colon irritabile e disturbi gastrointestinali

COLON IRRITABILE
E DISTURBI GASTROINTESTINALI
FUNZIONAMENTO, SIGNIFICATI E ASPETTI PSICOSOMATICI
Elisa Molino
Psicologa
Società Italiana di Analisi Bioenergetica (S.I.A.B.)
ottobre 2015
INDICE
INTRODUZIONE
1. I DISTURBI GASTROINTESTINALI
PREMESSA SULLE DEFINIZIONI DI "ORGANICO" E "FUNZIONALE"
DISTURBI GASTROINTESTINALI FUNZIONALI E COLON IRRITABILE
LA NECESSITA' DI UNA VISIONE MULTIFATTORIALE NELLA COMPRENSIONE DEI FGID
I FATTORI IMPLICATI
ALL'ORIGINE DEL MALESSERE
2. ASPETTI PSICHICI E CORPOREI NEI DISTURBI GASTROINTESTINALI
CARENZE AFFETTIVE E BISOGNO INSODDISFATTO
SENTIMENTI REPRESSI E SOMATIZZATI
ANGOSCIA
IPOCONDRIA
DEBOLEZZA
LO SFORZO DI SUPERARE SE STESSI
IL DITO PUNTATO: LA VITA CON GLI OCCHI DEGLI ALTRI
DEPRESSIONE
3. VIAGGIO NEL SISTEMA DIGERENTE
ANATOMIA, FUNZIONAMENTO E SIGNIFICATI
LA BOCCA E L'ESOFAGO
LO STOMACO
IL VENTRE
UN VENTRE IN TENSIONE: STRESS E COLON IRRITABILE
VENTRE, SESSUALITA' E FEMMINILITA'
PANCIA E SCHIENA
4. IL NUTRIMENTO
FAME
ASSIMILAZIONE E NUTRIMENTO
RESPIRAZIONE E DIGESTIONE
COME LA RESPIRAZIONE INFLUENZA LA DIGESTIONE
5. LA CURA ATTRAVERSO IL GROUNDING
MICROREGOLAZIONI E DIFFERENZIAZIONE DEGLI STATI AFFETTIVI: IL PRIMO GROUNDING
GROUNDING
L'ESPANSIONE DEL RESPIRO
IL PAZIENTE PSICOSOMATICO IN TERAPIA
6. UN PICCOLO STUDIO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Questa relazione si propone di comprendere cosa si lega allo sviluppo di un disturbo psicosomatico e in
particolare alla sindrome del colon irritabile, addentrandosi nella comprensione delle modalità fisiche,
affettive e comportamentali messe in atto dai soggetti con questi disturbi, partendo dalle evidenze emerse in
letteratura, attraverso l'esperienza clinica e di ricerca, per giungere alla comprensione delle origini e del
funzionamento di questo "atteggiamento psicosomatico".
L'identità mente-corpo costituisce una bussola per comprendere i processi implicati nelle reazioni corporee e
nei sintomi: così il funzionamento della nostra pancia si riflette, per esempio, in una determinata modalità
respiratoria e in un determinato modo di tenere la schiena e a loro volta le tensioni, il portamento e i sintomi
del corpo, in ogni sua parte, comunicano ciò che sentiamo ed esprimiamo a livello affettivo.
Il funzionamento delle viscere parla di noi, delle nostre origini; in questo si avvertono le tracce lasciate
dall'esperienza; da qui emergono i bisogni insoddisfatti, i desideri e le risorse che possiamo liberare.
I disturbi della pancia hanno una natura intrinsecamente preverbale e pregenitale, ossia derivano da una
ferita che si colloca in una fase precocissima dell'infanzia del bambino.
Mi focalizzerò su determinati aspetti psicologici e fisici ricorrenti in soggetti con disturbi gastrointestinali,
con particolare riferimento alla sindrome del colon irritabile.
Seguirà un "viaggio" all'interno del sistema digerente che verrà osservato dal punto di vista anatomico e
fisiologico, per far luce sulle sue modalità di funzionamento e su come queste riflettano il proprio mare
affettivo interiore.
Verrà in seguito introdotto l'aspetto del "nutrimento", inteso come nutrimento affettivo, alimentare e
respiratorio, legato alle caratteristiche preverbali e ai disturbi funzionali gastroenterici.
Verrà in seguito approfondita la dimensione della cura, una cura che abbraccia la totalità dell'individuo e che
tende ad una comprensione sia in termini di consapevolezza che di ascolto di sè e di apertura a sè e al
mondo. L'analisi bioenergetica si apre all'esperienza piena del contatto e del lavoro corporeo, che muovono
al cambiamento e all'integrazione della persona nella sua complessità psico-fisica.
Concludo con i risultati di un questionario che ho elaborato e somministrato con soddisfazione ad un piccolo
campione di soggetti con colon irritabile e altri disturbi dell'apparato gastrointestinale.
1.
I DISTURBI GASTROINTESTINALI
PREMESSA SULLE DEFINIZIONI DI "ORGANICO" E "FUNZIONALE"
L'analisi bioenergetica di Alexander Lowen considera tutte le malattie come psicosomatiche. Lowen
individuò negli atteggiamenti dei pazienti, che vanno a formare la loro struttura caratteriale, la
predisposizione a determinate malattie. Se ne deduce che tra i disturbi funzionali e quelli organici ci sia un
filo conduttore comune e una comune origine, benchè sia importante tenere presente la differenza della
gravità di un colon irritabile da quella di una colite ulcerosa o di un morbo di Crohn: i risvolti di una
malattia organica, rispetto ad una funzionale, sono ben più drammatici. In letteratura si fa a volte confusione
sull'utilizzo del termine psicosomatico e il significato non è sempre univoco. Per chiarezza espositiva,
utilizzerò il termine "funzionale" con riferimento ai disturbi somatici senza evidenze organiche e il termine
"psicosomatico" per i disturbi sia senza che con evidenze organiche.
DISTURBI GASTROINTESTINALI FUNZIONALI E COLON IRRITABILE
I disturbi gastrointestinali funzionali (FGID) sono un insieme di sintomi gastrointestinali, non spiegabili
dal punto di vista medico, con andamento cronico o ricorrente. Essi sono caratterizzati da una disregolazione
dell'asse cerebro-intestinale e della sua relazione con i fattori psicosociali. I sintomi si possono estendere
dall'esofago all'ano (Drossman, 2006). Il termine "funzionale" sta a indicare l'assenza di una spiegazione
organica: non è presente cioè alcuna anomalia strutturale.
Tra i FGID, il disturbo funzionale per eccellenza, ossia quello più comune e ricorrente, è la sindrome del
colon irritabile (IBS: Irritable bowel syndrome), chiamata anche colite spastica, nervosa o mucosa. Si tratta
di un disordine del ritmo della motilità intestinale a livello del piccolo e del grosso grosso intestino, in
assenza di un'alterazione organica, caratterizzato da dolore addominale alleviato dalla defecazione, diarrea e
costipazione, passaggio di muco, gonfiore e distensione addominale. Questi soggetti sperimentano
un'ipersensibilità viscerale.
Nel periodo in cui si presentano tali sintomi, si alternano stipsi e diarrea. I sintomi sono intermittenti, con
esacerbazione nei momenti di stress.
In particolare, i distretti colpiti e i sintomi corrispondenti nella sindrome sono i seguenti.
Esofago: globo, disfagia funzionale, dolore e bruciore retrosternale.
Stomaco e duodeno: dispepsia funzionale e/o aerofagia, dolore e/o gonfiore addominale.
Retto e pavimento pelvico: evacuazione difficoltosa, incontinenza anale, dolore perineale.
Vie biliari: dolore addominale nei quadranti superiori.
Chi soffre di colon irritabile, spesso sperimenta sintomi che si estendono anche ad altri distretti, al di là
dell'apparato gastrointestinale.
Questa sindrome colpisce il 20% della popolazione in Occidente, in prevalenza donne.
LA NECESSITA' DI UNA VISIONE MULTIFATTORIALE NELLA COMPRENSIONE DEI FGID
Ad oggi, la fisiopatologia dei FGID risulta complessa. Le ricerche e le evidenze degli ultimi anni hanno fatto
luce sulle implicazioni della pancia nella determinazione del benessere psico-corporeo.
Il solo modello medico risulta riduttivo e fornisce una visione parziale di questi disturbi, etichettati infatti
come medically unexplained1.
A questo proposito, la teoria dei due cervelli di Michael D. Gershon (1998) ha consentito di aprire le porte
ad una comprensione più completa di questi fenomeni, individuando un asse pancia-testa e scoprendo il
ruolo chiave che riveste l'intestino dal punto di vista sia fisico che psichico.
Drossman afferma "non è più sostenibile razionalmente il tentativo di discriminare i fattori psicologici da
quelli fisiologici nella formazione dei FGID; questi disturbi devono essere concepiti in termini di
disregolazione delle funzioni cerebro-intestinali"2.
L'apparato gastrointestinale è quello che più di ogni altro risulta suscettibile allo stress e alle variabili psicosociali, soprattutto in persone con determinate caratteristiche di personalità.
I FGID si situano nell'interfaccia tra medicina e psicologia. Il loro significato e la loro origine non sono
riconducibili ad una sola causa, ma derivano dall'interazione di differenti fattori che si possono comprendere
solo nel momento in cui si prende in considerazione la persona nella sua complessità psico-fisica. Il modello
che va in direzione di una comprensione più ampia di questi disturbi è quello bio-psico-sociale (Engel,
1977), che considera la malattia come un'entità multifattoriale.
I FATTORI IMPLICATI
Le evidenze attuali hanno rilevato l'interazione fra diversi fattori nella genesi dei disturbi funzionali
gastrointestinali, la cui entità varia da paziente a paziente. Questi fattori acquistano significato nel momento
in cui non vengono considerati separatamente ma in reciproca interazione, in quanto si influenzano e si
promuovono l'un l'altro nello sviluppo e nel mantenimento del disturbo.
E' bene premettere che il disturbo colpisce le donne con una prevalenza da 2 a 3 volte maggiore rispetto ai
maschi. Inoltre, in genere le donne hanno intestini più pigri rispetto ai maschi; la medicina non è riuscita a
trovare ancora una spiegazione a questo (probabilmente la spiegazione medica da sola non basta).
Dal punto di vista fisico si riscontrano spesso: intolleranze e allergie alimentari, cattiva alimentazione e stile
di vita, meccanismi neuro-ormonali alterati, disturbi della motilità, alterazione della soglia del dolore e di
altre sensazioni viscerali, infiammazioni e infezioni intestinali3.
Dal punto di vista psichico sono implicati differenti fattori, tra i quali: stress psicologico, disturbi dell'umore
(depressione), disturbi d'ansia, disturbi del sonno, disturbi di personalità, eventi traumatici, comportamento
alterato di malattia (ansia per la salute, ipocondria) e una storia di abuso fisico e sessuale nell’infanzia e
nell’adolescenza. Nello specifico, si evidenziano caratteristiche psicologiche quali: perfezionismo, difficoltà
ad esprimere in modo diretto esplicito e verbale il proprio disagio psicologico, conflitto del ruolo di genere
per quanto riguarda le donne (che si collega alla definizione di sindrome delle donne in carriera 4), tendenza
ad auto colpevolizzarsi, self-silencing scheme, ossia uno schema di comportamento caratterizzato dalla
tendenza ad auto zittirsi e ad assecondare le esigenze altrui (Jack & Dill, 2006) 5.
1 DA Drossman, 2001, Sindrome dell'intestino irritabile: fino a che punto si fa passare tra le indagini?. Gastroenty, 121 (6).
2 BN Gayes, DA Drossman, 1999, Il ruolo dei fattori psicosociali nella sindrome del colon irritabile. Best Pres, 13 (3).
3 Levy Y. et al., 2006, Psychosocial aspects of the functional gastrointestinal disorders. Gastroenterology, 130, 1447-1458.
4 http://www.istitutobeck.com/colon-irritabile-psicoterapia.html
5 Jessica R. pagina, Heather B. Stevens, e Shelley L. Galvin, 1996, Relationships between depression, self-esteem, and selfsilencing behaviour. Journal of Social and Clinical Psychology: Vol. 15.
ALL'ORIGINE DEL MALESSERE
I disturbi funzionali a carico dell'apparato digestivo si legano a caratteristiche di personalità che ricorrono in
tutti gli altri disturbi psicosomatici funzionali. La fragilità della pancia sta alla base di una fragilità
psicologica che origina da una ferita profonda che si colloca nella primissima infanzia del bambino e che lo
espone allo sviluppo di sintomi somatici di varia natura.
La "psicologia del sè" parla di frammentazione psicosomatica o dissociazione (Schore, 2005), come se il
corpo e la mente della persona si fossero irrevocabilmente separate a causa di un'esperienza di perdita del sè
(Orange et al., 1997).
Emerge un corollario di fattori psicologici che si legano l'un l'altro nella genesi dei disturbi psicosomatici
dell'apparato digestivo (sia funzionali che organici).
Tra questi fattori, la dipendenza affettiva ha un ruolo chiave. Freud collegava i sintomi somatici dei
disturbi funzionali gastrointestinali a conflitti risalenti alle fasi di sviluppo pregenitale. Franz Alexander,
padre della psicosomatica, individuava nei soggetti con disturbi gastrointestinali un intimo bisogno di essere
nutriti e amati e da qui lo sviluppo di un comportamento dipendente. Egli aveva identificato il conflitto di
dipendenza-indipendenza, legato a bisogni orali frustrati e presente in molti soggetti con disturbi digestivi6.
Lowen ravvisò come precursore dello sviluppo delle coliti mucose e ulcerose, relazioni di attaccamento
insicure, con scarsa consapevolezza di sè e un sè corporeo debole, individuando una struttura orale,
caratterizzata da dinamiche di dipendenza e bisogno di nutrimento.
