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Cultura
Il Chirurgo dell’Imperatore che
fu Medico a Catania
Chi avrebbe mai potuto immaginare che
quel forestiero venuto nel 1824 da Napoli a Catania per insegnare clinica medica all’Università aveva un segreto passato? Il suo nome era Paolo Assalini. Il
suo sguardo serio, gli occhi piccoli e vivi,
il naso aquilino, il volto tondo, i capelli
folti e senza barba, tradivano l’impronta
di militare: quell’uomo era stato il “chirurgo dell’Imperatore” (si, proprio di lui,
di Napoleone!) e, come medico militare,
aveva seguito le truppe rivoluzionarie
francesi nelle campagne di Egitto, di Spagna e di Russia.
A Reggio Emilia, la sua città, nel 1796
(nello stesso anno in cui i deputati della
Cispadana proclamavano il Tricolore), le
cronache giudiziarie si erano occupate di
lui, a causa di un omicidio. Il fatto di sangue era avvenuto alle 4 del pomeriggio
del 21 giugno, in via Mari, una strada
adiacente all’Ospedale: un medico –
Michelangelo Morini - viene assassinato
in circostanze misteriose; qualcuno dice
che è stato colpito al petto, in duello; altri, che è rimasto trafitto da un colpo di
trincetto, in una rissa. Subito i sospetti
cadono su un suo rivale – Paolo Assalini,
appunto - che ritroveremo poi, trenta anni
dopo, medico nella nostra città: ma a
Catania quanti colleghi, accademici e
amici, seppero mai che costui, celebre
scienziato, aveva ucciso un suo collega,
per un posto di primario all’Ospedale?
Non ci è dato saperlo. Quel che è certo è
che Paolo Assalini, dopo l’omicidio, lascia la sua numerosa famiglia e fugge da
Reggio. Ha 37 anni ed una carriera avviata. Ma decide di cambiare vita e non
farà più ritorno nella sua città. Va con la
truppa francese, che in quel giorno era
stata di passaggio da Reggio ed è così salvo. A viaggiare egli era abituato. Le università di Vienna, Londra e Parigi erano
state le tappe del suo apprendistato alla
medicina. La sua avventura esistenziale
sembra tratta da un romanzo di Stendhal.
Il destino lo porterà al seguito di Napoleone, di cui fu primo chirurgo. E poi, sempre come medico nell’esercito napoleo-
Paolo Assalini fu
al seguito di
Napoleone nella
campagne
militari di Egitto,
Spagna e Russia.
Operò
nell’ospedale
Santa Marta
della città
etnea
Paolo Assalini in una riproduzione del modellismo militare
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nico, sarà anche a Milano, chirurgo del
vicerè Eugenio Beauharnais, professore di
chirurgia e ostetricia (1807), collega di
altri “medici giacobini” dell’Ospedale
Maggiore - come Giovanni Rasori - che
contribuirono a rinnovare la chirurgia.
Nella vita di Paolo Assalini non poteva
certo mancare un soggiorno a Parigi, negli anni napoleonici. E proprio nella capitale dell’Impero, pubblica saggi in cui
descrive gli strumenti chirurgici da lui
inventati - per l’estrazione della cataratta,
per l’ostetricia, per la traumatologia –
tutti “ferri” divenuti poi di abituale uso
nelle sale operatorie.
L’arrivo di Paolo Assalini a Catania fu preparato dalle sue amichevoli frequentazioni
con il medico biancavillese Placido Portal
(curatore, nel 1818, di riedizioni di saggi
dell’Assalini). I due si conobbero presumibilmente a Napoli, mentre a Cadice,
al tempo dell’epidemia di febbre gialla,
Assalini conobbe forse Carlo
Gemmellaro, uno dei fondatori della
Gioenia, accademia che, fin dalla prima
riunione, il 10 giugno 1824, nominò
l’Assalini socio onorario. Quest’ultimo
ebbe subito corrispondenza epistolare
con altri soci gioeni, quali il palermitano
Agostino Gallo, i fratelli Placido e Salvatore Portal di Biancavilla, il messinese Lorenzo Maisano, i coniugi catanesi Scuderi
e Tuzza Alessi.
