Spartacus: tra storia e leggenda Biagio Nuciforo « La sera per passare il tempo stavo leggendo Le guerre civili Romane di Appiano, nel suo originale testo greco. Un libro di gran valore. [...] Spartaco emerge come uno dei migliori protagonisti dell'intera storia antica. Un grande generale (a differenza di Garibaldi!), un carattere nobile, un genuino rappresentante dell'antico proletariato»1. Fu con queste parole che il filosofo tedesco Karl Marx si espresse nei riguardi del condottiero trace il 27 febbraio 1861, in una lettera destinata all’amico Engels,. Secondo Marx, Spartaco rappresentava un proletario ante-litteram che, ribellatosi al padrone romano, riuscì a tenergli testa con un esercito formato non solo da schiavi liberati, ma anche da cittadini poveri. Il concetto marxiano di “lotta di classe” non può, però, essere trasposto al periodo della terza guerra servile ma esprime, comunque, una delle tante interpretazioni che circondano la figura leggendaria del gladiatore. Prima di analizzare la storia e il mito di Spartaco, è opportuno inquadrare storicamente la Roma del II - I secolo a.C., per meglio comprendere le condizioni in cui si sviluppò la terza guerra servile. Verso la metà del II secolo a.C. Roma risultava essere statica, in quanto la nobiltà era interessata a difendere i propri privilegi ed evitava di affrontare la questione della distribuzione dell’agro pubblico ai contadini. D’altro canto, il ceto senatorio mostrava un’evidente incapacità di rinnovamento, mentre l’oligarchia presentava, al suo interno, una profonda divisione: gli Ottimati, la maggioranza conservatrice e i Popolari, la minoranza riformatrice. Fu in questo contesto che emerse la figura di due fratelli, Tiberio e Gaio Gracco, due aristocratici riformatori, nipoti di Scipione l’Africano, i quali compresero che l’impoverimento dei piccoli proprietari terrieri, espropriati della loro terra, avrebbe potuto compromettere il funzionamento dell’esercito e che, quindi, era necessario attuare una riforma agraria, assegnando l’agro pubblico ai contadini e ai proletari urbani. Nel 133 a.C., Tiberio riuscì a farsi eleggere tribuno della plebe ed ebbe così la possibilità di far approvare le leggi a cui il senato non poteva opporsi, come una legge agraria che prevedeva la restituzione delle terre allo stato per i proprietari terrieri più facoltosi e ridistribuite, da questi, alla plebe. La legge fissava, inoltre, una distinzione tra proprietà dell’agro pubblico, che rimaneva statale e usufrutto, che poteva essere concesso ai privati. Altra proposta del tribuno fu quella di utilizzare il tesoro lasciato dal re Attalo III a Roma, per finanziare l’avvio delle coltivazioni, ma l’anno seguente, candidatosi nuovamente, venne accusato di voler instaurare un potere personale e, quindi, fu assassinato. Dieci anni dopo l’elezione di Tiberio (123 a.C.), fu eletto suo fratello Gaio, il quale, per consolidare il suo consenso tra la plebe, fece passare la cosiddetta lex frumentaria, che bloccava e controllava il prezzo del grano. L’obiettivo di Gaio era quello di costruire più alleanze politiche e fu per questa ragione che promulgò la lex de repetundis o lex iudiciaria, privilegiando, nei tribunali, i cavalieri rispetto ai senatori. Tentò, inoltre, di affrontare il problema della concessione della cittadinanza romana agli italici e, nel 122 a.C., approfittando di una modifica di legge, si fece rieleggere, riprendendo così il progetto di riforma agraria. Riuscì in seguito a presentare anche l’estensione della cittadinanza (lex de sociis et nomine latino) a tutti i