Sezione Prima Domande a risposta sintetica 1. In che rapporti si pongono tra loro Stato e diritto? F Lo Stato è una forma di associazione di individui che, su un dato territorio, si dà una serie di regole comuni (diritto) per realizzare la vita della collettività (popolo) che ad esso fa capo e da esso dipende. Il diritto, invece, costituisce quell’insieme di regole di comportamento che lo Stato impone ai consociati e di cui garantisce, anche attraverso l’uso della forza, l’osservanza. Per TRABUCCHI il diritto presenta i seguenti caratteri: —intersubiettività, in quanto regola azioni umane rilevanti nei rapporti sociali, stabilendo così, tra i componenti della società, delle relazioni giuridiche aventi per contenuto una serie di obblighi e di correlativi diritti; —statualità, in quanto esso deriva solo dallo Stato, che crea o riconosce le norme obbligatorie (principio di legalità). Si dice, infatti, che lo Stato parla il diritto; —obbligatorietà, in quanto s’impone con una serie di norme obbligatorie il cui rispetto viene assicurato dallo Stato anche con ricorso alla forza. Il complesso di norme coordinate per la disciplina dei singoli rapporti tipicamente previsti dall’ordinamento si definisce istituto giuridico (es.: l’istituto del matrimonio, della proprietà etc.). Il diritto, infine, si manifesta sotto due differenti profili: —diritto oggettivo: cioè come l’insieme delle regole (norma agendi) che disciplinano in astratto la condotta degli individui; —diritto soggettivo: come potere di agire (facùltas agendi) che viene riconosciuto in concreto ad un soggetto per soddisfare un proprio diritto. Domande collegate 1.1 Che cosa s’intende per ordinamento giuridico? F I gruppi sociali organizzati sono composti da una pluralità di persone e presentano un sistema di regole che ne disciplinano la vita di relazione (normazione). Tali regole devono essere prodotte da un potere sovrano e istituzionalizzato che assicuri l’effettiva realizzazione degli scopi comuni (organizzazione) e che abbia capa- 8 Introduzione cità di coazione (attraverso l’irrogazione di sanzioni in caso di trasgressione); inoltre, tale potere deve giovarsi della reale adesione dei componenti del gruppo ed essere da questi ultimi riconosciuto quale autorità sovraordinata, non derivata, finalizzata al perseguimento dell’interesse generale (effettività). Se esistono tutti questi presupposti le suddette regole sono dette «norme giuridiche» e concorrono alla costituzione del relativo ordinamento. Più precisamente, si definisce ordinamento giuridico (o diritto oggettivo) il sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di un gruppo sociale stabile (altrimenti detto comunità). Si noti come fenomeno sociale e fenomeno giuridico siano reciprocamente imprescindibili: come quest’ultimo si afferma solo laddove sorge una aggregazione umana, così lo sviluppo della società, per non cadere nell’anarchia, deve svolgersi all’interno di regole che disciplinino i rapporti fra i soggetti che la compongono (secondo l’antico brocardo ubi societas ibi ius). 2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche? F Le norme giuridiche sono precetti o divieti imposti dallo Stato o altro ente dotato del potere coercitivo e accompagnati dalla minaccia dell’irrogazione di una sanzione (pena, ammenda, multa, sanzione amministrativa) in caso di inosservanza. In ciò consiste la coercibilità, imperatività o coattività, carattere esclusivo della norma giuridica che connota l’ordinamento giuridico differenziandolo da altri ordinamenti (religioso, sportivo etc. dove le sanzioni sono prevalentemente di tipo ultraterreno o si limitano a comminare la sola espulsione dal gruppo sociale). Le norme giuridiche sono, inoltre, astratte e generali in quanto si rivolgono ad un numero indeterminato di destinatari e sono suscettibili di regolare un numero indefinito di casi. Ciò significa che tali norme disciplinano fattispecie astrattamente previste, e non già situazioni concrete. La generalità e astrattezza non sono, tuttavia, caratteri immutabili, ma possono essere presenti nelle norme con una certa graduazione: le norme transitorie, ad esempio, regolando il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, si rivolgono a cerchie ristrette di situazioni e destinatari, mentre le cd. leggi-provvedimento sono caratterizzate da contenuti privi della generalità e dell’astrattezza (es.: leggi sulle espropriazioni, leggi