Una rivoluzione democratica - robertogiusti.altervista.org

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Merrill Jensen
Una rivoluzione democratica
Secondo lo storico statunitense Merrill Jensen la Dichiarazione d’indipendenza americana e la rivoluzione
che essa mise in moto rappresentò una svolta radicale nella storia del paese poiché la rivolta delle
Tredici colonie nei confronti della madrepatria inglese nel 1775 non cambiò solo gli equilibri politici ma
anche quelli sociali. Questa tesi storiografica di indirizzo progressista si contrappone alla tesi di indirizzo
conservatore che sostiene, al contrario, come ci fu sostanziale continuità di equilibri sociali e politici tra il
periodo coloniale e quello successivo dell’indipendenza. Nel brano che segue Jensen avvalora la sua tesi
elencando i più importanti cambiamenti messi in moto dalla rivoluzione.
Sembra chiaro – per lo meno a me – che verso il 1776 c’erano diverse persone in America che richiedevano
la costituzione di un governo democratico, di un governo cioè, controllato dalla maggioranza dei votanti e
senza quei «freni» alla propria attività, quali esistevano nelle Colonie. D’altra parte c’erano molti Americani
che non volevano cambiamenti, se non quelli resi inevitabili dalla separazione dalla Gran Bretagna.
La storia della redazione delle prime costituzioni è in larga misura la storia del conflitto tra questi due
ideali di governo. Tale conflitto può certamente essere sopravvalutato, perché esisteva un considerevole
accordo su molte questioni fondamentali. La maggior parte delle costituzioni definiva in forma scritta
la struttura del governo quale era esistito nelle Colonie, la figura giuridica del Governatore, il legislativo
bicamerale, i sistemi giudiziari, fino alle forme di governo locale. In termini di struttura non vi si può trovare
molto di rivoluzionario. Anche il molto ironizzato legislativo monocamerale della Pennsylvania non era altro
che la prosecuzione di quello stesso che era esistito fin dall’inizio del secolo.
La cosa più importante non è la continuità della struttura statale, ma l’alterazione dell’equilibrio dei poteri
nell’àmbito di quella struttura, e la situazione politica risultante dalla eliminazione del potere di controllo da
parte di un governo centrale, quello della Gran Bretagna.
Il primo e più rivoluzionario cambiamento ebbe luogo nella teoria. Nel maggio 1776, per cercare di operare
un mutamento nell’Assemblea della Pennsylvania, il principale ostacolo sulla strada dell’indipendenza, il
Congresso decise che tutti i governi che esercitavano la propria autorità sotto la Corona di Gran Bretagna
dovessero essere soppressi e che «tutti i poteri di governo dovessero essere esercitati sotto l’autorità del
popolo delle Colonie…». John Adams definì questa, «la più importante decisione mai presa in America».
La Dichiarazione d’Indipendenza la enunciò nei termini dell’uguaglianza degli uomini, della sovranità del
popolo e del diritto di un popolo di cambiare il governo a proprio arbitrio.
Il secondo cambiamento: la rivoluzione poneva termine al potere di un governo sovrano centrale sulle
Colonie. L’Inghilterra aveva avuto il potere di nominare e destituire i Governatori, i membri delle Camere
Alte, i giudici e altri funzionari. Aveva il potere di veto sulla legislazione coloniale e il diritto di usare le forze
armate. Tutti questi poteri furono spazzati via dall’indipendenza.
Il terzo: il nuovo governo centrale creato in America dagli «Articles of Confederation» era, almeno in senso
negativo, un governo democratico. Il Congresso degli Stati Uniti non aveva poteri sugli Stati o sui cittadini.
Quindi ogni Stato poteva governarsi come preferiva, ciò che, secondo le nuove costituzioni, spesso
significava governo della maggioranza.
Il quarto: nel redigere le costituzioni i cambiamenti erano inevitabili. La gerarchia dei funzionari legislativi,
esecutivi e giudiziari, che era servita da freno alle Assemblee elettive, non esisteva più. L’Assemblea
elettiva divenne il potere supremo in ogni Stato, e le Camere Basse, che rappresentavano, anche se
inadeguatamente, il popolo, divennero il ramo dominante. Le Camere di nomina regia dei tempi coloniali
furono sostituite da Senati elettivi, che in teoria dovevano rappresentare i proprietari. Si prevedeva che
dovessero costituire un controllo sulle Camere Basse, ma i loro poteri erano molto inferiori a quelli dei
Consigli dell’anteguerra.
Il quinto: la carica di Governatore subì una vera e propria rivoluzione. I Governatori delle Colonie regie
avevano, almeno in teoria, ampi poteri, incluso il diritto di veto. Nelle nuove costituzioni la maggior parte
degli Americani spogliarono la carica di Governatore praticamente di ogni potere.
Il sesto: le corti superiori subirono una simile rivoluzione. Le costituzioni prevedevano che fossero formate
dal legislativo o nominate dai Governatori.
Il significato di tali cambiamenti, in termini di realtà politica, fu che la maggioranza dei votanti in uno Stato,
se decideva un programma ed era abbastanza risoluta, poteva fare quel che voleva senza controlli da
parte di Governatori o di tribunali o appelli a un potere superiore fuori dello Stato. C’erano altri settori in cui
si verificarono cambiamenti, anche se si trattò solo di inezie. Si compì un passo avanti con l’eliminazione
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delle qualificazioni di censo per il diritto di voto e per l’assunzione di cariche pubbliche. Alcuni Stati
istituirono il suffragio universale maschile, e alcuni anni dopo anche le donne ebbero il diritto di voto nel
New Jersey; ma tale diritto fu soppresso quando ci si accorse che il voto delle donne serviva solo a riempire
le urne. Alcuni Stati si mossero nel senso della rappresentanza proporzionale, iniziando un processo non
ancora concluso negli Stati Uniti. Un deciso passo in avanti fu fatto verso la separazione dello Stato dalla
Chiesa; tuttavia era ancora necessario essere protestanti o trinitariani per ricoprire cariche pubbliche.
(da M. Jensen, Una rivoluzione democratica, in La rivoluzione americana, a cura di N. Matteucci, Zanichelli, Bologna 1968)
Per la comprensione del testo
1 Quale fu, secondo Jensen, il primo e più rivoluzionario cambiamento teorico che mise in moto il
processo dell’indipendenza americana?
2 Quale fu il significato dei cambiamenti provocati dalla rivoluzione, in termini di realtà politica?
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