S. Francesco ad Assisi
Cominciata nel 1228 due anni dopo la morte del santo, la chiesa fu
consacrata nel 1253. La sua architettura è di una originalità potente, tanto
che non se ne conosce il prototipo. A due piani come le cappelle palatine di
età romanica, la basilica ha una pianta molto semplice (navata unica,
transetto aggettante, una sola abside ad oriente), un poco complicata nella
chiesa inferiore dalle estensioni più recenti delle cappelle laterali e da una
sorta di transetto occidentale. Sopra un alto zoccolo murale, destinato alla
decorazione pittorica, un piano di finestre a due luci, molto strette ed alte
retrocesse rispetto allo zoccolo a causa i un ballatoio continuo che gira
intorno alla navata, al di sotto del livello delle finestre…Le campate sono
determinate dalle volte quadrate e dai forti accenti dei supporti murali , ad
alte colonnette che creano un ritmo perfettamente conforme allo spirito
dell’architettura gotica.
Nulla qui è imposto dalla
tradizione romanica, ma la
soluzione nasce dal geniale
adattamento dell’arte gotica a
un programma particolare ,
quella di una chiesa destinata
alla predicazione, di volume
unitario, distribuito
chiaramente, di proporzioni
armoniose, con volte sostenute
da grosse nervature di sezione
quadrata. La chiesa inferiore di
effetto massiccio, di proporzioni
basse non produce una
impressione così straordinaria
anche a causa di aggiunte
posteriori.
San Francesco ad Assisi
La struttura originale della chiesa inferiore poggia sui contrafforti interni
della chiesa alta , su grossi contrafforti cilindrici esterni e su massicci archi
rampanti, disposti molto in basso che hanno soltanto una vaga somiglianza
con le forme e le funzioni degli archi rampanti francesi degli anni 12251225-35.
La basilica di San Francesco non è soltanto una grande creazione
architettonica francescana, adattata grazie al suo programma monumentale
all’attività dell’ordine; è anche un modello di architettura gotica tipica
italiana, per la sua muralità così propizia allo sviluppo dell’affresco, per il suo
rifiuto allo svuotamento del muro e della logica costruttiva caratteristici del
gotico settentrionale.
S. Miniato al monte
La chiesa venne realizzata entro il 1063 per lo
meno nella parte muraria. Soltanto più tardi fu
realizzata la parte più bella in cui si esplicarono
alcune delle qualità degli artisti fiorentini
ricollegandosi all’arte classica.
Nell’interno del S. Miniato pilastri cruciformi
sostengono il tetto con archi trasversi come in
tante chiese lombarde, ma alternati a due
colonne. Risaltano soprattutto le grandi
colonne, l’ariosità dello spazio e l’alta cripta.
Innovativa la decorazione marmorea, forse
intrapresa alla fine del sec. XI nell’abside e nel
presbiterio, poi interrotta con marmi bianchi e
verdi.
S. Miniato al monte
All’interno di S. Miniato al Monte le arcate su colonne delle
navate e quelle su semicolonne che scandiscono la navata
centrale sono tangenti ad una unica trabeazione che gira
intorno all’intero vano e vuole apparire portata dalle grandi
semicolonne dei pilastri polistili che sostengono le grandi
arcate trasversali.
In questo modo i due sistemi analoghi ma di diversa
dimensione trovavano una correlazione visiva attraverso la
mediazione della trabeazione di un ordine architettonico
intenzionalmente all’antica privo di vera funzionalità
costruttiva , ma parte essenziale del ‘congegno’ visivo
San Miniato al Monte. Interno
S. Miniato esterno.
S. Pietro al Vescovo
S. Maria Novella.
Fondata nel 1279, dai Domenicani, la pianta della chiesa
ricorda le abbazie cistercensi a terminazione rettilinea e con
cappelle laterali orientate, che si aprono su un vasto transetto.
Le proporzioni sono ampie e mettono in evidenza la larghezza
delle campate più che l’altezza delle navate. L’alta qualità
dell’edificio nasce soprattutto dall’unità spaziale dell’interno:
le navate laterali molto alte, comunicano con la navata
centrale per mezzo di arcate altissime, sostenute da pilastri
snelli, contornati da semicolonne. Le finestre superiori
circolari, si aprono su vasti tratti di muro spoglio. La
chiarezza della concezione monumentale è sottolineata dalla
dalla policromia delle ogive, degli archi longitudinali e dei
supporti costruiti in “pietra serena”. Il vuoto interno limitato
da pareti piatte, è suddiviso con fermezza e grande economia
di mezzi. L’impiego di volte molto rialzate permette di
semplificare le soluzioni statiche e di sopprimere gli archi
rampanti. In questa chiesa nulla fa pensare a un contatto
con l’arte francese contemporanea. Il gotico italiano produce
qui il suo primo capolavoro (L. Grodecki).
Grodecki).
