Il Risorgimento a Verona e nel Veronese di provincia verona ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA E BENI AMBIENTALI FONDAZIONE FIORONI MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA Il Risorgimento a Verona e nel Veronese Coordinamento provinciale per il 150° anniversario dell’unità d’Italia A cura di Andrea Ferrarese di provincia verona ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA E BENI AMBIENTALI FONDAZIONE FIORONI MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA Coordinamento provinciale Comune di Verona Comune di Bardolino Comune di Castelnuovo del Garda Comune di Legnago Comune di Pastrengo Comune di Peschiera Comune di Rivoli Comune di Sommacampagna FONDAZIONE FIORONI MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA Comune di Sona Comune di Comune di Villafranca Valeggio sul Mincio COMFOTER CON IL PATROCINIO DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO ISTITUTO STORICO ARCHITETTURA MILITARE D Giovanni Miozzi Presidente della Provincia di Verona Marco Ambrosini Assessore alla Cultura, Identità Veneta e Beni Ambientali della Provincia di Verona alla primavera del 2010 l’Assessorato alla Cultura e Identità Veneta della Provincia di Verona ha promosso, nell’ambito del 150° anniversario dell’unità d’Italia che corre quest’anno, un progetto di coordinamento tra le principali realtà territoriali veronesi interessate da momenti ed episodi salienti per la storia del Risorgimento a Verona e nel Veronese. Fin dai primi incontri e confronti nei mesi che hanno scandito l’avvicinarsi di ‘Italia 150’, è emersa con chiarezza la necessità di dare vita ad una “rete” di idee tra le amministrazioni comunali e gli enti coinvolti nella complessa progettualità dell’evento, una rete in grado di promuovere e coordinare le sinergie culturali ed i programmi dei vari comuni, per avvicinare il pubblico ai momenti salienti della storia risorgimentale. Una storia che nelle date più significative ha toccato molte volte il territorio veronese, teatro di epiche battaglie rimaste fortemente radicate nella memoria collettiva, fulcro di quel “Quadrilatero” che per decenni costituì la chiave di volta del sistema difensivo del Lombardo-Veneto. È forse possibile affermare, senza temere di esagerare, che una parte consistente dell’intero Risorgimento, quella prettamente militare e strategica, sia stata “scritta” tra le pietre delle fortezze di Verona, di Legnago e di Peschiera, senza dimenticare i paesaggi mossi delle colline moreniche, scenario di combattimenti cruenti e vorticosi passaggi di più eserciti. È quindi in considerazione di questa importante eredità storica che la Provincia di Verona, attraverso l’Assessorato alla Cultura e Identità Veneta, ha ritenuto doveroso patrocinare un’intensa attività di organizzazione che ha coinvolto le amministrazioni comunali di Verona, Bardolino, Castelnuovo del Garda, Legnago, Pastrengo, Peschiera del Garda, Rivoli, Sommacampagna, Sona, Valeggio sul Mincio, Villafranca, affiancate e guidate dalla Fondazione Fioroni di Legnago, capofila dell’intero coordinamento, dal COMFOTER di Verona (Comando Operativo Forze Terrestri) e dall’ISAM (Istituto Storico Architettura Militare). Alle amministrazioni veronesi e agli enti coinvolti va il nostro ringraziamento per il loro fondamentale contributo che trova in questa preziosa pubblicazione un primo importante tassello, in grado di rendere fruibile la dettagliata programmazione di mostre, convegni, rievocazioni storiche ed itinerari guidati, con cui l’intera provincia di Verona cercherà di interrogarsi sul proprio passato, cercando di comprendere meglio le vicende risorgimentali che l’hanno vista protagonista. A Luciana Baratella Presidente Fondazione Fioroni Andrea Ferrarese Direttore Fondazione Fioroni l momento della sua istituzione nel 1958, la Fondazione Fioroni raccolse la preziosa eredità di quello che a tutti gli effetti fu il primo Museo del Risorgimento sorto in provincia di Verona. Una raccolta privata – frutto di anni di pazienti ricerche, di preziose trouvaille, di recuperi inaspettati, di passioni forti per la storia della nazione – allestita agli inizi degli anni ’30 tra le sale ottocentesche di palazzo Fioroni, qualche anno prima che venisse inaugurata nel 1938 la più celebre sezione risorgimentale di Castelvecchio, curata da Antonio Avena. Il Risorgimento fu indubbiamente il primo grande “amore” di Maria Fioroni (1877-1970). Ne aveva respirato gli aneliti in una famiglia che tra Milano, Brescia e Legnago aveva partecipato attivamente agli eventi cruciali che avevano fatto nascere l’Italia: il padre Enrico era stato tra i valorosi combattenti di Bezzecca, il prozio Marino Bevilacqua, intimo del generale Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, aveva retto le sorti di molti dei comitati segreti che contribuirono a tenere unite le fila dei fuoriusciti veneti in Lombardia. Senza alcun dubbio, la storia della Fondazione Fioroni fa tutt’uno con un Risorgimento che tra le ampie sale della casa-museo di Legnago rivive nelle suggestive ambientazioni di un passato intriso della quotidianità di una borghesia di provincia del secondo Ottocento. È quindi con particolare soddisfazione che la Fondazione Fioroni ha accettato l’invito della Provincia di Verona a coordinare nell’ambito delle iniziative previste in occasione di “Italia 150”, il gruppo di amministrazioni comunali e di enti che hanno deciso di mettere in comune le loro esperienze culturali e un’articolata programmazione che coprirà tutto il 2011. Questa pubblicazione costituisce appunto la prima tappa di un più ampio progetto di valorizzazione dell’eredità culturale, storica, museale del Risorgimento a Verona e nella sua provincia; un progetto che culminerà nel corso dell’anno con la realizzazione del Museo diffuso del Risorgimento veronese, un web site con multiformi funzionalità in grado di “mappare” virtualmente luoghi, eventi, momenti e monumenti della memoria risorgimentale veronese attraverso la realizzazione di schede, di percorsi, di raccolte di immagini. Il Museo diffuso del Risorgimento veronese si propone quindi come un motore culturale incentivante che, partendo da un’impostazione didattica rigorosa, quanto facilmente accessibile, permetta di sviluppare le potenzialità culturali del Risorgimento veronese, aprendole a nuove prospettive di fruizione, di valorizzazione (ad esempio turistica) e di conoscenza territoriale. IL RISORGIMENTO A VERONA E NEL VERONESE FEDERICO MELOTTO Il fil rouge di un’idea L e date, si sa, sono una debolezza dello storico. Dovessimo ridurre il Risorgimento ad una pura e semplice questione cronologica dovremmo accettare il curioso paradosso di farlo durare nemmeno due anni. All’inizio dell’aprile 1859, infatti, la penisola italiana risultava ancora divisa in sette Stati principali, sei di questi erano Stati sovrani a tutti gli effetti, mentre il settimo, il Lombardo-Veneto, era parte dell’impero austriaco. Alla fine degli anni cinquanta dell’800 dunque l’Italia ancora non esisteva e lo stivale presentava un assetto politico che non differiva di molto, nelle sue linee essenziali, da quello dei secoli precedenti. Eppure, il 17 marzo 1861 – nemmeno due anni dopo – Vittorio Emanuele II veniva proclamato dal nuovo parlamento re d’Italia. Un risultato inaspettato e per nulla scontato, che sorprese anche molti osservatori stranieri e al raggiungimento del quale –continuando col paradosso – vi concorsero una breve guerra, una spedizione militare “clandestina” guidata da un condottiero entrato nel mito, una buona attività diplomatica e un destino sostanzialmente benevolo. La storia però è fatta anche, e forse soprattutto, di interstizi apparentemente secondari che nascondono quasi sempre una realtà più complessa di quella rivelata da poche date. Quelle segnalate poco sopra, come ricordato, rendono conto più di un paradosso che non della concretezza delle cose, ovvero – oltre a non prendere in considerazione l’annessione del Veneto che avverrà da lì a qualche anno nel 1866 – portano ad appiattire il Risorgimento ad una mera successione di battaglie, di spedizioni militari e di decisioni diplomatiche, perdendo di vista il fil rouge creato da un’idea, quella nazional-patriottica, la cui genesi più lontana può essere addirittura ritrovata alla fine del diciottesimo secolo. Ecco perché in questo breve contributo, focalizzato in prevalenza sugli eventi locali e specificatamente veronesi, si è scelta, in linea con le tendenze attuali della storiografia, una datazione ampia dando vita ad un racconto che per quanto sintetico ed intento a fornire delle linee guida essenziali, prendesse le mosse proprio dalla fine del Settecento; quando cioè a causa, o per merito, delle armi francesi e di Napoleone Bonaparte (capace a distanza di due secoli di suscitare ancora entusiasmi e condanne) gli Italiani e gli stessi Veronesi conobbero la fine dell’ancien régime e poterono sperimentare spazi nuovi di partecipazione politica. Napoleone: tiranno o liberatore? I l 1796 fu un anno importante, non solo per la storia d’Italia ma anche per la storia del Veronese. Se fino ad allora gli avvenimenti d’oltralpe avevano infatti acceso gli animi soltanto di alcuni intellettuali traviati dal sogno rivo7 luzionario, mentre la maggior parte dei veronesi continuò a vivere tranquilla sotto le insegne veneziane, le notizie che cominciarono ad arrivare dal Piemonte e dalla Lombardia che narravano delle grandi vittorie francesi e del mito di Bonaparte, nonché di un’armata vorace e razziatrice, iniziarono a preoccupare non poco anche i distratti abitanti di Verona. E la loro preoccupazione aumentò ancora quando si seppe che Napoleone, dopo aver sottoscritto accordi di tregua con i ducati della bassa pianura padana, verso la fine del maggio 1796, aveva deciso di iniziare una campagna di inseguimento degli Austriaci in ritirata dalla Lombardia, attuando così una progressiva marcia verso il Veronese che in breve lo portò ad occupare prima la piazzaforte di Peschiera, posta strategicamente nel punto di confluenza del Garda in Mincio, e poi, il primo di giugno, la stessa Verona con 12.000 uomini al seguito. La Repubblica di Venezia, dichiaratasi neutrale, concesse il passaggio delle truppe francesi sul suo territorio, permettendo a Napoleone di arrivare nel capoluogo scaligero senza difficoltà alcuna. Giunto nella città atesina non si dimostrò peraltro troppo ossequioso nei confronti delle autorità veneziane che furono nella sostanza esautorate dal comando militare transalpino. D’altra parte, i Veneziani sapevano bene che a Verona c’era un problema politico di non poco conto legato alla presenza del conte di Lilla, fratello del ghigliottinato re di Francia Luigi XVI e legittimo erede al trono, stabilitosi in città dal 1794. Egli aveva raccolto accanto a sé un nutrito gruppo di antirivoluzionari che al momento dell’arrivo di Napoleone finirono coll’essere una presenza imbarazzante per le autorità della Serenissima. Per non complicare ulteriormente i rapporti con la Francia, i rappresentanti veneziani furono costretti ad accettare l’ordine del generale corso e a far sloggiare il conte altrove. Nel suo complesso la città scaligera accolse piuttosto freddamente l’armée, fatta eccezione per quei pochi, ma non trascurabili, giacobini che da quasi un decennio erano presenti in città e che gravitavano intorno al mondo delle tre logge massoniche; tra di loro troviamo alcuni nobili provinciali, vari esponenti del mondo delle libere professioni, medici e avvocati, un certo numero di ufficiali, alcuni possidenti, intellettuali (come non segnalare il poeta Ippolito Pindemonte), insegnanti ed infine anche qualche ecclesiastico. Il resto della città viveva le contingenze e le novità politiche in maniera diversa. Ben 5.000 nobili si affrettarono a lasciare Verona per rifugiarsi in campagna, così come racconta l’aristocratico Girolamo de’ Medici nella sua cronaca: tutta la cittadinanza che rimase entro le mura dovette invece subire i disagi tipici di un’occupazione militare, acuiti dal fatto che l’armée, per espressa volontà del Direttorio, doveva approvvigionarsi in loco di cibo, vestiario, cavalli e carriaggi. Fin da subito si pose peraltro la grave questione di dover reperire gli alloggi per gli ufficiali: si pensò così di usufruire delle case lasciate libere da coloro che erano scappati, ma queste ben presto si dimostrarono insufficienti. Lo stesso problema si presentò anche per la dislocazione della truppa che «non conosceva l’uso delle tende, onde convenne alla meglio ricovrarla in luoghi 8 chiusi». Si dovette anche risolvere la questione del vettovagliamento che sarebbe stato a carico del governo cittadino e quindi dei Veronesi. Pur lasciando sullo sfondo le vicende belliche molto complesse in questi mesi, alcuni dati annotati dal de’ Medici, relativi alla fine del settembre 1796, illustrano bene come la presenza militare pesasse sulle precarie “economie civiche”: all’interno delle mura vi erano circa 50.000 abitanti più «14.500 francesi, de’ quali 7.050 alloggiati nelle case, 4.000 negli ospitali e 1.500 soldati». Sebbene la maggior parte del contingente napoleonico si fosse concentrato a Verona, nel territorio esistevano altre due piazzeforti, Peschiera e Legnago, che subirono lo stesso processo di militarizzazione del capoluogo. Di Peschiera già si è detto, mentre Legnago, fortezza posta all’estremo confine meridionale del territorio della Repubblica, lambendo l’immensa area paludosa delle Valli Grandi, si dimostrò un punto di snodo importante nel momento in cui il generale, consolidata la posizione veronese, rivolse l’attenzione verso Mantova. Per attaccare celermente e senza difficoltà la cittadina lombarda doveva infatti proteggersi con un entourage difensivo adeguato, occupando la fortezza di Legnago, strategia che mise in atto a partire dalla fine di giugno. Il furore di una città: le Pasque veronesi N ella seconda metà del 1796 il territorio veronese fu travolto dagli scontri bellici. La situazione si normalizzò, anche se per breve tempo, soltanto