Premessa
Un buon funzionamento dei processi di memoria reca vantaggi a
ogni aspetto della vita di un individuo: facilita le relazioni sociali,
aumenta la possibilità di far carriera, determina il grado di affidabilità di una persona e arricchisce l’identità personale di molti ricordi
dell’esperienza passata. Pensate a come sarebbe la vostra vita se non
foste capaci di riconoscere il volto di un familiare o una situazione
di pericolo; se non sapeste ritrovare la strada di casa o rievocare il
nome di vostro fratello! E vi siete mai meravigliati della vostra capacità di ricordare episodi accaduti molto tempo fa, della vostra difficoltà a ricordare le domande di un esame sostenuto il giorno prima
o della facilità con cui avete ripreso ad andare in bicicletta dopo
tanti anni? Se l’avete fatto, in ognuna di queste occasioni avrete certamente riconosciuto – almeno implicitamente – il ruolo determinante che i processi di memoria ricoprono nella vostra vita. Dal
punto di vista dello scienziato, poi, è difficile immaginare una componente della cognizione umana più importante della memoria.
Senza memoria, altre fondamentali funzioni cognitive – come l’apprendimento, il ragionamento o il linguaggio – sarebbero impossibili. Ma che cosa significa ricordare? La cultura in cui viviamo ci ha
insegnato a pensare alla memoria come a un muscolo, forte o debole che, se esercitato, funziona bene, altrimenti perde colpi. In realtà,
nessuno possiede una memoria che è sempre buona o cattiva. Ciascuno di noi ricorda meglio certe cose e peggio altre e questo dipende da così tanti fattori che parlare di “buona memoria” o di “cattiva
memoria” diventa fuorviante.
Avrei voluto intitolare questo libro “La memoria non esiste”, perché è esattamente questo il filo conduttore del lavoro (e delle mie
lezioni di psicologia della memoria). Da più di un secolo ormai gli
scienziati si occupano del ricordo e dell’oblio, eppure solo negli ultimi vent’anni lo studio della memoria è andato incontro a cambiamenti sensazionali e ha fatto enormi progressi, il più importante dei
quali consiste nell’aver demolito la leggenda che la memoria sia una
facoltà unitaria della mente e aver insediato, al suo posto, l’idea che
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quell’entità astratta chiamata memoria sia invece una costellazione
di processi e, forse, di strutture e sistemi separati. Di questi processi
– e dei recenti progressi scientifici nell’ambito della psicologia della
memoria – tratta questo libro. Ovviamente, in un centinaio di pagine non era possibile affrontare nel dettaglio le numerosissime –
seppur fondamentali – questioni sollevate dagli studiosi dei processi di memoria. Come fare quindi una scelta equilibrata che non penalizzasse la profondità a favore di un’apparente semplicità? Dopotutto, chiunque può divulgare la scienza semplificandola oltre misura. Le strade, a mio avviso, erano due: avrei potuto operare chirurgicamente, con certosina precisione, numerosi piccoli tagli su
ogni grande capitolo della psicologia della memoria e mantenere la
struttura classica dei testi di memoria, con un certo numero di
grandi temi affrontati in maniera modulare (tanto per adeguarsi al
nuovo ordinamento didattico), oppure avrei potuto tentare un rivolgimento dell’approccio classico, dando alla trattazione una
struttura circolare che vedesse crescere gli argomenti su se stessi, insieme in ampiezza e profondità. Ho scelto questa seconda strada. Vi
accorgerete presto che gli argomenti ritornano più volte nella trattazione, e ogni volta hanno un tassello in più, di natura teorica o
metodologica. Vi accorgerete anche che il libro cresce gradualmente in complessità. Data questa struttura, alcuni argomenti ormai
classici della psicologia della memoria (memoria di lavoro, strategie
di memoria, organizzazione, memoria visiva e memoria verbale,
mnemotecniche) non trovano posto come paragrafi separati, il che
non implica che i concetti relativi a questi temi non siano rilevanti
o che siano stati volutamente tralasciati; soltanto, essi non sono stati esplicitamente inclusi in un paragrafo o in una sezione ad hoc –
come di solito succede – e compaiono piuttosto all’interno di sezioni che trattano temi più ampi (cfr., ad esempio, il par. 5.1).
Le tre parti nelle quali è suddiviso il libro rappresentano, rispettivamente, gli oggetti della memoria (Parte prima), le misure del ricordo (Parte seconda) e le spiegazioni dei processi di memoria (Parte
terza). Entro ciascuna di queste parti ritroverete gli stessi grandi
temi della psicologia della memoria, solo che per ogni parte il punto di vista da cui guardavate è cambiato e il mosaico si è arricchito
di qualche nuovo tassello. Ho fatto del mio meglio per rendere
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comprensibili alcuni concetti sottili e complessi senza che la loro essenza andasse perduta. Spero di esserci riuscita.
Il lettore di questo libro è lo studente, che da profano deve diventare esperto. Per riuscirci, non potrà accontentarsi di leggere questo
libro; dovrà leggere gli articoli e i libri sui quali si basa questo libro.
Nella sua strada verso la costruzione dell’expertise questo testo potrà
essergli di aiuto come introduzione e/o commento ai lavori originali.
I corsi di insegnamento del nuovo ordinamento didattico hanno
reso inadeguati e obsoleti i programmi d’esame che includevano testi di base (manuali) ampi e approfondimenti monografici “avanzati”. Quali caratteristiche dovrebbe quindi avere un “buon testo” di
base per i nuovi corsi? Dovrebbe innanzitutto essere di facile lettura, ma non generico o, peggio, divulgativo. Dovrebbe rappresentare
un primo incontro con contenuti specifici del corso di studio, con
un nuovo stile didattico, e guidare lo studente come una bussola fa
col viaggiatore. Per essere “saliente”, dovrebbe affrontare a un certo
livello di dettaglio e con chiarezza pochi argomenti fondamentali
del settore di studio, consegnando allo studente gli strumenti concettuali necessari per comprendere i fenomeni di base, anche nell’eventualità che egli decidesse di conseguire soltanto il titolo di primo livello e inserirsi immediatamente nel mercato del lavoro. Il
quadro editoriale attuale non sembra ancora includere un tale testo
nell’area della memoria. Spero che questo libro possa colmare, almeno in parte, questa lacuna.
Desidero esprimere la mia profonda gratitudine a Nicola Bruno,
Simona Collina, Cesare Cornoldi e Lara Pelizzon per aver tollerato
la lettura della prima versione del lavoro nel caldo torrido dell’ultima estate. I loro commenti sono stati preziosi.
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