Clemente Rebora «Dall`imagine tesa» CD222

PARTE DODICESIMA
CAPITOLO X
CD222
[Canti anonimi]
L’età dell’imperialismo: le avanguardie (1903-1925)
La poesia, § 8
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Clemente Rebora
«Dall’imagine tesa»
Questo testo, datato 1920, è posto a conclusione dei Canti anonimi, come raccogliendo il senso profondo
del breve libro.
La tensione che caratterizza la poesia di Rebora è qui rappresentata nella sua nudità, in se stessa; diventa anzi attesa spasmodica di un arrivo, del quale non si sa nulla, del quale non si sa neppure se veramente
si verificherà. È la stessa tensione dell’attesa che determina la possibilità che qualcosa accada: un fatto
che venga a dare un senso all’attesa e alla tensione. Si è voluto spesso vedere in questo testo un annuncio
della imminente conversione di Rebora al cattolicesimo, che però sarebbe in realtà avvenuta parecchi anni più tardi. Più semplicemente la conversione avrebbe rappresentato una risposta al bisogno di significato e di valore presente in questa poesia. Ma la tensione di essa sta proprio nel non ricevere nessuna risposta, nel non aspettare nulla in particolare; sta nell’assolutezza del bisogno espresso, e nel suo porsi come garanzia paradossale di una risposta appagante. E perciò è ancor meno nel giusto chi ipotizza che
l’attesa riguardi un appuntamento d’amore.
Dal punto di vista formale si noti il ricorso insistito all’*anafora per esprimere la tensione dell’attesa:
«non aspetto nessuno» ai vv. 4, 9 e 13 e «verrà» ai vv. 15, 17, 19, 21, 23 e 25 (con ritorni periodici a versi
alterni).
da C. Rebora, Le poesie, a cura di G.
Mussini e V. Scheiwiller, Garzanti,
Milano 1988.
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metrica Vari metri brevi (dal quinario all’ottonario) liberamente alternati, con rime.
1-13 [A partire] dal pensiero (imagine = immaginazione)
teso [: concentrato] studio con attenzione (vigilo) ogni
singolo attimo (l’istante) con la forza (con imminenza) dell’ (d’ = di) attesa – e non aspetto nessuno: nell’ombra piena di tensione (accesa; o forse ‘illuminata’) spio [: osservo con attenzione] il campanello che
diffonde (spande) in modo non avvertibile (impercettibile) un suono leggerissimo (un polline di suono) – e non aspetto nessuno: [stando] fra quattro mu-
Dall’imagine tesa
Vigilo l’istante
Con imminenza di attesa –
E non aspetto nessuno:
Nell’ombra accesa
Spio il campanello
Che impercettibile spande
Un polline di suono –
E non aspetto nessuno:
Fra quattro mura
Stupefatte di spazio
Più che un deserto
Non aspetto nessuno:
Ma deve venire,
Verrà, se resisto
A sbocciare non visto,
Verrà d’improvviso,
Quando meno l’avverto:
Verrà quasi perdono
ra meravigliate (stupefatte) della vastità (di spazio)
maggiore di quella di (più che) un deserto [io] non
aspetto nessuno. Alla tensione dell’attesa corrisponde la coscienza di non aspettare nessuno, di vivere
un’attesa assoluta. Imminenza: è l’avvicinarsi di qualche cosa che sta per succedere o giungere; qui il termine è usato in modo assai originale a indicare che
l’attesa è essa stessa, per la sua intensità, qualcosa
che sta per succedere, quasi per provocare appunto
un arrivo. Un polline di suono: la tesa *metafora allude all’impressione che già si senta l’alone del suono del campanello a causa della tensione con la qua-
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
le lo si aspetta. Fra quattro mura...un deserto: a essere stupito della grandezza della stanza è ovviamente
il poeta, che proietta anche in questo caso sugli oggetti circostanti gli effetti della propria ansia; e la
stanza gli sembra grande come un deserto perché
percepisce il vuoto angoscioso che c’è intorno, quel
vuoto cui corrisponde l’attesa e che l’arrivo dovrebbe riempire.
