source comunità

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Comunità Offline e Comunità Online a
Confronto
M. L. Tozzi, A. Resca1
Abstract Nel corso del processo di modernizzazione della società il concetto di
comunità ha subito notevoli trasformazioni; si è passati da comunità prevalentemente chiuse, che sorgono spontaneamente sulla base di vincoli di sangue, di luogo o di spirito, a comunità costituite, che sempre più spesso non hanno confini geografici definiti e sorgono in modo pianificato. L'avvento dell'era industriale,
l'innovazione delle tecnologie di comunicazione e la diffusione di Internet hanno
modificato ulteriormente le modalità con cui avvengono le relazioni sociali tra gli
individui. Il fenomeno della comunicazione in rete è diventato sempre più pervasivo negli ultimi anni, per cui alla società tradizionale si è affiancata una vera e
propria società virtuale. Società con si contraddistingue per essere innovativa ed
avanzata: innovativa perché coinvolge una molteplicità di culture, con tutta la diversità e la ricchezza che ne consegue; avanzata perché richiede la creazione di
modalità di comunicazione diverse da quelle tipiche della vita reale, in quanto le
dinamiche virtuali hanno caratteristiche peculiari. Questo fenomeno ha sollevato
molte perplessità sull’effettiva capacità degli strumenti telematici di ricostruire
una socialità reale; da ciò l’esigenza di approfondire il tema delle online communities. La comunità virtuale, come aggregazione sociale in rete, tenta di riprodurre
le caratteristiche di una comunità reale come il ritrovarsi, perseguire i propri interessi e costruire rapporti più o meno duraturi tipici dell’appartenenza ad un gruppo. L’interrogativo che sorge spontaneo è il seguente: possono, realmente, le comunità online essere considerate al pari delle comunità offline?
Introduzione
La diffusione delle comunità virtuali ha offerto preziosi spunti per analizzare un
fenomeno già noto, quello della comunità, in un nuovo contesto caratterizzato dal
cambiamento radicale della concezione spazio-temporale.
Università Luiss Guido Carli, Centro di Ricerca sui Sistemi Informativi
(CeRSI), Roma, Italia, [email protected], [email protected]
1
2
Si tratta di un dibattito complesso ed articolato che ha visto avvicendarsi varie interpretazioni del fenomeno e che non ha raggiunto, fino ad oggi, un accordo unanime sulla definizione di comunità virtuale. Si sono susseguite diverse linee di
pensiero, alcune delle quali hanno messo in luce le grandi potenzialità sociali di un
mezzo che permette l'interazione tra persone molto lontane, altre che hanno invece
evidenziato i rischi legati alla socialità fluttuante e spersonalizzata tipica del ciberspazio.
Questo articolo rappresenta il tentativo di fornire un’analisi sufficientemente esaustiva del concetto di comunità, mettendo in collegamento il tema delle comunità
online, largamente esplorato nell’ambito degli studi relativi all’ICT (Information
and Communication Technology) e alla Comunicazione Mediata dal Computer
(Computer Mediated Communication) con il concetto di comunità offline, a lungo
analizzato negli studi sociologici.
L’obiettivo di questo elaborato, quindi, è evidenziare le principali differenze che
sussistono tra queste due tipologie di comunità, attraverso il confronto delle caratteristiche che le contraddistinguono. Si cercherà di raggiungere questo scopo esplorando alcuni aspetti specifici relativi al fenomeno della comunità offline ed
online. Tra i quali: 1) i fattori e le circostanze che determinano la nascita di entrambe questo tipo di comunità; 2) la concezione spazio-temporale nelle relazioni
sociali tradizionali ed in rete; 3) l'intensità dei legami sociali che si instaurano in
rete e come questi si differenziano da quelli faccia a faccia; 4) lo sviluppo dell'identità e della personalità dei membri dei due tipi di comunità; 5) le caratteristiche
delle forme organizzative che si sono imposte sia nelle comunità offline e sia nelle
comunità online.
Per dare una risposta a tali quesiti, si ricorrerà all’analisi della letteratura esistente
in riferimento al tema delle comunità, a partire dal suo significato più tradizionale,
risalente alla teoria di Tönnies, fino all’impostazione teorica moderna relativa al
concetto di comunità virtuale.
Il concetto di comunità nel pensiero sociologico classico
Il concetto di comunità, per secoli al centro dei dibattiti filosofici, risale alle origini dell'uomo; la vita degli esseri umani, infatti, si sviluppa proprio all'interno delle
comunità che essi costituiscono.
Nelle scienze sociali il termine "comunità" è usato con molteplici significati. Nella
sociologia classica esso definisce quelle relazioni sociali poste alla base di collettività che coinvolgono l'individuo nella sua totalità; il termine richiama le piccole
comunità di villaggio ma rimanda anche alla comunità nazionale, comprende la
famiglia ma anche qualsiasi unità sociale fortemente integrata. Nella sociologia
contemporanea, invece, il termine sta ad indicare la fattispecie della comunità locale, ovvero quel tipo di collettività i cui membri condividono un'area territoriale
per lo svolgimento delle attività quotidiane [1].
