e l’omosessualità nella chiesa, il
testamento biologico ed il senso dell’esistenza.
Anche questo ascolto gli procurò problemi. Alla sua morte, ecco quanto disse ai
fedeli un astioso parroco del Nord. "L’insegnamento del Cardinale Martini è stato
sempre in aperto contrasto con il Magistero della Chiesa. Sia durante i venti anni in
cui è stato arcivescovo di Milano, che in seguito. Era, infatti, contro la dottrina
ufficiale della Chiesa: ha ammesso aborto e contraccezione. Ha detto che è meglio
che i preti si sposino, ha negato l'esistenza del purgatorio e dell'inferno." Difficile
comprendere come si possa calunniare dall'altare un cardinale che il Papa ha definito
‘un fedele servitore della Chiesa e del Vangelo’.”
Torto reale di Martini è avere ascoltato i dati scientifici ed i problemi a cui
determinate conoscenze venivano incontro, pur nella piena coscienza che “non è
possibile separare i dati scientifici da un più ampio sapere di fondo che conferisce
loro significato. La vita non è riducibile ad un dato biologico costruito dalle scienze,
ma è piuttosto l’esperienza di un senso donato, che dischiude alla coscienza una
promessa che la interpella, sollecitandola all’impegno e alla decisione di sé nella
relazione con l’altro”. Ma se questo è un torto, vorremmo che fosse comune a tutti i
cristiani.
Conclusione: ascoltare il cardinale Martini, oggi
Qualunque cosa si dica di Martini gli rimane il merito di avere preso sul serio la
svolta conciliare del Vaticano II e di averla vissuta in pieno come studioso, come
gesuita, come pastore-arcivescovo di Milano.
Ci è lecito continuare oggi questa sua esperienza? Sapendo che le difficoltà verranno
non tanto da un mondo che, in fondo, aspetta una Parola di salvezza, ma all’interno
della stessa chiesa?
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Oggi la chiesa appare lacerata al suo interno più di quanto non si voglia fare apparire.
Siano o no appropriate definizioni come “Scisma sommerso” di Prini, o “I due
cristianesimi” di Mastrofini, o “Le due chiese” di Thellung, si rimane perplessi
quando i confini si confondono ed una corrente come quella dei lefevbriani appare
oggi come portatrice dell’unica ed autentica interpretazione del Concilio.
Forse anche questi sono problemi di secondaria importanza, che buon senso e
sollecitazioni dello Spirito finiranno per fare risolvere. Riteniamo però che possa
essere compito di chi è vissuto accanto a questo uomo di Dio dal pensiero e
dall’apertura al dialogo quali difficilmente si trovano nel mondo ecclesiastico,
proseguire la sua esperienza ed ascoltarlo.
Nell’ultima intervista dell’8 agosto diceva:
“Ai cristiani di tutte le confessioni affido la speranza dell’unità della chiesa e di
una ritrovata comunione nella molteplicità dei doni di Dio che permetta un dialogo
fruttuoso tra le religioni ed una rinnovata amicizia col popolo delle promesse”.
“A tutti dico: amatevi gli uni gli altri così vivrete nella giustizia nel perdono e nella
pace. Il nostro maggiore contributo alla pace in un mondo gravido di conflitti e di
minacce di nuovi assurdi conflitti, nascerà da un cuore che innanzi tutto vive in se
stesso il perdono e la pace. Servitevi con amore a vicenda, facendovi prossimi a tutti,
perché chi rende il più piccolo servizio al minimo di tutti i fratelli, lo rende non solo
al mistero della dignità umana ma a ciò che la fonda, cioè al mistero di Gesù”.
Forse ascoltare questi inviti è il modo più autentico di ricordare una persona schiva di
ogni apparenza, lontana dal desiderio di successi in vita e dopo il ritorno alla casa del
Padre.
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