Santa Croce è, con ogni probabilità opera di Arnolfo di
Cambio , grande protagonistica della scultura ma anche
dell’urbanistica fiorentina, capomastro nel duomo di
Firenze il cui primo progetto presenta notevoli affinità con
S. Croce. E’ un edificio vastissimo la cui navata principale
che raggiunge quasi i 20 mt.di larghezza eguaglia in
altezza le catteddrali del nord. (34). La copertura è in
legno, tranne nell’abside e nelle cappelle terminali.
La pianta che, come a S. Maria Novella segue lo schema
delle chiese cistercensi, produce qui una straordinaria
spazialità.
Santa Croce. Cappelle Bardi e Peruzzi..
Peruzzi..
Tra gli ultimi affreschi ritrovati l’Ascesa al cielo di San Giovanni
di Giotto
A partire dal X secolo e per tutto XI secolo la vita culturale rifiorisce a Firenze; è il grande momento del romanico fiorentino
fiorentino che si
distingue per caratteristiche proprie diverse da quelle di ogni altra area e già coerenti con quelli che saranno alcuni elementi
elementi strutturali
fondamentali costanti dello sviluppo della civiltà e dell’arte fiorentina.
razionalità,, dunque
Uno di questi elementi è il riferimento all’antico. Le forme geometriche rivelano con immediata evidenza la loro razionalità
dunque
l’architettura dovrà essere fatta di forme geometriche evidenbti, e così si ritrova attraverso la strutturalità romanica, l’idea
l’idea classica che
lo spazio non si dia come forza, ma come forma.
Questo rigore e questa intensità interni all’atto costruttivo spiegano, al di là della carica di significati dovuti alla volontà
volontà costante a
Firenze, di ritrovare una radice nell’antico, l’enorme importanza del Battistero, considerata anche la sua definitiva sistemazio
sistemazione
zione
decorativa nel XIII e XIV secolo, nella storia della civiltà figurativa fiorentina. Esso costituisce un punto di riferimento e un testo di
meditazione fondamentale per ogni altro architetto successivo da Arnolfo a Brunelleschi all’Alberti, a Michelangelo.
Il Battistero va pensato nella situazione in cui nacque circondato e pressato da altri edifici e funzioni composite , entro il
il tessuto
tessuto
magmatico della città medievale.
Soltanto nel XIV secolo (liberazione del Battistero e vari provvedimenti per sistemare e regolarizzare la piazza e interventi
interventi di Arnolfo)
e nel XV secolo il Battistero assume la sua posizione ideale di centro di uno spazio geometrico calcolato geometricamente.
Loggia per il Mercato del Grano ad Orsanmichele
Tradizionalmente attribuita ad Arnolfo (1290), non si ha
alcuna possibilità di ricostruirne l’architettura originaria,
ma si può osservare che la sua creazione è significativa
dell’importanza che viene attribuita al nuovo asse stradale
di via dei Calzaiuoli,
Calzaiuoli, asse che congiunge il polo religioso
costituito dalla cattedrale e dal Battistero con il polo civile
costituito dal Palazzo Vecchio
Loggia del Bigallo a piazza San Giovanni
Palazzo della Signoria o palazzo vecchio
Prima della realizzazione delle grandi opere di
Brunelleschi il Palazzo vecchio era la mole più alta
emergente dal tessuto urbano (95 mt. in totale, 42,65
fino al ballatoio). La torre nella città medievale aveva
funzioni simboliche e difensive. Tutte le finestre della
torre sono cieche perché è completamente piena eccetto che
per uno stretto cunicolo che, secondo il Vasari fu lasciato
per ragioni sismiche.
Il palazzo di Arnolfo costituisce un prototipo per i palazzi
comunali delle città toscane (Volterra, Montepulciano..
Ecc.). Il palazzo ha una serie di soluzioni riferibili
all’architettura militare come le gallerie di gronda
sporgenti e merlate.
Palazzo Pubblico nel Campo a Siena
Tra il 1300 e il 1310 fu completato il palazzo: al nucleo originario vennero
aggiunti due corpi laterali e venne sopraelevato il torrione cebtrale che raggiunse
una forma armoniosa e proporzionata. La mole centrale, straordinariamente
coerente sottolineava con i due corpi laterali più bassi il dominio del Comune
sulla città e l’equidistanza e l’equilibrio di giustizia e buon governo tra il
Podestà al quale era affidata un’ala, e i nove a cui era stato assegnato il lato
opposto. E al centro, quasi per contem,perare la transitorietà di magistrature e per
sottolineare l’indipendenza di giudizio e l’onestà amministrativa la Biccherna.,
una delle principali magistrature finanziarie di Siena.
Nel XVII secolo con la sopraelevazione delle due ali laterali, il corpo centrale perse
il suo slancio per affogare nella massività dell’insieme.
L’edificio fu opera d’arte collettiva , raro esempio di coerente architettura che
nasce dalla necessità.
Nel 1325 si iniziava la costruzione della torre del Mangia che sbilanciava
felicemente la simmetria dei volumi del palazzo con il suo limpido scatto
verticale. L’orologio sostituiva le campane nello scandire le ore della giornata.
