Architettura, musica e scienza Nel 1983, uno studente ha dimostrato, con la sua tesi di laurea, che ogni costruzione architettonica è suscettibile di essere tradotta in rapporti musicali. L’idea, sicuramente, è nata leggendo “Le pietre cantano”, un libro, oltre che affascinante, scientificamente rigoroso, probabilmente il capolavoro del grande etnomusicologo tedesco Marius Schneider, autore anche di “Il significato della musica”. Nelle sue due opere. Schneider, avanza la tesi che la materia è suono, musica solidificata; concetto sul quale torneremo più tardi. L’architettura profana discende storicamente da quella sacrale. Un tempo, qualsiasi costruzione, anche senza una particolare importanza, era orientata. Si edificava rispettando certe norme rigorose, rapporti ben definiti che avevano la loro ragion d’essere nella matematica mistica, l’aritmosofia. E sappiamo benissimo quale valore, Pitagora e la sua scuola, attribuivano ai numeri sui quali era fondato l’intero universo. I misteri dell’arte della geometria, furono patrimonio peculiare di tutte le corporazioni antiche e medievali dei costruttori; la stessa iniziazione muratoria del mondo moderno (la Massoneria) s’ispira alle tecniche costruttive fondate sulla matematica mistica della scuola pitagorica. La famosa “parola perduta”, che tutti gli iniziati di ogni tempo cercano incessantemente, non è altro che il potere creativo del suono, di cui andò perduta anche la memoria effettiva, con il massacro dei Cavalieri Templari. E’ il suono, dunque, che crea la realtà; la musica e la parola umana sono entrambi suoni articolati secondo criteri costruttivi. E’ per tale motivo che San Giovanni Evangelista dice che: “In principio era la Parola, che la Parola era presso Dio, che la Parola era Dio”. Il Creatore, per dar vita al mondo utilizzò il Verbo. Tale assunto evangelico, che è ripreso dall’esoterismo cristiano, è però patrimonio comune di tutte le culture arcaiche a carattere tradizionale, come nell’antico Egitto, dove si narrava che il Dio Ptah avesse creato il cosmo con il pensiero e con la parola. Nella tradizione Indù vi è un intero inno (il decimo) del RgVeda (testo sacro al pari della Bibbia) dedicato al potere creatore di Vac, la “voce”. Ancora adesso, nella cultura induista, si ritiene che l’universo abbia preso avvio dalla sillaba mistica AUM (OM); e il fatto di considerare sacra la vacca, è perché il suono emesso da questa ha esattamente la stessa vibrazione della sillaba mistica, quella vibrazione che, a detta dei saggi mistici brahmani, è necessaria per ritornare all’unità, cioè alla totalità divina primordiale. L’idea che il mondo sia nato con un suono è corredo comune anche di molte società tribali, come i primitivi della Melanesia e del Brasile, dove si ritiene che sia stata la parola, più antica di Dio, a creare il mondo. Di questo complesso di idee, così diffuso, ci è rimasta eco in molti termini che riflettono l’identità tra suono e luce. Si tratta di un’intuizione esemplare del mondo antico, che la fisica del ventesimo e ventunesimo secolo ha dimostrato esatta anche sul piano sperimentale. La teoria della relatività, la meccanica quantistica e la fisica delle particelle, hanno confermato che tutta la materia non è altro che energia risultante di un’unica forza cosmica: la materia, insomma, è un “precipitato dello spirito”, per riprendere un termine della chimica. E lo spirito non è altro che energia, cui si attribuisce una valenza mistica e sacra. L’energia è radiante, a carattere ondulatorio; il suono non è che luce a bassa frequenza e la luce è suono ad alta frequenza. La differenza è di quantità e non di qualità. La “parola perduta” dei Misteri e delle gradi religioni rivelate è la vibrazione. Nell’universo, in realtà, tutto vibra in eterno. La materia assume un determinato aspetto (la sua forma), a seconda della frequenza vibratoria; basta modificarla e l’oggetto, qualsiasi esso sia, diventa un’altra cosa. La forma è, dunque, una risposta alla frequenza e c’è una scienza modernissima che studia, appunto, la metamorfosi della materia: la cimatica. Ma da queste ricerche, avviate dalla microfisica, si è presto passati a conclusioni ancor più radicali: a stretto rigore, non esistono le cose, bensì gli eventi. L’intero universo è stato ridisegnato dai fisici: esso non è che un sistema aperto di relazioni precarie e di eventi, una grande ragnatela che la