3
Nel concetto di comunità, quindi, si sovrappongono significati differenti che hanno reso problematico l'uso del termine, al punto che alcuni autori hanno sostenuto
la necessità di bandirlo dal vocabolario delle scienze sociali.
Lo studio delle comunità risale al sociologo tedesco Tönnies [2], secondo il quale
le comunità rappresentano realtà sociali basate sul territorio, tipiche delle aree rurali e delle società in via di sviluppo, contraddistinte da relazioni ad alta densità e
fortemente connotate dal legame di sangue e dall'attaccamento alla terra. Pertanto,
le forme embrionali di comunità emergono in seno alla famiglia, per estendersi poi
ai rapporti di vicinato e di amicizia. Tali rapporti sono caratterizzati da intimità,
riconoscenza, condivisione di linguaggi, significati, abitudini, spazi, ricordi ed esperienze comuni.
I vincoli di sangue, di luogo (vicinato) e di spirito (amicizia) costituiscono quelle
che Tönnies definisce totalità organiche (le comunità appunto), in cui gli uomini si
sentono uniti in modo permanente da fattori che li rendono simili gli uni agli altri
e al cui interno le disuguaglianze possono svilupparsi solo entro certi limiti, oltre i
quali i rapporti diventano così rari e insignificanti da far scomparire gli elementi di
comunanza e condivisione .
Il concetto tradizionale di comunità, quindi, si riferisce ad una collettività:
di piccole dimensioni
con confini geografici ben definiti
composta da una popolazione circoscritta
dedita ad un’attività comune
con esperienze storiche condivise
e con credenze e valori comuni.
Per tali ragioni, le comunità tradizionali si caratterizzano come insiemi relativamente chiusi, in cui è molto difficile entrare ed altrettanto difficile uscire ed in cui
il divario tra chi vi appartiene e chi ne è escluso è molto sentito.
Nella sua celeberrima opera "Comunità e società" [2], Tönnies contrappone il
concetto di comunità a quello di società. Si parla di comunità quando gli individui
manifestano la volontà di associarsi in virtù della condivisione di ideologie, tradizioni ed esperienze; i membri di una comunità sono reciprocamente legati da vincoli pre-razionali, come quelli prodotti dai sentimenti, dai costumi e dalle tradizioni, condividono beni e situazioni, si danno protezione reciproca e costruiscono
difese comuni. In altre circostanze, gli individui possono decidere consapevolmente di associarsi al solo fine di raggiungere determinati scopi o interessi, instaurando relazioni più dispersive che costituiscono l'essenza della società; nessuno farà
qualcosa per l’altro, se non in cambio di una prestazione o di una donazione considerata almeno equivalente alla propria, se non più gradita, poiché soltanto
l’ottenimento di un oggetto che appare migliore indurrà l’individuo a privarsi di
un bene.
Secondo il sociologo tedesco, l’affermazione del capitalismo e lo sviluppo della
società moderna avrebbe dissolto progressivamente quelle relazioni sociali che
possiedono i caratteri propri della comunità.
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Ma Tönnies non fu l'unico a sostenere la dicotomizzazione comunità/società. La
sua impostazione ha, a sua volta, influenzato il lavoro di altri studiosi, tra cui
Weber [3], secondo il quale una relazione sociale è definita comunità "se, e nella
misura in cui, la disposizione dell'agire sociale poggia (...) su una comune appartenenza, soggettivamente sentita (affettiva o tradizionale) dagli individui che vi
partecipano". È, invece, definita associazione "se, e nella misura in cui, la disposizione dell'agire sociale poggia su un'identità di interessi, oppure su un legame di
interessi motivato razionalmente (rispetto al valore o allo scopo)".
Secondo Weber, quindi, la relazione sociale di comunità dipende
dall’orientamento reciproco degli atteggiamenti degli individui, sulla base della
consapevolezza soggettiva di uno stato comune.
Durkheim, nella sua analisi del processo di modernizzazione, introduce i concetti
di "solidarietà meccanica" e "solidarietà organica" [4]. Secondo tale autore le società pre-moderne sono organizzate secondo la logica della solidarietà meccanica,
ovvero l’integrazione sociale si realizza in virtù della condivisione di una coscienza collettiva fondata su una forte concordia emotiva e cognitiva tra gli individui (il
riferimento è chiaramente all’idea di comunità); le società moderne, invece, sono
caratterizzate da una maggiore eterogeneità tra gli individui e tali differenze sono
così rilevanti che per realizzare l’integrazione sociale si rende inevitabile una costrizione cooperativa fondata sulla divisione del lavoro (solidarietà organica).