Pierre Marty e la scuola di Parigi identificarono la cosidetta "personalità psicosomatica", caratterizzata
alessitimia e dipendenza. La dipendenza affettiva si lega alla difficoltà a identificare, gestire e contenere le
proprie emozioni e i propri bisogni. Questa difficoltà nella regolazione emotiva e nell'elaborazione mentale
delle proprie vicende affettive si chiama alessitimia. L'alessitimia è stata definita da Sifneos e Nemiah come
"assenza di parole per le emozioni" (1970): costituisce un massiccio meccanismo di difesa, caratterizzato da
"anestesia emozionale", difficoltà a riconoscere, esplorare ed esprimere i propri vissuti interiori, difficoltà a
distinguere i sentimenti dalle sensazioni somatiche 7. Le emozioni non elaborate vengono scaricate a livello
corporeo, somatizzate; la difficoltà a riconoscerle e digerirle non consente di contenerle. Essendo mancata
un'adeguata alfabetizzazione emotiva, il nutrimento e il contenimento affettivo durante l'infanzia, l'individuo
matura con questa fragilità e questo vuoto di fondo. Il suo bisogno di nutrimento fa a gara con la paura del
rifiuto e della delusione.
Dipendenza e alessitimia sono dovute all'inadeguata relazione madre-bambino, che ha portato alla mancanta
strutturazione, nel bambino, di un suo mondo interno e ad un mancato distacco dalla madre. Infatti, nella
vita di queste persone, si rilevano spesso traumi e relazioni precoci inadeguate; secondo Gaddini, ciò
porta ad una mancata trasformazione delle funzioni fisiologiche in funzioni mentali, per cui l'individuo
utilizzerà i processi dell’incorporazione del cibo, della sua assimilazione, dell’evacuazione come forma di
relazione e di assimilazione di esperienze relazionali; non viene raggiunta un’integrazione delle esperienze
corporee: la fantasia nel corpo rimane non elaborabile, come se fosse una parte di sé scissa8.
Il corpo si fa così carico dei contenuti psichici non riconosciuti; in questo modo perde la regolarità delle sue
funzioni, per un eccesso di contenuti difficili da digerire. La difficoltà a riconoscere il rapporto fra stress e
sintomi somatici porta a temere le reazioni corporee che ne derivano. Lo sviluppo naturale di questo
fenomeno è l'ansia per la salute e le preoccupazioni ipocondriache.
E' stato appurato come l'amplificazione somatosensoriale sia caratterizzata da ipervigilanza e aumentato
focus attentivo verso le sensazioni corporee, dalla tendenza a selezionare e a prestare attenzione a
determinate reazioni corporee e dalla propensione a rispondere a tali sensazioni con emozioni e pensieri che
le rendono ancora più intense e disturbanti9. Questi pazienti quindi, avendo incanalato e cronicizzato nel
corpo determinate esperienze infantili negative e non avendole elaborate, sviluppano così un'attenzione
selettiva oltre che un'ipervigilanza nei confronti di sensazioni e sintomi legati a quelle esperienze. E'
dimostrato inoltre che ansia, stress, attenzione selettiva e ricordi di esperienze negative possono potenziare
6 Alexander F., 1950, Psychosomatic Medicine, New York: Norton Ed.
7 Marty P., De M'Uzan M. & David C., 1971, L'indagine psicosomatica. Torino: Boringhieri Ed.
8 Gaddini R., 1970, Medicina psicosomatica in pediatria. Minerva Medica.
9 Barsky, A. J., 1979, Patients who amplify bodily sensations. Annals of Internal Medicine, 91.
la percezione di stimoli dolorifici10.
Il pensiero catastrofico e la desiderabilità sociale contribuiscono all'amplificazione somatosensoriale e
mediano il rapporto fra depressione e dolore. Depressione e pensiero catastrofico sono correlate nei pazienti
con FGID, mentre nei pazienti con IBS è stata riscontrata un'alta desiderabilità sociale11.
Tutte queste caratteristiche sopra riportate rimandano ad una fragilità che predispone allo sviluppo di
disturbi d'ansia e depressione. La comorbilità tra questi disturbi e la presenza di FGID varia dal 40% al
70%12.
Tra i pazienti con FGID è stata rilevata una maggiore prevalenza di abusi fisici e sessuali, fino al 67% in
America e al 32% in Europa13. Da qui Drossman ha ipotizzato che l'abuso possa portare ad un'alterazione
della soglia di sensibilità viscerale, oltre che a senso di colpa, disadattamento e ipervigilanza precoce verso il
malessere fisico14.
2. ASPETTI PSICHICI E CORPOREI NEI DISTURBI
GASTROINTESTINALI
CARENZE AFFETTIVE E BISOGNO INSODDISFATTO
I disturbi psicosomatici dell'apparato gastrointestinale trovano la loro origine in situazioni infantili spesso
contrassegnate da instabilità, carenza affettiva, conflitto o abuso, circostanze più o meno rilevanti per il
bambino, che non gli hanno consentito di poggiare su un terreno affettivo stabile, di poter contare su un
attaccamento sicuro con le proprie figure genitoriali, che gli consentisse di esprimere i propri bisogni
partendo dal proprio sentire. Il bambino non è quindi stato nutrito affettivamente in modo adeguato o
opportuno (al di là della gravità effettiva delle circostanze legate al suo sviluppo).
In generale, un'infanzia deprivata dalle qualità affettive essenziali non consente di sviluppare delle buone
radici ed un senso di fiducia e sicurezza interiori; ciò lascia il soggetto maggiormente esposto e in balia degli
eventi emotivi: nel suo mondo interiore ogni piccolo mattone può essere spazzato via dall'impetuosità
dell'emozione. Allo stesso modo l'organismo viene minato nello sviluppo di una buona regolarità nelle sue
funzioni.
Per carenze affettive non si intendono necessariamente genitori assenti o non disponibili, ma una carente
sintonizzazione sui bisogni reali del bambino, un ascolto e un dialogo autentico carenti in senso affettivo,
che va al di là del nutrimento fisico e del "non far mancare nulla" al proprio bambino dal punto di vista
oggettivo.
SENTIMENTI REPRESSI E SOMATIZZATI
La repressione dei sentimenti può avere drammatici risvolti sul corpo e va a caratterizzare molto spesso i
disturbi gastrointestinali: il corpo diventa un campo di battaglia. Alla base vi è una grande difficoltà a gestire
e contenere le proprie emozioni, che porta ad alessitimia. Le difese sviluppate non consentono di porre degli
argini per difendere il corpo da questi contenuti. I contenuti affettivi non elaborati vengono quindi scaricati
nel corpo, diventano un "agito corporeo". Il corpo si sovraccarica e somatizza; questo genera stanchezza. I
disturbi gastrointestinali esprimono molto bene ciò che l'individuo non riesce a esternare direttamente.
10
11
12
13
14
Keogh E., Cochran M., 2003, Sensibilità ansia distorsioni cognitive e l'esperienza del dolore. Journal of pain, 3.
Toner et al., 1990, Self-schema in irritable bowel syndrome and depression. Psychosomatic Medicine, 52, 149-155.
Hochstrasser et al. 1996; Ballenger et al. 2001.
Drossman D. A. Et al., 1996, Health status by gastrointestinal diagnosis and abuse history. Gastroenterology, 110.
Porcelli P., Todarello O., 2008, Fattori psicologici e disturbi gastrointestinali funzionali. Roma: Giovanni Fioriti Ed.
Lowen afferma che la negazione/soppressione dei sentimenti diminuisce l'energia e la vitalità corporea ed è
la causa primaria di perdita di potere mentale; la nostra mente spende energia nel bisogno di controllarsi.
Questo bisogno di controllo si lega all'ansia e all'angoscia.
ANGOSCIA
Ansia e angoscia sono alla base della somatizzazione nel nostro cervello emotivo: la pancia. Queste
emozioni si legano ad un mancato distacco, che si può evolvere in un senso di attesa logorante,
un'apprensione, un non riuscire a darsi pace. Ansia e angoscia coprono emozioni sottostanti particolarmente
dolorose, intense e non risolte: conflitti non elaborati.
L'angoscia può essere esperita sentendosi sotto pressione al lavoro e nelle relazioni sociali, oppure essere
anticipatoria e precedere le situazioni.
Può essere presente ansia da prestazione, che deriva dal fatto di proiettare e sostenere un'immagine ideale di
sè e dalla preoccupazione per questa e per il proprio corpo.
Temere, convivere, accettare e integrare i propri stati d'animo, sono le fasi che caratterizzano la direzione del
cambiamento. Le dimensioni dell'angoscia e dell'ansia si legano spesso ad un vissuto profondo di paura e
vergogna. Lavorare sullo stare in contatto con se stessi consente di sciogliere queste emozioni e di portarsi
"fuori" meno carichi di timori e più liberi e tolleranti verso se stessi.
IPOCONDRIA
L'ipocondria è un elemento caratteristico dei soggetti con disturbi funzionali gastrointestinali. Si tratta di un
atteggiamento psichico di costante apprensione per la propria salute e dalla tendenza ansiosa o addirittura
ossessiva a sopravvalutare i minimi sintomi.
Il distacco dalle proprie emozioni -temute- porta ad un bisogno di controllo di queste; ciò genera ansie e
preoccupazioni che convogliano nel corpo; da qui la grande attenzione e la suscettibilità alle proprie reazioni
corporee, fino ad arrivare all'ipocondria. Questa caratteristica si lega ad aspetti quali ipersensibilità viscerale,
fragilità e debolezza. Le persone ipocondriache sono essivamente sensibili al proprio corpo, ne avvertono le
piccole variazioni interne.
Un recente esperimento conferma l'ipersensibilità viscerale e va a smentire la definizione di "malati
immaginari": in questo esperimento, è stato gonfiato un piccolo palloncino all'interno dell'intestino di un
campione di soggetti e sono state osservate le immagini ecografiche dell'attività cerebrale. Solo nei soggetti
con colon irritabile, il palloncino innescava chiare attività di una zona emozionale del cervello dove vengono
elaborati sentimenti negativi; questi pazienti si sentivano a disagio senza capirne il motivo15.
E così nell'esecuzione del test per la valutazione della sensibilità viscerale al dolore, la distensione della
sonda a palloncino nell'ultimo tratto del colon, produce dolore anche a bassissimi volumi nei pazienti con
colon irritabile, rispetto ai pazienti di controllo. L'ipersensibilità appare rapidamente e non gradualmente
rispetto alla distensione della sonda.
Come già citato, Drossman ha ipotizzato che traumi, come abusi fisici e sessuali, possano portare ad
un'alterazione della soglia di sensibilità viscerale e a ipervigilanza precoce verso il malessere fisico16.
Mi viene da ipotizzare che l'ipersensibilità viscerale, caratterizzata da dolore ad una soglia minore del
normale, possa costituire un elemento legato ad una suscettibilità maturata molto precocemente, quando il
bambino sviluppava la sua sensibilità corporea (ossia nei primi giorni di vita o ancor prima nel ventre
materno). In questa fase, la presenza di traumi o episodi percepiti come particolarmente instabili o dannosi
per la propria sopravvivenza, potrebbe non aver consentito una maturazione regolare delle percezioni
corporee e aver innescato nel corpo dei campanelli d'allarme pronti a suonare in caso di "pericolo". Sono
infatti le emozioni negative, di disagio e dolore ad essere innescate immediatamente alla minima
stimolazione. La pancia entra così in stato di allarme al minimo segnale. Un allarme così fortemente radicato
15 Enders G., 2015, L'intestino felice. Venezia: Sonzogno Ed.
16 Porcelli P., Todarello O., 2008, Fattori psicologici e disturbi gastrointestinali funzionali. Roma: Giovanni Fioriti Ed.
si potrebbe collegare ad una fase precoccissima di vita. Ciò andrebbe a minare la stabilità del bambino tanto
da alterare la funzionalità del suo centro vitale, la sede della sua affettività e del suo benessere: la pancia.
Questa spiegazione di un'origine molto precoce rimane una mia personale ipotesi priva evidenze empiriche.
DEBOLEZZA
Il disturbo psicosomatico è il risultato sia di una debolezza corporea, che di una difficoltà a elaborare,
comprendere e manifestare i propri vissuti e le proprie emozioni; questi aspetti sono legati tra loro. La
presenza di debolezza e mancanza di energia rende vulnerabili e porta ad ammalarsi più facilmente.
Keleman definisce le personalità psicosomatiche come "strutture energeticamente collasse".
L'energia viene trattenuta e compressa all'interno del corpo, per esempio nella pancia, tesa in un "groviglio
muscolare". Una struttura corporea energeticamente collassata porta a contrarre l'intestino per avere un senso
di appoggio. La carica energetica e i relativi contenuti emotivi "scomodi" vengono autodiretti e si
consumano all'interno dell'organismo, generando malesseri e stanchezza. Emerge quindi una difficoltà del
soggetto a esprimersi, ad affermarsi, a esternare la propria aggressività e una tendenza a trattenere e chiudere
dentro tutto ciò.
Inoltre, Lowen affermava che la mente spende energia nel bisogno di controllarsi, così ne sottrae al resto
dell'organismo e questo genera stanchezza.
La presenza di paure e timori porta ad una difficoltà a caricarsi energeticamente: le paure bloccano, non
consentendo di accogliere e ricevere, ma anche di "protendersi" liberamente verso l'altro e il mondo; si
riscontra spesso in questi casi un respiro bloccato e debole, che si individua in una difficoltà a riempire il
proprio organismo di ossigeno attraverso una respirazione piena.
Quando l'energia è debole o bloccata, non può fluire spontaneamente in tutto il corpo e non consente quindi
una fluidità nei movimenti, i quali possono apparire non ben coordinati e poco controllati.
L'ipercontrollo blocca e stanca, così come la mancanza di un buon contatto con se stessi non consente di
avere una buona padronanza, che è determinata da un apporto armonico di energia in tutto il corpo, la quale
facilita l'espressione spontanea e la vitalità.
