Musica e File Sharing

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Università degli Studi di Genova
Facoltà di Scienze della Formazione
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione
Tesi triennale
Musica e File Sharing
Tra Internet e il P2P
Candidato: Michele Lodato
Relatore: Prof. Gianni Vercelli
Anno accademico 2004-2005
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Indice
Capitolo 1 .............................................................................................. 3
Concetti base su MP3 e P2P ...................................................................... 3
1 – Che cos’ è un MP3 ........................................................................... 3
2 – Gli mp3 e internet ........................................................................... 5
3- Che cos’è il file sharing ..................................................................... 6
Capitolo 2 .............................................................................................. 8
le diverse reti di scambio di file ................................................................. 8
4 – La storia di Napster ......................................................................... 8
5 – I successori di Napster ...................................................................11
5.1 – La rete Gnutella .......................................................................11
5.2 Rete FastTrack...........................................................................13
5.3 La rete eDonkey2000 ..................................................................14
5.4 La rete DirectConnect ..................................................................16
Capitolo 3 .............................................................................................16
File Sharing tra presente e futuro .............................................................16
6 – I nemici del file sharing ..................................................................16
7 – La “guerra del p2p” in Italia ............................................................18
8 – L’ autodifesa delle reti di scambio ....................................................19
8.1 – Analisi del programma MUTE .....................................................20
9 – Il mercato di fronte alla sfida del file sharing. Il caso della Apple .........23
9.1 – Gli iPod, il nuovo modo di ascoltare la musica ..............................23
9.2 – Il successo di iTunes Music Store ................................................25
10 – La cronaca: ultimi sviluppi sul file sharing .......................................27
Bibliografia .........................................................................................33
Opere monografiche e opere collettive ................................................33
Da siti web ......................................................................................33
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Capitolo 1
Concetti base su MP3 e P2P
1 – Che cos’ è un MP3
Un file MP3 è un file audio compresso.
Per ottenere questa compressione viene usato l'algoritmo MPEG 1 Layer-3 che
può raggiungere un rapporto di compressione massimo 1 a 12. Questa
compressione avviene con una perdita di qualità pressoché nulla all’ orecchio
umano. Il formato nasce essenzialmente per esigenze pratiche. Si voleva,
infatti, avere la possibilità di trasmettere dati audio risparmiando sulla banda
occupata.
Per risolvere questo problema, la maggior parte delle persone comprime i file
audio usando una compressione lossy, ossia una tecnica di compressione con
perdita di informazioni.
Le informazioni perse in questo modo vengono perse per sempre, anche se si
ritrasformasse il file compresso nel formato originario. Infatti compressioni di
questo tipo agiscono in maniera “distruttiva”, ma nel caso degli mp3 la perdita
di informazioni può essere trascurabile per quanto riguarda la qualità del
suono. Cercherò di spiegare brevemente i motivi.
Tutto questo è dovuto al fatto che gli organi di senso umani non sono
assolutamente perfetti. Nel caso dell’ udito, infatti, esistono delle soglie oltre le
quali i nostri sensi non vengono più stimolati, impedendoci così di recepire
alcuni suoni.
Proprio per questo, ricerche di psicoacustica hanno dimostrato che l’ orecchio
umano non è in grado di percepire stimoli al di fuori del range di frequenze
che va da 20 a 20 mila Hertz (Hz).
Inoltre, la maggior parte degli esseri umani trova difficoltà a percepire i suoni
con frequenze intorno ai 15 mila Hz. Senza dimenticare però che un orecchio
ben allenato è comunque in grado di riconoscere una inevitabile perdita di
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qualità dovuta alla trasformazione del file.
Con questi presupposti, si arriva a capire come agisca questo metodo di
compressione, ossia semplicemente “tagliando” le frequenze che l’orecchio
umano non è in grado di percepire.
Altri sistemi usati da questo metodo di compressione è il codificare come
monofonici i segnali stereo che risultano identici o molto simili su entrambi i
canali.
Inoltre viene applicato un ulteriore algoritmo di compressione lossless (ossia
questa volta senza perdita di dati) per scartare le informazioni ridondanti nel
flusso dei dati.
Questo spiega, ad esempio, perché un brano di musica pop molto ripetitivo dal
punto di vista melodico avrà una copia in mp3 più piccola rispetto ad un brano
più complesso artisticamente, a parità di durata della canzone.
Riassumendo, l’mp3 è un metodo di compressione lontano dalla perfezione,ma
che per le sue indubbie qualità pratiche ha avuto un’ espansione notevole.
L’ mp3 è solo uno dei tanti codec disponibili sul mercato, ma oltre ad essere
stato uno dei primi è di sicuro quello che ha avuto più successo e diffusione, al
punto che ormai questa sigla è entrata nel gergo comune.
Anche se i formati più recenti sono ormai in grado di produrre file audio più
piccoli e qualitativamente migliori, gli mp3 mantengono intatta la loro
grandissima popolarità perché supportati da praticamente tutti i lettori e inoltre
c’è l’importante aspetto che essi non contengono alcuna protezione alla copia,
facilitando la loro diffusione.
L’invenzione dello standard mp3 è da attribuirsi all’istituto di ricerca Fraunhofer
IIS-A di Monaco, che cominciando nel 1987 ad analizzare la possibilità di
mettere in pratica dei metodi di codifica basati sulla psicoacustica, è arrivato a
definire le specifiche di questo formato.
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2 – Gli mp3 e internet
La fortuna dell’ mp3 è strettamente collegata al boom di internet come mezzo
di comunicazione facilmente accessibile e diffuso su scala mondiale.
Il vantaggio principale di questo formato non risiede nella sua qualità e la
possibilità di fruire di uno strumento come un lettore mp3 portatile è un
fenomeno che riguarda solo gli ultimi anni, come vedremo in seguito.
L’ mp3 nasce dall’esigenza di trasferire musica velocemente tramite la rete.
Il primo aspetto da valutare quando si tratta del passaggio in rete di una
canzone può essere proprio quello “economico”: bisogna cercare di trasferire
un file più piccolo possibile per limitare al massimo la durata del trasferimento.
Detto questo si evince come se da un lato l’innovazione delle tecnologie ha
ridotto drasticamente i tempi per i trasferimenti dei file via internet, dall’altro si
deduce che persino con una connessione tramite modem 56k fosse possibile
scaricare degli mp3. Ricapitolando, se non fosse nato un modo per comprimere
i file musicali non ci sarebbe stata la rivoluzione musicale della fine del
ventesimo secolo, che si è sviluppata enormemente in questi ultimi anni.