popoli italici, incontrando però una forte opposizione da parte della nobiltà senatoria, la quale riteneva tale estensione un danno per la 1 K. MARX, F. ENGELS, Opere complete, vol. XLI (lettere 1860-1864), Roma 1973, p. 175. Repubblica. Fu così che scoppiarono violenti disordini. Il gruppo stesso di Gaio si sfaldò ed ebbe successo il veto posto alla legge da Druso (padre del futuro tribuno Livio) e dalla maggioranza del senato. Gaio chiese, senza successo, aiuto agli schiavi e, braccato dagli avversari armati, preferì farsi uccidere da un suo schiavo. In seguito, nel 107 a.C., I popolari riuscirono a far eleggere Caio Mario, un cosiddetto homo novus, il primo della sua famiglia ad aver avuto accesso al consolato, che aprì il servizio militare a tutti i volontari, creando, quindi, il primo esercito professionale con soldati regolarmente retribuiti. Nel 104 a.C., fu nuovamente eletto console e, tra il 102 e il 101 a.C., sconfisse i Teutoni e i Cimbri. Nel 91 a.C., il tribuno Livio Druso, presentò un progetto di riforma che prevedeva la cittadinanza per gli italici, ma, ancora una volta, l’opposizione fu dura e anche Druso venne ucciso, innescando lo scoppio di una guerra sociale che durò dal 91 all’88 a.C. La guerra fu difficile e sanguinosa e, seppur conclusasi con la vittoria di Roma, venne finalmente estesa la cittadinanza romana a tutti i socii. D’altra parte, Roma era intenta a fronteggiare anche un pericolo esterno, l’espansione del Ponto ad opera del suo re Mitridate. Il comando dell’esercito venne affidato a Silla, uno dei più conservatori tra gli Ottimati, ma la fazione dei Popolari, riuscì a prevalere, concedendo il comando dell’esercito a Mario. Silla rifiutò il contrordine e, dalla Campania, mosse verso Roma, ove impose una serie di provvedimenti repressivi nei confronti di Mario e dei suoi seguaci, proponendo una serie di riforme costituzionali, atte a rafforzare l’autorità del senato e a ridimensionare il potere dei tribuni. Silla, si diresse in oriente e, dopo aver sconfitto ripetutamente Mitridate (87 – 85 a.C.), si preparò a rientrare in Italia. Nel frattempo, i Popolari riuscirono a ristabilire il loro potere e richiamarono Mario dall’esilio, il quale morì poco dopo. Quando Silla sbarcò sul suolo italico, riuscì a farsi nominare dittatore a tempo indeterminato ed eliminò i cittadini dichiarati traditori dello stato, grazie alle famigerate liste di proscrizione. Dopo aver riorganizzato le istituzioni per rafforzare il potere del senato e indebolire quello della plebe e, dopo aver effettuato la prima distribuzione di terre ai veterani, Silla lasciò la vita politica, perendo nel 78 a.C. Nel frattempo, le vicende militari nell’Italia centromeridionale, le distruzioni, i massicci arruolamenti, le confische delle terre e la colonizzazione sillana, misero in crisi l’assetto agroeconomico dell’Italia, creando una profonda condizione di miseria e disagio. Fu questa, probabilmente, la base della grande insurrezione schiavile, capeggiata dal gladiatore trace Spartaco, passata alla storia come Terza rivolta servile2. Nel 73 a.C. un gruppo di settantaquattro gladiatori, schiavi al servizio del lanista capuano Lentulo Batiato, evasero, riuscendo a fuggire da Capua e a rifugiardi sulla sommità del Vesuvio. La sommossa era guidata da Spartaco (insieme a due Galli, Crisso ed Enomao), un trace che aveva militato nelle forze ausiliare romane e che, dopo aver disertato, fu portato e venduto a Capua3. Il primo tentativo di reprimere la rivolta fu affidato al pretore Gaio Claudio Glabro, il quale circondò il Vesuvio, chiudendo ai rivoltosi qualsiasi via d’uscita. Gli schiavi, tuttavia, con un’abile 2 Aa. Vv., Introduzione alla storia di Roma, Milano 1999, pp. 107-135. E. GABBA, Dallo stato-città allo stato municipale in Storia di Roma, vol. II.1, a cura di Emilio Gabba, Aldo Schiavone, Torino 1990, 607-714. E. LEPORE, La crisi della nobilitas: fra reazione e riforma in Ibidem, pp. 737-758. 