dopo la battaglia di Rivoli, avvenuta alla metà di gennaio 1797, in seguito alla quale cadde anche Mantova e i Francesi si aprirono la strada per Vienna. I lunghi mesi di guerra e il consolidamento del controllo transalpino sul Veronese trasformarono l’iniziale diffidenza nei confronti dei napoleonici in ostilità diffusa. In poche settimane, fu inoltre evidente che la reapolitik francese, archiviati definitivamente i principi democratici del primo giacobinismo, puntava ad utilizzare la penisola come terreno di conquista e la rivoluzione era da considerarsi ormai un momento storico concluso. Dal punto di vista sociale, come già accennato, la presenza dei militari transalpini si fece giorno dopo giorno più pesante da sopportare e ai disagi economici si unirono quelli “spirituali”: l’arrivo di quella «ciurma di ateisti, di barbari, di ladroni, e di malnatti» – come la definì nella sua cronaca Ignazio Menin, un osservatore contemporaneo ai fatti, fieramente antifrancese – aveva sconvolto gli equilibri secolari di una comunità arcaica, basata in gran parte su usi sociali, pratiche e consuetudini che il vento rivoluzionario pretendeva di spazzare via. L’atteggiamento nei confronti della religione e dei luoghi di culto saccheggiati e divenuti fonti di bottino o più in generale la nazionalizzazione di molti beni ecclesiastici montò nella popolazione veronese un risentimento sfociante in uno dei più importanti episodi di insorgenza antifrancese di questo periodo. Le Pasque veronesi scoppiarono il 17 aprile 1797 al grido di “Viva San Marco” e si conclusero otto giorni dopo, il 25 aprile, quan9 do l’esercito francese riconquistò il controllo della città in seguito ad un martellante cannoneggiamento. In quella settimana Verona dimostrò tutto il proprio furore: l’oste Valentino Alberti nel suo diario segnalava il massacro di addirittura 500 francesi. Il già citato Girolamo de’ Medici, attento osservatore, fermo oppositore dei francesi ma allo stesso tempo sostenitore di una società ordinata e rispettosa delle gerarchie, guardò all’insurrezione popolare con grande sospetto proprio per il diffuso clima di anarchia. Inoltre, con una buona dose di onestà intellettuale, mostrò come all’interno del variegato movimento degli insorti, si evidenziasse una certa confusione negli intenti, peraltro tipica di questi moti popolari d’antico regime. Anche a Verona, si verificarono infatti episodi di sciacallaggio: non mancarono quelli che adducendo di andare alla ricerca dei Francesi, si introdussero nelle case «a portar via anche quello che de’ nemici non era». La “Società patriottica” e la “Municipalità democratica” U n fatto così grave come le Pasque veronesi non poteva restare ovviamente impunito ed infatti i Francesi richiesero il pagamento di 40.000 ducati e saccheggiarono il Monte di Pietà. Tuttavia la conseguenza più rilevante fu la decisione di Napoleone di liquidare la Repubblica veneta occupando Venezia e di “democratizzare” il maggior consiglio. Con un colpo di mano, esautorati i rettori, venne istituita anche a Verona una municipalità democratica sotto la tutela francese alla quale si affiancò un’istituzione, la Società patriottica, del tutto nuova per i Veronesi, figlia in parte della nuova libertà francese che avrebbe dovuto avere il compito di coadiuvare – quantomeno in termini teorici – l’attività dei municipalisti. Inaugurata il 27 aprile 1797 ebbe la propria sede nel “ridotto” del Teatro Filarmonico; lì si svolgevano le sedute durante le quali venivano proposte e discusse delle mozioni di interesse generale. Anche se l’importanza reale di questa Società non fu così decisiva, ma non del tutto irrilevante, nel concreto del panorama politico bisogna forse sottolinearne almeno la rilevanza simbolica, dal momento che tra i vari argomenti affrontati uno dei più interessanti fu sicuramente quello “unitario”, concetto ancora avvolto da una certa nebulosità – è pur vero – ma in ogni caso posto all’ordine del giorno e discusso. Il “grande tradimento” L e speranze di quanti avevano creduto nella possibilità di dar corso concretamente anche in Italia agli ideali della rivoluzione dell’89 andarono definitivamente deluse il 17 ottobre 1797. Quel giorno avvenne infatti la firma del trattato di Campoformio, il “grande tradimento” come lo definì Ugo 10 I luoghi del Risorgimento Il Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni di Legnago I l Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni di Legnago costituisce uno degli esempi più suggestivi e significativi di casa-museo nel panorama museale del Veneto. Il primo allestimento dell’ingente collezione di preziosi e unici cimeli risorgimentali, raccolta a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento dalla famiglia Fioroni, risale agli inizi degli anni ’20 del Novecento. Il desiderio di rendere fruibili per la comunità legnaghese i risultati di un collezionismo paziente e rigoroso, quanto soprattutto la precisa volontà di stimolare, con la creazione di un vero e proprio Museo del Risorgimento, ulteriori acquisizioni e donazioni, concretizzò nella famiglia Fioroni l’idea di adibire una porzione dell’ottocentesco palazzo di Legnago a sede espositiva permanente delle proprie raccolte. Nei due decenni che precedettero il secondo conflitto mondiale, l’allestimento delle collezioni risorgimentali di casa Fioroni attirò un vasto interesse e suscitò un’ampia eco nel contesto culturale veronese e veneto, imponendosi fin dagli esordi come una delle aggregazioni più interessanti per la qualità e per l’unicità dei materiali. Il caratteristico contesto espositivo di palazzo Fioroni attirò l’attenzione della stampa dell’epoca e dei visitatori, in primo luogo per il ricercato e peculiare accostamento tra gli oggetti museali, gli arredi, le ambientazioni d’epoca, quanto soprattutto per il sapiente e continuo incremento delle collezioni che Maria Fioroni seppe portare avanti attraverso una capillare rete di relazioni con i più importanti antiquari e connoisseurs del paese. Dal “Gazzettino” al “Corriere della Sera”, da “Verona e il Garda” alla diffusissima “L’Arena”, il Museo del Risorgimento di casa Fioroni raccolse plausi ed incitamenti, imponendosi nel Veneto pre-bellico come una delle contestualizzazioni museali private più rappresentative. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, nel timore che l’imminente conflitto avrebbe potuto coinvolgere molto da vicino Legnago, il museo venne completamente smantellato e le raccolte risorgimentali poste in salvo nella residenza milanese della famiglia Fioroni: si trattò di una scelta provvidenziale e tempestiva, dal momento che palazzo Fioroni venne quasi completamente distrutto nel corso di una incursione aerea alleata nel settembre 1944. Al termine dei dolorosi eventi bellici, le ultime eredi della famiglia Fioroni, Gemma e Maria, decisero che la ricostruzione del palazzo legnaghese coincidesse con la sua completa trasformazione in una esposizione permanente dedicata alla storia di Legnago e della pianura veronese. Nel nuovo allestimento post-bellico le collezioni risorgimentali costituirono il fulcro espositivo della rinata casa-museo, riedificata con pazienza e restaurata con cura nell’intento di recuperare fin nei minimi particolari i pregiati dettagli dell’ambientazione caratteristica di un’abitazione borghese del secondo Ottocento: «dedicai una cura particolare – ricordava Maria Fioroni nel 1965 – al Museo del Risorgimento; ai vecchi mobili di casa, altri ne aggiunsi, studiai fotografie, stampe, per creare l’ambiente dove vivevano i patrioti, e il salotto dove le belle dame ricevevano gli amici, ma dove anche si congiurava, quando l’amor di patria non era una vana paro11 la. Se qualche visitatore, entrando nelle sale, accenna a Gozzano o alla contessa Maffei, mi sembra di essere riuscita nel mio intento. Tutto è autentico, dai mobili ai lampadari, e per rompere il meno possibile l’armonia dell’ambiente, mi sono limitata a mettere i cimeli, sotto vetro, sui tavoli a muro, mentre su quelli rotondi ho affastellato quei graziosi ninnoli che non mancavano mai nei salotti ottocenteschi». Dopo la ricostruzione iniziata già La disposizione delle sale e degli ambienti studiata e voluta da Maria Fioroni per il nuovo Museo del Risorgimento – ad oggi rimasta volutamente inalterata a testimonianza della sensibilità museale di un’epoca – rispondeva, in primo luogo, ad un criterio cronologico basato sulle grandi scansioni storiche dell’epopea risorgimentale. Il 1848, il 1859, il mito di Giuseppe Garibaldi costituivano (e costituiscono) alcuni dei fondanti leit-motive su cui si articola la struttura espositiva portante delle raccolte fioroniane, l’ossatura di un percorso storico e didattico volutamente pensato per “avvolgere” il visitatore in un’atmosfera. Uno degli aspetti più interessanti e indubbiamente caratteristici del Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni (per una superficie espositiva di oltre 600 mq.) è appunto legato alla voluta contestualizzazione degli Legnago, primi anni ’30: una suggestiva immagine del primo Museo del Risorgimento di casa Fioroni. oggetti e dei cimeli attraverso una complessa nell’estate del 1945, il rinnovato Museo operazione di “ambientazione”, concredel Risorgimento di palazzo Fioroni ven- tamente ispirata agli stilemi scenografici ne ufficialmente inaugurato nel 1948 dal del notissimo allestimento creato da Ansenatore Guido Gonella, allora ministro tonio Avena a Castelvecchio, prima degli della Pubblica Istruzione, con una signi- interventi scarpiani. ficativa mostra allestita per il centenario Tra le sale risorgimentali di palazzo Fiodei moti che diedero avvio alla grande roni gli arredi rigorosamente d’epoca, gli epopea del Risorgimento nazionale. arazzi, i tappeti, i tendaggi, i lampadaL’esposizione di proclami e di cimeli ri, contribuiscono nel complesso ad una storici di straordinaria importanza e va- sorta di mise en scene storica per le collelore produsse anche in questa occasione zioni vere e proprie, alla creazione cioè ampi consensi, attirando l’attenzione di di uno sfondo in grado di valorizzare, visitatori illustri, tra i quali, va ricordato, storicizzandola, la multiforme congerie il senatore Umberto Terracini, al tempo dei preziosi oggetti esposti. Il percorso presidente dell’Assemblea Costituente. espositivo sviluppato in otto ambienti 12 contigui risponde, come accennato, ad le proclama costitutivo della Repubblica una peculiare visione della storia nazio- di Venezia di Daniele Manin (23 marzo nale e delle sue vicende. Una visione di 1848) e, non da ultimo, la straordinaria lunghissimo respiro che individua spe- raccolta completa di tutti i proclami ed cificatamente nella campagna d’Italia di editti a stampa emessi dalla Repubblica Napoleone Bonaparte l’evento catalizza- Romana (1848-1849). tore del complesso momento risorgimen- La “sala del 1848” costituisce l’ambiente tale, scandito di sala in sala attraverso la centrale della casa-museo di Legnago; astematizzazione di altrettanti momenti sieme agli arredi dell’epoca, conserva, in fondanti. eleganti bacheche, numerosi documenti Nella “sala napoleonica”, l’arredamento e cimeli tra i quali una vasta collezione in stile primo impero fa da cornice ad di medaglie commemorative, alcune una cospicua collezione di stampe originali dedicate al generale corso, alle sue più importanti campagne militari e alla famiglia Bonaparte; di particolare pregio, oltre ai servizi d’epoca in porcellana, la pregiatissima coperta nuziale appartenuta a Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma e moglie di Napoleone. Il “corridoio del Risorgimento” introduce ad Legnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni: uno scorcio una sequenza espositi- della sala del 1848. va con i manifesti e i proclami relativi ad alcuni degli episodi cartelle del prestito mazziniano, rarissisalienti del “primo” Risorgimento, en mi oggetti relativi alle “cinque giornate” guise d’introduzione agli ambienti pro- milanesi e una collezione integrale di spicienti e successivi. Gli esemplari più tutte le onorificenze e le decorazioni miantichi risalgono all’effimera repubbli- litari delle campagne risorgimentali. Le ca emiliana delle Province Unite (1831), pareti, decorate in stile, sono arricchite culminata con la sentenza di morte da numerose e pregevoli litografie. Ai emessa da Francesco IV contro Ciro ritratti di protagonisti di questo annus Menotti (20 maggio 1831), della quale è mirabilis per la storia italiana ed europea esposto il rarissimo proclama originale. si accompagnano alcune carte topografiSi distinguono, per il significativo valore che coeve che illustrano le strategie mistorico e documentario numerosi bol- litari adottate dall’esercito piemontese e lettini straordinari emessi, dal governo austriaco nelle campagne militari. provvisorio della Lombardia durante la Di indubbio interesse è la collezione di prima guerra d’indipendenza, l’origina- armi bianche e da fuoco risorgimentali, 13 ricca di alcune centinaia di pezzi: fucili, baionette, pistole, fiasche da polvere, sciabole e daghe che documentano l’evoluzione degli equipaggiamenti dell’ordinanza militare ottocentesca degli eserciti coinvolti negli scenari bellici risorgimentali, come pure le spesso improvvisate armi “civili” adattate dai volontari che portarono il loro valoroso contributo alla storia del Risorgimento. L’attigua “sala Bonomi” dedicata alla seconda guerra d’indipendenza, è arre- tra il 1848 e il 1866 presero parte ai fatti d’arme più significativi del Risorgimento: le numerose stampe e le fotografie commemorative dell’epoca ritraggono i volontari che condivisero, talvolta fino alla morte (come nel caso dei “martiri” di Belfiore Pier Domenico Frattini e Angelo Scarsellini, del garibaldino Girolamo Gilieri morto a Calatafimi), gli ideali di Garibaldi e Mazzini. Dei “padri” del Risorgimento, oltre a numerosi ritratti fotografici (in alcuni casi accompagnati da firme autografe), si conservano cimeli di particolare valore come la maschera funeraria in gesso di