L’mp3 è nato nel momento giusto per riscuotere la sua straordinaria fortuna.
Un periodo, quello degli ultimi anni del 900, dove internet ha avuto la sua
consacrazione come nuovo canale di comunicazione e dove la sua nuova
utenza, ossia il grande pubblico occidentale, cominciò a sfruttarne l’enorme
potenziale.
Da sempre uno degli aspetti più interessanti dell’informatica dal punto di vista
dell’utente medio non specializzato è proprio trovare utilizzi pratici, se non
ludici, dello strumento informatico. La musica, passione universale e interesse
di gran parte di tutte le popolazioni, ha trovato proprio grazie ad internet una
sua nuova dimensione.
Se prima l’informatica era utilizzata musicalmente solo a livello produttivo e di
realizzazione, ora è diventata uno dei principali canali di diffusione.
E se ora ci sembra un fatto comune comprare brani musicali dai music stores
di tutto il mondo non bisogna dimenticarsi che all’inizio tutto partì dalla
clandestinità del file sharing, dove milioni di persone tuttora si scambiano
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miliardi di brani musicali. Protetti da copyright, ovviamente.
3- Che cos’è il file sharing
L’idea alla base dello scambio dei file è il concetto che chiunque, tramite un
computer, possa partecipare ad una vera e propria rete di condivisione, dove
ognuno metta a disposizione diversi file consentendo a chi ne faccia richiesta di
scaricarlo dal proprio pc, ovviamente potendo fare la stessa cosa a propria
volta.
Dal punto di vista tecnico, si tratta di una rete di calcolatori dove non si segue
la tradizionale struttura client/server, bensì sfruttando la tecnologia del p2p,
dove un numero indefinito di computer si collegano direttamente fra loro sia
come client che come server. Come client potrà ricercare file sulla rete di
scambio, mentre come server potrà fornire file a chiunque sulla rete.
La natura principale del p2p è il fatto che si possano distribuire risorse in
maniera decentralizzata.
La definizione di peer si può definire in maniera informale come “un’ entità con
capacità simili alle altre entità del sistema”. Peer to peer significa in pratica da
pari a pari, concetto che ribalta la tipica distribuzione di file basata sul rapporto
client/server. Le applicazioni p2p si basano sull’ immagazzinare files di diversa
natura (musica, film, programmi, quindi in sostanza dati di ogni genere)
mettendoli a disposizione di chi ne voglia fare uso.
Il file sharing è, insomma, la pratica di rendere disponibili al download files ad
altri utenti attraverso internet o altre reti più piccole. Come vedremo ciascun
programma di file sharing si appoggia ad una singola o a diverse reti di
scambio.
La prima e più famosa rete di scambio fu Napster.
Napster, creato da uno studente americano, Shawn Fanning, spopolò dal 1999
al 2001, quando l’industria discografica intentò un processo contro di esso e lo
costrinse a chiudere.
Ma da quel giorno l’ “eredità” di Napster venne raccolta da un numero notevole
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di altre reti, che capirono quale fu l’errore fatale che costò la chiusura al loro
predecessore.
Napster infatti era una rete basata appunto sullo scambio diretto di file tra i
vari utenti del servizio, ma tutto ciò veniva gestito da un server centrale,
controllato dai responsabili di Napster. Esso funzionava come un enorme indice
per gestire tutte le canzoni presenti e scambiate sulla rete. Partendo da questo
presupposto, fu facile per le aziende discografiche vincere la causa e forzare la
chiusura del servizio.
Ora è facile capire i motivi per i quali le case discografiche (attraverso la RIAA,
la Recording Industry Association of America) siano preoccupate dei potenziali
(o meglio reali) pericoli per i loro business derivati dal p2p:
ciascun utente della rete internet, tramite uno dei tanti programmi di file
sharing disponibili gratuitamente sulla rete può accedere a materiale di diversa
natura protetto da copyright. Inoltre, quando queste reti non sono basate su
singoli server sui quali allocare i file, non c’è uno specifico bersaglio cruciale da
colpire quando si vuole impedirne la diffusione, rendendo molto difficile il
compito di chi intende fermare il file sharing.
Come vedremo, sono nate parecchie reti di scambio, ognuna con le sue
particolari caratteristiche, mentre la campagna per bloccare, o se non altro per
spaventare gli utenti del file sharing è sempre più massiccia.
Va ricordato, comunque, che il file sharing è semplicemente una tecnologia, e
in quanto tale può essere usata in vari modi.
A mio parere il file sharing è una delle migliori espressioni dello spirito di
libertà che pervade la rete. Citando John Gilmore “Internet percepisce la
censura come un malfunzionamento, e quindi la aggira”. Non bisogna però
dimenticarsi che ci sono delle leggi che regolamentano la diffusione di
materiale coperto dal diritto di autore, e che violandole si va incontro a severe
sanzioni.
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Capitolo 2
le diverse reti di scambio di file
4 – La storia di Napster
Shawn Fanning, uno studente americano nato nel 1980, sviluppò giovanissimo
la prima popolarissima piattaforma di file sharing basata sulla struttura del
p2p. Napster venne lanciato nell’autunno del 1999.
Il suo creatore voleva trovare un metodo più semplice per scaricare musica e
in breve tempo il programma ebbe un enorme successo.
Era sufficiente scaricare il programma ed avere una connessione a internet per
poter scaricare, dai pc di utenti sparsi in tutto il mondo, canzoni di ogni
genere.
A differenza dei moderni programmi di file sharing, tramite Napster si
potevano scambiare esclusivamente file musicali, e non file di ogni tipo come si
può fare oggi, ma ciò era sufficiente per iniziare una rivoluzione nel modo di
fruire la musica. In breve tempo il successo di Napster crebbe a dismisura e
nel febbraio 2001 toccò la cifra record di 26 milioni e mezzo di utenti in tutto il
mondo. Buona parte della fama derivava però dalla pubblicità e dall’attenzione
dei media in seguito alle numerose vicende legali che riguardavano il
fenomeno.
