L`apprendimento del sistema verbale in italiano L2 - UvA-DARE

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Universiteit van Amsterdam
Facoltà di Scienze Umane
Tesi di laurea specialistica in lingua e cultura italiana
3 giugno 2010
L’apprendimento del sistema
verbale in italiano L2:
Un’analisi dell’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza nella
produzione scritta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell’italiano come
seconda lingua
Candidato: Carin van der Pijl
Relatore: Dr. S.C. Vedder
Correlatore: Dr. F. Kuiken
Indice
Prefazione
1
Introduzione
2
1. Il sistema verbale italiano
5
Premessa
5
1.1. Il verbo italiano
5
1.1.1. Il genere
5
1.1.2. La forma
7
1.1.3. La persona e il numero
7
1.1.4. Il tempo
8
1.1.5. Il modo verbale
9
1.2. L’aspetto verbale
10
1.3. Conclusione
11
2. Il processo dell’apprendimento di una seconda lingua
13
Premessa
13
2.1. Differenza fra acquisizione e apprendimento
13
2.2. Fattori generali che influenzano l’apprendimento
15
2.2.1. Età
15
2.2.2. Motivazione
16
2.2.3. Personalità
17
2.3. L’interlingua e l’errore linguistico
18
2.4. Grammaticalizzazione
19
2.4.1. Temporalità
19
2.4.2. Modalità
21
3. La ricerca CALC e il Quadro di Riferimento
23
Premessa
23
3.1. CALC
23
3.2. QCER
24
3.2.1. Livelli
24
3.2.2. Competenze
27
4. Impostazione dello studio
29
Premessa
29
4.1. Domande
29
4.2. Ipotesi
29
4.3. Partecipanti
30
4.4. Test
31
4.4.1. C-test
31
4.4.2. Test Dialang
32
4.4.3. Compiti scritti CALC
32
4.4.4. Compito scritto secondo gruppo
33
4.5. Somministrazione
33
4.6. Valutazione e analisi
33
5. Risultati: apprendenti L2
35
Premessa
35
5.1. Il gruppo sperimentale
35
5.1.1. Complessità
35
5.1.2. Accuratezza
39
5.1.3. Analisi degli errori
43
5.2. Il secondo gruppo
48
5.2.1. Complessità
49
5.2.2. Accuratezza
50
5.2.3. Analisi degli errori
51
5.3. Il rapporto con il livello di padronanza linguistica
56
5.3.1. Risultati C-test gruppo sperimentale
57
5.3.2. Risultati C-test secondo gruppo
58
6. Risultati: parlanti nativi
61
Premessa
61
6.1. Confronto gruppo sperimentale e parlanti nativi
61
7. Conclusione
69
Bibliografia
72
Allegati
74
Prefazione
Vorrei ringraziare alcune persone che hanno reso possibile lo svolgimento di questa tesi.
Un primo ringraziamento va alla professoressa e mio relatore Ineke Vedder, che ha suscitato
in me l’interesse e l’entusiasmo per la linguistica. Inoltre la ringrazio per tutti i suoi utili
consigli che mi hanno permesso di migliorare sempre di più questa mia tesi.
Grazie anche al mio correlatore Folkert Kuiken ed a Roger Gilabert, per i loro dati derivanti
dalla ricerca CALC, da loro realizzata insieme ad Ineke Vedder.
Un ringraziamento doveroso va a Gabriele Pallotti per avermi dato la possibilità di analizzare
un suo gruppo di studenti italiani indispensabile per il completamento della tesi.
In particolare ringrazio tanto la professoressa Sophie Jitta per la sua collaborazione e per
avermi concesso la possibilità, in brevissimo tempo, di lavorare con un suo gruppo di
studenti.
Grazie mille a tutti gli studenti che hanno partecipato alla ricerca, senza di loro non avrei
potuto svolgere questo lavoro.
Inoltre ringrazio i miei genitori per avermi consentito liberamente di lavorare, per essermi
stati sempre vicino e per credere sempre in me.
Per ultimo voglio ringraziare di cuore Alessandro per il suo sostegno infinito e per la sua
fiducia in me.
Carin van der Pijl, giugno 2010
1
Introduzione
In questa tesi di laurea verranno esaminate la complessità e l’accuratezza del sistema
verbale italiano nella produzione scritta di studenti olandesi che apprendono l’italiano come
seconda lingua. Nella letteratura sull’apprendimento per seconda lingua si intende una lingua
appresa nel paese dove questa viene parlata abitualmente (ad es. l’italiano appreso in Italia
dagli immigrati). Gli studenti del nostro studio apprendono l’italiano nel proprio paese invece
che in Italia, per questo motivo sarebbe più corretto utilizzare il termine “lingua straniera”, 1
ciononostante useremo il termine “seconda lingua” (L2) in modo generico, intendendo
l’apprendimento di una lingua dopo quella nativa (L1).
Con “complessità” intendiamo il grado di sviluppo del sistema verbale in relazione all’utilizzo
o meno che un apprendente fa dei diversi tempi verbali. Al fine del nostro studio ci baseremo
su sette tempi verbali fondamentali, cioè l’infinito, il presente, il participio passato,
l’imperfetto, il futuro, il condizionale ed il congiuntivo.
Con “accuratezza” intendiamo il grado di correttezza delle forme verbali usate e
analizzeremo gli errori che si verificano più frequentemente nei testi degli apprendenti
olandesi nell’italiano scritto. Anche se l’apprendente usa certe forme non vuol dire
automaticamente che le usi nel modo giusto. Che tipo di errori fanno più frequentemente gli
apprendenti e fino a che punto si tratta di errori ‘logici’? Con il termine “errori logici”
intendiamo errori che possiamo giustificare, come per esempio errori di sovraestensione di
forme regolari o irregolari. Questo tipo di errori non viene fatto dagli adulti parlanti nativi,
mentre è più frequente nei bambini parlanti nativi dell’italiano (ad. es. ando).
All’interno di questa ricerca verrà dedicata particolare attenzione all’uso dell’aspetto verbale
da parte di apprendenti dell’italiano L2, in quanto risulta particolarmente difficile da
apprendere. L’aspetto verbale indica la durata di un’azione o di una situazione che vengono
di solito distinti come l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo.
E’ importante sottolineare che questa tesi fa parte di una ricerca più ampia, chiamata CALC
(Communicative Adequacy and Linguistic Complexity). Questa ricerca ha come obiettivo
l’esame della relazione fra la competenza comunicativa e la competenza linguistica nei testi
scritti da tre gruppi di apprendenti L2, più precisamente dell’olandese, dell’italiano e dello
spagnolo. In particolare viene studiata la relazione fra l’adeguatezza comunicativa e la
1
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, Bompiani, Milano, 1998, p. 13
2
complessità linguistica, definita in relazione alle scale ed ai livelli del Quadro Comune
Europeo di Riferimento (QCER). 2
La nostra parte della ricerca si limiterà, quindi, all’analisi della complessità e dell’accuratezza
nei testi scritti in italiano da parte di studenti universitari di madrelingua olandese. Per fare
questo ci siamo posti la seguente domanda:
Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli apprendenti L2 nell’italiano scritto, in termini
di complessità ed accuratezza dell’uso del sistema verbale?
Abbiamo scelto questo argomento per la nostra tesi finale, perché durante il corso di
‘Apprendimento dell’italiano L2’, che fa parte del master in ‘La lingua e cultura italiana’
presso l’Università di Amsterdam, abbiamo lavorato con i dati del progetto CALC. Questo ha
suscitato un gran interesse da parte nostra per il processo dell’apprendimento di una
seconda lingua, in particolare dell’italiano L2, dato che noi, di madrelingua olandese,
abbiamo anche studiato questa lingua. In più la grammatica, e quindi anche il sistema
verbale, è una delle parti più complesse ed interessanti della ricerca CALC, soprattutto
quando le due lingue, cioè la madrelingua e la seconda lingua, non hanno la stessa matrice
linguistica; l’olandese fa parte della famiglia linguistica di matrice germanica, mentre l’italiano
risale alle lingue definite romanze. Questa diversità fra le lingue era già nota nel Medioevo,
quando Dante scrisse De vulgari eloquentia (1305), in cui si diversificava il linguaggio
comune in tre grandi famiglie linguistiche: il germanico al nord, il latino al sud e il greco nella
zona di frontiera fra Europa e Asia. 3
A questo lavoro hanno preso parte tre diversi gruppi di partecipanti. Il primo gruppo consiste
di apprendenti dell’italiano L2, composto da 47 studenti olandesi di età varia al primo anno di
studi del corso di laurea di lingua e cultura Italiana presso l’Università di Amsterdam. E’ stato
anche esaminato un gruppo di parlanti L1, composto da 22 studenti dell’Università di Reggio
Emilia, come gruppo di controllo per poter paragonare i risultati ottenuti dagli apprendenti
con quelli di un gruppo di parlanti nativi.
Questi due gruppi hanno compiuto, ai fini della ricerca CALC, tre tipi di test, il C-test, il test
Dialang e due compiti scritti. I primi due test sono stati sottoposti ai partecipanti per poter
stabilire il livello di padronanza linguistica di ciascun apprendente. Grazie a questi test
potremo mettere a confronto i diversi livelli di complessità ed accuratezza con i diversi livelli
di padronanza linguistica degli apprendenti L2. I due compiti scritti serviranno, invece, per
l’analisi dei diversi gradi di complessità ed accuratezza del sistema verbale.
2
Kuiken, F., Vedder, I. & Gilabert, R. (in stampa), Communicative adequacy and linguistic complexity in L2
writing in relation to CEFR scales and levels. In I. Bartning, M., Martin & Vedder I. (editors), Second language
acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1
3
René Appel, Taal en Taalwetenschap, Oxford, Blackwell, 2002, pp. 288-289
3
Accanto a questi due gruppi abbiamo analizzato un secondo gruppo di apprendenti
dell’italiano L2, indipendentemente dalla ricerca CALC. Il gruppo in questione è formato da
13 studenti olandesi che studiano lingua e cultura italiana presso l’Università di Amsterdam.
Questo gruppo è stato aggiunto per poter indagare meglio l’uso dell’aspetto verbale tramite
un altro compito scritto, sviluppato da noi, in cui gli apprendenti sono stati obbligati ad
utilizzare solo i tempi del passato. Questo ulteriore compito scritto è stato sottoposto ad un
secondo gruppo di apprendenti dell’italiano L2, in quanto il gruppo sperimentale risultava
essere ormai già al secondo anno di studi mentre per la nostra ricerca ci baseremo solo sugli
studenti del primo anno.
Questa tesi è suddivisa in sette capitoli. Il primo capitolo riguarda una spiegazione del
sistema verbale italiano nella quale analizzeremo le caratteristiche di questo sistema e
faremo una comparazione con il sistema verbale olandese. Il secondo capitolo si
concentrerà sul processo dell’apprendimento di una seconda lingua ed in particolare del
sistema verbale italiano. Il terzo capitolo descriverà in dettaglio il progetto CALC ed il QCER,
cioè due componenti fondamentali ai fini della nostra tesi. Nel capitolo quattro tratteremo la
metodologia e l’impostazione dello studio, parlando dei vari aspetti dell’indagine, come i
partecipanti, i test, la valutazione e la somministrazione dei test e insieme alle domande che
hanno guidato la ricerca e le ipotesi. Nel quinto e sesto capitolo verranno presentati i risultati
delle analisi e l’ultimo capitolo sarà dedicato alle conclusioni.
4
1. Il sistema verbale italiano
Premessa
Questo capitolo sarà focalizzato sulla descrizione del sistema verbale italiano. Per poter
valutare il grado di sviluppo del sistema verbale e la correttezza delle forme verbali usate
bisogna sapere quali sono i particolari del verbo italiano. Tratteremo i vari aspetti del verbo
con un’attenzione particolare all’aspetto verbale, cioè il perfettivo e l’imperfettivo. In più
faremo una comparazione fra il sistema verbale italiano e quello olandese, così da vedere
dove si presentano le somiglianze e le differenze fra i due sistemi verbali.
1.1. Il verbo italiano
Il verbo italiano ha una struttura molto complessa ed articolata. Noi ci rivolgeremo soltanto
alle parti che hanno importanza per questa indagine, la spiegazione del sistema verbale
italiano in questo paragrafo, quindi, non sarà completa.
Si possono distinguere otto categorie diverse per il verbo italiano: il genere, la forma, la
persona, il numero, il tempo, il modo, la funzione e la coniugazione. 4 Non tratteremo la
funzione e la coniugazione del verbo, dato che il nostro studio si è focalizzato soprattutto sul
capire fino a che punto gli apprendenti hanno sviluppato certe forme del sistema verbale
italiano, invece di analizzare le varie funzioni dei tempi verbali usati. Insomma, delle otto
categorie ci concentreremo solo su sei. Per ogni aspetto è stata fatta una comparazione con
quella olandese, così da capire dove si trovano le somiglianze e le differenze fra i due
sistemi verbali.
1.1.1. Il genere
Il genere è una forma di classificazione dei nomi in categorie, in italiano esistono due generi:
maschile e femminile. Nel caso dei nomi che si riferiscono a esseri animati, il genere è legato
al sesso del referente: il maestro/la maestra, il bambino/la bambina; in altri casi, invece, esso
viene assegnato arbitrariamente: il tavolo/la sedia, il sole/la luna. Il genere del nome dà
luogo a un importante fenomeno grammaticale, l’accordo: nella frase Le mie care bambine
sono tornate tutti gli elementi sottolineati sono accordati con il genere (e il numero, plurale) di
bambine.
L’acquisizione del genere avviene senza un riconoscimento delle marche di genere sui nomi
(laddove presenti) non sono riconosciute come tali ed è talvolta sovrestesa la desinenza
nominale -a, forse sentita come tipicamente italiana e non ancora analizzata come femminile
(cfr. uoma, filma, parca in persiani; colpa “corpo” in cinesi). In un secondo momento, quando
4
Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, Mondadori, 1997, Milano, pp. 235-237
5
la categoria entra nella grammatica dell’apprendente, si individuano come indicative di
genere le terminazioni nominali più tipiche (-o maschile, -a femminile), mentre i nomi in -e
causano più problemi, talora anche con suffisi che (per l’italofono) sono associati a un certo
genere (es. -tore m., -zione f.). I criteri di assegnazione del genere si imparano nell’ordine
(Chini 1995, p. 220): 5
criteri fonologici (-o/-a) > criteri semantici (sesso del referente) > criteri di morfologia
derivazionale (suffisi)
L’acquisizione del genere pone agli apprendenti due ordini di problemi 6 : da un lato essi
devono ricostruire il genere di tutti i nomi (certi indizi formali, come -o per il maschile e -a per
il femminile, sono in linea di massima utili, ma esistono eccezioni come il problema; inoltre
molte parole non terminano per -a e -o, come maglione o totale); dall’altro essi devono
rispettare l’accordo fra il genere del nome e quello di altri elementi della frase, come articoli,
aggettivi, verbi. 7 Ciò al contrario dell’olandese, in cui non esiste tale accordo fra il genere e il
verbo.
Esempi:
italiano
olandese
Anna è andata al cinema.
Anna is naar de bioscoop geweest.
Alessandro è andato al cinema.
Alessandro is naar de bioscoop geweest.
Anna e Alessandro sono andati al cinema.
Anna en Alessandro zijn naar de
bioscoop geweest.
Anna e Claudia sono andate al cinema.
Anna en Claudia zijn naar de bioscoop
geweest.
Si nota che in olandese, quindi, non esiste l’accordo del verbo, in quanto il participio passato
non cambia in base al soggetto, mentre in italiano sì.
5
Marina Chini, Che cos’è la linguistica acquisizionale, Roma, Carocci, 2005, p. 100
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 56-57
7
Ibidem
6
6
1.1.2. La forma
Il verbo italiano può avere forma attiva, passiva e riflessiva. Si usa la forma attiva quando ‘il
soggetto compie l’azione, cioè quando ha un ruolo attivo rispetto all’azione indicata dal verbo
ed è quindi l’agente (dal latino agens, ‘colui che fa, che agisce’) della frase’. 8
Il verbo è di forma passiva quando ‘il soggetto subisce da parte di qualcuno o di qualcosa
l’azione indicata dal verbo’. 9 Si riconosce questa forma solitamente alla costruzione di una
forma del verbo essere o avere seguito dal participio passato del verbo.
Si parla della forma riflessiva quando ‘il soggetto compie e nello stesso tempo subisce
l’azione o, meglio, compie volontariamente un’azione su se stesso’. 10 La forma è
caratterizzata dal verbo che è preceduto da una delle particelle mi, ti, si, ci, vi.
Anche l’olandese conosce queste tre forme (attiva, passiva, riflessiva), solo che in olandese
le particelle, parlando ovviamente della forma riflessiva, vengono sempre subito dopo il
verbo al contrario dell’italiano dove vengono prima del verbo.
La forma del verbo rappresenta un aspetto molto interessante, anche se non è stato
esplicitamente indagato per la nostra ricerca.
1.1.3. La persona e il numero
Il verbo modifica le sue desinenze a seconda della persona e del numero del soggetto, cioè
l’essere o la cosa che compie o subisce l’azione a cui si riferisce la situazione espressa dal
verbo stesso. Per quanto riguarda il numero, il verbo distingue il numero singolare (io, tu,
egli/esso/essa) e quello plurale (noi, voi, essi/esse), che dipende dal soggetto se è singolare
(un solo soggetto) o plurale (più soggetti). Parlando di persona, il verbo conosce tre forme: la
prima, la seconda e la terza persona. La prima persona indica ‘il soggetto che è l’emittente
del messaggio’. 11 Si usa la seconda persona quando ‘il soggetto è il destinatario’. 12 E la
terza persona si usa quando ‘il soggetto è ciò/colui di cui si parla’. 13 Nei suoi diversi tempi e
modi, quindi, il verbo italiano presenta sei diverse desinenze che corrispondono alle sei
persone (tre singolari e tre plurali) che possono avere funzione di soggetto. 14
Riassumendo questi dati in una tabella, (per il verbo pensare, in olandese denken) si
otterrebbe quanto segue:
8
Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 242
Ivi, p. 242
10
Ivi, p. 246
11
Ivi, p. 253
12
Ibidem
13
Ibidem
14
Ivi, p. 254
9
7
Tabella 1: la costruzione italiana del verbo con le 6 diverse desinenze
che corrispondono alle 6 persone
Numero
Persona
Radice
Desinenza
Singolare
1ª (io)
pens-
-o
2ª (tu)
pens-
-i
3ª (egli)
pens-
-a
1ª (noi)
pens-
-iamo
2ª (voi)
pens-
-ate
3ª (essi)
pens-
-ano
Plurale
Tabella 2: la costruzione olandese del verbo con le diverse desinenze
che corrispondono alle 6 persone
Numero
Persona
Radice
Singolare
1ª (ik)
denk-
2ª (jij)
denk-
-t
3ª (hij)
denk-
-t
1ª (wij)
denk-
-en
2ª (jullie)
denk-
-en
3ª (zij)
denk-
-en
Plurale
Desinenza
Comparando le due tabelle vediamo che in italiano ogni persona, sia singolare che plurale,
conosce una differente desinenza, mentre in olandese tutte le persone del plurale hanno la
stessa desinenza e esistono solo due desinenze uguali nel singolare; la prima persona
singolare non presenta alcuna desinenza e consiste nella radice stessa. Si può dire, quindi,
che l’italiano sotto questo aspetto è più complicato dell’olandese.
1.1.4. Il tempo
Per quel che riguarda il tempo possiamo distinguere tre dimensioni fondamentali: presente,
passato e futuro. Esse sono espresse in tutti i paradigmi indipendentemente dal modo.
Anche il congiuntivo, il condizionale, l’infinito e il gerundio hanno un passato; l’unico modo
che non ammette il passato, per evidenti ragioni di ordine logico-semantico, è l’imperativo. 15
Il presente costituisce la categoria centrale e indica coincidenza e simultaneità di un evento
rispetto al momento della enunciazione. Fra gli usi deittici del presente è notevole la
possibilità che si ha, con alcuni verbi trasformativi, di fare riferimento a un passato recente
oppure di esprimere posteriorità rispetto al momento della enunciazione: in tal caso il
15
Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, In A. Giacalone Ramat (a cura di), Verso l’italiano. Percorsi e
strategie di acquisizione, Roma, Carocci, 2003, p. 75
8
presente può essere usato al posto del futuro (ad. es. Stasera sono da te a cena; tra un
anno lascio l’Italia e mi trasferisco in Olanda). 16
Il passato si riferisce a eventi precedenti il momento della enunciazione (anteriorità): in base
all’aspetto, si distingue un passato imperfettivo da un passato perfettivo. Il primo è
rappresentato dall’imperfetto, il secondo dal passato prossimo e dal passato remoto. 17 Nel
paragrafo 1.2. entreremo più nel dettaglio su questa differenza, dato che essa riveste una
parte importante della nostra indagine.
