Università degli Studi di Firenze Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” Corso di Laurea in Media e Giornalismo Tesi di Laurea in Sociologia dei processi culturali L'IDENTITA' DEL MUSICISTA DALL'ANALOGICO AL DIGITALE Relatore: Marco Bracci Candidato: Paolo Vangi Anno Accademico 2010/2011 Indice Introduzione p. 5 Capitolo 1 Il cambiamento dell'industria musicale negli ultimi 40 anni p. 7 1.1 – La diffusione musicale p. 8 1.1.1 – La radio e la televisione musicale 1.1.2 – Audiocassette e compact disc 1.1.3 – Digitalizzazione del suono e crisi delle Major 1.2 – Il passaggio dal vinile al digitale 1.2.1 – Le Major discografiche 1.2.2 – Il suono analogico 1.2.3 – Il suono digitale p. 9 p. 13 p. 17 p. 20 p. 21 p. 23 p. 24 Capitolo 2 “Mondi” musicali a confronto p. 27 2.1 – Artisti affermati che si avvicinano alla digitalizzazione p. 28 2.1.1 – Cambiamento di prospettiva 2.1.2 – Il concerto 2.1.3 – Le vendite colano a picco p. 30 p. 32 p. 33 2.2 – Dilettanti che si affacciano nel panorama musicale p. 35 2.2.1 – La tecnologia semplificatrice 2.2.2 – Le indies 2.2.3 – Rock Contest di Firenze p. 37 p. 40 p. 42 Capitolo 3 Interviste e Conclusioni p. 45 3.1 – Interviste ad alcuni artisti del panorama italiano p. 45 3.1.1 – Formazione p. 46 3.1.2 – Industria musicale 3.1.3 – Musica dal vivo 3.1.4 – La trasformazione digitale 3.1.5 – Le nuove generazioni 3.1.6 – Prospettive future 3.2 – Conclusioni p. 48 p. 49 p. 50 p. 51 p. 52 p. 54 Bibliografia e Sitografia p. 57 Ringraziamenti p. 60 Introduzione Questo progetto nasce in gran parte dall'esperienza personale di un ragazzo, ormai uomo, che vive questo enorme cambiamento verificatosi nella musica. Ormai giunto alla “fine” della sua lunga e tortuosa carriera universitaria, l'autore si trova a scegliere l'argomento da esporre per completare gli studi e, visto il suo interesse per la musica legato ai cambiamenti sociali che la digitalizzazione sta portando, la scelta si focalizza su questa “rivoluzione”; dando vita, grazie alla collaborazione con il professor Bracci, al presente manoscritto. La tecnologia, che conduce alla semplificazione di ogni fase della vita umana e in particolar modo del consumo musicale, sta cambiando le nostre abitudini e la percezione che abbiamo della società: ci riferiamo a quel mutamento che porta un neonato ad addormentarsi con l'ascolto di un suono registrato, invece che con quello della voce materna; scompensando la percezione futura e appiattendo il senso critico. Ed ecco che la musica, e questa rivoluzione in atto, si legano al corso di sociologia dei processi culturali, guidandoci verso le considerazioni che emergono all'interno di questo testo. Il suono, ovvero l'interpretazione da parte del cervello della vibrazione di una membrana sottilissima che invia segnali elettrici attraverso i tre più piccoli ossi del corpo umano (martello, incudine e staffa), è in grado di regalare emozioni che ci portano a “stati d'animo” molto contrastanti, passando dalla gioia al pianto. Cosa determina questa “eccitazione” interiore che avvalora come arte un determinato suono e ne “disprezza” altri, definendoli rumori? Non è semplice rispondere a questa domanda, ma speriamo nel proseguo del lavoro di portare il nostro contributo per giungere a un parere esaustivo. Questo documento non viene considerato come una "pura creazione artistica", ma lo dobbiamo valutare anche sotto il profilo scientifico, per dare un certo valore a ciò che andiamo ad analizzare: il centro della nostra attenzione è indirizzato verso il motivo che spinge un artista a fare determinate scelte in un contesto sociale in continua evoluzione. Un'altra domanda che ci poniamo è: come è cambiato il modo in cui un autore dà libero sfogo alle sue creazioni, rispetto al periodo e al contesto culturale nel quale si trova inserito? Nell'immaginario collettivo il musicista è il "nuovo" poeta, ma chi è il poeta? Molte delle grandi firme della storia hanno avuto una vita caratterizzata da stenti ed eccessi, e il loro valore è riconosciuto solo postumo; anche i musicisti conoscono le difficoltà di essere apprezzati per le loro creazioni, spesso considerati irresponsabili e devianti, nella continua 5 ricerca di uno sbocco per diventare "famosi", per vivere della propria passione, in maniera dignitosa. Leggendo la prefazione scritta da Franco Fabbri per il libro Musica e Industria, nasce l'esigenza di fare chiarezza sui termini utilizzati in questo lavoro e di spiegare cosa l'autore voglia trasmettere con un determinato vocabolo rispetto ad altri. Ci chiediamo quale sia il modo migliore per non ripetere sempre le stesse parole e diventare pesanti nel corso della trattazione, consapevoli che sarebbe giusto assegnare un certo valore ai termini utilizzati: «quando sento uno studente (o un giornalista alle prime armi) pronunciare la parola “artista”, e intuisco che sta pensando a un cantante ma senza distinguere tra la sua funzione di interprete e quella di autore delle proprie canzoni, suona un campanello d'allarme.»1 Dobbiamo specificare che noi consideriamo “artista” ogni individuo che usa la propria conoscenza per esprimersi creativamente, riprendendo l'etimologia del termine “arte” (dal latino ars, ovvero “metodo pratico”); e le parole canzone, brano e pezzo, vengono frequentemente utilizzate come sinonimi di musica, intesa come “arte del suono”. Più in generale, non ce ne vogliano i lettori se spesso si troveranno di fronte a delle ripetizioni, che abbiamo cercato di limitare per quanto possibile, ma necessarie per affrontare le problematiche che seguiranno. Con questo lavoro cerchiamo di capire che direzione sta prendendo la musica e le domande che ci poniamo sono, appunto: dove ci porta la digitalizzazione? E nello specifico: quali cambiamenti porta la tecnologia nel panorama musicale e nella società? Per poter rispondere, almeno in parte, dobbiamo analizzare, guardare, provare a capire quello che sta succedendo nel mondo della musica, vedere cosa avviene prima dell'ingresso di questa “scomposizione numerica” dei suoni, partendo dai primi anni Settanta, quando le conquiste sociali modificano la vita di milioni di persone; ma lasciamo lo sviluppo di questi argomenti ai capitoli successivi, iniziando ad analizzare il passato per capire dove ci ha condotto e dove ci porterà. 1 D'Amato F., Musica e industria. Storia, processi, culture e scenari, Carocci, Roma, 2009, p. 11. 6 Capitolo 1 Il Cambiamento dell'industria musicale negli ultimi 40 anni Molti autori, che fanno la storia della musica leggera dei nostri tempi, muovono i primi passi in un contesto di improvvisa espansione socioculturale. Con la fine degli anni di piombo la popular music torna a trattare argomenti più leggeri (amore e sentimenti in testa), anche se le lotte che "rivoluzionano" la cultura italiana lasciano i loro segni fra gli artisti nazionali. Sempre più persone comunicano, con la loro arte, i disagi e i temi che caratterizzano il '68, creando una musica più riflessiva, più impegnata a trasmettere concetti diventati fondamentali per far crescere la società. Questo "nuovo" rock porta alla ribalta gruppi come i Pink Floyd, i Led Zeppelin e i Queen, fino all'avvento del punk che vede il ritorno a sonorità più forti e violente con tematiche di contestazione politica. I maggiori fautori del genere sono gli inglesi Sex Pistols (senza dimenticare The Clash e gli americani Ramones) che danno vita a una mutazione nel modo di produrre musica, inserendo termini fino ad allora considerati tabù per la vendita al grande pubblico. In questi anni di grande fermento, sono decine le "mescolanze" musicali che nascono, molti "sotto-insiemi" di difficile catalogazione, inseriti in generi più vasti. Come l'heavy metal che racchiude gruppi del calibro dei Black Sabbath o degli Iron Maiden, ed altre band del momento che sono inserite in un insieme più grande definito hard rock: gli stessi Led Zeppelin, i Deep Purple (anche loro della corrente britannica), i tedeschi Scorpions, gli australiani AC/DC, e gli americani Aerosmith e Guns N'Roses. Rimane impossibile citare tutti gli autori che hanno apportato la loro esperienza per migliorare o stimolare la produzione musicale, ma non possiamo esimerci dal nominare coloro che, da sempre, ispirano le creazioni più innovative ed interessanti: da Frank Sinatra al “Re” del rock’n’roll Elvis Presley; dai Beatles ai Rolling Stones, nell'eterna "diatriba" fra i fan dell'uno e dell'altro gruppo; fino al "boss" Bruce Springsteen; al "genio" di Frank Zappa che risveglia l'interesse del popolo con la sua anarchia musicale; a Bob Dylan che dà risalto alla lotta dei neri per ottenere i diritti previsti dalla Costituzione Americana. Senza dimenticare i più grandi chitarristi di tutti i tempi: il messicano Carlos Santana e lo statunitense Jimi Hendrix, che lasciano un segno indelebile nella musica moderna. Sicuramente ce ne sono molti altri che abbiamo tralasciato e non ce ne vogliano i grandi artisti del Novecento se non vengono nominati in questo breve elenco dei maggiori interpreti del Secondo Dopoguerra. Sono queste le basi su cui parte la nostra ricerca: tutti questi artisti si affermano nell'era 7 analogica e solo alcuni di loro hanno “subito” o “addomesticato” gli effetti della digitalizzazione del suono. 1.1 → La diffusione musicale Gli anni Settanta segnano «la fase di un profondo cambiamento e del primo vero consolidamento della musica italiana, la transizione verso una fase più adulta e consapevole. La popular music italiana si disgregò in una frammentazione di esperienze musicali»2, dovute soprattutto alle innovazioni che prendono forma in quell'epoca: la legge sul divorzio e sull'aborto; la televisione che raggiunge in modo capillare la quasi totalità degli italiani; la radio “libera” che appare illegalmente contribuendo a diffondere nuove realtà musicali, grazie alla «libertà di espressione, di comunicazione e di dibattito: un luogo identitario fondamentale per la generazione dei giovani di quel decennio»3; e la crescente vendita di supporti (LP e Musicassette) che quintuplicano le loro vendite. Esistono due tipi di flussi che ci portano all'ascolto musicale: quello intenzionale che si riflette nel modello di business dell'industria musicale, nel quale l'utente sceglie il tipo di musica da ascoltare; e quello mediato, nel quale l'ascoltatore “subisce” la scelta proposta dal mezzo di comunicazione eletto, come nella radio e nella televisione.4 Con la possibilità di registrare un suono su un supporto, si ha la nascita della discografia moderna; un'industria capace di scorgere gli enormi benefici che sarebbero scaturiti dalla «riproducibilità seriale della musica»5, dando vita, nella seconda metà del XX secolo, alla diffusione musicale di massa. Ed è proprio grazie all'avvento del rock'n'roll e all'uso dei nascenti mass-media come “vetrine”, che le major discografiche iniziano la scalata al successo. Il primo supporto utilizzato dalla discografia per raggiungere le utenze domestiche è il long playing (LP), legato alla distribuzione dei giradischi; senza tralasciare quelli successivi che arricchiscono il panorama musicale, ovviamente “supportati” dai relativi riproduttori. Proseguiamo con ordine, analizzando passo dopo passo, gli sviluppi della fruizione 2 Tabasso E. - Bracci M., Da Mogugno a X Factor. Musica e società italiana dal dopoguerra a oggi, Carocci, Roma, 2010, p. 65. 3 Ivi, cit., p. 68. 4 Sibilla G., L'industria musicale, Carocci, Roma, 2006, cfr., p. 79. 5 Ivi, cit., p. 32. 8 musicale, cercando di seguire un corso logico. Come si viene a conoscenza della musica? Inizialmente attraverso la radio, che seleziona per noi una colonna sonora della giornata; successivamente emergono altri metodi per far giungere all'orecchio dell'ascoltatore le nuove tendenze. 1.1.1 → La radio e la televisione musicale «Questo racconto inizia quando c'era ancora l'Unione Sovietica e a Carpi, estrema periferia di Berlino, nascevano i CCCP. Lo strumento di comunicazione dati più veloce era il Telex, nessuno possedeva cellulari o computer, nessuno sapeva cosa fosse Internet, la posta elettronica o il Podcast. La musica si ascoltava con il giradischi o il mangia cassette e la parola “digitale” rimandava sinistramente alle impronte. Questo racconto inizia quando Berlinguer era ancora vivo, Maradona giocava nel Napoli e in tasca avevamo le Lire. C'erano i Clash e le Brigate Rosse, c'era la signora Thatcher e c'era la P2.»6 Troviamo doveroso iniziare questo paragrafo citando una delle menti che hanno ampliato il nostro ascolto musicale; parole che spiegano con un linguaggio semplice e lineare quello che accade alla fine degli anni Settanta, fornendo un chiaro scorcio dell'epoca. L'autore di questi versi – Raffaele Palumbo – è un giornalista radiofonico che vive in prima persona l'evoluzione che stiamo analizzando, lottando per avere la libertà di propagare la musica a proprio piacimento. Con la liberalizzazione delle bande di modulazione di frequenza (FM), avvenuta nel secondo dopoguerra, «si infrange il modello delle radio generaliste in AM»7. In Italia dobbiamo attendere il 1976 per avere una regolamentazione che liberi dalla clandestinità le nascenti emittenti radiofoniche, determinando la caduta del monopolio RAI e accrescendo la varietà di canzoni ascoltabili; la musica inizia a vagare indisturbata nell'etere, senza vincoli di accesso. Prima era diverso, la radio era “colta”! In Europa, a differenza degli Stati Uniti, le stazioni radio sono gestite dallo Stato, finanziate con l'imposizione di un canone – come 6 Palumbo R., I love Rock'n'Roll. Rock Contest: quindici minuti di gloria e orgoglio sul più importante palcoscenico per emergenti, prefazione di De Pascale E., Giunti, Firenze, 2009, p. 9. 7 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata. Dal fonografo alla Rete e all'MP3. La nuova industria musicale, Dino Audino Editore, Roma, 2004, p. 46. 9 avviene oggi per la televisione – e come tali devono rispettare determinati valori e trasmettere un certo tipo di musica, perché bisogna proteggere i cittadini/ascoltatori dalla spregiudicatezza della musica pop. Inoltre lo stretto legame creatosi fra le vendite dei dischi e la cadenza di questi nei passaggi radiofonici, spinge i discografici senza scrupoli a pagare delle “bustarelle” ai disk jokey per ottenere una maggiore frequenza nel passaggio radiofonico – la cosiddetta payola. Questa interdipendenza porta ad un’omogeneizzazione delle trasmissioni, infatti «i teenager, principali fruitori di radio, cambiano canale se il disco ascoltato non è di loro gradimento. Per fronteggiare tale rischio, le radio finiscono per far dipendere la loro programmazione o da dischi la cui popolarità è già ampiamente dimostrata dalle vendite o da dischi di sicuro successo.»8 Con l'ingresso delle radio private nella scena musicale si apre il periodo di massima diffusione della musica: «si cominciava ad ascoltare un particolare brano perché era interpretato da un determinato cantante sentito alla radio»9. Infatti «l'industria discografica usa il principio dell'intermedialità come strumento promozionale»10 e «i media usano la musica come contenuto gratuito – perché prodotto da un'altra industria – in grado di attirare specifiche fasce di pubblico»11, creando così mezzi di comunicazione di massa per generi diversi (come RadioMaria e RadioClassica, o VideoMusic e MTV). Inoltre i musicisti e i loro produttori sempre più spesso sono legati ai media per la realizzazione di nuovi brani: troviamo frequentemente la versione “radio edit” nei dischi, «che arriva in fretta al ritornello»12 per rientrare nella tempistica radiofonica. Ormai si produce un pezzo pensando già alla divulgazione, creandolo secondo le necessità del medium che si occupa di accrescerne la popolarità. Nel corso del tempo la radio mantiene la sua peculiarità, avverando la profezia di Sarnoff,13, senza lasciarsi “schiacciare” dalle tecnologie e riuscendo a re-inventarsi fino a giungere in Rete con nuove proposte interattive che la rendono ancora insostituibile. Oggi è possibile ascoltare la radio del paese natale dall'altra parte del mondo, semplicemente con una connessione telefonica. Infatti «internet, dal punto di vista dell'offerta tematica, sembra ricordare i tempi della proliferazione di emittenti avvenuta negli anni settanta in seguito alla liberalizzazione della frequenza FM. Mettere in piedi una web radio è semplice e poco 8 Viscardi R., Popular music. Dinamiche della musica leggera dalle comunicazioni di massa alla rivoluzione digitale, Ellissi, Napoli, 2004, p. 170. 9 Tabasso E. - Bracci M., Da Modugno a X Factor. cit., pp. 18, 19. 10 Sibilla G., L'industria musicale, cit., p. 79. 11 Ibidem. 12 Ivi, cit., p. 84. 13 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata, cfr., p. 47. 