A partire dal 1999 la RIAA fece causa a Napster e anche artisti internazionali
quali Madonna e i Metallica lo accusarono di consentire e favorire la
distribuzione illegale di materiale coperto da copyright. Nel frattempo però era
inarrestabile la diffusione di quello che per l’utenza media era semplicemente
un modo nuovo di ottenere musica praticamente gratis, dovendo pagare
solamente le spese per la connessione alla rete. Un elemento fondamentale da
sottolineare è che Napster era un programma molto semplice da usare, veloce
e intuitivo, adatto all’esperto di informatica così come ai neofiti. Sebbene
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servisse un minimo di accortezza e l’esperienza sufficiente per selezionare i file
da scaricare, era davvero questione di pochi minuti ottenere una qualunque
canzone, dall’ultimo successo pop sino a rarità introvabili di artisti sconosciuti.
Tutto questo non poteva essere tollerato dall’industria musicale che con il
fenomeno del file sharing cominciò ad affrontare una crisi di vendite dei dischi
che tuttora persiste.
Nel luglio 2001, un giudice ordinò ai server Napster di chiudere l'attività a
causa della ripetuta violazione di copyright. Il 24 settembre 2001 la sentenza
fu parzialmente eseguita. L'accordo prevedeva che Napster pagasse come
indennizzo 26 milioni di dollari come risarcimento per i danni del passato, per
utilizzo non autorizzato di brani musicali e 10 milioni di dollari per royalties
future. Per poter pagare queste parcelle, Napster tentò di convertire il servizio
da gratuito a pagamento. Un prototipo fu testato nella primavera del 2002, ma
non fu mai reso pubblicamente disponibile.
Con la fine di Napster si rivelò comunque un’illusione l’idea di aver
definitivamente scongiurato il “problema” del file sharing. Dalle ceneri del loro
capostipite in breve tempo nacquero svariati programmi che riuscirono ad
appaiare e addirittura a superare il successo di Napster. Oggi il file sharing è in
costante evoluzione, e, sebbene come vedremo i rischi per chi “scarica” sono
più di una semplice minaccia, il fenomeno è destinato a protrarsi non solo
nell’immediato futuro.
Attualmente Napster è “rinato” come servizio di file sharing a pagamento. Una
nuova realtà quindi molto differente dal programma, e dallo spirito, originale.
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5 – I successori di Napster
Come già accennato precedentemente, dopo la chiusura forzata di Napster il
file sharing non venne bloccato. In breve tempo si formarono molte nuove reti
di scambio di file.
Per condividere file in queste reti c’è bisogno di un programma client dedicato.
Il client è semplicemente il programma che serve per cercare e scaricare i file.
Ogni rete è autonoma, e non si possono scaricare file tra due computer
collegati a reti differenti.
Di seguito analizzerò alcune delle più celebri reti di scambio.
5.1 – La rete Gnutella
Gnutella fu una delle prima reti di scambio ad essere proposte dopo la chiusura
di Napster. Si tratta di un progetto completamente open source e consente ai
suoi utenti di cercare e condividere ogni genere di file, non solo MP3.
Questo servizio fu creato per evitare gli stessi rischi legali corsi da Napster.
L'aspetto fondamentale che ha decretato il successo di questa rete di
condivisione, derivante dalla sua struttura decentralizzata, è dovuto al fatto
che se anche una persona interrompe il collegamento non causa l'interruzione
di tutti gli altri. Gnutella ha fatto tesoro delle difficoltà iniziali e grazie a questo
il suo uso è incrementato in maniera esponenziale.
La nascita di Gnutella avvenne in una maniera piuttosto particolare. Gli
sviluppatori della Nullsoft, (i creatori del celebre Winamp) pochi mesi dopo la
chiusura di Napster, il 14 marzo del 2000, pubblicarono il codice sorgente di
Gnutella su un sito web. America On line (AOL), la società proprietaria della
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Nullsoft, in poche ore cancellò il programma dal sito, ma ormai più di diecimila
persone avevano scaricato il programma.
Questo bastò ad altri sviluppatori per poter portare avanti il programma e la
sua rete senza bisogno degli originali programmatori.
Gnutella è una delle reti più vecchie, grandi ed utilizzate tra quelle ancora oggi
esistenti e ovviamente non è priva di alcuni problemi.
Avendo eliminato il server centrale che “dirigeva il traffico” di Napster, le
ricerche per ciascun tipo di file passano tra tutti i computer collegati a
Gnutella, che possono essere migliaia. Da qui si capisce come una rete
strutturata in questo modo soffra problemi di lentezza. Ciononostante riscuote
ancora oggi un notevole successo. Alcuni dei programmi client più famosi per
utilizzare la rete sono Morpheus, BearShare, Acquisition, LimeWire, FreeWire e
Xolox.
Per sopperire ai difetti della rete alcuni sviluppatori hanno creato la rete
Gnutella 2, sempre open source e con la possibilità di usufruire anche della
rete originale Gnutella.
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5.2 Rete FastTrack
FastTrack è stato creato poco dopo la chiusura di Napster da parte di una
compagnia tedesca chiamata Kazaa BV.
Si tratta di una rete chiusa e non open source come nel caso di Gnutella. Solo
un numero limitato di client vi può accedere.
Una delle innovazioni più importanti della rete è l’indirizzare ogni ricerca
attraverso vari supernodi. In sostanza questi supernodi dividono la rete in reti
più piccole, facilitando e velocizzando la ricerca. Una volta che il supernodo ha
trovato il file che si stava cercando, si collega a quel computer particolare in
modo da consentirne il download. Altre due innovazioni della rete sono la
possibilità di riprendere scaricamenti interrotti precedentemente e di scaricare
ai più sorgenti contemporaneamente lo stesso file, velocizzandone il download.
Ma la differenza principale con la rete Gnutella forse non risiede tanto nelle
specifiche tecniche delle diverse reti, quanto nell’esplicita volontà da parte dei
proprietari della rete Fast track di lucrare sugli accessi ad essa. Infatti il
protocollo FastTrack include la criptazione: questo significa che chiunque
intenda creare un programma client per accedervi deve pagare una licenza.
Inoltre all’interno dei client ufficiali (Kazaa, Grokster e iMesh) l’utente vi
troverà un numero altissimo di pubblicità e addirittura di spyware e adware.
Questo oltre a mettere a repentaglio la privacy degli utenti è un semplice modo
per i proprietari della rete di fare soldi tramite lo scambio di materiale protetto
da copyright.