sulle nazionalizzazioni, leggi che conferiscono determinati benefici ad alcune categorie sociali: pensionati, disoccupati, piccoli imprenditori etc.). Le norme, infine, introducono prescrizioni che antecedentemente alla loro entrata in vigore non esistevano, oppure modificano o abrogano quelle preesistenti e, anche quando si limitano a reiterare precetti già presenti nell’ordinamento, sicuramente rinnovano almeno la fonte che le ha prodotte. La novità è, quindi, un altro carattere essenziale delle norme giuridiche. Ordinamento giuridico 9 Domande collegate 2.1 Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e religiose? F Rispetto alle norme morali e religiose, le norme giuridiche si distinguono perché presentano il carattere della esteriorità, cioè incidono esclusivamente sui comportamenti esteriori dell’uomo, mentre le norme morali e religiose agiscono prima sulla sua coscienza (foro interno) e poi sull’azione. Solo le norme giuridiche, in quanto espressione della potestà d’imperio dello Stato sono in grado di comminare sanzioni che implicano, in caso di inosservanza del precetto, anche la coercizione fisica; tutte le altre organizzazioni sociali, invece, possono al massimo esprimere disapprovazione per i comportamenti dei propri componenti, fino ad arrivare alla espulsione di questi ultimi o alla minaccia di sanzioni. 2.2 Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche? Le norme giuridiche presentano ancora i caratteri della: — positività: esse fanno, cioè, riferimento ad interessi effettivamente vigenti nella comunità; il carattere della positività risulta, quindi, strettamente connesso a quello della effettività, intesa come concreta efficacia della norma; — intersubbiettività: esse sono tali, cioè, da creare relazioni ordinate tra i soggetti. 3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica? La norma giuridica, in quanto regola di comportamento obbligatoria per tutti i consociati, è composta da due elementi: —il precetto: cioè il comando in essa contenuto, con cui si impone al suddito (cittadino, straniero presente sul territorio, persona giuridica etc.) un certo comportamento che può essere positivo (es.: paga il debito) o negativo (non rubare); —la sanzione: cioè la minaccia di una punizione (pena detentiva, sanzione pecuniaria etc.) come reazione da parte dell’ordinamento in caso di inosservanza del precetto. Si noti che nell’evoluzione degli ordinamenti giuridici le norme talvolta non comminano una sanzione, ma prevedono la corresponsione di un premio a determinate condizioni (es.: sconti di pena ai «pentiti», riduzioni fiscali e/o altre facilitazioni per i soggetti che operino determinate assunzioni: donne, persone diversamente abili etc.). Pertanto oggi è venuto meno il binomio tradizionale precetto-sanzione. 10 Introduzione Domande collegate 3.1 Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme? In base alla sanzione, le norme si distinguono in norme perfette, ossia munite di sanzione (come le norme penali) e norme imperfette, che ne sono, invece, prive (si pensi all’art. 315 c.c., che obbliga i figli a rispettare i genitori, ma non pone alcuna sanzione a carico di essi in caso di inosservanza). 3.2 Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando? M No, esistono norme «permissive» che non impongono ma consentono un determinato comportamento. Esistono, poi, norme che impongono un comportamento ma che possono essere derogate dai destinatari (norme derogabili). Così, ad esempio, se le stesse regolano un rapporto ma le parti possono disporre diversamente senza incorrere in sanzioni, si parla di norme dispositive, che sono valide purché i comportamenti in deroga non siano contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Vi sono, inoltre, norme che regolano un rapporto solo in mancanza di una espressa volontà delle parti, e sono dette norme suppletive. 