10 dispendioso, e ormai da tempo in rete prolifera una quantità incredibile di microemittenti tematizzate per genere musicale, per periodo, o anche solo dedicate a un singolo artista.»14 La stessa sorte non spetta al disk jokey (DJ) che vede il suo ruolo usurpato dalla tecnologia, infatti, la scelta della scaletta viene effettuata da un software – il Selector – che gestisce la frequenza di riproduzione di un brano.15 Fortunatamente nelle piccole realtà musicali/professionali ancora non è utilizzato: per scelte personali, mantenendo la linea di libertà che fonda lo spirito del mezzo; o per problemi economici, visto il costo spesso inaccessibile per alcune emittenti. «All'inizio degli ottanta, negli Stati Uniti il mercato discografico viveva una profonda crisi e cercava affannosamente nuove strade per la promozione degli artisti. Le vendite dei dischi erano in calo e la sola trasmissione via radio dei brani non trascinava più il settore come in passato. Il rock made in USA degli anni sessanta e settanta era preferito dai disc jokey alle tendenze british quali glam, punk e new wave, a dispetto di un pubblico che desiderava ascoltare qualcosa di originale. Furono queste le premesse che spinsero alla creazione di MTV, Music Television.»16 Un altro medium entrato nel mondo della riproduzione musicale è la televisione che nel corso degli anni ha saputo trovare il giusto spazio da dedicare alla musica, fino a creare emittenti specializzate nella riproduzione di brani montati su immagini, detti videoclip musicali, o più comunemente video, evidenziando «il sopravvento preso dalla tele-visione sulla radio-fonia e, quindi, il predominio sensoriale della vista sull'udito nella ricezione dei loro messaggi audio/visivi»17. La nascita di questi “filmati”, che sono degli “annunci pubblicitari” degli artisti, è da attribuirsi ai Queen con la canzone Bohemian Rhapsody (1975), ma c'è chi sostiene che sia dei Buggles con Video Killed the Radio Star (1979), forse perché è il primo video trasmesso da MTV nel 1981, all'inaugurazione dell'emittente musicale statunitense. 18 Bisogna prendere in considerazione anche i meccanismi scaturiti nella cinematografia da queste nuove tendenze: i videoclip, spesso, sono realizzati da registi affermati che vogliono accrescere il valore del loro 14 Sibilla G., Musica e media digitali. Tecnologie, linguaggi e forme sociali dei suoni, dal walkman all'iPod, Bompiani, Milano, 2008, pp. 121, 122. 15 Idem, L'industria musicale, cfr., p. 87. 16 Tabasso E. - Bracci M., Da Modugno a X Factor, cit., p. 105. 17 Viscardi R., Popular music, cit., p. 212. 18 Sibilla G., L'industria musicale, Carocci, Roma, 2006, cfr., p. 94. 11 lavoro, con la realizzazione di questi corti musicali, come Martin Scorsese, Roman Polański, Michael Moore e Spike Lee. «Nonostante i chiari intenti commerciali e l'affinità con gli spot pubblicitari più che con i cortometraggi, il videoclip viene considerato da molti una forma d'arte contemporanea: un fenomeno artistico che incorpora una sintesi di molte abilità.»19 Purtroppo le ingenti spese che il set specializzato richiede, per allestire questa “visualizzazione delle note” di breve durata, non sono più sostenibili; e le enormi multinazionali della musica tagliano i fondi alla realizzazione di questi cortometraggi, limitati alle grandi star con budget altissimi. Incalzati anche dall'avvento della tecnologia, che offre la possibilità di realizzare home-clip di buona fattura, senza l'esborso per i professionisti del settore. In Italia dobbiamo attendere il 1984 per avere un canale monotematico musicale, chiamato VideoMusic, che trasmette in Toscana ben 13 anni prima di MTV Italy. È «il primo esempio in Europa di canale completamente dedicato alla musica»20 e, visto lo scarso spazio dedicato a tale ambito durante questi anni, riscuote un grande successo. La formula vincente del canale è dovuta al fatto che non trasmette solo videoclip, ma si occupa di tutto l'ambito musicale, con interviste e live dei concerti; offrendo ai giovani italiani la possibilità di scoprire nuovi artisti del panorama internazionale e ampliando la loro scelta nei consumi musicali. 21 «Videomusic non si limitava ad assecondare i gusti e gli interessi del suo pubblico, ma cercava di operare una sorta di acculturazione musicale»22 che contribuisce a far ri-decollare le vendite degli artisti italiani. Nelle televisioni musicali – inizialmente viste come radio con l'optional immagine – «più che vendere musica, oggi, si vendono modelli, corpi, sogni. Brevi come un videoclip»23, «sostituendo i dee-jay con i vee-jay: video-jokey.»24 I giovani che usufruiscono di questo canale cercano una televisione che li rappresenti, che sia vicina al loro mondo; un luogo dove scoprire nuovi modelli di confronto, dai quali apprendere linguaggi e comportamenti. «La densità referenziale serve solo a rassicurare chi guarda/ascolta che è dalla parte giusta, che la comunità è viva, che noi siamo come te e tu sei come noi. Questo tipo di narrazioni videomusicali lascia forte la sensazione di una “grande truffa”, per riprendere i Sex Pistols, basata sul rock'n'roll.»25 19 20 21 22 23 24 25 Viscardi R., Popular music, cit., p. 213. Tabasso E. - Bracci M., Da Modugno a X Factor, cit., p. 110. Ivi, cfr., p. 111. Ibidem, cit.. Assante E. - Ballanti F., La musica registrata. cit., p. 62. Viscardi R., Popular music, cit., p. 214. Assante E. - Ballanti F., La musica registrata. cit., p. 61. 12 Analizzando il caso MTV – emittente televisiva prodotta dalla Warner – troviamo, inizialmente, due funzioni essenziali: «destare l'interesse dei pubblicitari, realizzando guadagni e, simultaneamente, promuovendo dischi»26. Successivamente raggiunge un denominatore comune fra i giovani che si identificano nella MTV generation, grazie alla sua trentennale diffusione, giunta in centoquaranta Paesi con diciassette lingue diverse. Una TV globale che necessita di contenuti locali per permeare nell'immaginario collettivo e continuare a restare sulla cresta dell'onda.27 Sono queste le motivazioni che nel corso degli anni spinono la rete «a mettere in secondo piano i contenuti strettamente musicali per trasformarsi […] in una televisione sempre più giovanile.»28 La televisione, come la radio, subisce una revisione governativa delle trasmissioni fin dagli anni Cinquanta, dettando le norme comportamentali per le apparizioni televisive, e istituendo una commissione di controllo e vigilanza che analizza i testi dei brani e decide se idonei alla divulgazione: fra gli esempi di questa censura menzioniamo Dio è morto dei Nomadi (scritta da Guccini), Questo piccolo grande amore di Baglioni e Bocca di rosa di De André.29 Fortunatamente con il progresso otteniamo anche un minor “controllo” e, con la digitalizzazione che sta cambiando il modo di fare televisione, si creano nuove possibilità, cominciando a sfruttare la vastità della Rete per tenere il passo con i tempi: pensiamo ai canali satellitari, ma anche al Digitale Terrestre, che hanno dato e daranno vita a nuove realtà “visive”; o alle Webtv che cominciano ad affacciarsi nel palinsesto virtuale. Senza dimenticare il crescente utilizzo della tecnologia: dall'interattività degli SMS “televisivi” alle informazioni in tempo reale, con filmati, ultime uscite, inediti e gossip, rintracciabili navigando su Internet. 1.1.2 → Audiocassette e Compact Disc Gli anni Ottanta ci regalano nuove realtà nel campo della diffusione musicale, la nascita delle audiocassette – datata 1963 – facilita lo “spostamento” della musica e con l'arrivo dei relativi riproduttori – car-stereo e walkman – la fruizione diventa sempre più presente ed “essenziale”. L'avvento del nastro magnetico, racchiuso in una plastica abbastanza resistente e 26 27 28 29 Viscardi R., Popular music, cit., p. 214. Ivi, cfr., p. 215. Ibidem, cit.. Ivi, cfr., p. 193. 13 di dimensioni ridotte, rende questo supporto ottimo per il trasporto. La qualità del suono registrato su bobina si mantiene per diverse riproduzioni, fino all'usura causata dall'attrito della testina con il nastro che si “smagnetizza” e perde le reali caratteristiche della musica contenuta. «Le musicassette non entrano, in ogni caso, in competizione con i dischi. Anzi, proprio in virtù di una minore qualità e di una maggiore praticità, finiscono col valorizzare il vinile, accreditandolo presso i consumatori come la “matrice” da possedere e da replicare a piacimento in compilations personalizzate. Il fenomeno dell'hometaping – la “registrazione casalinga” – di nastri musicali (dai dischi, ma anche dalla radio), destinata ad assumere, negli anni, proporzioni colossali – comporta inediti problemi economico-giuridici, dall'incontrollabilità del mercato all'inapplicabilità delle norme a tutela del diritto d'autore.»30 Questa nuova tecnologia viene affiancata da una serie di riproduttori/registratori che danno vita alla pirateria! Infatti, con un semplice registratore e una cassetta si può realizzare una copia da una traccia sorgente, impressa sul nastro che ne conserva le caratteristiche. Inoltre è possibile registrare più e più volte sullo stesso nastro senza perdere di qualità, fino alla rottura della bobina. Il costo ridotto delle audiocassette vergini incrementa la diffusione delle copie pirata, ma fornisce anche ai consumatori la possibilità di creare delle copie dei loro album da ascoltare in auto o facendo jogging. E proprio da questa situazione nasce il problema della “copia privata”31, che è un diritto di coloro che acquistano regolarmente un album e desiderano riprodurlo su altri lettori, o impedire che la copia originale si deteriori a causa del frequente utilizzo. La facilità di riproducibilità di un nastro determina una flessione nelle vendite dei supporti originali, ma agevola la divulgazione musicale in maniera esponenziale, diffondendo la musica in quantità mai raggiunte prima. Le vendite ricevono anche dei benefici dalla pirateria e analizzando i dati statistici scopriamo che: mai come in questi anni le vendite sono così alte, con leggere flessioni per quanto riguarda i diversi supporti, ma certamente in continua crescita a livello di copie vendute; inoltre le copie pirata spesso diventano inascoltabili dopo poche riproduzioni, o le canzoni sono tagliate dalla presa diretta della radio, e molti ascoltatori finiscono per acquistare una copia originale con caratteristiche migliori. La musicassetta, 30 Ivi, cit., p. 89. 31 Siae Società Italiana degli Autori ed Editori, cfr. Normativa. 14 nonostante la scarsa qualità audio che non è paragonabile alla digitalizzazione del suono, resiste da molti anni all'avanzare della tecnologia, grazie ad alcuni vantaggi: resistenza, trasportabilità, facilità di utilizzo, costo ridotto e grande disponibilità; proprio per queste sue caratteristiche «non sorprende che i mercati dei Paesi meno sviluppati siano interamente o quasi basati sulla cassetta musicale anche oggi che in occidente il CD è ormai al tramonto»32. In un articolo pubblicato su “Rolling Stone” – la più famosa rivista di musica al mondo – nel numero 318 del 29 Maggio 1980 si parla delle dimensioni del mercato americano: «le cassette registrate avevano venduto 37 milioni di pezzi nel 1977, 78 milioni nel 1979 ed erano in crescita»33. Leggendo questi dati, possiamo dire che il timore delle case discografiche e degli artisti di vedere un crollo delle vendite, causato dalla pirateria, sembra assurdo: fare una copia del disco su cassetta per impedirne la “corrosione”, o per agevolarne la trasportabilità è normale, il problema si crea quando questa copiatura avviene fra amici, e si iniziano ad intravedere i primi bagliori che portano, nell'era della Rete globale, alla nascita del file sharing e del peer to peer; con la conseguente crisi del business commerciale. A rivoluzionare il modo di ascoltare musica ci pensano i giapponesi della Sony, che nel 1979 introducono «una macchinetta poco più grande di un pacchetto di sigarette, leggera, stereofonica e portatile, da fruire attraverso un paio di cuffie, dal nome facile e memorizzabile, “Walkman” […], modificando abitudini e comportamenti, abituando la gente a portare sempre con sé un po' di “entertainment” a basso costo. Quando si affermò il cd, alla metà degli anni Ottanta, la Sony introdusse il cd walkman e poi, negli anni Novanta, il Mini-disc, cercando di ripetere il successo del Walkman, ma nessuna nuova tecnologia riuscì a ottenere gli stessi risultati.»34 Questo riproduttore portatile «crea una novità nella fruizione musicale, perché introduce un'ubiquità dell'ascolto con una ricaduta sociale evidente: l'isolamento (cercato o subito) dell'individuo. Le cuffie (gli auricolari quasi invisibili, ma anche le cuffie più ingombranti e isolanti verso l'esterno) diventano un segno che preclude il contatto con l'altro, che si può vedere ma che non si può sentire»35. Con l'introduzione del walkman, per un breve periodo, la vendita delle audiocassette supera quella dei dischi; ma questi sono ancora presenti nel panorama commerciale, mentre le musicassette sono scomparse, surclassate dal formato digitale. L'unico riproduttore portatile paragonabile al walkman è l'iPod, o più in generale il lettore di MP3, che con l'avvento della digitalizzazione sostituisce il mangianastri “trasportabile”, per le dimensioni sempre più 32 33 34 35 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata. cit., p. 34. Ivi, cit., p. 36. Ivi, cit., pp. 36, 37. Sibilla G., Musica e media digitali, cit., p. 128. 15 ridotte e la quantità “infinita” di musica che può contenere. «La prima forma di archiviazione digitale è stato il CD, […] un piccolo dischetto in cui la musica è incisa tramite microsolchi, come nel vinile. Questi microsolchi vengono letti da una testina laser: il suono digitalizzato è migliore (sebbene, a detta di molti, più “freddo” perché troppo perfetto) e il supporto di plastica molto più resistente del fragile vinile; la capienza è maggiore: un CD è grande meno di un 45 giri, ma può contenere la musica di due 33 giri. In poco tempo è diventato il supporto più diffuso sul mercato.»36 Con l'avvento del compact disc, ogni copia mantiene le stesse caratteristiche dell'originale, senza perdita in fatto di qualità sonora o di deterioramento del supporto che, se custodito adeguatamente, può essere riprodotto all'infinito senza modificarne le prestazioni. Diversa la situazione per la matrice – ovvero la bobina madre dalla quale si “stampano” i dischi – che essendo realizzata con un nastro magnetico, è facilmente degradabile e bisogna prestare molta attenzione alla conservazione per non perdere la “traccia sorgente”, in più si ha un leggero calo di qualità ad ogni copia. Tutte queste accortezze vengono spazzate via con la duplicazione del CD, perché la copia prodotta non è un “falso” – inteso come differente – ma una versione perfettamente identica della sorgente; «un tempo il disco in vinile era “l'originale”, poteva essere copiato su una musicassetta, [...] ma non era sostituibile. Il disco aveva una sua centralità “culturale” proprio per la non replicabilità casalinga dell'oggetto, così come capita per i libri, che possono certamente essere fotocopiati, ma non sono replicabili in casa.»37 La facile riproducibilità porta un cambiamento nella percezione del supporto: «agli adolescenti, oggi, non interessa l'oggetto CD originale così come alla generazione precedente interessava avere l'oggetto disco; interessa solo la musica, senza la sua materialità complessiva.»38 Infatti, l'unica differenza fra un duplicato e la versione ufficiale, escludendo la copertina e i testi, rintracciabili su Internet, è il prezzo! «Un CD originale, può costare dai 9 ai 20 euro, un CD vergine costa meno di un euro. È ovvio che, ora che si possono avere copie identiche all'originale in vendita, siano sempre di più le persone che copiano, da amici e parenti, i dischi che interessano e che l'originale abbia perso quasi 36 Idem, L'industria musicale, cit., p. 116. 37 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 92. 38 Sibilla G., Musica e media digitali, cit., pp. 51, 52. 16 completamente interesse.»39 A cavallo degli anni Novanta, il mercato ormai accetta il compact disc come principale supporto e le vendite mostrano le dimensioni di tale sviluppo: «il fatturato globale cresce sensibilmente (da 346 miliardi di dollari nell'87 a 547,6 miliardi nel ‘90), e il CD prosegue la sua crescita inarrestabile, passando da 4,5 ('87) a 15,8 milioni di copie vendute ('90) registrando così il “sorpasso” sull'album in vinile (14,6 milioni nel '90); il singolo tocca intanto il suo minimo storico, con 3 milioni di unità, mentre la cassetta sembra mantenersi stabile, toccando nel '90 la sua punta massima di 25,7 milioni di unità»40. Per comprendere meglio le dimensioni di questo boom, vediamo che «nel 1989 il fatturato complessivo del nostro mercato discografico era di 452,7 miliardi di lire rispetto ai 408 dell'anno precedente, […] nel 1991 la differenza aumentò ancora di più con le vendite dei CD a 20,6 milioni, quasi tre volte tanto quelle degli LP»41. Questi dati ci danno l'idea della grandezza del mercato discografico e della prepotenza con cui il compact disc si afferma, in un tempo relativamente breve, nel consumo italiano, dando vita a «un fenomeno inedito, definito “effetto stock”: i consumatori ricompravano nel nuovo formato quanto già possedevano in formato LP, creando così un'impennata esponenziale nelle vendite di musica.»42 Infatti, le major discografiche riversano tutto il loro catalogo nel nuovo supporto per accrescerne l'appeal e ridare slancio ad un mercato in fase ristagnante. 