I MUSEI CIVICI – IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI FANO NEL CORTILE DEL PALAZZO MALATESTIANO osserviamo i volumi del Palazzo che fu costruito inizialmente da Galeotto I Malatesta nel 1357, quando fu nominato vicario pontificio. La Signoria dei Malatesta governerà Fano per ben 107 anni. Galeotto I è il padre di Pandolfo III, signore di Bergamo e Brescia e capitano di ventura, di cui il museo civico conserva il farsetto ritrovato nel 1995 durante una ricognizione storica e paleopatologica della tomba di Pandolfo, nella Chiesa di San Francesco a Fano. Pandolfo III succedette al padre nel 1385. La parte più antica, costruita quindi da Galeotto I, è quella ove oggi risiede la Cassa di Risparmio, liberamente restaurata e integrata dall’arch. Alberto Calza Bini nel 1929/30 e che conserva alcune volte del trecento . La parte più recente, in quanto fatta costruire nel 1413-23 da Pandolfo III, è quella che occupa i Musei Civici ed il cortile e di cui si conservano di questo periodo le eleganti bifore archiacute in cotto in stile tardo-gotico lombardo, una piccola monofora e l’ampio portico dalle snelle colonne in pietra con i capitelli che mostrano la caratteristica rosa malatestiana a quattro petali. Nel 1440/43 è anche documentato un intervento dell’architetto Matteo Nuti. E’ rimaneggiata completamente la parte verso via Montevecchio (verso il mercato). Dopo la caduta dei Malatesta, nel 1463 ad opera di Federico da Montefeltro che agiva come capitano del papa, il palazzo ospita il palazzo del Governatore e il relativo Tribunale ( la sede dei Priori= governatori e del Ganfaloniere= magistrato) Nel 1544 ad opera di papa Paolo III si ricostruisce la parte con la rampa e la loggia con le parti scultoree realizzate da Giovanni Bosso, dopo un incendio del 1518. I capitelli a fianco della rampa sono quello che rimane del loggiato originale malatestiano. Successivamente con il terremoto del 1874 l’edificio cadde in stato di abbandono Come si presenta ora è frutto di rimaneggiamenti. Il restauro dell’ingegner Giuseppe Balducci nel 1898 rende l’edificio idoneo a Museo e Pinacoteca Civica, e aggiunge nella parte a sinistra la merlatura guelfa. LA NASCITA DEI MUSEI CIVICI I Musei Civici, quale luogo di conservazione del patrimonio della città e fulcro e principio della storia italiana, hanno origine con le soppressioni degli enti religiosi che crebbero di intensità nel periodo napoleonico. La legge del Regno di Sardegna che nel 1855 sopprimeva gli enti ecclesistici fu estesa ad alcune regioni tra cui anche alle Marche nel 1861con Decreto di Lorenzo Valerio. In seguito nel 1866/7 si estende a tutte le regioni d’Italia. Il patrimonio storico e artistico contenuto negli edifici ecclesiastici, che acquisirono altri usi, si disperse finchè non viene accolto nei musei cittadini, spesso creati appositamente. Il modello per i musei pubblici era quello di Napoleone in quanto il museo oltre a conservare le opere doveva anche istruire i cittadini. Per le Marche il museo che doveva raccogliere tutto il patrimonio storico-artistico della regione doveva essere quello di Urbino dove il museo doveva arricchire la Scuola di Belle Arti secondo il modello centralistico napoleonico. Poiché le città della regione di opposero, si decise di affidare le opere ai Comuni se questi avessero avuto locali e risorse adeguate. Decade nelle Marche la disposizione di Valerio ma fino al 1866 non si prendono altre disposizioni. Per evitare la possibilità di dispersione delle opere, nel 1861, furono incaricati Giovanni Morelli e Giovanni Battista Cavalcaselle per redigere un inventario delle opere marchigiane e umbre. Nelle opere si apporrà un sigillo reale. Il Prof.Franco Battistelli afferma che furono dieci le chiese e conventi fanesi che dovettero concedere al Comune le opere d’arte. Il Museo e Pinacoteca Civica di Fano riceverà una sede idonea, come già affermato, nel 1898 con il restauro del Palazzo