3.3 Come si distinguono le norme giuridiche in base al tipo di comando in esse contenuto? M In base al tipo di comando contenuto, le norme si distinguono in: — norme imperative (o cogenti), la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, prescindendo dalla volontà dei singoli (es.: norme penali); — norme derogabili (o relative), la cui applicazione può essere evitata dagli interessati. In base al contenuto distinguiamo tra: — norme precettive: contengono un comando rivolto ai destinatari; — norme proibitive: contengono un divieto; — norme permissive: concedono e garantiscono ai soggetti determinate facoltà. In base alla sanzione, distinguiamo invece tra: — norme perfette: quelle munite di sanzione; — norme imperfette: non munite di sanzione; — norme «minus quam perfectae»: la cui inosservanza viene punita con sanzioni non adeguate. In base all’estensione dell’efficacia, abbiamo infine: — norme comuni: dettate in generale per tutti i rapporti giuridici; — norme speciali, che per soddisfare particolari esigenze si applicano solo in alcune materie (es.: caccia) o in alcune circostanze (es.: in tempo di guerra) o per alcune categorie di soggetti (es.: l’imprenditore commerciale). Ordinamento giuridico 11 3.4 Qual è l’efficacia della norma giuridica nel tempo? La norma giuridica entra in vigore, cioè esplica in pieno la sua efficacia erga omnes, dopo: — la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica; — la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale; — il decorso di un certo periodo di tempo (di regola, 15 giorni) dalla pubblicazione (cd. vacatio legis). Trascorso tale periodo, la legge diviene obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza per sottrarsi ai suoi comandi (ignorantia legis non excusat). La cessazione della efficacia della norma giuridica, ossia la sua abrogazione, si realizza per: — dichiarazione espressa del legislatore; — dichiarazione tacita del legislatore (per incompatibilità con una nuova disposizione o per successiva nuova regolamentazione dell’intera materia); — referendum popolare (art. 75 Cost.); — decisione di illegittimità costituzionale pronunziata dalla Corte Costituzionale; — cause intrinseche (ad es. la legge è emanata per un certo periodo di tempo). 3.5 Sono ammissibili deroghe al principio di irretroattività delle leggi? L’art. 11 delle disposizioni preliminari al Codice civile sancisce un principio fondamentale: «la legge non dispone che per l’avvenire ....», ossia la legge non si riferisce a rapporti verificatisi nel tempo precedente la sua emanazione. Il principio di irretroattività, rispondente ad un’elementare esigenza di certezza del diritto, è, tuttavia, derogabile, in via eccezionale, in quanto: — il legislatore può ritenere opportuno estendere gli effetti di una legge anche al passato (es. aumenti di stipendio con decorrenza retrodatata); — sono retroattive le leggi penali più favorevoli al reo; — sono retroattive le leggi di interpretazione autentica; — sono retroattive le leggi di ordine pubblico che tutelano i fondamentali interessi dello Stato. 4. Cosa si intende per teoria generale delle fonti del diritto? La teoria generale delle fonti è quella parte della scienza giuridica che studia le relazioni fra le fonti, cioè quegli atti o fatti dai quali l’ordinamento fa discendere la creazione, modificazione ovvero estinzione delle norme che lo costituiscono. 12 Introduzione In particolare, le fonti in questione sono dette fonti di produzione del diritto. Ne sono altrettanti esempi la consuetudine (fonte-fatto), la Costituzione e la legge (fonti-atto). Si noti che le fonti di produzione non sono equiordinate, ossia poste tutte sullo stesso piano. Esistono poi fonti che ci consentono di apprendere l’esistenza e il contenuto delle norme giuridiche, e sono dette fonti di cognizione, come alcuni documenti ufficiali (es: la Gazzetta Ufficiale della Comunità europea (G.U.C.E.), la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Bollettino Ufficiale della Regione (B.U.R.) etc. Le fonti sulla produzione, infine, sono quelle che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicando l’autorità competente ad emanarle ed i modi della loro adozione. Tra le fonti sulla produzione si annoverano le Disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice civile, con le quali si dettano disposizioni generali in materia di fonti, nonché la stessa Costituzione, che, oltre ad essere la prima fonte di produzione statuale, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del diritto (come, ad esempio, le leggi ordinarie e quelle costituzionali). Domande collegate 4.1 In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano? M In un ordinamento giuridico democratico e pluralista come quello italiano, la eterogeneità delle fonti del diritto e la molteplicità dei relativi livelli di produzione (sovranazionale, nazionale, regionale etc.) rendono altamente probabile che una stessa fattispecie sia disciplinata in modo confliggente da norme poste da fonti diverse, da fonti appartenenti allo stesso tipo ma emanate in momenti e con modalità diverse. Tuttavia, l’esigenza di certezza del diritto impone che eventuali antinomie, cioè contrasti tra le fonti, siano risolte attraverso l’applicazione di una serie di criteri generali che consentano di individuare l’unica ed effettiva norma da applicare al caso concreto. Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo, collocate, quindi, sullo stesso piano (ad esempio due leggi ordinarie), il criterio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al quale non si applica, perché si ritiene abrogata, la norma precedente, bensì quella successiva, in base al principio lex posterior derogat priori. L’abrogazione è il fenomeno giuridico in base al quale l’area di applicabilità di una norma viene circoscritta nel tempo da una norma successiva, nel senso che se prima essa era riferibile ad una serie indefinita di fatti futuri, dopo l’abrogazione trova applicazione solo ad una serie definita di fatti passati. Ordinamento giuridico 13 L’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, che regola l’applicazione del criterio cronologico, individua tre diversi tipi di abrogazione: — espressa, quando è la stessa fonte a prevederla individuando espressamente le norme ad essa soggette; — tacita, quando la disciplina successiva è da considerarsi incompatibile con la precedente; — innominata, quando la fonte successiva regola l’intera materia già disciplinata da fonte anteriore. L’abrogazione si distingue dalla illegittimità relativa alle norme poste da fonti di grado inferiore che siano confliggenti con norme poste da fonti di grado superiore. In questo caso l’ordinamento utilizza il criterio gerarchico per risolvere le antinomie normative. 4.2 Le norme consuetudinarie sono fonti del diritto? F Gli usi o consuetudini costituiscono fonti (terziarie) non scritte caratterizzate dalla necessaria compresenza di due elementi: — oggettivo, per cui il comportamento deve essere tenuto dalla generalità dei soggetti in modo costante ed uniforme nel tempo (cd. diuturnitas); — soggettivo, per cui deve sussistere la convinzione della giuridica doverosità di quel comportamento (cd. opinio iuris ac necessitatis). Gli usi possono regolare solo materie non disciplinate dalla legge (cd. consuetudine praeter legem) e quelle già regolamentate dalla legge nei limiti in cui siano da questa espressamente richiamati (cd. consuetudine secundum legem). Non è ammesso, invece, l’uso contra legem. Gli usi normativi, fonti del diritto, devono essere distinti da: — usi contrattuali, cioè usi applicati in un determinato luogo e con riferimento ad un determinato tipo di affari (art. 1340 c.c.); — usi interpretativi, ossia usi con i quali individui di un certo luogo intendono un’espressione non chiara o ambigua inserita in un contratto ( art. 1368 c.c.). 4.3 Quali sono i rapporti fra fonti comunitarie e fonti interne? D L’Italia nel 1951 aderisce alla CECA, nel 1957 alla CEE e alla CEEA (anche nota come EURATOM) e successivamente all’Unione europea, il cui ordinamento è costituito sia dai trattati istitutivi, che rappresentato fonti primarie, che dalle norme prodotte dalle istituzioni comunitarie, qualificabili come fonti derivate. Nell’ambito delle fonti derivate si collocano i regolamenti comunitari, che hanno portata generale e carattere obbligatorio in tutti i loro elementi (cd. norme self-executing, che hanno diretta ed immediata applicazione in tutti gli Stati membri, senza cioè la necessità che lo Stato conferisca al regolamento la veste di una legge nazionale) e le direttive, che vincolano lo Stato membro quanto ai risultati da raggiungere, lasciandolo libero quanto alla forma normativa e ai mezzi con cui realizzarli. Si ricordino, infine, le decisioni, anch’esse obbligatorie ma di portata individuale, cioè indirizzate a destinatari precisi (singoli Stati membri o persone fisiche o giuri- 14 Introduzione diche) che acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari (art. 254 Trattato CE). Le fonti comunitarie sono in grado di dispiegare i propri effetti anche nell’ordinamento nazionale di ciascuno degli Stati membri, e ciò, per la teoria generale del diritto, è possibile solo in quanto una norma di rango costituzionale lo autorizzi. Tale norma è rappresentata in Italia dall’art. 11 Cost., che consente limitazioni di sovranità, quale certamente è