Fernback [5] fa notare come anche le nozioni di solidarietà organica e meccanica
di Durkheim si avvicinino alla costruzione idealtipica di Tönnies, con la differenza
che Durkheim vedeva la solidarietà organica, basata sull’eterogeneità degli individui e frutto di una progressiva divisione del lavoro, come una tendenza positiva
che allontanava dalla solidarietà meccanica tipica delle società pre-industriali, basata al contrario sulla similarità degli individui. Tönnies, invece, vede
l’allontanamento dalla comunità come negativo, in quanto esso reprime l’istinto,
la tradizione e la memoria collettiva in favore del progresso e dell’individualismo
spinto.
In contrasto con Tönnies, Simmel (Simmel 1982) afferma che la modernità ha
contribuito a sviluppare la personalità degli individui rendendola maggiormente
sociale, proprio grazie alla possibilità di stringere relazioni senza essere completamente assorbiti in una comunità. L'evoluzione della società, infatti, ha reso l'esistenza umana sempre più complessa ed ha portato alla nascita di una molteplicità
di comunità che, pur avendo confini ben definiti, sono legate tra loro da relazioni.
Simmel evidenzia che nella società moderna gli individui non sono più totalmente
inseriti in una sola cerchia sociale, potendo godere di una maggiore libertà personale di rafforzare la propria identità.
Si può notare che, nello studio della comunità, i sociologi hanno interpretato il
processo di modernizzazione della società utilizzando un approccio dicotomico, riferendosi ad una coppia di aggregazioni sociali polari, come la comunità/società di
Tönnies, la comunità/associazione di Weber, e così via . Tuttavia, questo tipo di
interpretazione ha reso difficile concettualizzare le aggregazioni sociali "intermedie" e, soprattutto, spiegare la permanenza di un tipo sociale all'interno del tipo
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opposto. Tutte queste tensioni hanno messo in crisi il concetto di comunità, sia nel
suo uso più generale, come identificazione di un tipo di società, sia nel suo uso più
limitato, come identificazione di specifiche relazioni sociali.
Il "senso di comunità", entrato in crisi a causa del processo di individualizzazione
in atto nella società moderna, rinasce alla fine del XX secolo proprio come soluzione alle angosce, alle contraddizioni ed alle insicurezze della società stessa. In
questo periodo, infatti, nasce negli Stati Uniti il comunitarismo [7, 8], una corrente
di pensiero socio-politica finalizzata al recupero del "sentire comunitario".
L’appartenenza alla comunità diventa sempre più una scelta individuale e consapevole; in tale ambito, la comunità è intesa come un'entità nella quale i soggetti in
un modo o nell’altro sviluppano reciprocamente vincoli positivi, che possono essere rappresentati da sentimenti condivisi, da convinzioni comuni, dalla memoria
storica o dall’appartenenza territoriale, senza sapere però, in un’epoca globalizzata, quanto queste dimensioni si radichino davvero nei singoli individui . Nella società moderna, infatti, il modello tradizionale di comunità non è più in grado di
rappresentare la realtà; le società sono diventate sempre più urbane, complesse ed
hanno forme articolate di divisione del lavoro e di separazione dei ruoli.
Ad ogni modo, la presunta rinascita del senso di comunità si sostanzia non tanto
nella riscoperta del lato emozionale del vivere insieme, quanto in una chiusura difensiva verso l’esterno da parte di gruppi di persone che temono la produzione incontrollata di flussi economici e di informazioni, tipici della società globalizzata.
Il concetto di comunità nell’era digitale
La rivoluzione prodotta dalle tecnologie dell'informazione ha profondamente e radicalmente modificato i rapporti umani e, di conseguenza, le forme della struttura
sociale. Oggi, grazie allo sviluppo di mezzi di comunicazione tecnologicamente
avanzati, possiamo costituire dei legami che superano i tradizionali vincoli spaziotemporali, grazie alla creazione di una rete di relazioni personali in cui l'elemento
fondante è la circolazione dell'informazione. La trasposizione delle relazioni sociali in uno spazio immaginario (definito ciberspazio - termine coniato dallo scrittore William Gibson all’inizio degli anni 80) ha portato alla nascita delle comunità
virtuali [9].
Le condizioni tecnologiche che hanno permesso una tale evoluzione sono state individuate dal sociologo Castells [10]:
la digitalizzazione di tutte le fonti di informazione;
la compressione dei segnali numerici per ottimizzare le risorse di memoria e le potenzialità di trasmissione;
il trasferimento delle informazioni in formato numerico per “pacchetti”,
in modo da rendere flessibile il traffico tra i nodi della rete;
l’individuazione di un protocollo universale di comunicazione (TCP/IP)
per le macchine elettroniche che trattano informazione digitalizzata.