Il futuro indica la posteriorità, ovvero un fatto che, nel momento in cui si parla o si scrive,
deve ancora avvenire o giungere a compimento. 18 Per la nostra indagine è interessante
osservare come in italiano la formula fissa per esprimere il dubbio è resa mediante la 3ª
persona singolare del futuro del verbo essere (sarà). 19 Il fatto che l’apprendente usi questa
specifica forma, non vuol dire per forza che sappia usare il futuro, dato che essa è una forma
che viene usata frequentemente nella lingua italiana, quindi la possibilità che l’apprendente
l’abbia sentita è maggiore rispetto alle altre forme verbali. Può darsi che l’apprendente la usi
senza sapere precisamente come sia effettivamente costituita la struttura del futuro.
L’olandese conosce una divisione simile dei tempi fondamentali. In totale esistono 8 tempi
diversi, tutti da classificare in presente (2 tempi), passato (2 tempi) e futuro (4 tempi). 20
1.1.5. Il modo verbale
In italiano esistono sette modi verbali: quattro modi finiti (l’indicativo, il congiuntivo, il
condizionale e l’imperativo), e tre modi indefiniti (l’infinito, il participio, il gerundio).
I modi finiti si chiamano così, perché ‘sono definiti in rapporto alla persona-soggetto, cioè
presentano desinenze differenziate che permettono di individuare (di “definire”) le varie
persone che possono avere funzione di soggetto’. 21 Quelli indefiniti sono detti così, perché
‘sono non definiti rispetto alla persona-soggetto, cioè hanno desinenze che si modificano in
base al tempo dell’azione, ma mai in base alla persona e, solo in taluni casi, in base al
genere e al numero’. 22
In questa indagine analizzeremo sia i modi finiti che i modi indefiniti come indicato nella
tabella 3.
16
Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, cit., p. 75
Ivi, p. 76
18
Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 265
19
Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, cit., p. 77
20
http://nl.wikipedia.org/wiki/Tempus
21
Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 256
22
Ivi, p. 257
17
9
Tabella 3: Quadro generale dei modi e dei tempi del verbo 23
TEMPI
INDEFINITI
FINITI
MODI
PRESENTE
PASSATO
FUTURO
Indicativo
presente
futuro semplice
imperfetto
futuro anteriore
passato prossimo
passato remoto
trapassato prossimo
trapassato remoto
Congiuntivo
presente
imperfetto
passato
trapassato
Condizionale
presente
passato
Imperativo
presente
Infinito
presente
passato
Participio
presente
passato
Gerundio
presente
passato
L’olandese, al contrario dell’italiano, conosce dieci modi, di cui quattro sono fondamentali,
cioè l’indicativo, l’infinito, l’imperativo e il congiuntivo. 24 Il congiuntivo in olandese, però, non
viene quasi mai usato, al contrario dell’italiano in cui il congiuntivo è molto importante e viene
usato spesso, e soltanto nella frase principale e nelle espressioni fisse (ad. es. ‘Het zij zo’,
‘lang leve de koningin!’, ‘uw wil geschiede’). In olandese per indicare il congiuntivo si usa la
terza persona singolare, che spesso è uguale all’infinito meno la -n (ad. es. ware het dat).
Soltanto con il verbo essere è possibile usare il passato (ad. es. was het maar zo), oppure
con il verbo ausiliare zullen (ad. es. ik zou het niet doen). 25
Le conseguenze di questo tempo verbale sull’apprendimento saranno trattate nel prossimo
capitolo, paragrafo 2.4.2., in cui tratteremo più nel dettaglio la modalità.
1.2. L’aspetto verbale
‘L'aspetto verbale è la proprietà che definisce la durata nel tempo di un'azione. Si distingue
perciò essenzialmente l'aspetto perfettivo e quello imperfettivo’. 26 L’aspetto è, quindi, la
categoria del verbo che segnala come viene presentato lo svolgersi di un evento.
23
Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 257
http://nl.wikipedia.org/wiki/Modus_(taalkunde)
25
http://nl.wikipedia.org/wiki/Aanvoegende_wijs
26
http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale
24
10
L'aspetto perfettivo descrive azioni o situazioni che sono delimitate nel tempo, cioè vengono
presentate interamente, dall’inizio alla fine. L'aspetto imperfettivo, invece, descrive azioni o
situazioni che non specificano la durata, o durano a lungo o si ripetono nel tempo. In altre
parole, vengono presentate quando si stanno ancora sviluppando. 27
L'aspetto, nel campo della linguistica, è una delle principali categorie semantiche che
compongono il sistema di coniugazione verbale (assieme a modo, tempo e azione). Accanto
a queste tre categorie, vi sono anche la diatesi (attiva versus passiva), la persona, il numero
ed il genere. 28
Già in latino ci si limitava a contrapporre l' imperfectum (non compiuto) al perfectum (azione
compiuta). Di conseguenza le lingue neolatine come l'italiano o il francese hanno sviluppato
tempi verbali imperfettivi (come l' imperfetto) e perfettivi (come il passato prossimo o passato
remoto). In italiano gli unici tempi verbali che suggeriscono un'idea di aspettualità sono il
passato prossimo e l'imperfetto (perfettivo e imperfettivo). Il futuro è l'unico tempo che non
esprime l'aspetto verbale, ma soltanto la nozione temporale di posteriorità.
Anche il greco antico distingue l’imperfectum e il perfectum, tramite l’uso dell’aorista. Le
lingue germaniche, come l’olandese, non conoscono le forme diverse per esprimere questa
differenza, per questo sarà probabilmente difficile per gli apprendenti L2 impararla. Per
indagare se gli apprendenti L2 hanno appreso l’uso di questi due tempi verbali, abbiamo
sviluppato uno specifico compito scritto che richiede sia l’uso dell’imperfetto che del passato
prossimo. Questo perché appare una delle principali difficoltà nell’apprendimento del sistema
verbale italiano per gli apprendenti L2. I risultati di questo test verranno esposti nel quinto
capitolo.
1.3. Conclusione
Riassumendo è possibile affermare che il sistema verbale italiano differisce da quello
olandese su vari punti, soprattutto per quanto riguarda il genere, in olandese non esiste
l’accordo con il verbo mentre in italiano sì; la persona e il numero, il sistema verbale italiano
è più complicato perché conosce più desinenze diverse; e il modo, in olandese il congiuntivo
viene poco usato e soltanto nella frase principale o le espressioni fisse, mentre in italiano il
congiuntivo occupa un posto importante nella grammatica quotidiana.
Potremmo aspettarci gli errori più frequenti su questi punti di differenza fra ambedue i
sistemi, ma le differenze fra la lingua materna e la seconda lingua non sono
necessariamente fonte di difficoltà nel processo di apprendimento. La madrelingua potrebbe
27
28
René Appel, Taal en Taalwetenschap, cit., p. 175
http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale
11
avere anche il ruolo positivo nell’acquisizione della L2, in questo caso si parla di “transfer
positivi”. 29
Da certi studi è emerso che tutti gli apprendenti fanno ricorso alla loro prima lingua quando
ne apprendono una nuova e di questo sono ben consapevoli (Bartelt 1977). Secondo
Selinker, una simile strategia ha un’importanza maggiore di quanto solitamente si ammetta:
“i dati disponibili avvalorano l’idea che la lingua materna abbia principalmente un ruolo
facilitativo nel creare l’interlingua, qualora l’apprendente percepisca, mediante delle
identificazioni interlinguistiche, una corrispondenza tra qualche proprietà della lingua
materna e della lingua d’arrivo” (1992, p.172). Però, si dice spesso che lingue più ‘simili’ alla
propria sono più facili da apprendere: per un italiano sarà più facile imparare lo spagnolo o il
francese che non il norvegese, il russo o il giapponese. Infatti, relativamente agli apprendenti
dell’italiano L2, è stato osservato che i parlanti di lingue tipologicamente affini, come lo
spagnolo o il francese, procedono più speditamente di altri che parlano lingue europee non
del ceppo romanzo (come il tedesco) (Berretta 1991; Schmid 1994; Valentini 1992). 30
Dato che la nostra tesi si basa su un gruppo di studenti olandesi, una lingua non del ceppo
romanzo, possiamo aspettarci più difficoltà nell’apprendimento del sistema verbale italiano e
probabilmente nei punti dove il sistema verbale italiano e quello olandese differiscono.
Questa considerazione sarà valutata successivamente nel capitolo 5, in cui verranno esposti
i risultati degli apprendenti L2.
29
30
Con ‘transfer’ si intende l’influenza della lingua materna.
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 64-65
12
2. Il processo dell’apprendimento di una seconda lingua
Premessa
In questo capitolo ci concentreremo sul percorso di apprendimento dell’italiano L2, perché
l’apprendimento di una seconda lingua viene influenzato da tanti fattori diversi. Cominceremo
il capitolo (paragrafo 2.1.) definendo due differenti termini, acquisizione e apprendimento. Il
successivo paragrafo (2.2.) sarà dedicato ai fattori generali che influenzano l’apprendimento,
come per esempio l’età e la motivazione degli apprendenti, fattori che possono chiarire il
motivo per cui certi parlanti apprendono la seconda lingua meglio e più velocemente di altri.
La seconda parte del capitolo (paragrafi 2.3.-2.4.) sarà più specifica sugli aspetti che
determinano il processo dell’apprendimento. Ci focalizzeremo, quindi, sullo studio degli
errori, sull’interlingua e sulle due principali aree della grammaticalizzazione, cioè la
temporalità e la modalità.
2.1. Differenza fra acquisizione e apprendimento
Esistono due modi essenzialmente diversi per imparare una seconda lingua: l’acquisizione
(acquisition) e l’apprendimento (learning). La differenza fra i due modi è data principalmente
dal modo o dall’ambiente in cui questa viene imparata. L’apprendimento è un processo
conscio, esplicitamente rivolto alla forma linguistica. Si apprende una lingua, ad esempio,
quando si usa un libro di grammatica imparando una lingua o quando si segue un corso
linguistico. Si fa, quindi, consciamente la scelta di imparare una lingua. Si parla di
acquisizione, invece, quando si impara la lingua in modo spontaneo, inconscio, senza
prestarvi attenzione. Un esempio chiaro di acquisizione di una lingua si vede nei bambini,
che non imparano una lingua tramite le regole e i libri, ma in modo spontaneo. 31 (Krashen
1994)
Il rapporto fra acquisizione e apprendimento è per Krashen 32 univoco, nel senso che si può
passare dall’acquisizione all’apprendimento, ma non è possibile il passaggio contrario. 33
Per la nostra indagine parliamo, quindi, di apprendimento, dato che i partecipanti della
ricerca imparano l’italiano in un contesto guidato, quindi in modo conscio, ed in un contesto
scolastico, cioè all’Università.
Come abbiamo detto prima Krashen distingue fra apprendere (processo conscio/esplicito) e
acquisire (processo inconscio/implicito) una lingua. In base a questa differenza ha elaborato
31
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 191
Krashen ha fatto un’ipotesi su come l’uomo impara una lingua, che si chiama SLAT (Second Language
Acquisition Theory).
33
Maria Cecilia Luise, Italiano come seconda lingua: elementi di didattica, Torino, Utet, 2006, p. 85
32
13
la non-interface ipotesi. L’obiettivo dell’apprendente L2 alla fine è farsi capire senza dover
pensare in che modo vuole esprimersi. In altre parole, si tratta di acquisire tanta conoscenza
implicita di una lingua. 34 Per Krashen, l’unico vero modo in cui si può far progredire
l’acquisizione di questa conoscenza consiste nell’esposizione all’input 35 comprensibile.
Ricevere una grande quantità di messaggi comprensibili, anche ad un livello un po’ più
avanzato di quello che l’apprendente raggiunge nelle sue espressioni, consente
l’acquisizione (inconsapevole) di nuove strutture della L2. 36
In poche parole, l’acquisizione avviene durante la comunicazione, quando lo studente viene
esposto ad un input comprensibile e l’attenzione si concentra sul messaggio, mentre
l’apprendimento ha luogo quando l’attenzione è focalizzata sulle forme linguistiche, cioè
durante le spiegazioni e gli esercizi che hanno come oggetto la grammatica (Krashen
1981). 37
Per questo, secondo Krashen, l’attenzione per la grammatica non è importante per
l’apprendimento di una seconda lingua. Imparare non porta ad apprendere. 38
Per la demarcazione fra apprendere e acquisire la non-interface ipotesi predice che
l’insegnamento della grammatica non ha influenza sull’ordine in cui le strutture di una
seconda lingua vengono apprese, né sulla velocità del processo dell’apprendimento di una
seconda lingua, né sul livello finale che viene raggiunto. 39
L’insegnamento esplicito delle regole grammaticali, che genera apprendimento, ha per
Krashen quindi un ruolo marginale in quanto la conoscenza consapevole di una regola non
ha alcun rapporto con la capacità di usarla nella comunicazione spontanea, determinata solo
dall’acquisizione. La funzione principale che Krashen riconosce a tale conoscenza è quella di
monitor, cioè di controllo della produzione. 40
Dall’altra parte ci sono tanti autori che sostengono che processi controllati, basati sulla
conoscenza consapevole delle forme linguistiche, possono diventare automatici con la
pratica. Sherewood-Smith ha elaborato un modello che spiega come la conoscenza appresa
possa trasformarsi in conoscenza acquisita con la pratica (Giunchi 1990). 41
34
Folkert Kuiken e Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in
tweede- en vreemde-taalonderwijs, Amsterdam, Meulenhoff, 1995, p. 41
35
Cfr. Pallotti, op cit., p. 151, L’input è il materiale linguistico di cui è circondato l’apprendente: tutto ciò che
viene detto rivolgendosi a lui, tutto ciò che viene pronunciato in sua presenza, tutto ciò che incontra scritto nella
L2.
36
Gabrielle Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 193
37
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, p. 102
38
Folkert Kuiken e Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in
tweede- en vreemde-taalonderwijs, cit., p. 41
39
Ibidem
40
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p.
102
41
Ibidem
14
Questo viene chiamato l’interface ipotesi (Rutherford & Sharwood-Smith 1988). Nonostante
la demarcazione fra apprendere e acquisire la conoscenza esplicita possa influenzare
l’apprendimento della conoscenza implicita in modo indiretto. Vuol dire che quando
l’apprendente si concentra su un certo aspetto della lingua, si rende conto della correttezza o
meno della sua produzione linguistica. L’interface ipotesi predice, al contrario della noninterface ipotesi, che l’insegnamento della grammatica è importante per il processo
dell’apprendimento di una seconda lingua. 42
Queste due ipotesi risultano legate al nostro studio, in quanto meglio specificano il concetto
dell’apprendimento di una seconda lingua. Al nostro avviso queste due ipotesi non
dovrebbero escludersi l’una con l’altra, ma dovrebbero essere viste come successive.
All’inizio dell’apprendimento di una seconda lingua è molto importante imparare le basi
grammaticali della lingua (l’interface ipotesi). Una volta acquisite in pieno le basi della
grammatica allora si potrà dedicare all’apprendimento più inconscio per meglio capire,
interpretare ed imparare anche le più piccole sfaccettature della lingua, come per esempio
quei modi di dire quelle frasi tipiche che non sono riportate sui libri ma che possono essere
apprese solo stando a stretto contatto con i parlanti nativi (non-interface ipotesi).
2.2. Fattori generali che influenzano l’apprendimento
L’apprendimento può avvenire in età e situazioni diverse e con motivazioni differenti. Si può
apprendere una lingua, ad esempio, subito dopo la nascita, da adolescenti oppure da adulti,
in ambito scolastico o accademico, durante una lunga permanenza all’estero, attraverso
corsi di lingua, per ragioni di lavoro, per piacere o per necessità.
Nei paragrafi 2.2.1.-2.2.3. tratteremo i fattori generali più importanti che influenzano
l’apprendimento in maniera più dettagliata, anche se non li abbiamo esplicitamente presi in
considerazione per quanto riguarda la nostra ricerca, per capire perché certi parlanti
apprendono la seconda lingua meglio e più velocemente di altri.
2.2.1. Età
Tutti i partecipanti della presente ricerca sono adulti, l’età minima è 18 anni. Questo potrebbe
significare che l’età potrebbe costituire un ostacolo in base agli studi linguistici che affermano
che c’è una maggiore facilità ad apprendere le lingue fino agli 8 anni (Johnson e Newport
1989). Fino agli 8 anni si ha una maggiore probabilità di avvicinarsi alla competenza dei
nativi, perché dopo tale periodo inizia il periodo ‘critico’, in cui il processo di apprendimento
risulta sempre più faticoso. 43 Questo aspetto sulle criticità dell’apprendimento in relazione ai
42
Folkert Kuiken, Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in
tweede- en vreemde-taalonderwijs, cit., p. 42
43
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 200
15
tempi in cui avviene sono state analizzate anche da Seliger (1978), che ha suggerito
l’esistenza di diversi periodi critici:
la fonologia pare essere l’area più sensibile all’età, per cui già a partire dai sei anni si assiste in molti individui a
un decadimento delle potenzialità di apprendimento ‘senza accento’, che diventa una quasi impossibilità dopo i
12 anni; la morfologia e la sintassi paiono essere acquisibili in modo paragonabile ai nativi fino a un periodo
leggermente superiore; il lessico, invece, può venire appreso facilmente a qualunque età.
Secondo Seliger, quindi, non è possibile fare un discorso globale che colleghi l’età a tutti gli
aspetti ed a tutte le abilità dell’apprendimento linguistico, ma bisogna fare una distinzione fra
le diverse aree della lingua. Studi successivi hanno dimostrato che non si può individuare un
unico periodo critico per l’apprendimento di una seconda lingua, ma sono riscontrabili più
periodi sensibili, in relazione a diverse aree della lingua (Pulvermüller-Schumann 1994;
Singleton-Lengyel 1995). La fonologia rappresenta il livello maggiormente sensibile, per cui
l’età puberale costituirebbe una soglia temporale dopo la quale risulta difficile acquisire la
pronuncia nativa di una seconda lingua. In alcuni individui, già verso i 6 anni si verifica una
riduzione della capacità di apprendimento della fonologia, che si incrementa poi nel tempo.
Per la morfologia e la sintassi il periodo sensibile si presenta più tardi, ma sempre
nell’adolescenza. Il lessico e la pragmatica costituiscono invece aree che non conoscono
periodi sensibili connessi all’età, in quanto l’apprendimento di unità lessicali e di aspetti
pragmatici del linguaggio può continuare per tutto l’arco della vita. 44
In termini generali i più giovani sembrano favoriti nell’acquisizione della pronuncia e
dell’intonazione, nonostante siano gli adolescenti ad ottenere risultati migliori nella scelta
lessicale e nella costruzione frasale (Snow e Hoefnagel-Höhle 1978). 45
Per quel che riguarda la nostra ricerca gli apprendenti non sono più adolescenti, quindi
imparano una seconda lingua senza i vantaggi portati dalla giovane età. Non è impossibile
però; ci vuole solo più fatica, autodisciplina e soprattutto motivazione.
2.2.2. Motivazione
Con
motivazione
intendiamo
l’impegno
e
lo
sforzo
con
cui
l’individuo
affronta
l’apprendimento di una seconda lingua. Questo appare molto importante per l’avanzamento
dell’apprendimento. Ogni apprendente ha i suoi motivi che lo spingono ad imparare una
seconda lingua. Questi motivi possono essere raggruppati in tre categorie principali 46 : motivi
strumentali (“motivazione basata sui bisogni”, Balboni 1994); motivi integrativi, per meglio
44
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, pp. 109110
45
Maria Teresa Sanniti di Baja, L1 e L2; ipotesi e apprendimento, Napoli, Liguori, 2000, p. 110
46
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 212
16
integrarsi nella comunità dei suoi parlanti; motivi intrinseci (“motivazione basata sul piacere”,
Balboni 1994).
Un apprendente che abbia motivi molto validi (ad. es. motivi professionali) per imparare la
seconda lingua sarà probabilmente più motivato di uno che ne abbia pochi e deboli. 47 E
quando una persona è motivata impara di solito più velocemente.