Malatestiano ad opera dell’ingegner Giuseppe Balducci. BIBLIOGRAFIA Testi di di Raffaella Pozzi e Guido Giardini in GUIDA AL MUSEO ARCHEOLOGICO E PINACOTECA DEL PALAZZO MALATESTIANO , stampato nel 2007 SITOGRAFIA http://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/beni-storici-artistici/scheda/5373.html http://www.musei.marche.it/web/RicercaTemi/DettagliTema.aspx?id=25&idtc=5 FANO ROMANA. L’antico nome di Fano romana è FANUM FORTUNAE: dal santuario dedicato alla dea Fortuna attorno al quale in età tardo repubblicana si è sviluppato il primo nucleo abitato, forse in concomitanza della Battaglia sul Metauro del 207 a.C. Il più antico intervento romano di una certa consistenza è comunque da ritenersi il tracciato della STRADA CONSOLARE FLAMINIA, resa stabile attorno al 223 a.C. LA COMPARSA della presenza romana nel nostro territorio è databile quindi attorno al III-II secolo a.C.. Di quel periodo sono anche infatti importanti battaglie che portarono alla supremazia romana nella zona. Fra queste la battaglia di Sentinum (vicino a Sassoferrato) nel 295 a.C., ed una del 284-3 a.C., con la quale le truppe di Roma, sconfiggono definitivamente i Galli, che da questo momento perderanno la propria identità per essere assimilati dai romani. Nello stesso periodo hanno inizio le : FONDAZIONI ROMANE: nel 283 a.C. si ha la fondazione di Senigallia, nel 268 a.C. quella di Rimini e nel 168 a.C. quella di Pesaro. Mentre nei tre casi precedenti si ha la certezza sulla data di fondazione, altrettanto non si può dire di Fano dato che LA PRIMA VOLTA CHE FANO COMPARE IN UNO SCRITTO è databile 49 a.C. (Giulio Cesare-De Bello Civili), quando Cesare varca il Rubicone e da inizio alla guerra contro Pompeo. Poco si sa quindi dell'epoca repubblicana; viene in aiuto in questo caso il CIPPO GRACCANO ritrovato nel 1735 in località S.Cesareo, è riconducibile agli anni 82-81 a.C. o 75-74 a.C., e fa riferimento a leggi risalenti al 133 a.C.. Tacito afferma che nel 69 d.C. l’imperatore Vespasiano si ferma a Fano. Si può in ogni modo affermare CHE IL CULMINE DELLA PRESENZA ROMANA A FANO SI HA NEL PERIODO IMPERIALE AUGUSTEO tra il 27 a.C. E IL 14 d.C. ED INFATTI LA CITTÀ’ CONSERVA TUTT’ORA UN GRAN NUMERO DI MONUMENTI DI QUELL'EPOCA. Tabula Peutingeriana è una copia del XII-XIII secolo di un'antica carta romana che mostrava le vie militari dell'Impero. La Tabula è probabilmente basata sulla carta del mondo preparata da Marco Vipsanio Agrippa (64 a.C. - 12 a.C.), amico e genero dell'imperatore Augusto Mosaico di Dioniso su pantera II sec d.C. RITROVAMENTO E LOCALIZZAZIONE: II mosaico apparteneva ad una Domus fanese di cui decorava una stanza, forse il triclinio, fu rinvenuto nel 1952 nell’incrocio tra via Montevecchio e via Guido del Cassero non lontano dall’Arco di Augusto. DESCRIZIONE SINTETICA: tappeto musivo in opus tessellatum in bianco e nero, inquadrato da doppia linea marginale scura, occupato da decorazione a triangoli, quadrati e rettangoli con emblema figurato centrale raffigurante Dioniso o Bacco (come verrà chiamato dai romani il dio del vino) che cavalca una pantera fra le viti . STATO DI CONSERVAZIONE: “ L’emblema …è oggi perduto nella parte centrale e superiore sinistra della rappresentazione, integrata mediante restauro” (Purcaro) Bacco figlio di Semele e Zeus, dio del vino e dell’ebbrezza, è il simbolo della convivialità e del rinnovamento della vita. Bacco tiene in mano un tirso, bastone con avvolte edera e vite, elemento con il quale viene spesso rappresentato. Bacco cavalca una pantera, a lui consacrata per la sua bellezza , i suoi seguaci si ricoprivano inoltre di pelle di pantera, sei pantere trainavano il carro nuziale di Bacco ed Arianna e, infine, una leggenda narra che le pantere venivano catturate “ubriacandole” Tralci di vite, pianta consacrata a Bacco, inquadrano il soggetto. L’emblema è incorniciato da una treccia a tre capi Uno dei due lati corti del tappeto musivo termina