notte dei musei - Liceo Scientifico Torelli

I MUSEI CIVICI – IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI FANO
NEL CORTILE DEL PALAZZO MALATESTIANO
osserviamo i volumi del Palazzo che fu
costruito inizialmente da Galeotto I Malatesta nel
1357, quando fu nominato vicario pontificio.
La Signoria dei Malatesta governerà Fano per
ben 107 anni. Galeotto I è il padre di Pandolfo III,
signore di Bergamo e Brescia e capitano di
ventura, di cui il museo civico conserva il farsetto
ritrovato nel 1995 durante una ricognizione storica e paleopatologica della
tomba di Pandolfo, nella Chiesa di San Francesco a Fano.
Pandolfo III succedette al padre nel 1385.
La parte più antica, costruita quindi da Galeotto I, è quella ove oggi risiede la
Cassa di Risparmio, liberamente restaurata e integrata dall’arch. Alberto Calza Bini
nel 1929/30 e che conserva alcune volte del trecento .
La parte più recente, in quanto fatta costruire nel 1413-23 da Pandolfo III, è quella
che occupa i Musei Civici ed il cortile e di cui si conservano di questo periodo le
eleganti bifore archiacute in cotto in stile tardo-gotico lombardo, una piccola
monofora e l’ampio portico dalle snelle colonne in pietra con i capitelli che
mostrano la caratteristica rosa malatestiana a quattro petali.
Nel 1440/43 è anche documentato un intervento dell’architetto Matteo Nuti.
E’ rimaneggiata completamente la parte verso via Montevecchio (verso il mercato).
Dopo la caduta dei Malatesta, nel 1463 ad opera di Federico da Montefeltro che
agiva come capitano del papa, il palazzo ospita il palazzo del Governatore e il
relativo Tribunale ( la sede dei Priori= governatori e del Ganfaloniere= magistrato)
Nel 1544 ad opera di papa Paolo III si ricostruisce la parte con la rampa e la loggia
con le parti scultoree realizzate da Giovanni Bosso, dopo un incendio del 1518. I
capitelli a fianco della rampa sono quello che rimane del loggiato originale
malatestiano.
Successivamente con il terremoto del 1874 l’edificio cadde in stato di abbandono
Come si presenta ora è frutto di rimaneggiamenti.
Il restauro dell’ingegner Giuseppe Balducci nel 1898 rende l’edificio idoneo a
Museo e Pinacoteca Civica, e aggiunge nella parte a sinistra la merlatura guelfa.
LA NASCITA DEI MUSEI CIVICI
I Musei Civici, quale luogo di conservazione del patrimonio della città e fulcro e
principio della storia italiana, hanno origine con le soppressioni degli enti religiosi
che crebbero di intensità nel periodo napoleonico.
La legge del Regno di Sardegna che nel 1855 sopprimeva gli enti ecclesistici fu
estesa ad alcune regioni tra cui anche alle Marche nel 1861con Decreto di
Lorenzo Valerio. In seguito nel 1866/7 si estende a tutte le regioni d’Italia.
Il patrimonio storico e artistico contenuto negli edifici ecclesiastici, che acquisirono
altri usi, si disperse finchè non viene accolto nei musei cittadini, spesso creati
appositamente.
Il modello per i musei pubblici era quello di Napoleone in quanto il museo oltre a
conservare le opere doveva anche istruire i cittadini.
Per le Marche il museo che doveva raccogliere tutto il patrimonio storico-artistico
della regione doveva essere quello di Urbino dove il museo doveva arricchire la
Scuola di Belle Arti secondo il modello centralistico napoleonico.
Poiché le città della regione di opposero, si decise di affidare le opere ai Comuni
se questi avessero avuto locali e risorse adeguate.
Decade nelle Marche la disposizione di Valerio ma fino al 1866 non si prendono
altre disposizioni.