Gli apprendenti del nostro studio sono in generale motivati, anche se non abbiamo indagato
questo aspetto nel dettaglio, e quindi non è considerato ai fini di questa tesi.
2.2.3. Personalità
Anche la personalità dell’individuo può influenzare l’apprendimento di una lingua. Sono stati
svolti vari studi che hanno dimostrato questa influenza. Un apprendente che ha, ad esempio,
tanta autostima, avrà anche buoni risultati nell’apprendimento della seconda lingua. Questo
vale anche per le persone estroverse che, rispetto alle persone introverse, non avranno
paura di cercare contatti con parlanti nativi, parteciperanno più facilmente alle conversazioni,
non avranno paura di sbagliare, quindi rischieranno nel formulare ipotesi linguistiche, ecc. 48
Per questo le persone estroverse hanno più successo nelle attività orali dove è richiesta una
maggiore sicurezza di sé. Gli introversi, invece, sono quelli che solitamente ottengono
migliori risultati nei compiti scritti che richiedono analisi e concentrazione. 49
Se rapportiamo questi tre fattori, età, personalità e motivazione, agli apprendenti olandesi
che hanno partecipato alla presente ricerca possiamo dire che essi hanno appreso l’italiano
L2 fuori dall’Italia, in un ambito scolastico, attraverso corsi a livello universitario, e in generale
sono studenti motivati anche se non l’abbiamo indagato esplicitamente di età compresa tra
18 e 45 anni.
Riassumendo, l’apprendimento di una seconda lingua è un processo individuale che dipende
da tanti fattori che sono diversi per ogni apprendente. La nostra analisi si focalizza sui
risultati dell’intero gruppo, senza prendere in considerazione i fattori generali che influenzano
l’apprendimento. In un’eventuale indagine successiva sarebbe interessante prendere un
gruppo più piccolo ed analizzare i risultati dei test per ogni singolo apprendente rispetto
all’influsso di fattori che ruotano intorno all’apprendente, come l’età, la personalità, i motivi
per imparare la lingua, ecc.
Adesso inizieremo la seconda parte del capitolo, che sarà più specifica sugli aspetti che
determinano il processo di apprendimento.
47
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 215
Ivi, p. 223
49
Ivi, pp. 223-224
48
17
2.3. L’interlingua e l’errore linguistico
Il termine “interlingua” 50 è stato introdotto da Larry Selinker (1972) per designare la
competenza parziale e transitoria di chi apprende una L2. 51 Secondo Selinker “non si può
evitare di riconoscere l’esistenza di un’interlingua, la quale deve essere descritta come un
sistema e non come una collezione isolata di errori”. 52 Non si può dire, quindi, che
l’interlingua sia semplicemente una lingua che sta a metà tra la prima e la seconda lingua,
anzi, è un sistema linguistico in formazione con il quale un apprendente cerca di avvicinarsi il
più possibile alla seconda lingua. 53 Questo sistema ha i suoi vari stadi, le sue regole che
portano l’interlingua a divenire sempre più complessa e, si spera il più simile possibile alla
lingua parlata e scritta dai nativi. In altre parole, il processo di apprendimento è una graduale
complessificazione dell’interlingua. L’instabilità dell’interlingua è ritenuta una caratteristica
essenziale, senza la quale non ci sarebbe sviluppo della competenza (Ellis 1994). 54
L’interlingua, però, è parzialmente indipendente dalla lingua materna. Ogni apprendente usa
il proprio sistema cognitivo per acquisire e processare nuovi dati, cioè nuove informazioni
nella forma di nuove parole, regole, ecc., per allargare ovvero complicare la sua interlingua.
L’apprendente produce frasi che possono contenere degli errori, delle forme devianti; esse
però vengono interpretate, dal punto di vista dell’interlingua, come dei tentativi sistematici da
parte di un apprendente di ricostruzione del sistema della seconda lingua. Di solito si cerca
di evitare gli errori, nella L1 essi non sono perfino tollerati. Nell’interlingua, però, gli errori
hanno un ruolo importante, perché l’apprendente li correggerà soltanto quando è pronto ad
apprendere le correzioni, quindi quando si trova nello stadio adeguato. ‘Il concetto di errore
si distacca quindi da quello di correzione e si allea con quello di apprendimento.’ 55
L’analisi degli errori si rivela cruciale nell’ipotesi dell’interlingua, perché gli errori danno
informazioni relative agli stadi di sviluppo della grammatica e alle strategie adottate da chi
apprende. 56 In altre parole, grazie agli errori, che rivelano una natura sistematica, è possibile
studiare il processo di apprendimento e capire come facilitare lo sviluppo dell’interlingua. La
maggior parte degli errori è attribuibile a forme di semplificazione da parte di chi apprende,
che cerca di gestire un processo di cui non ha ancora acquisito padronanza. 57
Gli errori sono necessari, quindi, perché segnalano l’evolversi del processo di apprendimento
in corso. Però, questo processo viene spesso definito soltanto in termini di accuratezza,
50
Cfr. Pallotti, op. cit., Il termine “interlingua” si riferisce alla varietà di lingua parlata da un apprendente: si
tratta di un vero e proprio sistema linguistico, caratterizzato da regole che in parte coincidono con quelle della
L2, in parte sono riconducibili alla L1 e in parte sono indipendenti da entrambe.
51
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuele di didattica dell’italiano L2, cit., p. 96
52
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 21
53
Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene, Edilingua, 2004, p. 60
54
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p. 99
55
Maria Teresa Sanniti di Baja, L1 e L2; ipotesi e apprendimento, cit., p. 98
56
Ivi, p. 97
57
Ivi, p. 98
18
ovvero verso gli errori come ad esempio tanti studi sull’acquisizione di una seconda lingua
(SLA) che misurano il processo dell’apprendimento verso il numero degli errori / t-unit oppure
il numero degli errori / 100 parole (Wolfe-Quintero, Inagaki e Kim 1998). E anche il QCER
formula l’accuratezza grammaticale tramite il numero degli errori. Si legge ad esempio:
“continua sistematicamente a fare errori di base (A2); Nonostante gli errori, ciò che cerca di
esprimere è chiaro (B1); Non fa errori che possano provocare fraintendimenti (B2); gli errori
sono rari e poco evidenti (C1)”.
Questo non è un approccio sbagliato, però l’accuratezza non è l’indicatore dell’intero
processo di apprendimento. In altre parole, la crescita al livello di accuratezza e lo sviluppo
dell’apprendimento non sono la stessa cosa. 58
Per questo noi ci concentriamo in questa tesi su ambedue questi aspetti dell’apprendimento
del sistema verbale, invece di basarci soltanto sugli errori, visto che per poter creare
un’immagine completa di questo apprendimento bisogna anche vedere lo sviluppo del
sistema verbale, ovvero la complessità.
2.4. Grammaticalizzazione
In Italia sono state svolte molte ricerche sulle sequenze acquisizionali degli apprendenti
dell’italiano L2, che hanno portato ad individuare dei percorsi di acquisizione comuni. 59
Nell’ottica della grammaticalizzazione acquisizionale, il compito dell’apprendente è quello di
scoprire quali forme grammaticali possano servire ad esprimere certe distinzioni semantiche
e cognitive della L2 (Dittmar 1993; Giacalone Ramat 1992, 1993, 1995; Rutherford 1987;
Skiba e Dittmar 1992). 60 La maggior parte degli studi sulla grammaticalizzazione riguarda
l’acquisizione della modalità e temporalità nella L2 (Banfi, 1995; Bernini, 1995; Berretta
1995; Dittmar e Ahrenholz 1995). 61 Per questo motivo tratteremo in questo paragrafo in
maniera più dettagliata la temporalità (2.4.1.) e la modalità (2.4.2.).
2.4.1. Temporalità
L’espressione di nozioni temporali ha un’importanza fondamentale per gli apprendenti ed è
stata oggetto di vari progetti di ricerca, soprattutto in ambito europeo (per rassegne cfr.
Bernini & Giacalone Ramat 1990; Bhardwaj, Dietrich & Noyau 1988; Klein 1994). Per quanto
riguarda l’italiano, è stata osservata una sequenza di apprendimento come la seguente: 62
58
Gabriele Pallotti (in stampa), Doing interlanguage analyses in teaching and testing contexts. In I. Bartning,
M., Martin & Vedder I. (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series
(Series Editor G. Pallotti), Vol. 1
59
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 49
60
Atie Blok-Boas, Costantino Maeder, Mauro Scorretti, Frase e testo, studi in onore di Vincenzo Lo Cascio,
Firenze, Cesati, 2001, p. 93
61
Ibidem
62
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 50
19
(infinito)
presente
(forma
basica)
>
participio
passato
>
imperfetto
>
futuro
>
condizionale/congiuntivo
Questa acquisizione della morfologia verbale è articolata in quattro stadi da Giacalone
Ramat (1993; 2003), i quali sono stati riformulati da Pallotti (2004) così:
Primo stadio. In questa fase il verbo viene prodotto in un’unica forma, ovvero la cosiddetta
forma basica, che corrisponde di solito alla radice verbale. Dal punto di vista morfologico tale
forma riflette spesso la terza persona singolare del presente indicativo, in alcuni casi la
seconda, o talvolta anche l’infinito della lingua d’arrivo.
Si potrebbe ipotizzare dunque che in questo primo stadio anche l’infinito possa
rappresentare una forma basica; in realtà il suo uso nel sistema iniziale dell’interlingua
sembra limitarsi per lo più all’espressione di nozioni non fattuali (ovvero in riferimento a
eventi non realmente accaduti) in contesti ipotetici e futuri, oppure compare più
frequentemente in parlanti di lingue tipologicamente molto distanti dall’italiano.
Secondo stadio. Questo stadio è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione
morfologica tra la forma base, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva,
che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo; quest’ultima viene espressa
con il suffiso -to del participio passato (ad esempio, lavora vs, lavorato).
Terzo stadio. In questa fase, che è già piuttosto avanzata, vi è la comparsa delle prime
forme di imperfetto e la distinzione morfologica nei verbi tra eventi a carattere puntuale ed
eventi a carattere durativo. Inizialmente l’imperfetto viene applicato a verbi che di per sé
esprimono un significato durativo o stativo (come ‘lavorare’, ‘studiare’, ‘essere’). La prima
forma di imperfetto a comparire nelle interlingue è di solito ero/era con funzione di copula, e
compaiono presto anche avere e potere.
Quarto stadio. Questo stadio, che copre uno spazio piuttosto vasto di varietà di interlingue
avanzate, è caratterizzato ‘dall’emergenza della distinzione tra fattualità e non fattualità,
come un fatto, e ciò che è presentato come possibile, ma di cui non si hanno prove certe,
oppure come ipotizzato o desiderato.’ (Giacalone Ramat 1993, p. 377).
Ciò avviene con la comparsa del futuro, del condizionale e del congiuntivo, in particolare in
apprendenti avanzati, solitamente soggetti colti, favoriti da un’istruzione esplicita delle regole
della lingua d’arrivo, o in parlanti di una lingua materna simile all’italiano. Il futuro appare con
un certo ritardo nelle interlingue e con scarsa frequenza, riflettendo probabilmente il fatto che
nella stessa lingua d’arrivo viene spesso sostituito dall’uso del presente; quando compare, è
spesso accompagnato da esitazioni e richieste di conferma.
20
Il condizionale talvolta compare piuttosto precocemente negli apprendenti, anche prima del
futuro, ma solitamente nelle sole forme vorrei e sarebbe, che rappresentano probabilmente
formule, forme lessicali memorizzate.
Infine, il congiuntivo, è l’ultima forma verbale ad essere appresa anche dagli apprendenti più
avanzati, presentando non poche incertezze ed esitazioni. Il congiuntivo risulta complesso,
perché esprime valori di modalità ipotetica, e, allo stesso tempo, una dipendenza sintattica
nella frase, comportando notoriamente difficoltà agli stessi nativi. 63
2.4.2. Modalità
Le osservazioni su condizionali e congiuntivi ci portano nell’ambito della modalità. Essi infatti
non sono dei tempi del verbo, ma dei modi: esprimono cioè il modo in cui il parlante si
rapporta a ciò che dice, secondo una modalità di dubbio, di ipotesi, di desiderio. L’insieme
delle nozioni modali è molto ampio e non si esaurisce con quelle espresse dai modi del
verbo: oltre a quelle appena viste, riguardanti il modo in cui il parlante si pone verso certe
proposizioni (e che vengono perciò dette epistemiche, aventi a che fare con la conoscenza),
esistono modalità che riguardano la libertà e gli obblighi (dette deontiche, del ‘dovere’) e
modalità che riguardano la volontà (dette dinamiche). I mezzi per esprimere la modalità sono
molti e nell’acquisizione della seconda lingua essi vengono appresi attraversando delle
sequenze regolari, nelle quali si possono riconoscere tre stadi: la modalità implicita, la
modalità lessicale e la modalità grammaticale. 64
I mezzi grammaticali per codificare la modalità appaiono piuttosto tardi: le forme specifiche
per questa funzione, quindi il condizionale ed il congiuntivo, sono acquisite in modo
produttivo solo dagli apprendenti avanzati. Alcuni condizionali emergono relativamente
presto, ma si tratta perlopiù di forme apprese in modo non analizzato come vorrei e sarebbe.
Il congiuntivo, che viene padroneggiato pienamente per ultimo, è particolarmente difficile per
almeno due ordini di ragioni: da un lato, implica un paradigma verbale complesso; dall’altro,
riveste due funzioni difficili da distinguere nell’input, quella di esprimere una dipendenza
sintattica e quella di indicare la modalità ipotetica. 65
Dato che gli apprendenti L2 di questa ricerca si trovano in uno stato non avanzato
dell’apprendimento della lingua ci aspetteremo, quindi, che essi non abbiano ancora appreso
in pieno il condizionale ed il congiuntivo. Questa considerazione sarà valutata
successivamente nel capitolo 5, in cui verranno esposti i risultati degli apprendenti L2.
63
Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, cfr. Pallotti, op. cit., p. 62-64
Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 52-53
65
Cfr. Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 54
64
21
In conclusione possiamo dire che, per la nostra ricerca, useremo i quattro stadi che
descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2, per definire l’uso del sistema
verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte degli apprendenti L2. Il nostro
obiettivo sarà determinare in quale stadio gli apprendenti L2 si trovano così da poter fare il
paragone con il loro livello di padronanza e con il livello dei parlanti nativi.
22
3. La ricerca CALC e il Quadro di Riferimento
Premessa
In questo capitolo tratteremo in maniera più dettagliata i due componenti fondamentali ai fini
della nostra tesi, cioè la ricerca CALC e il Quadro di Riferimento. La prima parte del capitolo
(paragrafo 3.1.) sarà dedicata alla ricerca CALC di cui fa parte questa tesi. Nel secondo
paragrafo (3.2.) passeremo al Quadro di Riferimento (QCER), che rappresenta una linea
guida impiegata per descrivere i risultati conseguiti da chi studia le lingue straniere in
Europa, e in più tratteremo i livelli e le competenze formulate dal Quadro.
3.1. CALC
Come abbiamo detto prima questa tesi fa parte di una ricerca più ampia chiamata CALC
(Communicative Adequacy and Linguistic Complexity), la quale non è basata soltanto
sull’apprendimento dell’italiano L2, ma anche di altre due lingue, cioè lo spagnolo L2 e
l’olandese L2. Questa ricerca di Folkert Kuiken e Ineke Vedder 66 ha come obiettivo l’esame
della relazione fra la competenza comunicativa e la competenza linguistica nei testi scritti da
tre gruppi di apprendenti L2, cioè dell’olandese, dell’italiano e dello spagnolo 67 . In particolare
viene studiata la relazione fra l’adeguatezza comunicativa e la complessità sintattica, la
variazione lessicale e l’accuratezza del testo. 68
I partecipanti della ricerca CALC sono rappresentati da 34 apprendenti dell’olandese L2 di
madrelingue diverse, 42 apprendenti dell’italiano L2 di madrelingua olandese, e 27
apprendenti dello spagnolo L2 di madrelingua olandese. Tutti i partecipanti erano studenti
universitari con un livello di padronanza della seconda lingua fra A2 a B2 in termini del
QCER. Nel prossimo paragrafo (3.2.) torneremo in maniera più dettagliata al QCER.
Oltre agli apprendenti L2, c’erano 22 parlanti nativi dell’italiano, 18 parlanti nativi
dell’olandese, e 10 parlanti nativi dello spagnolo, che avevano il ruolo del gruppo di controllo.
Tutti i partecipanti, quindi sia gli apprendenti L2 che i parlanti L1, hanno eseguito due compiti
scritti. Ogni compito scritto conteneva tre possibili temi tra cui scegliere, per arrivare a
formulare un consiglio argomentato sul tema trattato. Il primo compito aveva come oggetto la
66
Folkert Kuiken e Ineke Vedder sono due professori all’Università di Amsterdam. Alcune pubblicazioni:
Vedder, I. (2008), Competenza pragmatica e complessità sintattica in italiano L2: l’uso dei modificatori nelle
richieste. Linguistica e filologia 25, 99-124; Vedder, I. & Kuiken, F. (2008) Cognitive task complexity and
written output in Italian and French as a foreign language. Journal Second Language Writing 17/1, 48-60;
Vedder, I. & Kuiken, F. (2006) Scrivere in italiano L2; Gli effetti della complessità cognitiva del compito sulla
complessità sintattica e lessicale del testo. In: B. Van den Bossche, M. Bastiaensen, C. Salvadori Lonergan & S.
Widlak (eds) Italia e europa; Dalla cultura nazionale all'interculturalismo. Firenze, Cesati, 267-276.
67
La ricerca viene eseguita in collaborazione con Roger Gilabert (Università di Barcellona).
68
Kuiken, F., Vedder, I. & Gilabert, R. (in stampa), Communicative adequacy and linguistic complexity in L2
writing in relation to CEFR scales and levels. In I. Bartning, M., Martin & Vedder I. (editors), Second language
acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1
23
sponsorizzazione di un’organizzazione di beneficenza, per la quale l’apprendente doveva
scegliere fra tre organizzazioni, il secondo compito riguardava la ricerca di un tema adeguato
per la prima pagina del loro giornale preferito, e anche in questo caso l’apprendente poteva
scegliere fra tre temi possibili. (I due compiti scritti si trovano negli allegati 2 e 3).
Ambedue i compiti scritti hanno avuto come risultato un insieme di circa 210 testi degli
apprendenti L2 e 60 dei parlanti L1. Oltre a questi due compiti scritti, tutti i partecipanti hanno
fatto un test C 69 e un test Dialang 70 , che sono stati sottoposti ai partecipanti per avere
un’idea del loro livello di padronanza linguistica. Nel capitolo 4 spiegheremo in che cosa
consistono questi test e quale funzione hanno all’interno di questo lavoro.
3.2. QCER
In quasi tutta l’Europa il QCER, Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza
delle Lingue, forma la base dell’insegnamento e dell’investigazione dell’apprendimento di
una seconda lingua. Il QCER distingue tre ampie fasce di competenza ripartite a loro volta in
due livelli ciascuna per un totale di sei livelli complessivi e descrive ciò che un individuo è in
grado di fare in dettaglio a ciascun livello nei diversi ambiti di competenza. 71
Il QCER è stato messo a punto dal Consiglio d’Europa come parte principale del progetto
Language Learning for European Citizenship (apprendimento delle lingue per la cittadinanza
europea) tra il 1989 e il 1996. Il suo scopo principale è fornire un metodo - per accertare le
conoscenze e trasmetterle - che si applichi a tutte le lingue d’Europa.
I sei livelli di riferimento in cui il QCER si articola (A1, A2, B1, B2, C1 e C2) sono sempre più
diffusamente accettati come standard per valutare il livello di competenza linguistica
individuale; gran parte degli enti certificatori delle varie lingue europee stanno ormai
completando il passaggio alle nuove denominazioni dei livelli di conoscenza linguistica per le
certificazioni da essi rilasciate o, in alternativa, forniscono tabelle di conversione tra le
denominazione dei propri livelli e quelle standard del Quadro Comune di Riferimento
Europeo.
3.2.1. Livelli
Il QCER distingue tre ampie fasce di competenza: A (livello elementare), B (livello
intermedio) e C (livello avanzato). Sono ripartite a loro volta in due livelli ciascuna per un
totale di sei livelli complessivi (A1 contatto, A2 sopravvivenza, B1 soglia, B2 progresso, C1
efficacia e C2 padronanza), e descrive ciò che un individuo è in grado di fare in dettaglio a
69
Il C-test è un test che contiene parole incomplete che l’apprendente deve completare.