Cosa resta a Catania dell’attività sua medica? Come professore di clinica chirurgica nell’ospedale Santa Marta, egli introdusse l’uso di uno strumento a molla (da
lui stesso inventato a Parigi nel 1787) e
rimise in sesto il bilancio di quel
nosocomio (danneggiato dai terremoti del
1817 e 1818). A Catania inoltre diffuse
le sue conoscenze sulle malattie dei paesi
caldi, sulla chirurgia ostetrica, sulla legatura degli aneurismi, sulla cataratta e
iridodialisi, sulle “pupille o prunelle artificiali”, sulla traumatologia e sull’uso di
sostanze plastiche capaci di presa tale da
permettere immobilizzazione rigorosa
degli arti. Nella nostra città curò con successo l’oftalmia del signor Scavaglieri;
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Cultura
asportò una “ghiandola sciarrosa” dalla
mammella di una signora di S. Filippo
d’Agira; e, con il suo metodo di cura,
nell’inverno tra 1824 e il 1825, fu
debellata l’epidemia che decimava il reggimento real Farnese (colpito da una
malattia, simile alla “peste”, da Assalini
riscontrata in Egitto, con infermità oftalmica e flussi dissenterici). All’Ospedale S.
Bambino eseguì il taglio della sinfisi del
pube per i parti difficili con “bacino viziato” (metodo da lui praticato a Milano
e poi ripreso dal medico Galbiati a Napoli, nel 1820) e invocò addirittura una
nuova legge per consentire agli ostetrici
di eseguire, quando era necessario, i parti
cesarei ( assai rari, a causa dell’opposizione
delle parenti delle puerpere, con conseguente alta mortalità di donne e neonati).
Assalini, infine, in un’epoca in cui il
termalismo non era ancora praticato in
Italia, introdusse a Catania l’uso delle stufe e dei bagni a vapore artificiale, con considerevole sollievo degli ammalati. Un
modello di stufa da lui ideato, fu replica○
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to dal can. Salvatore Portal, mentre il fratello di quest’ultimo, Placido, curava con
tali bagni, stufe e docce termali, nell’ospedale militare temporaneo di Termini
Imerese, i soldati della truppa austriaca,
affetti da dolori reumatici sifilitici e venerei. Il 1834 segna l’anno in cui Paolo
Assalini andò via da Catania: alcune commosse lettere di sua moglie (certa “Luigia
marchesa Tedeschi”) mostrano che la coppia si allontanò dalla Sicilia con dispiacere. Ma non se la passarono poi male. Andarono a vivere sulla collina di
Capodimonte, a Napoli, dietro invito
della principessa di Baviera, moglie di
Eugenio. Assalini vivrà poi ancora a lungo e morirà quasi centenario nel 1846. A
Reggio Emilia, dove è ancora desta la sua
memoria, una sala di anatomia e
teratologia dei Musei civici Panizzi è a lui
dedicata. Ulteriori notizie su questo interessante personaggio saranno presto
pubblicate in un volume dedicato ai 150
anni dell’Orto Botanico di Catania.
Francesca M. Lo Faro
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Il successo è Stabile
Il Teatro Stabile di Catania si prepara a
festeggiare i cinquanta anni di attività. Una
traguardo importane, che sarà celebrato
con un rilancio in grande stile, in Italia e
all’estero, come hanno annunciato il neo
presidente Pietrangelo Buttafuoco e il direttore artistico Lamberto Puggelli.
Intensificare lo sforzo produttivo e puntare alle radici della propria identicà culturale, sono le due direttrici sulle quali si
muoverà l’attività del Teatro catanese, che
proprone due novità assolute. La prima è
“Terra matta”, pièce tratta dall’omonima
autobiografia di Vincenzo Rabito, pubblicata quest’anno da Einaudi e già libro di
successo. Lamberto Suggelli sarà il regista,
mentre la riduzione è stta affidata allo scrittore Filippo arriva, entrambi impegnati nel
trasporre sulla scena la vicenda di un siciliano, popolano e analfabeta, ruolo affidato a Vincenzo Pirrotta, che racconta vista dal baso la storia d’Italia, dalla Grande
guerra\al post sessantotto. La seconda è
“Nathan il saggio” di Lessino, il cui allestimento coinvolgerà istituzioni religiose,
culturale e teatrali in tutta Italia, per lan○
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ciare il suo messaggio di tolleranza, di non
violenza e di fratellanza tra i popoli.< Il
debutto avverrà nella monumentale chiesa di San Nicolò l’Arenae subito dopo,
prima di andare in giro per l’Italia, nella
chiesa di Santo Stefano a Milano.
Spazio anche per autori classici siciliani con
il dittico che abbina gli atti unici “Il rosario” di Federico De Roberto e “L’altro figlio” di Luigi Pirandello.
G.C.
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Da sinistra:
Giuseppe Maimone,
Serafina Perra,
Giuseppe Arena,
Angelo Sicali,
Lino Leanza,
Pietrangelo Buttafuoco,
Lamberto Puggelli
e Santo Ligresti.
