La cessione del contratto di locazione e la successione contrattuale

LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE: NATURA E DISCIPLINA (parte
prima)
La cessione del contratto di locazione e la successione contrattuale ex lege
L’art. 36 L. n. 392 del 1978 dispone che il conduttore può cedere il contratto di locazione anche
senza il consenso del locatore a condizione che contestualmente alla cessione della locazione sia
ceduta o locata l’azienda.
Tralasciando l’imprecisione terminologica (l’azienda, infatti, viene affittata e non locata), la norma
tutela l’eventuale interesse del locatore ad impedire la cessione, prevedendo che il conduttore dia
comunicazione al locatore della cessione della locazione mediante lettera raccomandata con avviso
di ricevimento e che il locatore possa opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento
della comunicazione stessa.
Il contratto di locazione, in generale, può formare oggetto, ad opera di una delle parti, di cessione,
rientrando nel più ampio fenomeno della cessione del contratto, disciplinata in termini generali
dagli artt. 1406 ss. c.c., il quale si limita a stabilire le condizioni necessarie per il perfezionamento
della fattispecie; contratto a prestazioni corrispettive, mancata esecuzione delle prestazioni e
consenso del ceduto.
La cessione del contratto di locazione attua una forma complessa di successione a titolo particolare
di un terzo nella posizione giuridica, attiva e passiva, di uno dei soggetti originari.
In questo senso, il cessionario (id est: il nuovo conduttore) ha il diritto di impugnare il contratto per
vizio originario o sopravvenuto e, qualora ne fosse titolare il cedente, il diritto di modificare o
sciogliere il vincolo contrattuale.
Ma la cessione della locazione ex art. 36 l. n. 392 del 1978 non si plasma interamente sulla figura
generale della cessione del contratto come disciplinata nel codice civile ma presenta un elemento di
forte caratterizzazione . Infatti, mentre il consenso del ceduto è elemento costitutivo essenziale della
cessione ex art. 1406 c.c., la legge sull’equo canone consente al conduttore di cedere il contratto
locatizio anche senza il consenso del locatore, purchè –come si è detto- sia contestualmente
trasferita o affittata l’azienda e sia comunicata la cessione al locatore.
Per delineare la natura giuridica della cessione ex art. 36 e soprattutto per individuare la disciplina
ad essa applicabile, giova rilevare che, in questa fattispecie, l’effetto traslativo del contratto
prescinde dalla volontà delle parti e si collega direttamente a determinati fatti previsti dalla legge. E
così pare potersi ravvisare un fenomeno di successione ope legis nel contratto, quale effetto
collegato dall’Ordinamento al trasferimento a titolo particolare di un diritto. Ad esso è sotteso
l’intento legislativo di proteggere e favorire la continuazione dell’attività commerciale o,
comunque, situazioni e/o interessi, ritenuti meritevoli di tutela e, così, parzialmente sottratti
all’autonomia dei privati. Anche la giurisprudenza ritiene che la successione contrattuale sia istituto
diverso dalla cessione del contratto ex art. 1406 c.c., precisando che essa può intervenire in
qualsiasi fase del rapporto, purchè non sia del tutto esaurito, e quindi anche nella fase contenziosa,
relativa ad una domanda di esatto adempimento, di garanzia per vizi o di risoluzione per
inadempimento, con la conseguenza che il cessionario assume la posizione di successore a titolo
particolare nel diritto controverso, in base al disposto dell’art. 111 c.p.c.
Conseguentemente, inoltre, alle ipotesi di successione contrattuale ex lege si deve ritenere
applicabile una diversa disciplina, e, solo in via analogica, quella codicistica relativa alla cessione
del contratto.
Tuttavia, per meglio comprendere il meccanismo della successione nel contratto, appare opportuno
esaminare alcune figure normative.
Nella fattispecie del trasferimento d’azienda( art. 2558 comma 1 c.c.), dell’affitto e della
costituzione di usufrutto sulla stessa (art. 2558 comma 3 c.c.), v’è la successione del terzo (oltre che
nei debiti e nei crediti) nei vari contratti –eccetto quelli in relazione ai quali è stato pattuito un
divieto di successione e quelli che hanno carattere “personale”- stipulati per l’esercizio dell’azienda
medesima, in ragione dell’unificazione funzionale di tutti gli elementi necessari allo svolgimento
dell’attività imprenditoriale.
Perchè vi sia successione, dunque, non è necessario il consenso del terzo contraente (ceduto), il
quale, tuttavia, non è privo di tutela, dato che il comma 2 dell’art. 2558 c.c. gli attribuisce, in
presenza di una “giusta causa”, la facoltà di recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del
trasferimento, salva comunque la responsabilità dell’alienante.