Il test Dialang è un test diagnostico per fornire agli apprendenti L2 informazioni sul loro livello e
sull’apprendimento della lingua.
71
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p.
137
70
24
ciascun livello nei diversi ambiti di competenza: comprensione scritta (comprensione di
elaborati scritti), comprensione orale (comprensione della lingua parlata), produzione scritta
e produzione orale (abilità nella comunicazione scritta e orale). 72
Il QCER descrive la competenza linguistica attraverso una serie di scale, che descrivono ed
illustrano cosa l’apprendente sa fare con la lingua (Can-do statements), accompagnate da
introduzioni che forniscono utili informazioni su elementi rilevanti nell’insegnamento,
nell’apprendimento e nella valutazione delle lingue.
L’approccio di fondo che caratterizza il QCER è l’orientamento all’azione. La competenza,
pertanto, viene formulata con la descrizione di cosa l’apprendente è in grado di fare nello
svolgimento di un compito comunicativo, in un determinato contesto, utilizzando un certo
repertorio di risorse linguistiche. Il documento permette di descrivere la competenza
dell’apprendente secondo due dimensioni: una verticale, data dalle scale globali, e una
orizzontale, costituita dai parametri per le attività comunicative e la competenza linguisticocomunicativa (QCER, capitoli 4 e 5). 73
Per ciascuno dei sei livelli sono disponibili i descrittori delle singole competenze e abilità.
Vediamo ora i descrittori globali della competenza: 74
Livelli comuni di riferimento: produzione scritta 75
A1 Riesce a scrivere una breve e semplice cartolina, per esempio per mandare i saluti dalle
vacanze. Riesce a compilare moduli con dati personali scrivendo per esempio il suo
nome, la nazionalità e l’indirizzo sulla scheda di registrazione di un albergo.
A2 Riesce a prendere semplici appunti e a scrivere brevi messaggi su argomenti riguardanti
bisogni immediati. Riesce a scrivere una lettera personale molto semplice, per esempio
per ringraziare qualcuno.
B1 Riesce a scrivere testi semplici e coerenti su argomenti a lei noti o di suo interesse.
Riesce a scrivere lettere personali esponendo esperienze e impressioni.
B2 Riesce a scrivere testi chiari e articolati su un’ampia gamma di argomenti che lo
interessano. Riesce a scrivere saggi e relazioni, fornendo informazioni e ragioni a favore
o contro una determinata opinione. Riesce a scrivere lettere mettendo in evidenza il
significato che attribuisce personalmente agli avvenimenti e alle esperienze.
C1 Riesce a scrivere testi chiari e ben strutturati sviluppando analiticamente il suo punto di
vista. Riesce a scrivere lettere, saggi e relazioni esponendo argomenti complessi,
72
http://it.wikipedia.org/wiki/CEFR
S. Ferrari, E. Nuzzo, La valutazione delle competenze orali in italiano L2: una verifica sperimentale
dell’affidabilità dei criteri suggeriti dal QCER, Università di Verona
74
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., pp.
132-148
75
Council of Europe, Common European Framework of Reference for Languages: Learning, teaching,
assessment, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, p. 236
73
25
evidenziando i punti che ritiene salienti. Riesce a scegliere lo stile adatto ai lettori ai quali
intende rivolgersi.
C2 Riesce a scrivere testi chiari, scorrevoli e stilisticamente appropriati. Riesce a scrivere
lettere, relazioni e articoli complessi, supportando il contenuto con una struttura logica
efficace che aiuti il destinatario a identificare i punti salienti da rammentare. Riesce a
scrivere riassunti e recensioni di opere letterarie e di testi specialistici.
Esistono tre modelli di competenza linguistica: competenza grammaticale, competenza
comunicativa, competenza multiculturale. 76 Per la nostra ricerca ci siamo occupati della
competenza grammaticale. I descrittori della correttezza grammaticale sono riportati così: 77
Descrittori della correttezza grammaticale (QCE: 140)
A1 Ha solo una padronanza limitata di qualche semplice struttura grammaticale e di semplici
modelli sintattici, in un repertorio memorizzato.
A2 Usa correttamente alcune strutture semplici, ma continua sistematicamente a fare errori
di base, per esempio tende a confondere i tempi verbali e a dimenticare di segnalare gli
accordi; ciononostante ciò che cerca di dire è solitamente chiaro.
B1 Comunica con ragionevole correttezza in contesti familiari; la padronanza grammaticale è
generalmente buona anche se si nota l’influenza della lingua madre. Nonostante gli
errori, ciò che cerca di esprimere è chiaro. Usa in modo ragionevolmente corretto un
repertorio di formule di routine e strutture d’uso frequente, relative alle situazioni più
prevedibili.
B2 Ha una buona padronanza grammaticale; nelle strutture delle frasi possono ancora
verificarsi sbagli occasionali, errori non sistematici e difetti minori, che sono però rari e
vengono per lo più corretti a posteriori. Mostra una padronanza grammaticale piuttosto
buona. Non fa errori che possano provocare fraintendimenti.
C1 Mantiene costantemente un livello elevato di correttezza grammaticale; gli errori sono rari
e poco evidenti.
C2 Mantiene costantemente il controllo grammaticale di forme linguistiche complesse, anche
quando la sua attenzione è rivolta altrove (ad es. nella pianificazione di quanto intende
dire e nell’osservazione delle reazioni altrui).
76
Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p.
141
77
Ivi, p. 145
26
3.2.2. Competenze
Il Quadro è un ricco repertorio di descrittori delle competenze che quanti studiano una o più
lingue sviluppano durante il loro percorso di apprendimento. Per quanto riguarda queste
competenze il Quadro propone un sistema in cui è possibile distinguere le componenti che
hanno meno attinenza con le competenze linguistiche e quelle più specificamente
linguistiche. Le prime sono le competenze generali (Cresson 1995), le seconde le
competenze linguistico-communicative. 78
Le competenze generali comprendono:
-le conoscenze dichiarative (il sapere), cioè quei saperi che derivano dall’esperienza o
dall’apprendimento formale concernenti alla conoscenza del mondo;
-le abilità e il saper fare, che riguardano più il sapere procedurale che le conoscenze
dichiarative;
-la competenza “esistenziale” (il saper essere), connessa con le caratteristiche individuali, i
tratti della personalità, e intesa come sistema che può essere modificato;
-la capacità di imparare (il saper apprendere), competenza che coinvolge il sapere essere, il
sapere e il saper fare e si basa su competenze di vario genere.
Le competenze linguistico-comunicative includono:
-la competenza linguistica, relativa alla lingua in quanto sistema di regole formali (cfr. La
competenza lessicale, grammaticale, semantica, fonologica, ortografica, ortoepica);
-la competenza pragmatica, concernente sia l’uso funzionale delle risorse linguistiche, che si
basa su scenari e copioni di scambi interazionali, sia la gestione della coerenza e della
coesione del testo, delle tipologie testuali, cioè di tutto quanti è coinvolto nei processi
discorsivi.
Le competenze dell’apprendente vengono descritte secondo due dimensioni: ‘una
“dimensione verticale” che segna «an ascending series of levels for describing learner
proficiency» che, tale dimensione verticale si aggiunge a quella “orizzontale” che per il
Quadro serve a delineare i parametri di gestione dell’attività comunicativa, cioè gli ambiti e i
domini di uso, i contesti di comunicazione, le abilità, i testi coinvolti.’ 79
Per quanto riguarda la nostra ricerca siamo interessati soprattutto alla competenza
grammaticale e alla produzione scritta. Un soggetto che possiede una competenza
grammaticale sa usare le risorse grammaticali di una lingua, vale a dire gli articoli, i
78
Cfr. Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, cit., p. 124
Massimo Vedovelli, Guida all’italiano per stranieri: la prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue,
Roma, Carocci, 2002, p. 58
79
27
dimostrativi, i pronomi, le preposizioni, i verbi, le congiunzioni, le interiezioni, le strutture, le
relazioni ecc. Per quel che riguarda questo studio guarderemo soltanto l’uso dei verbi.
Uno degli obiettivi di questo studio sarà caratterizzare i diversi livelli di correttezza
grammaticale e di produzione scritta, che sono sopracitati, degli apprendenti L2. Il livello così
assegnato sarà paragonato con il loro uso del sistema verbale in termini di complessità in
relazione agli stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (vedi
capitolo 2) e con il livello di padronanza linguistica, dopo aver trattato i risultati nel quinto e
sesto capitolo.
28
4. Impostazione dello studio
Premessa
In questo capitolo esamineremo più nello specifico la metodologia e l’impostazione dello
studio. Tratteremo i partecipanti (paragrafo 4.3.), i vari test (paragrafo 4.4.), la
somministrazione (paragrafo 4.5.), la valutazione e l’analisi (paragrafo 4.6.), descrivendo
quindi nei dettagli il metodo di lavoro. Cominceremo il capitolo, però, con le domande sulle
quali abbiamo basato la nostra ricerca (paragrafo 4.1.) e con la nostra ipotesi su queste
domande (paragrafo 4.2.).
4.1. Domande
Le tre domande centrali a cui daremo una risposta in questa tesi sono le seguenti:
1.
Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli apprendenti L2 nell’italiano scritto, in
termini di complessità ed accuratezza dell’uso del sistema verbale?
2.
Qual è il rapporto tra l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed
accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza linguistica
globale?
3.
Quali sono le differenze nell’uso del sistema verbale in termini di complessità fra gli
apprendenti L2 e i parlanti nativi?
Come abbiamo detto prima, con ‘complessità’ intendiamo il grado di sviluppo del sistema
verbale. Per quanto riguarda la complessità indagheremo quali forme verbali sono usate
dagli apprendenti L2 del gruppo sperimentale. In seguito andremo a specificare il grado di
accuratezza derivante dall’analisi degli errori fatti nei compiti scritti. Successivamente faremo
un confronto tra i risultati ottenuti dagli apprendenti L2 e quelli dei parlanti nativi, poi tra i
risultati degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza.
4.2. Ipotesi
Ci possiamo aspettare che il livello grammaticale (in termini degli stadi che descrivono
l’acquisizione della morfologia verbale, paragrafo 2.4.1., e i descrittori della correttezza
grammaticale del Quadro di Riferimento, paragrafo 3.2.1.) sia adeguato al livello espresso in
termini del QCER. In altre parole, gli apprendenti con un livello di padronanza al livello
elementare, cioè A1/A2, saranno meno avanzati nell’apprendimento del sistema verbale di
quelli con un livello di padronanza intermedia, cioè B1/B2. Di conseguenza ci possiamo
aspettare che gli apprendenti con un livello elementare faranno più errori e useranno
29
soprattutto i tempi verbali appartenenti ai primi stadi dell’apprendimento. La complessità e
l’accuratezza del sistema verbale non saranno avanzate. Questo vuol dire che per quanto
riguarda la complessità vedremo una bassa frequenza dell’uso del condizionale e del
congiuntivo e in merito all’accuratezza vedremo tanti errori grammaticali.
Per quel che riguarda la complessificazione del sistema verbale italiano da parte degli
apprendenti L2 come abbiamo visto nel paragrafo 2.3.1. (Giacalone Ramat: 2003), cioè:
presente (forma basica) > participio passato > imperfetto > futuro > condizionale/congiuntivo,
non ci aspettiamo che ci siano tante differenze fra gli apprendenti con diversi livelli di
padronanza per quel che riguarda l’uso del presente, dato che questo tempo verbale si
impara nelle prime fasi dell’apprendimento. Diversa è invece la situazione nel caso dell’uso
del condizionale e del congiuntivo, cioè dei tempi verbali che vengono appresi nell’ultimo
stadio di apprendimento linguistico (Giacalone Ramat: 2003), per il quale ci aspettiamo un
minore uso rispetto ai tempi verbali appresi nei primi stadi e una quantità più alta di errori. In
altre parole, la percentuale degli errori sarà più alta in relazione alla percentuale dell’uso di
questi due tempi verbali.
Riguardo l’uso delle forme del passato, ci aspettiamo anche tanti errori rispetto all’uso di altri
tempi verbali, visto che l’olandese non conosce le forme diverse per esprimere la differenza
fra l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo (paragrafo 1.2.). Sarà molto difficile,
probabilmente, per gli olandesi apprendere questo particolare aspetto.
Accanto a quanto precedentemente descritto ci aspettiamo grandi differenze per quanto
riguarda la complessità dell’uso del sistema verbale fra i parlanti L1 e il gruppo sperimentale,
perché partiamo dal presupposto che tutti i parlanti L1 abbiano il livello di padronanza
dell’ordine C1/C2, mentre non ci aspettiamo che questi livelli vengano raggiunti dal gruppo
sperimentale.
4.3. Partecipanti
I partecipanti di questa indagine, da non confondere quindi con la totalità di apprendenti che
hanno partecipato alla ricerca CALC (vedi capitolo 3), possono essere suddivisi in tre gruppi
ben distinti:
Il primo gruppo di partecipanti, il cosiddetto gruppo sperimentale, consiste di 47 80 studenti
olandesi di età compresa tra 18 e 45 anni, al primo anno di studio del corso di laurea in ‘La
lingua e cultura italiana’ presso l’Università di Amsterdam. Di questi apprendenti 14 studiano
l’italiano come materia principale e 33 come materia facoltativa. La metà del gruppo è già
stata in Italia, per un periodo che varia tra 1 e 9 mesi per un corso di studi o di uno stage, e
80
Il numero degli apprendenti L2 non corrisponde con i numeri dati prima della ricerca CALC. Questo perché
noi abbiamo usato tutti i compiti scritti, anche se l’apprendente per esempio aveva fatto solo uno dei due
compiti, invece di usare solo gli apprendenti che avevano fatto tutti i test.
30
quindi vanta una conoscenza dell’italiano prima ancora di iniziare gli studi. Altri quattro
apprendenti hanno un padre o una madre italiana.
Al gruppo sperimentale sono stati somministrati vari test, il C-test, il test Dialang e i due
compiti scritti (vedi paragrafo 4.3.) durante il corso di ‘Taalverwerving’ (Apprendimento
linguistico). Il primo compito scritto è stato svolto da 46 apprendenti, il secondo compito da
40 apprendenti.
Il gruppo di controllo consiste di 22 studentesse italiane, tutte di madrelingua italiana, di età
compresa tra i 18 e i 22 anni. Studiano all’Università di Reggio Emilia e hanno effettuato gli
stessi test che già erano stati sottoposti al gruppo sperimentale. Il primo compito scritto è
stato svolto da 21 studentesse, il secondo compito da 20 studentesse. 81
Il terzo gruppo è costituito da un altro gruppo di apprendenti L2, a cui è stato sottoposto un
compito scritto differente (vedi paragrafo 4.4.4.) da quelli del gruppo sperimentale, e consiste
in 13 studenti olandesi di un’età compresa tra 18 e 66 anni. Anche loro sono al primo anno di
studi del corso di laurea in ‘La lingua e cultura italiana’ presso l’Università di Amsterdam.
Nessuno di loro ha un genitore italiano, ma quattro studenti sono già stati in Italia per un
corso, un lavoro o una lunga permanenza. Il gruppo ha fatto i due test, cioè il test C e il
compito scritto, durante il corso di ‘Taalverwerving 2’ (Apprendimento linguistico 2). 82
4.4. Test
Per questo lavoro abbiamo usato due tipi di test. Il primo consiste in: C-test, test Dialang e
due compiti scritti (i compiti scritti derivano dalla ricerca CALC).
Il secondo tipo di test consiste in: C-test e un altro compito scritto (diverso da quelli sviluppati
per il progetto CALC).
4.4.1. C-test
Il C-test (riportato nell’allegato 1) è un test costituito da piccoli testi che contengono un
insieme di parole incomplete che l’apprendente deve cercare di completare. In totale ci sono
cento parole da completare. Di ogni seconda parola manca la metà delle lettere o la metà più
una lettera quando la parola ha un numero dispari di lettere.
E’ stato sottoposto questo test agli apprendenti per avere un’idea del loro livello di
padronanza linguistica, dato che questo tipo di esercizio richiede diverse competenze
81
Le studentesse italiane hanno fatto i vari test sotto la supervisione del loro professore Gabriele Pallotti che
insegna Didattica delle lingue moderne all’Università di Modena e Reggio Emilia. Egli si occupa di linguistica
applicata, semiotica, analisi della conversazione.
82
Questo corso è insegnato da Sophie Jitta, insegnante alla facoltà delle discipline umanistiche all’Università di
Amsterdam nei corsi dell’apprendimento dell’italiano come seconda lingua da circa 30 anni.
31
linguistiche e non-linguistiche, come competenze vocabolari produttive, competenza
grammaticale ricettiva e produttiva, competenza ortografica, semantica, pragmatica e
comprensione di testo.
4.4.2. Test Dialang
Un altro test che è stato sottoposto agli apprendenti per indicare il loro livello di padronanza
linguistica è il test Dialang. Questo è un test diagnostico. Il suo scopo è di fornire agli
studenti di lingue straniere informazioni sul loro livello e sull’apprendimento della lingua.
Il test Dialang è costituito da cinque categorie divise per differenti abilità linguistiche: ascolto,
scrittura, lettura, grammatica e lessico. Per la ricerca CALC è stata scelta una prova
ricadente nell’ultima categoria, che consiste in 75 verbi, un misto tra veri e inventati.
L’apprendente deve segnare con una crocetta se un verbo esiste o meno, anche se non li
conosce tutti.
Il Dialang è stato realizzato da più di 20 istituzioni europee importanti, con il supporto della
Commissione Europea. E’ il primo importante sistema di valutazione di una lingua basato sul
"Quadro Comune Europeo di riferimento" del Consiglio d'Europa, introdotto in ogni parte
d'Europa come la struttura di riferimento più largamente riconosciuta nel campo
dell'apprendimento linguistico. 83
Alla fine abbiamo deciso di tralasciare i risultati di questo test dato che appariva troppo
difficile e per questo è stato inadeguato per la nostra ricerca.
4.4.3. Compiti scritti CALC
I più rilevanti di tutti i test ai fini dello studio sono i due compiti scritti. Ambedue i test
richiedono la stessa abilità, cioè l’abilità di poter scrivere un testo argomentativo su un tema
dato in trentacinque minuti senza l’uso del vocabolario. La prima metà del gruppo ha svolto
prima il primo compito scritto e poi il secondo, mentre la seconda metà ha svolto per primo il
secondo compito scritto e poi il primo. Questo è stato fatto per rendere i risultati di entrambi i
test i più reali possibile.
Prima di fare i due test gli studenti non sapevano quali sarebbero stati i temi su cui scrivere,
quindi non avevano la possibilità di prepararsi specificamente sui test. Questo perché
altrimenti i risultati sarebbero stati influenzati, mentre lo scopo di questo test è ottenere
risultati spontanei e puri, basati sulla propria capacità, senza l’aiuto di mezzi di nessun tipo.
Ogni compito scritto contiene tre possibilità di soggetti tra cui scegliere, così da essere sicuri
che almeno un soggetto potesse attirare l’attenzione dell’apprendente. (I compiti scritti sono
visionabili negli allegati 2 e 3).
83
www.dialang.org
32
Si tratta di un testo argomentativo. Questo tipo di testo richiede per esempio l’uso del
congiuntivo, dato che si usano spesso verbi come trovare, credere e pensare esprimenti
un’opinione. L’uso delle forme del passato, invece, non viene richiesto.
4.4.4. Compito scritto secondo gruppo
Questo compito scritto è stato sviluppato direttamente da noi per poter indagare più nel
dettaglio l’uso dell’imperfetto, tempo che non veniva richiesto negli altri compiti scritti. Il
compito consiste nella stesura da parte degli studenti di un racconto o di un’esperienza
verificatesi nel passato, così da obbligarli ad usare le forme verbali del passato. Abbiamo
scelto come soggetto per il compito ‘le vacanze’, perché è un soggetto semplice e soprattutto
che piace a tutti, il quale non richiede un vocabolario difficile, (così da non correre il rischio
che gli studenti si bloccassero a scrivere), insomma un soggetto su cui tutti hanno
sicuramente da scrivere un lungo testo, a prescindere dall’età, dal sesso e dal livello di
preparazione, così da essere sicuri di raccogliere una gran quantità di dati. Questo è stato un
fattore molto importante, in quanto avevamo soltanto un piccolo gruppo su cui basare i nostri
risultati riguardanti il processo di apprendimento dell’imperfetto. (Il compito scritto del
secondo gruppo è aggiunto nell’allegato 4).