mitologia indù rappresentò con l’immagine della “danza di Shiva”, il dio che dissolve e trasforma il mondo. Così la scienza, a furia di ricercare l’elemento ultimo, ossia il vero “atomo”, ha scoperto che in realtà esso non esiste: ogni particella si riduce in un’altra particella effimera. Alla fine tutto si dissolve per riapparire a ogni momento. E le posizioni materialistiche più grossolane ne sono uscite sconfitte: lo scienziato d’oggi non è più ateo, egli riconosce la presenza nell’universo di un principio comune che agisce con intelligenza nel costruire la realtà (l’energia cosmica). Nelle università americane è nata, negli ultimi quarant’anni, la cosiddetta “Gnosi di Princeton” (definizione coniata nel 1969) e con lei i cosiddetti neo-gnostici di Princeton e Pasadena. L’origine di questa corrente filosofico-scientifica moderna, è antecedente al 1969, anno in cui fu coniata la definizione “Gnosi di Princeton”, e risale addirittura agli anni cinquanta, influenzando probabilmente anche Albert Einstein (morto appunto a Princeton nel 1955) se pensiamo che egli esclamò: “Io credo in Dio che si rivela nell’armonia ordinata dell’Universo”. “Credo che l’intelligenza si manifesta in tutta la natura ed alla base di ogni ricerca scientifica vi è la convinzione che il mondo non è governato dal caso, bensì da una Entità ordinata e comprensibile”. Un microfisico, più volte candidato al Nobel e non digiuno di nozioni mitologiche, Fritjof Capra, nel suo saggio “Il Tao della fisica”, ha rilevato l’impressionante analogia tra le conclusioni della fisica delle particelle e le mistiche orientali, in specie quella buddistica. La differenza consiste solo in dettagli linguistici. Egli ha affermato che: “La basilare Unità dell’Universo non è soltanto la caratteristica centrale dell’esperienza mistica, bensì anche delle più importanti scoperte della fisica moderna”. E si è andati oltre: un altro scienziato, G. Chew, ha elaborato un sistema e, dall’analisi sperimentale rigidamente condotta in laboratorio, ha dedotto che le particelle subiscono l’influenza dei pensieri, delle parole dell’osservatore: in pratica una vibrazione che agisce su altre vibrazioni in un complesso di campo unificato. E, allora, tutta la realtà è mentale; il pensiero e la parola, che ne è l’ovvia articolazione, fondano il mondo, e i primi idealisti non l’avevano affatto sbagliata. La musica, dal canto suo, è una serie armoniosa di rapporti; se l’universo rispecchia davvero un ordine cosmico, di proporzioni, esso è musica solidificata, proprio come ha scritto Marius Schneider. Per chi sa ancora ascoltarle, le pietre cantano l’eterna melodia dell’essere. Non si tratta di una semplice affermazione poetica, bensì di scienza esatta, ben nota agli antichi e oggi perduta alla coscienza dei più. Schneider, anni fa visitò un chiostro romanico in Catalogna, e a furia di osservare i capitelli, la loro geometria complessiva, tradusse tutto in canto gregoriano. Nulla di arbitrario in ciò; il complesso conventuale era stato effettivamente realizzato tenendo conto dei rapporti melodici specifici dell’architettura del Sacro (non dimentichiamo che un tempo ogni costruzione era consacrata, nel senso letterale del termine, e non per atti arbitrari appositamente costituiti). L’architettura è fondata sull’aritmetica e sulla geometria, su calcoli complessi ricavati dall’osservazione delle leggi del macrocosmo. Queste scienze oggi si sono secolarizzate, ma nell’antichità e nel Medio Evo avevano ancora un carattere mistico, in stretta connessione con le altre arti del quadrivio, astronomia e musica, naturale compimento del trivio : grammatica, retorica e dialettica. Si tratta delle sette arti liberali; le prime insegnavano la scienza della parola, del suono, dell’indagine astrale e della composizione musicale. Le sette arti liberali avevano anche una valenza esoterica, segreta per così dire. Non è certo un caso che la musica fosse considerata al posto conclusivo, compendio naturale della altre sei. L’arte dell’edificare era un ramo tradizionale della “geometria musicale”, restaurata nell’opera di Schneider. L’architettura era considerata una ripetizione rituale dell’origine dell’universo: costruire una casa, equivaleva, in piccolo, a creare il mondo, sul modello esemplare fornito dagli dèi nel tempo del mito, che era, poi, “il tempo della parola”, del mythos inteso come verbo creativo. L’idea che l’universo sia nato dalla Parola, dalla Vibrazione Divina, è ovunque attestato nella storia dei popoli, anche presso i cosiddetti primitivi: in Polinesia, ad esempio, si ritiene che il loro dio, Iao, abbia creato il mondo, allorché “non c’era nulla”, con la sua voce. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi: quel che conta è la fondamentale intuizione mitica del potere vitale del suono, confermato dall’indagine sperimentale del nostro secolo. Oggi sappiamo anche, per via scientifica, che tutto è vibrazione, che ogni forma non è altro che risposta alla frequenza. Basta modificare la frequenza perché la realtà muti, perché si crei nuova realtà (la creazione è un processo continuo). Lo dice l’astrofisico, lo conferma il fisico delle particelle, che ha dimostrato che tutta la cosiddetta materia si risolva in energia cosciente. Entrambi non sono certo sospettabili di posizioni confessionali, o mistiche. Il loro agnosticismo ha dovuto dar ragione alle antiche intuizioni mitiche: il suono ha carattere creativo. Non è un caso il fatto che, storicamente, si siano costituite scuole in cui si insegnava la “scienza mistica dei suoni”, come in India, con i mantram-vidya. Il sogno del mago di tutti i tempi è stato il controllo vibratorio della natura, la conoscenza del segreto della modulazione del suono. I primi musicisti furono dei maghi dal tratto sciamanico, i primi architetti furono dei musici esperti. Anche la tradizione occidentale lo rivela: in Grecia, Anfione costruì le grandi mura di Tebe con il suono melodioso della sua lira. La musica, in Grecia, fu strettamente connessa al simbolismo della pietra, intesa come manifestazione del divino che è nella natura, solidificazione massima del Sacro. Il mito ellenico del diluvio universale narra che Deucalione, sceso dall’arca, gettò alle sue spalle una serie di sassi che, istantaneamente, si tramutarono in uomini, i progenitori dell’odierna umanità. Kronos, dio primordiale, volendo disfarsi dei figli, li divorò uno ad uno, ma invece di ingoiare Zeus, trangugiò una pietra. L’inganno riuscì perché, evidentemente, a livello mitico doveva esserci una precisa affinità essenziale tra pietra e uomo, o dio. Come in altre mitologie anche qui il simbolismo è evidente: l’uomo è la materializzazione dello spirito, la sua “pietrificazione”. Ancora, a livello esoterico, si potrebbe ricordare che Ermes (il Mercurio latino; nume tutelare dei misteri), il cui nome, significa «cumulo di pietre», è passato di fatto a indicare l’“erma”, cioè il pilastro sormontato da un busto che in età antichissima doveva essere solo una pietra ritta. Ce n’è quanto basta per riflettere; l’uomo è musica, musica sono le sue opere, fatte a immagine e somiglianza dell’arte divina. Per questo la casa, nell’ideologia arcaica, è “riproduzione del mondo”, fondazione di un nuovo “centro”, che richiedeva nelle società tradizionali l’esecuzione di complessi “rituali magici”, che ripercorrevano e narravano la creazione dell’universo. Anche l’orientazione, l’esporre il frontale a Est, dove sorge il sole, lo studio dell’asse ideale rappresentato dal focolare, centro dell’abitazione, l’installazione della “pietra angolare”, non erano che aspetti della più generale “scienza vibratoria”, che il mondo moderno ha smarrito. Si trattava di una speciale forma di conoscenza che, per la sua pericolosità, veniva trasmessa come un segreto iniziatico solo a chi ne era degno, nell’abito delle corporazioni artigiane. Pitagora, con la sua scuola, ne trasmise la teoria filosofica con la cautela dell’adepto. L’esaltazione del numero, come radice della realtà, la geometria applicata all’indagine sulle origini dell’universo, la visione dell’armonia delle sfere, sono un riflesso della primordiale scienza del suono che, perduta la valenza del Sacro, divenne poco a poco quel che oggi passa sotto il nome di musica, l’antica “arte delle muse”, le dee del pensiero, come suggerisce il loro nome. Bibliografia : Bent Parodi di Belsito – “Le pietre cantano” Ed. Mimesis Marius Schneider “Le pietre Cantano” Ed. Guanda Milano 1980 Marius Schneider “Il significato della musica” Ed.Rusconi Milano 1979 Eugenio Bonvicini “Esoterismo nella Massoneria antica” Vol.1° - Ed. Atanor Roma 1993 Fritjof Capra “Il Tao della fisica” – Ed. Adelphi Milano 1980 Giovanni Monastra, articolo “Gli eretici di Princeton” su Airesis , I labirinti della Ragione