Le logiche di sviluppo della marca

annuncio pubblicitario
© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001
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Le logiche di sviluppo della marca∗
David Court, Anthony Freeling, Mike George∗∗
Abstract
Ci sono stati dei cambiamenti negli ambienti in cui le marche competono – i consumatori sono sempre
più sofisticati, i media e i canali distributivi si sono moltiplicati – questo richiede alle imprese di sviluppare
strategie di marketing in modo diverso.
Da un punto di vista globale, per esempio, creare, gestire, e difendere una marca non è più ruolo esclusivo dei produttori. Ogni attore della supply chain potrebbe averne uno.
La marca non ha esaurito la sua abilità nell’attrarre consumatori. Al contrario, le strategie di marca continuano ad essere la pietra angolare del marketing. Chiunque aspiri ad acquisire parte del valore generato
dal canale distributivo avrà sempre bisogno delle marche, avrà bisogno di sapere come costruirle e continuerà a farlo per sviluppare una relazione con il consumatore.
Keywords: Strategie di marca; Gestione della marca; Nuovi media; Nuovi canali distributivi; Concorrenza
globale
“Le marche sono morte, o quantomeno moribonde”. Questa affermazione traduce una delle grandi preoccupazioni del marketing di questi ultimi
anni.
È una preoccupazione giusta? Certamente No. Al contrario, le marche
godono ottima salute ma il loro posto nell’ambiente è cambiato. Le marche
sono sempre state, e continuano ad esserlo, un mezzo importante per appropriarsi delle eccedenze – o dei profitti – di un settore industriale. Il nuovo ambiente di marketing – esigenze dei consumatori, frammentazione dei
canali di distribuzione e complessità del panorama tecnologico – fornisce
da questo punto di vista delle solide opportunità, ma impone anche dei
nuovi obblighi. In effetti non c’è più alcuna evidenza che indichi che debba
essere il fabbricante a detenere la marca: tutti i partecipanti ad una filiera
– dai fornitori ai distributori – possono detenerne una. Tuttavia questa posizione non si ottiene sempre facilmente: il ‘diritto di marca’ si conquista.
1. Diritti da conquistare
Potrà sorprendere, ma nessuno è d’accordo su cosa sia effettivamente
una marca. Per alcuni bisogna considerarla in una accezione relativamente stretta di nome commerciale. Per altri è un’immagine che può essere
utilizzata per mettere in evidenza vantaggi e differenze. Da parte nostra
preferiamo una definizione più ampia: la marca riunisce al tempo stesso i
vantaggi tangibili ed intangibili di un prodotto o servizio. Essa fa riferimento a tutto quanto il cliente sperimenterà e implica tutti gli strumenti necessari per comunicare questa esperienza: il nome, la pubblicità, il prodotto o
il servizio stesso e in molti casi, il canale di distribuzione.
∗
Tradotto su autorizzazione da ‘De l’art de bâtir une marque’, L’Expansion Management Review, marzo 1997
∗∗
McKinsey
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Storicamente le marche dei produttori hanno dominato il mercato sostenute da una pubblicità nazionale. Durante gli ultimi 50 anni queste marche
si sono avvantaggiate della mancanza di sicurezza dei consumatori e della potenza relativa dei canali di distribuzione nella misura in cui questi ultimi tendevano a restare frammentati. Esse hanno anche beneficiato di
economie di scala grazie alle tecnologie di produzione di massa ed alla
supremazia di un supporto pubblicitario più intenso – la TV – che permetteva di sviluppare il valore per i consumatori e di rinforzare la loro fedeltà.
Per le imprese era il mezzo per praticare prezzi elevati, per trarre il massimo profitto dai consumatori e per assicurarsi una posizione vantaggiosa
nelle negoziazioni con i dettaglianti.
