Il Modello PMI ZI-Score: Un approccio per valutare le

Il Modello PMI ZI-Score: Un approccio per valutare le PMI
italiane ed i Mini-bond sul merito di credito
dell'emittente
Edward I. Altman*
Maurizio Esentato**
Gabriele Sabato***
Introduzione
Negli anni successivi l'ultima crisi finanziaria, il canale di erogazione del credito è stato
danneggiato in termini di quantità, di prezzo, e di distribuzione con gravi conseguenze per il
settore delle piccole e medie imprese 'in Europa. In aggiunta tale settore ha anche sofferto per
le nuove normative di adeguatezza patrimoniale nel settore bancario, per l'enfasi sul rischio di
default delle controparti bancarie e per il malfunzionamento generale dell’estensione del credito
nel settore privato in rapida crescita. I nuovi requisiti normativi hanno costretto le banche a
ridurre il debito delle aziende corporate e di medie dimensioni, e a ridimensionare i prestiti
tradizionali. Le banche hanno avuto il compito di semplificare le loro attività e ridurre le
dimensioni dei bilanci. Nel 2012, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che le banche
europee avessero necessità di ridurre la loro base patrimoniale di $ 2,6 miliardi di dollari,
pertanto essendo fortemente dipendenti dai prestiti bancari tradizionali, le piccole e medie
imprese (PMI), si sono dovute confrontare con onerosi vincoli di finanziamento in un ambiente
di riduzione della leva finanziaria.
L’ Italia è stata fortemente colpita dal fenomeno.
Una serie di innovazioni sono state introdotte negli ultimi cinque anni per contrastare l'impatto
devastante della riduzione del credito in Europa, in particolare sui prestiti bancari tradizionali.
Per le imprese più grandi, nel Nord Europa e nel Regno Unito, il mercato delle obbligazioni high
yeld e non investment grade è cresciuto da circa 100 miliardi di € nel 2010 a quasi 500 miliardi di
€ entro la fine del 2015, arrivando negli ultimi tempi a circa 700 diversi emittenti corporate .
Ma, questo mercato si è reso disponibile solo per relativamente grandi imprese. Per le entità più
piccole, e credito al dettaglio, in particolare, il mercato "crowd-funding" basato su Internet ha
mostrato una notevole crescita e la promessa, ma e’ ancora deficitario di una regolamentazione
definita e le questioni di dimensioni e di sostenibilità persistono in previsione di una continua
crescita macroeconomica tiepida e una possibile nuova recessione. Inoltre, i prestiti basati sul
mercato non bancario, o sul “shadow-banking”, promosso da finanziatori istituzionali possono
migliorare il flusso di credito alle piccole e medie imprese, ma non sarà sufficiente, a nostro
avviso, per fornire un'ampia partecipazione alle varie tipologie di piccole e medie imprese di tutta
Europa .
Il debito privato sta emergendo come un importante componente di finanziamento per le
aziende di medie dimensioni in rapida crescita, la cui struttura del capitale, ed i loro vantaggi
competitivi sono stati seriamente messi in discussione da parte del nuovo contesto normativo
bancario ( Basilea III ).
Si sviluppa come forma di finanziamento, derivante principalmente da investitori istituzionali,
non banche, bensì fondi e compagnie di assicurazione e rispetto alle obbligazioni corporate di
società quotate, i titoli di debito privati, sono generalmente illiquidi e non regolarmente negoziati
su mercati regolamentati . Nati nel Regno Unito e negli Stati Uniti , ove sono ormai una forma
consolidata di finanziamento, utilizzati per finanziare la crescita ed il “buyout” delle piccole e
medie imprese, grazie ai rendimenti interessanti rispetto all’attuale struttura dei tassi e delle
obbligazioni corporate, si stanno consolidando anche in Europa
La crescita dei Mini-bonds in Italia
Per ottenere una maggiore accessibilità credito per le PMI in Europa, alcuni paesi hanno
sperimentato il finanziamento attraverso le obbligazioni. Ad esempio, in Germania, il
meccanismo è chiamato "Mittelstand-Anleihe Bond", ma la sua crescita ed impatto è stato
davvero mediocre. In Italia, il mercato delle obbligazioni delle PMI è noto come "mini-bond", ed
è questo mercato che affrontiamo in questa relazione e suggeriamo un ingrediente fondamentale
per il suo successo finale.