Giuseppe Mazzini, donata al museo dallo scultore Foscolo Gangeri e alcuni oggetti personali appartenuti alla marchesa Giuseppina Raimondi, seconda moglie di Giuseppe Garibaldi. All’eroe dei “due mondi” è dedicata l’omonima sala nella quale sono stati ricollocati gli arredi origiLegnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni: sala della moda femminile. nali della stanza dell’albergo alla “Paglia” di data con mobili provenienti dal palazzo Legnago nella quale il generale dormì il ottocentesco della famiglia legnaghese 10 marzo 1867. La ricostruzione dell’amBonomi: sono esposti importanti docu- biente funge da “supporto” espositivo menti tra i quali alcune lettere autografe per alcuni significativi oggetti appartedi Giuseppe Garibaldi, di Carlo Monta- nuti al generale – uno dei suoi carattenari (martire a Belfiore), di Carlo Alberto ristici fez, un bastone “animato” da pasdi Savoia e di Vittorio Emanuele II. seggio – e donati a Marino Bevilacqua, il Alle pareti trovano spazio decine di lito- facoltoso patriota milanese che contribuì grafie, alcune ad opera del celeberrimo in modo cospicuo al finanziamento di illustratore Gustave Dorè, dedicate alle numerose imprese militari del Risorgibattaglie salienti della guerra di Crimea, mento. Tra le vetrine in stile di questa della seconda guerra d’indipendenza e sala spiccano, oltre a tre “camicie rosse” dell’impresa dei Mille. appartenute ad altrettanti volontari leLa “sala dei patrioti” introduce all’epo- gnaghesi, una decina di lettere autografe pea degli oltre duecento legnaghesi che del generale e un suo ritratto a matita 14 opera del celebre Gerolamo Induno, par exellence uno dei pittori più significativi del Risorgimento. Completa il percorso espositivo la “sala della moda”: anche se in parte tematicamente svincolata dalle raccolte risorgimentali di palazzo Fioroni, questo ambiente ne costituisce una indispensabile appendice, pensato e predisposto da Maria Fioroni come necessario complemento di un racconto della quotidianità domestica della borghesia legnaghese all’insegna di “anelanti” aspirazioni, la cui esemplificazione più evidente è indubbiamente il “tricolore Guarienti”, cucito in segreto sperando nell’arrivo imminente delle truppe italiane nel 1866 ed esposto assieme ad altre decine di bandiere d’epoca nelle sale del Museo. Abiti femminili, corpetti e corsetti, trine, gioielli, una straordinaria collezione di utensili per il cucito, ventagli, ombrelli da passeggio e quant’altro richiamano volutamente quel “gusto” borghese muliebre di metà Ottocento che fa appunto da sfondo alle vicende del Risorgimento legnaghese. Andrea Ferrarese Direttore – Fondazione Fioroni Museo del Risorgimento Fondazione Fioroni – Musei e Biblioteca pubblica Via G. Matteotti, 39 – Legnago • www.fondazione-fioroni.it Orari: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00, 15.00-17.30; domenica pomeriggio, 15.00-19.00. Offerta didattica: visite guidate per gruppi e scolaresche, percorsi tematici e laboratori didattici tematici (con particolare attenzione al periodo risorgimentale) per le scuole di ogni ordine e grado Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la segreteria didattica Tel. 0442.20052 [email protected] 15 Foscolo ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis, che decretò la cessione di buona parte del Veneto all’Austria, fissando il confine lungo il corso del fiume Adige e stabilendo che sia Verona che Legnago, entrambe tagliate a metà dal fiume, diventassero per intero austriache. Del resto nelle due città l’ingresso dei soldati asburgici, nel gennaio 1798, fu salutato con grandi manifestazioni di giubilo da una popolazione in buona parte esausta della spogliazione operata dai Francesi. L’insediamento dell’aquila bicipite comportò il ripristino nel Veronese di istituzioni che ricalcavano in sostanza quelle dell’epoca veneta e così la Municipalità fu abolita e venne sostituita dal Governo della Provveditoria. In principio fu l’idea C ome è noto, né il Direttorio francese né Napoleone concepirono mai l’idea di unificare la penisola in un’unica compagine statuale. Ciò nonostante è innegabile che l’attività politica dei “proto-patrioti” italiani, seppur controllata e moderata dai Francesi, riuscì, soprattutto durante la prima dominazione, a concepire l’idea di una progressiva unità regionale. La Repubblica Cispadana prima e la Cisalpina poi rappresentarono un enorme passo in avanti per le speranze di chi aveva salutato Napoleone come un liberatore, speranze poi ampiamente disattese dalla decisione di firmare il trattato di Campoformio, sacrificando così buona parte del Veneto. Nello specifico anche in seno alla Municipalità democratica veronese maturò lentamente una duplice consapevolezza istituzionale. Da una parte si capì che il nuovo assetto politico scaligero non poteva esistere come unità singola, e dall’altra fu percepito dai governanti il bisogno di attuare relazioni con le altre municipalità. Queste nuove sensibilità politiche sono comprovate dallo svolgersi tra il maggio e il novembre 1797 di ben tre congressi ai quali parteciparono i rappresentanti di varie città del nord, un dato che aiuta a comprendere il fermento culturale in atto in quel periodo. Il trattato di Campoformio sembrava apparentemente aver risolto i nodi più spinosi della politica estera nel Veneto di Austria e Francia anche se in realtà aveva scontentato entrambe. All’inizio del 1799 gli Asburgici erano riusciti ad organizzarsi dal punto di vista militare concludendo una serie di alleanze in funzione antifrancese e aprendo un fronte in Italia assieme al generale russo Suwarow, approfittando del fatto che Napoleone si trovava in quel momento in Egitto. Le ostilità iniziarono nel veronese il 25 marzo da parte dei Francesi che attaccarono gli Austriaci in direzione di Bussolengo, Verona e Legnago; inizialmente le sorti del conflitto sembrarono arridere ai transalpini ma già il 30 marzo gli Austriaci furono in grado di sferrare una controffensiva supportata dai Russi che portò alla capitolazione delle armate francesi un po’ ovunque in Italia. Alla fine del 1799 i Francesi mantenevano soltanto la città di Genova. 16 La seconda dominazione francese L a conclusione della campagna d’Egitto con la conseguente nomina di Napoleone a primo console permise alla Francia di riorganizzare l’esercito. Il generale con al seguito una nuova armée tornò a valicare le Alpi attraverso il Gran San Bernardo nel maggio 1800. Una volta rientrato in Italia ottenne quasi subito un’importante vittoria sugli Austriaci nella battaglia di Marengo, mentre un’altra battaglia, quella di Hohenlinden, permise a Napoleone di entrare in Lombardia e in Veneto, costringendo gli Austriaci all’armistizio di Treviso e successivamente alla pace di Lunéville nel febbraio 1801. Quest’ultimo trattato riconfermò le linee essenziali fissate con Campormio stabilendo che il confine tra la rinata Repubblica Cisalpina e l’Austria doveva tornare ad essere l’Adige; tuttavia le nuove deliberazioni previdero una novità rilevante per il territorio veronese dal momento che questa volta il confine avrebbe letteralmente tagliato in due Verona e Legnago, determinando un danno economico e civile enorme per le due cittadine e privando la pianura veneta dell’Adige nella sua funzione di importante via di comunicazione. Lunéville diventò operativo solo a partire dal 7 aprile quando gli Austriaci entrarono in Verona da porta Vescovo, occupando la parte sinistra della città e ripristinando il Governo della Provveditoria. La parte destra del capoluogo scaligero entrò invece a far parte della Cisalpina e nello specifico del Dipartimento del Mincio. Fin da subito i Francesi si trovarono ad affrontare il problema dell’emigrazione clandestina di molti veronesi verso i territori austriaci dove l’esazione fiscale era più bassa. Le autorità napoleoniche cercarono quindi di dare maggior impulso al debole sistema industriale senza però ottenere risultati soddisfacenti data l’elevata tassazione e la perdita delle tratte commerciali verso i mercati del nord. Si impegnarono poi per risolvere il problema della corretta valutazione del censo, quello della revisione dei beni nazionali ed infine quello delle acque, soprattutto nella pianura veronese. Un cenno merita anche la riorganizzazione del sistema giudiziario. Nel febbraio 1803 i Veronesi ottennero perlomeno di vedersi concessa l’autonomia da Mantova con l’istituzione del Circondario dell’Adige il cui territorio venne diviso in undici distretti. La divisione del capoluogo determinò anche una frattura nel clero veronese. In particolare l’allora vescovo Gian Andrea Avogadro da sempre ostile ai Francesi – che lo avevano pure inquisito dopo l’episodio delle Pasque veronesi – decise di lasciare la parte francese della città per ritirarsi in quella austriaca, spostandovi anche il seminario diocesano. L’ordinario, che si dimetterà nel 1807, prese sede a Monteforte, e la chiesa dei Santi Nazaro e Celso divenne cattedrale ad interim della Verona austriaca. Alla destra dell’Adige rimase, con il capitolo dei canonici, il vicario Gualfardo Ridolfi, probabilmente più ben visto dalle autorità transalpine. L’avvenimento politico più rilevante dopo la pace di Lunéville fu certamente 17 quello rappresentato dai Comizi di Lione ai quali parteciparono circa cinquecento italiani e quattordici veronesi. Le novità decretate dai Comizi furono molte cominciando dal cambio di nome della Repubblica Cisalpina che divenne Italiana, ottenne una costituzione ed ebbe Napoleone stesso presidente. Dal punto di vista amministrativo importanti poteri vennero conferiti al prefetto che controllava anche l’attività dei consigli comunali, venne poi esteso a tutto il veronese un corpus legislativo che portò progressivamente alla fine dei numerosi privilegi goduti dal clero, dal patriziato e da molti comuni (si pensi alla vendita di numerosi beni che da secoli erano posseduti dalle comunità del territorio veronese). Le scelte di ridefinizione amministrativa plasmarono anche un nuovo assetto ecclesiastico della città e del territorio con la soppressione delle corporazioni religiose e la centralizzazione parrocchiale con cura d’anime. Mutarono anche gli assetti delle istituzioni culturali della città con la realizzazione di nuove politiche scolastiche e l’applicazione della normativa francese sulla realizzazione dei licei. La divisione politica del Veronese ebbe termine in seguito alla pace di Presburgo, firmata nel dicembre 1805, che stabilì nuovi assetti territoriali dopo le importanti vittorie francesi ad Ulma e ad Austerlitz. Tutto il Veneto fu incorporato al Regno d’Italia, nuova compagine statuale creata dalla Repubblica italiana proprio in quell’anno. In realtà, le truppe del generale Massena cacciarono gli Austriaci da Verona già nell’ottobre 1805 ma la riunificazione della città venne sancita con un decreto solo nel marzo 1806: le ex provincie austriache furono trasformate in dipartimenti, conservandone in confini, mentre la parte veronese oltre il fiume venne aggregata al Dipartimento dell’Adige. Nel 1806, dopo la sconfitta di Trafalgar, una Francia non più in grado di contrastare il dominio inglese sui mari, decise di colpire la Gran Bretagna con un blocco continentale che avrebbe dovuto piegarne il commercio marittimo. Gli effetti sull’economia inglese però furono negativi solo in parte, mentre ne risentirono gravemente le relazioni commerciali del Regno d’Italia, coinvolgendo anche il Veronese, dal quale partivano prodotti tradizionalmente diretti ai mercati americani e inglesi. L’imposizione della fastidiosa leva obbligatoria, l’elevata pressione fiscale per far fronte alle continue guerre e le ricorrenti requisizioni militari portarono nuovamente i veronesi ad insorgere contro gli occupanti Francesi. Nel corso del 1809 l’onda delle insurrezioni che avvennero in altre provincie si estese al Dipartimento dell’Adige. Le rivolte ebbero quale obiettivo principale l’assalto dei municipi e l’incendio delle liste di leva oppure degli incartamenti dell’intendente di finanza, tutti episodi sedati dall’esercito francese. Nel corso del 1813 andò formandosi la sesta coalizione antinapoleonica che dopo alcune iniziali sconfitte riportò, nell’ottobre, una vittoria schiacciante a Lipsia. Con l’esercito francese in rotta, gli Austriaci coordinarono un’operazione per invadere il Regno d’Italia e calare nel Veronese dove il vicerè Eugenio Napoleone fu costretto a capitolare nel febbraio 1814 lasciando Verona in mano alle truppe asburgiche. 