3 APPIANO, Guerre civili, 1.541. mossa si calarono dalla sommità del vulcano, sorprendendo le truppe romane alle spalle4. Dopo aver sconfitto Glabro, Spartaco e i suoi uomini reclutarono sempre più schiavi e indigenti dalle campagne, fino a formare due eserciti: uno, con a capo il Trace e l’altro, guidato da Crisso. In seguito, furono sconfitte le truppe di Varinio e dei suoi legati, Furio e Cossinio. L’obiettivo di Spartaco era di marciare verso Nord, per permettere ai suoi di raggiungere le Alpi e, quindi, di fuggire verso la Gallia e la Tracia. Le truppe di Crisso, dopo aver raggiunto il Gargano, furono sconfitte dal console Gellio, nel 72 a.C. In onore del compagno gallo, Spartaco organizzò dei fastosi giochi gladiatori, dove combatterono e perirono circa trecento prigionieri romani, mutando, con questo gesto simbolico, le sorti del destino5. Intanto, le legioni romane guidate dal proconsole Cassio Longino, vennero sbaragliate dall’esercito di schiavi, nei pressi di Modena, mentre, tra l’estate e l’autunno del 72 a.C., il Senato, ormai scoraggiato dalle numerose sconfitte, incaricò il pretore Licinio Crasso di reprimere la rivolta servile, ma il suo luogotenente Mummio fu sconfitto nel Piceno. Nel 71 a.C., Crasso decise di punire i soldati fuggiti in battaglia, con la pratica della decimatio. Suddivise i cinquecento soldati in gruppi di dieci e, per ognuno di questi, fece sorteggiare un solo uomo, in seguito giustiziato6. Questa pratica serviva, non solo a scoraggiare gli uomini dal disertare il campo di battaglia, ma anche a motivarli per le cruente battaglie che li avrebbe attesi. Il pretore riuscì a sbaragliare due distaccamenti dei ribelli e si mise sulle tracce di Spartaco, il quale dal Sannio arrivò in Lucania per poi dirigersi verso il mare. L’obiettivo del Trace era la Sicilia, dove sperava di fomentare una nuova rivolta schiavile (come quelle di Euno e Salvio) ma a causa del tradimento di alcuni pirati cilici, dovette abbandonare l’impresa. Cercò, quindi, di evitare lo scontro diretto, attaccando le legioni con assalti improvvisi7. A questo punto, Crasso fece erigere un muro lungo 54 km circa, dentro il quale rinchiuse i ribelli8. Nel febbraio dello stesso anno, il capo dei rivoltosi riuscì ad aprire un varco e si diresse alla volta di Brindisi. I ribelli subirono nuovamente due sconfitte: presso una palude lucana e, in seguito, in un luogo non molto distante da quest’ultimo. Durante gli scontri, vennero trucidati dodicimila schiavi e ribelli guidati da Casto e Gannico, che andarono, letteralmente, incontro alla morte9. Spartaco fu, quindi, costretto a fuggire verso i monti del Bruzio, nei pressi di Petelia, dove riuscì a scompaginare un distaccamento romano. Le sue truppe, ormai fuori controllo, decisero di muoversi verso le legioni romane e, nello stesso momento, sopraggiunsero anche le armate di Pompeo, appena tornato dalla Spagna, e di Lucullo. Lo scontro finale ebbe luogo, con molta probabilità, in Apulia e, prima di iniziare la battaglia, Spartaco sgozzò il suo cavallo: le motivazioni sono alquanto incerte, ma dovette trattarsi di un rituale10. Il Trace e il suo seguito furono sterminati da Crasso e dalle legioni di Pompeo. 