1.1.3 → Digitalizzazione del suono e crisi delle Major «La digitalizzazione della musica, ovvero la sua traduzione nel linguaggio binario, è un processo iniziato negli anni ottanta con il CD, […] proseguito con Internet, che la discografia ha cercato di usare come qualsiasi altro medium»43, sottovalutandone la multimedialità e l'interattività. Con il nuovo supporto (CD) le major sfruttano la qualità del suono per ri-convertire tutto il catalogo, da vendere agli appassionati che desiderano apprezzare a pieno le note dei loro artisti preferiti; ma con l'avvento dei masterizzatori e dei 39 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., pp. 92, 93. 40 Stante L., La discografia Italiana. Storia, struttura, marketing, distribuzione e new media, Zona, Arezzo, 2007, p. 16. 41 Tabasso E. - Bracci M., Da Modugno a X Factor, cit., p. 100. 42 Ibidem. 43 Sibilla G., L'industria musicale, Carocci, Roma, 2006, p. 112. 17 dischi vergine, si apre l'era della crisi nelle vendite, con la pirateria che cresce inesorabile, agevolata anche dalla smaterializzazione dello spazio – inteso come distanza – che la Rete concede. La popular music attraversa un periodo di grande espansione fino alla metà degli anni Novanta, quando le tecnologie digitali, in particolare il personal computer e la realizzazione di software sempre più intuitivi e di facile utilizzo, modificano sostanzialmente la “vita” delle case discografiche, che entrano in difficoltà con l'avvento del formato di compressione audio denominato MP3 – acronimo che sta per MPEG-1 Layer III – diffusosi in breve tempo e diventato lo standard per la digitalizzazione del suono. Altri software di compressione audio provano ad affermarsi come nuovi dominatori del mercato, da quando la digitalizzazione travolge la musica: dal Mini-Disc della Sony al DCC (Digital Compact Cassette) della Philips, passando per il DAT (Digital Audio Tape), che rimangono fenomeni di nicchia con l'avvento dell'MP3; o cercando di raggiungere una qualità superiore, con una riduzione dello spazio necessario per l'archiviazione: come l'MP3-PRO o l'AAC (MPEG-2 Advanced Audio Coding), senza dimenticare i recenti Vorbis, FLAC ed MP4, ma per il momento nessuno di questi sembra in grado di spodestarlo. Il successo delle grandi etichette è da legarsi ai riproduttori dei vari supporti fonomeccanici, ma oggi che con un unico mezzo – il personal computer – possiamo realizzare la maggior parte delle funzioni di una decina di prodotti (dal riprodurre e masterizzare un CD o un DVD, al gestire gli ingressi degli strumenti durante un concerto come un mixer), le major devono arrendersi alla crisi che li investe come un treno merci lanciato a grande velocità. Il caso Napster è eclatante per spiegare l'evoluzione in atto: nel 1999 un diciannovenne californiano di nome Shawn Fanning, durante la sua permanenza presso la Northeastern University di Boston, sviluppa un programma che permette di scaricare e condividere file musicali in formato MP3. Avverando «l'incubo peggiore per la discografia: la musica diventa accessibile gratuitamente senza il filtro delle case discografiche.»44 L'esperienza ha una durata breve, ma riesce in soli due anni a convogliare sessanta milioni di utenti che si scambiano canzoni senza pagare nessuna royalty alle case discografiche – il cosiddetto processo di disintermediazione. Le major e gli artisti (i Metallica su tutti) riescono a chiudere Napster perché usa un sistema di peer to peer (da pari a pari) “impuro”, cioè appoggiato ad un server centrale che coordina i file, e quindi, chi gestisce il database è a conoscenza che i brani condivisi gratuitamente non rispettano le leggi sul copyright. La reazione è repressiva, 44 Ivi, cit., pp. 112, 113. 18 ma l'improvvisa accelerazione della tecnologia rende impossibile per l'industria discografica controllare l'enorme quantità di musica che viene scambiata in Rete, sfruttando il metodo P2P (peer to peer) “puro” – senza nodi centrali – e coinvolgendo un numero impressionante di utilizzatori. Costretti per il momento ad arrendersi al file sharing, le etichette discografiche intuiscono lentamente le potenzialità che Internet propone: «ecco quindi l'entrata in scena di sistemi di vendita on line della musica e l'esplosione dei walkman digitali.»45 È la Apple – azienda informatica statunitense – che si affaccia per prima nel cosiddetto e-commerce musicale, al quale associa un oggetto rivoluzionario che manda in pensione il walkman: l'iPod! «Leggerissimo, elegante, con una memoria capace di contenere migliaia di canzoni […] è il lettore multimediale per eccellenza, il figlio del CD e di Internet, il nipote digitale del walkman.»46 Funziona come un hard-disc portatile, “riempito” tramite il computer con l'ausilio del software iTunes, integrato da un negozio online, dove è possibile scaricare canzoni, video e quant'altro in maniera legale, grazie ad un accordo siglato con le Big Five, (divenute nel frattempo Big Four: Universal Music Group, Sony BMG Music Entertainment, EMI Group, Warner Music Group)47 che porta gli utenti ad effettuare i loro acquisti musicali su Internet, modificando per sempre il consumo di altri supporti ormai datati. La ricerca dell'industria musicale e delle case produttrici di software, a questo punto, si concentra su tre distinti obiettivi: sviluppare formati che impediscano l'uso illecito dei brani (Liquid Audio); creare metodi di compressione open source48, cioè aperti a chiunque sia in grado di migliorarne gli aspetti tecnici (come il FLAC); e realizzare formati all'avanguardia in fatto di prestazioni e potenzialità (MP3-PRO e AAC). Ma l'MP3 deve la sua solidità alla massiccia diffusione raggiunta in questi anni e non è semplice convincere milioni di consumatori a convertire la loro ampia collezione nel nuovo formato che si attesta come vincitore in questa battaglia di bit. Questo cambiamento sta portando il pubblico ad un ruolo sempre più attivo nell'iter produttivo/distributivo della musica. «Insomma, il vero dato è che l'industria non può più pensare di “imporre” le forme, i modi e i tempi di accesso alla musica, ma è costretta sempre più a mediare con altri attori, ad accettare e a ridefinire nuove forme di consumo, come è avvenuto con la distribuzione digitale. L'industria musicale non è destinata a scomparire, […] però […] se vuole avere un futuro, deve capire questo nuovo atteggiamento attivo del 45 46 47 48 Ivi, cit., p. 113. Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 121. vedi capitolo 1, paragrafo 1.2.1 Le Major discografiche, p. 20. vedi capitolo 2, paragrafo 2.2.2 La tecnologia semplificatrice, p. 34. 19 consumatore.»49 Questa citazione conduce ad una serie di domande: dove ci porta il futuro? Fra venti anni saremo qui a festeggiare il cinquantesimo compleanno del CD, come è avvenuto con il vinile? Per cercare di capirlo analizziamo il passato, iniziando dal mutamento che porta alla situazione attuale. 1.2 → Il passaggio dal vinile al digitale «Nel periodo analogico, i suoni venivano registrati prevalentemente su nastri magnetici, dai quali poi si ricavavano i formati commerciali (vinile, cassette, ecc.). Tutte queste forme di archiviazione sono deperibili: si rovinano facilmente e perdono di qualità a ogni copia. […] Il digitale permette invece di archiviare la musica in poco spazio, in modo virtualmente indistruttibile e con qualità identica alla primissima copia (il “master”).»50 Sono queste le basi che portano alla rivoluzione digitale, agevolata dal costante sviluppo dell'informatica, continuamente impegnata a ridurre le dimensioni dei vari supporti, con la conseguente scomparsa degli oggetti: pensiamo ai computer di un tempo che occupano intere stanze, e oggi arrivano ad essere maneggevoli e tascabili (come l'iPhone), ma notevolmente più potenti e funzionali. Possiamo fare lo stesso paragone con la musica, passando dai trenta cm. circa del vinile, ai “millimetri” dei lettori MP3, con quantità e qualità musicali nettamente più prestanti. «L'impresa culturale viene descritta come un sistema complesso ma coerente e funzionale, grazie a un meccanismo di interdipendenze perfettamente armonizzate che concorrono alla reiterata oggettivazione di una “monocultura” di fondo, celata dalle diversità solo apparente dei prodotti culturali».51 Impercettibilmente le major sfruttano le sonorità di tendenza per creare dei cloni che raggiungono gli stessi risultati in termini di vendite, portando ad una omologazione della musica, che si divincola da queste catene solo nell'era digitale, con la possibilità di realizzare musica fatta in casa. 49 Sibilla G., L'industria musicale, cit., pp. 122, 123. 50 Ivi, cit., p. 116. 51 D'Amato F., Musica e industria, cit., p. 20. 20 Analizziamo come cambia il modo di ascoltare la musica: prima dell'invenzione di Leonardo Chiariglione (formato MP3), gli album vengono ascoltati per intero e svariate volte, si impara la tracklist a memoria e difficilmente si “saltano” le tracce; al contrario oggi, ricordiamo un solo brano dell'album, che poi è quello che abbiamo inserito nel nostro iPod; a malapena conosciamo il titolo della canzone, figuriamoci il titolo della traccia precedente e/o seguente! Non ha più nessun senso creare un concept album (ovvero un album con un tema unificante, che contiene una sua storia sviluppata complessivamente nell'intero lavoro), nessuno ci farebbe più caso! Oppure quante volte capita di ascoltare una canzone e riconoscerla, anche se non conosciamo né l'autore, né il titolo? La musica, ormai, è onnipresente nella vita dell'uomo occidentale e sembra praticamente impossibile arrestare questo processo. Nei prossimi paragrafi cercheremo di analizzare più approfonditamente le differenze esistenti tra due mondi musicali così lontani come l'analogico e il digitale, partendo da coloro che fin dall'inizio credono nel progetto. 1.2.1 → Le Major discografiche «Là dove corre il progresso tecnologico, di pari passo procede lo sfruttamento commerciale. Non è un caso che solo pochi anni dopo l'invenzione del grammofono di Berliner […] la musica diventi un affare milionario fiutato con grande prontezza dal nascente mondo dell'editoria commerciale.»52 Le case discografiche prendono il sopravvento all'alba del dopoguerra e il rock comincia ad essere sfruttato economicamente e sostenuto dall’industria mainstream, perdendo i suoi connotati controculturali e configurandosi come fenomeno commerciale. Fino ad allora le etichette musicali gestiscono gli spartiti e i diritti d'autore dei loro clienti, ma con la diffusione radiofonica e l'introduzione dei riproduttori casalinghi, le major intuiscono il business della grande espansione, dando vita in breve tempo a nuove figure lavorative, supportate dal boom economico e da nuovi consumatori: i giovani, inseriti in un ambiente rinnovato che concede loro uno spazio fino ad allora inaccessibile. La popular music nel corso di questi anni subisce 52 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 19. 21 una serie di suddivisioni che portano alla nascita di vari generi musicali: dal soul al jazz, passando per il folk, il blues, il rap, il drum'n'blues, l'hard rock, la electronic dance, la ska, e tante altre ibridazioni difficilmente catalogabili in un format prestabilito. Inizialmente sono cinque (oggi quattro)53 «le grandi corporazioni dell'industria musicale che hanno saldamente nelle mani il mercato discografico»54: la prima etichetta fonografica è la Columbia, fondata alla fine del XIX secolo, che raggiunge il 20% del mercato discografico a metà degli anni Sessanta, espandendosi in oriente e fondendosi con la Sony che negli anni Ottanta sviluppa il formato compact disc; poi nasce la Victor, nei primi anni del Novecento, che alla fine degli anni Venti si unisce alla RCA, occupandosi di musica country, folk e jazz, per poi passare al gruppo tedesco BMG negli Ottanta; l'inglese Decca fa il suo ingresso nel panorama fonografico nel 1914, ma la sua maggiore espansione si ha con gli anni Trenta, quando propone la vendita a prezzi contenuti dei propri supporti (nice price), e con gli anni Quaranta, quando pubblica il singolo più venduto della storia (White Christmas di Bing Crosby), per poi essere inglobata dalla PolyGram, a sua volta inserita nella Universal; successivamente troviamo la Mercury, fondata a Chicago nel 1945, che si occupa principalmente di black music, blues e rhythm'n'blues, fino ai primi anni Sessanta quando viene acquistata dall'olandese Philips, a cui si deve la nascita dell'audiocassetta nel 1963; infine troviamo la Capitol, fondata a Los Angeles nel 1942, che nel giro di cinque anni vende più di 40 milioni di album, grazie anche al suo catalogo che comprende Frank Sinatra, ma nel momento di massima espansione viene rilevata dall'inglese EMI.55 Come possiamo notare dall'elenco sopracitato la discografia è fatta di continui accorpamenti; infatti, le major, forti del mercato in continua espansione e munite di enormi budget, inglobano le etichette di spicco nel corso degli anni, fino al 2004 quando l'oligopolio delle Big Five (Universal, Emi, Sony, Warner e BMG) si trasforma in un mercato quadripartito, vista l'unione del colosso nipponico Sony con la BMG. Di fatto le multinazionali della musica, dopo la nascita della Sony BMG Music Entertainment, possiedono circa il 90% dell'intero mercato mondiale, per un valore stimato intorno ai 30 miliardi di dollari; ma negli ultimi anni le etichette indipendenti riescono ad accrescere il loro potere, registrando una quota del 28% sulle vendite a livello mondiale.56 Questo monopolio è strettamente legato alla creazione dei riproduttori musicali che da sempre “viaggiano” di pari passo con i vari supporti: il giradischi con il vinile, il mangianastri 53 54 55 56 nda. Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 20. Ivi cfr., pp. 20-26. IFPI - International Federation of the Phonographic Industry. Publishes global music market shares. cfr. statistics. 22 con la cassetta, ecc.. Portando le grandi etichette fonografiche ad integrare al loro interno altre industrie della filiera: dal reparto produttivo, come l'esempio Sony; a quello della distribuzione (uffici stampa compresi), per non incorrere in malintesi “nocivi” all'azienda. Questo non implica, però, che le relazioni siano armoniche.57 1.2.2 → Il suono analogico Il disco in vinile fa la sua comparsa nella prima metà del XX secolo, ribattezzato long playing (LP) per la grande quantità di musica che riesce a contenere: a quei tempi riuscire a registrare venti minuti di musica su ogni lato viene considerato un enorme passo avanti, rispetto ai singoli diffusi fino a quel momento. Realizzato con una plastica particolarmente economica e malleabile, in breve tempo si diffuse come il supporto per eccellenza nella riproduzione musicale; grazie anche all'incisione di solchi sempre più ravvicinati – detti microsolchi – che aumentarono la capacità di musica registrabile, fissando nei formati a 45 e 33 giri gli standard più diffusi. Quest'ultimo lo troviamo ancora oggi in commercio, evidenziando l'enorme successo riscosso nella cultura popolare; mentre il 45 giri deve la sua notorietà ai juke-box e alle dimensioni ridotte – circa 18 cm. di diametro – diffondendosi rapidamente fra il pubblico “giovane”, con la conseguente nascita dei primi riproduttori portatili.58 Il formato LP era un'icona, un oggetto! C'è tuttora un certo “feticismo” nel possedere in perfette condizioni il disco irreperibile dell'artista straniero, che trovavi solo dal negoziante di fiducia, ordinandolo appositamente. Dobbiamo affermare che il culto del long playing non è paragonabile con altre forme di fruizione musicale: i testi e i poster all'interno dell'album, le immagini in copertina che sono una vera e propria forma di arte; hanno fatto di questo supporto un vero e proprio simbolo per intere generazioni. Analizzando i dati relativi alle vendite di dischi in Italia, ci rendiamo conto del cambiamento della fruizione musicale nel corso degli anni: i singoli, che dalla nascita della riproducibilità avevano avuto il sopravvento (dovuto anche ai problemi di spazio disponibile sul supporto utilizzato per la registrazione), hanno “pareggiato” le vendite degli album negli 57 D'Amato F., Musica e industria, cfr., pp. 32, 33. 58 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata. cfr., p. 17. 23 anni Settanta, per poi diminuire progressivamente, con un prevedibile assestamento nell'era digitale. Inoltre, secondo gli ultimi dati disponibili, c'è stato un ritorno verso il vinile; infatti gli artisti stampano i loro dischi anche nella versione 33 giri, per i nostalgici o gli appassionati. La domanda che ci poniamo a questo punto è: c'è veramente un ritorno verso l'utilizzo del giradischi? Oppure i musicisti, o chi per loro (case discografiche) 59, pensano che un ritorno al “vecchio” formato possa incrementare le vendite, visto che duplicare un LP non è semplice come copiare un CD? Oppure c'è una reale richiesta dell'ascoltatore che vuole rivivere la nostalgia dell'album in formato 33 giri, sia come investimento per i cultori e i collezionisti dell'analogico, sia come ripresa dell'oggettivizzazione musicale – inteso come ritorno all'oggetto materiale? Per realizzare un disco sono necessari macchinari costosi e il loro utilizzo è limitato ad una notevole conoscenza delle apparecchiature analogiche, ad uso “esclusivo” delle grandi major. Queste, ammortizzano i costi di produzione con la distribuzione di massa che implica una spesa minore nella realizzazione del singolo album e quindi sostenibile da un'industria dotata di grandi risorse. Per queste aziende, oggi, è semplicissimo tornare a produrre 33 giri, basta una “spolverata” alle vecchie attrezzature dismesse in qualche magazzino. La versione in vinile – realizzata dalla bobina master che costituisce la copia originale – è ancora oggi utilizzata dagli artisti per produrre la loro arte, convinti che il suono sia più realistico se non “perfetto” come nella digitalizzazione; dove le canzoni vengono “aggiustate” ad hoc per la distribuzione di massa. 