4.5. Somministrazione
Per la somministrazione dei test tratteremo soltanto il secondo gruppo di apprendenti L2,
dato che è l’unico dei tre gruppi di partecipanti che ha fatto il test sviluppato da noi e che
quindi abbiamo potuto seguire personalmente facendo i test.
In totale questo gruppo ha fatto due test, cioè il C-test e il compito scritto che richiedeva
esplicitamente le forme del passato. 84 Abbiamo somministrato i test agli studenti senza
rivelare l’obiettivo dell’indagine, per evitare ogni forma di influenza, dando loro un’ora in
totale per la compilazione dei due test. Tutti gli apprendenti hanno fatto prima il C-test e poi il
compito scritto. Sono stati alle prese circa una mezz’ora con il C-test e un’altra mezz’ora con
il compito scritto, tranne una studentessa che, essendo in ritardo di una mezz’ora, ha dovuto
fare ambedue i test in una sola mezz’ora. Prima di iniziare i test abbiamo spiegato in breve
che tipo di test era il C-test e detto che l’uso del vocabolario non era ammesso.
4.6. Valutazione e analisi
Ogni test richiede una valutazione diversa. Il C-test ha una valutazione semplice. Questo test
consiste in 100 parole, quindi se l’apprendente non facesse nessun errore, il voto finale del
test sarebbe 100%. Ogni errore è un punto, ossia 1%, in meno. Ogni voto finale inferiore a
55 rappresenta un’insufficienza. Un errore si fa, ad esempio, quando una parola non è
84
Gli apprendenti hanno fatto i test nel pomeriggio del 3 dicembre 2009.
33
completata oppure quando una parola è scritta in modo sbagliato, anche se la parola è in sè
giusta (ad. es. ‘I gioveni italiani sono i più innamorati di tutti’). Per ogni spazio si può fare al
massimo un errore. Abbiamo corretto questo test manualmente.
Il programma Dialang usa invece una valutazione automatica. Dopo aver fatto il test, il
computer dà subito il risultato. Il punteggio massimo è 1000. In totale ci sono 6 livelli diversi
in base al punteggio ottenuto.
Per le analisi dei compiti scritti abbiamo usato il programma Markin 85 con 14 bottoni diversi. 86
Dopo aver concluso l’analisi di un testo il programma dà automaticamente una statistica in
cui è calcolata la quantità dei punti negativi, ossia errori, e dei punti positivi, quindi dei tempi
usati nel modo corretto. Di ogni test, quindi, abbiamo un’altra statistica.
85
Markin è un programma digitale che viene spesso usato nelle classi di lingua per correggere dei testi scritti
come, ad esempio, delle risposte a domande aperte. Il programma facilita la ricezione del feed-back, perché
bastano meno azioni manuali per correggere i testi. Markin usa uno schermo in cui si può selezionare il testo
digitale da correggere, accanto a questo schermo si possono creare dei bottoni (personali) per dare il feed-back. I
bottoni sono collegati al più frequente feed-back, inoltre l’utente può aggiungerne e rimuoverne a piacimento.
(http://wiki.uva.nl/proeve-uva/index.php/Beginnersgids_Markin)
86
Per ogni tempo verbale (sono 7 in totale) abbiamo creato due bottoni; uno per quando il tempo è stato usato in
modo corretto e l’altro per quando il tempo è stato usato in modo scorretto (inf+, inf-, pres+, pres-, pp+, pp-,
imp+, imp-, fut+, fut-, cond+, cond-, cong+, cong-).
34
5. Risultati: apprendenti L2
Premessa
Questo capitolo è dedicato ai risultati del gruppo sperimentale e del secondo gruppo degli
apprendenti L2, riguardanti due delle tre domande proposte nel precedente capitolo.
Abbiamo diviso il capitolo in tre paragrafi. Il primo paragrafo (5.1.) riguarda il gruppo
sperimentale in cui faremo vedere quali sono le difficoltà che questo gruppo ha riscontrato
nell’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza. Il secondo paragrafo
(5.2.) è dedicato ad un secondo gruppo di apprendenti L2, che ha fatto un altro compito
scritto, più specifico, al fine di poter indagare meglio le forme verbali del passato. Nel terzo
paragrafo (5.3.) tratteremo i livelli di padronanza linguistica di ambedue i gruppi
precedentemente indicati per vedere se esiste un rapporto fra questi livelli e l’uso del sistema
verbale in termini di complessità ed accuratezza nell’italiano scritto.
5.1. Il gruppo sperimentale
In questo paragrafo risponderemo alla prima domanda riguardante l’uso del sistema verbale
in termini di complessità ed accuratezza: Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli
apprendenti L2 nell’italiano scritto, in termini di complessità ed accuratezza dell’uso del
sistema verbale?
Per rispondere a tale quesito andremo ad analizzare quali tempi verbali sono stati usati nei
due compiti scritti da parte del gruppo sperimentale e di conseguenza potremo anche
valutare quali ne sono stati esclusi e quali usati in misura minore. In più vedremo se tali
tempi sono stati usati in modo corretto e valuteremo anche quali sono gli errori più frequenti.
Alla fine faremo un confronto fra l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed
accuratezza da parte del gruppo sperimentale con i quattro stadi che descrivono
l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003, vedi capitolo
2).
5.1.1. Complessità
Il gruppo sperimentale è stato sottoposto a due compiti scritti. Il primo compito scritto è stato
svolto da 46 apprendenti L2 appartenenti al gruppo sperimentale. Essi hanno usato in totale
1200 forme verbali, di cui la maggior parte sono forme del presente (55%) e dell’infinito
(32%). Il secondo compito scritto è stato svolto da 40 apprendenti L2. In questo compito il
numero di forme verbali diverse è minore rispetto al primo, 964 forme usate, il che si spiega
con il minor numero di apprendenti (46 apprendenti nel primo compito e 41 apprendenti nel
secondo) e la minore lunghezza media del testo (la media di 137 parole nel primo compito e
129 parole nel secondo) come si può dedurre dalla tabella 1.
35
Tabella 1: media e deviazione standard del numero di parole
usate in ambedue i compiti scritti da parte del gruppo sperimentale
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Compito 1
46
137
33,6
52
230
122
143
158
Compito 2
40
129
28,0
81
189
114
133
151
N = numero di apprendenti che hanno fatto il compito
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Dei tempi verbali usati la maggior parte sono forme del presente (59%) e dell’infinito (26%).
Nella tabella 2 sono elencati i tempi verbali usati con i numeri assoluti e le percentuali per
ciascun compito scritto per l’intero gruppo sperimentale.
Tabella 2: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti per il gruppo sperimentale in numeri assoluti
e in percentuali
Tempo Verbale
Assoluto
Percentuale
Assoluto
Percentuale
Comp1
Comp1
Comp2
Comp2
N=46
N=40
Infinito
385
32,1%
250
25,9%
Presente
665
55,4%
569
59,0%
41
3,4%
38
4,0%
3
0,2%
6
0,6%
Futuro
28
2,3%
45
4,7%
Condizionale
28
2,3%
27
2,8%
Congiuntivo
51
4,3%
29
3,0%
1200
100%
964
100%
Participio passato
Imperfetto
TOTALE
N = numero di apprendenti
Comp1 = compito 1
Comp2 = compito 2
36
In base a questa tabella è possibile fare la classifica dell’uso di questi tempi verbali in base
alla loro frequenza come possiamo vedere nella tabella 3.
Tabella 3: uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il gruppo
sperimentale in ordine decrescente
Posizione
Compito 1 (N=46)
Compito 2 (N=40)
1. (più usato)
Presente
Presente
2.
Infinito
Infinito
3.
Congiuntivo
Futuro
4.
Participio passato
Participio passato
5.
Futuro/Condizionale
Congiuntivo
6.
7. (meno usato)
Condizionale
Imperfetto
Imperfetto
N = numero di apprendenti
Per quel che riguarda le tabelle 2 e 3, possiamo dire che c’è stato un uso maggiore di forme
del presente e dell’infinito rispetto a tutti gli altri tempi verbali, in particolare all’imperfetto. In
più possiamo notare che il congiuntivo non è ancora stato appreso visto che in (quasi) tutti i
casi che richiederebbero l’uso del congiuntivo, è stata usata invece una forma del presente
dell’indicativo.
Nelle tabelle 4 e 5 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale
relativa ad un solo testo scritto da parte del gruppo sperimentale.
37
Tabella 4: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte del
gruppo sperimentale (N=46)
Infinito
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
46
8,4
2,8
3
14
6
8,5
10
Presente
46
14,5
3,7
5
21
12
15
17
Participio
Passato
25
1,6
1,1
1
4
1
1
2
Futuro
18
1,5
0,6
1
3
1
1
2
Condizionale
17
1,6
1,3
1
6
1
1
2
Congiuntivo
31
1,6
0,9
1
4
1
1
2
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Tabella 5: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte del
gruppo sperimentale (N=40)
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Infinito
Presente
40
6,3
2,6
1
14
5
6
8
40
14,2
4,5
6
27
11
14
16,5
Participio
Passato
23
1,7
0,8
1
3
1
1
2
Futuro
21
2,1
1
1
4
1
2
3
Condizionale
15
1,8
1,1
1
4
1
1
2
Congiuntivo
17
1,7
0,6
1
3
1
2
2
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Come dimostrato dalle tabelle 4 e 5 il totale degli apprendenti, in ambedue i compiti, ha
utilizzato sia il presente (con una media superiore) che l’infinito. L’uso degli altri tempi risulta
nettamente inferiore, infatti 31 apprendenti su 46 (circa il 67%) usa il congiuntivo nel primo
compito scritto e addirittura solo 17 apprendenti su 46 (circa il 37%) usa il condizionale nel
primo compito scritto. Per quanto concerne l’uso dell’infinito e del presente vediamo che,
anche se questi vengono usati da tutti gli apprendenti, appare ampiamente diffuso. L’uso del
presente però ha una diffusione maggiore rispetto all’infinito, ma questo è logico dato che
38
l’infinito non viene usato mai in forma isolata (ad. es. io mangiare), ma sempre in
combinazione con una forma del presente (ad. es. voglio mangiare). Nel secondo compito,
ad esempio, vediamo per quanto riguarda l’uso del presente una media di 14,2 per un
singolo testo con una deviazione standard di 4,5. Questo vuol dire che due terzi dell’intero
gruppo ha usato il presente tra le 9,7 e le 18,7 volte per ogni singolo testo. Per il primo
compito questo numero varia da 10,8 a 18,2 per un singolo testo. In più possiamo vedere
che la mediana per quanto riguarda l’uso del presente nel primo compito scritto è di 15 e nel
secondo compito scritto è di 14. Questo vuol dire che nel primo caso la metà del gruppo ha
usato il presente più di 15 volte, l’altra metà meno di 15 e nel secondo caso è la metà del
gruppo che ha usato questo tempo verbale più di 14 volte e l’altra metà meno di 14 volte per
un singolo testo. Per l’uso dell’infinito tutti questi numeri sono inferiori. Si nota ad esempio
nel primo compito scritto una media di 8,4 dell’infinito verso la media di 14,5 del presente.
Nel secondo compito scritto questa differenza è ancora più grande, vediamo la media di 6,3
dell’infinito verso la media di 14,2 del presente.
Se facciamo il confronto con i quattro stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia
verbale in italiano L2 possiamo dire che per quanto riguarda la complessità il gruppo si trova
nel secondo stadio. Questo stadio è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione
morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma
perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo. Questa conclusione
nasce dal fatto che gli apprendenti non si trovano al primo stadio (ovvero lo stadio in cui il
verbo viene prodotto in un’unica forma, ovvero la cosiddetta forma basica, che corrisponde di
solito alla radice verbale, paragrafo 2.4.1.), in quanto l’uso del presente (utilizzato da tutti)
non è stato effettuato soltanto nella forma basica, e più del 50% degli apprendenti utilizza
una forma del participio passato. Secondo la nostra analisi gli apprendenti non possono
ancora trovarsi nel terzo stadio (ovvero lo stadio già piuttosto avanzato e viene caratterizzato
dalla comparsa delle prime forme di imperfetto), in quanto l’utilizzo degli altri tempi verbali
risulta nettamente inferiore rispetto alle forme del presente (e dell’infinito). Le forme del
passato, soprattutto dell’imperfetto, non vengono quasi mai usate.
Nel prossimo paragrafo (5.1.2.) faremo un’analisi degli errori fatti in entrambi i compiti dagli
apprendenti L2 del gruppo sperimentale analizzando quali tempi verbali sono stati usati in
modo corretto e quali in modo scorretto. In altre parole, passeremo dalla complessità
all’accuratezza concernente l’uso del sistema verbale.
5.1.2. Accuratezza
Analizzando il primo compito scritto abbiamo riscontrato l’utilizzo di 1200 forme verbali, delle
quali 1031 sono state usate in modo corretto, ovvero l’86%. Per il secondo compito questa
39
percentuale è dell’87%. Di 964 forme verbali usate, ne sono state usate 840 in modo
corretto.
Sulla falsa riga dell’organizzazione proposta nella tabella 2 abbiamo creato diverse ‘coppie’,
cioè categorie positive e negative in relazione al grado di accuratezza dei tempi verbali usati
in ambedue i compiti scritti per l’intero gruppo sperimentale. Abbiamo chiamato Infinito+ (uso
corretto dell’infinito) e Infinito- (uso scorretto dell’infinito) una coppia, come anche Presente+
e Presente- formano un’altra coppia e così via. Per poter calcolare meglio il rapporto
corretto-scorretto dei singoli tempi verbali ogni coppia è considerata sul totale del 100%, così
come raffigurato nella tabella 6.
Tabella 6: rapporto corretto-scorretto dei tempi verbali per il gruppo sperimentale in numeri assoluti e in
percentuali
Coppia
Assoluto
Percentuale
Assoluto
Percentuale
Comp1
Comp1
Comp2
Comp2
(N=46)
(N=40)
1. Infinito+
342
88,8%
219
87,6%
Infinito-
43
11,2%
31
12,4%
2. Presente+
582
87,5%
510
89,6%
Presente-
83
12,5%
59
10,4%
3. PP+
30
73,2%
28
73,7%
PP-
11
26,8%
10
26,3%
4. Imperfetto+
2
66,7%
5
83,3%
Imperfetto-
1
33,3%
1
16,7%
5. Futuro+
20
71,4%
30
66,7%
Futuro-
8
28,6%
15
33,3%
6. Condizionale+
24
85,7%
23
85,2%
Condizionale-
4
14,3%
4
14,8%
7. Congiuntivo+
29
56,9%
24
82,8%
Congiuntivo-
22
43,1%
5
17,2%
N = numero di apprendenti
Comp1 = compito 1
Comp2 = compito 2
In base a questa tabella è possibile fare una classifica dei tempi verbali usati relativamente
alla quantità di errori riscontrati come è visibile nella tabella 7.
40
Tabella 7: uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il gruppo
sperimentale in ordine decrescente
Posizione
Compito 1 (N=46)
Compito 2 (N=40)
1. (più errori)
Congiuntivo
Futuro
2.
Imperfetto
Participio passato
3.
Futuro
Congiuntivo
4.
Participio passato
Imperfetto
5.
Condizionale
Condizionale
6.
Presente
Infinito
7. (meno errori)
Infinito
Presente
N = numero di apprendenti
Le tabelle 6 e 7 dimostrano che la maggior parte degli errori si è verificata per le forme
verbali che si apprendono successivamente all’infinito e al presente. Ci stupisce, però, il fatto
che il condizionale sia stato usato in modo corretto in quanto insieme al congiuntivo è una
delle ultime forme verbali che vengono apprese. Questo dato appare interessante in quanto
solo il 21% delle forme utilizzate del condizionale ricadono nelle forme fisse memorizzate,
vorrei e sarebbe, nominate nel capitolo 2, mentre nel restante 79% dei casi è stata usata
un’altra forma del condizionale (ad. es. dovrebbe, preferirei, sceglierei, potrebbe(ro),
dovremmo, penserei). Questo ci fa capire che gli apprendenti L2 che utilizzano il
condizionale, hanno effettivamente appreso come usare questo tempo verbale.
Per quanto riguarda l’accuratezza del futuro è stato interessante osservare se gli
apprendenti usano soltanto la formula fissa per esprimere il dubbio, cioè la 3ª persona
singolare del futuro del verbo essere (sarà). Dato che essa è una forma che viene usata
frequentemente nella lingua italiana, la possibilità che l’apprendente l’abbia sentita o letta è
maggiore rispetto alle altre forme verbali. Può darsi, quindi, che l’apprendente la usi senza
sapere precisamente come sia effettivamente costituita la struttura del futuro (paragrafo
1.1.4.). In ambedue i compiti scritti il futuro è stato usato da parte del gruppo sperimentale 50
volte (vedi tabella 6) in modo corretto. Di queste 50 volte è stato usato 15 volte sarà, ovvero
il 30%. Vuol dire che 70% delle volte è stata usata un’altra forma che la terza persona
singolare del verbo essere. Possiamo dire, quindi, che la maggiore parte del gruppo
sperimentale sa com’è costituita la struttura del futuro.
Nelle tabelle 8 e 9 è riportata l’accuratezza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale
relativa ad un solo testo scritto, come abbiamo fatto prima per l’uso in termini di frequenza
(vedi tabelle 4 e 5), da parte del gruppo sperimentale.
41
Tabella 8: media dell’uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il primo compito scritto da parte del
gruppo sperimentale (N=46)
N
M
Dev.
st
Min
Max
Q1
Med
Q3
Inf
+
46
7,4
2,8
Inf
29
1,5
1,1
Pres
+
46
12,7
3,7
Pres
38
2,2
1,9
PP
+
20
1,5
0,9
PP
8
1,4
0,7
Fut
+
15
1,3
0,5
Fut
6
1,2
0,4
Cond
+
14
1,7
1,4
Cond
3
1,3
0,6
Cong
+
19
1,5
0,8
Cong
14
1,6
0,9
2
13
5
7,5
9
1
6
1
1
1,5
4
19
11
14
15
1
12
1
2
3
1
4
1
1
2
1
3
1
1
1,5
1
2
1
1
2
1
2
1
1
1
1
6
1
1
2
1
2
1
1
2
1
4
1
1
2
1
4
1
1
2
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Per spiegare la tabella 8 prendiamo la colonna in cui sono segnati i numeri che riguardano
l’uso del presente usato in modo scorretto. Vediamo che 38 apprendenti, su un totale di 46
apprendenti, usano almeno una volta nel loro primo compito scritto una forma del presente in
modo scorretto. Questa percentuale è abbastanza alta, e quindi sono solo 8 apprendenti che
usano il presente sempre in modo giusto. Gli altri 38 apprendenti usano il presente sia in
modo giusto che in modo sbagliato. La media dell’uso di questo tempo verbale in modo
sbagliato è di 2,2 per un solo testo con la deviazione standard di 1,9. La mediana è 2, quindi
il 50% del gruppo che ha usato il presente in modo sbagliato, l’usa meno di 2 volte e l’altro
50% l’usa più di 2 volte per singolo testo.
La tabella 9 contiene questi dati per il secondo compito scritto.
42
Tabella 9: media dell’uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il secondo compito scritto da parte
del gruppo sperimentale (N=40)
N
M
Dev.
St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Inf
+
40
5,5
2,5
Inf
21
1,5
0,8
Pres
+
40
12,8
4,6
Pres
26
2,3
1,5
PP
+
18
1,6
0,7
1
13
3,5
5
7
1
4
1
1
2
5
25
10
12,5
14,5
1
6
1
2
3
1
3
1
1
2
PP
7
1,4
0,8
1
3
1
1
2
Fut
+
17
1,8
0,8
Fut
9
1,7
0,9
Cond
+
13
1,8
0,9
Cond
4
1
0
Cong
+
15
1,6
0,5
Cong
5
1
0
1
3
1
2
2
1
3
1
1
2,5
1
4
1
2
2
1
1
1
1
1
1
2
1
2
2
1
1
1
1
1
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In base alla tabella 9 possiamo dire che i due compiti scritti, svolti dal gruppo sperimentale,
fanno vedere una deviazione standard simile riguardo l’uso corretto del presente (e
dell’infinito) risultando questa più alta rispetto agli altri tempi verbali. Se vediamo la colonna
dell’inf+ possiamo dire che tutti gli apprendenti usano almeno una volta e al massimo 13
volte l’infinito in modo corretto (sempre in combinazione con una forma del presente) nel
secondo compito scritto. La media è di 5,5 e la mediana è di 5, quindi la metà del gruppo usa
l’infinito in modo corretto meno di 5 volte e l’altra metà l’usa più di 5 volte per singolo testo.