Questo modo di vedere era giustificato in un mondo infinitamente più
semplice di quello di oggi. I commerciali potevano ancora concentrarsi sul
consumatore – sui vantaggi da offrirgli – e sulla pubblicità. Potevano ignorare gli altri anelli della catena industriale e gli altri mezzi di comunicazione. Ai giorni nostri la necessità di adottare una prospettiva globale in materia di marketing implica che queste semplificazioni, troppo comode, non
abbiano più ragione d’essere. Questo non significa che le marche abbiano
perduto importanza. Anzi al contrario. Le strategie di marca continuano ad
essere la pietra angolare del marketing. E chiunque ambirà ad una parte
delle eccedenze commerciali del mercato avrà sempre bisogno delle marche. Dovrà saperle costruire e, come in precedenza, avrà l’obiettivo di sviluppare una relazione sostenibile con il consumatore.
2. Consumatori sofisticati
Molte marche lanciate dalla TV hanno conosciuto un successo fondato
sulla fiducia. Che si tratti di una marca di un produttore come Tide, o di
quella di un distributore come Sears negli Usa la relazione – ed i prezzi
elevati – era radicata nel sentimento di fiducia di un gruppo di consumatori, generalmente’naif’ sul valore. Oggi, tuttavia, il consumatore ha preso
confidenza e sa giudicare le cose secondo il loro giusto valore, di modo
che la fiducia, così come la si concepiva, non ha più alcun peso sulla bilancia.
Bisogna dunque trovare altri modi per apportare un valore specifico per
un insieme di consumatori sempre più cinici. Allo stesso tempo, a forza di
frammentare la popolazione ed i suoi bisogni, si è giunti ad estrarre una
grande diversità di buoni segmenti di mercato, anche nelle categorie dei
prodotti più omogenei.
3. Media multipli
Se l’universo totalmente interattivo deve ancora venire, canali mediatici
multipli e programmi di marketing diretto assai sofisticati hanno migliorato
in modo singolare le capacità delle marche di comunicare efficacemente
verso segmenti di popolazione sempre più piccoli. Coca-Cola, ad esempio, pratica già venti variazioni diverse della sua pubblicità negli USA. E
sempre più imprese ne seguiranno le orme.
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4. Nuovi canali di distribuzione
Le industrie di abbigliamento di beni durevoli come gli operatori del packaging o dei servizi finanziari constatano tutti una proliferazione dei canali disponibili.
Questo rende complesso il lavoro del marketing per rispondere ai bisogni specifici di segmenti isolati. Numerose imprese si sono lanciate su vie
nuove: in Germania, Eissmen consegna a domicilio piatti surgelati; nel
Regno Unito, First Direct sviluppa la banca per telefono; e, negli USA, Cott
vende la sua cola Sam’s Choice attraverso la rete Wal-Mart. Simili approcci innovativi intensificano ed allargano la concorrenza.
In questo nuovo ambiente di marketing, detenere il ‘diritto di marca’ significa essere nella migliore posizione nel proprio settore per approcciare
il consumatore, per conquistare la sua fiducia, e per costruire una relazione con lui. A parità di condizioni, il diritto di marca sarà in particolare di chi
saprà mantenere la più efficace relazione con la domanda, controllare i
clienti-chiave per liberare e differenziare valore.
5. Differenziare il valore per i clienti
Come nel passato, il valore per il consumatore permette delle distinzioni
che superano il semplice vantaggio di un prodotto. Grazie alle nuove tecnologie, si propongono prodotti migliorati o meno costosi, e/o si struttura il
sistema stesso per accrescere il valore. Ad esempio, CNN ha preso coscienza del fatto che un ‘videofiume’ – un torrente ininterrotto di informazioni visive – sedurrebbe persone educate all’epoca della televisione, e ha
completamente riconfigurato il paesaggio dei giornali radio e TV.
Utilizzando i servizi in loco con poca o nessuna produzione in studio,
CNN ha ridotto la propria dipendenza dai sindacati e dai presentatori noti.
Facendo questo, CNN ha eliminato alcuni partecipanti della catena industriale e ha aumentato i profitti potenziali degli attori in gioco.