con una fascia decorata in stile naturalistico con un motivo a girali d’acanto uscenti simmetricamente da una figura centrale femminile alata e uscente da un calathos secondo modelli ellenistici e contenente protomi di quadrupedi. Il significato simbolico può essere quello di rinascita in quanto l’acanto è una pianta da bulbo che quindi si rigenera. Liceo Scientifico Torelli Fano, Francesco Nasoni 1^F Cornice di ricca decorazione geometrizzante Il ricco repertorio di motivi geometrici armonicamente organizzato è disposto in modo tale da convergere verso il centro, è costituitao da triangoli equilateri , quadrati e rettangoli ripetuti modularmente e simmetricamente L’occhio e la vista sono liberi di scorrere in tutte le direzioni sicuri di ritrovare l’unità nella molteplicità di motivi. La simmetria diventa una proprietà estetica: SUL PERIMETRO la decorazione geometrica è costituita da triangoli equilateri alternati a rettangoli (fig. 1,2) AGLI ANGOLI DEL MOSAICO sono disposti quattro triangoli aventi il vertice coincidente con gli angoli dello stesso. VERSO L’INTERNO, l’intreccio geometrico è costituito dall’alternarsi di file raccordate di quadrati e di rombi collegati da fasce rettangolari disposte obliquamente (fig. 3,4,5,6). In nodo e l’intreccio sono alla base dell’estetica decorativa celtica che ne Fig.1- Nei triangoli equilateri è inscritto un Fig.2- I rettangoli diede il massimo risalto e poi, quando triangolo minore che è costituito a sua volta sono decorati con il mondo gallico ( i romani chiamano da triangoli più piccoli alternativamente una treccia chiara su galli i celti che occupavano per lo più la bianchi e neri. fondo scuro Francia) fu conquistato dalle legioni Altre volte il triangolo è decorato romane, il Nodo di Salomone e gli semplicemente con un triangolo scuro su intrecci furono diffusamente utilizzati fondo chiaro. per ornare i mosaici pavimentali romani. 1 2 3 4 5 6 Disegno di don G.Berardi Bibliografia: Purcaro V., Mosaici, in “Fano Romana”, pp285-288, Fano 1992., Luciano De Sanctis, Quando Fano era romana, Minardi Editore 1998, pp 8-10 Liceo Scientifico Torelli Fano, Francesco Nasoni 1^F Fig.3-Nei rombi sono inscritti rombi più piccoli decorati con Nodi di Salomone al centro e quattro elementi a pelta scuri. Fig. 4- Nei quadrati sono inscritti quadrati minori con i lati decorati con denti di lupo contenenti a loro volta quadrati più piccoli entro i quali è inserito un cerchio scuro decorato con una margherita a sei petali Fig.5 e 6- Gli elementi rettangolari disposti obliquamente sono decorati alternativamente o con file di triangoli sovrapposti scuri su fondo chiaro (fig. 5) o con due elementi a pelta (scudo antico a forma di quarto di luna) chiari su fondo scuro mentre il centro del rettangolo, nel punto di incontro delle aste delle due pelte, è occupato da una losanga chiara che a sua volta contiene una losanga scura (fig. 6). Emblema Centrale Del Mosaico Del Nettuno fine II sec. d.C. Tecnica Musiva: Il mosaico è composto da piccole tessere in bianco e nero. L’Emblema è un genere di mosaico particolarmente diffuso nel mondo romano dalla fine del II sec. a.C Si tratta di un quadro in mosaico realizzato con tessere molto piccole. Per la loro raffinatezza e difficoltà esecutiva si preferiva eseguirli con calma in laboratorio dentro una cassetta di legno. Una volta finita l’opera la si inseriva nel pavimento. Questo diverso metodo escutivo li rendeva trasportabili. Collocazione Originale: Forse apparteneva ad un ambiente termale. Ritrovamento: Fano, sotto il campanile di piazza XX Settembre, 1740. Tridente: Nettuno: Nettuno viene raffigurato con un tridente nella mano destra per simboleggiare il suo potere. Il tridente era la sua arma . Gli antichi attribuivano a Poseidone le scosse di terremoto che provocava sbattendo il suo tridente. la figura maschile intera, nuda, barbata con mantello, può essere facilmente ricondotto alla figura di Nettuno, figlio