1.2.3 → Il suono digitale «Per poter essere ridotto in bit, il suono deve passare attraverso un processo di segmentazione dell'onda sonora detto campionamento. Campionare significa prelevare i valori di un segnale analogico a intervalli di tempo finiti e generalmente uguali […]. le onde sonore si propagano, in natura, in maniera continua (o analogica): il segnale elettrico assume, cioè, istante per istante, uno qualsiasi degli infiniti valori di ampiezza compresi tra un valore minimo ed un valore 59 nda. 24 massimo prefissati, seguendo un andamento sinusoidale.»60 La tecnologia digitale, fin dalle sue origini, cerca di ricreare il più fedelmente possibile l'onda sonora, trasformandola nel sistema binario. Il problema nasce dall'enorme dimensione che il file sonoro prende con un numero maggiore di informazioni, chiamate bitrate – la quantità di bit per secondo – che determinano la grandezza del file e l'avvicinarsi alla reale curva dell'onda (formato wave). Il costante progresso delle tecnologie sta portando ad un “ritorno all'analogico”, non verso il vinile, come accennato in precedenza, ma inteso come la realizzazione di file digitali sempre più “ingombranti” per avvicinarsi il più possibile alla “totalità” delle informazioni contenute nella versione analogica; proprio come sta avvenendo nella digitalizzazione video, dove si continua ad aumentare il numero dei pixel – contrazione di picture element – per raggiungere una definizione maggiore. Con il PC si ha la nascita del CD-ROM (Compact Disc – Read Only Memory) un «supporto informatico off line che dota il computer di una memoria di massa rimovibile, funzionante cioè se e quando inserito nell'opportuna unità periferica, presenta elevata capacità di memoria e rapidità di accesso ai dati, affiancando grafica, suoni e immagini al testo e ai dati»61; e successivamente del DVD (Digital Versatile Disc), «che, a parità di dimensioni, offre […] una memoria otto volte superiore (pari a 4,7 Gigabyte) ed un'infinità di applicazioni: dalla musica al video, dai giochi all'editoria elettronica.»62 Anche i media cominciano ad utilizzare il sistema digitale, vista la scarsità di prestazioni dell'analogico: mi riferisco al “fruscio” della radio o ai “bruscoli” nella televisione che vengono eliminati con la preventiva quantizzazione delle onde – radio o video – prima della registrazione e/o trasmissione in digitale; possibile grazie al DAB (Digital Audio Broadcasting), che impedisce ogni interferenza nella fruizione del mezzo. Nella registrazione di un brano in uno studio professionale moderno, a differenza del procedimento analogico che prevede l'utilizzo della bobina tradizionale, la memorizzazione della fonte sonora avviene direttamente nella memoria interna di un computer o di un campionatore, con enormi possibilità: dall'introduzione di suoni sintetizzati (Sintetizzatore), alla ripetizione e/o moltiplicazione del file inciso, il tutto “condito” da un’eccellente qualità. «Napster, file sharing, iPod … Tutti nomi e termini che dovrebbero appartenere al lessico degli “smanettoni”, gli appassionati/maniaci delle tecnologie informatiche. Invece sono noti a tutti, […] sono i 60 Viscardi R., Popular music, cit., p. 297. 61 Ivi, cit., p. 301. 62 Ibidem. 25 protagonisti della presunta “rivoluzione digitale” della musica; sono, rispettivamente, un sistema di distribuzione delle canzoni […] e un walkman digitale»63. Questo per farci capire quanto la computerizzazione della musica aumenta le nostre conoscenze, il tutto ad una velocità sempre maggiore; come la navigazione in Rete che, grazie alla banda larga sta raggiungendo la maggior parte degli Italiani e, con il PC, diffuso ormai al pari del televisore, inizia a divulgare una quantità sempre maggiore di dati, accrescendo le possibilità e creando nuove realtà, come i primi album interamente auto-prodotti. Lasciamo questo argomento al capitolo successivo, che cerca di delineare la strada intrapresa oggi dai musicisti. 63 Sibilla G., L'industria musicale, cit., p. 112. 26 Capitolo 2 “Mondi” musicali a confronto Nella seconda parte di questo lavoro concentriamoci maggiormente sul musicista, il vero protagonista di questo cambiamento; confrontando gli artisti ormai affermati con i “dilettanti” che si sono inseriti nel panorama musicale a seguito dell'evoluzione tecnologica. Major discografiche ed etichette indipendenti, sono due facce della stessa medaglia che si spartiscono l'intero panorama musicale: rispettivamente il 71,7% e il 28,3%64, creando una sorta di monopolio e contendendosi il mercato nella estenuante ricerca di accrescere il proprio peso. Alcuni economisti sostengono «che solo quando il mercato è caratterizzato dalla competizione tra un ampio numero di aziende si registrano incentivi all'innovazione. Il dibattito resta aperto, ma la maggior parte delle prove empiriche disponibili suggeriscono che la concentrazione oligopolistica riduca l'innovazione e conduca verso l'omogeneizzazione della produzione.»65 Naturalmente, con l'avvento delle tecnologie, le indies riescono a “rosicchiare” parte del patrimonio alle Big Four, grazie alla sostenibilità nella realizzazione artistica dovuta alla digitalizzazione. Essendo Internet l'unico medium interattivo, con la sua espansione, anche la filiera musicale comincia a creare siti Web, suddivisibili in 3 tipologie di spazio: nella prima i siti diventano una vetrina industriale puramente promozionale con l'esigenza di essere in Rete, senza sfruttare le reali caratteristiche di interattività del mezzo; nella seconda troviamo i webmedium, da un lato le tradizionali emittenti musicali e, dall'altro, abbiamo i media nati specificatamente per la Rete; infine ci sono gli spazi amatoriali, che dimostrano la vocazione “democratica” della Rete.66 «Internet spinge alla rottura delle tradizionali catene distributive e disincentiva l'intermediazione»67: sempre più spesso gli utenti si “rivolgono” alla Rete per ottenere notizie fresche, senza attendere la mediazione degli altri media. Inoltre con l'avvento del blog (contrazione di web-log, ovvero “diario in Rete”) si modifica anche il ruolo del musicista, da sempre visto come un mito irraggiungibile, e i blogger (gli autori di questi diari) creano una forma di “conoscenza mediata” con gli artisti, che dà 64 IFPI - International Federation of the Phonographic Industry. Publishes global music market shares. cfr., statistics. 65 Santoro M. - Sassatelli R., a cura di Solaroli M., Studiare la cultura. Nuove prospettive sociologiche, Il Mulino, Bologna, 2009, p. 170. 66 Sibilla G., L'industria musicale, cfr., pp. 118, 119. 67 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 65. 27 l'impressione all'utente/fan di essere “amico” del loro idolo: ne interpretano i testi e li difendono strenuamente dalle critiche dei conoscenti, come se stessero tutelando il proprio onore. I nuovi musicisti sono persone ordinarie che fanno un lavoro straordinario, con i quali è possibile confrontarsi senza sentirsi inferiori o inappropriati per la scarsa autorevolezza come critici d'arte.68 Un altro ambito da comparare nei successivi paragrafi è quello inerente alla pirateria: con i supporti fisici la pirateria crea profitto alle organizzazioni criminali che importano o realizzano i formati da rivendere sul mercato nero, mentre oggi con il file sharing, la maggior parte degli utenti costruisce la propria collezione musicale condividendola su Internet, senza creare utili per la criminalità organizzata. Le parti lese, in questo nuovo contesto, non sono più solo le case discografiche, ma anche le mafie di tutto il mondo; fatto questo che accresce l'interesse degli ascoltatori, i quali si sentono meno illegali perché non alimentano il profitto delle aziende malavitose. 2.1 → Artisti affermati che si avvicinano alla digitalizzazione Il disco in vinile ha un valore, come oggetto materiale e di culto, da mostrare agli amici come fonte di orgoglio! Anche gli autori sono fieri dei loro lavori, alcuni arrivano addirittura a stampare a chiare lettere sui loro album che questi ultimi sono realizzati senza l'utilizzo di tecnologie digitali (come i Queen); al contrario molti artisti iniziano a sfruttare questi nuovi effetti sonori per evolvere la loro musica verso sonorità del tutto sconosciute (come i Pink Floyd), fino ad arrivare alla musica interamente digitalizzata, cioè realizzata senza l'ausilio di strumenti musicali tradizionali. Gli autori affermati nel periodo analogico sono, senza ombra di dubbio, più tutelati per quanto riguarda le loro creazioni artistiche, ma finiscono per essere schiavi dell'industria fonografica che li spreme il più possibile per aumentare il fatturato. Oggi il percorso è differente, gli autori di successo hanno poche possibilità di farsi vedere, perché è preferibile mettersi “in mostra” su My Space che suonare in un locale di modeste aspirazioni, in quanto non produce effetti positivi sull'immagine dell'artista: se un determinato musicista suona in un 68 Sorrentino C., La società densa. Riflessioni intorno alle nuove forme di sfera pubblica, Le Lettere, Firenze, 2008, cfr.. 28 luogo inadeguato alla sua fama, significa che non trova contratti migliori, perdendo parte della sua attrattiva. Meglio rimanere nell'ombra, lavorando in silenzio alla realizzazione di nuovi progetti. Anche il metodo di pubblicizzare gli album è cambiato: un tempo gli spot televisivi che promuovevano le ultime uscite erano all'ordine del giorno, ma oggi vengono considerati troppo costosi e poco efficaci in relazione alle vendite; e quindi limitati ai periodi festivi, quando acquistare un CD può diventare la soluzione dell'ultimo minuto per i regali natalizi. Oggi il mezzo più diffuso per far conoscere i propri dischi è il sito ufficiale. Tornando all'argomento in esame – i musicisti – come si ”evolvono” per mantenere la loro visibilità nell'oceano virtuale? Alcuni sfruttano le innovazioni tecnologiche per avere risalto mediatico: come i Radiohead che pubblicano il loro album In Rainbows alla fine del 2007 in versione digitale, ovvero scaricabile direttamente dall'official website della band. Una forma di distribuzione di straordinaria efficacia: primo perché nessun complesso del loro calibro ha mai azzardato un esperimento simile; secondo perché eliminando l'appoggio della casa discografica, abbattono i costi, ed ogni centesimo entra interamente nelle casse del gruppo; e terzo perché il download non ha un prezzo fisso, ma ogni utente è libero di decidere se, e quanto, pagare per scaricare l'album. Gli effetti di questa strategia sono notevoli: innanzitutto la pagina web dei Radiohead viene letteralmente invasa da fan e curiosi; e vista la ridondanza creatasi, molti utenti, incuriositi dalla novità, sfruttano l'occasione per conoscerli, scaricando l'album per un totale di 1,2 milioni di copie nelle prime 24 ore! Alcuni approfittano dell'evento per accaparrarsi gratuitamente il disco, ma le entrate per la band sono comunque notevoli (da fonti ufficiose sembra che siano stati pagati in media $8 per ciascuna copia) se consideriamo che l'auto-produzione-distribuzione ha un costo irrisorio e che un mese dopo l'uscita della versione digitale viene distribuito un discbox contenente due CD in edizione limitata, per raggiungere il pubblico più tradizionalista. Probabilmente la scelta del gruppo di Thom Yorke è influenzata anche dalla rottura con la casa discografica EMI, e il metodo di distribuzione ottiene un grande successo anche per la forma innovativa. Indubbiamente se altri artisti fossero interessati a questo tipo di pubblicazione dovrebbero investire maggiormente per dare più risalto all'evento, prospettando un futuro senza major discografiche. Nel panorama italiano possiamo analizzare il caso dei Subsonica, uno dei gruppi nazionali tecnologicamente più avanzati che promuovono il nuovo album Eden (2011), con il download gratuito dell'omonimo singolo per un giorno intero. La strategia ha un grande seguito, pubblicizzata adeguatamente dalla band e dalla EMI, lasciando tutti con il fiato sospeso fino all'annuncio della data di uscita, determinando un'affluenza impressionante e creando un 29 enorme traffico di dati che “rallenta” il server del gruppo per tutto l'arco della giornata. Inoltre i Subsonica pensano bene di pubblicizzare il singolo, che anticipa l'uscita dell'album, con una distribuzione alle radio alternative e alle web radio universitarie, ottenendo risultati dirompenti: in poco più di un mese dall'uscita; il nuovo lavoro del gruppo torinese ottiene il disco d'oro (almeno trenta mila copie di un album vendute) e il tour totalizza molti sold-out, spianando la strada a nuove date in programma per l'estate. 2.1.1 → Cambiamento di prospettiva La digitalizzazione porta grandi cambiamenti, anche nelle major, che prima avevano a disposizione budget elevatissimi e potevano permettersi di commettere qualche errore, promuovendo autori che non riscuotevano un gran successo; ma oggi gli sbagli non sono più ammessi e quindi, le case discografiche, preferiscono concentrarsi su artisti già conosciuti che sono delle certezze per il mercato. Se paragoniamo il mondo della musica ad un'autovettura, vediamo che in passato il musicista era il motore e la casa discografica creava la scocca e si occupava di tutto il necessario per far muovere il veicolo, mentre oggi il mezzo è interamente gestito dalle major; il cantante diventa l'autista che guida per un breve tratto l'automobile, fino a quando riesce a realizzare profitto, ma pronto ad essere “sostituito” da un pilota più redditizio. In questo la canzone Chiedi Chiedi di Francesco Di Gesù, in arte Frankie Hi-Nrg Mc, rende bene l'idea del meccanismo che si è consolidato negli anni. Anche il modo di scoprire nuovi talenti sta cambiando: un tempo il talent scouter era incaricato di “girare il mondo” alla ricerca di nuovi talenti, ma negli ultimi anni questo è degenerato nell'appiattimento verso tendenze consolidate, orientandosi più sull'immagine dell'artista che sulla sua abilità professionale, dando vita al fenomeno boy band che dagli anni Novanta ci regala tanti cloni creati a tavolino, sostenuti dalle emittenti televisive e radiofoniche. «L'obiettivo e il segreto stava tutto lì: far innamorare le ragazzine e stimolare l'identificazione o l'imitazione dei ragazzi»69 per alimentare le vendite. Importante, in questa continua speculazione artistica, è l'apporto che i reality show di ambito musicale danno alle case discografiche: i produttori puntano sugli artisti più interessanti che escono da questi format televisivi, perché meno rischiosi a livello di 69 Tabasso E. - Bracci M., Da Mogugno a X Factor, cit., p. 137. 30 investimento; infatti, la visione prolungata di questi personaggi nel palinsesto televisivo portano il consumatore ad accettarli in quanto conosciuti attraverso la trasmissione: si affezionano ai protagonisti perché li vedono ridere, piangere e sudare, per migliorare il loro talento; e in parte, si identificano con loro, riconoscendoli come pari. Per citare alcuni esempi possiamo nominare Valerio Scanu, Alessandra Amoroso, Emma Marrone (Amici) e Veronica Scopelliti (in arte Noemi), Marco Mengoni, Giusy Ferreri (X Factor), giovani cantanti conosciuti da ogni teledipendente, che si affermano nel panorama musicale italiano grazie alla partecipazione a questi reality, riuscendo ad ottenere un enorme successo in breve tempo, spinti anche dall'appoggio delle grandi major che lavorano alle loro spalle. Nell'era digitale veniamo a conoscenza delle ultime pubblicazioni direttamente dai siti degli autori, e le varie edizioni sono acquistabili on-line, con la possibilità di riceverle comodamente a casa attraverso una spedizione o di ottenerle in pochi minuti con un download. Per capire questo nuovo punto di vista dobbiamo prendere in considerazione anche l'aggregazione proposta dalla Rete, che porta ad una somma esponenziale delle parti con una «sostanziale armonia di questo processo del tutto intenzionale e oggettivo da parte di milioni di persone che non si conoscono e non si sono accordate, tutto ciò è miracoloso, per certi aspetti, e paradossale per altri. Ma è, in ogni caso, vero e reale quindi, con Hegel, è razionale.»70 Riprendendo Eden – l'ultimo album dei Subsonica – troviamo un chiaro esempio di interattività fra musicista e ascoltatori in fatto di collaborazione nella realizzazione di un progetto musicale (il cosiddetto crowdsourcing: crowd, ovvero gente comune; e outsourcing, ossia l'esternalizzazione delle proprie attività): attraverso il sito ufficiale, il gruppo chiede ai fan di elencare tutti i loro “Non sei riuscito a...” (ovvero tutte quelle cose che la band non è riuscita a fare, o cose che qualcuno rinfaccia loro di non essere riusciti a realizzare), dando vita ad un testo da inserire sulla base musicale di Benzina Ogoshi, proponendo così una nuova versione del pezzo in grado di attirare l'interesse mediatico, oltre a quello della popolazione virtuale che si è letteralmente sbizzarrita ad integrare il forum sull'argomento con i loro post; dimostrando la maturazione del gruppo, con un'autocritica ironica e intelligente, ma mantenendo l'eletric-sound che lo contraddistingue. 