il riconoscimento dell’efficacia di fonti esterne nell’ordinamento nazionale, in condizioni di parità con gli altri Stati qualora le stesse siano necessarie alla creazione e allo sviluppo di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Da ultimo, l’art. 41, co. 43, L. 183/2011, nel risolvere una questione controversa, ha statuito che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato recepimento di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace alla disciplina di cui all’art. 2947 c.c. (prescrizione quinquiennale), trattandosi di un fatto illecito ex art. 2043 c.c., e decorre dalla data in cui si è verificato il fatto dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita. 5. Cos’è l’interpretazione giuridica? F È il processo logico attraverso il quale si individua, chiarisce e determina il contenuto di una legge, atto amministrativo, atto privato etc. in riferimento ai «valori supremi» della Costituzione e del Corpo sociale. È una operazione ermeneutica, cioè interpretativa, che può essere svolta da diversi soggetti e a diversi livelli. Se è la stessa legge a chiarire e definire il significato di una legge, per non ingenerare contrasti interpretativi, si parla di interpretazione autentica che, come tale, ha efficacia generale (vincola, cioè, tutti i consociati) e retroattiva; essa si distingue dalla interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, che hanno rango e portata differenti, in relazione ai soggetti che l’hanno posta in essere. Rispetto al testo normativo, poi, l’interpretazione può essere: letterale (se si limita all’esame del solo senso grammaticale delle parole); logica (se l’interprete va oltre il significato letterale-sintattico e, tenendo presente lo scopo della norma, trova una definizione più completa); sistematica (se si tiene conto del contesto più ampio delle altre norme e dei principi che regolano globalmente la materia). Si parla, invece, di interpretazione evolutiva, in riferimento a quel fenomeno per cui, pur restando immutata la formulazione letterale di una norma, la sua interpretazione cambia al cambiare di altre leggi della società (TRIMARCHI). Ordinamento giuridico 15 Domande collegate 5.1 Cosa si intende per interpretazione analogica? F Ogni ordinamento giuridico deve considerarsi completo, cioè idoneo a regolare tutte le situazioni concrete che si presentano nella vita sociale. Esistono, comunque, ipotesi in cui una fattispecie concreta non possa essere definita ricercando e applicando una norma di legge preesistente: si delinea in tal caso una lacuna del diritto. Per far fronte a tale situazione, inevitabile se si considera che il legislatore non può essere onniveggente e onniloquente, la dogmatica giuridica pone a disposizione dell’interprete diverse soluzioni e strumenti ermeneutici. In particolare, l’interprete può avvalersi del ragionamento analogico, vale a dire può applicare alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione la disciplina prevista per altre fattispecie, laddove ritenga di poter accomunare entrambe sotto la stessa ratio, dalla quale non può non derivare una stessa conseguenza giuridica (analogia legis). Qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso concreto, l’interprete deve costruire il suo ragionamento ricorrendo all’applicazione dei principi generali dell’ordinamento (analogia iuris). Tuttavia il ricorso all’analogia è vietato in alcuni casi particolari: l’art. 14 disp. prel. c.c. vieta il ricorso all’analogia nel diritto penale. Il fondamento di tale divieto deve essere ravvisato nel principio sancito dall’art. 25, co. 2, Cost. ed espresso dall’antico brocardo «nullum crimen, nulla poena sine lege». Anche le leggi eccezionali, ossia le leggi che derogano ad altre leggi o a regole generali, per motivi contingenti non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati: ciò discende evidentemente dal carattere derogatorio di tali leggi. Si noti infine che numerosi e corretti ricorsi all’analogia si sono avuti in materia di navigazione aerea, la cui disciplina è stata mutuata dalle norme più antiche e sperimentate che regolano la navigazione marittima. 5.2 È possibile individuare altri metodi per colmare eventuali lacune del diritto? M Il ricorso all’interpretazione estensiva (lex minus dixit quam voluit): con essa si fa rientrare la disciplina di una fattispecie «incerta» sotto una precisa norma di legge. Tale principio può essere anche invocato per risolvere il problema delle lacune: in tal caso si fa leva sugli scopi o le intenzioni del legislatore sottesi alla lettera della norma stessa, ricorrendo all’interpretazione estensiva della norma esistente. 