6. Controllare i clienti-chiave
Coca-Cola e Pepsi possiedono l’una e l’altra la ricetta, l’etichetta e
l’immagine sono il punto di forza del loro valore globale. Allo stesso modo
Marks & Spencer domina il mercato inglese dei piatti refrigerati perché
controlla allo stesso tempo la propria rete di distribuzione, i propri punti
vendita e la propria immagine di marca.
Questo non significa, tuttavia, che una impresa debba possedere tutto.
Ad esempio, numerosi produttori sono in grado di apportare, a prezzi
competitivi, una parte importante, ma parziale, del valore globale al
consumatore. In questi casi, lasciare ai distributori il compito di
completare questo valore può essere un ottimo modo di generare delle eccedenze. Fornitori come Ralston Purina negli USA
o Northern Foods e United Biscuits nel Regno Unito hanno deciso
di procedere in questo modo. Combinando gli avanzamenti tecnolo-
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gici con un notevole servizio ai clienti, essi giungono almeno ad un diritto
di marca parziale. Per alcuni aspetti, questo modello assomiglia a quelli
messi in pratica dalle associazioni di consumatori in Giappone da numerosi anni: alcuni distributori potenti, controllando la funzione di vendita/gestione del canale, governano una grande parte dello sforzo di marketing.
7. Intrattenere la più efficace relazione con i clienti
Neppure il migliore approccio al cliente consente di vendere un prodotto
o un servizio se il consumatore non ne sa nulla. Nella misura in cui costruire una marca richiede delle buone relazioni con i clienti, l’impresa che è
loro più vicina è spesso quella nella migliore posizione. Così, in numerosi
settori, il canale di distribuzione (ad esempio i consiglieri finanziari nelle
assicurazioni e i dettaglianti nella moda) detiene il vantaggio. La pubblicità
costituisce per gli altri attori della catena un mezzo per stabilire una relazione con il cliente, ma essa non attiva altro che una comunicazione unilaterale che, generalmente, non è né personale né opportuna. Questa pubblicità non ha dunque l’efficacia del contatto diretto.
Al contrario, numerosi sono i casi in cui i consumatori non ricercano relazioni personalizzate, individuali. Certi clienti possono anche opporre resistenza se i dettaglianti, per prodotti a debole implicazione, tentano di
stabilire simili relazioni, ad esempio tramite le carte fedeltà. In questi mercati, la pubblicità può rivelarsi valida. Nella maggior parte dei casi, la marca naturale – l’impresa che detiene il diritto di marca – è quella che si è
dotata degli strumenti più efficaci per assicurarsi le relazioni con i clienti.
Nell’ ambiente attuale, il modo di utilizzare i media può essere molto differente da una marca all’altra. Piuttosto che rivolgersi ad un pubblico vasto, alcuni preferiscono una programmazione destinata ad alcuni consumatori, addirittura ad uno solo. Altri praticano un ascolto attivo della clientela. Altri ancora arrivano fino a lavorare con quest’ultima per costruire una
relazione. Bisogna notare che i nuovi media possono produrre questo risultato per investimenti meno onerosi rispetto al 20/35% del fatturato destinati in precedenza da alcune grandi marche tradizionali. In effetti in certi
casi, quando il valore della marca è unico e chiaro il passaparola è sufficiente.
Due categorie ben note – i soft drink ed i servizi finanziari – mostrano fino a che punto sia importante assicurarsi un diritto di marca (vedi Tabella
1).
Nelle bevande, Coca-Cola e Pepsi hanno sopportato perdite consistenti
di quota di mercato nel Regno Unito ed in Canada e cominciano a subirne
negli Stati Uniti per il fatto che Wal-Mart, Sainsbury e altri hanno lanciato
marche commerciali di cola. Il problema per le grandi marche è che se
hanno saputo differenziarsi in termini di valore per il consumatore, anche
le nuove l’hanno fatto. Le loro ‘sodas’ hanno lo stesso gusto ma si vendono a molto meno. Le une e le altre controllano l’elemento essenziale – lo
sciroppo – anche se in un caso il produttore è proprietario del prodotto,
mentre nell’altro il distributore l’ha ottenuto per contratto.