70 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 66. 31 2.1.2 → Il concerto «Concerti e dischi sono le due attività principali della routine produttiva del musicista affermato: difficilmente esistono l'uno senza l'altro.»71 Alla fine degli anni Settanta le sovvenzioni governative per lo sviluppo della cultura concedono linfa alle finanze dei Comuni e si ha l'avvento del live che rende la musica itinerante e l'Italia si trova ad ospitare grandi artisti internazionali fino ad allora “sconosciuti” al grande pubblico, con una conseguente impennata nelle vendite dei supporti musicali. Inoltre «il grande evento spettacolare dal vivo fornisce materiali e contenuti 'freschi' ai produttori discografici e alle reti radiotelevisive, rappresentando, nel contempo, un comodo veicolo pubblicitario. […] Per il pubblico, invece, lo spettacolo musicale dal vivo rappresenta un'occasione collettiva di socializzazione e d'incontro»72. Con le performing act di massa, si apre la strada alla rappresentazione “immobile” – intesa come identica – dove la scaletta rimane invariata nelle varie date del tour, dovuta anche a problemi di tipo logistico, data la grande complessità di questi eventi; ma l'ascoltatore moderno vuole essere coinvolto, vuole conoscere meglio l'interprete, vuole qualcosa di vivo, non una semplice riproposizione delle canzoni, percependo l'evento come «un momento esperienziale essenziale e irrinunciabile»73 Secondo Peter Gabriel, ex Genesis: «Più uno può partecipare a quanto avviene sul palco e più è intima la sua relazione con l'artista migliore sarà l'evento. Molta gente si sente esclusa quando avverte che l'artista non risponde alle sue sollecitazioni. Una cosa sto facendo ultimamente, tuffarmi nella folla con il microfono radio e questo mi aiuta ad avere un contatto con la gente, lasciarli contribuire allo spettacolo. E in più infrango una barriera psicologica.»74 Sono queste le premesse che portano alla spettacolarizzazione della performance che ormai è diventata una vera e propria rappresentazione teatrale delle canzoni, un videoclip in presa diretta che recita il pezzo. Dobbiamo anche affermare che, a seguito del crollo nelle vendite di supporti, il live è diventato “l'unica” fonte di guadagno per il musicista, con il conseguente aumento del costo dei biglietti; è normale, quindi, l'enorme impegno che viene convogliato nella realizzazione degli spettacoli dal vivo, portando il pubblico a integrarsi con i cantanti e seguendo un evento unico – inteso come irripetibile. Facendo qualche esempio, elenchiamo un concerto di 71 72 73 74 Sibilla G., L'industria musicale, cit., p. 22. Viscardi R., Popular music, cit., p. 247. Ivi, cit., p. 281. Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 77. 32 Lorenzo Cherubini – in arte Jovanotti – durante il tour del 1992 con Luca Carboni, quando viene improvvisata una partita di pallacanestro, trasformando il palco in un campo da basket; o i già citati Subsonica che aprono il concerto giocando con le luci per festeggiare il 150° anno dell'Unità d'Italia, con un'illuminazione tricolore in costante movimento, ma non come nei classici concerti: in questo caso il “tetto” del palco si solleva/abbassa per allungare/accorciare i coni di luce, creando una suggestione particolare integrata dal ritmo musicale. Analizzando i live degli ultimi anni, troviamo una crescente partecipazione del pubblico, entusiasta di rispondere alle aspettative del cantante: lo hanno capito i Linea 77 che dividono il pubblico a metà e lo fanno “scontrare” all'attacco del pezzo. Questo coinvolgimento lo troviamo anche guardando i concerti di gruppi più modesti, come i Malasuerte Fi-Sud (band fiorentina) che chiedono la partecipazione del pubblico per formare una sorta di onda umana data dal continuo abbassarsi e rialzarsi del pubblico, integrato dall'assenza di barriere tra artista e fan, con i cantanti che abbracciano gli spettatori e condividono con loro il microfono, senza divisori o transenne a denotare il distacco. Un'altra strategia utilizzata dall'artista per rendere eccezionale il concerto è quella di promuovere nuove canzoni durante l'esibizione, per raccogliere le impressioni a caldo del pubblico e anticipare l'uscita di un disco o di un singolo; ma anche per alimentare le vendite dei supporti (CD, DVD, ecc.) che ripropongono l'evento live. Questo fa parte di un disegno dei produttori per accrescere il guadagno, insieme al merchandising, alle sponsorizzazioni e ai diritti delle riprese televisive. 2.1.3 → Le vendite colano a picco Il modo di acquistare musica è cambiato: i negozi di musica che un tempo affollavano ogni angolo delle strade, stanno scomparendo. Prima la musica era fatta anche di socialità nei negozi di dischi e del toccare con mano il lavoro del musicista: si potevano passare intere giornate guardando e studiando i vari dischi, come in libreria, notare il cliente al nostro fianco che valutava un prodotto e consultarsi con il commerciante sull'acquisto da fare o sulle nuove uscite. Senza dimenticare le lunghe code dei fan più “entusiasti”, di fronte al rivenditore, all'uscita dell'ultimo album del loro idolo. Oggi se entri in un negozio che vende solo musica, vieni “assalito” dal negoziante che spera di vendere qualcosa per rimanere aperto un altro 33 giorno. Perché nell'era della grande distribuzione organizzata, la musica è “ovunque”: la troviamo nel centro commerciale, nel supermercato, nell'autogrill, inserita nella catena distributiva fra un “mare” di prodotti, dove non c'è un rapporto reale con il rivenditore. Certo non possiamo escludere fra le cause di questa scomparsa, anche il crescente peso che sta assumendo l'e-commerce – ovvero il commercio elettronico – tramite il quale è possibile acquistare “qualsiasi” cosa, e le edizioni a disposizione sono moltissime; quindi, perché recarsi in un negozio quando possiamo scaricare o ricevere i dischi per posta, comodamente seduti sul divano? Ormai i commercianti, incapaci di sostenere le enormi spese per la gestione di un esercizio, sono costretti a chiudere, o a rivoluzionare la loro attività, spostando il punto vendita in appartamenti privati, trasformati in negozi di musica; dove riescono a sopravvivere grazie al passaparola dei fanatici, alle rarità e alle vendite in Rete: l'esempio spagnolo di Alfonso García fa da apripista a queste nuove realtà, che si trasformano in «piccoli Amazon o iTunes.»75 Un'altra variabile determinante nel tracollo del commercio musicale è la pirateria! Abbiamo già parlato di questa piaga dell'editoria, ma in questo paragrafo vorremmo riprendere il discorso per spiegare meglio questi meccanismi. L'industria musicale crea un'enorme filiera economica e grazie agli ingenti profitti può mantenere tutti, ma, con la perdita della materialità del supporto di riproduzione e l'espansione della pirateria, molte figure lavorative scompaiono, e non ci riferiamo solo al negoziante, ma a tutta la trafila inserita fra la composizione della canzone e la vendita al dettaglio, con una stima che si aggira intorno al 1,2 milioni di posti di lavoro in meno entro il 2015.76 Con l'industria della contraffazione, nei primi anni Novanta, si parla di 142 milioni di dollari di danno per il mercato italiano – cifra triplicata rispetto agli anni precedenti – e di 21 milioni di pezzi illegali; che secondo le stime del 2005 arrivano a 20 miliardi di brani scaricati illegalmente77. Cifre astronomiche che portano nel 1996 alla creazione della FPM, la Federazione contro la Pirateria Musicale, un ente riconosciuto a livello internazionale che si occupa di monitorare lo stato degli eventi e collaborare con le istituzioni dei vari paesi per combattere il problema. Compito non certo agevolato dal continuo accumularsi di software per la condivisione informatica dei dati e dall'abbassamento dell'interesse degli ascoltatori per l'oggetto originale, che porta ad una perdita di quasi 300 milioni di euro all'inizio del XXI secolo per l'industria musicale italiana. Secondo una ricerca della IPSOS il 37% dei 2000 italiani intervistati, di età compresa fra i 75 Morales M., El Pais, L'ultimo rifugio del disco, Internazionale srl, Roma, anno 18, n. 888, p. 84. 76 F.I.M.I – Federazione Industria Musicale Italiana, cfr. Dati di Mercato. 77 Ibidem. 34 15 e i 34 anni, dichiarano di fare uso della pirateria informatica, motivati soprattutto dal risparmio, dalla propensione a rimanere a casa e dalla rapidità con la quale ottengono i file desiderati; ma dalla stessa indagine emerge che il 72% di chi scarica abitualmente in Rete è interessato ad un'offerta legale con condizioni simili.78 Le case discografiche devono pensare ad una soluzione a basso costo, per recuperare gran parte delle utenze: crediamo sia auspicabile per tutti ricevere un minor guadagno che non riceverne affatto. È evidente che, visti i mancati introiti, le case discografiche siano impossibilitate ad investire sui giovani talenti, cominciando anche a “limare” gli ingaggi dei grandi big, ormai fuori mercato rispetto alle possibilità. Analizzando il Digital Music Report del 2011 scopriamo inoltre che il calo complessivo del valore della discografia tra il 2004 e il 2010 è del 31%, con una diminuzione del 77% nelle copie vendute tra i debuttanti, nella Top50 mondiale; ma troviamo anche un incremento del 1000% (e non è un errore di battitura: mille per cento in più)79 nel valore di mercato della musica digitale che si aggira intorno ai 4,6 miliardi di dollari a livello mondiale. Questi ultimi dati ci danno un'idea riguardo all'espansione che ha avuto il digitale negli ultimi cinque anni rappresentando, oggi, il 29% (in Italia il 16%) dei proventi totali; a scapito degli ormai obsoleti supporti fisici. 2.2 → Dilettanti che si affacciano nel panorama musicale Riprendendo gli ultimi dati elencati nel paragrafo precedente, vediamo che i nuovi talenti debuttanti nel mercato discografico non hanno un reale riscontro nelle vendite; ciò induce le case discografiche a valutare bene la scelta dei nuovi artisti da lanciare nel panorama musicale. Per avere successo, «fino a una ventina di anni fa l'unica strada per un musicista era incidere una cassettina dal suono incerto, da mandare in giro via posta e da vendere ai concerti»80 nella speranza di essere notati, ma oggi la situazione è nettamente diversa: intanto non è più necessario avere un grosso budget di partenza per realizzare un demo (abbreviazione inglese di demonstration) di qualità; in secondo luogo la distribuzione alle emittenti può avvenire tramite la condivisione telematica, riducendo ulteriormente le spese; e in ultima analisi, la visibilità data dalla Rete accresce la facilità di essere ascoltato, portando il 78 IPSOS – Global Market Reserch Company, Parigi, cfr., Ricerche di Mercato. 79 nda. 80 Sibilla G., L'industria musicale, cit., p. 11. 35 debuttante a curare personalmente la propria carriera, senza l'ausilio di costosi intermediari. Le major non devono fare altro che attendere la scalata dei nuovi talenti per inglobarli nel loro business e amplificarne la fama, fino a quando la loro ascesa non sarà rallentata da altre proposte più allettanti che porteranno in secondo piano l'impegno delle case per questi “inesperti sognatori”. Inoltre, l'industria discografica è sempre meno propensa a finanziare un album, focalizzandosi sui singoli che riscuotono successo e solo dopo un'attenta valutazione delle prospettive di guadagno, verranno concessi gli strumenti per elaborare un lavoro completo. Un tempo erano i festival a fare da palcoscenico per la scoperta di nuovi talenti, ma le tecnologie digitali rendono questo metodo obsoleto, dato che per scoprire un nuovo talento basta andare on-line! Un importante esempio di questa nuova realtà ci viene proposto da Le luci della centrale elettrica – il progetto musicale di Vasco Brondi – che riescono ad accaparrarsi un pezzetto di popolarità con un demo auto-prodotto, diventando un modello per i “dilettanti” che aspirano a fare carriera. Infatti, nel giro di pochi anni, il cantautore ferrarese dimostra il suo valore realizzando due album, ben accolti dalla critica, e diventando il supporter (artista di supporto che apre i concerti dei colleghi affermati) di Lorenzo Jovanotti nel prossimo “Ora-tour”. Per quanto riguarda il panorama europeo possiamo analizzare l'ascesa di Sbtrkt (Subtractone), un giovane inglese che si occupa di musica elettronica da oltre quindici anni, ma salito alla ribalta delle cronache solo con l'avvento delle ultimissime tecnologie che gli permettono di instaurare un nuovo legame con i fan: «'Fondamentalmente lavoro con Logic (un programma della Apple per produrre musica), poi passo ai sintetizzatori Roland e infine aggiungo il lavoro con le voci. La maggior parte delle mie tracce è fatta di suoni sintetici, che io però compongo secondo l'arrangiamento classico della canzone, con la partitura per gli archi e quella del basso: costruisco le parti con un procedimento tradizionale. […] Ormai non si guadagna più molto con la musica, ma se si pensa alla sua capacità di suscitare interesse e reazioni, o di instaurare un rapporto con i fan, è insuperabile. […] L'industria musicale è cambiata molto negli ultimi dieci anni,' afferma. 'Ora i produttori e le piccole etichette hanno molto più controllo sul risultato finale. Il vecchio metodo di distribuzione e lancio dai rivenditori è finito per sempre. Nel giro di cinque minuti posso mettere la mia nuova traccia su SoundCloud e avere immediatamente delle reazioni.'»81 Ci sono software in grado di gestire tutto l'iter per la realizzazione di un disco (preproduzione, incisione, mixaggio e masterizzazione), ma questa facilità di creazione porta ad 81 Swash R., The Guardian, Sesso, droga e applicazioni, Internazionale srl, Roma, anno 18, n. 890, pp. 84, 85. 36 una «de-professionalizzazione: chiunque può illudersi di essere un musicista navigato, anche se gioca con i suoni sullo schermo di un PC.»82 2.2.1 → La tecnologia semplificatrice «L'MP3 lavora sul principio dell'eliminazione della ridondanza: in base alla psicoacustica, trasforma le onde sonore in una serie di numeri, eliminando la parte non necessaria perché non percepibile dall'orecchio umano. Maggiore è la “compressione” dell'onda (“kbps”, kilobyte per secondo di suoni), minore sarà lo spazio occupato e peggiore sarà la qualità. Un minuto di musica a 128kbps riproduce una qualità poco inferiore al CD, in un mega circa di spazio.»83 Con l'ingresso di questo rivoluzionario formato, si apre la strada alla inarrestabile diffusione della musica. Il P2P rende possibile l'interscambio di migliaia di note attraverso la Rete, e cominciano a proliferare tutta una serie di programmi per gestire e realizzare musica: troviamo software con le funzioni più disparate, dal mixer digitale interfacciato analogicamente, alle melodie realizzate premendo i caratteri della tastiera del computer. È proprio vero che «le tecnologie digitali hanno “democratizzato” le forme di accesso alla produzione musicale»84, infatti l'abbassamento dei costi e l'avanzamento della computerizzazione rendono possibile creare un prodotto di buona qualità, con uno sforzo minimo, soprattutto se rapportato alle spese sostenute per realizzarlo. Con qualche competenza e pochi soldi, è possibile incidere un disco, grazie ai software che suppliscono le varie fasi di realizzazione: dalla gestione degli strumenti musicali al missaggio, dalla copertina alla masterizzazione. Ben riassunto da Jean Molino: «Il musicista si trova a disporre di macchine che fanno di lui il signore dei suoni: un campionatore, che gli permette di registrare qualsiasi suono e di trasportarlo a tutte le possibili altezze e a tutte le 82 Sibilla G., L'industria musicale, cit., pp. 115, 116. 83 Ivi, cit., p. 117. 84 Ivi, cit., p. 114. 