Mini-bond non è un termine tecnico: è utilizzato in Italia per fare riferimento a titoli di debito
(obbligazioni) che possono usufruire di un meccanismo semplificato grazie ad un pacchetto di
riforme nel 2012 1. L'obiettivo della legge era quello di facilitare l'accesso da parte delle PMI e
società non quotate nei mercati finanziari. Le PMI sono definite come le aziende con meno di 250
dipendenti e un fatturato annuo non superiore a € 50 milioni. Le riforme sulle leggi delle aziende
corporate escludono aziende Micro, vale a dire le imprese con meno di 10 dipendenti e un
fatturato annuo non superiore a € 2 milioni (raccomandazione UE 2003/361).
Il nuovo segmento del mercato Extra-MOT dedicato alla quotazione delle obbligazioni, cambiali
finanziarie, obbligazioni legate a project finance - il cui commercio è consentito solo per
investitori professionali - è iniziato nel febbraio 2013. Il numero di emittenti a fine di marzo 2016
è di circa 120 e la quantità totale di emissioni quotate a partire dal febbraio 2013 è di 160 (ma
solo 134 mini-bond sono ancora in sospeso) per un importo totale emesso di circa € 3,5 miliardi.
La stragrande maggioranza (cioè 86%) delle emissioni ha una dimensione inferiore a € 50 milioni
(vedere Figura 1).
Figura 1. Mercato Italiano dei Mini-bond
Questo grafico mostra lo sviluppo del mercato Italiano dei Mini Bond dal 2013 al 2015. Quasi il 90% degli
emittenti in questi 3 anni ha una dimensione inferiore a €50m.
Fonte: Authors compilation of Mini-bonds listed on Borsa Italiana Extra MOT Pro platform.
1
I Mini-Bond furono introdotti dal Decreto Legge n.83 del 22 Giugno2012 trasformato nella Legge 134/2012 ( il
Decreto Sviluppo) modificato poi nel Decreto Legge 179 del 18 Ottobre del 2012 convertito in Legge 221/2012 ( il
Decreto Sviluppo bis)
Ingredienti per un Mercato Obbligazionario di successo
Qualsiasi mercato finanziario, per sopravviver e contribuire in modo consistente alla
crescita economica, deve fornire adeguati incentivi agli emittenti, investitori e intermediari del
mercato. Questi ultimi, attraverso le operazioni di sottoscrizione, di ricerca e di scambio del
secondario-mercato, sono sempre stati fondamentali per lo sviluppo del mercato finanziario. Un
buon esempio è la crescita del mercato ad alto rendimento (high Yeld – non investment grade)
negli Stati Uniti e, negli ultimi tempi, in Europa. Il primo comprende oltre 2.300 imprese con
almeno $ 1.6 trillioni. E, come detto prima, esiste un potenziale di circa 500 miliardi di € in
Europa. questa innovazione può essere estesa a piccole e medie imprese? Quale è la dimensione
potenziale di questo mercato?
Secondo uno studio pubblicato nel fine del 2013 dal Gruppo Cerved, ci sono circa 35.000 le
aziende italiane che sono potenzialmente ammissibili (fatturato annuo compreso tra € 5 e il €
250 milioni) ad emettere Mini-bond, concentrati soprattutto nella parte settentrionale del paese.
Nella sola Lombardia, su un totale di 15,308 aziende, 11.187 (73,1%) sarebbero ammissibili ad
emettere mini-bond.
Noi crediamo che i "Mini-bond" possano essere un successo in Italia fino a quando il mercato
fornisce un interessante rapporto rischio/rendimento per gli investitori, nonché un
finanziamento conveniente e flessibile per gli emittenti.
Come il tutto il mondo obbligazionario corporate anche per i MiniBonds, il rischio deve essere
analizzato attraverso le sue 3 dimensioni ovvero, di mercato, di liquidità e di rischio di credito,
dove quest’ultimo è più critico per le imprese più piccole e relativamente sconosciute.