4 FRONTINO, Stratagemmi, I. V.21. PLUTARCO, Vita di Crasso, 9. 5 APPIANO, Guerre Civili, I.545. FLORO, Epitome, II.8.9. OROSIO, Storie contro i pagani, V.24. 6 SALLUSTIO, Storie, IV.22 APPIANO, Guerre Civili, I.550-55. 7 PLUTARCO, Vita di Crasso, II.10.7. 8 APPIANO, Guerre Civili, I.551. 9 PLUTARCO, Vita di Crasso, II.11. 4-5. 10 Ibidem, II.11.9. M. CAPUTO, Spartaco e il sacrificio del cavallo, in CS,II (1963), pp. 251-93. La morte di Spartaco, come attestato nelle fonti, fu una morte alquanto eroica, poiché morì circondato dai nemici nel vano tentativo di difendersi: «[…] ed infine mentre i suoi compagni fuggirono, egli rimase là, circondato da molti e fu abbattuto mentre si difendeva»11. Ancora: «[…] Spartaco fu ferito alla coscia da un giavellotto. Caduto in ginocchio e gettato lo scudo, resistette agli assalitori, finché egli e gran numero dei suoi, accerchiati, caddero»12. Come monito, migliaia di schiavi ribelli furono crocifissi sulla via Appia, lungo il tratto tra Capua e Roma13. Giunto nella Città Eterna, Pompeo riuscì ad ottenere il pubblico trionfo, mentre Crasso dovette accontentarsi di una semplice ovatio. Queste due figure politiche saranno destinate a dominare la scena pubblica della tarda età repubblicana, costituendo prima un solido consolato (70 a.C.) ed in seguito, un triumvirato, assieme al più famoso Gaio Giulio Cesare. Per analizzare meglio le fonti, circa la vita di Spartaco e la rivolta servile, è opportuno suddividere le varie notizie in base ad alcuni temi principali: 1. Comando. Tutti gli autori identificano Spartaco come il comandate generale. Sallustio ne parla come di un princeps gladiatorum14, mentre definisce Crisso comandante di Galli e Germani15. Floro considera il Trace comandante, nominando, tuttavia, anche Crisso ed Enomao, in qualità di comandanti in seconda16. 2. Divisione etnica dell’esercito. Tutti gli scrittori concordano sulle etnie presenti tra le fila dell’esercito, Galli, Germani e Traci. Sallustio parla di Galli e Germani, che muovono per uno scontro diretto, mentre Spartaco cerca di dissuaderli. Quindi, tale divergenza è da considerarsi tattica più che strategica. In un frammento, Sallustio descrive alcuni schiavi come pauci, prudentis animique nobiles. I primi sono quelli prudenti, calcolatori; in opposizione ai belligeranti, i fides ferocique, e ai “servi dell’anima”, i plurimi servile indole, devoti al saccheggio17. Negli Stratagemmi di Frontino, si parla di un altro gruppo composto da Galli e Germani, con a capo Casto e Gannico. 3. Personalità di Spartaco. Sallustio ne parla in maniera molto positiva18: ricorda un episodio, in cui il gladiatore tentava di fermare i compagni dal commettere stupri e razzie e, non riuscendo a dissuaderli, preannunciò l’arrivo del suo esercito19. Plutarco, invece, evidenzia l’astuzia e l’intelligenza di Spartaco, interpretando queste virtù come segni di un’educazione greco-ellenistica: uomo, puro di cuore e di spirito20. L’autore non accenna ai giochi gladiatori organizzati in memoria di Crisso, mentre altre fonti narrano del sacrificio di circa trecento romani21. 11 PLUTARCO, Vita di Crasso, II.11.10. APPIANO, Guerre Civili, I.557-58. 13 Ivi. 14 SALLUSTIO, Storie, III.90. 15 Ibidem, III.96 D. 16 FLORO, Epitome, II.8.1-2. 17 SALLUSTIO, Storie, III.98 D. 18 Ibidem, III.91. 19 Ibidem, III.98. 20 PLUTARCO, Vita di Crasso, II.8.3. 21 APPIANO, Guerre Civili, I.545. FLORO, Epitome, II.8.9. OROSIO, Storie contro i pagani, V.24. 