Non c’è da stupirsi quindi che FastTrack sia entrato sin da subito nel mirino
dell’industria musicale. Tant’è che in seguito ad una causa intentata contro di
essa l’azienda ha venduto i diritti a una coalizione di società offshore, il cui più
grosso investitore è una società australiana chiamata Sharman Networks.
In passato ci sono stati problemi “interni” alla rete. Quando il client Morpheus
si rifiutò di pagare la licenza per collegarsi alla rete FastTrack la Sharman
Networks impedì a milioni di utenti Morpheus di collegarsi a FastTrack. Come
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vendetta i programmatori di Morpheus riscrissero il client in modo da
connettersi alla rete Gnutella.
5.3 La rete eDonkey2000
Mentre le due reti precedentemente descritte sono “specializzate” nello
scambio di file musicali, la rete eDonkey2000 (abbreviata spesso in ed2k) è
famosa per poter trovare al suo interno file di ogni genere, come film, album
completi, giochi, software pirata in generale e anche immagini ISO di dischi.
La caratteristica che rende popolare questa rete è la possibilità di scaricare lo
stesso file da molte sorgenti diverse. Il numero di sorgenti alle quali ci si
metterà in “coda” aspettando che l’ utente ci fornisca un po’ di banda per il
download dipende ovviamente dalla popolarità del file sulla rete. Inoltre per
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migliorare lo scambio di file di grandi dimensioni la rete ed2k consente di
cominciare a condividere il file mentre lo si sta scaricando, velocizzando il
processo di download.
Dal punto di vista dello scambio della musica, questa rete consente come già
detto in precedenza di scaricare addirittura un particolare album intero, con
ogni probabilità nel formato di un archivio compresso (file .zip o .rar). Si
possono trovare addirittura le discografie complete di molti artisti.
Oltre al client ufficiale eDonkey è diventato progressivamente sempre più
famoso il client open source eMule.
Questa rete, diversamente da Gnutella e da FastTrack non è decentralizzata e,
in modo simile a quanto avveniva su Napster, si basa su diversi server centrali.
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5.4 La rete DirectConnect
Più che una singola rete si tratta piuttosto di una collezione di server centrali.
L’utente si può collegare a ciascun server singolarmente per poter usufruire del
materiale condiviso da tutti gli utenti di quel particolare server. Spesso è
vietato l’accesso a meno di condividere una quantità determinata di file, come
ad esempio 10 o 20 GB. E’ consentito a chiunque di creare il proprio server,
consentendo all’utenza di creare aree specializzate in particolari argomenti
(come ad esempio un particolare genere di musica).
I client più famosi per usare questa rete sono DirectConnect, DC++ e DCGui.
Capitolo 3
File Sharing tra presente e futuro
6 – I nemici del file sharing
Con il grandissimo successo dei sistemi di scambio p2p si è rapidamente
diffusa tra le aziende produttrici di musica, cinema e multimedia la paura che il
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file sharing possa essere un pericoloso strumento per diffondere illegalmente
materiale protetto da copyright.
Il rischio è di fatto concreto perché, come abbiamo visto, le reti p2p
consentono effettivamente la diffusione di materiale di diverso genere fuori dal
controllo dell’industria che ne detiene i diritti. Una buona parte dei file
scambiati in rete riguarda proprio la musica.
Sebbene sia molto difficile riuscire a dimostrare come il file sharing possa in
effetti danneggiare il mercato discografico (sino a che punto un file scaricato
equivale ad un mancato acquisto del bene?), quello che è certo è che negli
ultimi anni questo mercato sia entrato in una crisi che potrebbe sembrare
irreversibile, e di certo la possibilità di scaricare una canzone o un intero album
senza alcuna spesa ha fatto la sua parte.
I tempi coincidono: nel 2002 la IFPI (International Federation of the
Phonographic Industry) denunciava un 8% in meno dei supporti (i dischi)
venduti. La ragione principale del crollo delle vendite secondo il loro rapporto
risiedeva proprio nel file sharing
“Una massiccia diffusione della pirateria su internet, in particolare dovuta al file
sharing e il proliferare della masterizzazione illegale di CD - si legge in una
nota diffusa ieri dalla federazione italiana FIMI a commento del rapporto continuano ad essere una delle principali cause nel crollo delle vendite di cd in
tutto il mondo” (da www.puntoinformatico.it)
E’ ormai risaputo che l’industria discografica a livello mondiale ha intrapreso le
vie legali per fermare lo spauracchio del file sharing, e da qualche anno a
questa parte sono piovute denunce a migliaia di utenti di reti p2p in tutto il
mondo.
Inoltre i detentori del diritto d'autore hanno una legislazione internazionale che
sempre più prende di mira i comportamenti illeciti degli utenti. La sola industria
discografica americana grazie a quelle normative ha identificato e denunciato
14 mila utenti colpevoli di aver messo in condivisione un gran numero di file
protetti e sulla stessa strada vanno muovendosi i produttori cinematografici.
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Ma gli arresti o la chiusura di siti web “complici” delle reti di scambio (ossia che
pubblicizzano link al download di vari files) evidentemente non bastano a
fermare il fenomeno.
Secondo la società di monitorizzazione Big Champagne nell’ agosto 2005 in
ogni momento erano mediamente connessi ai principali sistemi di sharing 9,6
milioni di persone. Questo significa un aumento deciso rispetto ai 6,8 milioni
conteggiati un anno prima. Se si considera come in questo ultimo anno
l'offensiva giudiziaria delle major si sia estesa ulteriormente è facile intuire
come non sia facile immaginarsi una soluzione definitiva, almeno in tempi
brevi, della questione.
7 – La “guerra del p2p” in Italia
Anche in Italia, come nella maggior parte dei paesi occidentali, è cresciuto il
rischio per chi fa uso dei programmi di file sharing, di finire nelle mire delle
forze dell’ordine.
Con l’entrata in vigore del Decreto Urbani, poi divenuto Legge con diverse
modifiche al testo originale, si sono infatti inaspriti i toni nella discussione
sull’illegalità della condivisione di materiale protetto da copyright.
Il decreto, che si presentava come finalizzato a “Interventi per contrastare la
diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nonché a sostegno delle
attività cinematografiche e dello spettacolo” faceva esplicito riferimento al file
sharing, introducendo sanzioni penali a chi condivide in rete materiale protetto
da copyright e amministrative a chi pratica il semplice download dei files
incriminati.