Per evitare la possibilità di dispersione delle opere, nel 1861, furono incaricati
Giovanni Morelli e Giovanni Battista Cavalcaselle per redigere un inventario delle
opere marchigiane e umbre. Nelle opere si apporrà un sigillo reale.
Il Prof.Franco Battistelli afferma che furono dieci le chiese e conventi fanesi che
dovettero concedere al Comune le opere d’arte.
Il Museo e Pinacoteca Civica di Fano riceverà una sede idonea, come già
affermato, nel 1898 con il restauro del Palazzo Malatestiano ad opera dell’ingegner
Giuseppe Balducci.
BIBLIOGRAFIA
Testi di di Raffaella Pozzi e Guido Giardini in GUIDA AL MUSEO ARCHEOLOGICO E PINACOTECA DEL
PALAZZO MALATESTIANO , stampato nel 2007
SITOGRAFIA
http://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/beni-storici-artistici/scheda/5373.html
http://www.musei.marche.it/web/RicercaTemi/DettagliTema.aspx?id=25&idtc=5
FANO ROMANA.
L’antico nome di Fano romana è
FANUM FORTUNAE: dal santuario dedicato alla dea
Fortuna attorno al quale in età tardo repubblicana si è
sviluppato il primo nucleo abitato, forse in
concomitanza della Battaglia sul Metauro del 207 a.C.
Il più antico intervento romano di una certa consistenza
è comunque da ritenersi il tracciato della
STRADA CONSOLARE FLAMINIA, resa stabile attorno al 223 a.C.
LA COMPARSA della presenza romana nel nostro territorio è databile quindi
attorno al III-II secolo a.C.. Di quel periodo sono anche infatti importanti battaglie
che portarono alla supremazia romana nella zona. Fra queste la battaglia di
Sentinum (vicino a Sassoferrato) nel 295 a.C., ed una del 284-3 a.C., con la
quale le truppe di Roma, sconfiggono definitivamente i Galli, che da questo
momento perderanno la propria identità per essere assimilati dai romani.
Nello stesso periodo hanno inizio le :
FONDAZIONI ROMANE: nel 283 a.C. si ha la fondazione di Senigallia, nel 268
a.C. quella di Rimini e nel 168 a.C. quella di Pesaro.
Mentre nei tre casi precedenti si ha la certezza sulla data di fondazione, altrettanto
non si può dire di Fano dato che
LA PRIMA VOLTA CHE FANO COMPARE IN UNO SCRITTO è databile 49 a.C.
(Giulio Cesare-De Bello Civili), quando Cesare varca il Rubicone e da inizio
alla guerra contro Pompeo.
Poco si sa quindi dell'epoca repubblicana; viene in aiuto in questo caso
il CIPPO GRACCANO ritrovato nel 1735 in località S.Cesareo, è riconducibile agli
anni 82-81 a.C. o 75-74 a.C., e fa riferimento a leggi risalenti al 133 a.C..
Tacito afferma che nel 69 d.C. l’imperatore Vespasiano si ferma a Fano.
Si può in ogni modo affermare
CHE IL CULMINE DELLA PRESENZA ROMANA A FANO SI HA NEL PERIODO
IMPERIALE AUGUSTEO tra il 27 a.C. E IL 14 d.C. ED INFATTI LA CITTÀ’
CONSERVA TUTT’ORA UN GRAN NUMERO DI MONUMENTI DI
QUELL'EPOCA.
Tabula Peutingeriana è una copia del XII-XIII secolo di un'antica carta romana che mostrava le vie militari
dell'Impero. La Tabula è probabilmente basata sulla carta del mondo preparata da Marco Vipsanio Agrippa (64
a.C. - 12 a.C.), amico e genero dell'imperatore Augusto
Mosaico
di Dioniso su pantera
II sec d.C.
RITROVAMENTO E LOCALIZZAZIONE: II mosaico apparteneva ad una Domus fanese di cui decorava una stanza,
forse il triclinio, fu rinvenuto nel 1952 nell’incrocio tra via Montevecchio e via Guido del Cassero non lontano
dall’Arco di Augusto.
