I clusters nei paesi del Sud del mondo

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Il modello dei distretti industriali nei paesi del Sud del
mondo
Diego Coletto
Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
Università degli Studi di Milano Bicocca
[email protected]
20 giugno 2012
La (ri-)scoperta dei distretti industriali
 Piore M.J., Sabel C.F. (1984). The Second Industrial Divide: Possibilities For
Prosperity. New York: Basic Books
 Nel corso degli anni Settanta, crescita delle piccole imprese,
 concentrate in sistemi locali (in aree urbane di dimensioni ridotte,
costituite da uno o più comuni vicini)
 Specializzazione settoriale (soprattutto nei settori tradizionali quali il
tessile, abbigliamento, calzature, mobili, ceramica)
 Mercato del lavoro integrato
 Bagnasco A. (1977). Tre Italie. Bologna: Il Mulino
 Aree di specializzazione produttiva che in alcuni casi esistevano da
molto tempo, convivendo con la produzione di massa, e che in altri
casi si formano o crescono sotto lo stimolo delle nuove opportunità
per le produzioni flessibili
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I distretti industriali
 Divisione specialistica del lavoro - Integrazione tra piccole imprese
molto elevata
 Integrazione verticale tra imprese: ogni impresa si specializza
in una particolare fase (o in un particolare componente del
prodotto)
 Produzione decentrata
 Elevata collaborazione tra unità produttive
 La flessibilità dei distretti non dipende solo dall’uso di nuove
tecnologie da parte delle singole aziende, ma soprattutto dai
rapporti di cooperazione tra le aziende
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Origini e condizioni di successo dei distretti
industriali
 Lo sviluppo dell’economia diffusa e dei distretti è sostenuto da alcuni
fattori istituzionali:
 Una rete di piccoli e medi centri urbani, caratterizzati da tradizioni
artigianali e commerciali diffuse (spesso anche da scuole tecniche)
 Eredità dei rapporti di produzione sviluppati in agricoltura
(mezzadria e piccola proprietà contadina). Rapporto cittàcampagna
 Presenza di aree caratterizzate da subculture politiche territoriali,
che rafforzano il tessuto fiduciario (esempio: rinuncia a
massimizzare l’utilità a breve termine da parte di clienti e
subfornitori)
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I distretti come sistema economico
 Distretti industriali si basano sulla presenza di specifiche risorse:
 Tradizioni artigianali e/o presenza di istituzioni di ricerca pubbliche
o private che alimentano il saper fare diffuso
 L’inclusione del distretto in una comunità locale garantisce
interazioni più dirette e circolazione delle informazioni (chi non si
adegua alle norme e alle aspettative condivise è escluso o
sanzionato)
 Il saper fare e la circolazione delle informazioni possono essere
sostenuti anche dalle istituzioni (centri per la diffusione della
tecnologia, per la formazione imprenditoriale e del lavoro, per la
promozione delle esportazioni, per la raccolta di informazioni sui
mercati, ecc.)
 Relazioni industriali poco presenti o molto cooperative
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Il problema dello sviluppo
 Il problema del “sottosviluppo” emerge dopo la Seconda Guerra
Mondiale
 Sviluppo inteso essenzialmente come crescita economica
 Fattori che spiegavano il sottosviluppo:
 Fenomeni demografici
 Caratteristiche economiche
 Caratteristiche sociali
 Circolo vizioso del sottosviluppo
 Economie del Terzo Mondo come economie di sussistenza
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Un indicatore del problema del sottosviluppo
Fonte: Bottazzi, 2009
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I principali paradigmi dello sviluppo
 Paradigma della modernizzazione
 Paradigma della dipendenza
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Paradigma della modernizzazione
 Società tradizionale/società moderna. Modernizzazione come
processo trasformativo che muta le società tradizionali in società
moderne
 Mutamento sociale unidirezionale, progressivo e graduale
 Processo irreversibile, positivo e sequenziale
 Processo sistemico
 Cambiamenti anche nella sfera della “personalità”
 Forte crescita economia strettamente connessa a processo di
industrializzazione
 Processo omogeneizzante (gli Stati Uniti sono visti come modello di
società moderna)
 Attenzione posta su fattori endogeni
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Paradigma della dipendenza
 Rifiuta l’evoluzionismo lineare promosso dalla teoria della
modernizzazione
 Sviluppo e sottosviluppo sono due facce della stessa medaglia
 “Scambio ineguale” fra materie prime e prodotti manufatti come
causa economica principale del sottosviluppo dei paesi “satelliti” o
“periferici”
 Subordinazione delle strutture produttive dei paesi del Terzo
Mondo ai paesi industrialmente avanzati
 Le strutture sociali e politiche dei paesi del Terzo Mondo non sono
proprie delle società tradizionali, né somigliano e seguono
cambiamenti analoghi a quelle dei paesi più sviluppati
 Sottosviluppo come processo che si autoperpetua
 Attenzione posta su fattori esogeni
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Spazio economico e spazio geografico
 Spazio economico: spazio in cui ogni impresa o settore ha una
relazione input-output esplicita con tutte le altre imprese o settori.
Può assumere forme diverse: complessi industriali a forma
piramidale; gruppi di PMI verticalmente integrate, legate fra loro da
una rete di transazioni disaggregate. È una sfera di scambi,
interazioni, flussi.
 Spazio geografico: luogo di località effettive, sia che siano
funzionalmente interrelate fra loro, sia che non lo siano
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Il modello dei distretti industriali
 Imprese di piccola e media dimensione
 Integrazione orizzontale
 Importanza dei caratteri culturali e sociali:
 Conoscenze tecniche e commerciali diffuse
 Consuetudine condivisa con l’idea e le pratiche di mercato
 Reti di relazioni sociali che permettono una diffusa fiducia reciproca
 Attenzione sulle forme specifiche d’integrazione dell’economia nella
società
 Il modello dei distretti industriali si basa sull’idea che ci sono risorse
nascoste nel patrimonio culturale di una società locale che possono
attivarsi, se riconosciute
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Regolazione e processi di miglioramento e
innovazione
Distretti industriali
Catene produttive globali
Regolazione nei
contesti locali
Grande attenzione su forme di
cooperazione fra imprese locali e fra
imprese e istituzioni locali
Scarsa attenzione al tema
Relazioni con il
mondo “esterno”
Assunte come rapporti basati
essenzialmente sullo scambio di
mercato
Grande attenzione a reti di
imprese a livello globale ed alla
regolazione all’interno delle
catene produttive globali
Processi di
miglioramento e
innovazione
Enfasi sui processi d’innovazione di
tipo incrementale (learning by doing)
che si sviluppano all’interno dei
clusters
Miglioramento promosso dalle
imprese che hanno un ruolo
chiave all’interno delle catene
produttive (learning by exporting)
o dal passaggio da una catena ad
un’altra
Sfida chiave per
mantenere
competitività
Promuovere efficienza collettiva
attraverso l’interazione fra gli attori
all’interno dei clusters
Accedere alle catene produttive
globali e stabilire rapporti con i
clienti più grandi
Fonte: Humphrey, Schmitz 2002
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