12 4. Il comandante giusto. Quasi tutte le fonti descrivono il Trace come un generale equo. Diodoro, paragonandolo a Spartaco, attribuisce a Viriato alcuni episodi, come la famosa divisione del bottino in parti uguali o il divieto di introdurre oro negli accampamenti22. Si parla, inoltre, di un gesto di gratitudine da parte del comandante23. 5. Opinioni sugli schiavi. Tutte le considerazioni sui ribelli sono negative, anche in Sallustio e in Plutarco, gli stessi che vedevano in Spartaco un’idealista dal “cuore greco”. 6. Le origini di Spartaco. Molti studiosi contemporanei, spesso, dibattono sulla sua presunta origine regale, ma l’unica notizia si trova in Floro, il quale lo designa come disertore24. 7. La marcia su Roma. Floro narra di questa decisione di Spartaco, dopo la vittoria su Lentulo e Cassio25. Appiano pone, invece, questo episodio dopo i funerali di Crisso, narrando, in seguito, la decisione del Trace di abbandonare l’idea, per la consapevolezza di non essere in grado di portare a termine tale missione. Ampelio, nel suo liber memorialis, ritiene che Spartaco, Crisso ed Enomao intendevano distruggere ed incendiare l’Urbe26. 8. Presenza di liberi nell’esercito. Non ci sono prove certe dell’effettiva presenza di non schiavi, ma, certamente, è un’ipotesi plausibile, soprattutto in relazione alla situazione di indigenza in cui versavano i contadini durante quel periodo27. Sulla figura di Spartaco, sulla sua storia, sulle sue origini e sulla sua ideologia, si sono dibattuti molti eminenti storici contemporanei, tra i quali figurano Daniele Foraboschi, Luigi Pareti, Antonio Guarino e Aldo Schiavone. Secondo Daniele Foraboschi, non è accreditabile la tesi di Plutarco per la quale Spartaco sia stato influenzato da dottrine ellenistiche. Le motivazioni che spinsero il gladiatore alla rivolta furono essenzialmente primordiali: i combattenti dell’arena vivevano in una condizione psicologica precaria, dominata dalla violenza e dalla costante consapevolezza che prima o poi sarebbero caduti durante i combattimenti. Fu la presa di coscienza e l’insostenibilità delle loro condizioni che permisero a Spartaco e, ai suoi compagni, di scappare e di ribellarsi contro Roma. Per lo storico, inoltre, tutta la cultura del Trace era intrisa di misticismo: l’episodio più significativo è rappresentato dal sacrificio del cavallo: prima di affrontare l’ultima battaglia, Spartaco sgozzò il suo cavallo e, quello che secondo Plutarco fu un semplice exemplum per il suo esercito, in realtà celava una pratica rituale di matrice indoeuropea, probabilmente avente uno scopo propiziatorio. Altro elemento mistico, da non sottovalutare, è costituito dalla compagna di Spartaco, una baccante che praticava i cosiddetti orghiasmoi, pratiche rituali bandite dal Senato nel 186 a.C.28 Lo storico Luigi Pareti, invece, non sostiene l’ipotesi secondo cui, il combattente Trace divenne schiavo in quanto disertore, ritenendo, piuttosto, più plausibile la sua cattura da parte di pirati e la successiva vendita ai romani. Altra tesi innovativa è quella riguardante la divisione degli eserciti ribelli: quello di Spartaco, verso Nord e quello del gallo Crisso, verso Sud. Per lo studioso, questa non fu solo una mossa strategica, bensì propagandistica: i ribelli diffusero la notizia della ribellione e cercarono di attrarre a loro quanti più schiavi possibili. 22 DIODORO SICULO, Biblioteca Storica, 38/9.21.1. Ibidem, 34/5.2.40. 24 FLORO, Epitome, II.8.8. 25 Ibidem, II.8.11. 26 AMPELIO, Liber Memorialis, XLV.3. 27 A. STORCHI MARINO, Il mito di Spartaco nella letteratura tra Settecento e Ottocento, Napoli 2011, pp. 33-39. 28 D. FORABOSCHI, La rivolta di Spartaco, in Storia di Roma …, pp.715-723. 