Nel prossimo paragrafo (5.1.3.) analizzeremo gli errori fatti.
5.1.3. Analisi degli errori
Abbiamo fatto vedere quali sono i tempi verbali che presentano il maggior numero degli
errori da parte del gruppo sperimentale in ambedue i compiti scritti. In questo paragrafo
faremo un’analisi di questi errori, 265 in totale. Non è possibile trattare tutti gli errori uno per
uno, per questo abbiamo fatto una classifica di quelli fatti più frequentemente. Per illustrare
gli errori faremo degli esempi tratti dai testi scritti.
Abbiamo raggruppato gli errori in cinque categorie diverse, che vanno da A ad E, con le
percentuali indicative. ll totale delle percentuali non raggiunge il 100%, in quanto la maggior
parte degli errori non è stata classificabile in nessuna delle suddette categorie.
Le categorie A e B, ‘sovraestensione’ e ‘transfer’, sono strategie di apprendimento, mentre le
categorie C e D, ‘accordo di genere’ e ‘accordo di numero’, sono tipi di errori. La categoria E,
‘ortografia’, forma una categoria a sé stante.
43
La categoria in cui sono stati fatti relativamente tanti errori è quella della sovraestensione,
quindi casi in cui viene usata una forma regolare laddove viene richiesta una forma
irregolare. Relativamente pochi sono gli errori nella categoria “transfer”, cioè errori fatti a
causa dell’influenza della lingua materna (o di un’altra lingua straniera). Gli errori più
frequenti sono fatti concernente l’ortografia. Questi errori spesso non sono identificabili e non
possono essere ridotti ad un’unica strategia, in quanto possono essere dovuti a diversi
motivi, come per esempio la sovraestensione, il transfer, ecc, cioè le cinque categorie in cui
abbiamo raggruppato gli errori.
Se facciamo il collegamento fra questi risultati e gli stadi che descrivono l’acquisizione della
morfologia verbale in italiano L2 (vedi capitolo 2) possiamo dire che la maggior parte degli
apprendenti L2 si trovano nel secondo stadio, che è caratterizzato dalla comparsa di una
prima opposizione morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e
una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo.
Il presente (e quindi anche l’infinito) viene usato con più frequenze e presenta la più bassa
percentuale degli errori. L’uso di altri tempi verbali c’è, tranne il congiuntivo che non è ancora
appreso, però ancora in modo abbastanza errato. Gli apprendenti L2 hanno quindi già
superato il primo stadio in cui si vede soltanto la forma basica per esprimere il tempo
presente, passato e futuro.
Nella tabella 10 sono elencate le cinque categorie con il relativo numero di errori e le
percentuali.
Tabella 10: categorie degli errori fatti dal gruppo sperimentale in ambedue i compiti
scritti in numeri assoluti e in percentuali
Categoria
A. Sovraestensione
Numero di errori
Percentuale
50
18,9%
8
3,0%
C. Accordo di genere
21
7,9%
D. Accordo di numero
24
9,1%
E. Ortografia
56
21,1%
B. Transfer
La tabella 10 ci fa vedere quali categorie abbiamo distinto riguardo gli errori che sono stati
fatti dall’intero gruppo di apprendenti L2. In base a questa tabella faremo vedere degli
esempi per ogni categoria, più le percentuali.
44
A. Sovraestensione
Relativamente ai casi di sovraestensione sono stati fatti tanti errori, in totale 50, ovvero
l’18,9% del totale degli errori. La maggior parte di questi, cioè 32, sono stati fatti nell’uso dei
verbi irregolari dovere, sapere e scegliere, nel presente.
Per quanto riguarda l’utilizzo del verbo dovere sono stati riscontrati 8 errori di cui molti uguali.
Gli apprendenti hanno difficoltà con la terza persona singolare e la prima persona plurale del
presente. Alcuni esempi per il verbo dovere sono:
1. ‘Doviamo prendere questo problema molto serio.’
2. ‘Dunque, deviamo aiutare l’ambiente con questo sostegno.’
Il primo esempio è un chiaro esempio di sovraestensione, perché l’apprendente ha usato
il verbo dovere, che è un verbo irregolare, in modo regolare. L’apprendente ha attaccato
la radice di dovere, cioè -dov, alla desinenza della prima persona plurale, -iamo. Non
sapeva, quindi, che fosse un verbo irregolare. L’altro esempio è più difficile da spiegare,
ma probabile è che l’apprendente pensava che l’infinito fosse devere invece di dovere e
in più non si rendeva conto che fosse un verbo irregolare, quindi ha sbagliato in due
sensi.
Il verbo sapere presenta un totale di 5 errori, tutti diversi, di cui tre fatti nell’uso della terza
persona plurale del presente, uno nell’uso della prima persona plurale del presente, ed un
altro nell’uso dell’imperfetto. Un esempio per il verbo sapere è:
3. ‘Molte persone non sappono la consequenza dell'essere grasse.’
Il terzo esempio è paragonabile al primo esempio. L’apprendente si è basato sulla radice
del verbo, -sap, e l’ha attaccata alla desinenza (regolare) della terza persona plurale di
un verbo che finisce in -ere, cioè -ono. Inoltre sapeva di dover aggiungere un’altra p, però
non sapeva che sapere fosse un verbo irregolare. Per questo parliamo di
sovraestensione del verbo sapere.
Altri errori fatti (10):
1ª (verbi in -are)  stano, pensono (due volte), damo, si farono;
2ª (verbi in -ere)  rimano, potrano, piacionno;
3ª (verbi in –ire)  scomparono, si fiorono.
45
Gli altri 18 errori che appartengono alla categoria di sovraestensione riguardano l’uso del
futuro. Questi apprendenti L2 non hanno ancora appreso le forme del futuro come vediamo
nei prossimi esempi:
4. ‘La gente pensaranno sul clima e il surriscaldamento.’
5. ‘Se metteremo questo articolo in la prima pagina sembrara abbastanza importante
per leggere.’
Negli esempi 5 e 6 si tratta di casi di sovraestensione, perché gli apprendenti usano i
verbi in -are come forme basica per il futuro. Non sapevano quindi che nel futuro la
lettera -a diventa la -e.
B. Transfer
La seconda categoria è quella del ‘transfer’, cioè l’influenza della lingua materna o un’altra
lingua straniera. Abbiamo trovato un certo numero di verbi ‘finti’, nel senso che l’apprendente
non conoscendo una parola, probabilmente l’ha inventata tramite “l’italianizzazione” di parole
olandesi o inglesi. Sono stati fatti 8 errori, ovvero il 3% del totale degli errori fatti. Qui
seguono alcuni esempi:
subsidiare per sussidiare (in olandese: subsidiëren), deservono per meritare (in inglese: to
deserve), developare per sviluppare (in inglese: to develop), supportare per sostenere (in
inglese: to support), adressare per indirizzare (in olandese: adresseren, in inglese: to
adress), proposare per proporre (in inglese: to propose), recercere per ricercare (in inglese:
to research), espressionare per esprimere (in inglese: to express).
C. Accordo di genere
Riguardo l’accordo del genere, ovvero la congruenza, sono stati fatti 21 errori, ovvero il 7,9%
del totale degli errori. Questi errori riguardano soprattutto l’uso del participio passato. Alcuni
esempi sono:
6. ‘Questo è un organizzazione che cerca di salvare i luoghi della bella natura del nostro
paese chi sono rimasta intatto.’
Il soggetto in questa frase sono ‘i luoghi’, quindi l’apprendente avrebbe dovuto dire ‘sono
rimasti’, ma l’apprendente si è basato probabilmente sulla ‘natura’.
7. ‘La natura può essere visto come un giardino più grande, [...]’
46
L’apprendente ha usato la forma maschile, mentre il soggetto è femminile.
8. ‘[...], perché il tema non è considerata 'vendibile'.’
In questa frase, invece, l’apprendente ha fatto il contrario e ha usato la forma femminile
mentre il soggetto è maschile. Questo errore viene probabilmente causato dalla -a finale
della parola tema, che di solito significa che la parola è femminile, ma c’è una (piccola)
categoria di parole che finiscono in -a che sono maschili.
9. ‘Negli ultimi mesi nuove ricerche hanno portati nuovi dati che hanno cambiati il
discorso fra i vari punti da visto.’
Nell’esempio 10 il soggetto sono le nuove ricerche, quindi l’apprendente avrebbe dovuto
usare la forma del plurale femminile, ma invece ha usato la forma del plurale maschile.
Questo errore viene probabilmente causato dalla parola dati, per cui l’apprendente
pensava che essa fosse il soggetto della frase invece di ricerche.
D. Accordo di numero
Abbiamo riscontrato anche degli errori concernenti l’accordo di numero tra soggetto e verbo.
Sono stati fatti 24 errori di questo tipo, che sono errori di concordanza, cioè il 9,1% del totale
degli errori. Alcuni esempi sono:
10. ‘E' un luogo dove tutti può camminare e può vedere tutti che la natura ha.’
11. ‘Gli abbitudini degli uomini deve cambiare per un salute megliore.’
12. ‘I soldi deve andara all'associazione di Ritorno alla Natura.’
13. ‘Questi argumenti è importante per l'università per andare i soldi [...].’
14. ‘[...] dove ancora non si vede le influenze della gente.’
In tutti questi esempi è stata usata la forma del singolare, invece del plurale.
47
In seguito agli errori fatti riguardo l’accordo di numero abbiamo notato una particolare
difficoltà nell’uso della parola gente. Si potrebbe spiegare questo errore con il fatto che in
olandese gente è plurale. Tanti apprendenti sono, quindi, confusi. Un esempio:
15. ‘[...] e la gente andranno aiutare con la combattere dell surriscaldamento.’
In questo esempio l’apprendente ha scritto ‘la gente’ in modo corretto, è singolare, però
ha usato la forma plurale del verbo.
Per concludere questo paragrafo faremo vedere ancora qualche esempio degli errori
ortografici, la categoria in cui troviamo la maggior parte degli errori, cioè 56, ovvero il 21,1%
del totale degli errori fatti. Qui seguono alcuni esempi di forme errate dell’infinito:
movere, ripossare, indentificarsi, benificiare (3x), confirmare, proteggiere, stimulare,
ricivere/recivere, auitare (2x), interesarsi.
Il verbo scegliere appare un verbo particolarmente difficile nell’uso, soprattutto per quanto
riguarda l’ortografia del verbo stesso. Abbiamo trovato perfino cinque variazioni: sceltere,
sciegliere (2x), scelere, scelgliere, scieglere.
Un altro problema trovato, riguardante l’ortografia, è l’uso dell’accento, o in effetti, l’assenza
dell’accento nei casi in cui è invece obbligatorio. Sono stati fatti 31 errori con le parole: dà, è,
può e sarà.
Nel prossimo paragrafo (5.2.) tratteremo i risultati del secondo gruppo.
5.2. Il secondo gruppo degli apprendenti L2
In questo paragrafo analizzeremo i risultati del compito scritto che riguarda l’aspetto verbale
fatto dal secondo gruppo di apprendenti L2, quindi diversi da quelli di cui abbiamo parlato nel
paragrafo precedente, a cui è stato assegnato il compito scritto che richiedeva soltanto le
forme del passato. In questo paragrafo parleremo, quindi, soltanto delle forme del passato e
non degli altri tempi verbali. C’è stato solo un apprendente che non aveva rispettato le
istruzioni del compito e ha scritto il suo testo nel presente invece che nel passato. Per questo
abbiamo potuto usare i dati soltanto di 12 apprendenti invece che 13 apprendenti.
Inizieremo il paragrafo con la percentuale dei tempi verbali usati, che riguarda la complessità
(5.2.1.), e il rapporto corretto-scorretto, che riguarda l’accuratezza (5.2.2.). Concluderemo il
paragrafo con un’analisi degli errori fatti tramite una loro classificazione con l’ausilio di alcuni
esempi (5.2.3.).
48
5.2.1. Complessità
Il secondo gruppo ha usato in totale 163 forme verbali, di cui 104 forme del participio
passato, e 59 dell’imperfetto. Se trascriviamo questi dati in percentuali otteniamo quanto
mostrato nella tabella 11.
Tabella 11: uso dei tempi verbali per il secondo gruppo (N=12)
in numeri assoluti e in percentuali
Tempo verbale
Assoluto
Participio passato
Percentuali
104
63,8%
Imperfetto
59
36,2%
TOTALE
163
100%
N = numero di apprendenti
La tabella 11 fa vedere il maggior uso del participio passato rispetto all’imperfetto. Questo
non ci sorprende, perché dalla letteratura sull’acquisizione (capitolo 2) è emerso che il
participio passato di solito venga appreso prima dell’imperfetto.
Nella tabella 12 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ambedue i tempi verbali da
parte del secondo gruppo.
Tabella 12: media dell’uso dei tempi verbali in termini
di frequenza da parte del secondo gruppo (N=12)
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Participio
Passato
12
8,7
5,3
3
21
5
7
11,5
Imperfetto
12
4,9
3,3
2
12
2
3,5
7,5
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Per quel che riguarda la tabella 12 possiamo dire che tutti gli apprendenti usano sia le forme
del participio passato che quelle dell’imperfetto. Però, la media e la mediana sono molto più
alte per le occorrenze del participio passato rispetto all’imperfetto, come anche la deviazione
standard. In base alla deviazione standard possiamo dire che due terzi dell’intero gruppo
49
hanno usato il participio passato tra le 3,4 e le 14 volte, mentre questo per l’imperfetto è fra
le 1,6 e le 8,2 volte.
Nel prossimo paragrafo (5.2.2.) vedremo se le forme del participio passato e del’imperfetto
sono state usate in modo corretto, passando quindi dalla complessità all’accuratezza delle
forme del participio passato e l’imperfetto.
5.2.2. Accuratezza
Su 163 tempi verbali usati, sono stati fatti 56 errori, ovvero il 34,4%. Nella tabella 13 è
indicato il rapporto corretto-scorretto per ambedue i tempi verbali.
Tabella 13: rapporto corretto-scorretto del participio passato e
dell’imperfetto per il secondo gruppo (N=12) in numeri assoluti e in percentuali
Coppia
Assoluto
Percentuale
1. Participio passato+
65
62,5%
Participio passato-
39
37,5%
2. Imperfetto+
42
71,2%
Imperfetto-
17
28,8%
N = numero di apprendenti
Nella tabella 13 possiamo vedere che il rapporto corretto-scorretto per ambedue i tempi del
passato è uguale. Questo vuol dire che in modo proporzionale sono stati fatti altrettanti errori
nell’uso del participio passato quanto nell’uso dell’imperfetto.
Nella tabella 14 è riportata l’accuratezza nelle occorrenze di ambedue i tempi verbali relativa
per il secondo gruppo.
50
Tabella 14: media dell’uso delle forme del passato in termini di accuratezza per il secondo gruppo (N=12)
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Participio
Passato+
9
7,2
6,1
1
19
2,5
5
12
Participio
Passato12
3,3
1,5
1
6
2,5
3
4,5
Imperfetto+
12
3,5
2,5
1
9
2
3
4
Imperfetto5
3,4
1,8
1
6
2
3
5
N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto
M = media
Dev st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In base alla tabella 14 possiamo dire che tutti gli apprendenti usano almeno una volta
l’imperfetto in modo giusto, a differenza dell’uso del participio passato; sono ‘soltanto’ 9 gli
apprendenti che usano almeno una volta il participio passato in modo giusto, mentre tutti i 12
apprendenti fanno degli errori nell’uso del passato prossimo. La deviazione standard è molto
alta per il participio passato usato in modo giusto, pari al 6,1. L’uso di questo tempo verbale
varia da un minimo di 1 volta ad un massimo di 19 volte. Le altre tre colonne fanno vedere
una divisione più equilibrata.
Nel prossimo paragrafo (5.2.3.) faremo un’analisi degli errori fatti da parte del secondo
gruppo come abbiamo fatto prima per il gruppo sperimentale.
5.2.3. Analisi degli errori
In questo paragrafo faremo un’analisi degli errori fatti nell’uso soltanto del participio passato
e dell’imperfetto. In totale sono stati fatti 56 errori. Come anche per il gruppo sperimentale
(vedi paragrafo 5.1.3.) abbiamo fatto una cosiddetta classificazione dei tipi di errori fatti da
parte di questo gruppo.
Abbiamo raggruppato gli errori in sei categorie, più le percentuali indicative. La categoria A è
quella più importante ai fini della nostra ricerca, perché riguarda l’apprendimento dell’aspetto
verbale.
Le categorie B e C, ‘sovraestensione’ e ‘transfer’, sono strategie di apprendimento. Le
categorie D e E, ‘accordo di genere’ e ‘accordo di numero’, sono tipi di errori e la categoria F
contiene gli errori di scrittura.
Gli errori più frequenti si trovano nella categoria ‘imperfetto al posto del participio passato’.
Sono casi in cui l’apprendente ha dovuto usare una forma del participio passato, ma invece
51
ha usato una forma dell’imperfetto. Un’altra categoria relativamente diffusa è quella della
sovraestensione. Sono casi di sovraestensione che riguardano soprattutto l’uso del participio
passato. Relativamente pochi sono invece gli errori nella categoria ‘accordo di numero’.
Nella tabella 15 sono visibili le 5 categorie con il numero di errori e le percentuali.
Tabella 15: categorie degli errori fatti dal secondo gruppo (N=12) in numeri assoluti e
in percentuali
Categoria
Numero di errori
Percentuali
A. Imperfetto al posto del PP
13
23,2%
B. Sovraestensione
12
21,4%
8
14,3%
D. Accordo di genere
10
17,9%
E. Accordo di numero
3
5,3%
F. Ortografia
10
17,9%
TOTALE
56
100%
C. Transfer
La tabella 15 ci fa vedere quali categorie sono state distinte riguardanti gli errori commessi
dall’intero gruppo di apprendenti L2. In base a questa tabella faremo vedere degli esempi per
ogni categoria.
A. Imperfetto al posto del participio passato
L’errore più importante ai fini dello studio, è stato ovviamente l’uso dell’imperfetto laddove è
obbligatorio usare il participio passato e viceversa. Abbiamo riscontrato 13 errori di questo
tipo, ovvero il 23,2% degli errori fatti in totale. Sono stati tutti errori fatti nei casi in cui è stato
usato l’imperfetto quando l’italiano richiederebbe una forma del participio passato. Il
contrario, quindi l’uso di una forma del participio passato laddove è richiesta una forma
dell’imperfetto, non è stato riscontrato. Alcuni esempi sono:
1. ‘Nell'estate dell'anno 2005, io e la mia ragazza siamo andato in vacanza a Roma. Era
la mia prima volta in Italia, e questa vacanza era molto bella.’
2. ‘Le due settimane erano una dei miei vacanze migliore, e quando sono tornata in
Olanda, […].’
3. ‘In estate andavo in Italia con nuove dei miei amici.’
52
La difficoltà della differenza nell’uso dell’aspetto verbale si trova probabilmente nel fatto
che in olandese viene quasi soltanto usato l’imperfetto anche laddove l’italiano richiede il
participio passato. Per gli apprendenti olandesi dell’italiano L2 è quindi difficile sapere
quando usare le forme del passato prossimo, com’è visibile negli esempi 1-3.
B. Sovraestensione
Nella categoria della sovraestensione abbiamo riscontrato 10 errori, ovvero il 21,4% del
totale degli errori. Questi errori riguardano soprattutto l’uso del participio passato, come per
esempio il verbo avere:
4.
‘Miei amici e io abbiamo ballati in un bar.’
5. ‘Abbiamo traversati la Francia fina alla Costa Azzurra […].’
6. ‘Abbiamo presi l’autobus per arrivare là.’
In questi tre esempi si parla di sovraestensione dell’uso del participio passato in
combinazione con il verbo essere, in cui la forma di questo tempo verbale cambia col
soggetto. In tutti questi esempi il soggetto della frase è noi, quindi plurale, per questo gli
apprendenti pensavano che il participio passato cambiasse anche, però il participio
passato non cambia col soggetto quando viene usato il verbo avere.