di Crono e signore delle acque e del mare corrispondente romano della divinità marina Poseidone. Secondo i miti viveva in un antro oceanico dal quale comandava i mari e le correnti. Il mantello di Poseidone avvolto nel braccio sinistro accentua il senso di movimento del carro. Nettuno è simbolo delle forze oscure e pericolose della natura: genera creature mostruose e spesso è irascibile e vendicativo. ANALISI FORMALE: Nettuno e il suo carro sono visti di fronte, hanno forme naturalistiche semplificate e con pochi essenziali dettagli. L’insieme della composizione risulta espressiva e dinamica. Il senso di spazio è conferito dalla sovrapposizione delle figure sui diversi piani in profondità, in particolare in primo piano vi sono le code degli ippocampi che si avvolgono a spirale. Il senso di prospettiva risulta in particolare accentuato nello scorcio con cui sono ritratte le zampe del secondo ippocampo da sinistra. Quadriga Di Ippocampi: Nettuno si recava nel suo regno su di un cocchio d’oro trainato da ippocampi che galoppavano sulle onde aperte al loro passaggio. Gli ippocampi sono colti nell’atto dello scatto e si adattano armonicamente alla forma circolare della composizione Sitografia: Il Mito, Provincia di Pesaro e Urbino in http://www.provincia.pu.it/fileadmin/grpmnt/1013/IlMito58_77.pdf Produzione di mosaici romani antichi in http://www.vincenzogreco.com/blog/25-il-mosaico-romano-storia-e-tecniche-di-produzione Elaborazione a cura di Diego Orlando, classe 1F, Liceo Scientifico “G.Torelli”, Fano Tecnica Esecutiva La realizzazione di ampie superfici musive, pavimentali o parietali, prevedeva numerose fasi esecutive che richiedevano diversi livelli di specializzazione: dalla preparazione del sottofondo all’impasto delle malte, dalla scelta della composizione all’allettamento delle tessere. IL SOTTOFONDO DEL MOSAICO PAVIMENTALE ANTICO doveva essere composta da tre strati preparatori diversi: Nella malta di allettamento, sottile strato di calce e sabbia, fresca e distesa su piccole porzioni della superficie del nucleus, si inserivano le tessere in base ad un disegno guida 3° il nucleus, superficie di cemento di circa 10 cm, costituito da tre parti di cocciopesto e una di calce. 1° lo statumen accumulo di pietre di grosse dimensioni, per evitare il contatto con il terreno e quindi eliminare l'umidità. 2° il rudus, piano alto circa 20 cm, composto di tre parti di pezzetti di pietra e uno di calce, Sitografia: Il Mito, Provincia di Pesaro e Urbino in http://www.provincia.pu.it/fileadmin/grpmnt/1013/IlMito58_77.pdf Produzione di mosaici romani antichi in http://www.vincenzogreco.com/blog/25-il-mosaico-romano-storia-e-tecniche-di-produzione Il Mosaico di E.Croce , G.Fazio http://www.enco-journal.com/journal/ej29/croce.html Elaborazione a cura di Diego Orlando, classe 1F, Liceo Scientifico “G.Torelli”, Fano CIPPO GRACCANO RITROVAMENTO: nel 1735 in località S.Cesareo EPOCA: il cippo è riconducibile o agli anni 82-81 a.C. o 75-74 a.C. SOGGETTO: grosso parallelepipedo di arenaria con l’iscrizione “MARCO TERENZIO VARRONE LUCULLO, FIGLIO DI MARCO, IN VESTE DI PROPRETORE, HA FATTO RIPRISTINARE, IN ESECUZIONE DI UNA DELIBERA DEL SENATO I CIPPI DI CONFINE, LA’ DOVE LI AVEVANO FISSATI PUBLIO LICINIO, APPIO CLAUDIO E GAIO GRACCO IN QUALITA’ DI TRESVIRI INCARICATI DI DARE, ASSEGNARE E GIUDICARE I TERRENI (DELLO STATO)” FUNZIONE ANTICA: l’iscrizione sancisce una nuova divisione delle particelle di territorio, per opera di Marco Terrenzio Varrone Lucullo , ripristinando il frazionamento del 132 a.C.; FUNZIONE ATTUALE: uno dei pochi documenti esistenti utili ad individuare l’origine di Fano romana. Documenta la presenza dei romani a Fano dalla divisione del territorio precedente a questo cippo e cioè dai tempi della legge del 133 a.C. Si tratta di una testimonianza dell'avvenuta applicazione della lex Sempronia (133 a.C.) anche nel territorio fanese , proposta dal tribuno della plebe