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Questa transizione ha poi subito un'ulteriore evoluzione con l’avvento del World
Wide Web. In particolare, Marinelli [11] afferma che la nascita delle comunità virtuali è stata favorita da alcune caratteristiche di questa architettura :
si tratta di un’architettura semplice, flessibile e decentrata, articolata in
nodi autonomi tendenzialmente paritari e disposti alla cooperazione e allo scambio
di risorse;
è un ambiente comunicativo pienamente multimediale, in grado di integrare formati e domini della comunicazione originariamente separati e distanti;
è un luogo virtuale che consente di sperimentare il processo di costruzione del sé, in quanto ogni identità si mette costantemente alla prova nelle interazioni comunicative rese possibili dalle nuove forme di mediazione tecnologica (chat,
forum, e-mail, instant messaging, SMS, MMS, videotelefonata).
Non è, però, solo la tecnologia a creare nuove forme di aggregazione; sono gli
uomini che, con la loro pratica e le loro necessità, secondo anche un principio di
causalità/casualità, premiano alcune tecnologie e le usano per creare spazi di comunicazione e di vita.
Data la vastità della letteratura sulle comunità virtuali non è possibile fornire una
definizione univoca di tale fenomeno. Secondo lo scrittore statunitense Rheingold
[12], le comunità virtuali sono "aggregazioni sociali che emergono dalla rete
quando un certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a lungo, con un certo livello di emozioni umane, tanto da formare dei
reticoli di relazioni sociali personali nel ciberspazio".
Malgrado questa definizione possa essere giudicata troppo generica, la visione di
Rheingold sull'interazione attraverso Internet è quella di un luogo di socialità, creatività e scambio disinteressato, utopisticamente proteso verso una forma di democratica comunità originaria; egli considera la comunicazione come il risultato
di relazioni sociali e non di uno spazio fisico comune. Tale punto di vista è stato
accusato di eccessivo ottimismo e di determinismo tecnologico, dato che l’autore
sembra affermare che si crea una comunità ogni volta che si dispone di tecnologie
di comunicazione mediata dal computer.
Wellman, ricercatore e studioso della sociologia di Internet, pone sullo stesso piano le relazioni sociali realizzate attraverso l’incontro fisico ed i rapporti interpersonali che si verificano in un ambiente virtuale, affermando che le comunità virtuali e quelle reali non sono contrapposte tra loro, bensì coesistenti. Secondo
l’autore, la crescente interazione ed interdipendenza tra reale e virtuale contribuisce a creare per l'individuo un nuovo ambiente sociale, caratterizzato dall'appartenenza a molteplici reti di relazioni, fisiche e non, che determinano la nascita di
quelle che vengono definite "comunità personali" [13].
In merito all'impatto che la comunicazione via Internet può avere sulla vita sociale
reale, Wellman ritiene che non vi sia alcun rischio di impoverimento della stessa,
poiché la nascita di legami virtuali (deboli o forti) tende a rafforzare, piuttosto che
a indebolire, le relazioni tradizionali (fisiche).
Secondo alcuni autori, tra cui Castells [10], l'innovazione dei canali di comunicazione di massa ha favorito il coinvolgimento sociale di alcune categorie di persone
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oppresse nella società, le quali trovano nelle comunità virtuali uno strumento per
esprimersi apertamente grazie alla protezione che il mezzo offre . Già qualche anno addietro, Meyrowitz [14] aveva evidenziato la funzione sociale delle nuove
tecnologie, affermando che i mezzi elettronici di comunicazione cambiano la relazione esistente tra l’ubicazione delle singole persone e l’accesso all’informazione;
con ciò si intende dire che coloro che vivono in contesti isolati, e pertanto esclusi
dall'accesso alle informazioni sociali, possono, attraverso le nuove tecnologie,
condividere esperienze ed interagire con gli altri, indipendentemente dalla loro localizzazione.
Altri autori, al contrario, hanno messo in dubbio il valore sociale dei gruppi di relazione che si sviluppano in un contesto non territoriale, come quello di Internet.
Tra questi, Luke [15] sostiene che lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie ha dato vita ad una nuova classe elitaria, costituita da coloro che hanno libero
accesso alla rete . Secondo l’autore, oggi il concetto di comunità è debole a causa
della divisione di interessi, della perdita di una comune consapevolezza storica e
del venir meno di valori condivisi, dovuti all’avvento delle nuove tecnologie che
hanno annullato le distanze geografiche.
A favore di questa posizione sembra essere Turkle che, in "Simulation and its discontents" [16], afferma che il trend dominante derivato dallo sviluppo delle nuove tecnologie potrebbe essere rappresentato dalla creazione di un’élite
dell’informazione e dall'aumento della disparità nella dotazione di capitale culturale, piuttosto che dall’edificazione di una vera comunità. I mezzi elettronici stanno diventando luoghi nei quali rifugiarsi per fuggire dalle paure e dalle incertezze
della vita reale e per superare il senso di nostalgia che deriva dalla mancanza di un
sentimento comunitario ormai scomparso e soppiantato da una sorta di anonimato
sociale.