Nella pratica, però, anche per motivi tecnici di funzionamento di alcuni client
quali ad esempio quelli della rete eDonkey (la messa in condivisione
automatica o di "default" di quanto scaricato), è spesso improbabile che un
downloader non sia anche uploader.
Le ultime modifiche introdotte comprendono anche l'oblazione, ovvero la
possibilità di pagare un'ammenda e le spese procedurali per estinguere il reato
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commesso, quello appunto di condivisione. Una misura che non cancella però il
reato in quanto tale, destinato a rimanere nel certificato penale del soggetto.
Sintetizzando, in Italia ci si ritrova in una situazione molto dura per chi utilizza
sistemi di file sharing, e i rischi, almeno teorici, sono assicurati da leggi sulla
protezione del Diritto di Autore molto rigorose.
Nella sostanza, comunque, sembra che la strategia sia quella già vista in
ambiti completamente diversi del “colpirne uno per educarne cento”.
I casi di denunce in Italia sono stati, ad oggi, poche decine, ma in compenso
notizie di questo genere sono sempre seguite con grande interesse, e spesso
con preoccupazione, dalle comunità di utenti su internet.
Una delle prime considerazioni che si possono fare riguardo alla situazione
attuale è che l’industria discografica (alleata con quella cinematografica e in
generale con chi detiene i diritti su materiale che si può trovare illegalmente
sulle reti di scambio) ha trovato un valido alleato nel Governo italiano, che,
date le pressioni dell’industria stessa, ha promulgato una legge molto severa
rispetto alle normative vigenti ad esempio negli altri stati europei. Non
mancano inoltre le campagne pubblicitarie di sensibilizzazione, che mirano a
rafforzare la convinzione, sino a qualche anno non così diffusa, che il file
sharing sia illegale, cercando di bloccare il fenomeno alle radici del suo utilizzo.
Secondo l’industria oggi 7 persone su 10 sanno che scambiare file tutelati dal
diritto di autore senza permesso è illegale. L’obiettivo che si pone, quindi, oltre
a bloccare “con la forza” il fenomeno è anche quello di scoraggiare gli utenti e
a dissuaderli dall’utilizzare reti di scambio di file per procurarsi materiale
pirata.
8 – L’ autodifesa delle reti di scambio
Se da un lato si è identificata la lotta contro il file sharing, dall’altro non si può
fare a meno di constatare come la tecnologia sino ad ora è stata più rapida di
chi cercava di fermarla.
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Lo scambio di musica e di ogni genere di materiale digitale non si è fermato
con la “scomparsa” di Napster e non accenna a diminuire nemmeno di fronte al
rischio di condanne verso i loro utenti.
Questo succede perché probabilmente il futuro della musica risiederà, almeno
in gran parte, sulla rete. Il successo dei negozi on line di canzoni quali iTunes
(come vedremo in seguito) fanno intuire che ormai si è intrapresa una strada
dalla quale ormai non si potrà tornare indietro.
D’altra parte l’abbandono di reti centralizzate quale lo era Napster rendono
pressoché impossibile “spegnere” una rete di scambio: se anche si scollega un
computer, tutti gli altri rimangono attivi. Ma siccome si è intensificato il rischio
di condanne giuridiche per chi scambia (anche se 10 mila denunce su svariati
milioni di utenti possano sembrare poco più che una goccia nell’oceano) diversi
programmatori hanno cominciato a creare nuove reti che rendano il peer to
peer più sicuro da intrusioni e controlli esterni.
Il fulcro del discorso è che sono già nate le prime reti che fanno uso di un
sistema di crittografia sui dati trasmessi tra i vari computer.
In questo modo si eviterebbero i rischi legali che il file sharing potenzialmente
comporta.
La storia sembra destinata a ripetersi: qualora in futuro le reti classiche di
scambio dovessero risultare inadeguate, molte altre più evolute prenderanno il
loro posto.
Uno degli esempi di questo “p2p sicuro” che sembra destinato ad avere sempre
più successo nei prossimi anni è MUTE.
8.1 – Analisi del programma MUTE
E’ facile comprendere come la propria privacy, utilizzando reti di file sharing,
sia facilmente attaccabile. Per poter scaricare un qualsiasi file da un altro
computer bisogna fornire al destinatario il proprio indirizzo IP.
L’IP è, brevemente, il numero assegnato dall’internet provider che identifica in
maniera univoca ciascun computer sulla rete. Durante un trasferimento o una
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ricerca di un determinato file sulle reti di file sharing è facile identificare l’IP
dell’altro computer.
Le diverse denunce sono state possibili perché si può risalire al proprietario di
un determinato IP che è stato trovato, supponiamo, in possesso di file protetti
da copyright messi in condivisione.
MUTE è studiato per risolvere queste minacce alla privacy dei suoi utenti. Esso
evita le connessioni dirette tra chi scarica e chi invia. Le richieste, come
succede con le altre reti di scambio, vengono filtrate attraverso diversi
computer “vicini” che trasmettono la richiesta all’interno della rete. A questo
punto però invece di instaurare una connessione diretta tra l’utente che cerca il
file e chi lo deve ricevere, i dati vengono “filtrati” attraverso altri pc prima di
giungere a destinazione.
In questo modo sebbene sia sempre possibile conoscere gli indirizzi dei
computer “vicini” non è possibile conoscere quello del nodo dal quale si sta
scaricando. Inoltre gli indirizzi visualizzati non saranno quelli IP, bensì degli
indirizzi virtuali generati in maniera casuale in modo da rendere più difficile la
propria identificazione.
A ciò si deve aggiungere che MUTE protegge i contenuti di ogni connessione
vicina nella rete usando un sistema di crittografia a livello militare. Anche se
qualcuno monitorasse il traffico internet generato dal proprio computer (in una
maniera paragonabile alle intercettazioni telefoniche della polizia) tutti i
messaggi di MUTE risulteranno incomprensibili.
Anche MUTE, seguendo la migliore tradizione dei client delle reti di scambio, è
un programma open source. Sebbene al momento non abbia una diffusione
paragonabile a quelle delle reti più celebri è una strada molto interessante per
cercare di intuire come si evolverà il file sharing nei prossimi anni.
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9 – Il mercato di fronte alla sfida del file sharing. Il caso
della Apple
Con il boom del fenomeno del file sharing il mercato musicale ha dimostrato la
sua inadeguatezza di fronte alla nascita di internet inteso come nuovo mercato
mondiale.