DESCRIZIONE SINTETICA: tappeto musivo in opus tessellatum in bianco e nero, inquadrato da doppia linea
marginale scura, occupato da decorazione a triangoli, quadrati e rettangoli con emblema figurato centrale
raffigurante Dioniso o Bacco (come verrà chiamato dai romani il dio del vino) che cavalca una pantera fra le viti .
STATO DI CONSERVAZIONE: “ L’emblema …è oggi perduto nella parte centrale e superiore sinistra della
rappresentazione, integrata mediante restauro” (Purcaro)
Bacco figlio di Semele e Zeus, dio del vino e
dell’ebbrezza, è il simbolo della convivialità
e del rinnovamento della vita.
Bacco tiene in mano un tirso, bastone
con avvolte edera e vite, elemento con
il quale viene spesso rappresentato.
Bacco cavalca una
pantera, a lui consacrata
per la sua bellezza , i suoi
seguaci si ricoprivano
inoltre di pelle di pantera,
sei pantere trainavano il
carro nuziale di Bacco ed
Arianna e, infine, una
leggenda narra che le
pantere venivano
catturate “ubriacandole”
Tralci di vite,
pianta consacrata
a Bacco,
inquadrano il
soggetto.
L’emblema è
incorniciato da una
treccia a tre capi
Uno dei due lati corti del tappeto musivo termina
con una fascia decorata in stile naturalistico con
un motivo a girali d’acanto uscenti
simmetricamente da una figura centrale
femminile alata e uscente da un calathos
secondo modelli ellenistici e contenente protomi
di quadrupedi. Il significato simbolico può essere
quello di rinascita in quanto l’acanto è una pianta
da bulbo che quindi si rigenera.
Liceo Scientifico Torelli Fano, Francesco Nasoni 1^F
Cornice di ricca decorazione geometrizzante
Il ricco repertorio di motivi geometrici armonicamente organizzato è disposto in modo tale da convergere verso il
centro, è costituitao da triangoli equilateri , quadrati e rettangoli ripetuti modularmente e simmetricamente
L’occhio e la vista sono liberi di scorrere in tutte le direzioni sicuri di ritrovare l’unità nella molteplicità di motivi.
La simmetria diventa una proprietà estetica:
SUL PERIMETRO la decorazione geometrica è costituita da triangoli equilateri alternati a rettangoli (fig. 1,2)
AGLI ANGOLI DEL MOSAICO sono disposti quattro triangoli aventi il vertice coincidente con gli angoli dello stesso.
VERSO L’INTERNO, l’intreccio geometrico è costituito dall’alternarsi di file raccordate di quadrati e di rombi
collegati da fasce rettangolari disposte obliquamente (fig. 3,4,5,6).
In nodo e l’intreccio sono alla base
dell’estetica decorativa celtica che ne
Fig.1- Nei triangoli equilateri è inscritto un
Fig.2- I rettangoli
diede il massimo risalto e poi, quando
triangolo minore che è costituito a sua volta
sono decorati con
il mondo gallico ( i romani chiamano
da triangoli più piccoli alternativamente
una treccia chiara su
galli i celti che occupavano per lo più la
bianchi e neri.
fondo scuro
Francia) fu conquistato dalle legioni
Altre volte il triangolo è decorato
romane, il Nodo di Salomone e gli
semplicemente con un triangolo scuro su
intrecci furono diffusamente utilizzati
fondo chiaro.
per ornare i mosaici pavimentali
romani.
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Disegno di don G.Berardi
Bibliografia:
Purcaro V., Mosaici, in “Fano Romana”, pp285-288, Fano 1992.,
Luciano De Sanctis, Quando Fano era romana, Minardi Editore 1998, pp 8-10
Liceo Scientifico Torelli Fano, Francesco Nasoni 1^F
Fig.3-Nei rombi sono inscritti
rombi più piccoli decorati con
Nodi di Salomone al centro e
quattro elementi a pelta scuri.