Ma Coca-Cola e Pepsi hanno sempre fatto ricorso ad una costosa pubblicità di primo piano, che è un modo oneroso di raggiungere i consumatori. Al
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contrario, i distributori fanno uso di una pubblicità minimalista, se la si
considera in termini percentuali rispetto al fatturato. Questi contano
sull’impatto cumulato delle proprie marche – Sainsbury nel Regno Unito,
President’s Choice in Canada, o Sam’s choice negli Stati Uniti – per comunicare il proprio valore al consumatore.
In tutto un altro settore, quello dei servizi finanziari nel Regno Unito, le
banche tradizionali hanno speso somme considerevoli per tentare, senza
troppo successo, di imporsi come marca. Allo stesso tempo, le compagnie
bancario-telefoniche come First Direct hanno dato prova di essere veramente dotate per questo genere di relazioni con i consumatori. Ciò è successo perché, sebbene le banche tradizionali possedessero gli attivi essenziali, non hanno tenuto con riguardo gli altri due requisiti: esse non avevano sviluppato un valore differenziato per i clienti. Si può sempre convincersi che ‘La nostra banca è la vostra’ costituisca un valore differenziato, ma è semplicemente falso, soprattutto nel momento in cui tutte le banche adottano all’incirca lo stesso linguaggio. Da qui tentativi onerosi ma
inefficaci per stabilire un legame con il consumatore. Al confronto, First
Direct spendeva certamente molto meno per attirare il cliente e fidelizzarlo.
Tabella 1: Le esigenze della marca
8. Sette strategie per costruire una marca
È chiaro che questo nuovo ambiente è sempre più esigente, ma esso
consente anche agli industriali un largo ventaglio di approcci per stabilire il
loro diritto di marca.
Le imprese si servono di una grande varietà di modelli per costruire la loro relazione con i consumatori. Un modello comprende sia ciò che la marca
è sia come essa viene sviluppata e mantenuta. Abbiamo evidenziato sette
modelli che illustrano bene l’ampiezza del cambiamento a partire dal modello dominante unico. Certamente questa lista non è esaustiva ed i modelli
si sovrappongono in parte ma danno un’idea dell’ampio ventaglio di approcci concepibili. In realtà, non si può associare una determinata società o
un determinato settore con un modello specifico. Alcune grandi marche di
domani avranno saputo costruire un’immagine inattesa nel proprio settore.
Ad esempio, la divisione alimenti per l’infanzia di Nestlè-France ha creato
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delle stazioni di aiuto alle mamme sulle principali autostrade; essa intende
così sviluppare una base di dati per sviluppare programmi di marketing
diretto su di un segmento che si penserebbe riservato alla pubblicità di
massa. E IDS divisione di American Express si è costruita una immagine
di servizi di aiuto al cliente nella pianificazione del suo avvenire finanziario
a lungo termine; mentre molti altri servizi finanziari si stanno indirizzando
verso i modelli ‘annunciatore’ o ‘monogamo’. Si può scegliere questo genere di immagine inattesa per trovare nuove opportunità in mercati considerati maturi e per evitare di essere occultati dai concorrenti.
Al momento di decidere se esista una opportunità per un marca, la sfida
consiste nel comprendere il livello potenziale della domanda che si può
creare attraverso i diversi modelli, e gli approcci adeguati per captare questa domanda. Questo approccio aiuta a farsi un’idea sulle eccedenze che
possono essere generate su di un mercato e dei vincitori capaci di impadronirsene.