37 durate immaginabili; un sequencer, grazie al quale il musicista, manipolando i parametri digitalizzati dei suoni, può registrare la rappresentazione astratta della sequenza sonora che sarà eseguita dal sintetizzatore. Perché è questo il nuovo strumento musicale per eccellenza, il sintetizzatore, meglio definibile come una macchina musicale universale: può infatti simulare il timbro di qualunque strumento esistente, ma anche inventarne di nuovi»85. É necessario fare qualche distinzione per proseguire quest'analisi: esistono due tipi di compressione, quella lossless e quella lossy. Quest'ultima, generalmente identificata nell'MP3, rappresenta tutti quei formati di compressione che non prendono la totalità dell'onda sonora, perdendo parte delle informazioni per contenere il peso del file; mentre quelli lossless – senza “perdita” – sono dei formati che riducono lo spazio occupato mantenendo la totalità delle informazioni, che vengono ripristinate al momento della decompressione, riportando il file alle sue condizioni originarie, come i programmi WinZip e 7-Zip. Questo tipo di compressione occupa uno spazio nettamente maggiore, visto che l'MP3 riduce di 1:12 le reali informazioni che codifica, ma è particolarmente apprezzato dagli appassionati del sound, sempre in cerca dell'High-quality. Fra i formati lossless, quello che si è diffuso maggiormente è il FLAC (Free Lossless Audio Codec), soprattutto perché riesce a ridurre del 30-50% le dimensioni del file ed è realizzato in open source (sorgente aperta), ma ultimamente si sta affermando anche il formato Monkey Audio (.ape) che aumenta la compressione e riduce il tempo di conversione rispetto al rivale. La condivisione operata da Internet permette la nascita di questi progetti open source che consentono di accedere alla sorgente del software per modificarlo e migliorarlo. Infatti, con la collaborazione degli utenti web, si può arrivare ad ottenere un programma molto più competitivo di quello realizzato da un gruppo ristretto di programmatori; sviluppando risultati notevoli e gratuiti, mantenendo le prerogative che fondano il movimento della Free Software Foundation86 e la sua filosofia di libera circolazione delle idee. Fra i programmi più conosciuti ricordiamo il sistema operativo Linux, il web browser FireFox, il media player VLC, il già citato 7-Zip e il software di produttività personale OpenOffice (con il quale è stato realizzato il presente volume)87. 85 Molino J., Tecnologia, globalizzazione, tribalizzazione, a cura di Nattiez J., in Enciclopedia della musica. Vol. I - II, Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001, pp. 771, 772. 86 Free Software Foundation – working together for free software and free media formats. 87 nda. 38 Un altro standard fondamentale per la produzione digitale è il formato MIDI (Music Instrument Digital Interface): «un protocollo codificato nel 1982 che stabilisce i parametri di condivisione delle informazioni sonore tra diversi strumenti musicali digitali. Si tratta di un'interfaccia, uno strumento che consente di far “dialogare” macchine che parlano un linguaggio diverso»88, permettendo lo scambio di informazioni che vengono successivamente salvate per il montaggio finale. Ora che ci siamo fatti un'idea di come queste tecnologie facilitano la vita degli artisti, andiamo a vedere nel dettaglio come si può realizzare una canzone senza avere nessuna conoscenza musicale, senza saper leggere un pentagramma, o suonare uno strumento. Attualmente sono in commercio moltissimi sequencer per comporre musica, è sufficiente fare qualche ricerca su Internet per incappare in una moltitudine di programmi creati con tale scopo; la vera difficoltà sta nella scelta del prodotto, in base alle caratteristiche che utilizzeremo. Si parte da quelli più competitivi, utilizzati dai professionisti, spesso dal costo inaccessibile per i giovanissimi squattrinati che si cimentano in questo ambito: indubbiamente il migliore è Logic Studio della Apple, che potremmo definire come “l'evoluzione” professionale di Garage Band. Quest'ultimo, lanciato nel 2004, prende il nome dai gruppi adolescenziali che utilizzavano le autorimesse dei genitori per suonare, dal costo nettamente inferiore rende possibile la gestione degli strumenti musicali connessi al computer, trasferendo, in maniera intuitiva, la registrazione sul display. Purtroppo con queste tecnologie «la band è scomparsa, perché il musicista si trova da solo a incidere la musica: non ha più bisogno di formare un gruppo per realizzare un disco. La facilitazione dei processi di registrazione della musica si trasforma nell'annullamento delle relazioni sociali che erano alla base della sua creazione. Il digitale atomizza la musica anche in termini di isolamento degli attori sociali che le danno vita.»89 Un altro programma DAW (Digital Audio Workstation, ovvero un programma di videoscrittura della musica) particolarmente conosciuto è Pro-Tools, sviluppato dalla Digidesign, che è diventato lo standard per gli studi di registrazione professionali. L'opuscolo parla di «registrazione senza sforzo, portabilità e interscambiabilità del lavoro, potenza di missaggio»90: con un computer dalle elevate prestazioni è possibile costruirsi uno studio di registrazione personale e realizzare i propri brani musicali senza l'ausilio di nessuno. 88 Sibilla G., Musica e media digitali, cit., p. 109. 89 Ivi, cit., p. 114. 90 Ivi, cit., p. 112. 39 2.2.2 → Le indies Nei paragrafi precedenti abbiamo accennato alla capacità delle piccole case discografiche di sottrarre mercato alle major. Grazie a queste tecnologie, “alla portata di tutti”, le etichette indipendenti riescono a rimanere in vita e a ritagliarsi uno spazio nel panorama musicale. La metafora “alimentare” presentata da Gianni Sibilla rende bene il rapporto che intercorre nell'industria musicale tra le BigFour e le indies: «esistono grandi produttori e distributori che si occupano di fare arrivare sulle nostre tavole il cibo di ogni giorno, per lo più prodotto in serie e a prezzi bassi, con una qualità accettabile; poi esistono invece i microproduttori, specializzati in settori alimentari specifici (un formaggio, un vino, l'agricoltura “biologica”), lavorati per lo più con metodi semiartigianali; per la distribuzione si utilizza il “negozietto” che, alla vecchia maniera, ha i suoi fornitori di fiducia e aggrega prodotti di alta qualità, […] per un pubblico selezionato.»91 Con questo non stiamo dicendo che le major producono musica di bassa qualità, anzi nei loro cataloghi troviamo i “migliori” musicisti sulla piazza, ma la produzione seriale, basata sui grandi numeri, porta a un'omologazione sonora che inibisce la sperimentazione delle nuove leve intenzionate a raggiungere il successo. Mentre le piccole case discografiche concedono molta più indipendenza agli artisti, liberi di controllare le proprie produzioni sotto ogni punto di vista (dal sound al testo, comprendendo anche la grafica del disco) e, allo stesso tempo, protetti dall'esperienza che l'etichetta mette in campo. Capita frequentemente, infatti, che i musicisti si affidino alle Indipendent Label (etichette indipendenti) per muovere i primi passi nella discografia: primo perché le grandi multinazionali puntano solo su artisti che riscuotono successo, secondo perché in queste piccole realtà si ha un rapporto diverso con l'iter produttivo. Le indies, generalmente, hanno una struttura più “artigianale”, basando la loro forza sulla passione per la musica e «si occupano di produrre dischi in cui credono innanzitutto artisticamente, il più delle volte rientrando a malapena delle spese sostenute.»92 91 Idem, L'industria musicale, cit., p. 51. 92 Ivi, cit., p. 52. 40 Le etichette indipendenti compaiono nel panorama musicale con l'avvento della digitalizzazione, ma possiamo dire che sono sempre esistite, soltanto, appena una di queste label riscuote un certo successo, viene prontamente assorbita da qualche multinazionale. L'esempio più interessante è quello della Sub Pop di Seattle, conosciuta dal grande pubblico per aver pubblicato i primi dischi dei Nirvana e dei Soundgarden, per poi essere inglobata nella Warner. Ma queste “scalate” sono all'ordine del giorno e non finiranno mai. L'enorme vantaggio proposto da queste piccole aziende sta nel fatto che non viene fatta pressione sugli artisti che possono svilupparsi e crescere senza dover raggiungere dei risultati immediati, come accade nelle major. Queste ultime spesso sfruttano le indies come “talent scout” nei segmenti di mercato considerati “di nicchia”, per poi, al momento giusto, far valere il peso dei soldi e rubare i talenti più promettenti. Dobbiamo anche dire che ci sono etichette indipendenti che ricalcano le grandi multinazionali, sia come struttura organizzativa, sia come rete distributiva; mentre altre sono delle vere e proprie aziende “a conduzione familiare”. Inoltre, la maggior parte delle indies è costretta a legarsi alle grandi case discografiche a causa delle loro dimensioni ridotte: avere delle reti distributive ben integrate sul territorio è costoso e quindi diventa molto più semplice ed economico affittare quelle delle major. Gli artisti affermati «forniscono alle imprese di produzione la “materia prima” su cui queste espletano il proprio lavoro, ricevendo in cambio la possibilità che le loro creazioni vengano rese ampiamente accessibili, tuttavia spesso si trovano in disaccordo con le strategie delle aziende»93, fino ad allontanarsene per creare la loro etichetta che permette loro di realizzare album senza essere vincolati con un marchio, per poi cedere, attraverso una «proposta in esclusiva di licenza»94, i dischi da loro prodotti alle BigFour. Un esempio di questa formula lo vediamo con la SoleLuna di Lorenzo Cherubini che offre “al miglior offerente” la distribuzione dei progetti dell'artista toscano. Come abbiamo già accennato in precedenza le indies rappresentano il 28,3% del mercato mondiale, ma a differenza delle major che si contano su quattro dita di una mano, in questa percentuale rientrano una quantità infinita di etichette: da quelle medio-grandi a quelle formate da poche figure, da quelle di proprietà di personaggi famosi a quelle nate dalla collaborazione di piccole realtà locali. Per provare a capire il ruolo delle etichette indipendenti nella salvaguardia e promozione dei talenti emergenti, analizzeremo un'affermata realtà locale: il Rock Contest di Firenze. 93 D'Amato F., Musica e industria, cit., p. 31. 94 Viscardi R., Popular music, cit., p. 224. 41 2.2.3 → Rock Contest di Firenze Pare d'obbligo aprire questo paragrafo ricordando una delle persone che hanno reso possibile il successo di tanti artisti emergenti, mi riferisco alla recente scomparsa del maggior promotore, nonché presidente di giuria, del Rock Contest fiorentino: Ernesto De Pascale! Musicista e giornalista, venuto a mancare nel giorno del suo 53° compleanno, ha reso possibile il proseguire di questo progetto che intende dare la giusta importanza alla nuova musica giovanile, nella sua unicità e originalità. Una sua intervista sarebbe stata il più importante contributo a questo scritto, ma «è volato via con la sua musica»95, lasciandoci in eredità un grande compito: continuare a far crescere la musica! Citare la sua definizione del Rock Contest ci sembra il miglior modo per ricordarlo: «È la più straordinaria manifestazione continuativa di rock emergente mai realizzata in Italia, nata a Firenze in pieno rinascimento rock e proseguita indenne fino ai nostri giorni, incurante della recessione del mercato discografico. Firenze, battezzata da Patti Smith un minuto prima degli '80, era e resta al posto giusto per far nascere un solido evento alternativo a un mercato in via di estinzione. Gli anni del Rock Contest ne sono una testimonianza tangibile.»96 Da oltre venti anni questa riunione di giovani musicisti offre la possibilità di sfondare, con una sfida a colpi di chitarra nella speranza di guadagnarsi un pezzetto di popolarità. L'evento, ideato dall'emittente radiofonica toscana Controradio, si svolge con una serie di eliminatorie, giudicate da una schiera di critici che godono della credibilità dimostrata dal loro lavoro (da musicisti affermati a giornalisti e professionisti del settore musicale) e dal consenso popolare, infatti sono queste due votazioni che decretano il passaggio della band alla fase successiva. «'Per intercettare tutto quanto stava accadendo in città' – racconta Pino – 'ci venne spontaneo dirci, certo ci vorrebbe proprio un concorso musicale per le band emergenti, un 95 Controradio s.r.l., cfr., News. 96 Palumbo R., I love Rock'n'Roll, vedi quarta di copertina. 42 contest per musicisti rock.'»97 A parlare è Pino Di Salvo, conduttore dell'emittente radiofonica, che illustra come la radio si evolve in maniera del tutto spontanea, seguendo le tendenze che proliferano a Firenze, fungendo da catalizzatore e contribuendo «ad attribuire identità ad una comunità»98. Anche questa manifestazione, nata nel 1984, subisce le conseguenze della digitalizzazione, con un periodo buio a metà degli anni Novanta, per poi “esplodere” nuovamente nel XXI secolo, grazie ad una versione rinnovata che sfrutta le tecnologie a disposizione per accrescere la sua attrattiva e la sua popolarità, spingendosi ben oltre i confini regionali, fino a raggiungere una ridondanza nazionale. Fondamentale per il successo del Rock Contest è l'esperienza accumulata nel settore dalla redazione di Controradio che si dedica all'evento in maniera costante: la manifestazione canora, un tempo concentrata nel periodo precedente e successivo all'evento, conta oggi su un progetto continuativo, «non è più casuale né improvvisato»99 promuovendo giornalmente la forza di questa aggregazione. «Una manifestazione che continua ad essere gratuita per i partecipanti»100, riuscendo a rimanere indipendente dalle forzature della grande distribuzione, con la possibilità di poter scegliere ed eleggere, a “furor di popolo”, i nuovi talenti che si affacciano alla scena musicale italiana. Ed è proprio grazie alla libertà d'azione che il Contest fiorentino diventa famoso, ricevendo ogni anno migliaia di demo (500 nel 2006 e più di 800 nel 2008) 101 che incrementano la qualità dei finalisti, dando vita a gruppi sempre più giovani che confermano il continuo abbassamento d'età riscontrato nell'era digitale. «L'età è sempre minore, mentre la professionalità è sempre più alta»102. «Il Rock Contest si propone come un prodotto alternativo con caratteristiche professionali e continua ad essere friendly, vicino a chi vi partecipa»103. Infatti, i concorrenti prendono parte a questa manifestazione «per sentirsi parte di una comunità»104. Per molti artisti si tratta del primo approccio su un palco, di fronte ad un pubblico pronto a giudicarli; questo aiuta i musicisti a crescere, rapportandosi con un progetto serio e, anche se non risultano vincitori, rimane loro l'esperienza fatta e la possibilità di aver diffuso la propria musica con un ritorno pubblicitario gratuito. Nel corso degli anni l'affidabilità dimostrata da questo Contest, lo porta 97 Ivi, cit., p. 35. 98 Ivi, cit., p. 23. 99 Ivi, cit., p. 95. 100 Ibidem. 101 Ivi, cfr., pp. 105, 109. 102 Ivi, cit., p. 105. 103 Ivi, cit., p. 101. 104 Ivi, cit., p. 59. 43 ad essere considerato come «un punto di arrivo»105, anche per chi si affaccia per la prima volta nel panorama musicale. Con la tecnologia che semplifica la possibilità di incidere dischi e il contributo del Comune di Firenze, l'emittente radiofonica può realizzare gli album degli artisti e promuoverli nel panorama musicale; offrendo ai vincitori, al posto dei premi, delle vere e proprie possibilità: incidere un album presso uno studio di registrazione, collaborare alla sua realizzazione con professionisti del settore, come il tutoraggio di Enrico “Erriquez” Greppi cantante della Bandabardò, o la consulenza di critici e fonici che accrescono le competenze di questi talenti. «Sono in tanti che adesso possono, una volta passati dal Rock Contest, dedicarsi esclusivamente alla musica e fare della musica il proprio progetto di vita»106, fra i quali troviamo molti cantautori che sono riusciti ad affermarsi per le loro qualità artistiche: dallo stesso Erriquez Greppi a Samuel Katarro, passando per Irene Grandi e i Martinicca Boison. Senza dimenticare gli Offlaga Disco Pax, Roy Paci ed Enrico Matta – detto Ninja – batterista dei Subsonica. La lista potrebbe continuare ancora, visto il numero e la qualità dei molti artisti che nel corso degli anni hanno vissuto l’esperienza musicale e professionale del Rock Contest. Prendendo spunto dai nomi sopra citati, pensiamo di integrare questo lavoro con la voce dei protagonisti di questa rivoluzione, con interessanti risvolti socioculturali. 105 Ivi, cit., p. 57. 106 Ivi, cit., p. 97. 