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Cultura
Via Crociferi, il Barocco Abusivo
Via Crociferi, uno dei più prestigiosi e classici
esempi del nostro barocco, è la strada di Catania più conosciuta dai cultori delle belle arti di
mezzo mondo. In circa mezzo chilometro vi
sono ben quattro grandi chiese (le cui architetture e decori sono veri e propri gioielli) con
altrettanti monasteri: si ha la misura di quella
che doveva essere la popolazione ecclesiastica
ospitata in questa strada nel settecento. A questi grandi complessi religiosi bisogna aggiungerne un quinto, quello dei Francescani di piazza Dusmet, continuazione di via Crociferi. Il
convento dei Padri Conventuali di San Francesco fu eretto a spese della regina Eleonora,
moglie di Federico II sulle rovine dell’antico
Tempio di Minerva. Mentre la Chiesa di San
Francesco d’Assisi (che i catanesi chiamano
Chiesa dell’Immacolata) è tuttora in piena attività, mentre il vecchio convento è stato, negli
anni, utilizzato come sede della Corte d’ Assise, Questura, Ufficio delle Ipoteche e Uffici
Demaniali. Salendo per via Crociferi verso via
Antonino di Sangiuliano, s’incontra subito un
arco che unisce due fabbricati, di fronte l’un
l’altro, e cioè il convento e la chiesa di S. Benedetto. Questo arco, o ponte, è stato costruito
in una notte dopo un braccio di ferro tra il vescovo Andrea Riggio e il Senato catanese.
Poichè era stato negato al prelato il permesso di
realizzare l’infrastruttura, il vescovo, dopo aver
Uno strano
contenzioso
tra curia
e senato cittadino fu risolto
con un’azione
di forza
dei religiosi.
“l’arco delle
benedettine”,
a distanza di
trecento anni
ne è la
testimonianza
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minacciato di scomunicare l’intero Senato cittadino, fece costruire il ponte durante una notte del 1704 dall’architetto Alonzo Di Benedetto, al quale (come afferma Lucio Sciacca nei
suoi “Fatti e misfatti catanesi”) conferisce, insieme alle maestranze, gli “ordini minori”, per
evitar loro conseguenze penali e amministrative. La Chiesa di S. Benedetto venne consacrata
il 18 giugno del 1763 dal vescovo Salvatore
Ventimiglia. Il monastero fu fondato nel 1334
da Alemanna Lumello e da Ruggero La Matina
in contrada Molino a Vento; successivamente
le suore hanno traslocato in un sito accanto
alla cattedrale. Infine nel 1355 si trasferirono,
dove sono tuttora, nella casa del conte di
Adernò, una volta sede del Tempio di Esculapio,
dedicato al dio della medicina. La chiesa, molto bella e ricca, oltre ad un imponente organo,
ha delle bellissime tele di Giovanni Tuccari ,
Matteo Desiderato e Michele Rapisardi. Una
stradina, via S. Benedetto, divide la Chiesa di
S. Benedetto con la Chiesa di S. Francesco
Borgia o dei Gesuiti, con annesso grande convento, già Ospizio di Beneficenza, oggi sede
dell’Istituto Statale d’Arte. Nel 1326 il nobile
Bartolomeo Altavilla costruì una chiesa dedicata all’Ascensione di Gesù Cristo, ceduta nel
1555 ai padri Gesuiti. Col terremoto del 1693
venne distrutta, poi ricostruita, e dedicata a S.
Francesco Borgia. Dirimpetto l’ex Ospizio di
Beneficenza vi è la bellissima Chiesa di San
Giuliano, opera del Vaccarini, con attinente
convento. La chiesa nel 1295 sorse sulle rovine dell’antico tempio di Castore e Polluce, figli
di Leta e Giove. Dopo il terremoto del 1693 fu
riedificata, e il suo convento (l’attuale sede della CGIL) ha ospitato le suore benedettine, La
chiesa ricca di marmi e di fregi ha opere degli
artisti Pietro Abadessa e di Olivio Sozzi. Procedendo verso Villa Cerami, sulla destra abbiamo un’altra importante chiesa, quella di S.
Camillo, dei padri Crociferi, così chiamati
perchè portavano una grande croce rossa sull’abito talare. E da loro prese il nome la blasonata
via Crociferi. Accanto al sacro tempio, costruito nel 1735 e consacrato due anni dopo, vi era
il convento dei padri Crociferi, che oggi ospita
il sindacato CISL.
Antonio Di Paola
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