Napster e soci sono arrivati proprio in un periodo dove il dibattito sui prezzi dei
cd giudicati troppo alti stava minando le basi di un’industria abituata a
considerare storicamente il prodotto finito, le canzoni, veicolato della vendita di
un loro supporto fisico (dal vinile al cd audio). Ma la possibilità concreta di
trasferire canzoni tramite i computer non rappresentava soltanto una minaccia
economica, bensì anche una nuova opportunità di distribuzione del prodotto e
un’apertura di un mercato, quello composto dal popolo di internet, molto
attento e interessato alla musica.
Gli ambiti coinvolti da questo fenomeno sono principalmente due: il successo
commerciale dei lettori mp3 portatili e l’apertura di diversi negozi musicali on
line.
Come vedremo la società che sino ad oggi ha saputo meglio leggere le
esigenze del mercato è stata la Apple.
La società californiana, divenuta famosa per i suoi celebri personal computer
Macintosh, ha avuto un ruolo fondamentale nell’ambito della musica on line.
Da un lato ha prodotto il lettore mp3 più celebre al mondo, l’ iPod. Dall’altro ha
lanciato il servizio iTunes Music Store, il primo negozio di musica on line a
riscuotere un notevole favore del pubblico.
9.1 – Gli iPod, il nuovo modo di ascoltare la musica
Parlando di musica, è un aspetto molto interessante quello riguardante i modi
di fruizione della stessa.
Sino alla rivoluzione degli mp3 i modi di ascoltare la musica erano quelli
classici: si ascoltava un disco o la radio, in macchina, in casa o passeggiando
con un walkman o successivamente con un lettore cd portatile.
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Con la naturale evoluzione informatica si assiste ad un nuovo modo di fruire la
musica: davanti al computer, mentre si naviga o mentre si lavora, ascoltando
le compilation dei propri mp3.
Andando oltre a questa considerazione si cominciarono ad affacciare sul
mercato i primi lettori portatili che supportavano questo formato. La Diamond
Multimedia, una società che produsse uno dei primi lettori mp3 portatili, il Rio,
venne accusata nel 2000 dalla RIAA di violare il diritto di duplicare le
registrazioni. La causa fallì, in quanto venne accolta la tesi della difesa secondo
la quale il Rio non era un registratore, bensì una memoria portatile.
Ma l’evento fondamentale era rappresentato dall’apertura di un nuovo
mercato, che sta godendo da qualche anno a questa parte di un successo che
non accenna a diminuire.
La crescita di un mercato come quello dei lettori mp3 portatili può essere
considerato un riflesso della crisi che riguarda il mercato musicale tradizionale.
Il modo di ascoltare la musica è cambiato, e il lettore mp3 ha preso il posto del
lettore cd portatile.
Rispetto a quest’ ultimo, tra l’altro, presenta numerosi vantaggi: dimensioni
ridotte, capienza aumentata esponenzialmente (se si pensa che un lettore mp3
da 6 GB può contenere circa 1500 canzoni, l’equivalente di pressappoco 150 cd
musicali) e facilità d’uso sono solo gli aspetti più pratici di quello che è
diventato un vero e proprio fenomeno di massa, incarnato nel prodotto più
famoso e simbolicamente rilevante della sua specie: l’ iPod della Apple.
Lanciato dall’azienda americana nell’ottobre del 2001, venne concepito
inizialmente per un utilizzo esclusivo sui sistemi Macintosh. Esso è basato su
un hard disk dalla capacità variabile a seconda delle differenti versioni, che si
sono succedute con gli anni aggiornando e aumentando le potenzialità del
prodotto.
Oltre a rispondere bene alle esigenze pratiche del consumatore, l’iPod è
diventato un vero e proprio oggetto di culto. Fin dal suo debutto l'iPod ha
dimostrato subito di essere molto ben voluto dal pubblico, nel corso degli anni
il suo successo è cresciuto fino a esplodere letteralmente nel 2004 con la
presentazione dell'iPod mini e dell'iPod di quarta generazione. Una ricerca di
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mercato svolta dalla NPD afferma che l'iPod ha raggiunto il 92% della quota di
mercato dei lettori musicali basati su hard disk (negli Stati Uniti nel settembre
2004) e rappresenta il 65% di tutti i lettori di musica digitale.
Il 16 dicembre è stato venduto il 10.000.000 iPod. Nel solo 2004 Apple ha
dichiarato 8.2 milioni di iPod venduti
Il successo planetario del lettore è testimonianza di che impatto abbia avuto
l’approdo della musica su internet; sebbene sia un’operazione molto semplice
trasformare le canzoni di un cd musicale in mp3 (o nel caso dell’iPod in AAC,
acronimo di Advanced Audio Coding, il codec supportato dalla Apple, il quale
ha rispetto all’mp3 un miglior rapporto compressione dei dati / qualità sonora)
spesso chi compra un iPod o un qualunque altro lettore mp3 lo fa per
riprodurre canzoni provenienti da internet.
La risposta della Apple all’inarrestabile fenomeno del file sharing e della
conseguente diffusione di canzoni “pirata” è rappresentata dall’apertura di
quello che è tuttora il più grande negozio on line di musica, iTunes Music Store
9.2 – Il successo di iTunes Music Store
Il negozio musicale della Apple rappresenta simbolicamente l’idea che il
binomio musica e internet non debba rappresentare necessariamente l’idea di
illegalità; e che anzi si possano avere ottimi risultati commerciali utilizzando
questo nuovo canale di distribuzione.
Il negozio è stato lanciato il 28 aprile 2003 negli Stati Uniti, circa un anno dopo
è approdato in Italia e attualmente è disponibile per gli utenti di 21 stati.
Il successo non tardò ad arrivare: nelle prime 18 ore dall’apertura vennero
vendute 275 mila canzoni, e in una settimana si arrivò a quota un milione.
Dopo un anno di vita si arrivò a 70 milioni di canzoni vendute mentre nel luglio
2005 si è arrivati alla cifra di 500 milioni di canzoni vendute in poco più di due
anni.
Si possono trovare diversi fattori alla base di quella che, nel 2003, è stata
definita dal magazine americano TIME come la “Coolest invention of the year”.