18 I luoghi del Risorgimento Villafranca di Verona e il suo Museo del Risorgimento P ochissime sono le città italiane che possono vantare il cospicuo primato che Villafranca ha avuto durante il periodo del Risorgimento sia per la sua posizione geografica a “ridosso” della linea del Mincio e quasi al centro della grande strada postale che univa Verona a Mantova, due delle maggiori città del Quadrilatero, che per gli importanti ospiti che si sono avvicendati tra le sue case, le sue strade, i suoi caffè, i suoi alberghi. Nel 1848 Villafranca fu sede del quartiere generale piemontese, sistemato presso l’albergo “Il Sole” che ospitò nelle sue stanze Carlo Alberto re di Sardegna e suo figlio Vittorio Emanuele, futuro re d’Italia, mentre dalla “torretta” di palazzo Gandini Morelli Bugna poi Bottagisio, in via Pace, il generale toscano Cesare de Laugier, l’eroe di Curtatone e Montanara, assisteva impotente alla sconfitta dei suoi ad opera degli austriaci a Custoza il 27 luglio. Nel 1859, Villafranca fu sede del quartiere generale austriaco e vi dimorò l’imperatore Francesco Giuseppe nei giorni che precedettero la sanguinosa battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno. L’11 luglio successivo l’incontro tra gli imperatori Francesco Giuseppe d’Austria e Napoleone III di Francia, avvenuto nello storico palazzo di via Pace, pose fine alla seconda guerra per l’Indipendenza nazionale. L’incontro, passato alla storia come la pace di Villafranca, fu il preludio all’unità d’Italia. Il 24 giugno 1866, durante la terza guerra di indipendenza, davanti alla città si sistemarono le truppe italiane che comprendevano anche la 16a divisione di fanteria al comando del principe Umberto di Savoia. Attaccata dalla cavalleria imperiale la fanteria italiana si dispose in “quadrato” di battaglione. In uno di questi, il IV del 49° reggimento della brigata Parma, si rifugiò il principe Umberto futuro re d’Italia durante una furiosa carica della cavalleria austriaca la quale, a prezzo di pesanti perdite, non riuscì a rompere e a mettere in fuga la fanteria italiana. A ricordo dell’episodio, nei pressi dello stesso luogo, un monumento vi fu innalzato negli anni successivi. Questi gli avvenimenti, sempre vivi nella memoria collettiva della comunità villafranchese, che portarono negli anni successivi alla costituzione di un museo destinato a raccogliere e a tramandare le testimonianze di quell’importante periodo della nostra storia nazionale. L’idea di costituire a Villafranca un museo del Risorgimento risale alla fine degli anni Cinquanta quando l’amministrazione comunale del tempo curò l’allestimento, presso la “casa del Trattato”, di una mostra di stampe, manifesti e cimeli storici avuta in prestito da un collezionista di Cavriana. Il 1959, primo centenario dello storico incontro tra i due imperatori Francesco Giuseppe I d’Austria e Napoleone III di Francia, risvegliò l’interesse per questo importante periodo storico e si prospettò l’occasione che anche Villafranca potesse vantare un proprio museo. Su proposta del sindaco Giovanni Marchi si progettò di rendere permanente l’esposizione allestita acquistandone il materiale dal proprietario. Acquisita l’anno successivo la collezione fu sistemata, in qualche modo, in alcuni locali attigui alla “sala del Trattato”, nello storico palazzo di via Pace di proprietà della famiglia Bottagisio. Per molti anni non 19 si pensò, per mancanza di locali idonei e ristrettezze di bilancio, di istituire un museo vero e proprio. Il materiale rimase a palazzo Bottagisio fino al 1981 quando, in occasione della prima mostra-mercato dell’antiquariato, fu imballato e riposto in alcuni locali del municipio. Passò ancora qualche anno prima che le stampe e l’altro materiale cartaceo fos- Villafranca di Verona, Museo del Risorgimento. sero, a cura della Commissione museo e mostre della locale biblioteca, ripulite, restaurate, catalogate ed esposte al pubblico in una mostra tenutasi nell’inverno 1986/1987. Poi fu la volta della radicale pulizia e catalogazione delle armi e dei cimeli anch’essi esposti al pubblico in una mostra tenutasi nell’inverno successivo. Contemporaneamente l’amministrazione comunale, con un’apposita delibera, 20 destinò a museo la restaurata cantoria della chiesetta del Cristo adiacente al castello scaligero e provvide all’acquisto di vetrine e bacheche per una razionale esposizione dei reperti. Domenica 19 novembre 1989, con una cerimonia rimasta celebre per concorso di personalità e di pubblico, anche alla presenza dei consoli austriaco e francese, il Museo del Risorgimento di Villafranca fu solennemente inaugurato e l’8 dicembre successivo ebbe l’onore di essere visitato dal presidente del Senato Giovanni Spadolini. Nelle ampie e luminose vetrine sono esposte armi, cimeli e stampe appartenenti agli opposti eserciti che combatterono le guerre per l’indipendenza e l’unità d’Italia. Vi sono conservati, inoltre, documenti e testimonianze dei volontari villafranchesi che presero parte, tra il 1848 e il 1866, alle patrie battaglie: 62 uomini e una donna, Angela Aprili, vivandiera garibaldina. E ancora proclami e lettere della polizia austriaca, lettere della deputazione comunale di Villafranca e la dichiarazione di diserzione dall’esercito austriaco di Luigi Prina che con Luigi Zanini fu con i Mille di Garibaldi. Bella e ben conservata la camicia rossa e il berretto di un volontario garibaldino del 1866. Nel corso degli anni l’unico e ampio locale adiacente al castello, nonostante il buon numero di visitatori – soprattutto studenti – che lo visitava, metteva in luce l’esiguità degli spazi espositivi e molte furono le richieste per ampliarlo. Nel 2009, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario della pace di Villafranca il museo è stato trasferito in tre stanze al piano terra della storica “Casa del Trattato”. È ritornato nella sua sede naturale, nel palazzo dov’è situata la saletta che nel luglio del 1859 fu sede del convegno dei sovrani di due delle maggiori nazioni europee. Convegno che mise fine alla sanguinosa guerra di quell’anno e che l’avvenimento rese per sempre celebre. Nazario Barone Presidente del Comitato di gestione Museo del Risorgimento di Villafranca di Verona Museo del Risorgimento Palazzo Bottagisio Via della Pace, Villafranca di Verona Orari: sabato e domenica pomeriggio, 15.00-19.00; la seconda domenica di ogni mese, 10.00-12.00. Possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la Biblioteca Comunale di Villafranca Tel. 045.7092901 [email protected] 21 Austria Felix N ell’aprile 1814 Napoleone Bonaparte, dopo essere stato attaccato e quindi sconfitto dalle forze della sesta coalizione, si trovò costretto ad abdicare e a prendere la via dell’esilio all’isola d’Elba. Il primo novembre dello stesso anno i principali regnanti europei si riunirono a Vienna in un importante congresso internazionale che avrebbe dovuto ridisegnare l’assetto geopolitico del vecchio continente secondo due principi: riaffermare la legittimità degli antichi sovrani e delle antiche istituzioni presenti prima della “bufera” rivoluzionaria e creare un sistema di rapporti in grado di assicurare un equilibrio che scoraggiasse in futuro iniziative come quella napoleonica. Il principio per così dire “legittimista” non valse però ovunque, in particolare subì una deroga rilevante nel caso della Repubblica di Venezia che venne sacrificata per lasciar posto ad un nuovo stato, il regno LombardoVeneto, compagine satellite dell’impero asburgico con una ristretta autonomia politica e amministrativa. Per i Veronesi si trattò dunque semplicemente di cambiare governante anche se quello nuovo, l’aquila bicipite, venne accolto ovunque con grandi manifestazioni di entusiasmo da parte della popolazione, già dimentica dei fasti della gloriosa Repubblica e meno che mai appassionata ai valori nazionali del miglior patriottismo nostrano ma più semplicemente paga di essersi definitivamente liberata degli odiati Francesi. A onor del vero, i nuovi dominanti si presentarono con una serie di biglietti da visita piuttosto accattivanti: ad esempio la riduzione di circa un terzo della tassa personale e di quella sul prezzo del sale, oppure la dilazione sul pagamento dell’imposta fondiaria con la possibilità di una futura diminuzione ed infine l’eliminazione di ogni dazio sul sorgo importato dall’estero. Negli anni successivi furono poi previste misure di carattere straordinario come l’occupazione di manodopera nei vari lavori pubblici, in particolare relativi alle fortificazioni delle principali piazzeforti che comportarono ad esempio a Verona l’impiego di quasi 7.000 operai con salari mediamente più elevati rispetto a quelli dei braccianti agricoli. Di fondamentale importanza fu anche il positivo atteggiamento nei confronti della Chiesa cattolica in grande discontinuità con il periodo francese; il clero riacquisì parecchi degli antichi privilegi, molti corpi ecclesiastici furono ricostituiti e molte chiese riaperte. E così, soddisfatta per il nuovo corso, Verona accolse trionfalmente il feldmaresciallo Heinrich Johann Bellegarde, nuovo governatore, il 12 marzo festeggiò il compleanno dell’imperatore Francesco I e nell’ottobre il suo onomastico; durante il 1816 invece i festeggiamenti per la visita della coppia reale dovettero lasciare il posto al cordoglio per la morte dell’imperatrice Maria Ludovica. 22 Opposizione municipalistica e opposizione patriottica onostante non si possano riscontrare nel Veronese reali o consistenti forme di opposizione ideologizzata almeno fino alla metà degli anni Trenta, è pur vero che le pieghe della storia, se indagate adeguatamente, restituiscono una realtà leggermente più complessa. L’insediamento degli Austriaci in città e in provincia non risultò infatti del tutto indolore poiché le imponenti guarnigioni militari destinate alle maggiori piazzeforti, e quindi non solo Verona ma anche Peschiera e Legnago, almeno nell’immediato, produssero conseguenze non del tutto diverse da quelle del passato. Peraltro, parte della nobiltà veronese, che si era opposta indifferentemente tanto alle ingerenze veneziane quanto a quelle francesi, diffidò anche delle promesse austriache: un rappresentante importante di questa corrente di pensiero fu il nobile Francesco Cavazzocca Mazzanti il quale nelle sue memorie scrisse in termini eloquenti: «requisizioni di ogni natura hanno flagellato sinora questo povero territorio. Le campagne vuote di tutto per la lunga generale stazione di truppe […] Paesani bastonati e spaventati […]. La città è in disperazione». Nei mesi successivi, secondo i rapporti informativi di polizia, ogni categoria sociale nel Veronese aveva di che lamentarsi: le classi popolari rifiutavano ad esempio il provvedimento della leva obbligatoria imposta dagli Asburgici a partire dal 1815, la nobiltà lamentava l’eccessiva tassazione e il fatto di essere tenuta in scarsa considerazione dai nuovi sovrani che spesso dimenticavano i privilegi e le prerogative dell’aristocrazia veronese. Del clero erano invece gli Austriaci ad essere diffidenti, in linea con la loro tradizione politica di giurisdizionalismo e di controllo delle istituzioni ecclesiastiche, considerandolo troppo poco “austriacante” ed eccessivamente legato al pontefice romano. Un’opposizione ideologicamente più strutturata, a Verona come altrove, bisogna ricercarla in questi primi anni della Restaurazione negli ambienti degli ex funzionari napoleonici e degli ex affiliati alla massoneria, diffusa anche in provincia, e poi successivamente in seno alla neonata carboneria. A partire già dal 1814, per colpire soprattutto il loro mercato clandestino delle opere a stampa si era andata irrigidendo la censura, alla quale provvedevano due funzionari particolarmente attenti a tutte quelle pubblicazioni riguardanti il periodo francese e la rivoluzione. Per il resto, la vivacità intellettuale della società veronese fu animata in questo periodo dall’azione patriottica e carbonara di Anna da Schio Serego Alighieri, di origine vicentina, che nella città scaligera aveva costruito una rete di frequentazioni che coinvolgeva esponenti del mondo liberale, della massoneria e della carboneria; in particolare approfondì molto i rapporti, almeno fino al 1822, con Camillo Ugoni, carbonaro bresciano in contatto con i federati milanesi. In seguito, al cenacolo di intellettuali scaligeri si unì anche Pietro Emilei. Il testimone ideale di Anna, morta nel 1829, fu raccolto dalla figlia Maria attiva sia a Verona sia, successivamente, a Bologna dove si era trasferita col marito. Il ristretto ma variegato quadro degli oppositori al principio degli anni ’30 si N 23 arricchì delle prime infiltrazioni mazziniane avvenute nel Veneto già durante il 1831, anno di nascita della Giovine Italia il cui motto, “Dio e Popolo”, preludeva ad un programma chiaro ed essenziale: unire tutti gli stati Italiani in un’unica repubblica indipendente. Anche in questo caso Verona non brillò per un’intensa attività clandestina ed infatti i nomi da ricordare si riducono a due: Andrea Simeoni, costretto comunque a scegliere la via dell’esilio svizzero e Giovanni Vincenti, arrestato e mandato allo Spielberg dove morì il 21 marzo 1845. Un Papa alla guida della rivoluzione? onostante questi piccoli segnali di dissenso, o i più diffusi motti di insoddisfazione descritti finora, è un dato di fatto che il sentimento pubblico veronese negli anni che vanno dal 1814 al 1846 fu abbastanza favorevole agli Austriaci. Come sempre, quando si cerca di valutare la “temperatura sociale” di una grande massa di persone che non ha lasciato tracce del proprio pensiero è difficile affermare se si trattò di silenzioso adattamento o adesione convinta al nuovo corso; sta di fatto che in provincia non si registrarono disordini o particolari episodi di dissenso nemmeno in concomitanza ai moti del 1820-1821 e, successivamente, a quelli del 1830-1831. Il 1846 è però l’anno nel quale questa linea di tendenza subisce un arresto improvviso. Nel giugno venne eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti con il nome di Pio IX il quale, come è noto, poco tempo dopo attuò una serie di riforme politiche di ampio respiro in grado di infiammare gli animi dei liberali italiani. Il 16 luglio il nuovo pontefice concedette l’amnistia ai detenuti politici e agli esiliati, annunciando anche l’istituzione di commissioni di studio per l’introduzione di riforme istituzionali. Nel marzo 1847 attenuò la censura sulle pubblicazioni di carattere politico e istituì una Consulta di Stato, un importante organismo consultivo, creato nell’aprile dello stesso anno. A Verona, così come in tutta Italia, non furono pochi coloro che accolsero l’elezione di Pio IX con enorme soddisfazione. Lo storico Raffaele Fasanari non a caso ebbe modo di scrivere che solo dopo questo evento cominciò «una concorde e collettiva agitazione degli spiriti che accomuna gradualmente liberali e cattolici, ricchi e poveri, rivoluzionari e moderati». L’adesione ideale di alcuni cattolici liberali fu sicuramente il tratto nuovo che si impose alla metà degli anni ’40 e in questo senso le memorie del sacerdote Leopoldo Stegagnini, che ricevette la notizia dell’elezione del nuovo papa mentre si trovava a Venezia, sono un ottimo strumento per intuire il clima di quei giorni: «eccoti il telegramma che annuncia la morte di Papa Gregorio XVI» scrisse Stegnagnini «e, subito dopo, l’elezione di Mastai col nome di Pio IX. Era istinto, era presentimento, non so, ma quella nomina destò le più belle e vive speranze: del Mastai si ricordava qualche bel tratto quando