23 Infine, Pareti attribuisce la colpa della «notevole durata della guerra dei gladiatori», ai romani: poiché sottovalutarono la ribellione, ritenendola una semplice «impresa di ladroni»; per la mancanza di eserciti, a causa dell’allontanamento sillano degli eserciti italici, e, quindi per l’inadeguatezza dei soldati. Il fallimento degli schiavi, invece, fu dovuto alla mancanza di una precisa strategia, alla composizione multietnica e multiculturale dell’esercito e alla mancata conquista di città roccaforti. Tutto ciò, non solo portò a un maggior impoverimento delle campagne, ma costituì la principale ragione che portò gli schiavi a seguire il movimento innovatore di Catilina29. Differente conclusione è quella elaborata da Antonio Guarino, che è possibile riassumere in tre punti: La terza guerra servile non fu altro che una disorganica rivolta di contadini sud-italici, schiavi e liberi, coalizzatisi per ottenere la libertà. Non è mai esistito alcun “piano” di Spartaco: né di portare i suoi compagni fuori dall’Italia, né di raggiungere le coste siciliane. Inoltre, i romani trasformarono una semplice rivolta, in bellum, dando vita così al mito di Spartaco. Lo storico ridimensiona il mito del Trace, spogliandolo di quella matrice marxista che tutt’ora circonda la sua figura30. Un’interpretazione, non dissimile da quest’ultima, è quella presentata da Aldo Schiavone. La sua tesi storiografica rompe definitivamente con la tradizione marxista, demitizzando la figura di Spartaco: non fu una rivolta “di classe”, atta a rovesciare le sorti degli schiavi di Roma, ma si trattò di un’avventura personale. Nel saggio è evidenziata l’influenza che ebbe la compagna del Condottiero, la quale, attraverso rituali dionisiaci, predisse la grandezza del “campione di Capua”, spingendolo, quindi, alla ribellione. Sono reinterpretate le fonti classiche ed è posta l’attenzione sui piccoli dettagli che potrebbero meglio spiegare la vicenda spartachiana. La figura di Spartaco è paragonata, dall’autore a quella di un altro nemico di Roma: Annibale. L’obiettivo del Trace, come fu per il Cartaginese, era quello di combattere i “padroni del mondo”, quindi, di distruggere l’imperialismo romano. A questo punto, si evince la vicinanza di Schiavone alla tradizione sallustiana31, per cui: «Pochi reclamano la libertà, i più pretendono padroni giusti»32. Tutte le interpretazioni, finora elaborate, possono essere ritenute attendibili. Che Spartaco abbia avuto intenzione o meno di “vendicare” la condizione schiavile o che abbia voluto sconfiggere i “padroni” romani, non è dato saperlo con certezza, ma è opportuno considerare tutti questi aspetti della personalità di Spartaco come veritieri e reali, evitando comunque di miticizzare la sua impresa. Una cosa è certa, il Gladiatore ha avuto un enorme successo post-mortem, in particolar modo negli ultimi quattro secoli. Infatti, molte sono state le rappresentazioni di Spartaco e della sua rivolta: nei secoli si sono succedute opere liriche, teatrali, sculture, romanzi e film, che hanno interpretato, sotto diversi punti di vista, il suo mito. Per quanto riguarda l’arte teatrale, l’eroe trace fu rappresentato in diverse opere, ognuna di matrice diversa. Una delle prime opere liriche fu quella di Giuseppe Parsile, rappresentata nel 1726 a 29 L. PARETI, Storia di Roma e del mondo romano, vol. III, Torino 1952, pp.687-708. (?) A. GUARINO, Spartaco, Napoli 1979. 31 A. SCHIAVONE, Spartaco: le armi e l’uomo, Torino 2011. 32 SALLUSTIO, Latrones gentium historiae, IV, 1-5; 16-23. 