Biofisica: misure di fluorescenza e tecnica del patch clamp

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Autera Simone
De Martini Valentina
Liggieri Giovanni
RELAZIONE SULLO STAGE AL DIFI
SEZIONE DI BIOFISICA
TUTORS: Francesca Pellistri, Silvia Siano, Andrea Gallo
27/02-03/03/ 2006
Lo stage al DIFI (Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova) si è
articolato in attività pratiche nei laboratori di ricerca dell’università e in un ciclo
di seminari pomeridiani, sostenuti da professori della facoltà, in merito a
materia e antimateria, biofisica e nanotecnologie.
Le esperienze di laboratorio a cui abbiamo assistito e partecipato si sono svolte
nella sezione di biofisica, ossia quella branca della fisica che si occupa di
spiegare, secondo principi fisici e chimici, le funzioni biologiche studiando le
proprietà e le strutture delle molecole.
In particolare l’attività suddetta consiste in due differenti tipologie di indagine
inserite in una ricerca già in atto sull’effetto di alcune proteine sui neuroni.
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Misure di fluorescenza
Consiste in una serie di esperimenti effettuati tramite l’uso di un microscopio in
fluorescenza in grado di rivelare la variazione di concentrazione di calcio in
neuroni trattati con proteine amiloidi. Questi tipi di proteine, coinvolte in molte
patologie, formano aggregati che si pensa creino pori nella membrana della
cellula, permettendo l’ingresso incontrollato di ioni calcio, con esiti tossici per la
cellula.
Per effettuare le prove, abbiamo trattato il campione con Oregon Green 6µM,
una sonda fluorescente che si lega al calcio. In particolare l’Oregon Green si
eccita in uno spettro piccato a 520nm ed emette a 460nm, perciò sul
microscopio è montato un particolare filtro che seleziona tali lunghezze d’onda
tra quelle emesse dalla lampada a mercurio. Misurando la variazione di
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fluorescenza nel tempo, è possibile misurare le variazioni nella concentrazione
di ioni Ca2+ nella cellula.
Le misure sono state effettuate in diverse condizioni con la proteina batterica
HypF non patogena ma che può formare aggregati amiloidi se trattata. Uno
degli obiettivi di questa ricerca è infatti dimostrare che è lo stato di
aggregazione e non la proteina stessa a determinarne la tossicità.
Abbiamo trattato le cellule (neuroni estratti da cervelletto di ratto di 7 giorni)
con:
1. Soluzione fisiologica esterna standard + proteina in concentrazione 0,2
µM aggregata per 24h
2. Soluzione fisiologica esterna a 0 calcio + proteina 0,2 µM
3. Soluzione fisiologica esterna con Cadmio 50 µM + proteina 0,2 µM
Le stesse prove sono state ripetute con diverse concentrazioni delle proteina
(doppia e decupla) e con l’HypF fatta aggregare per 48 h.
La soluzione fisiologica standard è composta da: NaCl 135mM, KCl 54mM,
CaCl2 1,8mM, MgCl 2 1mM, Hepes 5mM, Glucosio 10mM, NaOH 2mM. Il PH della
soluzione è 7,4.
I risultati sono riportati e analizzati nei seguenti grafici che riportano alcune
delle prove eseguite. Un unità sull’ascissa corrisponde a 0,5 secondi mentre in
ordinata è riportata l’intensità della fluorescenza in unità arbitraria.
Il grafico evidenzia un rapido aumento della concentrazione del calcio. Si può
ipotizzare che la proteina crei nel giro di pochi secondi un nuovo canale nella
membrana che permette l’ingresso incontrollato di ioni calcio.
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Aumentando la concentrazione della proteina notiamo un cambiamento nella
“coda” del grafico dettata da una maggior permanenza di calcio nella cellula.
Questo può dipendere da una quantità di calcio da smaltire superiore alla
capacità delle pompe del calcio, di conseguenza il tempo di smaltimento sarà
maggiore.
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Possiamo notare che un ulteriore aumento della concentrazione provoca anche
un ancora maggiore allungamento del tempo di smaltimento degli ioni calcio.
Abbiamo effettuato due prove di controllo con soluzione fisiologica a 0 calcio e
soluzione fisiologica con cadmio.
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La prima ha rivelato che la proteina non ha effetto: questo significa che
l’aumento di calcio rilevato nelle prime prove deriva da un ingresso di calcio
nella cellula dall’esterno, e non da un rilascio interno degli istori. Inoltre, il
cadmio blocca i canali al calcio endogeni del neurone,. Il fatto che la reazione
avvenga comunque indica che le proteine funzionano generando un nuovo
canale e non inducendo l’ingresso di calcio tramite i normali canali endogeni.
♦ Tecnica del Patch Clamp
Il patch clamp è un metodo per la registrazione delle debolissime correnti
ioniche che fluiscono attraverso i canali voltaggio-dipendenti della membrana
cellulare. Consiste nell’isolare elettricamente un frammento (patch) di
membrana e nel registrare la corrente che vi passa attraverso. Per fare questo
la punta di un microelettrodo di vetro riempito con una soluzione salina viene
portato a contatto con la membrana della cellula. Applicando una leggera
suzione si crea un sigillo (la resistenza del sigillo è dell’ordine dei GΩ). A
questo punto si procede a rompere la membrana. Il frammento di membrana
ora contenuto nell’elettrodo è rappresentabile con un circuito RC. La membrana
cellulare è assimilabile a un conduttore elettrico con resistenza Rm e capacità
Cm.
Rm dipende dal numero e dalla permeabilità dei diversi canali ionici. Cm dipende
invece dalle proprietà del doppio strato fosfolipidico, che è assimilabile alle due
armature di un condensatore.
La corrente raccolta dal microelettrodo viene inviata ad un amplificatore e poi
registrata. Variando i valori di potenziale all’interno della pipetta è possibile
studiare le caratteristiche elettriche di diversi canali voltaggio-dipendenti,
attivati da stimoli elettrici o chimici.
L’esperienza da noi osservata prevedeva la registrazione di correnti al Cloro. In
particolare abbiamo fornito il neurotrasmettitore GABA al suo recettore
specifico, stimolandolo. L’attacco del neurotrasmettitore al suo recettore
provoca l’apertura del canale, l’entrata di ioni cloro e la conseguente
iperpolarizzazione della membrana.
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Modello tridimensionale del Recettore GABA
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