Tiberio Gracco . Questa legge prevedeva che non si potessero possedere più di 500 iugera di terreno pubblico a famiglia e 250 iugera in più per ogni figlio maschio, in tutto però non più di 1000 iugera come possesso permanente garantito. Tutto l'agro pubblico eccedente le quote predette veniva recuperato dallo stato per darlo ai contadini poveri. L'inalienabilità (= che non possono essere ceduti) e l’ereditarietà dei lotti assegnati fu stabilita per proteggere i contadini dalla prevedibile pressione dei grandi proprietari terrieri per acquistare le terre ma anche ad impedire che se ne impossessassero occupanti abusivi. Si istituiscono i triumviri o tresviri agris dandis adsignandis iudicandis: commissione incaricata dell’esecuzione del provvedimento. *Jugero= è la quantità di terreno che si può arare in un giorno e corrisponde a circa ¼ di ettaro a 2500 mq) *Propretore= durante la Repubblica, era un pretore che, esercitata per un anno questa carica, era destinato al comando di un esercito o di una provincia. Argomento presentato da Virginia Carfagno, 1B, Liceo scientifico “G.Torelli” STATUA DELLA DEA FORTUNA, I-II secolo d.C. Il materiale è un marmo molto pregiato, detto ‘di Carrara’ o LUNENSE, perché la sua esportazione romana avveniva attraverso il porto di Luni. ACEFALA perché priva di capo. CORNUCOPIA ricolma di frutti e ortaggi: simbolo dell’abbondanza e della prosperità. La figura è panneggiata con un CHITONE, ovvero un abito tipico greco costituito da un solo pezzo di stoffa. È simile a una tunica, cucito in un solo punto al di sotto del seno. LE DIMENSIONI sono quasi vicine al reale, leggermente inferiori. La statua è ricavata in un SOLO BLOCCO DI MARMO, Ha COME MODELLO un originale di Età Ellenistica usato per la raffigurazione di divinità femminili o personificazioni quali le Muse. L’ opera insieme ad altre sculture è stata riportata alla luce tra il 1946 e il 1948, durante i lavori di ricostruzione del fianco nord-est del palazzo vescovile, semidistrutto sotto il crollo della torre campanaria del Duomo ad opera del comandante tedesco Fischer. Trattandosi di rinvenimenti fortuiti e materiale usato come reimpiego, è stata avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di un gruppo di sculture sistemate organicamente in una sorta di pantheon domestico collocato non lontano dal luogo del ritrovamento. Sopra la veste indossa un MANTELLO, sorretto dal braccio sinistro. BIBLIOGRAFIA: Guida al Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano – Comune di Fano SITOGRAFIA Culto di Fortuna-Tiche in http://www.romanoimpero.com/2010/05/culto -di-fortuna-tiche.html L’odierna città di Fano nasce come antica Fanum Fortunae, dal nome di un mitico tempio dedicato alla dea Fortuna, probabilmente eretto a testimonianza della battaglia del Metauro nell’anno 207 a.C. e di cui non si conserva traccia. Fortuna è un’antica divinità italica, dea del caso e del destino, più tardi identificata con la greca Τiche. Il suo culto era praticato anche presso i Romani e ad introdurlo fu forse Servo Tullio che a Roma dedicò molti templi alla dea. La dea, oltre ad essere la dea tutelare della città di Fano, è una dea di buon auspicio che ben si addice anche ad un contesto privato e testimonia il gusto della committenza locale nella prima età imperiale. Elaborato da: Selenia Cherchi, classe 1° B, Liceo Scientifico “G. Torelli” di Fano. Rilievo mitriaco III secolo d.C. COLLOCAZIONE: il frammento probabilmente in origine era inserito in una muratura, fu recupero nello stesso contesto di un’ara marmorea, nell’area nord-est dell’Episcopio. MATERIALE: marmo pentelico, dal Monte Pentelico vicino Atene, con tracce di policromia. PUGNALE brandito dalla figura maschile e con tracce di colore rosso. FIGURA MASCHILE alata ( vedi sotto il braccio), e seminuda identificabile come CHRONOS divinità che controlla gli equinozi e legata al culto del dio persiano MITHRA come conferma anche l’ara ritrovata