Come sempre, per valutare una strategia di marca potenziale bisogna
considerare tutti gli aspetti della domanda di consumo, ma con una dimensione supplementare. Bisogna assicurarsi che il modello sarà ben accolto dall’insieme dei consumatori del prodotto o servizio. Alcuni apprezzeranno una relazione di marketing diretto; altri preferiranno apportare loro
stessi parte del valore; altri ancora sceglieranno l’impresa che si faccia carico di tutto; altri infine apprezzeranno i vantaggi di una pubblicità di massa. Ma la domanda chiave rimane: quanti di loro preferiscono la relazione
che io propongo? E quale cifra accetterebbero di pagare per questo prodotto/servizio? Le risposte richiedono più di una semplice segmentazione
del mercato in quanto i bisogni dei consumatori, i canali di distribuzione ed
i costi dei nuovi media cambiano così rapidamente che le imprese debbono realizzare le proprie stime allo stesso tempo sia su una domanda attuale sia su una domanda latente, per ogni proposta.
Il problema è sviluppare una clientela fedele a molto lungo termine. È
importante nella stima della domanda misurare il livello di conoscenza del
consumatore ed il suo coinvolgimento, ovvero la sua volontà di dedicare
del tempo alla comprensione del valore del prodotto/servizio e di interagire
con che l’ha messo sul mercato. Ad esempio, la scelta della trasparenza
domanda un forte coinvolgimento, dal momento che il cliente ha bisogno
di assimilare la comunicazione. Lo stesso discorso vale per i modelli più
complessi come la ‘marca servizio’, ad esempio, dove il consumatore deve comprendere molto bene l’offerta, o ancora come la ‘marca semplificatrice’ che impone una partecipazione al prodotto. Altri modelli non richiedono lo stesso livello di coinvolgimento. Il mega ‘annunciatore’, ad esempio richiede poca riflessione e si rivelerà tanto più efficace quanto minori
sono le conoscenze del consumatore.
Il cuore dell’azione di marketing consiste nel trovare i mezzi per coltivare il
coinvolgimento del consumatore, nella misura in cui questo dà accesso ad
un maggior numero di leve. Il diritto di marca – e la possibilità di essere colui
cui tornano le eccedenze – dipende dalla relazione che si stabilisce. Ad esempio nel caso della marca ‘seduttrice’ l’eccedenza è generata dalla novi-
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tà, cosa che non è il punto forte di molti produttori. Se la novità si fonda su
dei nuovi vantaggi per il prodotto saranno i produttori a trarre vantaggio
dalle eccedenze. Mentre se questa si basa sul prezzo, come nel caso di
promozioni speciali, saranno i distributori a beneficiarne, dal momento che
è da essi che proviene la seduzione agli occhi dei consumatori.
La marca ‘annunciatore’ ha ancora un bel futuro davanti a sé. Essa deve
tuttavia superare degli ostacoli sempre più elevati. Tra questi essa deve
poter proporre ai consumatori dei vantaggi di prodotto sempre migliori. Se
vi era un tempo in cui la semplice fiducia era sufficiente per la scelta di
una marca, oggi un consistente numero di persone compra solo se ha
pienamente compreso i vantaggi di questa marca, mentre altre restano
clienti fondamentalmente perché non si danno la pena di cambiare. Davanti ad una simile clientela le marche non possono limitarsi a vendere ad
un prezzo ragionevolmente elevato. Nella maggior parte dei casi debbono
considerare una detrazione dal 10 al 25%. In più le marche devono essere
completamente affidabili con riguardo ai vantaggi promessi, altrimenti i
consumatori si rivolgono verso nuovi prodotti.
A termine la marca annunciatore dovrà tornare alle stesse basi del proprio approccio. Dovrà fondarsi sul volume per sviluppare un sistema di distribuzione superefficace, in un’ottica di prezzi ridotti. Dovrà anche innovare per differenziare in modo chiaro il valore per i propri clienti. Infine essa
dovrà investire sufficientemente in pubblicità per sostenere la domanda e
pensare sempre di più alla PLV per rinforzare il suo messaggio.
Il suo diritto di marca si basa sulla sua attitudine a differenziarsi dagli imitatori, mantenendo le spalle sufficientemente larghe per finanziare il suo
sforzo pubblicitario.