44 Capitolo 3 Interviste e Conclusioni 3.1 → Interviste ad alcuni artisti del panorama italiano Nell'ultima parte di questo lavoro andiamo ad analizzare le opinioni dei musicisti che hanno risposto alle nostre domande, cercando di capire dalle loro parole, dove ci porta la digitalizzazione. La maggior parte di queste interviste è realizzata videoregistrando l'incontro con i musicisti sottoelencati, inserendoci nella loro vita: assistendo alle prove o alla registrazione dei brani; durante le esibizioni dal vivo; nel loro tempo libero, rubando momenti “preziosi” destinati alla famiglia e al relax. Alcuni ci accolgono nelle loro case, altri sono nostri ospiti; ma per motivi logistici, dovuti alle distanze e alla “fitta” agenda di questi artisti, parte delle considerazioni raccolte le abbiamo condotte telefonicamente o attraverso la tecnologia che stiamo analizzando: Internet. Infatti, grazie alla Rete, possiamo raggiungere chiunque: via e-mail o attraverso altri “canali” come Skype e Ekiga – ex-GnomeMeeting – ovvero il nuovo “videotelefono” in open source, rilanciato dalla Free Software Fondation107 dopo l'acquisizione di Skype da parte del colosso informatico Microsoft. Emergono questioni affascinanti da queste interviste, che avvalorano il discorso fatto fino ad ora, mostrandoci alcune affinità che legano questi artisti al loro trascorso storico e fornendoci un'interessante prospettiva sul panorama musicale e sui loro protagonisti. Proviamo a rendere questo studio il più empirico possibile, cercando di rapportare vari generi musicali, sia dal punto di vista dei big che da quello dei dilettanti, per avere un quadro abbastanza ampio e attendibile. Fra gli artisti affermati che si sono concessi alle nostre domande troviamo: Francesco Bottai dei Gatti Mezzi; Francesco Di Gesù, in arte Frankie HiNrg Mc; Alessandro Veroni, conosciuto come DJ Vibot; Donald Renda, batterista di Patty Pravo; Tommaso Bianchi, musicista, produttore e ingegnere del suono; il cantautore fiorentino Paolo Vallesi; per arrivare a Erriquez Greppi e Rocco Brunori, della Bandabardò. Fra i gruppi conosciuti, ma non a livello dei nomi sopra citati, troviamo: i fiorentini Martinicca Boison, e i Malasuerte Fi-sud. Poi abbiamo la categoria dei dilettanti: gli Ivanoska, i Ragazzi Scimmia, la Banda K100, i Lumalight, il Collettivo Musicale In.con.tra.da (Incontri Contaminazioni 107 Free Software Foundation – working together for free software and free media formats. 45 Tradizioni da sud a nord) di Torino, la Compagnia Aquilana di Canto Popolare, il solista fiorentino Matteo Biondi e il piemontese Ribes, per concludere con Stefano Francalanci, in arte DJ Stex. Inoltre, vista l'attinenza della formazione nello sviluppo delle identità musicali, abbiamo chiesto a formatori che operano a vari livelli, come valutano l'avvento della digitalizzazione, parlando con: Arnolfo Borsacchi della AIGAM (Associazione Italiana Gordon per l'Apprendimento Musicale) che si occupa del progetto “musica in fasce”; Kerry Renzoni Filsinger, musicista ed educatrice musicale presso la Temple University di Philadelphia; Luca Marino, professore di musica presso la scuola media statale “Enrico Fermi” di Scandicci (Firenze); e Alberto Tucci, docente dell'Accademia Musicale di Firenze. Seguendo lo stesso filo logico che ci ha accompagnato fino a questo momento, abbiamo suddiviso le domande delle interviste nei seguenti paragrafi, che ci aiuteranno a mantenere un certo ordine; cercando di capire nei vari ambiti toccati dalla nostra intervista, come diverse generazioni e argomentazioni portino a riscontri differenti. 3.1.1 → Formazione Partiamo analizzando la crescita personale che questi “comunicatori di suoni” intraprendono fino all'ingresso nel panorama musicale. Troviamo un riscontro quasi schiacciante sul come questi artisti abbiano sviluppato la loro giovinezza; è infatti evidente che la maggior parte di loro vive nella musica fin dalla più tenera età: molti di loro trovano all'interno del nucleo familiare che li ha “svezzati”, o nella cerchia amicale, una grande varietà di strumenti musicali e quindi di artisti, che impartiscono i primi rudimenti ai nostri protagonisti. In seguito, la stragrande maggioranza di loro prende lezioni per migliorare la tecnica e ampliare la maneggiabilità; proprio a questo punto troviamo un divario fra i professionisti – ovvero quei musicisti che riescono a vivere della loro arte e i dilettanti, intesi nel senso più genuino del termine, che fanno musica per diletto: coloro che continuano a studiare e ad allenarsi a livello professionale hanno un successo maggiore nel panorama musicale, accrescendo la loro qualità artistica; mentre, senza voler generalizzare troppo, gli autodidatti emergono solo se veramente talentuosi. «Il linguaggio musicale si apprende con le esperienze, è un fatto sociale, che si è 46 impoverito con l'omologazione. Per salvare la musica dobbiamo rialzare la media della qualità di suoni, dando la possibilità di ascoltare le diversità»108, ed è proprio questo l'intento del progetto “musica in fasce”: allenare il muscolo orecchio a percepire in maniera critica il suono, con la riappropriazione del gusto musicale. La passione, che è alla base di questo “lavoro”, dovrebbe portare il musicista a «non sentirsi mai realizzato»109. Il costante desiderio di migliorarsi è fondamentale per riuscire nel proprio intento! Molti degli intervistati non pensano al successo come tornaconto economico, non chiedono yacht o ville mastodontiche, ma lo paragonano alla soddisfazione personale: vorrebbero solo poter comunicare la loro passione senza doversi reinventare, facendo altri lavori che “ostacolano” una migliore resa creativa. Un'altra interessante valutazione emerge dalla generazione antecedente la riproducibilità seriale globalizzata, dove c'è una maggiore dimestichezza con lo strumento musicale, che si è persa con l'avvento dei mezzi di comunicazione di massa, quando, appunto, la padronanza degli strumenti musicali viene “limitata” a coloro che hanno la possibilità di relazionarsi con i musicisti. Questa tendenza è andata scemando con l'avvento della Rete che democratizza l'accesso alla musica: oggi chiunque, con la giusta dose di buona volontà, può imparare a suonare qualsiasi strumento. Troviamo anche il lato negativo di questo aspetto, visto che in molti “si credono” musicisti anche senza avere una reale conoscenza del campo, portando ad una pericolosa de-professionalizzazione che sta abbassando la qualità della musica diffusa. Per fortuna è la stessa «ragnatela telematica»110 che si autoregola in questo: esistono molti siti-web dove è possibile relazionarsi e confrontarsi con altri musicisti e le critiche “virtuali” non usano “parole benevole” su prodotti di scarsa qualità, ridimensionando le aspirazioni di questi appassionati. Per terminare il nostro excursus storico rileviamo un ritorno alla “fiducia” – inteso come genuinità – nel contatto con la musica. Stiamo tornando all'elasticità dell'apparato auditivo che alimenta una percezione critica del suono, persa nel corso degli anni, a causa dell'omologazione e dell'abbassamento della qualità produttiva: perché affannarsi nella ricerca di nuove sonorità, quando si riesce ugualmente a vivere rimaneggiando quello che è di moda, senza sforzarsi troppo? Auspicabile sembra essere una sorta di “ritorno alle origini”, proprio come nel sud del mondo, dove la scarsa digitalizzazione rende la musica libera e vera, partendo dalla banda del paese, per continuare a trasmettere quel contatto con lo strumento 108 tratto dall'intervista ad Arnolfo Borsacchi. 109 tratto dall'intervista a Matteo Biondi. 110 "Freak" Antoni, R., Mia figlia vuole sposare uno dei Lùnapop (non importa quale), Arcanapop, Roma, 2001, p. 145. 47 che amplifica la creazione artistica; o come in America latina, dove si tramandano la musica e i costumi tradizionali nel percorso scolastico, per non perdere i valori e le tradizioni.111 3.1.2 → Industria musicale Addentrandoci nella fase “lavorativa” della carriera degli artisti intervistati, chiediamo loro cosa pensano della macchina che opera nell'ombra della diffusione sonora. A detta di tutti, l'industria musicale deve rivedere le sue priorità per non “scomparire”. Del resto è stata comunicata in questi giorni112 l'acquisizione della terza major mondiale – la Warner Music – ad opera di un investitore russo; portando benefici alla EMI che è prossima alla vendita all'asta; dimostrando che il settore delle major è in grossa crisi. Con l'intento di risanare i conti, le case discografiche si concentrano su target ben definiti: chi segue la radio e la televisione commerciale? I giovanissimi e gli “over 40”, che sono anche i maggiori acquirenti dei supporti fisici (indicativamente). Quindi, in questi ambiti, è impossibile ascoltare determinata musica “di nicchia”, e la diffusione si concentra sulla popular music – intesa come musica che riesce a raggiungere la stragrande maggioranza delle persone e che diventa pop – e di conseguenza vendibile; rischiando di creare un'omologazione sia nella fruizione che nella produzione. I talent scout sono «per la maggior parte produttori musicali»113, anche gli stessi musicisti affermati, che creano una cerchia di giovani talenti da valorizzare per tramandare la loro conoscenza; riscontrando in questi talenti emergenti le caratteristiche necessarie per essere lanciati sul mercato. Oppure questi “scopritori di talenti” sono stati sostituiti dai reality/talent televisivi, che hanno stretti rapporti con la case discografiche, e quindi una forza attrattiva notevole. Senza perdere di vista coloro che dovrebbero tutelare il diritto d'autore, che si trovano, sì, impossibilitati a gestire la situazione, ma anche poco capaci: sia di carpire le dinamiche che si stanno sviluppando, sia di ampliare lo sguardo per trovare la strada giusta da percorrere per uscire dal tunnel. Oggi si crea una quantità enorme di musica che non viene registrata alla S.I.A.E., ma quest'ultima non sembra desiderosa di acquisire nuovi artisti, rendendo l'iter 111 tratto dall'intervista alla Compagnia Aquilana di Canto Popolare. 112 Christman E., Billboard, Continua il Monopoli del disco, Internazionale srl, Roma, anno 18, n. 897, p. 84. 113 tratto dall'intervista a Donald Renda. 48 burocraticamente insostenibile per un musicista che voglia veder riconosciuto il suo valore, con tempi di attesa lunghissimi, specialmente se paragonati alla velocità che contraddistingue questo momento storico. La pressione esercitata dalle case discografiche sugli artisti sta venendo meno, anche perché, grazie alla tecnologia, molti musicisti, se percepiscono da parte dell'etichetta una certa tendenza a “suggerire” un suono più commerciale, possono crearsi uno studio privato e autoprodursi, mantenendo la loro libertà di espressione. È evidente, infatti, l'allontanamento dei musicisti dall'etichetta discografica, identificata come un'industria che cerca di sfruttare le creazioni artistiche per accrescere gli introiti, in maniera spesso subdola e dall’etica alquanto bassa. «Non si guarda più il contenuto, ma il contenitore»114, cercando «la quantità a discapito della qualità»115; ma per fortuna le innovazioni stanno cambiando queste tendenze che sviliscono la vera arte. 3.1.3 → Musica dal vivo La difficoltà di “sopravvivere” per il musicista viene attenuata attraverso il concerto, che diventa la chiave del successo per l'artista. Infatti, come abbiamo già avuto modo di analizzare116, è questa la fonte di guadagno primaria, sia nelle grandi che nelle piccole realtà. Certo, in queste ultime, il tornaconto economico è pressoché nullo, viste le spese sostenute; e spesso, il guadagno viene investito in attrezzature o spese varie, che possono andare dalla sala prove alla registrazione in uno studio professionale. Purtroppo nell'ambito fiorentino, un tempo rinomato per la grande fioritura di artisti, sono sempre meno gli spazi a disposizione dei musicisti per confrontarsi con un pubblico ed avere dei reali riscontri. Il tutto non viene certo agevolato dalla S.I.A.E. che richiede esborsi troppo esosi in un'era di crisi globale: come può il gestore di un locale andare incontro ad ingenti spese per far esibire un gruppo sconosciuto, dal ritorno incerto? Diventa molto più redditizio far suonare una tribute band di qualche artista famoso o un DJ munito di computer che può intrattenere il pubblico per tutta la serata, ad un prezzo nettamente più abbordabile. I musicisti, impossibilitati ad esprimersi dal vivo a causa delle scarse possibilità, soffrono 114 tratto dall'intervista a DJ Stex. 115 tratto dall'intervista al gruppo Martinicca Boison. 116 vedi Capitolo 2, Paragrafo 2.1.2 Il concerto, p. 29. 49 molto questa mancanza di interscambio di sensazioni con il pubblico, che a detta di molti è la reale motivazione che li spinge a scrivere musica: la ricerca del piacere, intesa come soddisfazione e quindi come successo, nel senso della realizzazione di un proprio obiettivo, passa attraverso questo contatto reale che gratifica il musicista e lo sprona a proseguire il suo cammino artistico. La musica è condivisione e se il musicista non può trasmettere la sua creazione e riceverne delle sensazioni in cambio, si esaurisce la sua vena artistica e viene meno il progetto. A tale riguardo è interessante la scelta effettuata da diversi artisti che preferiscono accontentarsi di “poco”, sotto il profilo economico, per riguadagnarne dal punto di vista del piacere derivante dal contatto con il pubblico, che si genera durante eventi di piccolo calibro, almeno per quanto riguarda il ritorno mediatico. Per fare qualche esempio ecco le parole di alcuni artisti intervistati: «le situazioni più intense sono quelle “epidermiche”, quelle che si possono “toccare”. Per noi è importante far divertire il pubblico, vederlo ballare e coinvolgerlo nell'atmosfera di festa.»117 E ancora: «noi cerchiamo di capire le esigenze e le preoccupazioni delle persone, per permeare nel loro immaginario; è per questo che diamo grande valore al concerto e fin da subito lo abbiamo valorizzato per trovare questo contatto che è la cosa più gratificante.»118 3.1.4 → La trasformazione digitale Voci contrastanti si alzano su questo argomento; possiamo dire che i risvolti scaturiti da questa evoluzione sono notevoli, ma è comunque «un'arma a doppio taglio»119. Da un lato la digitalizzazione rende molto più semplice la realizzazione di un progetto musicale, con la possibilità di abbattere i tempi per produrre e per “aggiustare” il suono imperfetto, rendendolo orecchiabile: una vera e propria «illusione sonora»120, «realizzata in diretta e quindi utilizzabile anche dal vivo»121. Anche le tracce “da scartare” possono essere conservate o modificate, per essere utilizzate in caso di necessità, nella fase di editing. Al contrario, nella produzione analogica, quando un'artista entra in uno studio di registrazione, ha la piena padronanza del pezzo da incidere; oggi si registra senza saper suonare integralmente il brano, 117 tratto dall'intervista alla Compagnia Musicale Incontrada. 118 tratto dall'intervista ai Ragazzi Scimmia. 119 tratto dall'intervista a Enrico Erriquez Greppi, voce del gruppo Bandabardò. 120 tratto dall'intervista a Leonardo Dolfi, bassista del gruppo Malasuerte Fi-Sud. 121 tratto dall'intervista a Enrico Erriquez Greppi, voce del gruppo Bandabardò. 50 consapevoli della possibilità di poter interrompere, tagliare e ricucire i suoni prodotti, fino a raggiungere l'armonia giusta. Indubbiamente lo studio professionale rende il suono perfetto, dal punto di vista della qualità sonora, ma i fruitori lo percepiscono come un distacco dalla reale funzione trasmissivo-emozionale che dovrebbe avere la musica, ed ecco che il professionista del suono riesce, tornando alle valvole, a “scaldare” il suono come un tempo e renderlo nuovamente vivo. Qui ci riallacciamo al discorso precedentemente esposto sul ritorno all'analogico 122, rispondendo alla domanda posta durante lo sviluppo di queste argomentazioni, sulla reale necessità del consumatore di riappropriarsi dei vecchi formati: in realtà non sono i supporti il centro di questo argomento, certo l'oggetto fisico ha una sua importanza, ma la cosa veramente interessante è che gli ascoltatori ricercano questo “calore del suono” per soddisfare il bisogno di sentire – inteso come provare – questa trasmissione di emozioni che la perfezione del suono digitale sembra annullare. Integrato anche dall'abbassamento della qualità dei file: incredibilmente, oggi che la tecnologia ce ne darebbe la possibilità, non si cerca più di aumentare la qualità del suono, perché gli standard che si sono affermati in quest'era di sfrenata velocità, prediligono la riduzione dello spazio occupato rispetto alla qualità, portandoci a low-file che sminuiscono la creazione artistica. Per concludere questo paragrafo, ecco alcune testimonianze dei nostri interlocutori: «la tecnologia è al nostro servizio»123, «ben accettata se può semplificare la creazione artistica, ma l'abuso di questa “perfezione” non deve portarci ad una svalorizzazione del suono che non riesce a trasmettere le emozioni ricercate nell'ascolto. Rischiamo una regressione dell'umanità»124. 3.1.5 → Le nuove generazioni Abbiamo inoltre affrontato la problematica dei giovani che emergono da questo calderone per capire cosa vogliono ottenere con le loro creazioni. Partendo dalla svalorizzazione che i formatori musicali hanno subito in questi anni, provocata anche da un insegnamento standardizzante, inteso come un “tarpare le ali” a nuove sonorità, che alcuni professori di 122 vedi Capitolo 1, Paragrafo 1.2.2 Il suono analogico, p. 21. 123 tratto dall'intervista alla Compagnia Musicale Incontrada. 124 tratto dall'intervista a Tommaso Bianchi. 