Fig. 4- Nei quadrati sono inscritti
quadrati minori con i lati decorati
con denti di lupo contenenti a
loro volta quadrati più piccoli
entro i quali è inserito un cerchio
scuro decorato con una
margherita a sei petali
Fig.5 e 6- Gli elementi
rettangolari disposti
obliquamente sono decorati
alternativamente o con file di
triangoli sovrapposti scuri su
fondo chiaro (fig. 5)
o con due elementi a pelta (scudo
antico a forma di quarto di luna)
chiari su fondo scuro mentre il
centro del rettangolo, nel punto
di incontro delle aste delle due
pelte, è occupato da una losanga
chiara che a sua volta contiene
una losanga scura (fig. 6).
Emblema Centrale Del Mosaico Del Nettuno
fine II sec. d.C.
Tecnica Musiva:
Il mosaico è composto da piccole tessere in bianco e nero.
L’Emblema è un genere di mosaico particolarmente diffuso nel mondo romano dalla fine del II sec. a.C
Si tratta di un quadro in mosaico realizzato con tessere molto piccole. Per la loro raffinatezza e difficoltà
esecutiva si preferiva eseguirli con calma in laboratorio dentro una cassetta di legno. Una volta finita l’opera la si
inseriva nel pavimento. Questo diverso metodo escutivo li rendeva trasportabili.
Collocazione Originale:
Forse apparteneva ad un ambiente termale.
Ritrovamento:
Fano, sotto il campanile di piazza XX Settembre, 1740.
Tridente:
Nettuno:
Nettuno viene raffigurato con
un tridente nella mano destra
per simboleggiare il suo
potere.
Il tridente era la sua arma .
Gli antichi attribuivano a
Poseidone le scosse di
terremoto che provocava
sbattendo il suo tridente.
la figura maschile intera, nuda,
barbata con mantello, può essere
facilmente ricondotto alla figura di
Nettuno, figlio di Crono e signore delle
acque e del mare corrispondente
romano della divinità marina
Poseidone.
Secondo i miti viveva in un antro
oceanico dal quale comandava i mari e
le correnti.
Il mantello di Poseidone
avvolto nel braccio sinistro
accentua il senso di
movimento del carro.
Nettuno è simbolo delle forze oscure
e pericolose della natura: genera
creature mostruose e spesso è
irascibile e vendicativo.
ANALISI FORMALE: Nettuno e il suo carro sono visti di fronte, hanno forme
naturalistiche semplificate e con pochi essenziali dettagli.
L’insieme della composizione risulta espressiva e dinamica.
Il senso di spazio è conferito dalla sovrapposizione delle figure sui diversi
piani in profondità, in particolare in primo piano vi sono le code degli
ippocampi che si avvolgono a spirale.
Il senso di prospettiva risulta in particolare accentuato nello scorcio con cui
sono ritratte le zampe del secondo ippocampo da sinistra.
Quadriga Di Ippocampi:
Nettuno si recava nel suo regno su di
un cocchio d’oro trainato da
ippocampi che galoppavano sulle
onde aperte al loro passaggio.
Gli ippocampi sono colti nell’atto
dello scatto e si adattano
armonicamente alla forma circolare
della composizione
Sitografia:
Il Mito, Provincia di Pesaro e Urbino in http://www.provincia.pu.it/fileadmin/grpmnt/1013/IlMito58_77.pdf
Produzione di mosaici romani antichi in
http://www.vincenzogreco.com/blog/25-il-mosaico-romano-storia-e-tecniche-di-produzione
Elaborazione a cura di Diego Orlando, classe 1F, Liceo Scientifico “G.Torelli”, Fano
Tecnica Esecutiva
La realizzazione di ampie superfici musive, pavimentali o parietali, prevedeva numerose fasi esecutive che
richiedevano diversi livelli di specializzazione: dalla preparazione del sottofondo all’impasto delle malte, dalla scelta
della composizione all’allettamento delle tessere.