LO SFORZO DI SUPERARE SE STESSI
Lowen considerava le malattie psicosomatiche come un drammatico esaurimento di corpo e mente:
"L'individuo nega questo esaurimento e si sforza di mostrare un'immagine ideale di sè, di conformarsi, lotta
per continuare a funzionare come al solito. Lo sforzo del corpo di superare se stesso è votato al fallimento".
In questa citazione si riassume come la paura di "cadere" e lasciarsi andare possa arrivare a consumare il
corpo, per una resistenza che va oltre le proprie possibilità. Questa resistenza a lasciar andare le tensioni
rappresenta un conflitto irrisolto.
"La lotta e lo sforzo per continuare a funzionare, superando il proprio corpo" di cui parla Lowen si ritrova
spesso in soggetti che da bambini si sono dovuti alzare troppo in fretta sulle loro gambe, hanno dovuto fare
da sè. Ciò si riscontra in uno sviluppo precoce contrassegnato dallo sforzo di superare il senso di perdita.
Questo prematura indipendenza si accompagna ad una fragilità di fondo: l'individuo non matura un adeguato
senso dell'equilibrio, sia fisico che emotivo, e non si sente veramente sicuro sulle proprie gambe.
Diventando indipendente e sopprimendo i suoi intensi sentimenti di desiderio insoddisfatto, egli si rifugia in
una realtà illusoria che si presenta come un'eccessiva indipendenza; ma questo atteggiamento non regge al
peso dello stress.
Lo "sforzo di presentare un'immagine ideale di sè" è un mezzo per ottenere attenzione, interesse e amore.
Quando lo "sforzo" non esprime i propri profondi sentimenti ma risponde alle aspettative esterne,
diventando un mezzo per ottenere approvazione, si rivela insoddisfacente. Il forte bisogno di approvazione,
a lungo andare, blocca le viscere.
Sperimentare il fallimento, a volte, è proprio la via per il miglioramento. Questo "arrendersi" implica
un'accettazione e un lasciarsi andare che porta a ritrovare un contatto profondo con se stessi, senza illusioni,
con meno timore di mostrarsi secondo le aspettative altrui; cadere è un modo per risollevarsi con meno pesi
addosso e con la spontaneità prima perduta. Quando c'è un senso del dovere radicato, è presente rigidità e
difficoltà ad essere spontanei; lottare per funzionare in maniera "adeguata", quando gli standard che ci
poniamo non ci corrispondono, implica uno sforzo assai maggiore e risultati minori rispetto ad un
funzionamento spontaneo; il sovraffollamento di tutti i "dover essere" fa prendere strade molto più lunghe e
faticose di un semplice e sano "io sono". In questo procedere, continuando a "tenere", si cronicizzano le
tensioni del proprio corpo.
E' possibile visualizzare due strade: in una vi è il bisogno di resistere, che allontana dal proprio corpo,
nell'altra l'ascolto di sè che avvicina al corpo, lenisce i sintomi e ridimensiona le aspettative. Quando si
riesce a imboccare la seconda strada, ci si riconosce e ci si ritrova: diventa allora un gesto volontario
d'amore osservare quelle parti che così tanto lavorano sotto sforzo come se non conoscessero altro modo, per
poi ascoltarle e portare loro "compassione". La strada è "mai oltre, ma con il corpo".
IL DITO PUNTATO: LA VITA CON GLI OCCHI DEGLI ALTRI
Dai dati clinici è stato individuato, con una certa precisione, un elemento psicologico implicato nello
sviluppo dei sintomi del colon irritabile: il Self-silencing scheme (Jack & Dill, 2006), ossia uno schema di
comportamento caratterizzato dalla tendenza ad auto zittirsi, ad assecondare le esigenze altrui facendo ciò
che gli altri si aspettano, negando e svalutando i propri pensieri e bisogni. Ciò implica: l’autovalutazione con
gli occhi degli altri piuttosto che dei propri, l’assicurarsi gli affetti mettendo i bisogni degli altri prima dei
propri, inibire l’espressione del sé al fine di evitare i conflitti con possibili perdite affettive e relazionali e
possedere un falso sé che si conforma a certi imperativi sociali.
Un bambino che è stato sensibilizzato a dare precedenza a ciò che accade fuori e a valutare ogni cosa di sè in
base alla reazione del contesto, è un bambino soggetto alla vergogna, il cui sviluppo procede in
corrispondenza del giudizio che può arrivare dall'esterno. In queste condizioni, la soluzione per prevenire il
giudizio esterno è, paradossalmente, quella di anticiparlo, immaginando i possibili esiti, in termini di critiche
e considerazioni basate sull'immagine, e mettendosene al riparo: il risultato è quello di tacere, ritirarsi per
evitare le critiche oppure aderire all'immagine che "l'esterno" si aspetta da se.
La bussola del bambino, per capire se fa bene o se fa male, è la costruzione di questo dito puntato interno,
che ha la meglio sul suo sentire.
Scott Baum sottolinea che l'aspettativa di basarsi sulla realtà dell'altro anzichè sulla propria determina una
confusione di fondo su ciò che si sente e sulle proprie percezioni e implica la rinuncia dei lenti processi
digestivi (a livello psicologico) che conducono ad un'esperienza autodeterminata della realtà17.
Un bambino che riceve quotidianamente frasi come "Cosa diranno tutti se ti comporti/ti vesti/agisci così?"
imparerà ad agire in base a questo cosa diranno tutti. Il messaggio di fondo è: prima di fare una cosa, pensa
a cosa penserebbero di te gli altri se la facessi, ossia fidati prima degli altri che di te stesso.
Se questo cosa diranno gli altri diventa la modalità abituale per far imparare le cose al bambino, anzichè
stare in contatto con lui e comprendere come il suo sentire lo possa portare a uno sviluppo integrato,
spiegandogli il significato e l'utilità di determinati comportamenti, allora il bambino crescerà in balia
dell'esterno, affiderà le sue radici agli altri e sarà destinato a sperimentare un senso primordiale di
inadeguatezza e mancanza, un bisogno di sentirsi sostenuto continuamente.
Questo bambino nasconde paure e timori e mostra un'apparente normalità e adeguatezza. Non ha tempo per
basarsi sul suo sentire, perchè è interrotto continuamente nei sui esami di realtà. Su questo terreno non può
svilupparsi indipendenza e autonomia.
Un'altra modalità che non consente al bambino di avere il tempo di sperimentarsi in base al suo sentire, è
quella di sottoporlo a richieste e doveri prima del tempo. Quando le richieste esterne sono eccessive e
premature, il bambino è costretto a mobilitarsi in quella direzione.
Nel complesso, il risultato è un bambino in balia dell'esterno, che non ha il tempo e la possibilità di crescere
con le e sulle proprie gambe, in accordo con il suo sentire. E' l'inizio dello sviluppo di una sensibilità che
diventa iper-sensibilità, iper-suscettibilità, un'attenzione verso l'altro e le sue aspettative fino ad andare in
17 Baum S., Vivere sulle sabbie mobili. Manuale di analisi bioenergetica.
risonanza profonda, tanto da essere con l'altro senza però essere con sè stesso, una vocazione verso i bisogni
dell'altro che anticipa l'ascolto interiore. Io lo chiamo volgarmente stare nell'altro, invece che con sè.
Da questa ipersensibilità spesso è necessario difendersi per sopravvivere, per cui ai momenti di apertura
succedono quelli in cui si passa in ritirata; il prezzo da pagare può diventare alto.
Vista l'identità mente-corpo, il nostro corpo risponde come può. Sarà un corpo iper-sensibile, caricato di
tensione, bisognoso. Mobilitandosi in funzione dell'esterno, sarà facilmente soggetto ad una stanchezza più o
meno cronica, essendo un corpo che non fa perno sulle proprie radici.
Il peccato più grande che si può fare a se stessi è quello di non fidarsi di sè.
DEPRESSIONE
La depressione è una situazione piuttosto comune in soggetti con disturbi gastrointestinali, soprattutto di tipo
funzionale come il colon irritabile.
Anche la depressione, oltre ad altre caratteristiche già viste, è un'indicazione del fatto che si fa fatica a stare
sulle proprie gambe. Si tratta di un aspetto che si lega ad elementi cosiddetti orali, quali una fragilità
psicologica di fondo e un bisogno che anela ad un soddisfacimento; al fine di colmare questo bisogno di
"nutrimento", ci si serve dell'illusione, che corrisponde inconsciamente al bisogno di capovolgere la
situazione infantile: è il tentativo di ripristinare quel senso di appagamento e onnipotenza infantile
prematuramente perduti.
Lowen afferma che la tendenza alla depressione è tipica degli individui diretti dall'esterno, il cui
soddisfacimento dipende quindi dalle reazioni esterne. Agire in base all'ottenimento dell'approvazione e
dell'accettazione è una forma di nutrimento che parte dall'esterno, da uno stato di dipendenza; è un
atteggiamento che non soddisfa realmente, a differenza di un atteggiamento che muove dall'interno e dai
propri autentici bisogni. La persona diretta dall'esterno ha bisogno di mostrare e dimostrare e spesso
persegue dei traguardi illusori, perchè non si basta così com'è. Può ostentare una grande indipendenza ed
essere lei stessa un valido aiuto per gli altri, ma questo è un altro modo per avere conferme e riconoscimenti
esterni. L'atteggiamento che muove dall'esterno, si collega al mostrare un'immagine ideale di sè. Lowen
afferma che quando una persona deve proiettare l'immagine di "essere qualcuno" significa che dentro non si
sente "nessuno" e ha bisogno perciò di aggrapparsi a questa immagine. A differenza delle persone dirette
dall'interno, che credono in se stesse e la cui soddisfazione deriva dalle loro reazioni all'ambiente, quelle
dirette dall'esterno sono in balia degli altri e delle risposte dell'ambiente nei loro confronti. Sarebbe riduttivo
suddividere le persone in queste due categorie, in quanto ognuno ha le proprie fragilità e i propri bisogni di
conferme, ma comprendere il peso di questi atteggiamenti nella propria vita può fornire una bussola e
un'immediata chiave di comprensione.
La depressione segue spesso a un periodo di esaltazione e può sopraggiungere in corrispondenza di un
rifiuto (lo stato di esaltazione fa tirare indietro gli altri); il crollo dell'illusione fa precipitare i sintomi
depressivi. Questi possono manifestarsi paradossalmente proprio quando la persona raggiunge i propri
traguardi. In questi casi, il soggetto non anela al traguardo in quanto tale, ma quest'ultimo costituisce un
surrogato dell'affetto e del riconoscimento e una volta raggiunto, egli si accorge di rimanere insoddisfatto;
allora il rischio di cadere in depressione diventa alto.
La depressione viene inoltre alimentata da un atteggiamento di deresponsabilizzazione, ossia quando si
ritiene che siano gli altri i principali responsabili dei propri problemi. Questo genera impotenza, convinzioni
negative e blocca la possibilità di essere agenti attivi della propria vita. La presa di responsabilità personale
si lega ad una profonda fiducia interiore e alla fede nelle proprie possibilità.
Nel complesso, quando si tende ad alternare periodi di esaltazione e depressione, vi è una difficoltà a
guardarsi dentro e ad accogliere delle parti di sè, non è presente una buona consapevolezza, prevale il
"raccontarsela" che porta a convinzioni fittizie che si rivelano deleterie: illusioni. Le forti emozioni,
soprattutto quelle scomode, sono state represse, a favore di un mondo illusorio e, prima o poi, questa realtà
fittizia crolla e subentra la depressione.
La depressione si presenta come un'assenza di emozione, un blocco nella libertà di espressione, un blocco
della forza vitale. La persona si sente imprigionata nei suoi "dover essere". Lowen descrive questo stato nel
corpo come un buco nero che caratterizza un ventre vuoto e che corrisponde a un ritiro dei sentimenti dalla
pancia. Il ventre e il corpo sono scarichi, il respiro bloccato. Ci si sente svuotati.
Alla base del benessere vi è la soddisfazione nel bisogno di esprimersi e di sentirsi liberi. Quando questo
bisogno viene negato e represso nella primissima infanzia, può diventare automatico farne a meno:
esprimersi e lasciar emergere la parte più autentica e vitale di sè implica allora angoscia, paura del giudizio,
viene vissuto più come uno sforzo che come un piacere. Questi bisogni vengono trattenuti all'interno, per
non rischiare. Ma il prezzo da pagare è un vissuto d'impotenza, che genera tensioni e mal di pancia. Ci si
allontana da un contatto pieno con il mondo; quando si guarda il mondo da un posto così lontano, sono
necessarie diverse esperienze di apertura per aprire un piccolo varco in cui sentirsi comodi nella propria
espressione. Vale la pena sforzarsi le prime volte. La paura di esprimersi può portare ad uno stato depressivo
in cui la perdita di vitalità è tale per cui non si sa nemmeno più cosa si vuole e cosa si vorrebbe esprimere; la
chiusura è così forte in questo stato che diventa censura anche a se stessi: è la repressione, la negazione, la
rimozione vera e propria che si allarga, di cui si diventa schiavi e sempre più inconsapevoli. Se non ci si
ascolta e non ci si guarda in faccia in un momento di estremo bisogno, come durante un episodio depressivo,
si può rimanere inghiottiti dalle proprie rimuginazioni, dall'agghiacciante anestetizzazione emozionale e
corporea. Questo può diventare invalidante e compromettere l'intero organismo.
L'opportunità che invece si può cogliere dallo stato depressivo, è la possibilità di prendere coscienza delle
proprie illusioni e la sfida di ricominciare dal proprio autentico sè. Quando si tocca il fondo, significa che ci
eravamo scordati di alcune parti di noi che attendono un riconoscimento e che vanno attraversare, elaborate
e non negate. Attraversare la parte "buia e profonda" di noi fa parte di un cammino che consente di uscirne
più completi e integrati; questo cammino lo si può fare partendo dall'ascolto della propria pancia; è
l'opportunità che porta a guardarci dentro e a dare calore e comprensione a quel vuoto, per scoprire che
questo nutrimento interno non può essere sostituito da alcun appagamento esterno. Vivere in funzione delle
aspettative e dei successi è come vivere di luce riflessa, quando nel frattempo abbiamo una ricchezza ben più
grande dentro che reprimiamo.