Altri esempi:
7. ‘Ho videto sull’internet quando era a casa,[…].’
8. ‘[…] ma un giorno la mia ragazza ed io abbiamo decidato di visitare una citta fuori di
Roma insieme […].’
9. ‘Ho dormentato nella casa di lui.’
10. ‘Dopo la vacanza ho decisato per studiare la lingua italiana.’ [l’apprendente in questo
caso ha probabilmente capito che il verbo decidere è irregolare, ma sbaglia
comunque]
Negli esempi 7-10 l’apprendente non sapeva che il verbo fosse irregolare, quindi in tutti i
casi è stato usato la forma regolare del participio passato.
53
C. Transfer
Per quel che riguarda il transfer, cioè quegli errori che sono influenzati dalla madrelingua
dell’apprendente, troviamo nei testi 8 errori, ovvero il 14,3% del totale degli errori. Abbiamo
trovato errori di transfer soprattutto nell’uso del participio passato come vediamo nei prossimi
esempi:
11. ‘Eriamo a un luogo belissima, vicino a Firenze. Avriamo una casa grande con un
piscina.’
12. ‘[…] ma voleviamo rimanere ancora una settimana. […] Il viaggio a Amsterdam era
molto lungo, ma quando cantaviamo canzoni, il tempo fugiva.’
In questi esempi si tratta del transfer della terza persona plurale che finisce di solito in iamo, ma nell’imperfetto viene tralasciata la -i. In più, i verbi essere e avere sono
irregolari, quindi nell’esempio 11 si tratta anche di sovraestensione.
D. Accordo di genere
Nella categoria ‘accordo di genere’ si trovano 10 errori, ovvero il 17,9% del totale degli errori
fatti. Abbiamo notato questo tipo di errore soprattutto nell’uso delle forme del participio
passato, come dimostrano i seguenti esempi:
13. ‘Nell'estate dell'anno 2005, io e la mia ragazza siamo andato in vacanza a Roma.’
14. ‘Siamo stato a un campeggio al Lago di Garda.’
15. ‘[…] siamo guidato a la Grand Canyon.’
In questi tre esempi il soggetto è plurale, mentre gli apprendenti usano la forma singolare
del participio passato, nel esempio 15 viene anche sbagliato il tipo di verbo ausiliare
(dovrebbe essere abbiamo guidato).
16. [scritto da un ragazzo:] ‘Luglio questo anno, sono andata a Italia.’
Questa frase è scritta da un ragazzo quindi lui avrebbe dovuto usare la forma maschile
invece di quella femminile.
54
17. [scritto da una ragazza:] ‘Io sono rimasto per 4 giorni.’
Questa frase è scritta da una ragazza, quindi lei avrebbe dovuto usare la forma femminile
invece di quella maschile.
18. ‘[…] e siamo restate amici per parecchi anni.’
Il soggetto della frase è amici, quindi l’apprendente avrebbe dovuto usare la forma
maschile del plurale invece quella femminile.
In questa categoria dell’accordo di genere abbiamo notato soltanto un errore nell’uso
dell’imperfetto:
19. ‘Ho videto sull’internet quando era a casa, […].’
In questo esempio l’apprendente parla di sè, mentre usa la terza persona del singolare.
E. Accordo di numero
Una parte molto piccola riguarda gli errori che sono stati fatti nella categoria ’accordo di
numero’. Sono stati fatti solo 3 errori di questo tipo, cioè il 5,3% del totale degli errori,
soltanto nel caso dell’uso dell’imperfetto. Un esempio:
20. ‘Era tanti piatti, […] era grande tende fuori su montagne, […] era gioci ecc.’
In tutti questi casi l’apprendente usa la forma singolare, mentre il soggetto è plurale.
F. Ortografia
Abbiamo osservato anche in questo secondo gruppo relativamente tanti errori ortografici,
cioè 10, ovvero il 17,9% del totale degli errori fatti. Gli errori ortografici si riscontrano sia
nell’uso del participio passato che nell’uso dell’imperfetto come vediamo nei prossimi
esempi:
21. ‘Erà una bellissima vacanza!’
L’apprendente ha fatto lo stesso errore, quindi ha scritto erà con l’accento, anche nel Ctest.
55
22. ‘Dove la scuola ha presque comminciato.’
L’apprendente ha raddoppiato la lettera m sbagliando.
In base ai risultati ottenuti dal secondo gruppo possiamo dire che gli apprendenti L2 trovano
parecchie difficoltà nell’uso del participio passato e dell’imperfetto. Diversamente dai compiti
scritti dal gruppo sperimentale, gli apprendenti L2 del secondo gruppo dovevano svolgere il
compito usando le forme del passato. La conclusione è che la maggior parte degli
apprendenti non li usa in modo appropriato, il quale è meno visibile nei risultati dei testi del
gruppo sperimentale in cui le forme del passato sono assai rare. In generale vediamo più
difficoltà nell’uso del participio passato rispetto all’imperfetto. Gli apprendenti L2 non hanno
appreso in pieno le forme del passato prossimo e si sbagliano anche nelle forme
dell’imperfetto. La difficoltà maggiore, però, si trova nel fatto che gli apprendenti L2 non
sanno usare il tempo giusto al momento giusto. Per questo si può dire che essi non hanno
ancora appreso a pieno questi tempi verbali e di conseguenza anche loro si trovano nel
secondo stadio (caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la
forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive
azioni passate e concluse, delimitate nel tempo) dei quattro stadi che descrivono
l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003, capitolo 2)
come gli apprendenti L2 che appartengono al gruppo sperimentale.
Nel prossimo paragrafo (5.3.) faremo il confronto fra i risultati di ambedue i gruppi ed il loro
livello di padronanza.
5.3. Il rapporto con il livello di padronanza linguistica
Questo paragrafo è dedicato alla seconda domanda: Qual è il rapporto tra l’uso del sistema
verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello
di padronanza linguistica globale?
Prima di poter indagare il rapporto fra l’uso del sistema verbale in termini di complessità e
accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza linguistica, dobbiamo
conoscere i livelli di padronanza linguistica. In questo paragrafo presentiamo i risultati del Ctest. Come già stato discusso nel capitolo 4 non tratteremo i risultati del test Dialang, dato
che questo test è apparso troppo difficile e quindi non discrimina tra i vari livelli di
padronanza.
56
5.3.1. risultati C-test gruppo sperimentale
La media del C-test ottenuto dagli apprendenti L2 dal gruppo sperimentale è 70, sul
punteggio massimo di 100. Dei 42 apprendenti (5 apprendenti non hanno fatto il test) che
hanno svolto il test il punteggio più alto ottenuto è 93, il punteggio più basso è 46, e 19
hanno ottenuto un risultato più basso della media. Nella tabella 16 abbiamo rappresentato
tutti questi dati.
Tabella 16: media del C-test del gruppo
sperimentale
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
C-test
Gruppo sperimentale
42
69,8
12,4
46
93
63
71
78
N = numero di apprendenti che hanno fatto il C-test
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In base ai punteggi ottenuti nel C-test abbiamo classificato gli apprendenti in tre categorie
diverse, come è indicato nella tabella 17. Abbiamo fatto questa divisione per capire meglio in
quale punteggio ricade la media del gruppo in base ai risultati del C-test.
Tabella 17: classificazione degli apprendenti L2 (secondo gruppo)
nelle varie categorie
Categoria
Punteggio
Numero degli
apprendenti
1. alta
2. media
3. bassa
>80
60-80
<60
8
26
8
In base ai risultati di questo test possiamo dire che circa il 62% degli apprendenti ricade nella
media collettiva e quindi nella seconda categoria, come si può vedere nella sottostante
figura 1, in cui sono rappresentate le percentuali indicative del numero degli apprendenti.
57
19%
19%
categoria 1
categoria 2
categoria 3
62%
Figura 1: risultati del C-test del gruppo sperimentale in percentuali, espressi nelle varie categorie
Riassumendo possiamo dire che la maggior parte degli apprendenti L2 del gruppo
sperimentale si trova al livello medio per quanto riguarda il punteggio del C-test.
Alla luce di questi dati possiamo vedere che la maggior parte degli apprendenti possiede un
livello intermedio sia per quanto riguarda il livello di padronanza linguistica che per quanto
riguarda l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza, dato che il
secondo stadio (Giacalone Ramat: 2003, capitolo 2) non può essere considerato uno stadio
elementare né avanzato.
5.3.2. risultati C-test secondo gruppo
In questo paragrafo tratteremo i risultati del C-test del secondo gruppo. La media del C-test
svolto dai 13 apprendenti appartenenti al secondo gruppo è 68, sul punteggio massimo di
100. Di questi 13 il punteggio più alto ottenuto è 93, il punteggio più basso è 47, e 7 hanno
ottenuto un risultato più basso della media di 68, come si può dedurre dalla tabella 18.
58
Tabella 18: media del C-test del secondo gruppo
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
C-test
Secondo gruppo
13
67,7
13,9
47
93
57
65
78,5
N = numero di apprendenti che hanno fatto il C-test
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In relazione ai vari punteggi ottenuto possiamo fare una suddivisione di questo gruppo, come
abbiamo fatto per il gruppo sperimentale, così come è indicato nella tabella 19.
Tabella 19: classificazione degli apprendenti L2 (secondo gruppo)
nelle varie categorie
Categoria
Punteggio
Numero di
apprendenti
1. alta
2. media
3. bassa
>80
60-80
<60
3
6
4
I risultati di questo test hanno rivelato che circa il 46% degli apprendenti L2 del secondo
gruppo si trova nella seconda categoria. Le percentuali del numero degli apprendenti sono
visibili nella figura 2.
59
23%
31%
categoria 1
categoria 2
categoria 3
46%
Figura 2: risultati del C-test, secondo gruppo, espressi nelle varie categorie
Riassumendo possiamo dire che la maggior parte del secondo gruppo ha il livello medio per
quanto riguarda il C-test, come anche il gruppo sperimentale. Però, il 62% del gruppo
sperimentale ha questo livello, mentre questa percentuale è più bassa per il secondo gruppo,
cioè il 46%. In più abbiamo notato che il 31% del secondo gruppo ha il livello basso, mentre
questa percentuale per il gruppo sperimentale è quasi la metà, cioè il 19%. Possiamo dire,
quindi, che in generale il gruppo sperimentale ha un livello di padronanza linguistica più alta
del secondo gruppo.
Nel prossimo capitolo (6) tratteremo i risultati dei parlanti nativi e faremo il confronto fra
questi risultati e i risultati del gruppo sperimentale in termini di complessità.
60
6. Risultati: parlanti nativi
Premessa
In questo capitolo faremo un confronto tra l’uso del sistema verbale in termini di complessità
da parte del gruppo sperimentale e dei parlanti nativi, per rispondere alla nostra terza
domanda: Quali sono le differenze nell’uso del sistema verbale in termini di complessità fra
gli apprendenti L2 e i parlanti nativi?
Nel capitolo precedente (5) abbiamo rivelato i risultati del gruppo sperimentale in termini di
complessità e accuratezza, adesso li metteremo in relazione a quelli dei parlanti nativi.
Tratteremo, però, soltanto la complessità, e non faremo quindi il confronto fra i due gruppi in
termini di accuratezza, dato che il tipo degli errori che commettono i parlanti nativi, perché
non è detto che i parlanti nativi scrivano in italiano ‘perfetto’, non sarà comunque
paragonabile al tipo degli errori che commettono gli apprendenti L2. Per questo abbiamo
deciso di ignorare il paragone fra i due gruppi riguardo l’accuratezza.
6.1. Confronto gruppo sperimentale e parlanti nativi
Il primo compito scritto è stato svolto da 21 studenti che hanno usato 417 forme verbali, di
cui la maggior parte forme del presente (39%) e dell’infinito (36%). Il secondo compito è
stato svolto da 20 studenti che hanno usato 380 forme verbali di cui anche la maggior parte
sono forme del presente (48%) e dell’infinito (30%). Nel secondo compito sono state usate in
totale meno forme verbali, il che si spiega per il minore numero di apprendenti e per la
minore lunghezza media del testo, come raffigurato nella tabella 1. Dobbiamo aggiungere,
però, che questo è dovuto dal cosiddetto ‘task effect’, ovvero che i due compiti scritti non
richiedevano l’uso di una grande varietà di tempi verbale (quindi non è che i parlanti nativi
non sappiano usare altri tempi verbali, ma semplicemente i compiti scritti richiedevano
principalmente l’uso del presente).
61
Tabella 1: Media e deviazione standard del numero di parole usate
in ambedue i compiti scritti da parte del gruppo di parlanti nativi
Compito 1
21
139
44,9
77
240
102,5
131
160
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Compito 2
20
115
31,4
45
177
94,5
116,5
140,5
N = numero di apprendenti che hanno fatto il compito
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Nella tabella 2 sono esposti i tempi verbali usati da parte dei parlanti nativi con i numeri
assoluti e le percentuali per ambedue i compiti scritti.
Tabella 2: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti per il gruppo di parlanti nativi in numeri assoluti
e in percentuali
Tempo verbale
Assoluto
Percentuale
Assoluto
Percentuale
Comp1
Comp1
Comp2
Comp2
(N=21)
(N=20)
Infinito
151
36,2%
113
29,7%
Presente
164
39,3%
183
48,2%
Participio
32
7,7%
37
9,8%
1
0,3%
0
0,0%
Futuro
25
6,0%
7
1,8%
Condizionale
23
5,5%
13
3,4%
Congiuntivo
21
5,0%
27
7,1%
417
100%
380
100%
passato
Imperfetto
TOTALE
N = numero di apprendenti
Comp1 = compito 1
Comp2 = compito 2
Se confrontiamo questi risultati dei parlanti nativi concernenti l’uso dei tempi verbali con
quelli del gruppo sperimentale possiamo vedere dove si trovano le differenze e le
somiglianze, come si può evincere dalla tabella 3.
62
Tabella 3: uso dei tempi verbali per ambedue i compiti scritti per il gruppo sperimentale e il gruppo di
parlanti nativi in percentuali
Tempo
L2 Comp1
L1 Comp1
L2 Comp2
L1 Comp2
Verbale
N=46
N=21
N=40
N=20
Infinito
31,9%
36,2%
25,7%
29,7%
Presente
55,4%
39,3%
59,2%
48,2%
Participio
3,6%
7,7%
3,9%
9,8%
Imperfetto
0,3%
0,3%
0,6%
0,0%
Futuro
2,3%
6,0%
4,7%
1,8%
Condizionale
2,3%
5,5%
3,0%
3,4%
Congiuntivo
4,3%
5,0%
2,9%
7,1%
100%
100%
100%
100%
passato
TOTALE
L2 = gruppo sperimentale
L1 = parlanti nativi
N = numero di apprendenti
Comp1 = compito 1
Comp2 = compito 2
In base alla tabella 3 possiamo dire che riguardo la complessità nell’uso del sistema verbale
sia il gruppo sperimentale che i parlanti nativi hanno usato più spesso il presente (se o meno
in combinazione con l’infinito) in ambedue i compiti scritti. Per gli altri tempi verbali è stato
notato che questi sono stati utilizzati in modo più frequente dai parlanti nativi, soprattutto per
quanto riguarda l’uso delle forme del participio passato.
Nella tabella 4 abbiamo fatto una classifica dei suddetti tempi usati (infinito/presente,
participio passato, imperfetto, futuro, condizionale e congiuntivo) dai parlanti nativi in base
alla frequenza dell’uso per il singolo tempo verbale.
63
Tabella 4: uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il gruppo di parlanti nativi in ordine decrescente
Posizione
Compito 1 (N=21)
Compito 2 (N=20)
1. (più usato)
Presente
Presente
2.
Infinito
Infinito
3.
Participio passato
Participio passato
4.
Futuro
Congiuntivo
5.
Condizionale
Condizionale
6.
Congiuntivo
Futuro
7. (meno usato)
Imperfetto
Imperfetto
N = numero di apprendenti
Nella tabella 4 possiamo vedere il maggior uso del presente (se o meno in combinazione
con l’infinito) da parte dei parlanti nativi. Una comparazione fra la classifica dei tempi verbali
concernente la complessità per l’intero gruppo di parlanti nativi con la classifica dell’intero
gruppo sperimentale (vedi capitolo 5, tabella 3) è rappresentato nella tabella 5.
Tabella 5: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti in termini di frequenza per il gruppo sperimentale
e per il gruppo di parlanti nativi in ordine decrescente
Posizione
L2 Compito 1
L1 Compito 1
L2 Compito 2
L1 Compito 2
(N=46)
(N=21)
(N=40)
(N=20)
1. (più usato)
Presente
Presente
Presente
Presente
2.
Infinito
Infinito
Infinito
Infinito
3.
Congiuntivo
Participio
Futuro
Participio
passato
4.
Participio passato
Futuro
passato
Participio
Congiuntivo
passato
5.
Futuro/Condizionale
6.
7. (meno usato)
Imperfetto
Condizionale
Condizionale
Condizionale
Congiuntivo
Congiuntivo
Futuro
Imperfetto
Imperfetto
Imperfetto
L2 = apprendenti L2
L1 = parlanti nativi
N = numero di apprendenti
Per quel che riguarda la tabella 5 possiamo dire che in ambedue i gruppi è possibile notare il
maggior uso del presente, ma questo è il risultato del cosiddetto ‘task effect’ come già detto
prima. Vediamo anche che il participio passato si trova sempre al terzo o quarto posto nella
classifica in ambedue i gruppi e l’imperfetto è stato meno usato in ogni compito scritto, sia
64
dagli apprendenti L2 che dai parlanti nativi, ma anche questo è il risultato del ‘task effect’, in
altre parole i compiti scritti non richiedevano l’uso dell’imperfetto. Gli altri tempi verbali hanno
una posizione che varia fra il terzo e il sesto posto. Possiamo dire, quindi, che in termini di
complessità il gruppo sperimentale non differisce molto dal gruppo di parlanti nativi.
Nelle tabelle 6 e 7 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale
relativa ad un solo testo scritto da parte dei parlanti nativi, come abbiamo fatto anche per il
gruppo sperimentale (vedi capitolo 5, tabelle 4 e 5).
Tabella 6: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte
dei parlanti nativi (N=21)
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
Infinito
Presente
21
7,2
3,3
1
15
5
7
8,5
21
7,8
3,6
2
17
5,5
8
9,5
Participio
Passato
15
2,1
1,3
1
5
1
2
3
Futuro
13
1,9
1,1
1
4
1
2
2,5
Condizionale
15
1,5
0,9
1
4
1
1
2
Congiuntivo
10
2,1
1,7
1
6
1
1,5
2
N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In base alla tabella 6 vediamo una media ed una divisione standard quasi simili nell’uso
dell’infinito e del presente concernente il primo compito scritto. Gli altri tempi verbali non
sono stati usati da tutti gli apprendenti, il congiuntivo per esempio non è stato usato
nemmeno dalla metà.
Nella tabella 7 possiamo vedere se esiste una simile divisione per il secondo compito scritto.
65
Tabella 7: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte dei
parlanti nativi (N=20)
Infinito
N
M
Dev. St
Min
Max
Q1
Med
Q3
20
5,7
2
2
8
4
6
7
Presente
20
9,2
4,2
3
19
5,5
9
12
Participio
Passato
13
2,8
1,3
1
5
2
3
4
Futuro
4
1,8
1
1
3
1
1,5
2,5
Condizionale
10
1,3
0,5
1
2
1
1
2
Congiuntivo
14
1,9
1,1
1
4
1
1,5
2
N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Per quel che riguarda la tabella 7 possiamo dire che la deviazione standard è superiore
nell’uso del presente, come vediamo anche nel primo compito scritto. Il presente è stato
usato al massimo 17 volte, con una mediana di 8, mentre nel secondo compito è stato usato
al massimo 19 volte con una mediana di 9.
Il confronto concernente la media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza fra il
gruppo sperimentale e i parlanti nativi per ambedue i compiti scritti è visibile nelle
tabelle 8 e 9.
66
Tabella 8: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte del
gruppo sperimentale (N=46) e dei parlanti nativi (N=21)
N
M
Dev.
