TRE PAROLE CHIAVE DELLA GENETICA

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TRE PAROLE CHIAVE
DELLA GENETICA
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Genetica delle popolazioni
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Gene e locus
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I termini gene e locus avevano un significato chiaro e distinto nell'era della
genetica mendeliana
il gene è uno specifico determinante, o fattore, ereditario che può esistere in
forme diverse, ciascuna delle quali è responsabile, a seconda delle relazioni di
dominanza con le altre forme, di un fenotipo palesemente riconoscibile
il locus è semplicemente la posizione di questo fattore sulla mappa genetica,
posizione che è definita relativamente a quella degli altri geni identificati e
mappati a loro volta.
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a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Due definizioni di allele
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Il termine allele ebbe invece fin dall'inizio una duplice definizione
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nella genetica medica (v. esempi nel
riquadro a fianco), gli alleli sono spesso
intesi come le due copie dello stesso gene
presenti sui due cromosomi omologhi di
ciascun individuo, copie che possono
essere identiche o diverse
Nell'accezione largamente più diffusa,
invece, ogni allele indica una fra le
possibili molteplici forme dello stesso gene
che esistono nel patrimonio genetico di una
specie
Each gene appears at a certain
location on a certain chromosome,
and there are two copies of the
gene. The location of a particular
gene is called the locus of the gene.
Each of the two copies of the gene
is called an allele” (link)
The two copies of each gene or
DNA markers are called 'alleles'.
There may be small differences in
the sequence of letters in the DNA
of the alleles located on each
chromosome pair or each allele may
be exactly the same” (link)
In genere questa duplice definizione non comporta seri rischi di
incomprensione (il significato si può evincere facilmente dal contesto), ma è
bene tenerla presente
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a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Serie alleliche e “wild-type”
La concezione dell'allele come uno dei possibili stati alternativi che può
assumere un gene corrisponde al significato che originariamente dette Bateson
nel 1902 al nuovo termine, da lui stesso coniato, “allelomorph”
Negli studi sperimentali in
Drosophila furono poi presto
identificati alleli multipli dello
stesso gene, i quali costituivano
nel loro insieme una “serie
allelica”; faceva parte di questo
quadro anche il concetto di allele
“wild-type” (il “selvatico”,
l'allele diffuso in natura),
eventualmente corredato da uno
o più alleli mutanti, ciascuno con
il proprio nome e i propri effetti
sul fenotipo.
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Il gene nell'era genomica
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a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Il gene come unità di funzione molecolare
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Anche se può essere difficile decidere quali elementi fanno parte
esattamente di un gene (introni, esoni, elementi fiancheggianti, sequenze
trascritte ma non tradotte, ecc.), il concetto più diffuso fa riferimento ad
una funzione molecolare e non ad una specifica sequenza
Più comunemente con “gene” si intende quindi un segmento di DNA
univocamente identificabile nel genoma che codifica per una proteina o
per un RNA, e che può esistere sotto forma di sequenze leggermente
diverse (gli alleli)
Questa definizione ha il vantaggio di derivare dal paradigma della
genetica molecolare che ha identificato come determinante fisico nella
maggioranza dei casi di differenze fenotipiche a trasmissione
mendeliana una variazione di una sequenza nucleotidica codificante.
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Il gene come unità elementare di evoluzione
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Una definizione alternativa di gene è stata proposta da George Williams nel 1966
(Adaptation and Natural Selection), e ribadita nel 1992 (Natural selection: domains,
levels, and challenges) in un capitolo intitolato “The gene as a unit of selection”
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In effetti, dal punto di vista della biologia evoluzionistica non ci sono differenze
fra, per esempio, una mutazione che ha interessato una breve sequenza regolatrice
di un gene, collocata eventualmente anche lontano da esso, e una mutazione del
gene stesso, se le conseguenze fenotipiche delle due mutazioni sono identiche. In
ambedue i casi si tratta di modifiche ereditabili di sequenza nucleotidiche, e in
ambedue i casi saremmo indotti, considerando i fenotipi che ne risultano, a
parlare della mutazione di un gene.