Le valutazioni del rischio di credito devono essere convincenti e oggettive, in taluni casi anche
predittive di un eventuale rischio di default, fornendo complementi al tradizionale processo
agenzia di rating che può non sempre essere disponibile. Il tutto deve essere dettagliatamente
misurato per rendere cosciente l’investitore dell’attrattività dello strumento.
Il Modello PMI ZI-Score
Per ottenere la necessaria trasparenza nella valutazione del rischio, consigliamo
vivamente che siano introdotti modelli, testati e costruiti appositamente per stimare il rischio di
default sulle PMI italiane. Poiché il mercato Mini-bond è recente, non esistono ancora dati per
includere i tassi di recupero sui defaults, né eventuali statistiche sui tassi di default del mercato
a lungo termine. Consigliamo, quindi, di concentrarsi sulla probabilità di default del singolo
emittente, un'area in cui abbiamo avuto una notevole esperienza, utile per focalizzarci ora sulle
PMI. 2
Sviluppo del Modello
L'idea principale è confrontare i profili finanziari di piccole e medie imprese italiane, che
in passato hanno subito o meno un default, al fine di costruire un modello multivariato per
predire la probabilità di default di imprese che sono già, o potrebbero potenzialmente, entrare
nel mercato dei mini-bond per il finanziamento del debito. Il modello può anche indicare la
relativa salute delle aziende all'interno di settori specifici. Sulla base di un database estratto da
AIDA, abbiamo valutato 15.452 PMI italiane attive e 1.000 non attive 3. Dopo la pulizia di questi
dati, circa il 13% (2.032 imprese) non sono stati inclusi a causa di informazioni mancanti. Il
campione finale includeva i dati finanziari su 14.420 piccole e medie imprese italiane nel periodo
2004-2013 (vedi Figura 2).
Figura 2. Campione di sviluppo
Questa tavola mostra la struttura delle PMI Italiane nel campione analizzato. Nella prima e nella seconda
riga, sono rappresentati I numeri e le percentuali delle aziende sane e quelle in default.
Aziende non-defaulted
Aziende Defaulted
Totale
2
Numero
%
13,990
96.3%
520
3.7%
14,510
100%
Vedere la sezione di referenze alla fine del report.
AIDA è un database di proprietà di Bureau Van Dijk e contiene informazioni omnicomprensive sulle aziende in Italia
con fino a 10 anni di storia
3
Figura 3. Distribuzione dei patrimoni totali e delle vendite in un campione di PMI italiane
Questa figura mostra la distribuzione del totale delle attività e delle vendite per le piccole e medie
imprese italiane incluse nel nostro campione. Più del 75% delle aziende hanno attività totali e le
vendite inferiori a € 15 m. Questo riflette il profilo delle PMI italiane che tendono ad essere
relativamente di piccole dimensioni rispetto alla media europea.
Total Assets
Sales
1800
2500
1600
1400
2000
Frequency
Frequency
1200
1500
1000
1000
800
600
400
500
200
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0
0
5
10
15
Total Assets (€m)
26-50
7,6%
20
25
30
35
40
45
50
Sales (€m)
Total Assets (€m)
Sales (€m)
Category
<15
16-25
26-50
51-100
51-100
2,6%
16-25
12,1%
<15
77,7%
Category
<15
16-30
31-50
31-50
5,8%
16-30
17,5%
<15
76,7%
La ripartizione per stato di solvibilità e la dimensione delle attività totali e vendite è dato in Figura
3. Si noti che la maggior parte delle aziende aveva un totale attivo tra € 1-30m e vendite tra € 545m. Il numero dei dipendenti varia sostanzialmente tra i 5-150 e i settori di attività sono
principalmente raggruppati (1) nella Produzione, (2) nel Retail, (3) nei Servizi, e (4) nell’Edilizia e
Mercato Immobiliare. La ripartizione dei valori di default e non di default per settore è dato in
Figura 4.
Figura 4. Breakdown per settore delle PMI defaulted e non-defaulted
Questo grafico mostra il numero di società in default e non in default per ciascun cluster dei settori
disponibili.