51 “vecchio stampo” sono soliti fare; meglio, quindi, non lasciarsi influenzare troppo da questi stereotipi, perché la musica è fatta anche di continua crescita e sperimentazione per giungere a creazioni nuove ed interessanti. I giovani si inseriscono in questo panorama consapevoli della difficoltà di sfondare, certo a volte basta scrivere il gingle di uno spot televisivo per arrivare al grande pubblico; ma la forza che muove questi ragazzi verso un'auspicabile carriera musicale è la passione; quel ritorno, accennato in precedenza, alla “genuinità” del suono; ormai disincantati dalla possibilità di avere tutto e subito. Questi nuovi artisti non desiderano scrivere una canzone dal basso profilo qualitativo che rimanga nelle orecchie per un'estate, preferiscono trasmettere qualcosa con un ritorno a testi argomentativi: «nelle nostre creazioni cerchiamo di portare dei messaggi!»125 Abbiamo riscontrato, inoltre, un abbassamento di età nei musicisti; certamente questo è dovuto all'enorme quantità di tempo libero a loro disposizione, ma anche e soprattutto, alla semplicità di realizzazione di un brano, raggiunta grazie a queste incredibili innovazioni. Il rischio di rimanere “soffocati” da questo «sottofondo indifferenziato»126 è in agguato, ma «è l'utilizzo che si fa della tecnologia»127 a determinarne l'utilità, nella convinzione che l'isolamento creatosi in questi anni di transizione stia per “svanire”. Riprendendo queste argomentazioni, giungiamo ad una rivalutazione delle “appendici del corpo” inserite nelle orecchie – gli auricolari128, trovando una duplice prospettiva: da un lato l'individualizzazione e la schermatura che dissocia dal contesto circostante; e dall'altro l'intimità che questo ascolto solitario porta. Una sorta di protezione, intesa come la possibilità di essere soli con se stessi: nessuno può entrare in quel momento, che rimane solo nostro, proprio come quando pensiamo; portando ad una sorta di stato meditativo e riflessivo. Crediamo siano queste le prerogative culturali che hanno portato una tale diffusione di questo metodo di fruizione musicale tra i giovani consumatori di musica. 3.1.6 → Prospettive future L'ultima parte delle interviste l'abbiamo dedicata al futuro, alle previsioni che questi artisti 125 tratto dall'intervista a Lorenzo Lunghi, batterista degli Ivanoska. 126 tratto dall'intervista a Ribes. 127 tratto dall'intervista alla Compagnia Musicale Incontrada. 128 vedi capitolo 1, paragrafo 1.1.2 Audiocassette e compact disc, p. 12. 52 fanno sul mondo della musica, in parte già esposte nel corso di questo capitolo. Il formato wave, che si attesta come standard qualitativo nella musica, viene utilizzato come master digitale per la registrazione su supporti fonomeccanici; secondo gli addetti ai lavori non sono previsti grossi mutamenti per i prossimi anni e continuano ad indicare il compact disc come supporto non ancora sostituibile; rispondendo ad un'altra delle domande che ci siamo posti in precedenza.129 La tendenza futura è quella di realizzare file lavorati con attrezzature analogiche per fissare il suono caldo su un supporto che non ne perda le caratteristiche. La canzone realizzata interamente con i transistor sarà utilizzata solo per una prima stesura del pezzo, nelle autoproduzioni o nei demo; il suono deve tornare ad essere “caldo” per generare interesse, come durante i concerti o attraverso le costosissime apparecchiature analogiche. Nel corso delle interviste è inoltre emersa la “diceria” che oggi si ascolta più musica; sicuramente la quantità di musica a disposizione è maggiore, ma il fruitore si perde in questo enorme contenitore e rimane legato alle sonorità che lo stimolano maggiormente, rivalorizzando anche il silenzio, che rimane un'utopia in questo XXI secolo. Un'altra interessante tendenza la troviamo nei diversi tipi di file utilizzati: oggi l'ascoltatore di musica non si accontenta più del low-file, al massimo lo “scarica” per farsi un'idea del tipo di musica a disposizione, ma si comincia a ricercare un suono più curato, dove si possa percepire appieno l'integrità del brano, nel senso qualitativo. Come succede da anni in Francia, dove il P2P è limitato ad un “assaggio”, per poi, se veramente interessati, procedere all'acquisto del supporto originale, ottenendo una maggiore qualità che permette di apprezzare il lavoro nella sua pienezza. Bisogna anche fare presente che in Francia il prezzo medio per un CD è di 9 euro, mentre in Italia si aggira intorno ai 15 euro! «È necessario un serio esame di coscienza ed effettuare un ragionevole taglio del troppo alto costo dei CD, portandolo ai prezzi medi di altri paesi europei, anche questo sarà un modo per combattere la pirateria.»130 Rimane comunque insostituibile l'apporto dato dalle tecnologie alla musica, sia per la semplicità di lavorazione, sia per le possibilità che ha saputo dare: «se non dovessi avere successo, mi rimarrà sempre ciò che ho fatto finora, il punto di arrivo di aver creato qualcosa da far ascoltare ai miei figli, cercando di tramandare questa mia passione.»131 129 vedi capitolo 1, paragrafo 1.1.3 Digitalizzazione del suono e crisi delle Major, p. 16. 130 tratto dall'intervista a Donald Renda. 131 tratto dall'intervista a Matteo Biondi. 53 3.2 → Conclusioni Abbiamo deciso di inserire le conclusioni di questo nostro lavoro nel presente capitolo, perché strettamente legate a quello che è emerso raccogliendo le opinioni degli artisti. Siamo in una fase di transizione che sembra destinata a finire “presto”. La fine di un ciclo che ci sta riportando verso tendenze abbandonate da anni per far spazio alla velocità della digitalizzazione, ma gli amplificatori a transistor non vengono apprezzati come quelli a valvole, confermando questo ritorno al passato. La rapidità di accesso creatasi con la tecnologia, sia nel divulgare che nel recepire, porta ad un duplice risvolto: il lato positivo è la capacità di incrementare l'interesse verso i giovani, quello negativo è la creazione di una grande quantità di musica «less good»132. Portando gli individui a credere di poter diventare musicisti anche senza avere delle reali capacità, «te lo “vendono” come facile, perché le persone hanno bisogno di un immediato riscontro, come in alcuni videogiochi (es: Guitar Hero), ma questo non è il musicista!»133 Il Musicista, con la “M” maiuscola, lavora moltissimo per definirsi tale; oggi «la maggior parte degli interpreti non ha idee personali da trasmettere, o grandi abilità; sicuramente sono dei buoni cantanti, ma non creano con cognizione, non pensano alla “musica” quando compongono.»134 La musica è un patrimonio artistico e culturale, non si diventa musicisti imparando ad usare un programma sul computer; e, senza andare troppo sul filosofico, non basta saper suonare uno strumento per definirsi “artista”, se non c'è una reale creazione personale; al massimo possono definirsi “interpreti”. «Good music never fails.»135 Concludendo queste argomentazioni, rispondiamo ad un quesito posto nell'introduzione della presente pubblicazione, riguardante il motivo che porta a definire un “suono” come musica: pensiamo che sia la “voce umana”, ascoltata dal vivo e senza filtri che la mediano, la vera generatrice di questo “calore” che crea emozioni e sentimenti intensi. Il formato MP3, riducendo in maniera drastica la quantità di informazioni che prende dalla reale onda sonora, crea «un appiattimento del suono, facendo perdere quelle caratteristiche umane che invece uscivano fuori dall'ascolto»136 dei supporti analogici. Il processo creativo ha bisogno di nuove strade e la combinazione con il digitale semplifica questo lavoro: i suoni creati dai Beatles sono fatti artigianalmente, provando le varie strade direttamente sugli strumenti, non usando il sintetizzatore che riproduce qualsiasi 132 tratto dall'intervista a Kerry Renzoni Filsinger. Traduzione: “poco buona”. 133 tratto dall'intervista ad Arnolfo Borsacchi. 134 Ibidem. 135 tratto dall'intervista a Kerry Renzoni Filsinger. Traduzione: “La buona musica non stanca mai”. 136 tratto dall'intervista a Donald Renda. 54 “sfumatura sonora”. Un altro interessante aspetto viene proposto dal progetto MUDDA (Magnificent Union of Digitally Downloading Artists)137, e allora la teoria della scomparsa delle major138 non sembra del tutto “campata in aria” (purtroppo nel 2009 la On Demand Distribution – OD2 – viene inglobata nel colosso Nokia, determinandone la scomparsa come progetto di condivisione e coinvolgimento diretto dagli artisti che scavalcano le grandi multinazionali): la loro forza non spaventa più, ormai nessun artista aspetta un anno per avere una risposta da un'etichetta discografica, per quanto importante essa sia. Più probabilmente le BigFour rimarranno in vita per distribuire le nuove tendenze, diventando un'industria “di nicchia” come le indies, che continueranno a crescere: sia numericamente che economicamente. Infatti, «le major non stanno investendo sugli artisti e sulla loro creatività, di conseguenza la scena delle indipendenti risulta essere più interessante.»139 I produttori sono a conoscenza della psicologia che c'è dietro all'ascolto musicale, attuando delle strategie di marketing: il “bombardamento” mediatico che riceviamo con alcune canzonette è studiato per essere assimilato, grazie alla continua ripetizione, ma quando il pubblico si stanca di questo “tormentone”, ecco che i produttori hanno già pronto un brano che darà loro la percezione di ascoltare buona musica. «Non ci danno il tempo di pensare, veniamo soddisfatti immediatamente!»140 Il tutto sembra dovuto all'arricchimento che la Rete offre, ma «in breve si scoprirà che Internet non sta, come viene detto nei tribunali, uccidendo la musica, ma la sta rivitalizzando, perché è l'unico medium che la gente può gestire sia come struttura che come contenuti.»141. Allora la passione, «spesso sopravvalutata»142, non basterà più per comunicare la propria arte, se non adeguatamente “supportata” da una buona dose di talento; facendo emergere gli artisti graditi al pubblico, in una sorta di contest globale, dove gli ascoltatori determinano il successo di un musicista, basandosi sulle sue effettive qualità e non sull'apparenza. Tornando alle considerazioni fatte sui concerti143, troviamo importante citare alcuni dati per avere una maggiore ampiezza dei risvolti socioculturali: nonostante la crisi economica, nel 2010 c'è stato un incremento del 10,9% di esibizioni dal vivo, passando da 21.553 nel 2009 a 23.583 nell'anno successivo144, dimostrando la necessità, sia del pubblico che del musicista, di 137 Viscardi R., Popular music, cfr., p. 317. 138 vedi capitolo 2, paragrafo 2.1 Artisti affermati che si avvicinano alla digitalizzazione, p. 26. 139 tratto dall'intervista a Donald Renda. 140 tratto dall'intervista ad Arnolfo Borsacchi. 141 Assante E. - Ballanti F., La musica registrata., cit., p. 65. 142 tratto dall'intervista a Frankie Hi-Nrg Mc. 143 vedi capitolo 2, paragrafo 2.1.2 Il concerto, p. 29, e capitolo 3, paragrafo 3.1.3 La musica dal vivo, p. 47. 144 vedi Edison. Change the Music. 55 ritrovare questo reale interscambio che è la funzione della musica; integrandolo, nello specifico del progetto Edison, con la sensibilizzazione verso il tema della sostenibilità delle emissioni di anidride carbonica (CO2). Un'altra interessante chiave di lettura ci porta a comprendere meglio questi cambiamenti in atto; il concetto di glocale145, espresso da Bechelloni, calza “a pennello” in questo momento storico per la musica: la tecnologia ha portato un incremento globale della quantità, fruibile in maniera virtuale, ma l'ascoltatore sente il bisogno di questo contatto reale con la musica dal vivo, e quindi locale, determinando un'incredibile mescolanza di possibilità, precedentemente “malviste” nell'ambiente musicale. L'esempio riportato di seguito si riferisce all'esperienza di Erriquez Greppi, insieme ai Vidia (Viadotto all'Indiano) sul palco del Rock Contest di Firenze: «ricordo che non eravamo molto apprezzati, perché facevamo un rock cantato in italiano e a quei tempi era visto come una sorta di profanazione.»146 Nell'era della globalizzazione è impossibile rimanere “ovattati” nel proprio mondo, e l'evoluzione ci insegna che per sopravvivere dobbiamo essere pronti al cambiamento, anche nella musica; ecco quindi che il locale si globalizza per permeare nell'immaginario collettivo e amplificare questa ridondanza di ibridazioni con il fine di raggiungere orecchie lontane. «One of my old professor said that we are in a “dark age of music”, right now; but if we stride on we will have a Renaissance! But it didn't come yet!»147 Noi lo aspettiamo con impazienza, ma se non guidiamo le nuove generazioni nella giusta direzione, dovremo attendere ancora molto! E quindi ci rivolgiamo a voi: genitori, insegnanti, formatori, siete voi che avete il compito di indirizzare questi nuovi fruitori verso un “sano” ascolto musicale; per giungere, finalmente, a questo nuovo Rinascimento musicale. 145 Bechelloni, G., Diventare cittadini del mondo. Comunicazione e cosmopolitismo responsabile, Mediascape Edizioni, Roma, 2006, cfr.. 146 tratto dall'intervista a Enrico Erriquez Greppi, voce del gruppo Bandabardò. 147 tratto dall'intervista a Kerry Renzoni Filsinger. Traduzione: “Un mio vecchio professore diceva che siamo in un “periodo buio della musica”, ma se lo superiamo avremo un Rinascimento! Però ancora non è arrivato!” 56 Riferimenti Bibliografici Assante, Ernesto – Ballanti, Federico, La musica registrata. Dal fonografo alla Rete e all'MP3. La nuova industria musicale, Dino Audino Editore, Roma, 2004. Assayas, Michka – Bono Vox, Bono on Bono, traduzione di Rubini, Ira, Sperling & Kupfer, Milano, 2005. 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Dinamiche della musica leggera dalle comunicazioni di massa alla rivoluzione digitale, prefazione di Savarese, Rossella, Gruppo Editoriale Esselibri – Simone, Napoli, 2004. 57 Riferimenti Sitografici Accademia Musicale di Firenze – www.accademiamusicaledifirenze.it. AIGAM – Associazione Italiana Gordon per l'Apprendimento Musicale, www.aigam.org. Apple – Azienda informatica, www.apple.com. Baglioni, Claudio – www.baglioni.it. Bandabardò – www.bandabardo.it. BMG – Bertelsmann Music Group, www.bmg.com. Billboard – Settimanale musicale, www.billboard.com. Brunori, Rocco – www.roccobrunori.com. Chiariglione, Leonardo – www.chiariglione.org. ControRadio – www.controradio.it. Corriere della Sera – Quotidiano nazionale Italiano, Milano, www.corriere.it. Edison – Change the music, www.edisonchangethemusic.it. Ekiga – Free Your Speech, servizio di telefonia VoIP (Voice over IP), www.ekiga.org. EMI Music – www.emimusic.com. Facebook – Social Network, www.facebook.com. 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Non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza per quello che fate. Voi che avete sempre creduto in me, anche quando non ci credevo neanche io. A mia madre, che non ha avuto la possibilità di vedermi iscritto all'università. Nessuno nella mia famiglia aveva raggiunto questo traguardo, neanche lei, le mancava solo questo "ultimo sforzo" di scrivere la tesi, ma poi la vita le ha regalato altre gioie... Lei che era degna di essere chiamata Dottoressa, dall'alto della sua vastissima conoscenza, non lo sarà mai. Tutto questo è per ripagarla dei suoi sforzi. Io che non sarei riuscito neanche a "legarle le scarpe" ad una persona come lei, sono qui, soltanto ad un passo dal grande risultato! A mio padre, che mi ha dato la possibilità di raggiungere questo obiettivo, sacrificandosi per me; lasciandomi libero di seguire il mio cammino, anche quando era difficile condividere le mie scelte. Andrò sempre fiero dei suoi insegnamenti, grazie ai quali mi sono sentito a mio agio in ogni situazione. Ringrazio le mie sorelle per avermi aiutato a crescere, e se oggi posso camminare a testa alta è anche grazie al loro apporto, al loro amore e alla loro energia positiva. Ringrazio i miei nipoti, per la spontaneità dei loro gesti; e i miei cognati, perché sopportano le loro “mogli”! Ai miei nonni, agli zii e ai cugini, sia quelli che non ci sono più, sia coloro che ancora combattono, insieme a me, per migliorare questo mondo! Non dobbiamo mai smettere di crederci! Ringrazio le Sare per avermi accolto e sopportato in questo percorso lungo e stressante, spero di ricambiare questo affetto, mettendo tutto me stesso in ogni cosa che faccio. Ogni giorno, un passo dopo l'altro, per continuare a crescere e migliorare. Ci sarebbe un elenco infinito di persone da ringraziare, ma non posso elencarli tutti, e quindi mi limiterò ringraziando in particolar modo la Mela e il Mora, per la loro perseveranza 60 nel tenermi “a galla”; ma senza dimenticare tutti gli Amici, con la “A” maiuscola, che mi hanno spronato verso questo obiettivo: dai ragazzi della Villa, al gruppo delle Topine; dai compagni della Fratellanza Militare, alla Silvia e a tutti i calciatori; da Coverciano a Scandicci, passando per il Ponte e per il Cippi! Ringrazio Provvidenza per avermi fatto incontrare queste splendide persone, con le quali condividere gioie e dolori. È stato un piacere avervi intorno! Ringrazio il professor Bracci per aver creduto in me e avermi ridato la speranza in un futuro migliore: se le nuove generazioni di formatori prendessero una piccolissima parte della sua efficacia, questo paese diventerebbe migliore! E, dal "basso" della mia esperienza, posso dirvi che non ci sono molti professori del suo calibro. Ringrazio Raffaele e tutto lo staff di Controradio, per il supporto e i consigli che mi hanno dato in questi anni, alimentando il mio senso critico, ampliando i miei orizzonti e il desiderio di scoprire cose nuove. Conoscendomi, avrò dimenticato sicuramente qualcuno, e non me ne vogliano se non li ho nominati in questo elenco, ma dovrebbero aver imparato che ho una memoria alquanto labile! Grazie a tutti! 61