gli Austriaci, occupata la Romagna, si accostavano a Imola. Aveva saputo tenerli fuori, essendo vescovo di essa città. Bastava perché si proclamasse poco benevolo N 24 allo straniero». Per Stegagnini quell’elezione aveva scatenato una «scintilla elettrica che scosse prima l’Italia, poi l’Europa, per non dire tutto il mondo civile». Tra le voci entusiastiche che si levarono a Verona in seguito all’elezione di Pio IX è necessario segnalare almeno quelle dei poeti che composero odi in suo onore e tra questi il conte Pietro Emilei, Vittorio Merighi, Aleardo Aleardi ed infine una donna Caterina Bon Brenzoni che dopo la partenza da Verona di Maria Serego Alighieri aveva raccolto l’eredità del suo salotto, frequentato fra gli altri dall’Aleardi e dal Messedaglia. Un accenno meritano anche altre esperienze, come quella di Costantino Canella, nato a Verona ma trasferitosi a Legnago nel 1837 per svolgervi la professione di medico, che nelle sue memorie tracciò un vivace affresco dell’entusiasmo determinato dalle novità introdotte da Pio IX nel suo Stato: un trasporto diffusosi soprattutto tra i giovani che tra il 1847 e il 1848 decisero di intraprendere viaggi nelle principali città delle Legazioni, cosa che fece anche lui, per provare una libertà sconosciuta nel Lombardo-Veneto. Verona: la bella addormentata del Lombardo-Veneto L a “primavera dei popoli” ebbe l’Italia quale indiscussa protagonista iniziale. La rivoluzione scoppiò a Palermo, contagiò pian piano le altre città della penisola dove la pressione popolare costrinse i regnanti a concedere statuti e riforme liberali ed infine deflagrò nuovamente a Parigi e a Vienna. Quest’ultima insurrezione ebbe ripercussioni dirette sul Lombardo-Veneto: approfittando del temporaneo vuoto di potere, in breve tempo insorsero le due principali città, Milano e Venezia, seguite poi da tutte le altre. E Verona? Il 1848 veronese è sintetizzabile in poche righe: il 18 di marzo giunse da Milano, da dove era fuggito a causa dell’insurrezione popolare, il vicerè Ranieri Giuseppe d’Asburgo Lorena che subito prese alloggio all’albergo Due Torri; nel pomeriggio si radunò una folla inneggiante a Pio IX e alla libertà che dopo aver manifestato in piazza delle Erbe e in piazza dei Signori si diresse verso l’alloggio del vicerè; dopo tre ore di dimostrazione un grosso temporale disperse la folla e annacquò definitivamente la forza propulsiva della rivoluzione scaligera. Si è molto discusso sul grado di “sonnolenza” che pervadeva la società veronese e sul moderatismo che contraddistinse gli uomini di ispirazione liberale che si incaricarono di guidare la folla come cause primarie del venir meno di una possibile insurrezione a Verona. Di fatto i Veronesi non erano stati preparati alla sommossa: erano privi di capi capaci di combattere e in grado di guidarla nell’unico frangente nel quale questa avrebbe avuto reali possibilità di successo, visto lo sbandamento del comando austriaco che in ogni caso riuscì a far sempre mantenere alla propria guarnigione un atteggiamento non aggressivo per evitare che la protesta degenerasse. La mattina del 19 venne istituita una commissione civica che finì però per agire in accordo con il comando austriaco, convinta che quest’ultimo avrebbe comunque conces25 so maggiori libertà. In questo modo il vicerè ottenne del tempo imbrigliando le spinte più rivoluzionarie, che anche a Verona esistevano, grazie all’azione moderata della commissione. Dopo il 20 marzo gli Austriaci ridefinirono le loro strategie e rinforzarono le fortificazioni; il 28 entrava in città la colonna del generale Costantino D’Aspre in fuga da Padova insorta, dando inizio ad un’imponente concentrazione di truppe nel Quadrilatero che sarebbe terminata il primo aprile con l’arrivo del feldmaresciallo Radetzky, quest’ultimo, due giorni dopo scioglieva la guardia civica e proclamava lo stato d’assedio ponendo definitivamente fine a qualsiasi velleità rivoluzionaria. Parzialmente diverso fu quello che accadde all’interno della fortezza di Legnago. Quando giunse la notizia della liberazione di Venezia una commissione di cittadini capeggiati dal “Manin” della bassa Costantino Canella si recò dal comando austriaco e trovandolo completamente in balia degli eventi prese il controllo della città. L’esperienza legnaghese risultò però troppo isolata dalle altre città insorte con le quali Canella non riuscì a creare dei collegamenti. I patrioti legnaghesi finirono mestamente spazzati via dall’arrivo di uno squadrone di cavalleria croato inviato dallo stesso Radetzky che in breve riportò il controllo austriaco nella fortezza e si abbandonò alla razzia del vicino paese di Bevilacqua e del suo castello. Inizia la guerra M entre Verona scivolava lentamente dentro il più ferreo controllo asburgico Carlo Alberto di Savoia decise di rompere gli indugi e di intervenire nel Lombardo-Veneto dichiarando guerra all’Austria il 23 marzo 1848. Tre giorni dopo entrava trionfante in una Milano già liberata e incassava anche il sostegno dei vari regnanti italiani che inviarono contingenti regolari e volontari verso il nord per prendere parte a quella che assomigliava sempre più ad una guerra di liberazione nazionale e per di più benedetta dal papa. Questo stato di cose durò fino al 29 aprile quando proprio Pio IX, ampiamente esortato da Vienna, pronunciò il ‘grande rifiuto’ e ritirò i suoi militi. Dal punto di vista strettamente militare, anche se la guerra venne dichiarata con notevole ritardo, iniziò comunque in maniera positiva con una serie di vittorie importanti da parte dei Piemontesi. Una volta in prossimità del Mincio e del Quadrilatero, il comando sabaudo mise a punto un piano d’azione che prevedeva in sostanza l’assedio di Peschiera e un non meglio definito colpo di mano su Verona. Per liberare la cittadina lacustre bisognava però prima assicurarsi la posizione di Pastrengo dove avvenne la famosa carica a cavallo dei carabinieri che travolse gli Austriaci. Ben più rilevante, soprattutto per i suoi infruttuosi e controversi esiti, fu la vittoriosa battaglia di S. Lucia del 6 maggio, in seguito alla quale Carlo Alberto – constatato che dall’interno della fortezza di Verona non arrivava nessun cenno di sommossa e che gli Austriaci non avevano intenzione di uscire per scontrarsi in campo aperto – decise di ritirare l’esercito e di non forzare l’assedio su Verona compromet26 tendo di fatto le sorti della guerra e permettendo agli Austriaci di ottenere tempo prezioso per riorganizzarsi. A nulla valse poi la presa di Peschiera avvenuta il 30 maggio. L’indecisione militare di Carlo Alberto ebbe un esito infelice dal momento che alla fine di luglio gli Asburgici furono in grado di sferrare un attacco decisivo contro i Piemontesi che vennero sconfitti a Custoza il 22 luglio e ricacciati verso Milano. Il Veronese era stato teatro anche di uno degli episodi di violenza austriaca in assoluto tra i più gravi ed efferati del Risorgimento. La notte tra il 9 e il 10 aprile, a guerra in corso, circa 450 volontari italiani approdarono a Cisano di Bardolino da dove decisero un colpo di mano su di una polveriera posta tra Peschiera e Castelnuovo; venuti a sapere che proprio a Castelnuovo si intrattenevano circa cento soldati austriaci intenti a foraggiare, gli Italiani piombarono sul paese e li disarmarono. A quel punto decisero di passare la notte in paese. Quando il comando di Verona venne a conoscenza del fatto inviò subito sul posto un notevole numero di soldati al comando del generale Thurn und Taxis col compito di riportare l’ordine e di punire in maniera esemplare sia i patrioti sia i Castelnovesi. Il generale diede carta bianca ai propri soldati che riconquistarono la cittadina casa per casa e, dopo che i volontari italiani furono fuggiti, si abbandonarono ad azioni di rappresaglia che alla fine lasciarono sul terreno più di 40 morti tra i civili. La seconda Restaurazione C ome si è visto, il bilancio finale del 1848 veronese non fu per nulla positivo. La rivoluzione si era spenta sul nascere poiché aveva solleticato le fantasie soltanto dei pochi patrioti liberali presenti in città ma non aveva convinto del tutto la massa popolare che, a differenza delle altre piazze del Lombardo-Veneto, non seppe o non volle sollevarsi a tempo debito. E così, mentre nel resto del nord infuriavano gli eventi, a Verona e in tutto il Quadrilatero già dall’inizio di aprile Radetzky aveva ripreso saldamente il controllo militare e da lì in poi affrontò la guerra prima con circospezione e poi con un’aggressività risolutiva a Custoza e a Novara. Se Verona si era arresa senza combattere è pur vero che nel resto d’Italia le cose non andarono molto meglio per il rissoso movimento nazionale nel quale tutti indistintamente, dai mazziniani ai cattolici liberali, finirono sconfitti e delusi. L’Austria, dopo aver definitivamente piegato il Piemonte e spezzato la resistenza di Venezia, ne approfittò per consolidare ulteriormente il proprio controllo diretto e indiretto sul nord della penisola, anche se fu nel Lombardo-Veneto che maggiormente si fece sentire il giogo delle armi imperiali con lo stato d’assedio imposto fino al 1857. Ai militari venne affidato il compito di riportare l’ordine nelle indisciplinate province italiane e per farlo il primo passo doveva essere giocoforza la punizione esemplare di chi aveva tradito cospirando o sollevandosi contro l’aquila bicipite: nel giro di un anno, 27 dall’agosto 1848 all’agosto 1849 furono eseguite ben 961 impiccagioni e fucilazioni e comminate 4.000 condanne al carcere per cause politiche. Radetzky si convinse in quell’occasione, e su questo Vienna era d’accordo, che i principali responsabili della rivoluzione, i capi carismatici, appartenessero alle élites borghesi e nobiliari e proprio su queste, a scopo punitivo, decise di riversare il peso economico del mantenimento dell’esercito attraverso l’imposizione di nuove tasse speciali. In seguito, dopo aver constatato che molti patrioti erano fuggiti lasciando il Lombardo-Veneto, si passò alla confisca dei loro beni e delle loro proprietà. Con la sua politica punitiva nei confronti dei ceti abbienti il feldmaresciallo ottenne soltanto l’effetto di acuire il loro risentimento verso l’Austria, senza riuscire mai ad accattivarsi completamente il mondo contadino in parte colpito dal rinnovo delle liste di leva. Il governo austriaco ricercò consensi anche attraverso uno dei più importanti interventi di politica territoriale che il Veronese avesse mai conosciuto, destinato però a partire qualche anno più tardi, e cioè la bonifica delle Valli Grandi alla quale il governo stesso partecipò anticipando il 10% della spesa totale. Dal punto di vista militare il Quadrilatero, durante il corso della guerra, dimostrò tutta la propria compattezza, malgrado i Piemontesi fossero giunti senza ostacoli fino alle porte di Verona e questo non poteva non rappresentare un segnale d’allarme rilevante per l’esperto feldmaresciallo austriaco. Fu quindi disposta la riapertura dei cantieri e la ripresa del piano Sholl per la costruzione di un campo trincerato a Verona, con un imponente sistema di forti esterni che avevano il compito di bloccare l’avanzata di un esercito nemico molto prima che questo arrivasse a distanza di tiro dalla cinta magistrale; allo stesso tempo furono rinforzate le fortezze di Peschiera e di Mantova. I patrioti si riorganizzano: il Comitato democratico veronese G iuseppe Mazzini fu tra i primi a riprendere l’attività cospirativa, dopo il grave fallimento del ’48 e della Repubblica romana. Dal suo esilio di Londra aveva istituito un Comitato nazionale in collegamento diretto con la Svizzera e da lì con il Lombardo-Veneto. Il nuovo comitato mazziniano promosse un prestito nazionale di 10 milioni di Lire da ottenersi mediante la vendita di cartelle ai vari patrioti sparsi sul territorio italiano. A Verona dopo il 1849 le sparute forze del patriottismo liberale presero a riunirsi intorno alla libreria di Domenico Cesconi in via Leoni, dove si davano spesso appuntamento Carlo Montanari, Giulio Faccioli e Aleardo Aleardi. Cesconi era in rapporti con Luigi Dottesio, figura emblematica della Tipografia Elvetica di Capolago (sul lago di Lugano) – che pubblicò la collana dei Documenti della guerra santa d’Italia, un’organica raccolta di opere che avrebbero ricordato ed esaltato l’eroico biennio 1848-1849 – e proprio con lui si incontrò nel gennaio e nell’agosto 1850. L’opera di Dottesio, fino al suo arresto avvenuto nel gennaio 1851, fu molto 28 I luoghi del Risorgimento L’Ossario di Custoza L ’Ossario di Custoza conserva le tuito un comitato promotore presieduto da Giulio Camuzzoni, senatore e sindaco di Verona. Membri del comitato furono il poeta veronese Aleardo Aleardi , il senatore e presidente dell’Accademia dei Lincei Angelo Messedaglia ed il generale Giuseppe Salvatore Pianell distintosi nella battaglia di Custoza del 1866. Il giornale ‘L’Arena’ promosse una sottoscrizione e fu indetto un concorso di idee vinto dall’architetto Giacomo Franco. L’Ossario fu costruito in sedici mesi e venne solennemente inaugurato il 24 giugno 1879 alla presenza del duca d’Aosta. Per la sua particolarità di custodire indistintamente le spoglie dei caduti appartenenti ai diversi eserciti che si scontrarono nelle battaglie risorgimentali, l’Ossario di Custoza può essere definito un vero e proprio monumento europeo. È a Custoza che l’Europa, un tempo terra di scontro tra poteri e culture, trovò una delle sue prime e più importanti rappresentazioni simboliche di quella unità nella diversità che oggi costituisce il motto dell’Unione Europea. spoglie dei soldati morti nelle celebri battaglie del 1848 e del 1866. Il monumento fu costruito per volontà del parroco di Custoza don Gaetano Pivatelli, che ottenne da Umberto I re d’Italia e dall’imperatore Franz Joseph l’appoggio a raccogliere insieme le spoglie dei morti austriaci ed italiani in pietosa commemorazione e in segno di pacificazione tra i popoli una volta nemici. Come scrive il cavalier Renato Adami, cittadino sommacampagnese con la passione della storia locale, «don Pivatelli, spronato da un fraterno sentimento di pietà, sentì come una missione il dovere di raccogliere in maniera più decorosa, in un luogo più appropriato, quelle misere spoglie». Pivatelli «scrisse perfino al re Vittorio Emanuele II, e all’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, affinché si degnassero di concorrere all’erezione di un mausoleo, degno di accogliere i resti mortali di tutti i caduti nelle battaglie di Custoza del 1848 e 1866, anche se di popoli diversi. Scrisse a vari giornali. La proposta trovò notevole consenso. Il giornale l’Arena iniziò una sottoscrizione». La nascita dell’Ossario di Custoza fu molto sentita per il suo alto valore simbolico di unificazione nella compassione e nella memoria per i caduti di entrambi gli schieramenti. Alcune delle personalità più influenti della cultura veronese parteciparono attivamente al percorso che portò alla costruzione del monumento. Nel 1875 fu costi- Ossario di Custoza, particolare dell’iscrizione dedicatoria. 