Nella cultura giapponese e non solo, la pancia corrisponde al proprio centro vitale. Ad oggi possiamo
confermare il punto di vista della saggezza popolare, ossia che questo punto sia la sede da cui parte il
benessere dell'intero organismo. Nella mitologia antica, il diaframma era paragonato alla superficie della
terra, che divideva la parte di luce e consapevolezza da quella oscura corrispondente all'inconscio; un blocco
del collegamento tra le due parti, uno stare al di sopra del diaframma attraverso un respiro che non scende in
profondità, separa la coscienza dalle sue radici profonde nell'inconscio. Solo stando nel proprio ventre si
evitano scissioni e si vive pienamente.
L'individuo la cui energia muove verso l'alto (la testa), trovando rifugio principalmente nel mondo delle
idee, della mentalizzazione e dell'illusione, può avere difficoltà di contatto con i propri sentimenti profondi e
difficoltà a sperimentare un buon radicamento al terreno e una buona stabilità, perchè non porta energia al
basso; rimane in questi casi "appeso" e non riesce a scaricarsi adeguatamente dalle tensioni. Senza una
buona scarica non ci può essere una buona carica; questa condizione di sospensione preclude il piacere e
genera sofferenza. Può anche diventare una seconda natura, caratterizzata da instabilità, insoddisfazione e
adesione ai modelli esterni18.
Quando si fa spazio al respiro nel proprio ventre, emergono le emozioni prima trattanute: il pianto, la rabbia
fino a toccare la dimensione del piacere se il respiro viene lasciato fluire fino al pavimento pelvico; queste
sensazioni possono essere inizialmente fonte di angoscia, perchè si ha paura di perdere il controllo. Il piacere
è una dimensione totalmente repressa nello stato depressivo.
18 Lowen A., 1980, La depressione e il corpo. Roma: Astrolabio Ed.
3. VIAGGIO NEL SISTEMA DIGERENTE
ANATOMIA, FUNZIONAMENTO E SIGNIFICATI
LA BOCCA E L'ESOFAGO
Il nutrimento parte dalla bocca, dove il cibo viene masticato dai denti. Mordere indica la capacità di
prendere, afferrare e attaccare. E' un atteggiamento aggressivo, inteso in senso attivo e vitale. Il muscolo
massetere, quello della mascella, è il più potente del corpo. Si pensi che la mascella è in grado di esercitare
una pressione di 80 chili su un dente molare. Infatti, l'aggressività e la sua espressione/repressione si può
denotare dal posizionamento e dalla scioltezza della mascella. La qualità della nostra masticazione e il
movimento mandibolare rimandano alla nostra capacità e fiducia nell'affermarci e nel prendere ciò di cui
abbiamo bisogno.
La mascella contratta denota un'immobilizzazione dell'aggressività. Si può immobilizzare la pulsione
aggressiva per paura del rifiuto e dell'abbandono19.
Nel collo risiede l'esofago, che è la zona di transizione tra il controllo volontario e quello involontario: il
primo terzo dell'esofago è costituito da muscolatura striata, che ci consente di avvertire consapevolmente la
prima parte del percorso del boccone; il resto dell'esofago è invece avvolto da muscolatura liscia e da qui
non ne abbiamo più il controllo diretto.
La muscolatura dell'esofago risponde a due tipi di nervi: i nervi del cervello che regolano lo sfintere tra
esofago e stomaco e influenzano la formazione degli acidi, e i nervi del tubo digerente che determinano i
movimenti armonici dell'esofago verso il basso. Non sempre testa e sistema gastrointestinale sentono allo
stesso modo e quando gli impulsi nervosi vanno in conflitto e ricevono informazioni discordanti, può
verificarsi una cattiva coordinazione della muscolatura dell'esofago che rischia di far andare per traverso il
cibo o di provocare reflusso gastroesofageo. Più i comandi nervosi incalzano e più si verifica una cattiva
coordinazione che porta a reflusso20. Questa condizione potrebbe essere favorita sia dall'eccessiva tensione
dell'esofago che porta ad un irrigidimento, che da un'ipotonia che denota una muscolatura lassa e scarica
energeticamente; le due facce della medaglia: in ogni caso ne deriva un esofago poco tonico e una chiusura
meno ermetica. Questi sintomi sono spesso di chiara derivazione psicosomatica, a meno che non insorgano
in età senile.
La tensione dell'esofago agisce come una difesa contro la possibilità di ingoiare contenuti inaccettabili e
contro la possibilità di esprimere contenuti (sentimenti) che si teme non vengano accettati dagli altri.
LO STOMACO
Una volta masticato, il cibo finisce nello stomaco. Lo stomaco sente e accoglie ciò che deve essere digerito.
La capacità di sentire e accogliere presume apertura e disponibilità a donarsi, che indicano qualità femminili.
Il buon funzionamento dello stomaco si lega all'espressione di queste caratteristiche.
Un'interpretazione dei disturbi psicosomatici a livello gastrico come reflusso gastro-esofageo, gastrite e
dispepsia funzionale, è quella di segnalare il rifiuto di "qualcosa che sta sullo stomaco", la mancanza di
fiducia ad accogliere, il risentimento, la difficoltà di accettare le cose per come arrivano. In queste difficoltà
gastriche come in quelle intestinali si può rilevare altresì una mancata accettazione di parti di sè e una
difficoltà nella loro naturale espressione. Due sintomi, in particolare, legati al rifiuto sono la nausea e il
vomito. Cosa accade anatomicamente e funzionalmente in questi casi?
Il contenuto dello stomaco viene analizzato da milioni di recettori della rete di fibre nervose, che mandano
poi queste informazioni al cervello. Il cervello valuta le informazioni e se viene segnalato un allarme, a
seconda dell'entità, decide se stimolare il vomito o meno. Innescato l'allarme, il cervello attiva l'area
19 Lowen A., 1985, Il linguaggio del corpo. Milano: Feltrinelli Ed.
20 Enders G., 2015, L'intestino felice. Venezia: Sonzogno Ed.
cerebrale che presiede alla nausea e mobilita lo stato di emergenza; tutto l'apparato si prepara: il sangue
viene tolto da altre parti e va a irrorare la pancia, la bocca stimola saliva per proteggere i denti dagli acidi, le
ondate nervose incominciano a muovere in direzioni opposte stomaco e intestino; quando tutto è pronto: si
vomita. L'aumento dell'ormone dello stress, che viene prodotto sia dal cervello che dall'intestino, raggiunta
una certa quantità provoca nausea, vomito e diarrea. Vomitare è una soluzione per risparmiare energia, che
altrimenti verrebbe utilizzata per digerire; l'analogia dal punto di vista psichico è immediata: accettare
costerebbe troppa fatica. E' un rimedio estremo. La nausea, che precede il vomito, costituisce un precedente
campanello d'allarme.
In analisi bioenergetica, ci sono posizioni ed esercizi che provocano nausea e vomito, che sono legati a
particolari stati d'animo: si tratta di contenuti che si sono amaramente ingoiati e che ora premono per essere
buttati fuori. Lowen in alcuni casi stimolava il vomito nei propri pazienti; quel vomito rappresenta una
liberazione dalle imposizioni e da contenuti spiacevoli trattenuti.
Le scoperte sull'alessitimia evidenziano quanto il malfunzionamento dello stomaco e di tutto l'apparato
gastrointestnale si leghi ad una difficoltà a sentire, riconoscere ed esprimere le emozioni.
Nei disturbi gastrici è evidente una mancata espressione di sè e un'aggressività autodiretta che si esprime
internamente. I succhi gastrici hanno funzione aggressiva. L'eccesso di succi gastrici sembra denotare
l'eccesso di contenuti, da aggredire o reprimere. Così, l'incapacità di controllare consapevolmente le
emozioni percepite come scomode, per esempio la rabbia, cede il posto all'azione dello stomaco. In questo
modo l'apparato gastrointestinale si assume non solo i contenuti fisici ma anche quelli psichici.
IL VENTRE
Superato il tratto gastrico, il cibo si dirige nell'intestino, dove avviene la sua scissione e assimilazione; qui si
attua la vera e propria digestione.
La rete nervosa dell'intestino viene anche chiamata cervello enterico: ugualmente complessa per
composizione chimica. Ciò che sentiamo "di pancia" raggiunge diverse zone del cervello: insula, sistema
limbico, corteccia prefrontale, amigdala, ippocampo e corteccia cingolata anteriore; tutte aree dedicate al
senso del sè, ai sentimenti, alle emozioni, alla paura, alla memoria e alla motivazione. L'intestino è quindi in
grado di influenzare fortemente l'attività del SNC ed è stato ormai assodato come esso sia implicato
nell'insorgenza di numerosi disturbi psicopatologici; é il nostro secondo cervello: il cervello emotivo,
viscerale. La ricerca scientifica, grazie a Gershon e ad altri autori, ha mostrato come l'intestino sia alla base
del benessere dell'intero organismo. Fin dall'antichità, la pancia era considerata la sede dell'anima; le
medicine orientali si sono organizzate intorno alla pancia. Ciò va in accordo con il nostro detto popolare:
"sentire di pancia".
Non ci può essere benessere senza una pancia serena: ricordiamo che è proprio qui che viene prodotta il 95%
della serotonina (l'ormone del benessere), il 60% delle cellule immunocompetenti, i batteri intestinali che
influiscono sia sul SNC che sulla buona comunicazione bidirezionale pancia-testa.
La comunicazione tra intestino e sistema nervoso centrale avviene grazie al nervo vago. L'intestino (cervello
enterico) elabora autonomamente ciò che sente, coinvolgendo il cervello solo in caso di informazioni
significative da trasmettere; il cervello, a sua volta, passa solo le informazioni significative alla coscienza
(aree cerebrali deputate all'elaborazione), altrimenti questi segnali non superano il talamo.
L'intestino è composto da intestino tenue, seguito dall'intestino crasso (colon). Nel primo, quando il cibo
preme contro la parete intestinale, questa risponde reattiva con il riflesso peristaltico e lo spinge in avanti
facendolo transitare. In questo tratto sono numerose le cellule pacemaker, che trasmettono piccoli segnali
elettrici, favorendo il transito del cibo.
All'intestino tenue segue quello crasso, chiamato anche colon. Questo tratto è colonizzato dalla flora
intestinale, che si occupa delle sostanze non digerite. E' il tratto più sensibile alle emozioni. Mentre
l'intestino tenue lavora a un ritmo più veloce, nel crasso le feci possono sostare per parecchie ore. Fenomeni
come diarrea o stitichezza dipendono da come l'intestino crasso si comporta con le feci, ciò dipende da
diversi fattori, soprattutto dai segnali emotivi che arrivano.
Il disturbo psicosomatico per eccellenza si manifesta proprio qui: la sidrome del colon irritabile. La
definizione porta con sè un significato chiaro. Tra i disturbi funzionali, questo è quello più suscettibile allo
stress.
Lo stress può alterare la nostra flora batterica, ma è anche vero il contrario. L'intestino può influenzare non
solo il nostro umore, ma anche il nostro comportamento. La qualità della nostra flora batterica intestinale
influisce e modifica i nostri stati d'animo.
Nel 2013 venne fatto uno studio: ad un campione di soggetti venne somministrato un insieme di batteri per 4
settimane; ciò andò a modificare alcune aree del loro cervello, in particolare quelle preposte all'elaborazione
dei sentimenti e del dolore21.
In un altro esperimento, il team di Stephen Collins, ricercatore alla McMasters University in Canada,
somministrò a delle cavie di un ceppo (BALB/C), di comportamento timido e pauroso, dei batteri
provenienti da cavie di un altro ceppo (NIH-SWISS), più curiosi e coraggiosi, e viceversa. Risultato: le
cavie BALB/C divennero più coraggiose, mentre le NIH-SWISS più timorose. I batteri intestinali stavano
influenzando il comportamento reale.
Altri studi hanno dimostrato che queste sollecitazioni probiotiche alterano nei roditori la produzione del
neurotrasmettitore GABA, analogamente a come fanno gli antidepressivi nell'uomo: Mark Lyte, ricercatore
della Texas Tech University, ha concluso che questi batteri sono a tutti gli effetti microrganismi che
modificano la mente.
L'intestino è quello che sente e avverte per primo: molti pazienti affermano che spesso la loro depressione è
preceduta da disturbi intestinali e che prima di sviluppare disturbi intestinali non si erano mai sentiti
depressi22.
I vissuti riferiti all'addome rivelano spesso la vicinanza/distanza o separazione dai propri contenuti emotivi.
La pancia memorizza sensazioni e sentimenti; essa si sensibilizza verso i contenuti particolarmente
frequenti, quelli traumatici e quelli non elaborati: tutti questi contenuti saranno avvertiti più prontamente, al
punto da spingerci verso determinate esperienze piuttosto che altre, le cosiddette "decisioni di pancia". La
flora batterica intestinale e il sistema immunitario si organizzano in base a questa memoria radicata nel
corpo, fanno tesoro delle esperienze fatte in passato per far fronte a quelle future. Emozioni traumatiche e
dolorose che non riescono ad essere elaborate possono essere represse e cronicizzate nel corpo o portare a
pensieri ruminativi che anche in questo caso sviluppano tensioni corporee; le infiammazioni nervose di un
intestino preoccupato, come afferma Giulia Enders, possono ancorarsi tenacemente al cervello; tutto ciò va
ad appesantire e a indebolire l'organismo.
In bioenergetica si riscontra quotidianamente come i sentimenti repressi abbiamo sede nella pancia. Quando
il paziente re-impara a respirare profondamente e concede alla sua pancia di accogliere ossigeno, allora
emergono emozioni forti come il pianto, la rabbia e la disperazione, ma anche la gioia e il piacere.