Palazzo pubblico a Piacenza
A tarsie bicrome fino alla cornice dei davanzali, segno di
particolare attenzione all’edificio, costruito in cotto a vista nella
parte superiore . All’arco acuto della parte basamentale si sostituisce
la teoria di polifore nella piano superiore con archetti a tutto sesto.
Solo nella polifora ad angolo viene adottato l’arco a sesto acut0 e
una decorazione policroma dell’archivolto
Palazzo dei Priori a Perugia
Il più imponente dei palazzi umbri
Palazzo dei Consoli a Gubbio
Palazzo Comunale a Castell’
Castell’Arquato
Palazzo della Ragione a Padova
Costruito a partire dal 1218, venne
trasformato da fra Giovanni degli Eremitani
agli inizi del 300 che aggiunse i loggiati e
sopraelevò il fabbricato portando l’altezza della
sala a 27 mt. L’interno divenne infatti una
unica immensa sala , destinata a sede del
Tribunale leggermente trapezia, larga
mediamente 27 e lunga 79.
Lo sforzo delle pareti a sorreggere il peso delle
coperture doveva apparire ancor più evidente
prima dell’intervento di Giovanni degli
Eremitani quando al portico non era ancora
addossata la tettoia e il piano terreno si apriva
sulla piazza mostrando per intero la scala che
conduce al piano del salone.
Ed è in questa ricerca di sfida tra vuoti e pieni
che si inserisce la grande invenzione di frà
Giovanni: la pesante compattezza dell’enorme
tetto a scafo capovolto, gettato a copertura della
vasta sala, che se all’esterno è immanente pur
nelle curve sfuggenti della carenatura,
all’interno diventa la massima esaltazione del
vuoto. Definito dall’armatura lignea che
sorregge un tavolato protetto da lastre di
piombo. La soluzione suscitò la meraviglia dei
contemporanei. Ed è qui che troviamo il
suggerimento più interessante dei modelli
veneziani : l’ispirazioni fu data dali ‘squeri ‘
cioè dai cantieri dai quali uscivano le navi
della Repubblica
Per comprendere le tipologie edilizie medioevali bisogna partire un chiarimento sulle
insule abitative romane. Il più antico è la casa con patio centrale di tipo greco che
corrisponde perfettamente alla descrizione di Vitruvio. Tuttavia già dalla fine della
Repubblica esistevano a Roma abitazioni plurifamiliari di notevole altezza e densità
tanto che Augusto dovette pose un limite all’altezza degli edifici indicando la misura
di 20,72 mt. Questa tipologia edilizia corrispondeva all’insula o alla taberna, cioè ad
un tipo di abitazione intensiva e d’affitto del quale faceva menzione lo stesso
Cicerone che in una lettera ad Attalo nella quale si lamentava che, a causa del cattivo
stato delle tabernae di sua proprietà erano fuggiti non solo gli inquilini, ma anche i
topi.
Insulae e tabernae sono uno stesso tipo edilizio formatosi attraverso due processi
diversi; ambedue indicano la casa d’affitto intensiva , sviluppata in altezza,
suddivisa in piccole unità immobiliari quell’organismo che Svetonio contrappone alle
domus quando narra l’incendio di Nerone e l’immenso numero di insulae bruciato
rispetto alle domus
L’insula secondo la denominazione tardo
imperiale deve identificarsi con la minima
unità proprietaria e funzionale alla quale
corrispondeva una superficie di circa 200 mq
e aveva un numero di piani fuori terra
variabili, a seconda dell’affollamento nelle
varie città, da tre a sei. Esclusi i cortili , i
cavedi e le aree vuote all’interno degli isolati,
questa unità aveva una superficie lorda di
piano da 120 a 180 mq e poteva quindi
accogliere una o due famiglie a piano.
Questo tipo edilizio che si identifica
facilmente con la Casa sulla Semita dei
Cippi di Ostia, era sempre disposto con la
fronte minore (larga 88-9 mt.) sulla strada , e
lo sviluppo maggiore (lungo 1515-20 mt) in
profondità.
L’insula secondo la denominazione tardo imperiale deve identificarsi con la
minima unità proprietaria e funzionale alla quale corrispondeva una superficie
di circa 200 mq e aveva un numero di piani fuori terra variabili, a seconda
dell’affollamento nelle varie città, da tre a sei. Esclusi i cortili , i cavedi e le aree
vuote all’interno degli isolati, questa unità aveva una superficie lorda di piano
da 120 a 180 mq e poteva quindi accogliere una o due famiglie a piano.
Questo tipo edilizio che si identifica facilmente con la Casa sulla Semita dei
Cippi di Ostia, era sempre disposto con la fronte minore (larga 88-9 mt.) sulla
strada , e lo sviluppo maggiore (lungo 1515-20 mt) in profondità.
Palazzo dei Mozzi
Palazzo degli Albizi
Palazzo Bundel monti