Si può constatare ogni giorno che questo modello di marca annunciatore
conosce un rinnovamento. Grandi fabbricanti – Procter & Gamble, Kraft o
Unilever ad esempio – investono in modo consistente per ridurre i propri
costi e mantenere la pubblicità delle marche. Questo approccio non è tuttavia il solo.
La marca ‘seduttrice’ attira a sè il consumatore proponendo continuativamente delle novità che attirano la sua attenzione e stimolano un sentimento di urgenza all’acquisto. La novità può essere una differenza di
prezzo, un quadro promozionale o nuove caratteristiche. Questo modello
viene scelto da un gran numero di dettaglianti in molti settori. Gli alimentari
poggiano su degli sconti che attirano i clienti, la moda su dei prodotti civetta a buon mercato, contrapposti ad altri con prezzi elevati. Nell’elettronica
di consumo costruttori come Sony sono diventati maestri nell’arte di perfezionare i propri prodotti per generare una domanda per rimpiazzarli. In
materia di comunicazione nella maggior parte dei casi ‘il supporto è il
messaggio’. Si può annunciare una novità tramite la pubblicità ma il luogo
di vendita o il prodotto stesso devono essere fonte di attrazione. Il diritto di
marca si basa su questa novità.
Come il modello della marca annunciatore, questo modello relativamente
datato funziona sempre a meraviglia, e spesso meglio che mai, a dispetto di
certi annunci di obsolescenza. A titolo di esempio, Information Resources
Inc.ha realizzato recentemente uno studio che metteva a confronto una poli-
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tica di prezzo basso costante con una politica di prodotti civetta su 63 categorie alimentari americane. I negozi che esponevano dei prodotti civetta
ottenevano vendite dal 2 al 3% superiori a quelle degli altri.
La ‘marca individualista’ costruisce le proprie relazioni una ad una. Si
fonda sulla ricerca di marketing e sui vantaggi tecnologici per segmentare
la base dei suoi consumatori in piccoli gruppi di utilizzatori, fino ai singoli
individui, e adatta il suo messaggio, il suo marketing mix ed i suoi prodotti
ai bisogni dei cliente.
Con questo obiettivo preciso, la comunicazione diventa essenzialmente
un dialogo, che può rivelarsi più efficace sia sotto la forma di una relazione
sia sotto quella di un’azione allargata.
Il diritto di marca si conquista in parte grazie al possesso della base di
dati sulle transazioni individuali e grazie alla capacità di interpretarle.
All’origine di questo approccio si trovano giganti della vendita per corrispondenza come Fingerhut che, ad esempio, invia il catalogo alla nonna
solo qualche settimana prima del compleanno della nipote. Le compagnie
aeree vi hanno fatto seguito, mettendo in atto un programma sulla frequenza di volo dei propri clienti. Poi gli specialisti del packaging hanno seguito queste orme. Una rivista di direct marketing rilevava recentemente
che più di 400 imprese utilizzando imballaggi stanno sperimentando la
vendita diretta; questo rappresenta il 300 % in più in tre anni.
A dispetto di questa crescita molti adepti ottengono ancora risultati poco
entusiasmanti. Il punto critico sta spesso in una cattiva comprensione dei
dati economici di questo modello. Con tassi di risposta che spesso non
superano il 2-3%, questo strumento di comunicazione può rivelarsi più costoso della pubblicità tradizionale.
9. La marca trasparente
I luccichii del marketing hanno finito con lo stancare un gran numero di
consumatori. Gli studi di Yankelovich rivelavano recentemente che meno
dell’8% dei consumatori credevano ancora agli argomenti dei grandi annunciatori. I sostenitori della trasparenza sono totalmente aperti su tutte le
azioni di marketing, compresi i premi fedeltà. È ciò che mette in pratica
American Airlines con i suoi passeggeri abituali. I suoi ‘membri’ oro e platino beneficiano di attenzioni speciali, e la documentazione di American
spiega in modo chiaro le condizioni di fedeltà ed i vantaggi di questo programma. I consumatori possono non approvarne tutte le regole, ma il successo incontrato prova che essi apprezzano di sapere in ogni momento a
che punto sono.