Dall'analisi della letteratura prevalente sul tema delle comunità virtuali è evidente
che tuttora non vi è una linea di pensiero condivisa. L'idea di comunità virtuale è
stata contrapposta ai rapporti faccia a faccia, come loro antitesi, ed accusata di minacciare l'identità personale ed i rapporti sociali. La diffusione del fenomeno ha
generato un acceso dibattito tra coloro che ritengono che la tecnologia possa rappresentare un valido strumento per facilitare le relazioni sociali ed ampliare i confini della comunità e coloro che sostengono che le relazioni che si sviluppano in
rete non rappresentino forme di socialità reale.
Caratteristiche e tipologie delle comunità online
Al fine di individuare una tipologia delle comunità virtuali si ricorre al concetto di
governance. Nel corso del tempo, questo concetto ha acquisito diverse accezioni
[17]. In questo caso, è inteso come quell’insieme di fattori che portano a definire
le caratteristiche di una determinata forma organizzativa. In particolare, si farà riferimento alla teoria dei costi di transazione [18, 19] in quanto orientamento uti-
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lizzato per individuare le principali forme organizzative affermatesi nei sistemi
socio-economici contemporanei. Specificatamente, la gerarchia ed il mercato sono
considerati le forme più rappresentative presenti in questi sistemi [19] a cui si sono aggiunti le cosiddette forme ibride [20] ed il clan [21]. La forma di governo
clanica risulta di particolare importanza per i nostri interessi in quanto condivide
alcune caratteristiche delle comunità. La condivisione di valori, credenze ed obiettivi, la forte identificazione dei suoi membri con un specifico contesto, lo sviluppo
di fiducia e reciprocità, la presenza di forme tradizionali di autorità e la partecipazione ad un comune processo di socializzazione sono fattori che caratterizzano un
clan come pure una comunità.
Gli studi sull’azione collettiva [22] costituiscono un altro filone di studi attraverso
cui è possibile descrivere delle forme di governo che hanno diversi punti di contatto con le comunità. I lavori della Ostrom [23, 24], sulla base di una serie di lavori
empirici, hanno dimostrato che forme comunitarie spontanee ed autonome possono affermarsi al fine di regolare e gestire beni comuni. Tutto ciò risulta possibile
in seguito all’affermarsi di una serie di principi tra cui: a) una netta distinzione tra
che è membro o meno della comunità; b) l’affermarsi di regole capaci di tenere in
considerazione anche i bisogni più particolari; c) l’equità nella distribuzione dei
benefici prodotti dall’uso dei beni comuni; d) la partecipazione attiva dei membri
nelle decisioni alla base del governo della comunità; e) la presenza di forme di
controllo capaci di sanzionare le violazioni delle regole; f) strumenti in grado di
dirimere livelli di conflittualità persistente ed in quanto tali minare la fiducia reciproca. La tabella n.1 si pone l’obiettivo di individuare le caratteristiche delle forme di governo del clan e dell’azione collettiva rispetto al mercato ed alla gerarchia.
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Tabella n. 1 Caratteristiche delle forme organizzative clan/azione collettiva, mercato e gerarchia
(fonte: [24])
Clan/Azione Collettiva
Mercato
Gerarchia
Livello di incongruenza dei fini
basso
elevato
medio
Tipo di relazione
sociale
Reciprocità
Reciprocità
Reciprocità
Autorità
Le relazioni sono impersonali. L’identità
valori e credenze condivise. Prevalgono relazioni non è rilevante.
personali e l’identità è
importante
Autorità
Tipo di accesso
Selezione e socializzazione
Selezione, addestramento sorveglianza
Requisiti informativi
Le informazioni non sono Le informazioni sono
astratte ma concrete e
astratte, codificate e
non molto diffuse: tradi- diffuse. Es. prezzi
zioni e norme istituzionalizzate
Le informazioni sono
astratte, codificate ma
sottoutilizzate (la diffusione è soggetta ad
un controllo centrale).
Es. regole e norme
formali
“atmosfera” cioè
qualità della relazione sociale
solidale
“alienata”
Parzialmente alienata
Forma di controllo
È tendenzialmente internalizzato (soprattutto nei
clan) ma può essere anche esterno (vedi azione
collettiva)
Il controllo è esterno,
fiducia e valori condivisi non sono importanti
Il controllo è esterno,
fiducia e valori condivisi non sono importanti
Coordinamento
È orizzontale ed ha luogo
attraverso mutuo adattamento
Il coordinamento è orizzontale e autoregolantesi (la mano invisibile)
Il coordinamento è
gerarchico e formale
Obiettivi
Sono negoziati tra gli attori
Ogni attore è libero di
perseguire i propri obiettivi
Gli obiettivi sono imposti dall’alto
Valori preminenti
Lealtà nei confronti della
comunità
Libertà di scambio
Obbedienza alle regole
libero
Le relazioni tendono
ad essere impersonali.