Sector
6000
Performance
Defaulted
Non-defaulted
5000
Count
4000
3000
2000
1000
Sector
0
s
g
RE
ic e
rin
&
v
r
tu
s
c
e
n
a
ls
io
uf
ia
Ag
ct
an
nc
ru
M
a
t
n
ns
Fi
Co
re
tu
ul
ir c
g
in
in
M
PA
il
ta
Re
rv
Se
s
i ce
Selezione delle Variabili
Il passo successivo nel processo di costruzione del modello è quello di individuare una
serie di variabili, utili indicatori del merito di credito della società. In linea con un gran numero di
studi, abbiamo scelto cinque categorie di indici di bilancio, che descrivono i principali aspetti
operativi e finanziari di una società. Come mostrato in Figura 5, questi includono misure di
liquidità, redditività, leverage, copertura e efficienza. In alcuni casi, eseguiamo trasformazioni
statistiche, come i logaritmi, per aumentare la robustezza delle singole variabili e per ridurre
l'impatto di valori anomali. Queste trasformazioni rappresentano un elemento innovativo che
permetterà di raggiungere una capacità predittiva più elevata nello sviluppo del modello.
Figura 5. Variabili finanziarie originarie
Questa tabella mostra quali variabili sono state usate per calcolare gli indici che hanno composto i modelli
finale
Accounting
Ratio
Category
Selected Variables
Short Term Debt/Equity (Book Value)
Leverage
Equity (Book Value)/Total Assets
Short Term Debt/Total debt
Short term debt/Total Assets
Debt/EBITDA
Net Debt/EBITDA
Change in Short term debt in Last 2Y
Total debt/Total Assets
Liquidity
Cash/Total Assets
Current ratio
Quick ratio
Working Capital/Total Assets
Tangible/Total assets
Intangible/Total Assets
Profitability
Ebitda/Total Assets
Net Income/Total Assets
Return on Equity
Retained Earnings/Total Assets
Net Income/Sales
Activity
Coverage
Interest expenses/Sales
Ebitda/Interest Expenses
Ebit/Interest expenses
Sales/Total Assets
Account Payable/Sales
Account Receivable/Liabilities
L'esperienza pluriennale dei ricercatori nella scelta di variabili appropriate, ha fornito indicazioni
importanti riducendo i valori anomali e rendendo le stime più affidabili. Quindi, per conseguire
la migliore accuratezza possibile, applichiamo una procedura di selezione reiterata “ a step” delle
variabili per costruire i modelli per ciascuno dei quattro settori, precedentemente identificati. La
scelta finale delle variabili attraverso questa procedura è determinata da:
(1) La capacità di ogni singola variabile di discriminare tra aziende sane e non.
(2) La loro covarianza reciproca; eliminiamo alcune variabili che forniscono simili informazioni a
quelle già selezionate.
(3) La capacità di discriminare tra aziende sane e non, in un processo di analisi che considera il
paniere complessivo di variabili
Risultati del Modello
Utilizzando una tecnica di regressione logistica, determiniamo il set finale di variabili per ciascuno
dei quattro modelli di settore attraverso una procedura di selezione reiterata “a step”. I modelli risultanti
includono una serie di 6 a 8 variabili, ognuno soggetto a varie trasformazioni per migliorare la loro
capacità predittiva. Ogni modello è stato costruito su un campione originario costruito e testato sull’ 80%
del campione totale, con campioni di controllo (secondario) costruiti dal 20% di ciascuno dei gruppi di PMI
in default e non-default.
Sulla base dei dati di bilancio prima del default, valutiamo i tassi di errore di tipo I e di tipo II di per ogni
settore. L'errore di tipo I (colonna 1 in Figura 6) misura la percentuale di imprese in default che sono
classificati come non default (Falso Positivo) e l'errore di tipo II (colonna 2) misura quelle aziende
classificate come default ma che non hanno default (Falso Negativo). La risultante complessiva,
Predittività, (colonna 3) è semplicemente 100% - la percentuale di errore medio per l'intero campione. Si
noti che i risultati si basano sia sul campione originario di imprese in default e non, e sotto, tra parentesi,
i campioni di controllo delle imprese non impiegati per costruire il modello, ma utilizzati per testarne
l’accuratezza.