Peraltro, vi sono casi di cessione legale dello stesso contratto di locazione, disciplinati dagli artt.
1559-1602 c.c. e dall’art. 6 l. n. 392 del 1978.
Nel primo caso, in attuazione del principio “emptio non tollit locatum”, nel rapporto locatizio
succede il soggetto che acquisti la proprietà o –secondo alcuni Autori- anche un altro diritto reale
sulla res locata.
A tutela del conduttore, l’art. 1599 c.c. stabilisce che il contratto di locazione è opponibile al terzo
acquirente (a titolo derivativo, dato che, invece, secondo la Suprema Corte, la locazione non
sarebbe opponibile all’acquirente a titolo originario, che, privo dell’actio contrattuale, potrebbe
rivendicare il bene ex art. 948 c.c.). Tra le nuove parti prosegue, ex art. 1602 c.c., il rapporto
originario, perpetuandosi le vicende caratterizzanti il suo svolgimento. Perciò, qualora al momento
del trasferimento dell’immobile locato il locatore alienante abbia dato tempestiva disdetta per la
scadenza della locazione, l’intimata scadenza è efficace anche nei confronti dell’acquirente (nuovo
locatore), così da impedire la rinnovazione del rapporto locatizio.
L’acquirente, subentrando nella posizione giuridica del venditore quando il contratto è ancora in
corso, è destinatario degli effetti degli atti del proprio dante causa, compresa la licenza intimata
dallo stesso, ma non può proporre autonomamente domanda di rilascio per finita locazione, dato
che, ex art.111 c.p.c. , il successore ha solo facoltà di intervento nella causa pendente.
L’art. 6 l. n. 392 del 1978 (riguardante gli immobili ad uso abitativo), invece, è norma speciale
rispetto alla disciplina dell’art. 1614 comma 1 c.c., secondo cui, implicitamente, nel caso di morte
dell’inquilino, sono i soli eredi a succedere nel rapporto locatizio, dato che soltanto a essi è
attribuita la facoltà di recesso dal contratto entro tre mesi dalla morte. Infatti l’art. 6, al comma 1,
estende la cerchia dei soggetti successibili, comprendendo “il coniuge” e i parenti ed affini con lui
abitualmente conviventi”, cui la sentenza della Corte costituzionale n. 404 del 1988 ha aggiunto
anche il convivente more uxorio.
Va evidenziato che la successione ex lege nel contratto costituisce un istituto previsto dal legislatore
solo in specifiche situazioni al fine di tutelare determinate categorie di soggetti e rappresenta una
deroga al principio generale in tema di obbligazioni, in base a cui le modificazioni soggettive a
latere debitoris si perfezionano solo per mezzo del necessario consenso delle parti contrattuali
originarie. Quindi, quando come nelle ipotesi di successione, il mutamento soggettivo si verifichi
nonostante la volontà espressamente contraria della permanente parte contrattuale, si dovrebbe
restrittivamente ritenere che il consenso sia irrilevante solo rispetto alla successione e non anche
rispetto a ulteriori profili, quale la responsabilità del contraente estromesso.
Così la dottrina critica l’individuazione nell’art. 1408 c.c. di un presunto principio generale in grado
di presiedere alla regolamentazione normativa delle fattispecie in cui si realizza la successione ex
lege nel contratto. Precisamente, mentre –nell’ipotesi di cessione del contratto- la necessità del
consenso del contraente ceduto (ex art. 1406 c.c.) giustificherebbe la regola contenuta nell’art. 1408
c.c., in base a cui il cedente è libero dalle sue obbligazioni salvo diversa volontà del ceduto, nei casi
di successione, invece, si ritiene opportuna l’applicazione dell’opposto principio della responsabilità
sussidiaria del contraente originario.
Pertanto, in luogo della norma dell’art. 1408 c.c., alle fattispecie di successione ex 6 l. n. 392 del
1978 si ritiene applicabile analogicamente, nonostante la diversità di sedes materiae, proprio l’art.
36 comma 1 ult. parte l. 392 del 1978, caratterizzato dalla medesima ratio, cioè la tutela del
contraente ceduto a prescindere dalla sua volontà: conseguentemente, si afferma la responsabilità
sussidiaria del contraente estromesso per le obbligazioni inadempiute dal succeduto. In tal modo, si
consente il necessario adattamento dei principi codicistici ad istituti, quali la successione
contrattuale, ancora privi di autonomo inquadramento teorico-sistematico.