UN VENTRE IN TENSIONE: STRESS E COLON IRRITABILE
In condizioni serene, durante la digestione, viene attivato adeguatamente il sistema parasimpatico (SNA), il
quale promuove la crescita, l'immagazzinamento di energia e altri processi ottimistici. Il flusso sanguigno
viene così diretto allo stomaco e all'intestino, in modo che ossigeno e glucosio possano spendersi per un
buon processo digestivo.
Come abbiamo visto, un'infanzia difficile e contrassegnata da eventi traumatici lascia un eco di vulnerabilità
che fa aumentare considerevolmente il rischio di sviluppare una sindrome del colon irritabile. Anche gli
studi sugli animali hanno confermato ciò. Questa sindrome poggia le basi su stressor cronici e/o traumatici, è
quindi particolarmente sensibile e suscettibile allo stress.
Nei momenti di stress, il cervello, per affrontare il malessere, spende notevole energia, che va a sottrarre
all'addome. La digestione viene prontamente bloccata: il flusso sanguigno si dirige in altri distretti (tra i
quali il cervello), dove c'è più bisogno. L'attività del sistema nervoso parasimpatico cede il posto a quella del
simpatico, il quale manda il segnale allo stomaco di interrompere le contrazioni e all'intestino tenue di
arrestare la peristalsi. L'energia si ritira da queste zone ma, il simpatico, allo stesso tempo, stimola il
21 Enders G., 2015, L'intestino felice. Venezia: Sonzogno Ed.
22 Swift Kathie M., Hoper J., La dieta dell'intestino sano. Sperling&Kupfer Ed., 2015.
movimento muscolare nell'intestino crasso (colon): mentre gli altri due distretti cessano l'attività, il colon
inizia a contrarsi come un pazzo; questo è l'effetto del sistema nervoso simpatico, quindi dello stress ed è il
sintomo principe del colon irritabile. Questa condizione, se protratta, indebolisce l'intestino e porta ad un
assottigliamento del suo mantello protettivo, la flora batterica si altera e ad un certo punto l'intestino invia
segnali sgradevoli al cervello, con il risultato che ci sentiamo fiacchi e inappetenti. Ecco perchè in caso di
colon irritabile si parla di disregolazione/cattiva comunicazione dell'asse pancia-testa (Drossman).
Chi soffre di colon irritabile ha generalmente un ventre contratto, che rivela una certa dolorabilità alla
palpazione, in particolare nel quadrante addominale inferiore sinistro, dov'è situato il colon.
Le tensioni emozionali provocano fenomeni contrastanti a livello intestinale; la sintomatologia è
estremamente alternante: si passa dalla stipsi alla diarrea, due tendenze opposte di trattenimento e scarica,
dove non c'è libertà nè modo di accogliere e nutrirsi, non c'è assimilazione nè elaborazione.
In serene condizioni, la lenta attività del colon è quella di assorbire l'acqua e formare così delle feci solide.
Sotto stress, l'organismo può rispondere con uno stato iperdinamico: avverte che non c'è tempo per fare ciò,
quindi aumenta la sua motilità per espellere le feci, che costituiscono solo un peso. Il comportamento del
nostro organismo sotto stress corrisponde alla reazione di fuga: "bisogna essere il più possibile liberi per
poter scappare, quindi le feci vanno espulse al più presto". Si manifesta un aumento delle secrezioni da parte
della mucosa intestinale, forti contrazioni muscolari, maggiore fragilità della mucosa di fronte agli agenti
aggressivi, intensificazione dei riflessi viscerali e aumento della temperatura intestinale; l'acqua non ha il
tempo di essere assorbita in maniera ottimale e come risultato si ha la diarrea 23. La diarrea costituisce
un'eliminazione che avviene prima del tempo, senza che ci sia stato modo di assimilare i contenuti.
L'emozione che scatena più di ogni altra la diarrea è quella della paura: il detto popolare "farsela addosso
dalla paura" si spiega da sè.
In periodi di stress sufficientemente lunghi, le contrazioni stimolate dal simpatico si fanno poco per volta
disorganizzate, perdono la direzionalità, quindi il percorso delle feci non risulta andare regolarmente verso
l'ano: vengono spinte avanti e indietro, bloccate. In questo caso insorgono i sintomi della stipsi. Quindi,
nonostante la forte attività del colon, non si muove niente e si ha stitichezza. E' uno stato di trattenimento e
immobilizzazione che rimanda a un profondo conflitto; non ci si riesce a rilassare, a lasciar andare. Questa
reazione sembra evocare una negazione della dipendenza affettiva e del timore dell'abbandono. Si reprime e
non si lascia andare; senza riconoscimento nè accettazione, le cose non si riescono a vedere, ma nemmeno ci
si può distaccare da esse: così ci si "intossica" e sarà il corpo a farne i conti. Questo stato del colon è definito
ipodinamico, anche se proprio ipodinamico non è, e si potrebbe associare ad una dimensione dove
predomina l'immobilizzazione della paura, del pianto, dell'aggressività e la repressione di un bisogno.
I soggetti con colon irritabile hanno un colon eccessivamente contrattile e un'eccessiva sensibilità
gastrointestinale allo stress. Le loro contrazioni aumentano in reazione agli stressor in misura maggiore agli
altri soggetti. Questa sindrome è determinata da un simpatico iperattivo e a peggiorare la situazione, il
dolore di un intestino dilatato, ipersensibile e pieno di gas, stimola ulteriormente l'attivazione del simpatico,
innescando un circolo vizioso24.
Inoltre, lo stress provoca un effetto particolare riguardo alla sensibilità al dolore: attenua il dolore a livello
cutaneo e dei muscoli scheletrici, mentre fa accrescere la sensibilità al dolore degli organi interni, viscerali. I
soggetti con colon irritabile, vivendo lo stress in maniera mediamente più forte rispetto agli altri,
percepiscono ancora di più i sintomi viscerali. Questa constatazione presenta delle similitudini con l'effetto
di un trauma, che lascia una ferita profonda corrispondente a tensioni profonde nel corpo, mentre porta ad
un'anestetizzazione o ad una bassa sensibilità corporea a livello superficiale, come difesa. La bassa
sensibilità a livello superficiale si potrebbe collegare alla debole vitalità.
23 R. M. Sapolky, Perchè alle zebre non viene l'ulcera?. Castelvecchi Ed. 2006.
24 James S., John Henryism and the healt of Africans-Americans, in Culture, Medinie and Psychiatry, n. 18, 1994.
VENTRE, SESSUALITA' E FEMMINILITA'
Nella società occidentale, le donne sono maggiormente predisposte a sviluppare la sindrome del colon
irritabile; esse hanno una prevalenza da due a tre volte maggiore rispetto ai maschi.
La morbidezza del ventre si collega alla possibilità di accogliere, un aspetto propriamente femminile, e alla
dimensione del piacere nella possibilità di percepire e vivere le sensazioni legate alla sessualità. Ad un
ventre contratto corrispondono non solo fastidi intestinali, ma spesso anche disturbi a livello genitale,
blocchi di tipo sessuale e, a livello psicologico, repressione della tristezza e dell'aggressività.
Michèle Dupuy Godin, analista bioenergetica, illustra come l'immagine che si ha della propria pancia rifletta
la storia personale e la situazione energetica. La Godin ha rilevato più volte nell'addome delle sue pazienti
con disturbi a livello addominale, un senso di pesantezza, durezza, tensione, una pancia calda e pronta a
scoppiare e il desiderio di sbarazzarsene. E' emersa una sessualità e un'aggressività negata, vergogna, colpa e
la percezione di un ventre "improduttivo", la difficoltà a vivere la propria sessualità e ad avere una relazione
stabile. Ciò era accompagnato spesso da un senso di impotenza, di imprigionamento silenzioso, che derivava
dall'impotenza sperimentata con i propri genitori25.
Lowen aveva affermato che "l'addome può contenere vissuti di disperazione, impotenza e paura
dell'eccitazione".
La negazione della femminilità emerge nel conflitto del ruolo di genere (per quanto riguarda le donne) che
caratterizza la "sindrome delle donne in carriera", ossia la sindrome del colon irritabile che colpisce le donne
ambiziose tese al raggiungimento di obiettivi e alti livelli di carriera. Nella nostra cultura le donne sono
esposte a messaggi contraddittori che riguardano il loro ruolo di genere: da una parte viene richiesto loro un
comportamento specifico in quanto donne (materno, emotivo-affettivo, accudente, compiacente verso gli
altri) dall’altra tale comportamento viene svalutato e giudicato invalidante poiché non permette loro di
ottenere una realizzazione personale, specialmente nel campo lavorativo. L'affermazione passa per dei
canali che sono prevalentemente quelli maschili; le donne si conformano a questi per ottenere il successo e
negano così la propria femminilità. Il colon irritabile è un modo di dirigere nel corpo questo conflitto:
l'affermazione che implica un conformarsi rinunciando a parte delle proprie autentiche risorse. Molte donne,
nonostante le grandi capacità, temono il successo più degli uomini. Per quelle che lo ricercano diventa più
difficile gestirlo rispetto ai colleghi uomini. E' importante però considerare quanto la ricerca di successo
possa essere mossa da un bisogno narcisistico e orale di riconoscimento, che porta a ricercare il nutrimento
laddove ciò che prevale può essere l'abbaglio dell'immagine. Ciò si può comprendere in base alla
soddisfazione che si prova riguardo al proprio lavoro nel qui e ora e quanto si investe nelle aspettative sui
traguardi da raggiungere. Ognuno conserva dei bisogni narcisistici, ma è l'entità di questi che determina il
rischio di vivere nell'illusione.
Lavorare con l'addome significa tornare a sè, scendere nel proprio corpo e lavorare con la sessualità e con la
propria parte femminile. La vita nasce nell'addome, che è il nucleo della personalità femminile. Il carattere
femminile è intessuto dall'immagine che le donne hanno del proprio addome26.
PANCIA E SCHIENA
La pancia è direttamente connessa alla colonna vertebrale. La sua salute dipende perciò anche da come sta la
nostra schiena. Da ogni foro di congiunzione di una vertebra esce un nervo che si connette a un organo, o a
un sistema o a una ghiandola dell'addome. Questa conoscenza sta alla base dell'osteopatia; per questo
quando ci rivolgiamo ad un osteopata per dolori alla schiena, il primo consiglio che ci dà è quello di curare
prima la pancia. Non esiste il benessere della schiena senza il benessere della pancia. Le tensioni alla pancia
si ripercuotono sulla schiena e viceversa.
Per esempio, in presenza di una lombalgia è frequente riscontrare una pancia gonfia, in subbuglio. La pancia
gonfia trascina con sè le vertebre lombari e rende l'equilibrio del soggetto instabile27.
25 Godin M D., L'addome: un percorso verso la sessualità femminile. Manuale di analisi bioenergetica.
26 Clauer V. H., 2013, Manuale di analisi bioenergetica. Milano: Franco Angeli Ed.
27 Clauer V. H., 2013, Manuale di analisi bioenergetica. Milano: Franco Angeli Ed.
4. IL NUTRIMENTO
FAME
Nei soggetti con disturbi funzionali gastrointestinali, la mancanza di nutrimento affettivo lascia un bisogno
che si riflette anche nell'appetito; una caratteristica è quindi quella della "fame", che emerge soprattutto nei
momenti di stress. La fame è una chiaro elemento orale: il cibo viene utilizzato per compensare quel
profondo senso di mancanza e deprivazione.
Lo stress rende circa i due terzi delle persone iperfagiche (mangiano troppo): ci si rifugia nel cibo.
A livello endocrino, uno degli ormoni della risposta allo stress, i glicocorticoidi, stimola l'appetito, mentre
l'altro, il CRH lo inibisce. La risposta allo stress attiva l'ipotalamo, che libera CRH, il quale stimola l'ipofisi
a rilasciare ACTH (corticotropina), che entra in circolo a livello ematico e raggiunge i surreni che rilasciano
glicocorticoidi. La risposta allo stress attiva il simpatico, che aumenta lo stato di vigilanza. A livello di
tempistica, la secrezione di CRH costituisce l'ondata più veloce della cascata surrenale, mentre i
glicocorticoidi la più lenta: questo significa che alla fine dell'evento stressante il CRH viene presto rimosso
dal sangue, mentre i glicocorticoidi restano in circolo per ore. Perciò, durante l'evento stressante, l'appetito
sarà bloccato, mentre alla fine subentra il momento di ripresa a l'aumento dell'appetito.
Ma cosa succede in caso di stress prolungato o di frequenti stressor intermittenti? Avremo in questo caso dei
massicci rilasci di CRH e i glicocorticoidi saranno quasi ininterrottamente elevati, ma vista la lentezza dei
glicocorticoidi ad essere smaltiti dal circolo, questi avranno la meglio sul CRH. Risultato: iperfagia.
Non tutte le persone tendono però a diventare iperfagiche nei momenti di stress; questa reazione dipende da
diverse caratteristiche: ci sono persone che secernono grandi quantità di glicocorticoidi ripetto ad altre e
quindi hanno la tendenza all'iperfagia; un altro fattore fondamentale è la tendenza a mangiare non solo per
necessità nutrizionali, bensì anche per necessità emozionali28. Quest'ultimo è proprio il caso di soggetti che
utilizzano il cibo per compensare un bisogno.
In presenza di un colon irritabile, il bisogno di riempirsi che trova una valvola di sfogo attraverso il cibo,
può esacerbare ancora di più il disturbo psicosomatico. Queste persone hanno particolarmente bisogno di
prendersi cura della propria pancia delicata. Oltre che una cura dal punto di vista psichico, è importante
un'alimentazione che non sovraccarichi il loro sistema digerente ma che lo faciliti a ritrovare il suo naturale
equilibrio e a tornare a respirare. Siccome lo stomaco e l'intestino sono già appesantiti da elementi indigesti,
essi diventano particolarmente suscettibili ad un ulteriore sovraccarico con alimenti difficili da
metabolizzare. Così, l'abbuffata o l'assunzione eccessiva di cibo ha il risultato di aumentare il senso di
affaticamento e gli stati d'animo negativi. E' possibile nutrire la pancia e rinforzare la sua flora batterica
senza per forza riempirsi di cibi ipercalorici e poco genuini.