IL SOTTOFONDO DEL MOSAICO PAVIMENTALE ANTICO doveva essere composta da tre strati preparatori diversi:
Nella malta di allettamento, sottile
strato di calce e sabbia, fresca e
distesa su piccole porzioni della
superficie del nucleus, si inserivano
le tessere in base ad un disegno
guida
3° il nucleus, superficie di cemento
di circa 10 cm, costituito da tre parti
di cocciopesto e una di calce.
1° lo statumen accumulo di
pietre di grosse dimensioni, per
evitare il contatto con il terreno
e quindi eliminare l'umidità.
2° il rudus, piano alto circa 20 cm,
composto di tre parti di pezzetti di
pietra e uno di calce,
Sitografia:
Il Mito, Provincia di Pesaro e Urbino in http://www.provincia.pu.it/fileadmin/grpmnt/1013/IlMito58_77.pdf
Produzione di mosaici romani antichi in
http://www.vincenzogreco.com/blog/25-il-mosaico-romano-storia-e-tecniche-di-produzione
Il Mosaico di E.Croce , G.Fazio
http://www.enco-journal.com/journal/ej29/croce.html
Elaborazione a cura di Diego Orlando, classe 1F, Liceo Scientifico “G.Torelli”, Fano
CIPPO GRACCANO
RITROVAMENTO: nel 1735 in località
S.Cesareo
EPOCA: il cippo è riconducibile o agli anni 82-81
a.C. o 75-74 a.C.
SOGGETTO: grosso parallelepipedo di arenaria
con l’iscrizione “MARCO TERENZIO
VARRONE LUCULLO, FIGLIO DI MARCO, IN
VESTE DI PROPRETORE, HA FATTO
RIPRISTINARE, IN ESECUZIONE DI UNA
DELIBERA DEL SENATO I CIPPI DI
CONFINE, LA’ DOVE LI AVEVANO FISSATI
PUBLIO LICINIO, APPIO CLAUDIO E GAIO
GRACCO IN QUALITA’ DI TRESVIRI
INCARICATI DI DARE, ASSEGNARE E
GIUDICARE I TERRENI (DELLO STATO)”
FUNZIONE ANTICA: l’iscrizione sancisce una
nuova divisione delle particelle di territorio, per
opera di Marco Terrenzio Varrone Lucullo ,
ripristinando il frazionamento del 132 a.C.;
FUNZIONE ATTUALE: uno dei pochi documenti
esistenti utili ad individuare l’origine di Fano
romana.
Documenta la presenza dei romani a Fano dalla
divisione del territorio precedente a questo cippo
e cioè dai tempi della legge del 133 a.C.
Si tratta di una testimonianza dell'avvenuta
applicazione della lex Sempronia (133 a.C.)
anche nel territorio fanese , proposta dal tribuno
della plebe Tiberio Gracco . Questa legge
prevedeva che non si potessero possedere più di 500 iugera di terreno pubblico a famiglia e
250 iugera in più per ogni figlio maschio, in tutto però non più di 1000 iugera come possesso
permanente garantito.
Tutto l'agro pubblico eccedente le quote predette veniva recuperato dallo stato per darlo ai
contadini poveri.
L'inalienabilità (= che non possono essere ceduti) e l’ereditarietà dei lotti assegnati fu stabilita
per proteggere i contadini dalla prevedibile pressione dei grandi proprietari terrieri per
acquistare le terre ma anche ad impedire che se ne impossessassero occupanti abusivi.
Si istituiscono i triumviri o tresviri agris dandis adsignandis iudicandis: commissione
incaricata dell’esecuzione del provvedimento.
*Jugero= è la quantità di terreno che si può arare in un giorno e corrisponde a circa ¼ di ettaro
a 2500 mq)
*Propretore= durante la Repubblica, era un pretore che, esercitata per un anno questa carica,
era destinato al comando di un esercito o di una provincia.
Argomento presentato da Virginia Carfagno, 1B, Liceo scientifico “G.Torelli”
STATUA DELLA DEA FORTUNA, I-II secolo d.C.