30 Vienna. É un opera quasi astorica, in quanto oltre ai luoghi e al nome stesso del gladiatore, non rappresenta la vicenda della rivolta servile. Nel 1760, Bernard Saurin scrisse un’opera teatrale, nella quale veniva esaltato il valore del combattente trace, ammirato e rispettato anche dal nemico romano. Gli eventi si svolgono nella metà giornata prima della battaglia finale. Elemento inedito fu certamente l’amore burrascoso, tra Spartaco e Émile, figlia di Crasso. Anche la corruzione entro la quale era sprofondata Roma è rappresentata nella tragedia: da un lato, Crasso combatte per difendere l’amata repubblica e dall’altro, Spartaco si ribella al “sistema” romano. Colpito dal carisma e dal valore di Spartaco, Crasso è disposto a concedergli la mano della figlia ma l’amore dei due è interrotto da un suicidio, che si potrebbe definire, “shakespeariano”: Émile, prima, e Spartaco, poi, si pugnalano con la stessa lama. Da tutta l’opera risulta che Spartaco possiede tutti i connotati e le virtù di un eroe: ottimo stratega e guerriero; un eroe quasi romano, pronto a combattere per una giusta causa. Francesco Bonaldi compose, invece, la sua versione di Spartaco nel 1802, ispirandosi alla tragedia di Saurin. Nel Trace, di stirpe reale, come la madre con cui è fatto prigioniero, cresce un sentimento di vendetta nei confronti di Roma che lo porteranno a ribellarsi contro i suoi carcerieri. A differenza dell’opera sauriana, questa elimina il suicidio di Émile e sottolinea il sentimento di vendetta verso l’oppressione romana che ha reso schiava la sua terra natìa e sua madre. Nel 1856, fu la volta dell’ex-garibaldino Ippolito Nievo, il quale abbozzò e, quindi, compose una tragedia intitolata Spartaco. La figura del gladiatore è molto più politica rispetto a quella delle opere anteriori: Spartaco è rappresentato come un eroe patriottico, difensore degli oppressi. Nievo introduce, inoltre, una nuova figura femminile, Odrisia, la mistica compagna di Spartaco, contesa da un altro schiavo trace, Selimbrio, che, per vendetta, tradisce i compagni, morendo per mano della donna amata. Qui l’intenzione di Spartaco non è quella di attaccare Roma ma di fuggire verso la sua Tracia e, per questo motivo, l’esercito ribelle si divide tra quello del Trace, quello di Crisso e quello di Granico (Gannico), l’ala più indisciplinata. Intanto Emilia, amareggiata per il rifiuto di Spartaco, si vendica rivelando a Crisso le intenzioni del compagno, sostenendo che il guerriero aveva intenzione di dirigersi verso la sua patria, per poter salvare Roma. Durante lo scontro finale, Crasso offre la libertà a Spartaco per omaggiare il suo valore ma egli rifiuta, soccombendo infine al fianco dei compagni. Altre tragedie spartachiane sono quelle di Carano, più verbosa, e di Giuseppe Cesare Abba, tragedia incompiuta che trasforma la rivolta servile in una “spedizione dei mille”33. Anche il Manzoni, nel 1821, ebbe intenzione di scrivere una tragedia su Spartaco, per poi optare per la forma romanzata, anch’essa conclusa con un nulla di fatto. Il romanzo di Raffaello Giovagnoli pubblicato, nel 1874, col titolo di Spartaco. Racconto storico del secolo VII dell’era romana, ebbe enorme successo, tanto da essere tradotto in più lingue. Merito, il suo, di aver fatto evolvere il romanzo storico di età repubblicana. Questo Spartaco rappresenta Roma come una metropoli, dedita agli spettacoli e agli affari. In questo contesto, Spartaco, dopo aver combattuto nell’arena, si pone a capo di una ribellione, durata quattro anni, durante i quali il Trace combatte ininterrottamente contro le legioni romane, percorrendo in lungo e in