14-26 Ma deve venire, verrà, se continuo (resisto) a fiorire
(sbocciare) non visto [: nell’intimo], verrà d’improvviso, quando lo aspetto (I’avverto; propriamente: ‘lo percepisco’) meno: verrà come (quasi) riscatto (perdono)
[G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE DODICESIMA
CAPITOLO X
L’età dell’imperialismo: le avanguardie (1903-1925)
La poesia, § 8
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di tutto ciò che (di quanto) porta alla morte (fa morire)
[: spiritualmente], verrà a rendermi (farmi) sicuro (certo) del suo e [del ] mio valore (tesoro), verrà come consolazione (ristoro) delle sue e [delle] mie sofferenze (pene), verrà, [anzi] forse già sta venendo (viene) il suo
sussurro (bisbiglio). Si passa qui alla certezza dell’arrivo e alla definizione delle sue caratteristiche, pur nell’ignoranza di che cosa esso sia. Ciò che deve arrivare è
una consolazione delle sofferenze (vv. 23 sg.), un riscatto
Di quanto fa morire,
Verrà a farmi certo
Del suo e mio tesoro,
Verrà come ristoro
Delle mie e sue pene,
Verrà, forse già viene
Il suo bisbiglio.
del male (vv. 19 sg.), una valorizzazione del soggetto e
dell’incontro con esso (vv. 21 sg.). Il poeta può favorire
tale arrivo, e anzi determinarlo, insistendo nella tensione e nell’attesa (vv. 15 sg.). Si noti, tra le numerose altre, almeno la *rima deserto (v. 12) : I’avverto (v. 18) :
farmi certo (v. 21), costruita in un *climax ascendente,
dal nulla alla percezione dell’arrivo, alla certezza del possesso. Ma deve venire: «I’avversativa [ma] spezza la poesia in due parti esattamente uguali: nessuno è atteso,
esiste solo l’attesa (prima parte); ora l’attesa rende imminente una presenza imprevedibile (seconda parte)»
(Boarini-Bonfiglioli). Resisto: è l’aspetto agonistico dell’etica di Rebora, legata al volontarismo dell’ambiente
vociano. Sbocciare non visto: è la tensione nascosta e
solitaria che caratterizza l’attesa. Bisbiglio: è ‘un parlare assai basso, quasi non udibile’; un indizio di presenza (si noti l’improvviso passaggio dal futuro al presente
al v. 25) che richiama i vv. 7 sg.
guida alla lettura
La rappresentazione formale della tensione del soggetto
Come negli altri testi di Rebora, vi è anche qui una grande tensione psicologica che diviene tensione espressiva, determinando i caratteri formali della composizione. L’intensità della concentrazione del soggetto
è manifestata da numerosi segnali: «tesa» (v. 1), «vigilo» (v. 2), «accesa» (v. 5), «spio» (v. 6), «stupefatte» (v. 11), «deve venire» (v. 14), «resisto» (v. 15). La tensione del soggetto si proietta inoltre sugli oggetti
circostanti, caricandoli di valore, così da produrre, soprattutto nella
seconda parte del testo, l’impressione che dal desiderio stesso che
qualcosa accada possa effettivamente derivare un evento positivo e risolutivo. Esemplare è a questo proposito l’espressione «polline di suono» (v. 8), dato che il polline rappresenta un’idea di fertilità e una promessa di vita; tema che viene ripreso e compiuto nel successivo «sbocciare» (v. 16), riferito al poeta: come se il polline del suono abbia infine fecondato l’attesa.
Il tema dell’anonimato
La tensione spasmodica del soggetto non esclude una sua ricerca
di anonimato, cioè il bisogno di annullare la propria soggettività
nella condizione comune della massa, dell’umanità nel suo insieme.
È la tematica che anima, fin dal titolo, i Canti anonimi, nei quali si
esprime il bisogno di sacrificare l’io al fine di favorire la realizzazione dei valori verso i quali esso tende. In questa poesia il tema è
esplicitato soprattutto ai vv. 15-16: «Verrà, se resisto / a sbocciare non visto».
esercizi
Analizzare e interpretare
1
Sottolinea gli elementi stilistici (progressione dei tempi verbali, sostantivi, *anafore) che esprimono la tensione dell’attesa.
2
Di quale tipo di attesa si tratta, se il poeta dice di non aspettare nessuno?
3
Come viene qualificata la misteriosa presenza?
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
[G. B. PALUMBO EDITORE]