Il consenso del locatore nella cessione del contratto
Numerose sono le sentenze della Suprema Corte relative alla funzione ed agli effetti
dell’opposizione del locatore alla cessione. Si tratta di stabilire, cioè, se, compiuto un atto di
cessione del contratto di locazione valido ed efficace tra conduttore cedente e terzo cessionario e
data comunicazione della cessione al locatore (od ottenuta, comunque, la conoscenza della stessa da
parte del locatore), l’opposizione del locatore ceduto renda tale cessione immediatamente inefficace
nei proprii confronti.
Il quesito non è accademico, poiché l’effettiva sussistenza dell’efficacia sospensiva
dell’opposizione incide sulla identificazione giuridica del conduttore, quale titolare di diritti (fra cui
anche le indennità previste dall’art. 34 l. n. 392 del 1978 e spettanti, ex art. 36 comma 2 “a colui che
risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione”) e obblighi nascenti dal
contratto di locazione e soggetto legittimato (attivo e passivo) alle corrispondenti azioni. Infatti, se
si riconosce efficacia sospensiva all’opposizione, nonostante l’intervenuta cessione, conduttore
rimane il cedente, ossia il conduttore originario, che perciò continua a essere debitore dei canoni e/o
a essere destinatario di un’eventuale intimazione di sfratto per morosità. Se, invece, si ritenga che
l’opposizione non abbia tale efficacia sospensiva, nuovo conduttore, anche nei confronti del
locatore, deve essere ritenuto il terzo cessionario.
Il quesito, tuttavia, può essere adeguatamente risolto soltanto se lo si colloca nella più ampia
questione del ruolo del ceduto nella cessione. Infatti, solo chiarendo quali siano la funzione e gli
effetti del consenso del ceduto alla cessione, è possibile comprendere, conseguentemente, la
funzione e gli effetti della sua opposizione alla cessione.
Secondo la c.d. teoria “atomistica”, la cessione del contratto costituirebbe il risultato della
combinazione di due operazioni giuridiche simultanee e strettamente collegate, coinvolgenti
soltanto il cedente e il terzo cessionario e non anche il ceduto, il cui consenso sarebbe solamente
requisito legale d’efficacia della cessione e non farebbe parte, invece, della sua fattispecie
costitutiva: a) la cessione dei crediti nascenti dal contratto ceduto a vantaggio del terzo cessionario;
b) l’assunzione dei corrispondenti debiti da parte del medesimo.
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti, invece, propendono per la teoria “unitaria” per cui la
cessione del contratto costituirebbe un unico negozio trilaterale, di cui il ceduto sarebbe parte
indefettibile: il suo consenso, difatti, sarebbe elemento costitutivo necessario per il perfezionamento
stesso della cessione.
Al riguardo, vengono in rilievo due norme codicistiche: l’art. 1408 comma 2 c.c. che attribuisce al
contraente ceduto la facoltà di liberare il cedente e l’art. 1409 c.c., che consente al medesimo di
opporre al cessionario eccezioni fondate su rapporti col cedente diversi da quelli che hanno
costituito oggetto della cessione.
Poi, ad ulteriore argomentazione e giustificazione sistematica di questa tesi, suole affermarsi che
una congerie di effetti giuridici fra i quali sia inclusa anche una posizione di obbligo, non può
prodursi senza la volontà del creditore.
Coerentemente con l’art. 1406 c.c., anche nella disciplina codicistica della cessione della locazione,
il consenso del locatore –richiesto espressamente dall’art. 1594 comma 1 c.c.- secondo cui “il
conduttore non può cedere il contratto senza il consenso del locatore” è ritenuto elemento
imprescindibile per il perfezionamento della fattispecie.
Di conseguenza, nella fattispecie generale della cessione del contratto (art. 1406 c.c.) e in quella,
speciale, della cessione della locazione (art. 1594 c.c.) l’”accettazione” sarebbe manifestabile anche
preventivamente o per facta concludentia e sarebbe sempre revocabile fino al momento della
conclusione del contratto di cessione. In ambedue i casi, infatti, il consenso del contraente ceduto è
indispensabile perché la cessione possa essere perfezionata o, quantomeno (secondo la dottrina
minoritaria: v. supra), perché possa produrre effetti.
Così, nell’ipotesi di cessione della locazione effettuata senza la necessaria adesione del ceduto, si
deve ritenere che il terzo non subentri nei diritti e negli obblighi del conduttore cedente; egli,
dunque, qualora sia stato immesso nella detenzione del bene, potrebbe essere convenuto in un
giudizio di rivendica dal locatore, al quale non potrebbe opporre eccezioni fondate su un negozio
inefficace.