largo tutta la penisola italica, fino ad arrivare allo scontro finale di Brandano. Questo è la situazione storica, entro la quale si intreccia: la storia d’amore tra Spartaco e Valeria, moglie e poi vedova di Silla, amore impossibile per la causa cui il gladiatore è devoto; la storia tra Mirzia, sorella di Spartaco, e del gallo Artorige; l’intrigo di Eutibide, cortigiana greca che si innamora del 33 A. STORCHI MARINO, Il mito di Spartaco…, pp. 41-77. Trace, la quale vendica il rifiuto, favorendo la ribellione del fidato Ocnomao, da lei sedotto. La personalità di Spartaco, combattente della libertà e dell’uguaglianza, è messa in contrasto con quella degli altri ribelli “barbari” e con la raffinatezza, l’astuzia e la dissolutezza romana34. Invece, come arti visive, meritano di essere ricordate tre statue: una virtuale, quella descritta, nel capitolo visionario di Louis Sebastien Mercier, L’an 2440, rêve s’il en fut jamais, appartenente all’Histoire philosophique des deux Indes; due reali, quella di Denis Foyater, iniziata nel 1822 e ultimata nel 1830, ora situata nel museo del Louvre e, quella di Vincenzo Vela, del 1848, ora presente nel Museo Vela di Ligornetto35. Ancora, nel XX secolo, con la nascita del cinematografo anche la storia di Spartaco prende vita sul grande schermo. La prima pellicola muta, risale al 1913, diretta da Giovanni Enrico Vidali e ispirata al romanzo di Giovagnoli. In seguito, nel 1953, è il regista Riccardo Freda a girare per la prima volta in sonoro la storia del Trace, interpretato da Massimo Girotti. Bisogna attendere il 1960 per mirare l’opera colossale di Stanley Kubrick, prima pellicola a colori che narra le gesta dell’eroe trace, interpretato magistralmente da Kirk Douglas. Anche questo film, utilizzò come soggetto un romanzo, quello di Howard Fast (1952)36. Nel 2004 il regista austro-rumeno Robert Dornhelm traspose, sul piccolo schermo, la storia di Spartaco - il gladiatore, interpretato da Goran Visnjic. Il film si conclude con la fine del racconto delle vicende del gladiatore che sua moglie narra al figlio, suo omonimo. Recentemente, la storia dell’eroe di Capua ha ispirato una serie televisiva, prodotta dal broadcast statunitense STARZ. La serie, dai contorni fumettistici, mostra il lato macabro-erotico dell’intera vicenda spartachiana, che fino ad ora non è mai stato rappresentato. Nella prima stagione, Spartacus: sangue e sabbia (2010), con Andy Whitfield nei panni del Trace, sono narrate le origini del guerriero e le vicende nell’arena, fino alla ribellione avvenuta nella casascuola di Lentulo Batiato; segue il prequel Spartacus: gli dei dell’arena (2011), breve racconto degli altri gladiatori, Crisso, Gannico, Enomao, prima dell’arrivo di Spartaco. La seconda stagione, Spartacus: la vendetta (2012), con Liam McIntyre nei panni del protagonista, racconta la fuga degli schiavi fino all’arrivo sul Vesuvio e alla successiva sconfitta di Claudio Glabro. Nell’ultima stagione, Spartacus: la guerra dei dannati (2013), viene descritta la parte finale della rivolta servile, conclusasi con la crocifissione degli schiavi e con la morte del Trace, le cui ultime parole, pronunciate in punto di morte, forse meglio esprimono quello che la storia e il mito dell’eroe rappresentano: «Non c’è vittoria più grande, in questo mondo, che morire da uomo libero»37. 34 Ibidem, pp.79-89. Ibidem, pp. 53-54. 36 M.H. WINKLER, Spartacus: Film and History, Oxford 2007. 37 Tutte le informazioni sul film di Robert Dornhelm e sulla serie tv della STARZ appartengono all’Internet Movie Database (http://www.imdb.com/). 35