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Essa è descritta dal TIME come la 99 cent solution: questo appellativo deriva
dal fatto che tutte le canzoni hanno un prezzo fisso di 99 centesimi di dollaro
(e, nel caso dell’ Europa, 99 euro cent). Il prezzo estremamente competitivo è
uno dei capisaldi dell’ iTunes Music Store ed è diventato uno standard anche
per i servizi concorrenti.
Inoltre il negozio può affidarsi al catalogo delle 5 case discografiche più grosse
del pianeta (la BMG Music, la EMI, la Sony Music, la Universal e la Warner) e di
oltre 300 etichette indipendenti. Il tutto per un totale, in continuo aumento, di
oltre un milione di canzoni.
Ma il più grande alleato dell’ iTunes Music Store è proprio l’ iPod. Prodotto
anch’esso dalla stessa Apple, come abbiamo già visto, per consentire all’utente
di gestire e di aggiornare i brani in memoria si basa sul programma chiamato,
non a caso, iTunes.
Tramite iTunes si accede direttamente ai contenuti del Music Store, rendendo
l’operazione facile e veloce.
Comprare musica, quindi, previa la registrazione al servizio e l’inserimento dei
dati di una carta di credito per gli acquisti, è diventata un’operazione
altrettanto semplice a scaricare, illegalmente la stessa canzone. E a quanto
pare milioni di utenti in tutto il mondo si sono dimostrati disponibili a pagare i
99 centesimi per una canzone per evitare problemi legali e acquistando un
prodotto regolarmente.
Da notare inoltre che, oltre al prodotto finito, ossia la canzone o l’album, si
acquista anche la licenza per poterla riprodurre e gestire. Infatti le canzoni
distribuite da iTunes Music Store, codificate in AAC, sono criptate con la
tecnologia Apple Fair Play. Questa è una tecnologia di Digital Rights
Management, la quale gestisce l’utilizzo delle canzoni acquistate; ad esempio
ciascuna canzone può essere ascoltata al massimo su 5 computer differenti.
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10 – La cronaca: ultimi sviluppi sul file sharing
Come abbiamo avuto modo di vedere, il file sharing è un argomento molto
dibattuto e novità su sviluppi legali o tecnologici hanno cadenza quasi
giornaliera. Per concludere la trattazione vedremo quali sono gli ultimi
avvenimenti legati a questo ambito.
Una delle ultime notizie riguarda il brusco stop al lavoro di riforma del diritto
d’autore, un lavoro che poteva portare ad una revisione delle regole che hanno
nel mirino gli utenti che fanno uso dei sistemi di file sharing.
Come leggiamo da www.punto-informatico.it
Dopo la particolareggiata denuncia di ALCEI, la storica associazione che si
batte per le libertà digitali, è arrivato ieri un durissimo intervento del senatore
dei Verdi Fiorello Cortiana che riprende i contenuti di una interrogazione
parlamentare al Governo sull'argomento
Cortiana ha sottolineato come il fax trasmesso dal segretario generale della
Presidenza del Consiglio, Mauro Masi, al presidente del Comitato consultivo che
stava lavorando sul diritto d'autore, il prof. Corasaniti, chiarisca come alla
Presidenza "non erano graditi suggerimenti di riforma alla contestata norma sul
diritto d'autore che il Governo ha da poco modificato con il famigerato Decreto
Urbani, che prevede il reato penale di download di canzonette". Dunque, si
chiede Cortina: "A cosa serve un Comitato Consultivo sul diritto d'autore
presso il Ministero dei Beni Culturali se non è d'accordo con il Governo? A
nulla, deve avere pensato Mauro Masi".
"Cosa stava facendo questo manipolo insediatosi al Comitato? - continua
Cortiana - Cercava, prima con la presidenza di Corrado Calabrò, magistrato e
nuovo Presidente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed oggi con
Giuseppe Corasaniti, magistrato ordinario ed esperto del settore, una via
equilibrata e non repressiva per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze
delle major e delle multinazionali del settore e i nuovi sistemi della
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distribuzione nati attraverso Internet, compreso il famigerato peer to peer".
"L'unica risposta del Governo al fatto che alcuni milioni del cittadini si
scambiano contenuti culturali - attacca Cortiana - è la galera, e coerentemente
Masi, senza alcun senso del ridicolo, liquida un organo consultivo del Governo
con un fax nel quale spiega che fantomatiche tendenze internazionali vanno in
direzione opposta e che il Comitato Consultivo non ha il diritto/dovere di
fornire consigli e suggerimenti al Governo. Il Segretario Generale, l'exsupercommissario della Siae, in palese conflitto di interesse, dovrebbe avere la
dignità di dimettersi, come ho scritto nell'interrogazione che ho inviato al
Presidente del Consiglio".
Ma, oltre all'aspetto politico della questione Masi, a non essere riformate come
sperato sono anche le procedure tecniche legate ai reati commessi da chi
condivide musica, un punto sul quale non a caso è intervenuta ieri
l'associazione dei provider AIIP che ha "espresso preoccupazione per lo stop"
impresso ai lavori di revisione del diritto d'autore.
Nella nota diffusa dall'Associazione, AIIP contesta le motivazioni addotte da
Masi per interrompere il lavoro del Comitato sottolineando di ritenere che "tale
comitato possa, al pari di qualsiasi altro Ente o cittadino avanzare proposte di
variazione delle norme in essere, fermo restando che un Comitato non è un
legislatore".
AIIP ricorda come la proposta messa a punto dal Comitato e rigettata
evidentemente con quel fax dalla Presidenza del Consiglio "prevedeva la
depenalizzazione del reato di copia abusiva di opere e brani ad uso privato ed
avrebbe permesso ai fornitori di accesso ad Internet di contribuire alla
sensibilizzazione degli utenti attraverso il cosiddetto notice, notice & take
down, ovvero la possibilità, oggi preclusa, di invitare, in seguito alla
segnalazione del titolare dei diritti, l'utente interessato a desistere da qualsiasi
pratica di violazione del diritto d'autore".
Quella della lettera di "notifica e cessazione" è al centro di una polemica che
già si alimentò ai tempi del passaggio della più contestata legge di questa
legislatura in materia di Internet, la Legge Urbani. "In Italia - ha spiegato il
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vicepresidente di AIIP e responsabile del gruppo di lavoro AIIP sul diritto
d'autore Paolo Nuti - il diritto d'autore è ancora regolato da una legge del 1941
e, nonostante le successive modificazioni, non è mai stato affrontato in modo
organico il problema, portando l'Italia ad essere la nazione più restrittiva
d'Europa.”