29 importante per ricompattare i patrioti veronesi e per metterli in collegamento con gli altri comitati del Lombardo-Veneto e della Svizzera, in un periodo di relazioni clandestine piuttosto intense. Come ebbe modo di ricordare il citato Fasanari, con l’arresto di Luigi Dottesio «si apre un nuovo periodo per la storia patriottica di Verona, il periodo cioè degli arresti, delle prigioni e delle condanne». Solo un preludio dunque a quello che accadrà nel biennio successivo. Nel corso del 1850 il gruppo veronese che gravitava attorno alla libreria di Cesconi andò consolidandosi giungendo, verso la fine dell’anno, alla costituzione del Comitato democratico nel quale primeggiavano le figure di Domenico Cesconi, Giulio Faccioli, Giuseppe Maggi e Carlo Montanari. Il comitato veronese rappresentava una costola di quello mantovano, animato da don Enrico Tazzoli e intimo conoscente di Montanari, e di questo aveva assunto anche gli indirizzi politici generali improntati al mazzinianesimo repubblicano. Scatta la repressione L a rete di collegamenti e di relazioni clandestine nel Lombardo-Veneto aveva assunto ormai proporzioni troppo rilevanti per rimanere nascosta alla polizia austriaca che dopo 1848 aveva moltiplicato le proprie forze d’intelligence sul territorio. L’inizio dell’operazione che portò allo smantellamento dei comitati mazziniani di Mantova, Verona e Venezia avvenne grazie alla scoperta casuale di una cartella del prestito trovata in casa di Luigi Pesci a Castiglione delle Stiviere. Attraverso la confessione di Pesci si arrivò a don Tazzoli che teneva in casa un registro cifrato con i nomi di tutti i contraenti del prestito. La polizia austriaca ci mise del tempo per decriptare il registro di don Tazzoli che mantenne a lungo un contegno esemplare durante gli interrogatori. Lo stesso non fecero altri fermati e così, pedina dopo pedina, vennero scoperti tutti i principali esponenti dei due comitati tra i quali i veronesi Domenico Cesconi, Giulio Faccioli e, successivamente, Carlo Montanari, Giuseppe Maggi e Gerolamo Caliari. Ci volle parecchio tempo perché gli arrestati cedessero ma alla fine si piegarono e gli Austriaci ottennero le loro confessioni. Il 4 dicembre 1852 venne pubblicata a Mantova la prima sentenza del processo contro dieci imputati. Il legnaghese Angelo Scarsellini che da tempo agiva presso il comitato veneziano fu condannato a morte, il veronese Faccioli condannato a dodici anni di carcere. Successivamente venne condannato a morte anche Montanari, mentre Cesconi ebbe dodici anni di carcere e Caliari dieci. L’ultima sentenza, del 19 marzo, condannava a morte il legnaghese Pier Domenico Frattini che da tempo viveva a Mantova. Maggi usufruì invece del decreto di amnistia che arrivò lo stesso 19 marzo poco dopo l’esecuzione della condanna di Frattini. 30 Nasce il Regno d’Italia L e impiccagioni di Mantova rappresentarono uno dei momenti più tragici del dominio austriaco nel Lombardo-Veneto e segnarono profondamente l’immaginario popolare. Di ciò si rese conto quasi subito anche lo stesso governo imperiale che a partire dal 1856 tentò una risposta distensiva. Venne disposta un’amnistia politica e la cessazione del controllo militare esercitato da Radetzky con l’invio nel corso del 1857, in qualità di nuovo viceré, del fratello dell’imperatore, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, uomo moderato e avveduto. Nel frattempo però la grande storia proseguiva il proprio corso fuori dai confini veronesi. Una sera di gennaio del 1858 l’italiano Felice Orsini, patriota di antica data, assieme ad altri tre congiurati lanciò alcune bombe all’indirizzo del nuovo imperatore di Francia Napoleone III. Poco dopo i quattro bombaroli vennero arrestati e dal carcere Orsini spedì una lettera all’imperatore francese chiedendogli di farsi carico della triste situazione italiana e della liberazione della penisola. Il gesto disperato dei quattro italiani convinse Napoleone III che fosse preferibile guidare il cambiamento nella penisola anziché subirlo. Decise quindi di invitare a Plombieres il primo ministro piemontese Cavour, di accordarsi su di un possibile intervento in Italia contro l’Austria, per una ridefinizione dell’assetto geopolitico della penisola. A questo punto a Cavour, ottenuto l’appoggio delle armi francesi, mancava solo il casus belli che sarebbe arrivato di lì a poco tempo quando l’Austria, stanca dei continui movimenti di militari, regolari e volontari, in prossimità del confine inviò un ultimatum che Cavour ebbe gioco facile a rifiutare. Le operazioni belliche iniziarono il 29 aprile quando gli Austriaci invasero il Piemonte, da dove però furono ricacciati indietro dopo l’arrivo dei primi contingenti francesi. L’8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono vittoriosi a Milano dove il municipio votò l’annessione al Piemonte. Il 24 giugno ci furono le due grandi battaglie di S. Martino e Solferino, anche se di fatto esse rappresentarono varie fasi di un unico grande scontro, il più grande dopo quello di Lipsia (parteciparono circa 230.000 uomini), che con il loro carico di morte in grado di impressionare mezza Europa determinarono le sorti della guerra. È abbastanza noto infatti che in seguito a quei due episodi, nei quali gli eserciti Franco-Piemontesi avevano “tenuto” nei confronti degli Austriaci, Napoleone III decise unilateralmente di arrivare ad un armistizio con l’Austria disposto a Villafranca l’11 luglio con il quale la Lombardia passò al Piemonte. In questa occasione la piazza di Verona non era stata nemmeno sfiorata dalla guerra, anche se gli abitanti della fortezza udirono il rombo dei cannoni in lontananza e videro i carri dei feriti che impietosamente sfilavano verso l’ospedale militare di S. Spirito. Dopo il 24 giugno, prima che si diffondesse la notizia dell’armistizio, in molti pensarono che i Franco-Piemontesi avreb31 bero tentato l’assedio di Verona: ma ovviamente non si vide mai nessun tricolore all’orizzonte. All’interno del fronte patriottico la delusione per l’esito della guerra fu enorme e venne ulteriormente acuita dalle notizie che cominciarono ad arrivare dalla Sicilia: a partire dalla primavera del 1860, Giuseppe Garibaldi aveva dato inizio ad una delle epopee militari più famose della storia che lo porterà a realizzare quello che nel nord non era riuscito completamente. La spedizione del generale nizzardo attirò fin da subito 24 veronesi che si arruolarono con lui nel viaggio verso Marsala e che lo seguirono nella conquista del Regno delle Due Sicilie fino a giungere a Napoli. Tra l’aprile 1859 e il novembre 1860 - in meno di due anni - la quasi totalità della penisola fu unificata sotto la guida, talvolta attiva e talvolta passiva, di Vittorio Emanuele II, proclamato re del nuovo regno dal parlamento sabaudo il 17 marzo 1861. Ultimo atto: il Veneto Il nuovo Stato era però nato monco: mancavano infatti il Veneto, dove grandissima era stata la delusione per l’epilogo della seconda guerra d’indipendenza, e Roma. Per quanto riguarda quest’ultima, il più deluso continuò ad essere Garibaldi che era stato opportunamente fermato a Teano dalle truppe piemontesi in un primo momento e che verrà di nuovo fermato nel 1862 sull’Aspromonte, questa volta dal regio esercito. A Verona e nell’intera provincia, nel periodo compreso tra il 1861 e il 1866 non ci furono eventi di grande rilievo, anche se esisteva già dal 1859 un comitato nazionale in collegamento con il comitato centrale di Torino. In questi anni, a parte il fermento per le gesta garibaldine, l’evento clou fu probabilmente l’inaugurazione del monumento a Dante Alighieri nel sesto centenario della nascita avvenuta il 14 maggio 1865 e voluta dall’Accademia di Agricoltura e dalla Società di Belle Arti per rivendicare la propria italianità. Ancora una volta i patrioti veronesi dovettero confidare in eventi esterni. Nel corso del 1865 il neonato regno d’Italia si inserì all’interno delle contese politiche e militari che stavano accompagnando il processo di nascita dello Stato tedesco mediante un’alleanza con la Prussia in funzione antiaustriaca, dalla quale ottenne la promessa del Veneto in caso di vittoria militare. Quando nel giugno 1866 scoppiò la guerra le forze armate italiane impegnate a Custoza e nella battaglia navale di Lissa furono in entrambi i casi sconfitte, lasciando ai corpi volontari di Garibaldi il compito di salvare l’onore con la vittoria di Bezzecca. Tuttavia le sorti generali del conflitto furono decise dalla vittoria prussiana a Sadowa che costrinse gli Austriaci all’armistizio e a cedere il Veneto all’Italia, attraverso la mediazione francese così come era già avvenuto per la Lombardia. Il 12 agosto venne firmata la tregua tra il governo italiano e quello austriaco ma la pace venne siglata solo nell’ottobre successivo. Dal giorno 6 di quel mese il comando militare di Verona permise la vendita di oggetti tricolori in città dove non si verificarono particolari tumulti anche se l’atmosfera ven32 ne funestata dall’uccisione da parte degli austriaci della giovane Carlotta Aschieri. Dopo l’arrivo del commissario francese che avrebbe dovuto ricevere le piazze del veronese dalle autorità austriache per girarle agli Italiani si fissò per l’11 ottobre l’ingresso delle truppe regie nella fortezza di Legnago e per il 16 in quella di Verona. L’ultimo atto, quello che doveva formalizzare l’annessione, sarebbe stato il plebiscito popolare convocato per il 21 ottobre e dal quale uscirono i seguenti risultati: 88.864 “sì” e 5 “no”. 33 Coordinamento provinciale degli eventi culturali in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia • Mostre • Conferenze e convegni • Rievocazioni storiche • Itinerari storico-monumentali L’Assessore alla Cultura della Provincia di Verona e la Fondazione Fioroni desiderano ringraziare le amministrazioni comunali e gli enti che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto di coordinamento, mettendo a disposizione i programmi culturali elaborati in occasione di “Italia 150”. Comune di Verona Verona Mostra Venerdì 13 maggio 2011 Arsenale Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di Verona Durata: fino a domenica 11 settembre 2011 Itinerario storico - monumentale Sabato 28 maggio 2011, ore 15.00-19.00 Domenica 29 maggio 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata a forte Gisella (Dossobuono) Itinerario storico - monumentale Sabato 1 ottobre 2011, ore 15.00-19.00 Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata alla Caserma Dalla Bona (Ospedale Militare Austriaco) e a Palazzo Carli. Mostra Mercoledì 5 ottobre 2011, ore 17.30 Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi” Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a lunedì 31 ottobre 2011 Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), dalle ore 8.15 alle ore 23.45 37 Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia I l Museo del Risorgimento di Verona, inaugurato a palazzo Forti nel 1938 dal ministro Giuseppe Bottai, venne chiuso nelle ristrettezze economiche del dopoguerra. Nel 1953, in occasione del centenario della morte del patriota mazziniano Carlo Montanari, la città partecipò ad un nuovo taglio del nastro. Ma anche stavolta la durata fu effimera. Il cantiere di restauro del Museo, iniziato nel 1958, lento e faticoso, giunse a termine il 16 ottobre 1966, con perfetto tempismo sul giorno dell’anniversario dell’annessione di Verona al Regno d’Italia. L’entusiasmo del centenario esaurì la sua carica già nei primi anni Settanta, quando il Museo chiuse definitivamente, per lasciare progressivamente sempre più spazio alla Galleria d’Arte Moderna. Il Museo del Risorgimento torna adesso nella forma più misurata e realistica della mostra per commemorare il 150° anno dell’unità d’Italia. Le raccolte, del resto, si formarono dall’origine con documenti ufficiali e cimeli dei reduci locali, anche per essere reliquie da esibire nelle liturgie ufficiali della patria. Senza paura di inciampare nella retorica e, considerati i tempi, senza il timore delle critiche alla retorica del patriottismo. La mostra, dunque, corre consapevolmente qualche rischio con l’obiettivo di dimostrare il valore insostituibile delle collezioni civiche risorgimentali nel narrare anzitutto un pezzo importante della storia di Verona, che, solo secondariamente, diventa storia del Risorgimento. L’esposizione avrà luogo nella sede dell’ex Arsenale austriaco, una delle architetture militari più importanti della città asburgica, le cui murature alternano il cotto e la pietra come le mura medievali scaligere, in perfetta sintonia 38 con la tradizione urbana. Questa sede è testimone della città dell’impero di Francesco I e di Francesco Giuseppe, il periodo da cui la mostra inizia il suo percorso. Un itinerario pensato per essere al contempo didattico e divertente, come un racconto illustrato, controllato nei contenuti e, tuttavia, didascalico, corredato da apparati video, da installazioni accattivanti, da sequenze fotografiche per accompagnare il visitatore in modo piacevole e