L’identità non è rilevante
L’obiettivo ora è di analizzare quello che succede nel mondo virtuale in quanto
luoghi di incontro, di cooperazione, di comunicazione ed informazione, in grado
di consentire l’interazione tra individui distanti fisicamente, socialmente, culturalmente. Mondo in cui si impongono comunità composte da individui che condividono interessi, aspirazioni, ideali o semplicemente hobby e che, soprattutto, possono percepire un senso di coesione reciproca. Perciò, quail forme organizzative
abitano quest’ambiente?
10
Il punto di riferimento è ovviamente la forma clanica/azione collettiva per il semplice fatto che oggetto di questo lavoro non sono i mercati elettronici (forma di
governo mercato) o l’automazione di regole e procedure (forma di governo gerarchia). Piuttosto si tratta di vedere se effettivamente le caratteristiche individuate in
questa entità si rispecchia pure nel mondo virtuale.
A questo proposito si farà essenzialmente riferimento al lavoro di Shirky [25] ed
al lavoro di Demil e Lecocq [26]. Questi ultimi si occupano di una specifica attività: quella dello sviluppo di software open source. Lo sviluppo di tale software fa
parte di un più ampio fenomeno denominato come produzione orizzontale basato
sui beni comuni [27; 28; 29]. Sta di fatto che sulla base degli studi sulle modalità
attraverso cui il software open source viene prodotto è stato possibile individuare
una nuova forma di governo delle transazioni denominata bazar. Diversamente dal
mercato, in cui contratti determinano le clausole perché uno scambio possa avverarsi, oppure dalla gerarchia, dove il contratto individua le condizioni per cui un
attore decide di attenersi a quanto stabilito da una determinata autorità in cambio
di un salario, in questo caso il contratto stabilisce che quanto prodotto rimanga disponibile a tutti. In altre parole, non è possibile esercitare diritti di proprietà su
quanto sviluppato anche se nell’ambito dell’open source sono presenti diversi tipi
di licenze dove alcuni ambiti possono essere effettivamente proprietari [26]. Ma
gli aspetti contrattuali non sono gli unici a definire il bazar visto che anche nelle
transazioni di tipo clanico la forma di contratto non si differenzia sostanzialmente
da quanto previsto in questo caso. Certo è che la forma organizzativa bazar riduce
drasticamente i comportamenti opportunistici degli attori per il semplice fatto che
non è possibile appropriarsi di quanto prodotto. Poi, per ciò che concerne il coordinamento fra i diversi attori, non è un’autorità sovraordinata come nel caso della
gerarchia o i prezzi come nel caso del mercato a determinarlo ma la libera decisione degli attori nell’autorganizzarsi. Sono la motivazione, l’indole, la disposizione
e la volontà che portano a partecipare a questo tipo di iniziativa caratterizzata da
un contesto in cui si aprono possibilità per contribuire ad uno sforzo comune come
quello della produzione del software libero. Altri due fattori sono indicati da Demil e Lecocq [26] quali caratterizzanti il bazar: le modalità di controllo ed il tipo
di incentivi. Entrambi tendono ad essere piuttosto deboli. Si tratta, infatti, di transazioni volontarie dove prevalgono spontaneità e libertà per cui diventa difficile
imporre delle forme di controllo stringenti. Certo è che non mancano norme sociali capaci di influenzare i comportamenti e di affermare un’etica di collaborazione.
Gli incentivi materiali, tendenzialmente, non sono disponibili per via
dell’impossibilità di appropriarsi di quanto offerto ma sono disponibili quelli immateriali come la reputazione visto che i vari contributi sono attribuibili singolarmente ai partecipanti.