St
Min
Max
Q1
Med
Q3
L2
Inf
46
8,4
2,8
L1
Inf
21
7,2
3,3
L2
Pres
46
14,5
3,7
L1
Pres
21
7,8
3,6
L2
PP
25
1,6
1,1
L1
PP
15
2,1
1,3
L2
Fut
18
1,5
0,6
3
14
6
8,5
10
1
15
5
7
8,5
5
21
12
15
17
2
17
5,5
8
9,5
1
4
1
1
2
1
5
1
2
3
1
3
1
1
2
L1
Fut
13
1,9
1,1
1
4
1
2
2,5
L2
L1
L2
Cond Cond Cong
17
15
31
1,6
1,5
1,6
1,3
0,9
0,9
1
6
1
1
2
1
4
1
1
2
1
4
1
1
2
L1
Cong
10
2,1
1,7
1
6
1
1,5
2
L2 = gruppo sperimentale
L1 = parlanti nativi
N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
Tabella 9: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte del
gruppo sperimentale (N=40) e dei parlanti nativi (N=20)
N
M
Dev.
St
Min
Max
Q1
Med
Q3
L2
Inf
40
6,3
2,6
1
14
5
6
8
L1
Inf
20
5,7
2
L2
Pres
40
14,2
4,5
L1
Pres
20
9,2
4,2
L2
PP
23
1,7
0,8
L1
PP
13
2,8
1,3
L2
Fut
21
2,1
1
2
8
4
6
7
6
27
11
14
16,5
3
19
5,5
9
12
1
3
1
1
2
1
5
2
3
4
1
4
1
2
3
L1
Fut
4
1,8
1
1
3
1
1,5
2,5
L2
Cond
15
1,8
1,1
L1
Cond
10
1,3
0,5
L2
Cong
17
1,7
0,6
1
4
1
1
2
1
2
1
1
2
1
3
1
2
2
L2 = gruppo sperimentale
L1 = parlanti nativi
N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale
M = media
Dev. st = deviazione standard
Min = minimo
Max = massimo
Q = quartile
Med = mediana
In base alle tabelle 8 e 9 è possibile dire che solo il presente è stato usato dal 100% sia
degli apprendenti del gruppo sperimentale che dei parlanti nativi in ambedue i compiti scritti.
Abbiamo notato invece che questa omogeneità non è presente per gli altri tempi verbali, che
67
L1
Cong
14
1,9
1,1
1
4
1
1,5
2
è il risultato del ‘task effect’. Infatti possiamo vedere che l’uso ad esempio del futuro risulta
diminuito nel secondo compito scritto da parte dei parlanti nativi, questo vale anche per l’uso
del congiuntivo da parte del gruppo sperimentale. Altro dato interessante appare quello della
deviazione standard che, per quanto riguarda l’infinito e il presente, è molto simile in
entrambi i gruppi per entrambi i compiti. Questo aspetto è molto più accentuato nell’uso del
presente (3,7 versus 3,6 nel primo compito, e 4,5 versus 4,2 nel secondo compito).
Nel prossimo capitolo (7) tratteremo le conclusioni relative alle tre domande principali di
questo lavoro tramite l’interpretazione dei risultati fino a qui ottenuti.
68
7. Conclusione
Nella presente tesi è stato analizzato l’uso del sistema verbale in termini di complessità e
accuratezza da parte degli apprendenti L2. Per quanto riguarda la complessità ci
aspettavamo un minore utilizzo del condizionale e del congiuntivo in relazione agli altri tempi
verbali, dato che essi vengono appresi per ultimi (Giacalone Ramat: 2003). In più ci
aspettavamo un maggiore utilizzo del presente (se o meno in combinazione con l’infinito),
cioè il tempo verbale che viene appreso per primo. Queste ipotesi sono state confermate,
dato che il tempo verbale più usato in ambedue i compiti scritti è stato appunto il presente (il
55% ed il 59%), mentre il congiuntivo ed il condizionale sono stati usati relativamente poco
(non più del 4% in ambedue i compiti scritti). Questo basso utilizzo del congiuntivo è legato
al fatto che gli apprendenti l’hanno ancora appreso, visto che in (quasi) tutti i casi in cui è
stato richiesto l’uso del congiuntivo, è stata usata una forma del presente dell’indicativo (ad.
es. ‘Credo che questo scopo è molto importante.’). Potremmo spiegare questo anche col
fatto che il congiuntivo in olandese viene poco usato e soltanto nella frase principale o nelle
espressioni fisse, mentre in italiano il congiuntivo occupa un posto importante nella
grammatica quotidiana (paragrafo 1.1.5.). Questa differenza nell’uso del congiuntivo può
rendere l’apprendimento di questo tempo verbale ancora più difficile per gli apprendenti
olandesi.
Riguardo all’accuratezza abbiamo notato relativamente pochi errori da parte del gruppo
sperimentale nei compiti scritti (il 14% ed il 13%). Una parte di questi errori ci riporta al
capitolo 1, in cui abbiamo esposto le differenze tra il sistema verbale italiano e quello
olandese. Infatti, gli apprendenti L2 hanno trovato delle difficoltà laddove i due sistemi,
italiano e olandese, differiscono, cioè con l’accordo di genere e l’accordo di numero.
Relativamente più errori, però, sono stati fatti nella categoria ‘sovraestensione’, una strategia
di apprendimento, ovvero nei casi in cui è stata usata una forma regolare laddove è stata
richiesta una forma irregolare.
L’uso del condizionale ci ha stupito, però, dato che nell’uso di questo tempo verbale gli errori
sono stati fatti in quantità minore rispetto all’uso degli altri tempi verbali, ad eccezione del
presente. In più, non sono stati usati soltanto i condizionali che emergono relativamente
presto, ovvero le forme apprese in modo non analizzato come vorrei e sarebbe (Pallotti:
1998). Queste forme sono usate il 21% del totale utilizzo, in tutti gli altri casi è stata usata
un’altra forma (paragrafo 5.1.2.). Questo non corrisponde, quindi, alla nostra ipotesi e
potremmo spiegarlo dicendo che in ambedue i compiti scritti è stato meno di un terzo
dell’intero gruppo di apprendenti che ha usato il condizionale in modo corretto. Forse è stata
69
una coincidenza nel senso che quei pochi hanno avuto più input dell’italiano in qualsiasi
modo.
Per quanto riguarda l’uso del futuro possiamo dire che in generale gli apprendenti L2 hanno
appreso in pieno questo tempo verbale, dato che solo nel 30% dei casi, in cui è stata usata
una forma del futuro in modo corretto, è stata usata la forma epistemica per esprimere il
dubbio, cioè sarà (Pallotti: 1998). Tutte le altre volte (70%) è stata usata un’altra forma del
futuro.
I compiti scritti sviluppati per il progetto CALC non richiedevano l’uso delle forme del
passato, per questo abbiamo sviluppato un altro compito scritto mirato ad utilizzare delle
forme del passato. Grazie a questo test abbiamo potuto indagare fino a che punto gli
apprendenti L2 del secondo gruppo hanno sviluppato le forme del participio passato e
dell’imperfetto. I dati ottenuti ci portano a capire che le forme dell’imperfetto e del participio
passato non sembrano essere apprese a pieno (vedi gli esempi 7-12 nel paragrafo 5.2.3.),
dato che circa il 34%, del totale delle forme usate, è errato. Abbiamo constatato, però, più
difficoltà con le forme del participio passato rispetto a quelle dell’imperfetto (rispettivamente il
38% ed il 29%). Questo dato ci fa riflettere, dato che il participio passato si apprende prima
dell’imperfetto (Giacalone Ramat: 2003). Questo ci porta a pensare che il participio passato
venga appreso prima dell’imperfetto, ma presenta una struttura più complicata. L’analisi degli
errori ha fatto notare difficoltà nell’uso del participio passato data dal fenomeno dell’accordo
del genere, il che non si verifica nell’uso dell’imperfetto e che non esiste nella lingua
olandese (paragrafo 1.1.1.). Il participio passato, infatti, presenta un uso maggiore (circa il
64%) rispetto all’imperfetto (circa il 36%), ma un’accuratezza inferiore (62,5% per il participio
passato e 71,2% per l’imperfetto).
Gli errori analizzati non riguardano soltanto la struttura del tempo verbale, ma sono anche da
collegare al fatto che gli apprendenti non hanno ancora appreso la differenza tra l’aspetto
perfettivo e quello imperfettivo. Questo non ci sorprende, dato che in olandese l’uso
dell’aspetto verbale è diverso che in italiano, e viene usato l’imperfetto laddove in italiano
viene richiesto l’uso del participio passato (capitolo 2).
Dopo aver analizzato l’uso del sistema verbale da parte degli apprendenti L2 abbiamo fatto il
confronto fra questi risultati e il loro livello di padronanza linguistica globale. Abbiamo
ipotizzato esserci un rapporto tra l’uso del sistema verbale e il livello di padronanza
linguistica e i risultati ottenuti hanno confermato questa ipotesi. A parte qualche eccezione, il
gruppo sperimentale si trova nella categoria media per quanto riguarda il C-test. Vuol dire
che la maggior parte del gruppo ha ottenuto un punteggio tra 60 e 80, sul punteggio
massimo di 100. Per quel che riguarda l’uso del sistema verbale la media degli apprendenti è
stata classificata nel secondo stadio degli stadi che descrivono l’acquisizione della
70
morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003). Questo stadio intermedio è
caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma basica, che
esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e
concluse, delimitate nel tempo. Per ambedue i test, quindi, gli apprendenti L2 hanno il livello
intermedio.
Questo livello intermedio è anche riscontrabile nella produzione scritta. Infatti, analizzando i
testi scritti abbiamo potuto valutare che gli apprendenti L2 non si limitano soltanto a
“prendere semplici appunti ed a scrivere brevi messaggi su argomenti riguardanti bisogni
immediati” (livello A2), ma riescono “a scrivere testi semplici e coerenti su argomenti noti o di
interesse esponendo esperienze e impressioni” (livello B1), (Council of Europe: 2001), ad.
es. ‘Secondo me è importante che l’università da attenzione a queste persone.’
Per quel che riguarda la correttezza grammaticale (Council of Europe: 2001) gli apprendenti
L2 appartengono, anche in questo caso, ad un livello B1, in quanto “comunicano con
ragionevole correttezza in contesti familiari e la padronanza grammaticale è generalmente
buona anche se si nota l’influenza della lingua madre. Nonostante gli errori, ciò che cercano
di esprimere è chiaro” (ad. es. ‘Le gente dell’organizzazione “ritorno alla Natura” beneficiano
del sostegno e perciò possono lavorare miglioramente.’). L’esempio riportato dimostra che
l’apprendente riesce ad esprimersi in modo chiaro, anche se con qualche errore
grammaticale e si nota l’influenza della lingua madre (la parola gente in olandese è di
numero plurale al contrario dell’italiano).
In base a questo possiamo dire che c’è infatti una correlazione fra il livello di padronanza
linguistica e l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza. Questo viene
anche rispecchiato nella produzione scritta e nel livello grammaticale generale dove la media
degli apprendenti si trova ad un livello intermedio.
La nostra ultima domanda riguarda il confronto fra il gruppo sperimentale e i parlanti nativi in
termini di complessità. Per quanto riguarda questo confronto abbiamo ipotizzato che ci fosse
una grande differenza fra gli apprendenti L2 ed i parlanti nativi. Abbiamo notato, però, che
anche i parlanti nativi hanno usato le forme del presente in quantità superiore rispetto agli
altri tempi verbali, rivelando quindi una complessità simile al gruppo sperimentale nell’uso del
sistema verbale. Potremmo spiegare questo tramite il cosiddetto ‘task effect’, vale a dire che
non è che i parlanti nativi non sappiano usare altri tempi verbali, ma i due compiti scritti non
hanno richiesto molta varietà di tempi verbali. Per rendere i risultati fin qui ottenuti ancora più
precisi si potrebbe pensare alla formulazione di compiti scritti differenti, così da poter
ricoprire la totalità dell’utilizzo di tutti i tempi verbali. Importante sarà anche somministrare i
compiti scritti ad un unico gruppo di apprendenti, per rendere più semplice l’analisi statistica
sul gruppo di lavoro.
71
Bibliografia
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72
Siti:
http://nl.wikipedia.org/wiki/Modus_(taalkunde)
http://nl.wikipedia.org/wiki/Tempus
http://nl.wikipedia.org/wiki/Aanvoegende_wijs
http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale
http://it.wikipedia.org/wiki/CEFR
http://www.dialang.org
http://wiki.uva.nl/proeve-uva/index.php/Beginnersgids_Markin
73
Allegato 1: C-test
C-test Italiano
Di queste parole manca la metà o la metà + 1. Completa le parole.
Esempio:
Domani pe_ _ _ di and_ _ _ al cin_ _ _ .
Soluzione:
Domani penso di andare al cinema.
Se non conosci una parola, la puoi saltare.
IN BOCCA AL LUPO!
1. Cupido sì, amore eterno no.
Terra di poeti, viaggiatori e innamorati. Il B_ _ Paese risc_ _ _ _ il cu_ _ _ dei
gio_ _ _ _ ? Pare prop_ _ _ di s_ . I gio_ _ _ _ italiani so_ _ i p_ _ innamorati d_ tutti. N_ _
credono a_ _ amore ete_ _ _ , ma a_ colpo d_ fulmine s_ .
Nove ital_ _ _ _ su di_ _ _ hanno de_ _ _ di ess_ _ _ già st_ _ _ innamorati. Ma solo un
giovane su due crede all’amore eterno.
2. McDonald’s sulle pagelle scolastiche
La pervasività della pubblicità negli Stati Uniti non conosce limiti. È succ_ _ _ _ in
u_ _ contea del_ _ Florida, la Seminole County, do_ _ 27000 stud_ _ _ _ delle scu_ _ _
medie s_ sono vis_ _ recapitare a ca_ _ la pag_ _ _ _ (in America vi_ _ _ di sol_ _ _
inviata p_ _ posta) su_ _ _ quale e_ _ stata stam_ _ _ _ la pubbl_ _ _ _ _ degli ‘Happy
Meals’ d_ McDonald’s. Non so_ _ : ogni studente che riporta buoni voti ha diritto a un
‘Happy Meal’ gratis.
3. Cocaina in macchina
Un cittadino tedesco è stato arrestato nei pressi di Prato per traffico internazionale di
stupefacenti. Tutto co_ _ in u_ film: l’insospe_ _ _ _ _ _ _ turista c_ _ nasconde l_ droga
n_ _ doppiofondo de_ _ _ valigia. L’uo_ _ è st_ _ _ fermato d_ _ carabinieri p_ _
un cont_ _ _ _ _ mentre e_ _ a bo_ _ _ di u_ _ macchina d_ grossa cilin_ _ _ _ _ .
74
I mil_ _ _ _ _ hanno tro_ _ _ _ sei ch_ _ _ di coc_ _ _ _ . L’uomo aveva nascosto le buste
sotto il sedile.
4. Tornano di moda i cavalli
Sono oltre 70 le città francesi che hanno scelto il cavallo invece del motore per alcuni servizi
pubblici. Niente p_ _ scuolabus o cam_ _ _ per l_ raccolta d_ _ rifiuti, m_ carrozzelle a
cav_ _ _ _ e carr_ _ _ _ . A St Pierre sur Dives nel Calvados
i bam_ _ _ _ vanno a scu_ _ _ in carroz_ _ _ _ _ comunale A Trouville, sem_ _ _ in
Normandia, l_ bottiglie d_ vetro vu_ _ _ circolano s_ _ carretti. Tor_ _ _ _ all’ant_ _ _ è
an_ _ _ la sce_ _ _ del com_ _ _ di Castelbuono, in Sicilia. A Castelbuono sono stati
recuperate gli asinelli per la raccolta differenziata.
5. Sparatoria in una clinica a Napoli
Sparatoria all’ingresso della clinica Villa Betania nel quartiere Ponticelli a Napoli. Una per_ _
_ _ , forse u_ paramedico, risult_ _ _ _ _ _ ferita a_ una ga_ _ _ . L’uo_ _ che h_ fatto
fu_ _ _ all’int_ _ _ _ della cli_ _ _ _ Villa Betania avr_ _ _ _ sparato p_ _ «motivi pass_ _ _
_ _ _ » . Le condi_ _ _ _ _ dell’infer_ _ _ _ _ che è st_ _ _ colpito al_ _ coscia sini_ _ _ _ ,
non appa_ _ _ _ preoccupanti. La prima prognosi rilasciata dai medici che l’hanno assistito è
di dieci giorni.
75
Allegato 2: compito di scrittura 1 CALC
Task 1
La tua università ha deciso di sponsorizzare a partire da quest’anno un’organizzazione nonprofit, con una somma di €50.000. Sono state proposte tre associazioni:
1) Ritorno alla Natura
2) ASPH (Associazione Sportiva Portatori di Handicap fisici e mentali)
3) Prima gli animali
La selezione verrà fatta da una commissione composta da studenti. Ogni membro della
commissione deve scrivere una breve relazione per indicare a chi dovrebbero andare i soldi
e per quale motivo. In base agli argomenti indicati dai membri della commissione l’università
deciderà in seguito quale di queste organizzazioni verrà sponsorizzata.
Quest’anno tu sei membro della commissione. Leggi qui le descrizioni delle tre
organizzazioni e decidi a quale associazione secondo te devono andare i soldi. Nella
relazione devi fornire almeno tre argomenti per motivare la tua scelta. Cerca di essere molto
chiaro. Nel tuo testo devono essere presenti i seguenti punti:
-
l’associazione che verrà sponsorizzata;
-
lo scopo dell’associazione;
-
chi potrà beneficiare del sostegno;
-
perché l’università deve sostenere l’associazione (3 argomenti)
Hai 35 minuti di tempo per scrivere un testo di almeno 150 parole (circa 15 righe). Per
questo compito non è ammesso l’uso del dizionario.
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Ritorno alla Natura
ASPH
(Associazione Sportiva
Portatori di Handicap
fisici e mentali)
Prima gli Animali
Ritorno alla Natura è
Prima gli Animali lotta
un’organizzazione che
per la difesa degli
cerca di salvare i pochi
animali minacciati.
luoghi nel nostro paese ASPH sostiene le
in cui la natura è rimasta associazioni sportive
intatta.
che prendono iniziative a
favore dei bambini
portatori di handicap.
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Allegato 3: compito di scrittura 2 CALC
Task 2
Ogni mese il tuo giornale favorito offre ai lettori la possibilità di decidere quale sarà l’articolo
principale dell’inserto mensile. Per il prossimo numero la redazione ha proposto i seguenti
temi:
1) L’effetto serra
2) Esercizio fisico
3) Esperimenti sugli animali
La selezione di uno di questi articoli verrà fatta da un comitato di lettori. Ogni membro del
comitato deve scrivere una breve relazione per indicare quale articolo deve essere scelto e
per quali motivi. In base agli argomenti indicati dai membri del comitato, la redazione
deciderà in seguito quale sarà l’articolo che apparirà in prima pagina.
Questa volta sei tu a far parte del comitato dei lettori. Leggi qui le descrizioni degli articoli e
decidi quale ti sembra quello più adatto per la prima pagina dell’inserto e perché. Nella tua
relazione devi fornire almeno 3 argomenti per motivare la tua scelta. Cerca di essere molto
chiaro. Nel tuo testo devono essere presenti i seguenti punti:
-
Quale articolo deve essere scelto?
-
Qual è l’importanza dell’articolo?
-
Per quali lettori l’articolo ti sembra interessante?
-
Per quali motivi l’articolo deve apparire in prima pagina (3 argomenti)
Hai 35 minuti di tempo per scrivere un testo di almeno 150 parole (circa 15 righe). Per
questo compito non è ammesso l’uso del dizionario.
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L’effetto serra
Esercizio fisico
Esperimenti sugli
animali
In tutto il mondo è in
corso un dibattito su
quali misure sono
necessarie per
combattere l’effetto serra
e perché.
Il Ministero della Sanità
vuole promuovere una
campagna nelle scuole
per prevenire il fatto che
i giovani diventino
sempre più grassi e per
far sì che facciano più
esercizio fisico.
Si calcola che ogni anno
nel mondo vengono
utilizzati e uccisi tra 50 e
100 milioni di animali
durante e dopo gli
esperimenti sugli
animali.
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Allegato 4: compito di scrittura secondo gruppo
Compito scritto
Scrivete un testo di almeno 100 parole su uno dei seguenti soggetti:
- una bella vacanza passata (quando è stata, con chi eravate, dove, ecc.)
- un bel ricordo di una festa (potrebbe essere di tutto, per esempio la festa di compleanno o
la festa di San Nicola; come l’avete festeggiata, dove, e perché vi è piaciuta questa festa in
particolare, ecc.)
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