Figura 6. Risultati in termini di capacità predittiva dei quattro modelli
Questa tabella mostra gli Indici di Predittività dei quattro diversi modelli. La prima colonna indica la
percentuale di errore di tipo I, vale a dire la percentuale di imprese in default classificati come non-default
e nella seconda colonna, il tasso di errore di tipo II. Questo tasso rappresenta la percentuale di imprese
non in default classificati come default. La terza colonna mostra la Predittività media del modello,
calcolato come 1 meno la media dei due tassi di errore. Nell'ultima colonna, viene mostrato l’Indice di
Predittività, definito come il rapporto tra l’area individuata tra la curva di predittività (PAC) del modello di
scoring e quella del modello casuale e l’area individuata tra la curva del modello perfetto e quello del
modello casuale. I valori tra parentesi derivano dall'applicazione dei diversi modelli sul campione di
controllo.
Type I error
rate
Type II error
rate
1- Average
Error Rate
Accuracy
ratio
Manufacturing Model
6.92%
(8.23%)
26.57%
(27.64%)
83.26%
(82.07%)
93.08%
(92.21%)
Retail Model
16.77%
(18.54%)
27.78%
(28.89%)
77.73%
(76.29%)
83.23%
(81.76%)
Services Model
12.05%
(14.88%)
24.54%
(26.43%)
81.70%
(79.35%)
87.94%
(84.12%)
Constructions and Real
Estate
8.89%
(10.12%)
26.02%
(28.24%)
82.55%
(80.82%)
91.11%
(89.86%)
Inoltre, indichiamo l’Indice di predittività, che è definito in Figura 6. Si noti che l'errore più critico di Tipo I
variava da un minimo di 6,92% (8,23% sul campione di controllo) per il settore manifatturiero (il nostro
settore più importante in termini di numero delle imprese [vedi Figura 4]), ad un massimo, ma ancora
significativo del 16.77% (18.54% sul campione di controllo) per il settore retail. Quest'ultimo è stato l'unico
settore con una Predittività globale inferiore al 80%, ma con un Indice di Predittività superiore all'80%. In
termini generali, i nostri Indici di predittività sono stati soddisfacenti tali da predire se una società avesse
probabilità di default o meno entro un anno.
Equivalente di “Bond Rating” e Probabilità di Default
Mentre il modello statistico di default-non default sopra spiegato, è utile per valutare l’Indice di
predittività, il risultato non indica la probabilità e la tempistica del default. Queste dimensioni sono
fondamentali per gli investitori in termini di valutazione del tradeoff rischio/rendimento di un
investimento e sono anche estremamente utili nel fornire un dato importante per la relativa salute delle
imprese in tutti i settori e nel corso del tempo.
Al fine di fornire ulteriori misure di capacità di credito, si introduce il concetto di Bond Rating Equivalent
(BRE) e la Probabilità di Default (PD). Per la determinazione di queste due variabili critiche utilizziamo
come benchmark, i profili finanziari di migliaia di società valutate da una delle principali agenzie
internazionali di rating (Standard & Poors) e valutiamo l'incidenza di default assegnato un certo rating
all’obbligazione all’emissione. Tale valutazione si basa sul “Mortality Rate Approach di E. (Altman, Journal
of Finance, 1989).
Il processo è suddiviso in tre fasi:
1. Costruire un modello valutazione del credito credibile e accurato.
2. Assegnare ad ogni azienda il BRE in base alla sua vicinanza con le valutazioni medie dei rating
rilevanti delle obbligazioni delle imprese costituenti, come assegnato da S & P (per ciascuno dei
quattro modelli di settore).
3. Per i mini-bond emessi negli ultimi due anni, utilizzare il più recente aggiornamento della Matrice
del Tasso di Mortalità cumulativo e marginale delle frequenze dei Defaults (Figura 7) data la storia
su un lungo periodo 1971-2015 4 di nuove emissioni in default rispetto al rating del bond.
Per emittenti più particolari, utilizzare le matrici tasso di default cumulativo standard, dalle agenzie di
rating.
Confrontiamo dapprima il punteggio del credito di ogni impresa con i vari punteggi medi del Bond Rating
di S & P (sulla base delle più recenti composizioni di dati annuali). Il BRE risultante viene quindi assegnato
all’azienda ed è riportato nella tabella di Probabilità di Default in Figura 7. Quindi per ogni impresa,
possiamo assegnare PD a 1, 2, 3 anni, ecc. In Figura 8. troviamo esempi di PD a 1,2,3 anni assegnati per
ciascun BRE.