sorprendente. La prima sezione è giocata sull’icona della principessa Sissi, Elisabetta Amalia di Baviera, documentando il suo passaggio a Verona, quale simbolo della corte asburgica dell’immaginario, dei palazzi festosi e dei valzer. L’Austria elegante e sontuosa che, forse, la città respirò al tempo del Congresso di Verona nel 1822, quando fu ospitato anche lo zar di Russia a Palazzo Canossa. Il contraltare alla corte del sogno è la cittàfortezza del quadrilatero (Verona, Mantova, Peschiera e Legnago), il sistema difensivo del fedelmaresciallo Radetsky, l’Austria oppressiva e dei controlli. Un’Austria dei divieti e del regime, testimoniata da stampe, fotografie, proclami, avvisi, e da armi bianche e da fuoco. Questo volto oppressivo alimentò un sentimento antiasburgico. Il 1848 fu cruciale perché molti veronesi sostennero le iniziative del papa Pio IX, sognando di essere liberati dalla sua discesa nella contesa. Personaggi radicati nella storia veronese, come Aleardo Aleardi, Francesco Betteloni, Caterina Bon Brenzoni dedicarono delle poesie al papa come angelo liberatore. Le memorie di questo fervore e della delusione provata quando Pio IX non corrispose alle attese, prepararono il terreno all’impegno più laico di Carlo Montanari e dei suoi compagni. Le fonti in mostra restituiscono la vita di Montanari, aristocratico e architetto, con i suoi progetti per chiese e palazzi, e la sua adesione coraggiosa alle idee di Giuseppe Mazzini, fino alla condanna a morte a Belfiore. Una sezione speciale riguarda l’impresa dei Mille. I veronesi che s’imbarcarono con Giuseppe Garibaldi furono sedici: Alessandro Barbesi, Antonio Bellini, Pietro Fiorentini, Pietro Pirolli e Cesare Zoppi di Verona, Gerolamo Barbieri da Bussolengo, Giovanni Battista Bisi e Giovanni Battista Fantoni da Legnago, Antonio Butturini da Pescantina, Silvio Contro da Cologna, Santi Cengiarotti da Caldiero, Cesare De Paoli da Parona, Giuseppe Flessati da Cerea, Luigi Prina e Luigi Zanini da Villafranca, Antonio Siliotto da Porto di Legnago. I loro cimeli e quelli dei garibaldini coinvolti nel Corpo dei volontari nel 1866 furono accolti nelle collezioni civiche con la sacralità dovuta agli eroi: il fucile di Pirolli, le medaglie di Zoppi, la divisa rossa di Ludovico Salomoni. Alcune reliquie di Garibaldi sono eccentriche, come un ciuffo di capelli conservato in una teca e il menù del pranzo consumato all’Hotel Due Torri nel 1867, quando venne in visita ufficiale. Questa sezione propone anche uno dei dipinti più importanti dell’esibizione, un delizioso acquerello su cartoncino di Domenico Induno che raffigura una ragazza intenta a pulire una fotografia dell’eroe genovese. Altre opere pittoriche in mostra sono il quadro Grandi manovre di Giovanni Fattori, due vedute di Verona di Carlo Ferrari e la Fucilazione di Luigi Lenotti del 1860 di Pino Casarini. C’è poi il quadro storico di Pietro Rossi, L’uccisione di Carlotta Aschieri il 6 ottobre 1866. Ultimo ricordo d’Austria, che caratterizza emotivamente la sezione conclusiva sulla liberazione di Verona dagli Austriaci, in combinazione con il tavolino originale del bar Zampi di piazza Bra su cui Carlotta, giovane e incinta, cadde uccisa da una baionetta austriaca. Il racconto degli ultimi giorni del dominio asburgico procede tra avvisi del podestà italiano Edoardo De Betta e del comandante austriaco Federico Jakobs in un crescendo drammatico chiuso dal39 la proclamazione della liberazione e dai documenti sul plebiscito di annessione al Regno d’Italia. Tra i pezzi finali della mostra ci sono la fascia tricolore del primo sindaco scaligero, lo stesso Edoardo De Betta, e le divise della prima legione della Guardia Nazionale di Verona. Alla mostra forniscono un contributo anche il Museo di Storia Naturale di Verona, la Biblioteca Civica di Verona e il Museo Fioroni di Legnago. Il primo per documentare la campagna archeologica condotta a Peschiera dall’esercito austriaco allo scopo di scavare un villaggio dell’età del Bronzo. La Biblioteca per integrare le testimonianze di proprietà comunale prestando le mappe delle fortezze e alcune lettere di Aleardi. Il Museo Fioroni di Legnago, erede della straordinaria casa-museo di Maria Fioroni, allestita anch’essa in epoca fascista come il museo cittadino, mette a disposizione una bandiera italiana cucita a mano dai Legnaghesi nel 1865, oltre ad altri oggetti curiosi, tra cui un’ulteriore reliquia, la teca con il calco funebre del volto di Giuseppe Mazzini, impressionante, ma emblematica del sentimento ottocentesco per la religione della patria. Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di Verona Verona, Arsenale 13 maggio 2011 – 13 settembre 2011 40 Comfoter Istituto Storico Architettura Militare 8*(!*0 .|>/( Conferenza Mercoledì 2 marzo 2011, ore 21.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861 Relatore: Nazario Barone Itinerario storico - monumentale Sabato 5 marzo 2011 I luoghi del Risorgimento a Verona Visita guidata dall’Arsenale dell’Imperatore a Piazza Brà Relatore: Romana Caloi Conferenza Martedì 15 marzo 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio La battaglia di Montanara e Curtatone Relatore: Antonio Badolato Itinerario storico - monumentale Venerdì 1 aprile 2011 I luoghi del Risorgimento nella provincia di Verona Visita guidata a Pastrengo e Rivoli Relatore: Franco Apicella Conferenza Mercoledì 6 aprile 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio 17 marzo 1861 Relatore: Luciano Tumiet Conferenza Venerdì 8 aprile 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio I primi passi dell’unità italiana Relatore: Umberto Bardini Itinerario storico - monumentale Sabato 9 aprile 2011 I luoghi del Risorgimento a Verona Visita guidata da Piazza Brà al Cimitero Austriaco Relatore: Romana Caloi 41 Conferenza Giovedì 14 aprile 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Il ruolo della cavalleria nelle campagne risorgimentali Relatore: Franco Apicella Itinerario storico - monumentale Sabato 30 aprile 2011 I luoghi del Risorgimento a Verona Visita guidata dall’Adigetto all’Ospedale Militare Relatore: Romana Caloi Mostra Sabato 30 aprile 2011 Circolo Ufficiali di Castelvecchio 150 anni di uniformi, 1861-2011 A cura del Gruppo Modellisti Scaligeri Durata: fino a domenica 8 maggio 2011 Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00; domenica, 10.00-16.00 Itinerario storico - monumentale Mercoledì 4 maggio 2011 I luoghi del Risorgimento a Verona Visita guidata a palazzo Carli Relatore: Romana Caloi Conferenza Martedì 17 maggio 2011, ore 21.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Il territorio fortificato veronese dagli Asburgo allo Stato unitario Relatore: Fiorenzo Meneghelli Conferenza Venerdì 27 maggio 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Francobolli: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia Relatore: Ercolano Gandini, Alberto Rossini Mostra Martedì 31 maggio 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare Durata: fino a giovedì 30 giugno 2011 Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00; domenica, 10.00-16.00 42 Conferenza Giovedì 9 giugno 2011, ore 17.30 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Monete: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia Relatore: Antonio Braggio Itinerario storico - monumentale Venerdì 10 giugno 2011 I luoghi del Risorgimento nella provincia di Verona Visita guidata a Custoza e Oliosi Relatore: Franco Apicella Conferenza Giovedì 16 giugno 2011, ore 21.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Proiezione del documentario “L’inno di Mameli” Relatore: Mauro Quattrina Conferenza Giovedì 29 settembre 2011, ore 21.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Verona 24 giugno-16 ottobre 1866 Relatore: Franco Apicella Conferenza Sabato 1 ottobre 2011, ore 20.45 Sala del Consiglio della Provincia di Verona Proiezione del documentario sulla caserma “Dalla Bona” Relatore: Mauro Quattrina Conferenza Mercoledì 12 ottobre 2011, ore 21.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio 12 ottobre 1866: nasce l’Arena Relatore: Alessandra Vaccari Itinerario storico - monumentale Venerdì 4 novembre 2011 I luoghi del Risorgimento a Verona Visita guidata a Palazzo Carli e all’Ospedale Militare Austriaco (Caserma Dalla Bona) Relatore: Romana Caloi Convegno Sabato 5 novembre 2011, ore 9.30 Provincia di Verona – Loggia del Consiglio Verona dagli Asburgo al regno d’Italia. Storia e cronaca di una città fortezza Il territorio fortificato veronese: 1815-1915 Relatore: Fiorenzo Meneghelli 43 Verona militare dal 1866 al 1900. Rapporti tra civili e militari Relatore: Leonardo Malatesta Dall’aquila al tricolore. Lo spirito pubblico a Verona negli anni dell’unità Relatore: Maurizio Zangarini Verona città fortezza tra cronaca e storia Relatore: Michele Gragnato Mostra Martedì 13 dicembre 2011, ore 17.00 Circolo Ufficiali di Castelvecchio Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a domenica 18 dicembre 2011 Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00; domenica, 10.00-16.00 44 Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia I l territorio veronese è stato storicamente un centro strategico e militare di primaria importanza per il controllo dell’area padana e per il suo collegamento con l’area germanica. È in quest’area che si concentrò l’enorme impegno finanziario e militare dell’impero austroungarico (1814-1866) con Verona al centro della regione fortificata del Quadrilatero (Verona, Peschiera, Mantova e Legnago). Nel 1834 si stimava in circa 6.000 uomini la numerosa manodopera necessaria alla costruzione del poderoso sistema fortificato di Verona. La città divenne una grande caserma in cui trovarono insediamento tutti i servizi civili e militari necessari per il mantenimento nella piazzaforte di una guarnigione che avrebbe potuto raggiungere i 15.000 soldati. Verona si trasformò nel centro logistico di tutto il Quadrilatero dove era stanziata un’armata di più di 70.000 uomini che raggiunse le oltre 110.000 unità durante le vicende militari del 1859. Gli edifici militari erano costituiti da caserme di fanteria e cavalleria, da stabilimenti e da magazzini per i viveri (panificio militare), per il vestiario, per i finimenti dei cavalli, ecc.; da un arsenale di artiglieria, da polveriere, da stabilimenti pirotecnici, da officine, da comandi militari, da ospedali, da tribunali, da prigioni, dalla direzione del genio, ecc. Il generale von Scholl elaborò un piano difensivo da attuarsi in più fasi, spesso concomitanti con gli eventi bellici che videro Verona protagonista nelle tre guerre di indipendenza italiana, 1848, 1859 e 1866. La prima fase riguardò l’aggiornamento ed il rafforzamento delle mura urbane disegnate dai Veneziani; tra il 1833 e il 1844 vennero rifatti i bastioni della cinta 45 sanmicheliana e rafforzata quella collinare. Tra il 1837 e il 1844 vennero costruiti sulla dorsale collinare tre forti e quattro torri dette “massimiliane”, nonché altri due forti staccati dalle mura in destra e sinistra Adige. Dopo la campagna bellica piemontese del 1848 venne invece costruita una prima cerchia di undici forti (1848-59), posti ad una distanza variabile dal fronte bastionato compresa tra 1 e 2,4 chilometri. Con la perdita della Lombardia nel 1859, Verona diventò per l’Austria il cardine difensivo più importante: venne quindi realizzata la seconda cerchia di nove forti staccati (1860-66). L’intero territorio veronese venne fatto oggetto di uno straordinario piano difensivo che vide la realizzazione del campo trincerato di Peschiera con diciassette forti, di Pastrengo con quattro forti e una torre del telegrafo e di Rivoli con quattro forti. Nel corso del Risorgimento, Verona rappresentò sempre l’obiettivo “centrale” di ogni campagna militare; la conquista della città avrebbe permesso il controllo di tutta la pianura padana. Il 16 ottobre 1866, con la conclusione della terza guerra d’Indipendenza, le truppe italiane entrarono in Verona ponendo fine al dominio asburgico della città, iniziato nel 1814. Il plebiscito di annessione chiuse una fase fondamentale nell’evoluzione del sistema difensivo dell’area veronese per aprirne un’altra con nuove prospettive. Il confine con l’Austria venne a trovarsi sulla linea dell’attuale demarcazione tra il Veneto e il Trentino Alto Adige, ponendo la città di Verona praticamente sul limite territoriale del Regno. Le fortificazioni asburgiche pensate per un “nemico” proveniente prevalentemente da ovest e sud vennero considerate obsolete e inefficaci; per questo si rese necessario ripensare e riorganizzare le difese a nord della città. 