I SINTESI 1 - Il quadro macroeconomico L’aumento del prezzo del petrolio e la brusca frenata dell’economia statunitense sono stati i due shock che hanno caratterizzato il quadro macroeconomico del secondo semestre dello scorso anno. All’inizio del 2001, mentre le tensioni sul prezzo del greggio sembrano essere rientrate, permangono i timori per gli effetti che il rallentamento dell’economia USA potrà avere sull’economia mondiale. Le conseguenze dipendono chiaramente dalla natura della fase congiunturale negativa che ha caratterizzato l’economia americana. E’ ancora presto per dire se si tratti di una vera e propria recessione o di un atterraggio morbido (soft landing). La variazione radicale della stance della politica monetaria seguita dalla FED, che è passata da un orientamento restrittivo e preoccupato per i rischi inflazionistici demand pulled ad un orientamento accomodante e inteso a prevenire i rischi di un acutizzarsi della fase di rallentamento, sottolinea però che si tratta di un vero e proprio periodo negativo. Un ulteriore supporto all’uscita da questa fase potrebbe venire, oltre che dalla politica monetaria, anche dal programma di tagli alle imposte proposta dalla nuova amministrazione Bush. Nel medio periodo sembrerebbe configurarsi quindi per gli USA un mix di politica fiscale e di politica monetaria espansive. Tuttavia, se si trattasse di vera e propria recessione dell’economia americana, l’intera economia mondiale potrebbe risentirne, perlomeno nel breve periodo. Potrebbe risentirne l’Europa, la cui ripresa prosegue anche se ad un ritmo più contenuto rispetto a quello fatto registrare nel corso del primo semestre del 2000. Potrebbero risentirne maggiormente i paesi con più forti legami commerciali con gli USA, come ad esempio il Messico o i paesi del Far East. In questo quadro macroeconomico internazionale poco esaltante, l’Italia ha recentemente confermato una crescita brillante, anche se inferiore rispetto a quella dei principali partner europei. Meno confortanti le indicazioni sul fronte dei prezzi, con l’IPC che sembra essersi attestato al 3% anche a febbraio. 2 - La finanza pubblica La finanza pubblica italiana si caratterizza per il raggiungimento degli obiettivi programmati, con esiti positivi sul fronte dei conti pubblici. Le spese complessive II sono aumentate del 2,7% rispetto al 1999, in conseguenza della modesta crescita degli oneri per interessi passivi e della crescita più sostenuta delle altre spese correnti, guidata soprattutto dalla crescita delle prestazioni per assistenza sanitaria in convenzione. Lo scorso anno la pressione fiscale è diminuita dal 43 al 42,4% del PIL; le entrate tributarie sono cresciute del 3,5% mentre l’aumento dei contributi sociali è stato pari al 4,6%. L’evoluzione delle spese e delle entrate pubbliche ha determinato una riduzione dell’indebitamento netto della P.A., passato dall’1,8 all’1,5% del PIL. L’avanzo primario è rimasto fermo al 5%, mentre continua la riduzione del rapporto tra debito e PIL, collocatosi al 110,3% dal 114,5% dell’anno precedente. 3 - Moneta, tassi e intermediazione bancaria Nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno la Banca Centrale Europea è intervenuta in un paio di occasioni sui tassi ufficiali, per un aumento nel complesso di 50 punti base che ha portato il tasso di rifinanziamento principale al 4,75%. Successivamente, il rallentamento della crescita di M3, la riduzione del prezzo del greggio, la parziale ripresa del cambio dell’euro ed il rallentamento della crescita nei paesi dell’area hanno, almeno in parte, mutato l’intonazione restrittiva della politica monetaria verso un atteggiamento più neutrale nei confronti del rischio di inflazione. Gli impieghi bancari hanno mantenuto tassi di crescita elevati, soprattutto nella componente a più breve scadenza. Il minore dinamismo della componente a più lunga scadenza è da imputare parzialmente al rallentamento della crescita dei prestiti alle famiglie. L’andamento della raccolta diretta si è mantenuto su livelli analoghi a quelli dei mesi precedenti, mentre si sono osservati tassi di variazione tendenzialmente negativi per quanto concerne la raccolta indiretta; l’analisi dell’andamento delle diverse componenti della raccolta indiretta mette in luce un disinvestimento delle quote di fondi comuni e