4
Il più recente aggiornamento annuale si può trovare in E. Altman and B. Kuehne’s “Default and Returns in the
High-Yield Bond and Distressed Debt Market: The Year 2015 in Review and Outlook,” NYU Salomon Center,
February 10, 2016.
Figura 7. Tasso di Mortalità da Rating all’origine
All Rated Corporate Bonds*
1971-2015
Anni dopo l’emissione
*Rated by S&P at Issuance
Based on 2,903 issues Source: Standard & Poor’s (New York) and Author’s Compilation
Valutazione del Modello PMI ZI Score sugli Emittenti Italiani di Mini-bond
Abbiamo valutato il merito di credito su un campione di 102 emittenti italiani che hanno emesso i minibond negli ultimi tre anni. Solo poche aziende (5) non hanno potuto essere analizzate a causa della
mancanza di dati finanziari sufficienti. La dimensione del campione degli emittenti di Mini-bond, registrati
e scambiati sul mercato secondario di Borsa Italiana, è stata leggermente maggiore rispetto alla
popolazione di PMI che abbiamo usato per costruire la valutazione del credito dei 4 settori. Ci siamo
sentiti pertanto confidenti nel valutare questo campione di mini-bond utilizzando i nostri modelli sulle
PMI. Ci aspettiamo che un modello oggettivo e determinato rigorosamente, sia estremamente utile sia
per gli investitori sia per gli emittenti contribuendo a promuovere maggiormente il mercato secondario
dopo l'emissione. Valutiamo ora le varie metriche sul merito di credito degli'emittenti mini-bond.
applicando gli ultimi dati finanziari disponibili su 98 emittenti e calcolando il BRE e la sua PD a 1 e 3 anni
come da Figura 8. La distribuzione dei BRE e il loro rendimento corrente, come indicato in Figura 8. Non
è sorprendente, anzi previsto, che la maggior parte (quasi il 70%) degli emittenti mini-bond abbiano profili
finanziari non-investment grade, essendo un elenco di emittenti PMI, a capitale privato. Come tale, nel
corso del tempo, possiamo aspettarci alcuni valori di default per questa popolazione, purché sia coerente
con rendimenti attesi. Dal confronto tra gli emittenti dei mini-bond italiani con i grandi emittenti di
obbligazioni societarie negli Stati Uniti si evince (come abbiamo fatto noi) che la maggioranza degli
emittenti delle PMI è non-investment grade o high yeld.
Figura 8. BRE come da Figura 7 e rispettivi PD a 1 e 3 anni
BRE
One-Year
Three-Year
AA
0.01%
0.10%
A
0.11%
0.16%
BBB
0.33%
3.91%
BB
0.94%
6.71%
B
2.85%
17.39%
CCC
8.13%
34.0%
CC
20.0%
50.0%
C
50.0%
70.0%
Source: E. Altman and B. Kuehne, 2016
13
Da notare dalla Figura 9, che non appare alcuna relazione tra la valutazione del rischio di credito
dei nostri modelli e il rendimento corrente alla scadenza del campione di mini-bond. Ciò comporta alcune
inefficienze del mercato, se la nostra valutazione del credito è precisa e credibile. Ci aspettiamo che una
maggiore trasparenza nella valutazione del rischio porterà ad un più appropriato tradeoff tra rischio e
rendimento sul mercato.
Figura 9. Risultati del Modello di PMI ZI-Score su aziende che hanno emesso mini-bond
Source: Authors compilation of Mini-bonds
Bond Rating Equivalent # SMEs % SMEs Avg. yield
AA
2
2%
0,057
A
4
4%
0,062
BBB
24
25%
0,065
BB
18
19%
0,055
B
31
32%
0,059
CCC
14
14%
0,065
CC
2
2%
0,03
C
2
2%
0,06
listed on Borsa Italiana Extra MOT Pro platform.