E' interessante notare che i glicocorticoidi, implicati nell'aumento dell'appetito durante lo stress, stimolano
preferibilmente la voglia di cibi ricchi di amidi, zuccheri e grassi. Si può dedurre che la carenza di affetto
porta a una ricerca di alimenti zuccherati: danno maggiore soddisfazione e lì per lì stimolano la produzione
di serotonina, l'ormone del benessere. Ma l'improvviso aumento di zuccheri costringe il corpo ad agire molto
più energicamente per ripristinare l'equilibrio; questo meccanismo non promuove, a parte il primo momento,
stati d'animo positivi ma anzi, genera stanchezza e sviluppa dipendenza: lo zucchero chiama altro zucchero.
ASSIMILAZIONE E NUTRIMENTO
Si immagazzina energia attraverso il nutrimento fisico (respirazione e alimentazione) e affettivo.
La capacità di ricevere nutrimento fisico, al fine di immagazzinare energia, può dipendere dal nutrimento
affettivo ricevuto nei primi anni di vita.
La qualità del nutrimento affettivo, oltre che dalla quantità dell'affetto ricevuto, dipende da quali e da quante
richieste sono state mosse al bambino nei primi anni di vita. Se, per esempio, l'affetto viene ricevuto
semplicemente in risposta a delle richieste che vengono portate a termine da parte dal bambino o nel
momento in cui il bambino si fa carico di determinate questioni, diventa allora difficile parlare di nutrimento
28 Sapolky R. M., 2006, Perchè alle zebre non viene l'ulcera?. Roma: Castelvecchi Ed.
affettivo adeguato; questo tipo di nutrimento è fittizio e si poggia su basi vacillanti, anche se è pur vero che
può essere l'unico tipo di nutrimento che il genitore conosce e che farà quindi conoscere al proprio figlio.
In definitiva, quanto il bambino ha potuto sperimentare una relazione fortemente empatica e reciproca con
la propria figura di accudimento? Quanto è stato accompagnato nell'espressione dei suoi bisogni? Quanto
è stato libero di esprimersi e manifestare se stesso, senza essere stato caricato di responsabilità altre?
Quanto gli è stato concesso di svilupparsi secondo i suoi tempi?
La risposta a queste domande determina la capacità dell'individuo di riconoscere, assimilare, contenere e
digerire le emozioni esperite. Questa capacità ha un corrispettivo fisico che si riscontra nel funzionamento
del corpo e della sua capacità di integrare.
Al nutrimento affettivo si accosta quello fisico: la capacità di nutrirsi di cibo e ossigeno.
La capacità di ricevere e assimilare nutrimento e la modalità di risposta alle richieste esterne possono
rispecchiarsi nel processo digestivo.
Seguendo il principio di un'identità mente-corpo, di cui parla Lowen, se vi è stata una buona assimilazione
affettiva nell'infanzia, il nostro sistema digestivo si sviluppa in modo da poter e saper ricevere nutrimento,
digerire e metabolizzare i contenuti più o meno scomodi, in termini sia affettivi che propriamente alimentari.
In queste condizioni, l'alimentazione diventa un momento e un processo nel quale l'individuo si concede di
ricevere, di prendersi un momento per sé e per il proprio nutrimento, mettendo un confine a tutto ciò che ci
può essere di scomodo o pressante al di fuori di lui.
Il rilassamento durante i pasti favorisce l'armonia tra i due cervelli; l'assenza di pensieri e preoccupazioni
mette la pancia in condizioni di perfetta ricettività. Tensioni di qualsiasi tipo durante i pasti producono
nell'organismo un calo delle secrezioni di cortisone, melatonina, testosterone, ecc. Qualsiasi piccolo shock
emotivo nel primo cervello provoca microtraumi sul secondo cervello (non solo le tensioni personali, ma
anche un telegiornale o un film horror possono bloccare una serena digestione). Arrivare a tavolta distesi ha
dei grandi effetti sull'assimilazione. Pierre Pallardy, osteopata, consiglia degli esercizi di respirazione
profonda quando si è stressati prima di mangiare.
Un'altra condizione per la salute della pancia è quella di mangiare lentamente. La digestione comincia
ancora prima di mangiare, quando si sente "l'acquolina in bocca"; ciò accade quando l'attenzione è
convogliata a questo momento di nutrimento29.
La digestione comporta dal 10% al 20% della nostra energia 30. E' quindi bene non sottrarre al nostro
organismo questa energia, che viene mobilitata per immagazzinarne altra e costruire così i mattoni del nostro
organismo.
RESPIRAZIONE E DIGESTIONE
Il respiro è alla base della vita. I nostri polmoni assorbono molecole ad ogni respiro, assumendo nutrimento
allo stato gassoso. Buona parte del peso corporeo deriva dagli atomi inspirati, non solo dal cibo31.
Attraverso la respirazione noi diamo ritmo e regolarità alle nostre funzioni corporee. Il processo di scambio
che avviene durante la respirazione, attraverso l'immissione di ossigeno e l'emissione di anidride carbonica,
implica un prendere e un dare, sottintende il livello di contatto e relazione che abbiamo con il mondo, il
contatto tra ciò che viene fuori e la propria corporeità ci rapporta costantemente a tutto. La nostra
respirazione indica la nostra vitalità: la nostra forza di vita; rimanda al tema della libertà e della limitazione,
dell'accettazione e del rifiuto. Attraverso la respirazione noi accettiamo il mondo circostante, lo assimiliamo
e ci liberiamo di ciò che non è assimilabile32. Questo scambio determina il processo carica e scarica
energetica identificato da Lowen. La quantità di energia che un individuo assimila e impiega e come la
impiega, determina la sua personalità. La respirazione è energia, implicata in ogni processo della vita: nel
sentire, nel pensare e nell'agire. Quando l'autoespressione è libera e dà piacere, la respirazione è profonda,
fluisce naturalmente, il processo di carica e scarica è equilibrato e si denota dalla fluidità dei movimenti del
29
30
31
32
Pallardy P. 2005, La salute viene dalla pancia. Milano: Tea Ed.
Robert M. Sapolsky, 2014, Perchè alle zebre non viene l'ulcera. Roma: Lit Edizioni.
Enders G., 2015, L'intestino felice. Venezia: Marsilio Ed.
Dethlefsen T., 1993, Malattia e destino. Roma: Ed. Mediterranee.
corpo33. Il bambino nasce con questa fluidità, con una respirazione spontanea profonda e una ricettività
libera, che non è bloccata da tensioni. Emozioni forti e dolorose persistenti o traumatiche, vanno a bloccare
il respiro e possono avere un effetto paralizzante, con il risultato che si disapprende questa capacità naturale
che è alla base dell'autoespressione. Al di là dell'effetto di episodi traumatici, con la crescita, la respirazione
naturale cede il posto a quella sociale, che si caratterizza soprattutto in base alle esperienze di vita della
prima infanzia. La respirazione racconta noi stessi, indica le emozioni che si sono cronicizzate nel corpo e
quelle che stiamo vivendo.
Oltre all'ossigenazione del corpo, un'altra forma di nutrimento è quello alimentare, di cui abbiamo parlato
finora, che si attua attravero la digestione. La digestione funziona in maniera analoga alla respirazione, con
la differenza che il processo digestivo penetra ancora più a fondo nella concretezza del corpo. Inoltre, la
digestione lavora in sinergia con le funzioni cerebrali, che elaborano e digeriscono i contenuti affettivi.
E così anche nel processo digestivo si ravvisa la nostra accettazione del mondo, in base al modo e alla
capacità di digerirne i contenuti e all'assimilazione di questi.
Queste diverse forme di assimilazione riflettono la qualità del nutrimento fisico-affettivo ricevuto
nell'infanzia; esse seguono le medesime modalità di funzionamento e si integrano in un vero e proprio
"lavoro di squadra". E' l'identità mente-corpo di cui parlava Lowen.
Possiamo constatare questa identità osservando la stretta relazione tra il funzionamento del nostro apparato
respiratorio e quello gastrointestinale; questo funzionamento riflette la capacità che abbiamo di protenderci
verso l'altro, la capacità di dare e ricevere amore.
Chi soffre di disturbi gastrointestinali presenta spesso anche disturbi respiratori, delle vie aeree.
COME LA RESPIRAZIONE INFLUENZA LA DIGESTIONE
Descriverò ora l'interazione tra le emozioni, i meccanismi respiratori e quelli del sistema digerente, implicati
nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi gastrointestinali funzionali.
Pancia e testa comunicano principalmente attraverso il nervo vago che li collega. Questo nervo percorre
inoltre il sistema cardiovascolare, respiratorio, digestivo e innerva ghiandole e organi. Nel sistema
respiratorio, esso dona sensibilità alle mucose e trasmette il ritmo, la forza e la frequenza della respirazione.
Ogni fase respiratoria si ripercuote su pancia e testa.
Partendo da "in cima", ad una debole respirazione si associa spesso una contrazione a livello della gola che
porta ad afonia e non consente un buon assorbimento di energia. La costrizione limita l'afflusso di aria, non
consente un buon apporto di ossigeno e contribuisce a generare ansia 34. La difficoltà di inspirare indica la
paura di protendersi attivamente verso il mondo. Inoltre, una gola contratta soffoca il desiderio di piangere e
di gridare. Questo modo di respirare è una qualità tipicamente orale; la personalità orale ha represso la sua
carica aggressiva e cela nel ventre un pianto profondo; abbandonandosi al pianto e ai singhiozzi, si libera la
gola e si apre il ventre. Questo carattere inoltre, ha difficoltà a protendersi attivamente, piuttosto si aspetta
che sia il mondo a doverlo ricompensare per la deprivazione subita.
L'ansia va a coprire il conflitto che tiene immobilizzata l'aggressività e il pianto. Lowen affermava che
l'ansia si manifesta con un senso di vuoto allo stomaco, in quanto il respiro non coinvolge l'addome. L'ansia
blocca l'inspirazione: il respiro viene trattenuto e l'aria residua aumenta, il ritmo respiratorio diventa più
frequente, ma l'espirazione non è mai completa. Ciò può produrre iperventilazione.
Una sindrome spesso trascurata, probabilmente legata all'ansia, è quella di Roemheld: nello stomaco si
accumula così tanta aria che le pareti premono dal basso sul cuore e sui nervi viscerali; questi sintomi
possono provocare malessere o vertigine, oppure panico e affanno, o ancora dolore al petto 35. I sintomi di
disagio che ne conseguono, se non riconosciuti dal medico, vanno a etichettare il paziente come malato
immaginario. Lowen spiega questo problema in termini di difesa contro il senso di panico: il torace gonfio
mantiene un'ampia riserva di aria come misura di sicurezza; si tratta di una sicurezza illusoria. Chi ha
difficoltà a espirare in modo completo, ha difficoltà a lasciarsi andare36.
33
34
35
36
Lowen A., 1975, Bioenergetica. Milano: Feltrinelli Ed.
Lowen A., 1975, Bioenergetica. Milano: Feltrinelli Ed.
Enders G., 2015, L'intestino felice. Venezia: Sonzogno Ed.
Lowen A., 1979, Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica. Roma: Astrolabio Ed.
Procedendo nella cavità addominale, il respiro scende nel diaframma. Il movimento regolare del diaframma
agisce come un massaggio per lo stomaco e l'intestino e ne facilita la peristalsi. La pulsazione nella cavità
addominale è un ausilio per la digestione37.
La mancanza di un ritmo respiratorio regolare potrebbe essere dovuta ad una respirazione debole e ad un
blocco del diaframma. Quando nè l'inspirazione e nè l'espirazione arrivano a coinvolgere l'addome in misura
visibile, il sistema digerente non ha un apporto di energia adeguato per espletare le sue funzioni in maniera
armonica e regolare, viene lasciato a se stesso; ciò va ad ostacolare la peristalsi. Una volta che il diaframma
si è liberato, la peristalsi si riattiva.
Il blocco diaframmatico è provocato da emozioni quali paura e ansia. Se è cronico si lega ad ansia cronica;
questo blocco cronico si associa a diversi "ruoli" nella vita dell'individuo; sebbene questi ruoli non si
colleghino ad una struttura caratteriale particolare, sembrano collegarsi tutti a strutture pregenitali,
soprattutto masochista e orale: il pacificatore, il timido esitante, il compiacente, il bravo ragazzo, colui che
dà sostegno, il perfezionista, il vittimista; tutti ruoli che mostrano un atteggiamento di sacrificio di sè a
favore di un ideale o di compiacere qualcun'altro. Questa è una caratteristica simile all'atteggiamento del
Self-silencing scheme che ricorre nei soggetti con IBS. Questi atteggiamenti originano da forti insicurezze,
timori e dalla repressione dell'aggressività.
Il blocco diaframmatico associato alla sindrome da iperventilazione si riscontra frequentemente in soggetti
con caratteristiche orali o altri caratteri a bassa carica energetica. Anche coloro che soffrono di sindrome da
iperventilazione hanno un atteggiamento di sacrificio di sè. Queste persone non riescono a gestire una buona
carica energetica senza esserne spaventate; hanno difficoltà a esprimere la rabbia e nel momento in cui
questa sopraggiugne, il loro diaframma si blocca immediatamente; spesso, inoltre, sviluppano una fame
d'aria che non gli permette di espirare tutta l'aria dai polmoni sebbene la dose di ossigeno assunta sia bassa.
Diverse forme di enterite e colite sono sostenute da un blocco del diaframma, soprattutto quando è associato
a tensioni nella regione del pavimento pelvico. Queste persone sono tendenzialmente perfezioniste,
narcisiste, ambiziose e di nuovo votate al sacrificio di sè; terrorizzate ad esprimere la rabbia verso coloro da
cui dipendono, si spostano al di sopra di questo dilemma in una posizione di superiorità interiore e
disprezzo38. Vivono "in alto", nella testa, e hanno difficoltà-paura a radicarsi e a contattare il corpo con
determinate emozioni che ne derivano.