Il lavoro di Shirky [25] si sovrappone parzialmente rispetto a quanto proposto da
Demil e Lecocq [26] in quanto la forma di governo bazar viene inglobata in quella
che Shirky definisce come forma organizzativa collaborazione a cui vanno ad aggiungersi le forme condivisione e azione collettiva. Perciò, l’insieme delle caratteristiche che possono configurare le azioni organizzate in rete possono essere ri-
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condotte a: 1) la condivisione nel caso in cui gli individui mettono in comune dei
contenuti (testi, immagini, documenti, etc.) in rete, creando una risorsa disponibile
a tutti. Questo tipo di legame permette la massima libertà di partecipazione non
coinvolgendo
sostanzialmente
l’altro
trattandosi
semplicemente
di
un’aggregazione di partecipanti che svolgono compiti simili ma in modo indipendente. La piattaforma Flickr è un classico esempio a questo proposito; 2) la collaborazione: si tratta di attenersi a regole e svolgere attività che richiede maggiori
sforzi di coordinamento rispetto alla condivisione poiché i partecipanti sono tenuti
ad adattare il proprio comportamento in modo da sintonizzarsi con gli altri, tanto
da poter riuscire, eventualmente, a costituire un'identità di gruppo. Una collaborazione tipica è quella della conversazione. È nella conversazione, anche online, che
si stabilisce un processo continuo in cui domande e risposte si susseguono nel
coinvolgimento delle parti. Quella che Demil e Lecocq [26] hanno definita come
forma organizzativa bazar diventa produzione collaborativa per Shirky [25]. Essa
è considerata come una forma più complessa di collaborazione in quanto richiede
un maggior allineamento fra gli obiettivi del gruppo e quelli individuali. Inoltre,
come sottolineato sopra, ci si trova in una situazione in cui non ci si appropria dei
risultati dei propri sforzi ed ugualmente è richiesta la partecipazione di un considerevole numero di attori per poter ottenere dei risultati. Perciò, diversamente, dalla
condivisione, è imprescindibile prendere alcune decisioni collettive e quindi mettere in essere processi di negoziazione. Wikipedia è un classico esempio di produzione collaborativa oltre all’open source; 3) l’azione collettiva rappresenta il grado
più complesso di regole ed attività coordinate come messo in luce dai lavori della
Ostrom [22;23]. Qui non si tratta solo di perseguire un obiettivo comune ma anche
di sottostare alle decisioni prese dal gruppo di appartenenza che hanno la prevalenza rispetto a quelle individuali. Tutto ciò in un contesto caratterizzato da una
forte coesione interna quale fattore fondamentale per determinare questo tipo
d’azione in cui gioca un ruolo di primo piano la possibilità per il singolo di riconoscersi in una identità di gruppo. Le applicazioni di e-participation adottate da
partiti e pubbliche amministrazioni possono essere viste come esempi in questa direzione.
Nella tabella n. 2 sono confrontate le caratteristiche della forma organizzativa di
natura comunitaria offline (clan/azione collettiva) con quelle online (condivisione,
collaborazione ed azione collettiva)
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Tabella n. 2: Caratteristiche delle forme organizzative clan/azione collettiva, condivisione, collaborazione, azione collettiva
Clan/Azione Collettiva
Condivisione
Collaborazione
Azione Collettiva
Livello di congruenza dei fini
alto
medio
alto
alto
Tipo di relazione sociale
Reciprocità
Mancanza di reciprocità
Reciprocità limitata
Reciprocità
Le relazioni sono
impersonali.
L’identità non è rilevante.
Le relazioni tendono ad essere
impersonali.
L’identità non è
rilevante
Valori e credenze condivisi
libero
Auto-selezione,
sorveglianza minimale
Selezione e socializzazione
Autorità
Valori e credenze
condivisi. Prevalgono relazioni
personali e
l’identità è importante
Tipo di accesso Selezione e socializzazione
Autorità
Le relazioni possono anche essere personali.
L’identità è rilevante
Requisiti informativi
Le informazioni
Le informazioni
non sono astratte sono astratte, codima concrete e non ficate e diffuse.
molto diffuse:
tradizioni e norme
istituzionalizzate
Le informazioni
sono astratte, codificate e diffuse
anche possono esservi forme di
controllo centrale
Le informazioni
non sono solo astratte ma anche
concrete e relativamente diffuse
“atmosfera”
qualità della
relazione sociale
solidale
alienata
Parzialmente alienata
Parzialmente solidale
Forma di controllo
È tendenzialmente
internalizzato (soprattutto nei clan)
ma può essere anche esterno (vedi
azione collettiva)
Il controllo è esterno, fiducia e
valori condivisi
non sono importanti
Il controllo è esterno, fiducia e
valori condivisi
non possono essere esclusi
È tendenzialmente internalizzato
ma può essere
anche esterno
Coordinamento È orizzontale ed
ha luogo attraverso mutuo adattamento
Obiettivi
Il coordinamento è Il coordinamento
orizzontale e auto- è orizzontale ed
regolantesi
autoregolantesi
anche se possono
essere presenti elementi gerarchico-formali
Sono negoziati tra Ogni attore è libegli attori
ro di perseguire i
propri obiettivi
È orizzontale ed
ha luogo attraverso mutuo adattamento
Ogni attore è libe- Sono negoziati
ro di perseguire i tra gli attori
propri obiettivi
anche se non sono
escluse negoziazioni
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Valori preminenti
Lealtà nei confronti della comunità
Libertà di partecipazione
Libertà di partecipazione
Lealtà nei confronti della comunità
Conclusioni
Dall'analisi effettuata è evidente che le comunità online sono caratterizzate da elementi che le differenziano sostanzialmente dalle comunità "reali" qui individuate
nella forma organizzativa clan/azione collettiva. Fattori come il contatto fisico, la
vicinanza sociale e la co-presenza, che sono presupposti fondamentali delle comunità offline, diventano irrilevanti nelle comunità online, nelle quali gli individui
non sono a contatto nello stesso luogo, non vivono la stessa realtà sociale e, di
conseguenza, non creano facilmente valori e significati condivisi. Fisicità e corporeità danno spazio ad un ambiente in cui il simbolismo non verbale è assente; il
ruolo dell’espressività del volto, dei gesti e dello sguardo, per esempio, perdono
importanza a scapito del linguaggio.
