mercoledì 26 e giovedì 27 settembre ore 21.00
PAOLINA BORGHESE, LA REINE DES COLIFICHETS
con Milena Vukotic
Museo Napoleonico - Piazza di Ponte Umberto I, 1
Cara Paolina,
visto che avremo un periodo di convivenza, è bene che io mi presenti. Sono un’attrice e anch’io
cerco di sedurre gli altri in un continuo balletto di trasformazioni. Sono contenta questa volta di
mascherarmi con te; in fondo anche tu hai giocato ad essere Paolina Borghese e mi sei simpatica
proprio per le contraddizioni che ti distinguono. Alterni la leggerezza adolescenziale alla prepotenza
della femme fatale e sei capricciosa come una bambina selvaggia che deve esistere come
Principessa, sorella dell’Imperatore. Sei stata bellissima, tanto da essere immortalata dal Canova
nella tua stessa villa dove oggi ti visitano e dove susciti l’ammirazione di tutti. A proposito, ho
sentito che non ti piaceva la mia adorata Roma; ma io so – tra noi ce lo possiamo dire – che
questo fa parte della tua civetteria e perciò mi sei simpatica, cara Paolina. La femme sera toujours
la femme e tu ne sei l’emblema. Divertiamoci il più possibile. Ciao.
Milena
Non sono stati indulgenti con Paolina Borghese, gli storici: e lo scandalo che nacque intorno alla
statua di lei in veste di Venere, fatta dal Canova, non contribuì certo a migliorare le cose.
Ma forse molto giocò l’invidia, nei giudizi dati su questa bellissima donna, perché, a ben guardare,
i suoi peccati furono veniali: amava i bei vestiti, le feste, le acconciature e il titolo di principessa
romana, è vero; è anche vero che ebbe degli amanti: ma fu anche l’unica, nella sua tumultuosa
famiglia, a essere vicina a Napoleone nei giorni dell’esilio all’Elba, ad aiutarlo nella sua fuga
dall’isola (in che modo? dando un ricevimento in maniera che il rumore della festa coprisse quello
dell’attracco delle barche: Paolina era sempre Paolina), e a preoccuparsi per lui nel momento della
disgrazia fino al punto di dargli i suoi tanto amati diamanti da vendere se avesse avuto bisogno di
denari.
Quindi rendiamo omaggio con un sorriso a questa bella e sfortunata protagonista del suo tempo,
morta così giovane, ricordandone non solo i capricci e gli amori, ma anche la generosità, la
cortesia e la benevolenza di cui fu prodiga con tutti.
Milena Vukotic è nata a Roma da padre jugoslavo commediografo e da madre italiana, pianista e
compositore. Ha seguito gli studi artistici a Londra, Vienna e a Parigi, dove ha studiato pianoforte,
danza e recitazione e ha vinto il primo premio per la danza al Conservatoire National de Musique.
Dopo un’esperienza nel corpo di ballo dell’Opéra, ha fatto parte della compagnia Grand Ballet du
Marquis de Cuevas e della compagnia di Roland Petit, con le quali ha girato tutto il mondo. A Parigi
ha studiato recitazione alla scuola di Tania Balachova e ha fatto le prime esperienze di attrice nei
teatri di avanguardia. Tornata a Roma negli anni Sessanta, è entrata nella compagnia MorelliStoppa lavorando poi con Giorgio Strehler, Franco Zeffirelli, Maurizio Scaparro, Franco Enriquez,
Paolo Poli, Beno Besson, Piero Maccarinelli, Mario Missiroli. Nel cinema ha circa cento titoli all’attivo
e, fra gli altri, è stata diretta da Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Lina
Wertmüller, Mauro Bolognini, Ettore Scola, Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Dino Risi, Bernardo
Bertolucci, Andrej Tarkovskij, Jean-Jacques Beineix, Nagisa Oshima, in ruoli sia drammatici che di
genere leggero e comico. Interprete degli ultimi tre film di Luis Buñuel, è particolarmente popolare
per la serie dei film di Fantozzi - tra il 1980 e il 2000 - in cui interpreta il ruolo della moglie Pina.
Nel 2003 ha preso parte a una produzione internazionale, A Good Woman, per la regia di Mike
Barker. Molto attiva anche in televisione, a partire dal Giamburrasca (1964) di Lina Wertmüller,
ha preso parte a sceneggiati diretti, tra gli altri, da Guido Stagnaro, Raffaele Maiello, Renato
Castellani, Sandro Sequi, Vittorio Cottafavi, Massimo Scaglione, fino alla recente e popolare serie
Un medico in famiglia nella quale interpreta uno dei ruoli principali. Ha recitato, per il cinema e per
la televisione, anche all’estero, negli Stati Uniti, in Germania, Austria e Francia. Parla
correntemente l’inglese, il francese, il tedesco e il serbo-croato e ha recitato spesso anche in
queste lingue. Nel 2002 ha vinto il premio “Eleonora Duse” per la carriera teatrale, in particolare
per Le donne di Picasso di Brian McAvera, regia di Terry D’Alfonso, e Notte di grazia scendi di
Samuel Beckett, diretta da Mario Morini. Nel 2004 ha interpretato Lasciami andare madre di Helga
Schneider, per la regia di Lina Wertmüller e il monologo Il piccolo portinaio di Marco Amato, regia
di Walter Manfré.
Museo Napoleonico Il palazzo che oggi ospita la sede del Museo Napoleonico e gran parte delle
collezioni in questo contenute sono dei lasciti fatti alla città di Roma nel 1927 dal conte Giuseppe
Primoli, pronipote di Napoleone. Il conte Primoli fu un personaggio altamente rappresentativo di
una duplice cultura italo-francese: Alessandro Dumas lo definiva “l’ambassadeur des lettres
italiennes en France et des lettres françaises en Italie”. Innamorato della letteratura e del teatro,
amico dei maggiori intellettuali della sua epoca, ogni anno andava a stabilirsi ad aprile nel suo
appartamento parigino di Avenue du Trocadero e tornava a novembre nel palazzo di via dell’Orso,
molto diverso però da quello che vediamo adesso. Con dolore, infatti, quando il Comune di Roma
decise la costruzione di via Zanardelli, il conte Primoli dovette cedere il grande giardino adiacente
al suo palazzo cinquecentesco e fu costretto anche a ridurre e a ristrutturare l’edificio. Il palazzo
avrebbe dovuto essere la sede di un sodalizio culturale, al quale Gabriele d’Annunzio aveva anche
trovato il nome: “L’Accademia dell’Orso” una prima volta, e poi “La Primola” (e già si firmava
scherzosamente “G. d’A. Accademico della Primola”). Il progetto non fu mai realizzato, ma la
biblioteca di trentamila volumi fu annessa alla Fondazione da lui voluta mentre le collezioni e
l’edificio di via dell’Orso furono lasciati alla città di Roma, unitamente a una somma la cui rendita
doveva contribuire alle spese occorrenti e avrebbe finanziato anche una borsa di studi per i giovani
francesi che volessero fare studi d’arte a Roma (e che sarebbero stati alloggiati nel palazzo) e per i
giovani italiani che avessero voluto fare lo stesso a Parigi.