14
Conclusioni
Il modello PMI ZI-Score è un potente strumento che fornisce una valutazione del profilo di rischio
di un'azienda sulla base degli ultimi due anni di informazioni finanziarie. Sulla base di quattro modelli
separati, ciascuno specificamente sviluppato per una macro categoria industriale, la famiglia di
modelli ZI-score ha classificato e ha previsto con successo default o non default su grandi campioni
di PMI. Utilizzando nuove trasformazioni di metriche di rapporti finanziari standard e la loro
combinazione con tecniche statistiche potenti, sono stati raggiunti livelli di predittività pari almeno
all’80% e questi risultati si sono rivelati consistenti nei principali settori di rischio di business, negli
ultimi dieci anni.
I risultati dei nostri modelli possono essere utilizzati per comprendere l’affidabilità del credito di una
società rispetto alle altre incluse nel relativo cluster. In aggiunta il nostro metodo pur non fornendo
un rating obbligazionario tradizionale, utilizza un linguaggio universalmente riconosciuto
nell’ambito del credito ovvero, attraverso la frequenza di default atteso a un anno e tre anni dopo
l'emissione, è stato valutato il BRE di un’impresa e il tasso internazionale di probabilità di default
per i soggetti che hanno emesso obbligazioni. I risultati possono anche essere generalizzati per
qualsiasi emittente, indipendentemente da quando siano state emesse le obbligazioni. I modelli
sono stati applicati ad un campione significativo di Mini-bond esistenti in Italia, quotati in Borsa
Italiana, nella speranza che la maggiore trasparenza dei profili di rischio di credito dell'emittente
possa migliorare le negoziazioni delle obbligazioni nei mercati secondari, aumentare la loro liquidità
e aggiungere efficienza al mercato.
Inoltre attraverso questi modelli possiamo classificare, per tipologie di rischio, un portafoglio
contenente società omogenee in termini di dimensioni e posizione, ma diverse per rischio di credito.
La gestione del portafoglio di titoli a reddito fisso è difficile per aziende di qualsiasi dimensioni, in
particolare per l’analisi sui debiti, ma quando si aggiunge la dimensione di piccola-azienda, la
maggior parte degli analisti ha bisogno di uno strumento rigoroso per migliorare la loro procedura
di selezione. Infine, i profili di rischio oggettivi, anche se fortemente negativi per l'azienda in corso
di valutazione, possono essere utili anche per l'impresa stessa, e la sua gestione, al fine di analizzare
la capacità del debito, la forza del flusso di cassa, la possibilità di crescita e, anche per essere utilizzati
come strumento per la sostenibilità finanziaria e per l’efficientamento del management.
15
*Dr. Edward Altman è “Max L. Heine Professor of Finance, Emeritus” presso la NYU Stern School of Business,
Responsabile di Fixed Income and Debt Markets Research presso NYU Salomon Center e Senior Advisor e
Co-Fondatore di Classis Capital, SIM S.p.A. E’ uno dei massimi esperti sul mercato del Debito e del Credito e
uno dei membri di Hall of Fame di Fixed Income Analysts Society.
** Maurizio Esentato è il CEO e co-fondatore di Classis Capital, SIM S.p.A. e un autorevole professionista nel
settore del Capital Markets in Europa. Ha conseguito un MBA presso la Cass Business School, City University
di Londra e una laurea presso l'Università Bocconi.
*** Dr. Gabriele Sabato è un professionista con esperienza di gestione del rischio grazie a lavoro e ricerca in
questo campo per più di 15 anni. E’ anche un consulente senior di Classis Capital, SIM S.p.A. Ha conseguito
un dottorato di ricerca in Finanza presso l'Università di Roma "La Sapienza".
16
References for Footnote Number 2
“Effects of the New Basel Capital Accord on the Bank Capital Requirement for SMEs,”
Edward I. Altman and Gabriele Sabato, Journal of Financial Services Research, October 2005.
“Basel II and SMEs,”
Edward I. Altman and Gabriele Sabato, Financial Engineering News, December 2005.
“Modeling credit risk for SMEs: Evidence from the US market,”
Edward I. Altman, Gabriele Sabato, ABACUS, Vol. 43, Issue 3, September 2007.
“The Value of Non-Financial Information in SME Risk Management,”
Edward I. Altman, Gabriele Sabato and Nicholas Wilson, Journal of Credit Risk, Vol. 6, Number 2, summer
2010.
17