Il Ponte d’Oro, Dicembre 1999 Disegni di Sergio De Simone www.ragazzi.missioitalia.it I primi tre Re Magi sono ben conosciuti e il racconto della loro visita a Gesù, appena nato, lo troviamo nel Vangelo. Si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre; offrirono al Bambino oro, incenso e mirra. Ma la leggenda dice che ce n'era un quarto e la sua storia la raccontano ancora oggi in Oriente. Akhbar vide la stella, una notte. Era lontana, piccolissima. Tornò ad osservarla le notti seguenti: sempre più luminosa, sempre più affascinante, una regina tra uno stuolo di ancelle. Certo, quella stella cometa era segno di un evento grande, ma quale? Andò a consultare gli antichi volumi finché trovò una profezia: "Una stella sorgerà da Oriente a guidare gli uomini al Re dei Re..." «Bisogna che io lo veda. Devo prostrarmi ai suoi piedi, adorarlo...» Ma voleva una conferma: chiamò tre dei suoi servi più fidati e li mandò dai suoi amici, come lui osservatori del cielo, come lui sapienti nell'interpretare i segni: certamente anch'essi avevano visto la stella e forse la ritenevano apportatrice dello stesso invito ... Mentre egli aspettava il ritorno dei suoi inviati, l'astro luminosissimo passò sopra di lui: «Akhbar, mio signore, il tuo amico Gaspare è partito per l'Occidente portando con sé uno scrigno pieno d'oro». «Akhbar, mio signore, il tuo amico Melchiorre è partito per l'Occidente portando con sé una coppa di puro incenso». «Akhbar, Baldassarre ha portato un vaso di mirra preziosa». «Partiti !? Dunque anche essi hanno visto, sanno, vogliono vedere ... Devo raggiungerli!» In breve fece allestire una carovana e Akhbar scelse il suo dono, degno del Re dei Re: una perla di rara bellezza dai riflessi cangianti dei mari d'Oriente. Salito sul dromedario bardato a festa, ordinò ai servi: «In cammino! Verso l'Occidente!» La carovana procedeva nel deserto a tappe forzate, quasi inseguendo la stella, che luminosa invitava a non desistere e Akhbar confidava in cuor suo di scorgere da un momento all'altro i suoi amici. Una mattina gli apparve una città, alta sui monti di Giuda. Proseguì ancora, incurante della fatica e arrivò ad un villaggio di nome Betlemme. «Cerco il Re dei Re...» chiedeva a chiunque incontrasse. Un gruppo di pastori gli rispose: «Altri signori d'Oriente son venuti. Si sono prostrati a un neonato in quella grotta laggiù. Sono già ripartiti e anche il bambino non c'è più. Si è allontanato in grembo alla madre, sopra un asino condotto dal padre». «Per dove?»chiese Akhbar, pallido, con un filo di voce. «Verso sud, in direzione dell' Egitto...» «Partito! Scomparso!» gemette Akhbar in preda allo sconforto. Si rimise in cammino. In Egitto nessuna traccia dei bambino. «Forse è rientrato nel palazzo regale». Ma anche nella reggia d'Egitto nessuno aveva mai sentito parlare di lui. Allora Akhbar, paziente, tornò alla terra di Giuda e prese ad esplorare tutti i villaggi e le città, chiedendo mille volte al giorno: «Avete visto il Re dei Re?» Passarono gli anni, tanti anni. Akhbar era invecchiato, camminava a fatica, era sempre più lento. Eppure non aveva rinunciato alla speranza: la stella era un lontano, ma vivo ricordo, non poteva aver mentito! E come per confermare la speranza, per dire a se stesso che non stava inseguendo un sogno, contemplava il cofanetto e la perla dai riflessi cangianti. Ormai il Re dei Re doveva essersi fatto adulto, ormai era entrato da protagonista sulla scena del mondo e Akhbar, appena sentiva parlare di un condottiero audace, di un sovrano potente, di un maestro di saggezza, accorreva a vederlo, semmai fosse colui che occupava da anni i suoi pensieri. Ma ogni volta rimaneva deluso. Nel suo eterno peregrinare sempre più lento, sempre più stanco, Akhbar ripassò ancora una volta da Gerusalemme. La città era in festa, in quei primi giorni di Aprile. D'un tratto fu spinto bruscamente indietro: un drappello di soldati romani fendeva la calca. In mezzo a loro tre uomini venivano condotti al supplizio. Una scena consueta. Ma lo colpì il volto di uno dei tre condannati: non era mosso da rabbia , né da disprezzo. Anche se sfigurato dalle torture, dal suo volto traspariva un'espressione di pace interiore. Vi si scorgeva piuttosto il dolore per coloro che lo circondavano. Lo vide inchiodare sulla croce, ne lesse l'iscrizione e rimase turbato: Jesus Nazarenus Rex Judeorum. Pensava a quelle parole, quando ne udì altre, da quel volto straziato: «Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno!» Sconvolto da quelle parole di sovrumana bontà, di sconfinata saggezza, si ripeteva: «È Lui, non può essere che Lui! Il Re dei Re». Quando riprese il controllo di sé, estrasse il cofanetto, lo aprì sollevandolo con entrambe le mani verso di lui. Lo riabbassò lentamente, vinto da uno sconforto senza fine. Quel nobile volto pendeva inerte, il supplizio si era compiuto. Akhbar pregò piangendo: «Ti ho perduto, mio Signore, nel momento stesso in cui ti ho trovato!» Tre giorni dopo Akhbar si rimise in cammino verso il suo lontano palazzo con la sua carovana. Era triste e stanco. Alla prima tappa, nell'oasi di Gerico, splendida per le sue rose, se ne stava seduto in disparte, silenzioso. Improvvisamente gli apparve un uomo. Non diceva nulla, lo guardava dolce, senza accennare ad andarsene. «Chi sei? Che vuoi?» chiese Akhbar con fatica. «Sono io, non temere. Fissa i tuoi occhi nei miei. Non mi hai perduto, Akhbar, amico mio, d'ora innanzi sarai sempre con me». Poco dopo, i servi lo scossero invano dal sonno. Il volto di Akhbar era disteso in un vago sorriso, tra le mani teneva una perla di rara bellezza.