Le parti del corpo dove non arriva ossigenazione sono caratterizzate da blocchi energetici e tensioni; queste
tensioni a volte non si percepiscono nemmeno, in quanto le parti coinvolte sono dimenticate, fino a quando
non danno segnali e così la persona sperimenta dolori e malesseri.
La presenza di disturbi gastrointestinali indica un blocco energetico molto profondo, che come abbiamo
visto si collega a ferite che si collocano in una fase molto precoce dell'infanzia, la fase pregenitale. Il corpo
si difende come può, così non porta ossigeno abbastanza nelle viscere per non sentire questo senso di
mancanza primordiale; rimane così poco nutrito. La respirazione è debole, non regolare, spesso
caratterizzata da apnee.
Più i blocchi energetici sono profondi/interni nel corpo e più sono dovuti a ferite che si collocano nelle
prime fasi di vita del bambino. Le viscere sono la zona più profonda del corpo, quella da dove parte tutto: la
vita.
37 Bellis J. M., Sintomi e malattie degli apparati respiratorio e gastrointestinale. Manuale di analisi bioenergetica.
38 Bellis J. M., Sintomi e malattie degli apparati respiratorio e gastrointestinale. Manuale di analisi bioenergetica.
5. LA CURA ATTRAVERSO IL GROUNDING
Curando la pancia e ristabilendone le funzioni alterate, si esercita un'azione benefica su tutto il corpo e sui
disturbi fisici e psichici. La pancia è la sede del nostro mondo emotivo. Quando questo organo è carico di
malesseri che portano le tracce di relazioni di attaccamento instabili, è possibile prendersene cura dandoci
"respiro", ascolto e coltivando la possibilità di aumentare la capacità di espressione della parte più profonda
di noi.
MICROREGOLAZIONI E DIFFERENZIAZIONE DEGLI STATI AFFETTIVI:
IL PRIMO GROUNDING
L'infant research evidenzia come i processi corporei e le relazioni affettive siano intessuti insieme e
riflettano l'identità psicosomatica della persona. Nella diade madre-bambino avvengono delle
microregolazioni reciproche, a carattere circolare, che portano a sintonizzarsi all'interno di una relazione che
evolve gradualmente, nella quale il bambino si rispecchia nelle reazioni della madre, sperimenta e apprende.
Nel momento in cui sono presenti incontri significativi e risonanze reciproche, il bambino sperimenta le
qualità emotivo-corporee che promuoveranno in lui la differenziazione e la distinzione degli stati affettivi da
quelli corporei.
L'attaccamento con la madre è la prima forma di radicamento (grounding) per il bambino; la qualità di
questo attaccamento e sostegno determina il tipo di radicamento che egli andrà a sviluppare, ossia il suo
senso di sicurezza interiore e il senso di stabilità sulle proprie gambe. Da adulto, egli poggerà con le proprie
gambe su un altro tipo di sostegno, che è la terra. La sua vita muoverà verso un'autonomia sempre maggiore,
ma l'imprinting sarà dato dalla sua esperienza di radicamento con la madre39.
GROUNDING
L'obiettivo del grounding, praticato in analisi bioenergetica, è quello di portare il soggetto a sperimentare
questo radicamento, questa connessione con la realtà che lo circonda e questo sostegno del terreno sotto i
suoi piedi, che diventa sostegno e radicamento interno. Il radicamento porta all'ascolto di sè, a sentire il
proprio corpo e la qualità della propria energia, le parti sopite, quelle contratte. Ogni muscolo contratto va a
bloccare dei movimenti e quindi va a bloccare parte della propria espressione.
L'ascolto di sè è accompagnato da una respirazione che si espande nel corpo e porta a sentire come stiamo,
quanto siamo in tensione. Il respiro profondo favorisce l'aumento dell'energia corporea, porta a ossigenare le
parti contratte e promuove lo sblocco di queste contrazioni e tensioni. Da qui, il proposito di sciogliere le
tensioni, esprimerle, scaricarle, per recuperare ogni sensazione sopita e sentirsi più vitali, presenti e più
liberi di un contatto genuino con se stessi e con il mondo. Il radicamento è un processo che punta a ritrovare
una sempre maggiore fluidità, libertà di espressione e della propria creatività. Questo implica una maggiore
padronanza di se stessi, che va in antitesi al bisogno di controllo. Il bisogno di controllo è dettato dalla paura
e dalla sfiducia, mentre la padronanza si sviluppa in uno stato di benessere e fiducia.
Più siamo radicati, più la nostra respirazione è profonda e più cresce spontaneamente la nostra capacità di
entrare in contatto con noi stessi e con il contesto; si raggiunge uno stato di integrazione e consapevolezza di
sè. Emergono sensazioni ed emozioni che prima erano cronicizzate nel corpo e che ora si possono esprimere.
L'ossigenazione porta alla vibrazione del corpo. In grounding, il corpo si carica energeticamente sia
attraverso la respirazione e sia attraverso il contatto col suolo; è dai piedi che parte la vibrazione, che poi
tende a salire e aiuta a sciogliere le tensioni muscolari che incontra, mano a mano che ci si carica.
La vibrazione corrisponde ad un aumento di energia e ad uno scioglimento della tensione nella zona
interessata: è la chiave della vitalità e del benessere. Lowen afferma che, man mano che la vibrazione si
espande in maniera sempre più coordinata, si formano e si diffondono per tutto il corpo onde pulsanti.
Queste onde si liberano in uno stato di completo rilassamento o di sentire intenso. Sono onde respiratorie e
di sensazione che attraversano il corpo ad ogni inspirazione ed espirazione. Ci sono altre onde pulsanti con
39 Zaccagnini G. B., Relazioni affettive e processi corporei. Manuale di analisi bioenergetica.
le quali abbiamo maggiore familiarità, e sono quella del battito cardiaco e quella della peristalsi intestinale.
La qualità della vibrazione può assumere diverse forme, a seconda dei nostri livelli di tensione e carica
energetica. Quando non c'è vibrazione, il nostro corpo è scarico o in forte tensione; dobbiamo dare il tempo
al nostro corpo di accogliere l'ossigenazione e caricarsi. Una vibrazione grossolana, brusca indica che la
presenza della carica che non scorre liberamente, incontra degli ostacoli, le tensioni, che non le consentono
di fluire in modo uniforme. Così anche vibrazioni irregolari indicano l'incontro con dei muscoli contratti.
Mano a mano che la muscolatura si rilassa, si raggiunge una vibrazione più dolce, sottile, appena percettibile
in superficie, ma avvertita come un fremito interiore fluido e molto piacevole40.
Lo stato di vibrazione si raggiunge quando non c'è autoimposizione, quando cioè il grounding viene
praticato entrando in una dimensione intima di ascolto di sè, e non come se si eseguisse un esercizio in
maniera meccanica. Ci si concede il tempo di stare in questo processo ed esplorare, sentendo fin dove arriva
il proprio respiro, senza imporsi su di esso; è come se gli si aprisse un cancello, ma senza spingerlo dentro.
Nel corpo, nella schiena si può avvertire qualche piccolo rumore, qualche ossicino che scricchiola al passare
del respiro. Si vive il piacere del respiro e di sentirsi al sicuro nel proprio corpo. Un'esperienza che mette
confine e isola dal "traffico" che c'è fuori, una dimensione altra, silenziosa quanto vasta, come un limbo in
cui poter sostare e stare con sè; potrei chiamarla la dimensione dell'essere. E' uno stacco dalla fretta,
dall'ansia e dalle responsabilità, che consente di prendersi consapevolmente "il proprio tempo".
In questo stato di maggiore sensibilità quanto di maggiore padronanza, non c'è esaltazione bensì apertura: è
un "eccomi", "ci sono", "mi sento".
L'ascolto e l'apertura che si determina nel grounding, porta a un progressivo aumento della capacità di
prendere e accogliere ossigeno; quando il respiro raggiunge la pancia, scioglie le tensioni che si annodano
nell'intestino, il dolore nel ventre diventa calore e si guarda al mondo in maniera più rilassata e
genuinamente ricettiva. La capacità di prendere e accogliere ossigeno sta alla base della capacità di
protendersi verso il mondo e di esprimersi.
L'ESPANSIONE DEL RESPIRO
Oltre al lavoro profondo di contatto, ascolto ed elaborazione, la respirazione genera da sè, in maniera
automatica, importanti effetti benefici, aumentando le difese e rinforzando l'organismo contro gli agenti
perturbatori quali stress, inquietudine e altre emozioni negative.
Senza l'apporto indispensabile di ossigeno, il nostro corpo deperisce e si creano scompensi. Ciò influisce
sullo sviluppo dei disturbi psicosomatici e sui problemi di assimilazione-eliminazione; le conseguenze,
come abbiamo visto, sono: stanchezza cronica, irritabilità, problemi sessuali, ecc.
La respirazione è l'unica funzione fisiologica che può essere attivata in maniera volontaria e questa è una
possibilità preziosa.
Donne e uomini respirano diversamente: negli uomini la respirazione incompleta è piuttosto diaframmatica,
mentre nelle donne è più costale e toracica. Ma la precipitazione respiratoria che si verifica sotto stress e in
presenza di emozioni come ansia e angoscia, diventa la stessa nei due sessi.
La respirazione diaframmatica implica la partecipazione dell'addome. Questo tipo di respirazione esercita un
massaggio sulla vescicola biliare, il fegato, il pancreas, la milza, l'intestino; viene favorita la funzione di
assimilazione-eliminazione. Inoltre, stimolando i plessi collegati dal nervo vago, si favorisce l'armonia tra i
due cervelli. Nel sistema respiratorio, il vago dà la sensibilità alle mucose delle vie respiratorie e trasmette il
ritmo, la forza e la frequenza della respirazione. Tramite il vago ogni fase respiratoria si ripercuote
simultaneamente tra i due cervelli. Questo meccanismo ha a che fare con le onde pulsanti di cui parla
Lowen.
L'ipofisi ossigenata produce più endorfine, il ormoni del benessere. Pierre Pallardy, osteopata, sottolinea che
sia sufficiente un secondo e mezzo in più d'inspirazione perchè il primo cervello aumenti la produzione di
endorfine. Implicate nella resistenza allo stress, le endorfine favoriscono lo sviluppo delle cellule
immunitarie create nella pancia41. La pancia si risveglia, si attiva e porta benessere al corpo.
40 A. Lowen, 1979, Espansione ed integrazione del corpo in bioenergetica. Roma: Astrolabio.
41 Pallardy P. 2005, La salute viene dalla pancia. Milano: Tea Ed.
IL PAZIENTE PSICOSOMATICO IN TERAPIA
In un paziente psicosomatico, il grounding porta a sentire il proprio corpo in maniera differente, prendendo
gradualmente confidenza con il sè corporeo e con la parte "irritabile" o dolorante. Il grounding diventa un
modo per oltrepassare il senso di minaccia evocato dai sintomi. La sintonizzazione con il proprio corpo
porta alla diminuzione delle paure legate al corpo e ai suoi sintomi, in quanto ridimensiona gradualmente la
propria percezione, seppur nel paziente psicosomatico questo sia un processo lungo e delicato.
L'obiettivo, soprattutto nel caso del soggetto psicosomatico, è quello di ritornare e stare nel contatto con il
suo corpo come prima istanza, che precede la percezione e l'elaborazione metale che ne deriva. Rafforzare e
approfondire il contatto puro e semplice è un modo per prendere coscienza del proprio corpo e delle parti
che chiedono riconoscimento, distanziarsi dalle convinzioni dannose legate ai propri sintomi. Queste
ruminazioni si legano alle proprie percezioni e alimentano ansia e preoccupazione, perciò vanno poco per
volta arginate e decostruite. Sciogliendo le tensioni, anche il senso di allarme verrà meno.
Le parti doloranti sono spesso inascoltate o ascoltate con paura e fastidio. Questi nodi somatizzati nel corpo
esprimono un grande conflitto, che si può sciogliere portando ascolto e accettazione: da uno stato di chiusura
ci si muove verso graduali spiragli di apertura e fiducia. Un percorso di liberazione dal giudizio, che lascia
spazio al contatto e che comporta un graduale concedersi fino a ritrovare se stessi. Un nuovo contatto darà la
possibilità alle parti dolenti di sollevarsi da un peso che, per necessità, si è scaricato su di loro negli anni.
L'aumento dell'energia corporea nelle parti tese promuoverà nuove sensazioni, aprendo alla possibilità di un
diverso dialogo corporeo. Una maggiore ossigenazione favorirà la ripresa di una naturale regolarità e
pulsatilità, donando contatto nelle pareti interne degli organi respiratori e gastrointestinali attraverso un
massaggio rigenerante. Ciò favorirà la graduale autoregolazione dei processi somatici, portando ad una
riappropriazione dei propri organi delicati.
L'ascolto del corpo porta gradualmente a esprimere fuori di sè gli impulsi che hanno origine all'interno.
Confinare ed esprimere sono le mete che guidano il soggetto verso il suo equilibrio psico-fisico. Con
l'aumento dell'ascolto diminuisce la protesta delle proprie parti somatiche che anelano a un riconoscimento
e, come afferma Gabriella Buti Zaccagnini, si approda a un nuovo senso di sè che individua e ristora.
Il paziente psicosomatico ha molta difficoltà ad affidarsi. Benjamin (2005) afferma che "la mancanza di
accettazione, empatia e comunicazione nei primi anni può portare a percepire l'altro come un ostacolo, un
giudice spaventoso o uno sfruttatore".