parallelamente un aumento degli altri titoli a custodia e una sostanziale tenuta delle gestioni patrimoniali. L’andamento dei tassi bancari ha mostrato un ulteriore ampliamento della forbice tra i tassi a più breve scadenza. In particolare, la dinamica che ha interessato i tassi attivi ha consentito di invertire la tendenza al deterioramento del mark-up. Si arresta il trend di crescita del contributo della raccolta alla formazione del margine d’interesse, misurato dal mark-down. III 4 - Diffusione e redditività delle carte di credito Il mercato delle carte di credito e di debito ha recentemente conosciuto nel nostro paese un considerevole sviluppo, sia in termini di utilizzo e di diffusione, che in termini di espansione della rete di ATM e di POS. Se ci concentriamo in particolare sul mercato delle carte di credito bancarie, è possibile notare la presenza di poche banche “emittenti” e di numerose banche “distributrici”. Un’indagine tramite questionario su un campione rilevante di banche (58% del mercato sulla base del numero di carte di credito in circolazione, 50% dei volumi transati, 50% degli sportelli ATM e POS) ha mostrato l’esistenza di approcci strategici differenziati. Per quanto attiene alle banche distributrici si nota una maggiore attenzione al business delle carte di credito da parte delle banche con un circuito di dimensioni maggiori, presumibilmente nella prospettiva di diventare emittenti. Per quanto attiene invece alle banche emittenti si nota una forte concentrazione delle quote di mercato ed una relazione positiva tra il numero delle carte di credito in circolazione e l’importo unitario delle commissioni. Tale osservazione sembra sottolineare l’importanza della dimensione del circuito sulla redditività di quest’area dell’attività bancaria. 5 - Strumenti finanziari e gestione del risparmio Lo scorso anno è stato caratterizzato da alcuni importanti fenomeni. Si è osservata innanzitutto una sensibile riduzione di risorse canalizzate dalla Borsa, sia attraverso operazioni di aumento del capitale delle società quotate che in occasione dell’accesso alla quotazione mediante offerte di azioni al pubblico. La riduzione su base annua è stata del 64,8%. Si è poi osservata la riduzione di risorse destinate dai risparmiatori al risparmio gestito, che ha fatto registrare all’industria dei fondi comuni una raccolta netta negativa per circa 12.500 miliardi di lire dopo oltre un quinquennio. In generale è comunque proseguita la riallocazione di ricchezza finanziaria verso strumenti caratterizzati da un livello di rischio più elevato da parte dei risparmiatori, proprio grazie anche al peso degli strumenti del risparmio gestito. Infine, si è osservato un consistente incremento del volume degli scambi di titoli sui mercati regolamentati gestiti dalla Borsa Italiana SpA. In quest’ambito, il segmento di mercato più dinamico è stato quello dei covered warrant, considerato il forte incremento del volume di scambi, più che raddoppiati rispetto al 1999, da 27 mila a 60 mila miliardi di lire. Il mercato, IV nonostante il suo rapido sviluppo, appare ancora significativamente concentrato attorno a tre emittenti, che hanno portato a quotazione il 65% dei covered warrant negoziati. 6 - La tassazione delle attività finanziarie in Europa Il problema della tassazione delle attività finanziarie nei paesi dell’Unione Europea è diventato più rilevante con la liberalizzazione dei movimenti di capitale e la crescente integrazione dei mercati. Il dibattito politico ed economico è recentemente sfociato, in ambito comunitario, nella proposta di una direttiva volta a combattere fenomeni di harmful tax competition e ad assicurare un livello minimo di tassazione delle rendite finanziarie. L’analisi dei differenti regimi impositivi nei paesi dell’Unione evidenzia il permanere di ampie differenze nel regime fiscale riservato ai residenti, con riferimento sia alle modalità di imposizione che alla misura delle aliquote e alla presenza di franchigie o di particolari esenzioni per particolari categorie di titoli. Sembra osservarsi invece una certa convergenza per quanto riguarda il regime fiscale riservato ai non residenti: gli interessi sono generalmente non imponibili, così come i capital gains; i dividendi sono invece assoggettati a ritenute alla fonte comprese nella forbice 25-30%.