Il materiale è un
marmo molto
pregiato, detto ‘di
Carrara’ o LUNENSE,
perché la sua
esportazione
romana avveniva
attraverso il porto di
Luni.
ACEFALA perché priva di capo.
CORNUCOPIA ricolma di
frutti e ortaggi: simbolo
dell’abbondanza e della
prosperità.
La figura è panneggiata
con un CHITONE,
ovvero un abito tipico
greco costituito da un
solo pezzo di stoffa.
È simile a una tunica,
cucito in un solo punto
al di sotto del seno.
LE DIMENSIONI sono
quasi vicine al reale,
leggermente
inferiori.
La statua è ricavata
in un SOLO BLOCCO
DI MARMO,
Ha COME MODELLO
un originale di Età
Ellenistica usato per la
raffigurazione di
divinità femminili o
personificazioni quali
le Muse.
L’ opera insieme ad altre sculture è stata
riportata alla luce tra il 1946 e il 1948,
durante i lavori di ricostruzione del fianco
nord-est del palazzo vescovile,
semidistrutto sotto il crollo della torre
campanaria del Duomo ad opera del
comandante tedesco Fischer.
Trattandosi di rinvenimenti fortuiti e
materiale usato come reimpiego, è stata
avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di un
gruppo di sculture sistemate
organicamente in una sorta di pantheon
domestico collocato non lontano dal
luogo del ritrovamento.
Sopra la veste
indossa un
MANTELLO,
sorretto dal
braccio sinistro.
BIBLIOGRAFIA:
Guida al Museo Archeologico e Pinacoteca del
Palazzo Malatestiano – Comune di Fano
SITOGRAFIA
Culto di Fortuna-Tiche in
http://www.romanoimpero.com/2010/05/culto
-di-fortuna-tiche.html
L’odierna città di Fano nasce come antica Fanum
Fortunae, dal nome di un mitico tempio dedicato alla
dea Fortuna, probabilmente eretto a testimonianza
della battaglia del Metauro nell’anno 207 a.C. e di cui
non si conserva traccia.
Fortuna è un’antica divinità italica, dea del caso e del
destino, più tardi identificata con la greca Τiche.
Il suo culto era praticato anche presso i Romani e ad introdurlo fu forse
Servo Tullio che a Roma dedicò molti templi alla dea.
La dea, oltre ad essere la dea tutelare della città di Fano, è una dea di buon
auspicio che ben si addice anche ad un contesto privato e testimonia il
gusto della committenza locale nella prima età imperiale.
Elaborato da: Selenia Cherchi, classe 1° B, Liceo Scientifico “G. Torelli” di Fano.
Rilievo mitriaco
III secolo d.C.
COLLOCAZIONE: il frammento probabilmente in origine era inserito in una muratura, fu recupero nello
stesso contesto di un’ara marmorea, nell’area nord-est dell’Episcopio.
MATERIALE: marmo pentelico, dal
Monte Pentelico vicino Atene, con
tracce di policromia.
PUGNALE brandito
dalla figura maschile
e con tracce di colore
rosso.
FIGURA MASCHILE alata
( vedi sotto il braccio), e
seminuda identificabile come
CHRONOS divinità che
controlla gli equinozi e legata
al culto del dio persiano
MITHRA come conferma
anche l’ara ritrovata accanto.
Una TORCIA accesa
rivolta verso l'alto che
simboleggia l'equinozio di
primavera, presenta tracce
di colore giallo.
Piccolo ALTARE cilindrico
attorno al quale si avvolge
un serpente
Oggetto radiato, forse
semplificazione del
GLOBO
TERRESTRE con
indicazione delle linee
Alequinoziali e
solstiziali.
Il culto di Mitra
COLTELLO SACRIFICALE
e SITULA, entrambi simboli
del sacrificio del toro sul
quale è basata tutta la
religione mitraica.La situla
presenta tracce di colore
rosso.