Sempre dalla stessa fonte si può apprendere dell’esito della più grande
battaglia legale che le major dell’industria musicale ha combattuto contro i
realizzatori di un programma per il file sharing. La tendenza degli ultimi mesi è
stata infatti quella di puntare l’indice non più solamente sui singoli utenti che
scaricano materiale coperto da copyright, bensì anche sugli sviluppatori che
consentono loro la diffusione tramite i diversi client. Il programma condannato
in questione è Grokster, uno dei client ufficiali della rete FastTrack;
Roma - Chiude Grokster: questa volta a fermarsi non è soltanto una
piattaforma peer-to-peer che ha conosciuto alti e bassi di popolarità tra gli
utenti ma anche un nome legato a quella che molti ritengono la più importante
battaglia legale condotta negli USA sul diritto d'autore nell'era di Internet.
L'accordo extragiudiziale stretto da Grokster con le major contempla una
ingiunzione permanente che vieta alla società di avere a che fare, direttamente
o indirettamente, con attività che possano ledere i diritti d'autore delle società
che l'hanno denunciata. Come conseguenza diretta, c'è la cessazione
immediata della distribuzione del software di Grokster e della propria
piattaforma di sharing.
L'annuncio che Grokster chiude e che ha firmato l'intesa è stato dato
ufficialmente proprio da quei produttori, di cinema e di musica, che negli ultimi
tre anni le hanno tentate tutte per arrivare a questo risultato. Produttori che si
dicono convinti che saranno proprio gli appassionati di musica ad applaudire
alla chiusura di Grokster. "Questo accordo - ha affermato Mitch Bainwol,
chairman e CEO della RIAA, l'associazione americana dei discografici - chiude
un capitolo assolutamente significativo nella storia della musica digitale. Un
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capitolo che finisce nel migliore dei modi per l'industria discografica, la
comunità tecnologica e gli appassionati e consumatori di ogni dove".
Secondo RIAA soltanto un mercato legale della musica digitale consentirà alle
case discografiche di investire in modo importante in questo nuovo canale, nel
quale, allo stato, dominano le piattaforme peer-to-peer o i jukebox legali.
Secondo gli editori di musica americana "i vincitori del caso Grokster sono alla
fine proprio i fan della musica, che ora hanno più opzioni di quante ne abbiano
mai avute per ascoltare la musica che amano". Un ragionamento che per
qualcuno potrebbe cozzare con l'enorme popolarità di certi sistemi di scambiofile in Internet, da anni nel mirino delle major e utilizzati da molti milioni di
appassionati in tutto il mondo.
Di per sé l'annuncio non coglie impreparati gli appassionati. Sin dalla sentenza
con cui la Corte Suprema quattro mesi fa ha condannato l'azienda perché i
propri sistemi avrebbero favorito attività di pirateria musicale e
cinematografica, il destino di Grokster è apparso segnato. Sulla home page
dell'azienda ora campeggia un testo, un tempo impensabile su un sito del
genere: "Ci sono servizi legali per scaricare musica e film. Questo servizio non
è uno di questi".
"I gestori di Grokster, come tanti altri servizi online nel Mondo - ha sottolineato
Bainwol nel dare l'annuncio dell'intesa - hanno ascoltato nove giudici della
Corte Suprema parlare in modo unanime, una voce chiara, forte e lucida.
Come la Corte ha definito in termini chiarissimi, ci sono modi legali e modi
sbagliati per condurre un'attività commerciale. Questo accordo rende chiaro
che le imprese sono consapevoli quando operano nel modo sbagliato". A suo
dire, inoltre, "le società discografiche hanno dimostrato un desiderio forte di
lavorare con una varietà di imprese online legittime che rispettano i diritti degli
autori e forniscono musica di alta qualità agli appassionati. La tecnologia è
disponibile ed altre stanno già segnando la nuova via".
La sentenza della Corte Suprema e le ritrovate speranze delle major di poter
perseguire più facilmente chi produce e distribuisce software peer-to-peer,
hanno già determinato, peraltro, pesanti conseguenze. Il progetto "eXeem",
che avrebbe dovuto allargare i confini del celebre sistema di download
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condiviso BitTorrent, è ormai dato per morto a causa dei timori di chi lo ha
immaginato di scontrarsi legalmente con le major. E solo poche settimane fa i
responsabili di uno dei network più celebri, eDonkey, hanno deciso di lasciar
perdere l'avventura del P2P cercando così di prevenire una probabile denuncia
da parte di RIAA e soci.
Nonostante tutto questo il P2P sopravvive ed anzi secondo alcuni osservatori
prospera: una indicazione che non sembra fare breccia nelle politiche
repressive delle major che vedono nella prospettiva del mercato digitale la
maggiore opportunità per compensare il calo delle vendite che in quasi tutto il
Mondo interessa la distribuzione di contenuti sui supporti tradizionali, CD in
testa.
Attualmente il client, come si apprende dall’articolo, è in fase di
ristrutturazione per diventare un sistema di file sharing legalizzato (e a
pagamento) con il consenso delle major.
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Sebbene la notizia possa assumere toni allarmistici, il sito www.slyck.com la
pensa diversamente: “Grokster era un client p2p pieno di spyware/adware che
si collegava alla rete p2p FastTrack. Proprio a causa dello spyware si era
guadagnato una pessima reputazione presso la community degli scambisti. (…)
Questa volta gli sforzi di RIAA ed MPAA sono serviti a togliere di mezzo un
pessimo client come Grokster e a lasciare che ottimi client Open Source
riempiano il vuoto lasciato.
Il mondo del file sharing starà meglio senza Grokster.”
Si riesce a capire molto facilmente come sia facile fermare un programma che
esplicitamente lucra sul proprio utilizzo (come abbiamo già visto in precedenza
riguardo alla rete FastTrack) e che fa capo ad uno specifica società, come nel
caso di Grokster. Ben diverso è il caso di client open source come ad esempio
eMule, sviluppati da diversi team in tutto il mondo e senza introiti derivanti
dall’inserimento nel programma di pubblicità o spyware/adware.
A quanto pare, il futuro del file sharing può essere intuito analizzandone la
storia passata: una storia fatta di cambiamenti ed evoluzioni continue,
mettendolo in luce come un fenomeno mutevole e difficilmente controllabile,
oltre che dalle enormi potenzialità.
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Bibliografia
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