È vero che la comunità virtuale si incontra in uno spazio comune che è quello del
cyberspazio, ma si tratta di uno spazio immaginario, non fisico, che non permette
di vivere insieme le stesse esperienze, se non l’esperienza stessa di comunicare
online. Il senso di appartenenza rischia di essere precario, labile e basato su obiettivi limitati e transitori, poiché non si fonda su valori socio-culturali di un territorio specifico. Le interazioni sociali sono spesso caratterizzate da transitorietà ed i
legami che si instaurano sono sempre più spesso deboli, in quanto basati soprattutto sull'interesse e la condivisione gratuita che pone dei limiti all’espressione della
sfera emotiva. Inoltre, la possibilità di "mascherare" la propria identità fa sì che la
comunicazione possa diventare sostanzialmente anonima; di conseguenza, le relazioni sociali che si instaurano tendono ad essere fragili e spersonalizzate.
Tutte queste considerazioni hanno determinato un problema nel definire effettivamente come comunità i fenomeni aggregativi che hanno luogo sulla rete.
La decisione di adottare la tipologia di Shirky [25] attraverso cui si sono individuate tre principali forme organizzative (condivisione, collaborazione ed azione
collettiva) può essere utile a questo proposito. Effettivamente è solo la cosiddetta
forma organizzativa denominato come azione collettiva che condivide molte delle
caratteristiche di una forma organizzativa offline come il clan/azione collettiva.
Ma è considerata di difficile realizzazione per il fatto che è necessario l’impegno
di tutti verso un fine comune e le decisioni a livello di gruppo sono vincolanti per
cui raggiungere la necessaria coesione collaborando online si presenta come un ostacolo difficile da superare. Per quanto riguarda la condivisione e la collaborazione le differenze sono significative e soprattutto nel primo caso considerare questa
aggregazione sociale una comunità non è molto significativo mentre condivide diverse caratteristiche con la forma organizzativa mercato.
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D'altra parte, si ha cercato di superare questo problema modificando in parte il
modo di intendere la comunità, da comunità come luogo a comunità come simbolo, spostando l’attenzione dalla struttura e la funzione della stessa al suo significato per i membri. In questa prospettiva, le caratteristiche materiali, geografiche ed
ambientali della comunità perdono rilevanza.
Per il fatto che la maggior parte delle comunità virtuali non siano "solide" come le
comunità basate sull'interazione faccia a faccia; tuttavia, esse non sono meno reali
di quelle fisiche, così come confermato da molti studi. Le comunità virtuali rispecchiano il bisogno di socialità intrinseco ad ogni essere umano e non si pongono come semplici alternative alla vita di ogni giorno. Non bisogna pensare alla
partecipazione ad una comunità virtuale come ad una totale fuga dalla realtà quotidiana; infatti, "online" ed "offline" si intersecano tra loro ed una dimensione non
esclude l'altra. Nella maggior parte dei casi, le comunità virtuali costituiscono una
semplice forma di aggregazione e di arricchimento personale, attraverso la quale
conoscere nuove persone con cui condividere i propri interessi ed ampliare le proprie conoscenze riguardo ad un argomento specifico.
Se è vero che le comunità che si sviluppano in rete non si contrappongono alle
comunità fisiche , è opportuno chiedersi se l’aggettivo “virtuale” sia idoneo a descrivere il fenomeno a cui dà vita un gruppo di persone che si incontra stabilmente
in rete, fino a formare quel costrutto di significato che abbiamo definito come comunità. I motivi di questa inadeguatezza risiedono nel fatto che il termine "virtuale" viene comunemente contrapposto a "reale" per indicare un’esperienza di minor
spessore. Le comunità che si sviluppano in rete non sono "finzione", né "rappresentazione", sono altrettanto reali delle comunità offline; sono costituite da persone, con tutte le qualità e i difetti, i valori e le debolezze, l'utilità e le difficoltà di
ogni comunità umana . Pertanto, per avere una migliore comprensione del fenomeno, sarebbe più giusto abbandonare l'uso del termine "virtuale", preferendo
l'aggettivo "online" .
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