Le 3 SPIGHE simbolo di fertilità,
presentano tracce di colore
giallo..
Il culto del dio persiano Mitra è
diffuso nel mondo romano dalla fine
del I sec. d.C. e come il critianesimo
prometteva la salvazione dopo la
morte.
In epoca romana, Mitra appare
soprattutto come divinità astrale,
distinta dal sole ma a volte
identificato in esso (Sol Invictus),
è il dio della lotta contro il male.
Mitra sarebbe la potenza celeste
capace di causare il fenomeno della
ESECUZIONE poco accurata, con poco
rilievo plastico e più attenzione alla resa
del soggetto con l’uso del colore.
precessione degli equinozi.
L’equinozio della primavera segna
l’inizio del periodo dell’ anno in cui le
ore di luce superano le ore di buio.
Nel lontano passato durante
l’equinozio di primavera il sole era
nella costellazione del toro.
Per assicurare la salvezza del mondo
fu comandato al dio Sole (per mezzo
di un corvo) di uccidere un Toro.
Dal corpo del toro morente nacquero
tutte le piante necessarie per la vita
dell’uomo: in particolare il grano
generato dal midollo e la vite nata
dal sangue caduto a terra.
Altri due animali intervennero a
sostenere il dio nella sua impresa:
uno scorpione che punse il toro ai
testicoli, ed un serpente che lo
morse. Secondo un’altra
interpretazione, i due animali
vennero invece inviati dal dio del
male a contrastare la generazione
della natura.
BIBLIOGRAFIA:
Guida al Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano – Comune di Fano
La Biblioteca del sapere – Corriere della Sera, Rizzoli Larousse
SITOGRAFIA:
Mitra (divinità) Da Wikipedia, l’enciclopedia libera
Elaborato da: Virginia Giulietti classe 1° B, Liceo Scientifico “G. Torelli” di Fano.
Ritratto femminile
Ritratto ufficiale di un personaggio femminile della Gens Julia, si pensa ad Ottavia, sorella di Augusto, vedova di
Marcello e sposa poi ripudiata di Antonio, stimata e onorata per virtù morali dai contemporanei, in particolare dal
fratello.
EPOCA : 40/30 a.C., è un ritratto ufficiale della Gens Julia , fine età repubblicana.
COLLOCAZIONE ORIGINARIA : ritrovato nel 1910 ove c’era il convento di S.Daniele, nell’attuale piazza Andrea Costa
e apparteneva o a una residenza privata o ad un edificio pubblico come un collegium.
STILE : Idealizzazione dei tratti del volto le cui caratteristiche fisionomiche sono riconducibili ad Ottavia e sono:
Fronte rettangolare con
rigonfiamento netto delle
arcate sopraciliari
Acconciatura “all’Ottavia”
La cura nell’esecuzione
dell’opera è data anche
dall’utilizzo del marmo di
Carrara più pregiato: lo
Statuario che rende le forme
nitide e luminose
Occhi ovali
Leggera depressione
alla nascita del naso
Zigomi poco sporgenti
Naso danneggiato
Una spalla è più bassa
dell’altra a indicare il leggero
movimento di torsione
Bocca piccola e labbro sottile
Il taglio curvilineo fa pensare
all’inserimento originario in
un busto o in una statua
Dettagli dell’ elegante acconciatura “all’Ottavia”
Dal nodo partono i
capelli resi
calligraficamente
con linee sottili
visibili anche nella
fascia triangolare
che giunge alla
nuca
Crocchia bassa
suddivisa in 4
ciocche
Capelli raccolti
sulla fronte in un
ampio e rigonfio
nodus costituito
da una specie di
treccia
Le orecchie sono
scoperte
Cordone a torciglione
bibliografia
V.PURCARO, Il ritratto di Ottavia nel Museo Civico di Fano in Quaderni del Museo n.02/2009-Comune di Fano,
Assessorato alla cultura
Elaborato da: Tommaso Colombo, classe 1B, Liceo Scientifico “G.Torelli” di Fano.