La giurisprudenza, talvolta, però, ha escluso la nullità della cessione del rapporto locativo,
considerandola meramente in opponibile al locatore e ha negato al locatore la facoltà di agire con
un’azione diretta e autonoma contro il cessionario, perché questi gode del bene sine titulo.
Inoltre, nella cessione della locazione senza il consenso del locatore è ravvisabile un
inadempimento contrattuale del conduttore, che giustifica ex art. 1453 c.c. il risarcimento dei danni
e la risoluzione del contratto di locazione.
Posizione simile è adottata dalla recente giurisprudenza di legittimità, che, tuttavia, evidenzia la
necessità che l’inadempimento –consistente nella violazione del divieto legale di cessione- non
abbia, secondo quanto disposto dalla norma generale contenuta nell’art. 1455 c.c. “scarsa
importanza avuto riguardo dell’interesse dell’altra parte, da apprezzarsi giudizialmente secondo le
circostanze del fatto”.
Come già detto, questa disciplina generale è derogata dall’art. 36 l. n. 392 del 1978 che, riguardo
agli immobili ad uso commerciale, consente la cessione della locazione anche in mancanza del
consenso del locatore.
Di conseguenza, la cessione della locazione è perfetta ed efficace già quando, ai sensi dell’art. 1326
c.c., il proponente (cedente o cessionario) ha conoscenza dell’accettazione da parte dell’altro
(cessionario o cedente), purchè sia contestualmente ceduta o locata l’azienda condotta
nell’immobile e sia data comunicazione della cessione al locatore ceduto.
La volontà del locatore nella cessione ex art. 36 legge n. 392/78 è irrilevante, ai fini della valida
conclusione della stessa, anche secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale e dottrinale
secondo cui la cessione della locazione è validamente compiuta pur nel caso della sussistenza di un
divieto contrattuale alla stessa.
La Suprema Corte ha statuito che “ai sensi dell’art. 36, la cessione, da parte del conduttore, del
contatto di locazione (di un immobile adibito ad uso non abitativo), cui si accompagni la cessione o
la locazione dell’azienda, si perfeziona con l’incontro delle volontà del cedente e del terzo,
indipendentemente dal consenso del locatore”.
A dimostrare l’ininfluenza del consenso del locatore ai fini del perfezionamento della cessione della
locazione, il Giudice di legittimità chiaramente statuisce che: <<In caso di cessione senza il
consenso del locatore del contratto di locazione insieme all’azienda, ai sensi dell’art. 36 legge n.
392/78, tutti i conduttori cedenti e cessionari sono solidalmente obbligati nei confronti del locatore
ceduto per le obbligazioni discendenti dal contratto di locazione, oggetto di cessione>>, precisando
che il risarcimento dei danni di cui è certo l’autore sono posti a carico esclusivo dello stesso, mentre
il risarcimento dei danni di cui non è certo l’autore, è ripartito in parti eguali tra i vari conduttori,
tutti obbligati solidalmente nei confronti del locatore.
Sempre avuto riguardo alla volontà del contraente ceduto nell’art. 36, alcuni Autori ritengono
applicabile il principio contenuto nell’art. 1407 c.c., secondo il quale, qualora il consenso della
controparte ceduta sia stato manifestato in via preventiva rispetto alla cessione, questa è pienamente
efficace nei confronti del ceduto dal momento in cui gli è stata notificata e, perciò, considerano
quello del locatore ceduto un consenso ex lege alla cessione, o anche un’autorizzazione alla
cessione con l’onere di comunicazione.
La deroga, operata dall’art. 36 alla disciplina codicistica, sottende una precisa ratio, individuabile
nella volontà legislativa di agevolare la sostituzione del soggetto conduttore nel godimento
dell’immobile ricevuto in locazione, così da poter favorire le imprese commerciali e consentirne la
continuazione anche in caso di cessione.
Tale ratio legis è chiaramente espressa in varie sentenze della Corte di cassazione, dove si stabilisce
che essa “consiste nell’agevolare il trasferimento delle aziende esercenti la loro attività in immobili
condotti in locazione dall’imprenditore e di tutelare l’avviamento commerciale o si descrive l’art.
36 come “evidentemente volto ad agevolare il subentro di altri soggetti nel godimento
dell’immobile locato in modo da tutelare le imprese commerciali e facilitarne la conservazione nel
caso di cessione”.
Paolo BASSO