accanto. Una TORCIA accesa rivolta verso l'alto che simboleggia l'equinozio di primavera, presenta tracce di colore giallo. Piccolo ALTARE cilindrico attorno al quale si avvolge un serpente Oggetto radiato, forse semplificazione del GLOBO TERRESTRE con indicazione delle linee Alequinoziali e solstiziali. Il culto di Mitra COLTELLO SACRIFICALE e SITULA, entrambi simboli del sacrificio del toro sul quale è basata tutta la religione mitraica.La situla presenta tracce di colore rosso. Le 3 SPIGHE simbolo di fertilità, presentano tracce di colore giallo.. Il culto del dio persiano Mitra è diffuso nel mondo romano dalla fine del I sec. d.C. e come il critianesimo prometteva la salvazione dopo la morte. In epoca romana, Mitra appare soprattutto come divinità astrale, distinta dal sole ma a volte identificato in esso (Sol Invictus), è il dio della lotta contro il male. Mitra sarebbe la potenza celeste capace di causare il fenomeno della ESECUZIONE poco accurata, con poco rilievo plastico e più attenzione alla resa del soggetto con l’uso del colore. precessione degli equinozi. L’equinozio della primavera segna l’inizio del periodo dell’ anno in cui le ore di luce superano le ore di buio. Nel lontano passato durante l’equinozio di primavera il sole era nella costellazione del toro. Per assicurare la salvezza del mondo fu comandato al dio Sole (per mezzo di un corvo) di uccidere un Toro. Dal corpo del toro morente nacquero tutte le piante necessarie per la vita dell’uomo: in particolare il grano generato dal midollo e la vite nata dal sangue caduto a terra. Altri due animali intervennero a sostenere il dio nella sua impresa: uno scorpione che punse il toro ai testicoli, ed un serpente che lo morse. Secondo un’altra interpretazione, i due animali vennero invece inviati dal dio del male a contrastare la generazione della natura. BIBLIOGRAFIA: Guida al Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano – Comune di Fano La Biblioteca del sapere – Corriere della Sera, Rizzoli Larousse SITOGRAFIA: Mitra (divinità) Da Wikipedia, l’enciclopedia libera Elaborato da: Virginia Giulietti classe 1° B, Liceo Scientifico “G. Torelli” di Fano. Ritratto femminile Ritratto ufficiale di un personaggio femminile della Gens Julia, si pensa ad Ottavia, sorella di Augusto, vedova di Marcello e sposa poi ripudiata di Antonio, stimata e onorata per virtù morali dai contemporanei, in particolare dal fratello. EPOCA : 40/30 a.C., è un ritratto ufficiale della Gens Julia , fine età repubblicana. COLLOCAZIONE ORIGINARIA : ritrovato nel 1910 ove c’era il convento di S.Daniele, nell’attuale piazza Andrea Costa e apparteneva o a una residenza privata o ad un edificio pubblico come un collegium. STILE : Idealizzazione dei tratti del volto le cui caratteristiche fisionomiche sono riconducibili ad Ottavia e sono: Fronte rettangolare con rigonfiamento netto delle arcate sopraciliari Acconciatura “all’Ottavia” La cura nell’esecuzione dell’opera è data anche dall’utilizzo del marmo di Carrara più pregiato: lo Statuario che rende le forme nitide e luminose Occhi ovali Leggera depressione alla nascita del naso Zigomi poco sporgenti Naso danneggiato Una spalla è più bassa dell’altra a indicare il leggero movimento di torsione Bocca piccola e labbro sottile Il taglio curvilineo fa pensare all’inserimento originario in un busto o in una statua Dettagli dell’ elegante acconciatura “all’Ottavia” Dal nodo partono i capelli resi calligraficamente con linee sottili visibili anche nella fascia triangolare che giunge alla nuca Crocchia bassa suddivisa in 4 ciocche Capelli raccolti sulla fronte in un ampio e rigonfio nodus costituito da una specie di treccia Le orecchie sono scoperte Cordone a torciglione bibliografia V.PURCARO, Il ritratto di Ottavia nel Museo Civico di Fano in Quaderni del Museo n.02/2009-Comune di Fano, Assessorato alla cultura Elaborato da: Tommaso Colombo, classe 1B, Liceo Scientifico “G.Torelli” di Fano.