Il gene può essere pertanto generalmente definito come “any hereditary information
for which there is a favorable or unfavorable selection bias equal to several or many
times its rate of endogenous change”
Richard Dawkins nei suoi libri The Selfish Gene (1976) e The Extended Phenotype
(1982) ha adottato u punto di vista simile. In questa accezione non è dunque
necessario che il gene sia una unità di trascrizione/traduzione
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Una varietà di oggetti genetici contenuti nei genomi
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Nell'era della genomica siamo venuti a conoscere una complessa serie di
oggetti che fanno parte dei genomi e che non sono geni (dagli pseudogeni ai
minisatelliti, dalle sequenze Alu alle isole CpG, e molto altro ancora), ma che
possono avere un nome che li identifica univocamente e che quindi hanno una
posizione ben definita sulla mappa del genoma di una data specie
Un'altra conseguenza del
sequenziamento dei genomi è
stata che alla mappa genetica
si è affiancata la mappa fisica;
questa ha reso assoluta la
posizione degli oggetti
genetici e non più relativa
l'uno rispetto all'altro
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“Locus” indica oggi sia l'oggetto che la sua posizione
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Tutto ciò ha cambiato il significato che attribuiamo al termine locus:
all'atto pratico, il “locus” di un oggetto viene a coincidere con l'oggetto
stesso, e finiamo per usare questa parola per indicare l'oggetto al quale
siamo interessati e non solo la sua posizione
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Così parliamo ad esempio di “locus genico” se intendiamo riferirci ad una
qualsiasi porzione del genoma che include una sequenza codificante,
oppure di “locus ipervariabile” se ci riferiamo ad un segmento per il quale
sono presenti nella popolazione un grande numero di alleli, oppure ancora
ad esempio del “locus D10S2356” se ci riferiamo a questo specifico
oggetto, che dal formato del nome - convenzionale - riconosciamo essere
un microsatellite collocato fisicamente sul cromosoma 10 umano: ma qui
è evidente che stiamo parlando di un tratto di DNA con certe
caratteristiche e non della sua posizione nel genoma.
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Numero di copie-geniche/tratti-omologhi
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Molte ricerche di genetica delle popolazioni sono basate sulla
tipizzazione genetica di campioni di un certo numero (N) di individui
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Nel caso più comune di loci autosomici di specie diploidi, un campione di N
individui include, per ciascun locus tipizzato, un campione di 2N oggetti genetici;
non possiamo però parlare né di 2N alleli, né di 2N loci, né di 2N geni
(quest'ultima dizione sarebbe compatibile solo con l'accezione evoluzionistica di
gene, ma essa non è invalsa nell'uso generale)
Il numero di oggetti genetici campionati per un dato locus in un insieme di
individui è spesso chiamato “numero di copie geniche”, anche se quel locus
non contiene un gene
In alternativa si può anche usare la dizione più generale “numero di tratti
omologhi”
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Una coppia di tratti omologhi, o di copie geniche, è dunque presente per ciascun
locus in ciascun individuo di una specie diploide, e tali tratti possono essere
identici o diversi; un campione di N individui tipizzati per un locus autosomico
include 2N tratti omologhi di quel locus
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a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
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In conclusione: alcune definizioni basilari
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Un locus è una regione del genoma di una specie costituita da un insieme
continuo di nucleotidi identificata da un nome unico e dalla sua
collocazione sulla mappa fisica.
Un gene è una unità di trascrizione-traduzione costituita da un segmento
continuo di DNA che include le sequenze regolatrici a monte e a valle.
Un allele è una specifica sequenza nucleotidica, anche limitata alla singola
coppia di basi, presente ad un certo locus nel patrimonio genetico di una
specie
Due o più tratti omologhi, o copie geniche, sono un insieme di sequenze di
DNA, che possono essere uguali o diverse fra di loro, presenti ad un dato
locus in uno o più individui di una data specie
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