Il paziente fa fatica a gestire efficacemente i suoi contenuti emotivi e quindi le sue esperienze relazionali. Il
vissuto di impotenza lo porta ad avere un gran bisogno di tenere sotto controllo se stesso e l'altro, in quanto
si sente facilmente minacciato. Tenere sotto controllo è la sua modalità per proteggersi. Una modalità che
non gli consente di sentirsi però libero. Nella relazione con il terapeuta si ripropone questa situazione: il
terapeuta viene vissuto in maniera minacciosa. La graduale apertura ad uno spazio interno, che accoglie il
respiro e così le impressioni che arrivano dall'esterno, va di pari passo ad un'apertura verso l'altro e con il
contesto; ciò promuove la possibilità di un contatto autentico e profondo con il terapeuta, che va in direzione
di un attaccamento sicuro, fatto di sostegno, che gradualmente viene interiorizzato.
La dimensione dell'ascolto apre al piacere del contatto con l'altro, un contatto che va al di là delle parole e
che entra in risonanza profonda. Da questa apertura è possibile, tra slanci e ricadute, aprirsi alla possibilità di
esperienze di una qualità nuova. Quando si raggiunge il contatto con le parti di sè e con l'altro, ci si
individua e subentra la possibilità di creare confini. Fondamentale, per i pazienti con disturbi psicosomatici,
è la costruzione della capacità di stare su se stessi e di rafforzare i propri confini. I confini si possono
costruire gradualmente all'interno di una relazione calda, empatica, basata sull'ascolto profondo. Il paziente
ha bisogno di interiorizzare un'esperienza differente, stabile fiduciosa e integrante, che tanto gli è venuta a
mancare nell'infanzia. Questa interiorizzazione muove al cambiamento.
L'approccio dell'analisi bioenergetica è particolarmente indicato al trattamento dei disturbi "precoci" e delle
malattie psicosomatiche: il paziente ha bisogno, oltre che di un dialogo verbale con il terapeuta, di ritrovare
un dialogo corporeo interno e può farlo attraverso un'esperienza che arrivi nella profondità del corpo 42. Il
lavoro bioenergetico porta a ritrovare la forza e il piacere di camminare con le proprie gambe e vivere
pienamente, liberando le paure e gli allarmi rimasti intrappolati nel corpo.
42 Ibidem.
6. UN PICCOLO STUDIO
Espongo ora i risultati di un questionario che ho somministrato ad un piccolo campione di soggetti con colon
irritabile e altri disturbi gastrointestinali. Il questionario ha esplorato differenti caratteristiche fisiche,
psicologiche e psicosomatiche. Ne riporto alcune, tra le più salienti.
I risultati si riferiscono a dei semplici profili medi. Nel prossimo futuro mi propongo di sviluppare questa
ricerca introducendo un'analisi dei dati più approfondita che vada a indagare, tra i vari aspetti, la
correlazione e il confronto tra le variabili qui riportate.
Il campione è costituito da 19 soggetti, 15 femmine (79%) e 4 maschi (21%), così suddivisi in base ai
disturbi gastrointestinali manifestati:
14 soggetti con colon irritabile, 2 soggetti con reflusso gastroesofageo,
maschi
1 soggetto con morbo di Chron e 2 soggetti con gastrite.
femmine
I soggetti sono così suddivisi in base ai dati anagrafici:
Celibe / nubile 33%
Fidanzato/a 17%
Sposato/a 39%
Separato/a-divorziato/a 11%
Dai 20 ai 25 anni 11%
Dai 31 ai 40 anni 26%
Dai 41 ai 50 anni 21%
Dai 51 ai 60 anni 16%
Dai 61 ai 70 anni 16%
Oltre i 70 anni11%
...e alla struttura fisica:
magro 16%
peso forma 58%
robusto 31%
Espongo ora i risultati di differenti parametri.
Come unità di misura ho stabilito un punteggio che andasse da 0 a 3 che indica la frequenza dei sintomi:
0 (mai), 1 (raramente), 2 (talvolta), 3 (spesso). E' bene tenere presente che questi dati possono dare una
piccola indicazione, ma non possono costituire una stima attendibile di una popolazione con disturbi
gastrointestinali, in quanto il numero dei soggetti è davvero esiguo.
Per quanto riguarda la presenza di altri sintomi oltre a quelli gastrointestinali, quello più frequente è il di
mal di schiena, seguito dalla stanchezza e dal mal di gola.
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
stanchezza
mal di testa
infezioni genitali/urin
gola contratta
mal di gola
mal di schiena
Osservando le percentuali dei tre gruppi di soggetti (magro, peso forma, robusto), possiamo notare che in
tutti e tre i gruppi c'è una prevalenza di dolori lombari. I soggetti robusti sono quelli che soffrono
maggiormente di dolori lombari (pressochè il 100%), seguiti dai soggetti in peso forma (90%) e infine dai
soggetti magri (65%). Gli altri valori che si evidenziano sono il 65% di soggetti robusti con dolori anche alla
zona cervicale e il 65%
di soggetti magri con
100
dolori anche all'altezza
90
delle scapole. Questi dati
80
confermano la tensione
70
base collo
lombare nei soggetti con
60
cervicale
disturbi gastrointestinali
50
scapole
(soprattutto con colon
40
irritabile). Inoltre, i
lombare
30
soggetti nel peso forma
sacro
20
sono il gruppo che soffre
10
meno di dolori nella
0
regione
alta
della
magro
peso forma
robusto
schiena (meno pesi
addosso rispetto agli altri
due gruppi?).
Quasi tutti i soggetti tendono a stare
con la schiena curva. I soggetti
robusti sono quelli che tendono
meno a stare con la schiena curva.
100
percentuali
80
60
schiena eretta
schiena curva
40
20
0
magro
peso forma
robusto
I soggetti robusti hanno tutti un respiro poco profondo e alcuni anche apnee, chiari segni di trattenimento.
I soggetti in peso forma hanno quasi tutti un respiro poco profondo e alcuni di loro anche affannoso (un solo
soggetto riporta un respiro profondo) e riguardo ai soggetti magri: un terzo ha un respiro poco profondo, un
terzo bloccato e un terzo profondo. Nel complesso, la respirazione non è libera.
100
percentuali
80
apnea spesso
bloccato
affannoso
poco profondo
profondo
60
40
20
0
magro
peso forma
robusto
Considererò, d'ora in poi, l'intero campione di soggetti con disturbi gastrointestinali per quanto riguarda le
altre variabili:
STRESS, SENSIBILITA', ANSIA E DEPRESSIONE
Quasi il 60% dei soggetti sente di accumulare spesso
stress e tensioni e di non scaricarli completamente.
E' una percentuale da prendere in considerazione.
percentuali
60
40
20
0
spesso
a volte
raramente
Senti di accumulare stress o tensioni e non scaricarli completamente?
percentuali
60
40
Il 50% dei soggetti si reputa una persona molto sensibile
e circa il 20% moltissimo; anche queste sono percentuali
rilevanti, che confermano le evidenze sulla sensibilità di
questi soggetti.
20
0
moltissimo molto nella norma poco
Ti reputi una persona sensibile?
50
40
30
20
10
0
percentuali
Il 40% dei soggetti soffre periodicamente
di depressione, il 25% circa soffre
spesso di depressione o sente spesso una
depressione latente, un 9% raramente,
mentre circa un 19% non ha mai sofferto
di depressione.
E' significativo come ben più della metà
dei soggetti sia periodicamente o spesso
depresso.
a periodi
spesso/depressione latente
DEPRESSIONE
60
percentuali
mai
raramente
Alla domanda
"ti reputi una persona ansiosa?"
più del 50% ha risposto "molto", un 10% circa
"moltissimo" e un 25% "poco".
Il 60% dei soggetti si sente ansioso.
40
20
0
moltissimo molto abbastanza poco
no
Ti reputi una persona ansiosa?
60
50
percentuali
Più del 50% dei soggetti si sente spesso impaziente.
Questo risultato, legandosi alle percentuali presentate finora,
potrebbe eventualmente indicare, per molti di questi soggetti,
una difficoltà nella gestione e modulazione delle emozioni e
uno stato di mancato equilibrio emotivo, che potrebbe essere
legato alla suscettibilità della loro pancia (nel caso si
escludessero altre cause: infettive, ecc).
40
30
20
10
0
spesso
a volte
impazienza
mai
BISOGNI
60
percentuali
Circa il 50% dei soggetti presenta
spesso o quotidianamente un forte
appetito; il restante 40% talvolta e il
16% circa raramente.
40
20
0
quotidianamente spesso a periodi/talvolta raramente
Hai un forte appetito?
50
percentuali
40
30
Il 40% dei soggetti sente un bisogno di affetto
mediamente alto, il 10% alto e un altro 10%
ambivalente. Un risultato indicativo.
20
10
0
ambivalente
alto
medio
mediamente alto
basso
bisogno di affetto
Riguardo ai livelli di insoddisfazione riportati, circa il
40% prova spesso insoddisfazione e il 50% prova
insoddisfazione a volte, mentre un 6% prova
quotidianamente insoddisfazione. Nessuno ha segnato
"raramente" o "mai". Anche questo è un dato importante.
percentuali
percentuali
Circa il 75% dei soggetti ha un forte bisogno di indipendenza: questa è una percentuale molto alta, ma va
in antitesi al bisogno d'affetto riscontrato nel diagramma precedente. Per capirne di più si dovrebbe indagare
quanto, a quest'ultimo risultato, corrisponda una
reale indipendenza intesa come senso di stabilità
60
sulle proprie gambe e quanto sia presente invece
50
una modalità reattiva alla dipendenza.
40
L'ostentazione
dell'indipendenza
è
una
30
caratteristica cosidetta "orale": in questo caso, la
20
difficoltà a instaurare rapporti sereni e/o
10
significativi potrebbe comportare una reazione
0
di allontanamento e rifiuto che va verso la
alto
medio
ricerca di indipendenza.
altalenante
mediamente alto
basso
Riguardo al campione di soggetti, non si
bisogno di indipendenza
possono trarre conclusioni in merito.
60
50
40
30
20
10
0
spesso
quotidianamente
insoddisfazione
a volte
Ben il 50% si fa spesso carico dei bisogni degli
altri e il 20% se ne fa carico quotidianamente. Il
20% a volte e nessuno ha segnato "mai".
Questo dato è indicativo. Ricorda quel "crescere
troppo in fretta" per andare in soccorso agli altri,
tipico del soggetto con una ferita preverbale, ma
anche in questo caso si tratta di supposizioni
eventualmente da verificare.
percentuali
DIRITTI, DOVERI E AUTOESPRESSIONE
60
50
40
30
20
10
0
spesso
quotidianamente
mai
a volte
Ti fai carico dei bisogni altrui?
70
Il 60% dei soggetti sente di far valere i propri diritti solo a
volte, contro un 30% che sente di farli valere spesso. Una
piccola percentuale sente di non far valere mai i propri diritti.
percentuali
60
50
40
30
20
10
0
a volte
60
mai
50
Senti di far valere i tuoi diritti?
Il senso di impotenza è sperimentata spesso da più del
30% dei soggetti, mentre il 50% la sperimenta a volte.
percentuali
spesso
40
30
20
10
0
spesso
50
a volte
mai
impotenza
percentuali
40
30
Il 40% sente di non esprimere abbastanza la propria
femminilità o mascolinità, mentre il restante 60%
generalmente si.
20
10
0
si
generalmente si
non abbastanza
senti di esprimere la tua femminilità/mascolinità?
80
percentuale
Ben quasi l'80% dei soggetti sente di esprimersi
appieno solo a volte, seguiti da una piccola percentuale
di coloro che sentono di non esprimersi mai appieno.
Forse questa domanda può risultare ambigua, visto il
termine "appieno", ma in ogni caso questo risultato
riprende uno degli elementi psicosomatici per
eccellenza, ossia la difficoltà a esternare e la tendenza
a introiettare, e si lega a quel 60% di soggetti che
sentono di accumulare tensioni e di non scaricarle
completamente.
60
40
20
0
spesso nella norma a volte
senti di esprimerti appieno?
mai
CONSAPEVOLEZZA E GESTIONE DELLE EMOZIONI
50
40
percentuali
Nella percezione dei propri stati d'animo ed emozioni, il
campione si spacca in due: il 50% si sente consapevole di
ciò che prova, mentre della restante metà, un 25% non si
sente del tutto consapevole e un altro 25% è confuso.
Il "confuso" è un dato che lascia intendere una difficoltà
nel comprendere ciò che si sente.
30
20
10
0
non del tutto cons.
consapevole
confuso
percentuali
riguardo alle emozioni che provi, ti senti spesso:
70
60
50
40
30
20
10
0
non sempre
raramente
spesso
talvolta
La gestione delle emozioni in questi soggetti va a far luce
su una migliore comprensione del diagramma precedente
riguardo alla consapevolezza.
Il 60% dei soggetti sente talvolta di gestire efficacemente le
emozioni e un 10% raramente.
Molto probabilmente, i soggetti che sentono di avere poca
consapevolezza sono anche quelli che sentono di gestire con
maggiore difficoltà le loro emozioni.
senti di gestire efficacemente le tue emozioni?
Differenti dati qui esposti confermano alcuni degli aspetti che accompagnano un intestino e uno stomaco
"irritabili".
Ho apprezzato molto la collaborazione delle persone che si sono prestate a compilare il questionario, la
pazienza che hanno mostrato a fermarsi qualche minuto in più in una mattinata di via vai. Ringrazio ognuno
di loro.
CONCLUSIONI
Le scoperte degli ultimi anni riguardo alla pancia hanno gettato i ponti per nuove chiavi di comprensione.
Questa comprensione può essere uno dei tanti modi per avvicinarsi alla propria pancia, soprattutto per il
paziente che soffre di colon irritabile. Ad oggi, sapendo il ruolo emotivo e complessivo che riveste, è
impossibile ignorare i segnali che la pancia invia. Non c'è alleato più prezioso; lì è custodita la nostra
essenza, alla quale possiamo attingere per coltivare vitalità e armonia.
Imparare a "sentire di pancia" consente di sperimentare il piacere e la soddisfazione, di vivere pienamente e
assaporare la bellezza di "accogliere e onorare", se stessi e l'ambiente intorno a sè.
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