5.3 Qual è la differenza tra analogia e interpretazione estensiva? M L’analogia non va confusa con l’interpretazione estensiva: infatti, con quest’ultima si resta sempre nell’ambito della norma, pur se dilatata fino al limite della sua massima espansione. Con l’analogia, invece, si va oltre i confini della norma, giacché il caso da disciplinare non può essere in alcun modo ricompreso nella medesima. 16 Introduzione Sezione Seconda Test a risposta multipla 1. Che cos’è un codice? ❑❑ A) Una legge che disciplina organicamente un’intera materia. ❑❑ B) Una raccolta di norme vigenti unitariamente coordinate ad opera di organi pubblici. ❑❑ C) Un testo normativo che si pone alla base della disciplina dei rapporti della vita di relazione, affermando le garanzie essenziali della persona nei confronti del potere pubblico e direttamente nei confronti dei consociati. ❑❑ D) Una legge formalmente superiore ad altre leggi. 2. Di quanti libri è composto il codice civile? ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) 5. 4. 6. 7. 3. Come si distinguono le norme giuridiche in base al tipo di comando in esse contenuto? ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) Norme precettive e proibitive. Norme imperative e derogabili. Norme perfette e imperfette. Norme comuni e speciali. 4. II ricorso all’analogia è ammissibile: ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) Per le leggi penali. Per le leggi speciali. Per le leggi eccezionali. Solo nell’ambito del diritto amministrativo. 5. In cosa consiste l’analogia legis? ❑❑ A) In un procedimento logico attraverso il quale un fatto non previsto o non regolato dal diritto viene disciplinato ricorrendo alla disciplina prevista per un caso simile. ❑❑ B) In un procedimento logico attraverso cui un giudice risolve una controversia alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. ❑❑ C) In un procedimento logico attraverso il quale un giudice estende l’ambito di applicazione della norma rispetto a quanto si ricava dalla sola formulazione letterale. ❑❑ E) In un procedimento logico volto a stabilire il vero contenuto della norma. Ordinamento giuridico 17 6. Che cosa si intende per interpretazione autentica di una norma di legge? ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) L’interpretazione data alla norma dalla Corte di Cassazione. L’interpretazione data alla norma dalla Corte Costituzionale. L’interpretazione della norma effettuata dallo stesso legislatore. L’interpretazione data alla norma da qualsiasi giudice. 7. I regolamenti di esecuzione: ❑❑ A) Contengono norme dettagliate per l’attuazione di una legge. ❑❑ B) Sono atti con i quali gli organi amministrativi disciplinano l’esercizio dei poteri loro spettanti. ❑❑ C) Attribuiscono ad un organo amministrativo la potestà di disciplinare una materia che altrimenti sarebbe loro sottratta in quanto deferita esclusivamente alla legge. ❑❑ D) Sono disposizioni con cui organi amministrativi superiori regolamentano l’attività di organi gerarchicamente subordinati. 8. Come sono definiti i diritti che normalmente sono trasferibili ad altri soggetti? ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) Diritti trasmissibili. Diritti assoluti. Diritti non patrimoniali. Diritti di obbligazione. 9. Nell’attività di interpretazione del contratto, ai sensi del codice civile,.... ❑❑ A) Si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, e non limitarsi al senso letterale delle parole. ❑❑ B) È rilevante il solo senso letterale delle parole. ❑❑ C) Ci si deve attenere al senso letterale delle parole, salvo diverso accordo delle parti. ❑❑ D) Si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, valutando solo il loro comportamento anteriore alla conclusione del contratto. 10. Circa i diritti soggettivi è possibile operare una distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi. Questi ultimi … ❑❑ ❑❑ ❑❑ ❑❑ A) B) C) D) Si sostanziano nei diritti reali. Non sono in alcun modo tutelati dall’ordinamento. Non hanno mai carattere patrimoniale. Assicurano al titolare un potere che egli può far valere solo nei confronti di una o più persone determinate. 18 Introduzione Soluzioni: 1. A 5. A 9. A 2. C 6. C 10. D 3. B 7. A 4. B 8. A