La scelta della trasparenza ha l’obiettivo di accrescere la fedeltà e ridurre
i costi di marketing. Da un certo punto di vista, si tratta della versione anni
’90 del passaparola – nessuna pubblicità stravagante, nessun budget elevato, solo un messaggio molto chiaro comprensibile e credibile anche per il
consumatore scettico di oggi. Nel settore delle assicurazioni britanniche, le
commissioni dei rappresentanti vengono oggi rese note: le grandi compa-
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gnie mantengono i clienti al corrente dei costi che essi rappresentano e
fanno emergere l’impatto delle rescissioni premature.
Il successo dipende certamente da una buona comprensione del consumatore. Nel Regno Unito, ad esempio, Fidelity Investment ha voluto introdurre una nuova politica di prezzo per accrescere la trasparenza, senza
ripartire certi costi sull’insieme dei prodotti, ma sostituendoli con una penalità di rescissione nei primi anni. La compagnia si è resa conto che questo
cambiamento disturbava i clienti. Essa è tornata, per lo meno temporaneamente, ad un compromesso. Ad ogni modo, il potenziale di una politica di
trasparenza di prezzo rimane elevato.
Questo modello appare molto interessante, dal momento che la trasparenza è spesso alla base delle buone relazioni. La marca deve tuttavia
conquistare la fiducia se vuole impadronirsi delle eccedenze.
10. La marca monogama
Mentre alcuni si sforzano di sviluppare una relazione continua e interattiva con i migliori clienti potenziali, altri fanno un passo avanti verso una
relazione ‘monogama’ con la propria clientela di base. La fedeltà genera
dei surplus, principalmente in quanto essa riduce le spese di rinnovo della
clientela, considerando che in media costa sette volte di più acquisire un
nuovo cliente che lavorare su quelli già esistenti.
Non sorprende dunque che abbiamo osservato una crescita spettacolare della componente fedeltà in questi ultimi anni: programmi per voli frequenti sulle compagnie aeree, interessi sulle carte di credito, e altri programmi dei distributori. A&P, distributore canadese, propone due prezzi
per le proprie ‘offerte della settimana’: uno per i clienti ordinari, l’altro per
gli abbonati ai suoi programmi fedeltà. Detto questo, bisogna guardarsi
bene dal trasferire tutte le eccedenze ai consumatori tramite prezzi troppo
bassi: un consistente numero di distributori si è trovato così in un circolo
vizioso, nel quale il volume determinato dal proprio programma fedeltà era
troppo importante per rinunciarvi, ma le riduzioni praticate attaccavano seriamente i profitti. La sfortuna vuole che togliere semplicemente un programma simile – divenuto essenziale per trattenere il consumatore – è
percepito da molti come un caso di divorzio nel quadro di una relazione
monogama.
11. La marca semplificatrice
I consumatori sono sempre più evoluti. Essi comprendono in modo molto rapido un approccio complesso. Il principio della semplificazione si fonda sul fornire di più con riguardo ai due o tre elementi ai quali il consumatore tiene e sul fornire di meno, o di lasciare riposare il consumatore sugli
aspetti meno importanti.
È esattamente ciò che fa Ikea, il ben noto distributore svedese.
L’arredamento Ikea è razionale, compatibile con numerosi interni, e a
prezzi ragionevoli, tutti fattori-chiave per le famiglie giovani, il cuore del
mercato obiettivo.
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Tuttavia il cliente deve fare la coda alla cassa, attendere sei settimane
per ordini speciali e montare lui stesso i mobili. Il compromesso funziona.
Ci si trova di fronte ad una relazione attraente tra il consumatore e Ikea.
La Southwest Airlines persegue una strategia simile. Southwest non è una
di quelle compagnie a buon mercato, come People Express o altre, che si
sono sviluppate dopo la deregolamentazione americana della fine degli
anni ‘70. I suoi risultati sono eccellenti, ed i sistemi di emissione dei biglietti e di registrazione sono certamente i più pratici del settore, il tutto per una
tariffa decisamente contenuta. Ma di nuovo i clienti devono fare uno sforzo: rinunciare alla prenotazione dei posti e sedersi rapidamente, in quanto
è necessario che Southwest atterri e decolli in un lasso di tempo molto
contenuto per abbassare i prezzi.
Qui, come in molti nuovi modelli, il ruolo della pubblicità si riassume nel
far conoscere al cliente le nuove offerte. La maggior parte della comunicazione passa attraverso l’esperienza stessa.
12. La marca servizio
Yankelovich, nelle sue recenti ricerche sulle tendenze dei consumatori,
rileva che costoro considerano quattro fattori quando si riferiscono al valore: il prezzo, la qualità, la disponibilità, e lo stress legato all’atto di acquisto. Se una marca sapesse prendere in mano gli aspetti di questa esperienza nel suo complesso, sarebbe nelle condizioni di generare delle eccedenze attraverso la sua immagine di fornitore di servizi.
È la strategia seguita negli USA dai fabbricanti della Lexus, della Saturn
e numerosi costruttori europei di auto di lusso. Invece di isolare l’acquisto
del veicolo, dei servizi e del post vendita, fanno di tutto una sola offerta,
comprendendo anche l’intervento di urgenza in loco in caso di estrema
necessità. Il cliente non acquista più una macchina, ma una offerta integrata di trasporto individuale, in cui non gli rimane che aggiungere la benzina. Ci si rivolge qui ad un consumatore evoluto che ha già fatto sapere
nelle ricerche che la macchina per se stessa conta circa il 30% nella sua
decisione finale di acquisto. E funziona. Il tasso di soddisfazione del consumatore è per la Lexus e la Saturn di 20 punti superiore a quello degli
altri costruttori.
Quando la marca semplificatrice si interessa al servizio, la relazione con
il cliente è allora intimamente legata al concetto stesso del sistema nella
sua globalità. Il successo della Lexus e della Saturn viene reso possibile
attraverso una relazione diversa – e nuova – tra il produttore ed il rivenditore. Allo stesso modo, il successo di distributori come Benetton, The Gap
e Next nella moda è dovuto in gran parte al fatto che essi aiutano il cliente
nella scelta presentandogli insiemi già coordinati. Il cliente non deve più
cercare qua e là articoli isolati, nè assemblarli fidandosi esclusivamente
del proprio gusto per coordinare i colori.
In questo ambiente di marketing nuovo e complesso, il ventaglio degli
approcci possibili è assai aperto e il diritto di marca deve essere colto. Nei
prossimi cinque dieci anni, le imprese dovranno aver trovato i mezzi per
conquistare, mantenere e rinforzare il proprio controllo della marca.
Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
ISSN: 1593-0300
Court David, Freeling Anthony, George Mike, Le logiche di sviluppo della marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www
.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 33-43
(English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.03court.freeling.george)
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© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001
www.unimib.it/symphonya
Annunciare la morte delle marche è quindi una esagerazione. Ancora
lontane da perdersi nell’oblio, resteranno per molti anni ancora uno dei
grandi crucci per le imprese. Il diritto di marca non è sistematicamente riservato ad alcune piuttosto che ad altre imprese. Anzi, al contrario, è ancora un’arma essenziale degli anni 90 – la più efficace nella competizione
per attribuirsi le eccedenze. Le imprese che avranno saputo scegliere un
modello vincente si assicureranno il proprio diritto di marca – ed una consistente parte dei profitti.
Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
ISSN: 1593-0300
Court David, Freeling Anthony, George Mike, Le logiche di sviluppo della marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www
.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 33-43
(English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.03court.freeling.george)
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