46 Lo sbarramento di Rivoli a chiusura della valle dell’Adige, realizzato nel periodo 1849-1852, venne ritenuto ancora valido sotto il profilo tecnico. Si decise per il suo aggiornamento (1880-1885) prevedendo l’inversione (da sud a nord) del fronte dei forti (forte di Ceraino, batteria bassa del Forte di Rivoli). Inoltre, allo scopo di interrompere l’accesso alla riva destra dell’Adige, venne costruita la batteria della Tagliata di Incanal (1884). Tra il 1880 e il 1885 vennero realizzati anche i forti S. Marco e Masua, successivamente aggiornati nel primo Novecento. Sul lato nord-orientale di Verona, sulle propaggini dei monti Lessini – con l’obiettivo di controllare le valli alpine che si aprono verso la pianura – si costruirono forte Castelletto (1885, rinnovato nel primo Novecento), forte San Briccio (1885) e la batteria Monticelli (1888) e, nei primi del Novecento, i forti S. Viola e Monte Tesoro. Anche con l’avvento dello stato unitario italiano l’area veronese mantenne quindi la sua funzione strategico-militare fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Scopo della mostra è promuovere la conoscenza dei forti veronesi, uno dei più importanti complessi fortificati del Veneto realizzato in età contemporanea (i forti austriaci del Veronese corrispondono a circa il 60% di quelli presenti nell’intera regione). Un grande sistema difensivo, funzionale al controllo di un vasto territorio e capace di dissuadere il “nemico” da un attacco diretto: per questo motivo le fortificazioni veronesi non vennero mai coinvolte direttamente nelle azioni belliche – né nelle campagne risorgimentali né tantomeno nella prima guerra mondiale – mantenendosi in gran parte fino ai giorni nostri. L’area veronese che va dal Lago di Garda alle prealpi del Baldo e dei Lessini, ai fiumi Adige e Mincio può essere definita proprio in ragione di questo grande sistema difensivo un “territorio fortificato” che costituisce un patrimonio storico che per la sua estensione e diffusione, nonché per la sua qualità architettonica ed ambientale non ha eguali in ambito nazionale. La mostra inserita nelle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia, intende far conoscere il sistema difensivo veronese per il ruolo storico nelle vicende risorgimentali che hanno sempre visto Verona protagonista di questi eventi. Il riconoscimento di questo importante patrimonio storico-architettonico profondamente integrato con le valenze ambientali del territorio in cui si colloca, consente di promuovere delle linee d’azione per la valorizzazione del sistema difensivo e quindi del territorio veronese ad esso collegato. Fiorenzo Meneghelli Istituto Storico Architettura Militare Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare Verona, Circolo Ufficiali di Castelvecchio 31 maggio 2011 – 30 giugno 2011 Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00; domenica, 10.00-16.00 Legnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni 4 settembre 2011 – 16 ottobre 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 47 Comune di Bardolino Bardolino Conferenza Giovedì 17 marzo 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Genealogia del Risorgimento Relatore: Alberto Battaggia Conferenza Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Bardolino e le terre del Garda: teatro strategico degli eventi del Risorgimento Relatore: Franco Apicella Conferenza Martedì 12 aprile 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Carlo Cattaneo, scrittore nel Risorgimento Relatori: Ernesto Guidorizzi, Silvio Pozzani Conferenza Giovedì 5 maggio 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Le amiche della libertà nella Verona del Risorgimento: Caterina Bon Brenzoni e Nina Serego Alighieri Relatore: Paola Azzolini Rievocazione storica Sabato 28 maggio 2011 - Domenica 29 maggio 2011 Calmasino Il combattimento di Calmasino (29 maggio 1848) Conferenza Martedì 20 settembre 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Il clero e il Risorgimento veronese. La figura di don Pietro Castellani, parroco di Bardolino Relatore: Vasco Senatore Gondola Conferenza Giovedì 6 ottobre 2011, ore 20.30 Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi Ippolito Nievo a Bardolino Relatore: Armando Gallina Strade e piazze di Bardolino intitolate ad eventi e personaggi del Risorgimento Relatore: Ernesto Fasoletti 48 Comune di Castelnuovo del Garda Castelnuovo del Garda Convegno Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.45 Sala Civica “11 aprile 1848” Giornata di studi sul Risorgimento veronese Costantino Nigra e i suoi tempi Relatore: Sergio Bracco Il clero veronese nel Risorgimento Relatore: Vasco Senatore Gondola Poesia e patria in Cesare Betteloni Relatore: Corrado Viola Convegno Sabato 9 aprile 2011, ore 15.30 Sala Civica “11 aprile 1848” Giornata di studi sul Risorgimento veronese Il canto degli Italiani di Goffredo Mameli Relatore: Mauro Quattrina Le prospettive dall’unità d’Italia all’Europa Relatore: Stefano Verzè. 49 Comune di Legnago Legnago Itinerario storico - monumentale Sabato 10 settembre 2011, ore 15.00-19.00 Domenica 11 settembre 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata all’Ospedale militare austriaco “Alla Prova” e al Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni Rievocazione storica Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.30 Piazza Libertà-Torrione Veneziano Momenti e fatti militari nella fortezza del Quadrilatero durante il 1848 50 Fondazione Fioroni Fondazione Fioroni Conferenza Mercoledì 16 marzo 2011, ore 21.00 Fondazione Fioroni Presentazione del volume “L’arciprete e il cavaliere. Il Veneto nel Risorgimento” Relatore: Federico Melotto Mostra Domenica 20 marzo 2011, ore 11.00 Fondazione Fioroni Inaugurazione delle nuove sale espositive del Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni Mostra Domenica 17 aprile 2011, ore 11.00 Fondazione Fioroni Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a domenica 29 maggio 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 Mostra Domenica 4 settembre 2011, ore 11.00 Fondazione Fioroni Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare Durata: fino a domenica 16 ottobre 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 51 Mostra Domenica 23 ottobre 2011, ore 11.00 Fondazione Fioroni Un museo per la città. Maria Fioroni e il Museo del Risorgimento di Legnago Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 Mostra Domenica 6 novembre 2011, ore 16.00 Fondazione Fioroni Pier Domenico Frattini e i martiri di Belfiore Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 52 “Vivere in fortezza”. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero L ’idea di una mostra didattica capace di raccontare la vita quotidiana nei luoghi fortificati del Veronese – indubbiamente ben esemplificati nelle grandi strutture militari che costituivano il celeberrimo Quadrilatero lombardo-veneto – muove dalla constatazione di trovarsi in presenza di un tema negletto e non sufficientemente approfondito dalla storiografia che da tempo ha affrontato i temi del Risorgimento. Lo stesso titolo – “vivere in fortezza” – racchiude, nella sua apparente semplicità, un’insieme estremamente eterogeneo di sollecitazioni e di problemi che meritano senza ombra di dubbio ulteriori approfondimenti. Il tema centrale della mostra – la vita di ogni giorno nelle piazzeforti del Quadrilatero – costituisce quindi l’occasione per una narrazione di lunghissimo periodo, a partire dall’imprescindibile esperienza veneziana, dell’eterogeneo rapporto tra le popolazioni civili e i luoghi fortificati. 53 Un rapporto, quest’ultimo, che spesso viene letto e percepito dal senso comune come “scontato” e immediato: la fortezza richiama alla mente l’immagine della difesa, del riparo, della sicurezza. Si tratta in realtà di un punto di vista per molti aspetti “edulcorato” ed effettivamente poco corrispondente ad una storia invece molto più articolata, una storia che se analizzata attraverso approcci storiografici recenti, ad esempio quelli della storia economica o della demografia 54 storica, lascia emergere una quotidianità molto più problematica, in cui spesso le ombre sovrastano le luci. L’intento del percorso espositivo sarà appunto quello di sviscerare i dualismi e i contrasti che da sempre hanno accompagnato e legato inscindibilmente la storia delle fortezze e le vicende – in alcuni momenti anche tragiche – dei loro abitanti. Nel lungo periodo, all’incirca dal primo Cinquecento all’unificazione, molti indicatori demografici ed economici segnalano per le comunità “fortificate” (Legnago e Peschiera in particolare) perduranti fenomeni di spopolamento, accompagnati da una più generale stagnazione economica, facilmente intuibile nel rarefarsi di spinte imprenditoriali per tutta l’età veneziana che torneranno solo ad Ottocento inoltrato. Di fronte a questi dati palesemente indicatori di un radicato malessere di fondo, è parso logico interrogarsi se e in quale modo il “vivere in fortezza” abbia avuto un ruolo preponderante nell’innescare dei meccanismi che in termini economici odierni potrebbero essere definiti di recessione. Per rispondere a queste interessanti istanze, la mostra si snoda attraverso temi che nella loro articolazione complessiva vorrebbero cercare di descrivere più in profondità i meccanismi di questo suggestivo rapporto uomo-fortezza. Temi che consentissero, in altre parole, di valutare attraverso precise esemplificazioni storiche e documentarie se, in quale modo e fino a che punto il “vivere in fortezza” abbia vincolato la quotidianità della vita comunitaria. Dai disagi legati ai cantieri decennali delle “fabbriche” cinquecentesche, al reclutamento forzoso delle popolazioni locali; dagli enormi impatti della costruzione fortezze sugli assetti ambientali, agli enormi carichi economici sopportati dalle comunità per il loro mantenimento; dai problemi di approvvigionamento cerealicolo legato alla presenza di cospicui contingenti militari, a quelli sanitari. Tutto un mondo, di antico e nuovo regime, che si affaccia dalle affascinanti carte della storia; tutto un brulichio di uomini “comuni”, di eserciti, di soldati, di truppe, di vite scandite dalla “noia” della guarnigione che richiama alla mente echi di buzzatiana memoria, di vite di tanto in tanto scosse da tragici e sanguinari assedi, da roboanti cannoni e da imponenti macchine da guerra. “Vivere in fortezza” insomma, nel bene e nel male. Andrea Ferrarese Direttore – Fondazione Fioroni “Vivere in fortezza”. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Legnago, Fondazione Fioroni 17 aprile 2011 – 29 maggio 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30; possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 Peschiera del Garda, Museo della Palazzina Storica 25 giugno 2011 – 25 settembre 2011 Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00 Verona, Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi” 5 ottobre 2011 – 31 ottobre 2011 Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), 8.15-23.45 Villafranca, Palazzo del Trattato 5 novembre 2011 – 20 novembre 2011 Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche (Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901, [email protected]). Nei pomeriggi di sabato e domenica: ore 15.00-19.00 Verona, Circolo Ufficiali di Castelvecchio 13 dicembre 2011 – 18 dicembre 2011 Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00; domenica, 10.00-16.00 55 Comune di Pastrengo Pastrengo Rievocazione storica Sabato 30 aprile 2011 163° Anniversario della Carica dei Carabinieri a Pastrengo Itinerario storico - monumentale Domenica 15 maggio 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata ai forti Degenfeld, Leopold e al Telegrafo Ottico 56 Comune di Peschiera del Garda Peschiera del Garda Conferenza Lunedì 7 marzo 2011, ore 15.30 Sala Civica, Piazza S. Marco Ippolito Nievo: vocazione letteraria e impegno politico Relatore: Carlo Bortolozzo Conferenza Lunedì 14 marzo 2011, ore 15.30 Sala Civica, Piazza S. Marco I primi tormentati anni dell’Italia unita Relatore: Umberto Bardini Conferenza Lunedì 21 marzo 2011, ore 15.30 Sala Civica, Piazza S. Marco Storia e interpretazioni del Risorgimento italiano Relatore: Dennis Borin Mostra Sabato 25 giugno 2011 Museo della Palazzina Storica Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a domenica 25 settembre 2011 Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00 57 Comune di Rivoli Rivoli Conferenza Giovedì 24 marzo 2011, ore 10.30 Palestra Comunale Il territorio prima e dopo l’Unità d’Italia Lettera del soldato piemontese Pietro Antonio Boggio Bertinetto spedita da Rivoli il 24 giugno 1848 Relatori: Mirco Campagnari, Enzo Gradizzi, Maurizio Delibori. Itinerario storico - monumentale Sabato 14 maggio 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata al forte Wohlgemuth Conferenza Sabato 14 maggio 2011, ore 21.00 Sala Consiliare di Corte Bramante I Piemontesi al campo di Rivoli. Testimonianze archivistiche Relatore: Virginia Cristini Presentazione del volume “Uragano d’estate” con proiezione di alcune scene tratte dal film “Senso” di Luchino Visconti Relatore: Elena Pigozzi Conferenza Sabato 23 luglio 2011, ore 17.30 Sala Consiliare di Corte Bramante Combattimenti a Rivoli e sul Baldo del 22 luglio 1848. Ricordo di quattro combattenti rivolesi Relatori: Mirco Campagnari, Mario Ercole Villa, Corinna Campostrini. 58 Comune di Sommacampagna Sommacampagna Itinerario storico - monumentale Sabato 24 settembre 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata all’Ossario di Custoza Conferenza Sabato 24 settembre 2011, ore 21.00 Sommacampagna, Azienda Agricola Monte del Frà Le colline moreniche del Garda e i paesaggi del Risorgimento Relatore: Silvino Salgaro 59 Comune di Sona Sona Conferenza Giovedì 17 marzo 2011, ore 11.15 Palazzo Comunale Tra economia e politica: gli orientamenti delle classi dirigenti italiane nello Stato unitario tra il 1861 e la fine dell’800 Relatore: Giorgio Borelli Rievocazione storica Domenica 18 settembre 2011, ore 16.00 Località Bosco di Sona Il combattimento di Bosco di Sona (5 aprile 1799) 60 Valeggio sul Mincio Comune di Valeggio sul Mincio Rievocazione storica Domenica 3 luglio 2011, ore 17.30 Villa Maffei Sigurtà Momenti e fatti militari della prima e della seconda guerra d’indipendenza Itinerario storico - monumentale Domenica 25 settembre 2011, ore 15.00-19.00 “I tesori veronesi” 2011 I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese Visita guidata a villa Maffei Sigurtà 61 Villafranca Comune di Villafranca Conferenza Giovedì 10 marzo 2011, ore 20.45 Biblioteca Comunale Villafranca: vita quotidiana e società tra Napoleone e l’Austria 1796-1848 Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli Conferenza Martedì 15 marzo 2011, ore 20.30 Auditorium Comunale Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861 Relatore: Nazario Barone Mostra Giovedì 17 marzo 2011, ore 18.00 Palazzo del Trattato Dalle origini all’unità d’Italia. Nomi e volti di protagonisti Una mostra a cura di Nazario Barone Durata: fino a domenica 17 aprile 2011 Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche (Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00. Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 Conferenza Giovedì 24 marzo 2011, ore 20.45 Biblioteca Comunale Villafranca nel Risorgimento italiano, 1848-1870 Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli Conferenza Martedì 19 aprile 2011, ore 20.30 Auditorium Comunale Il Risorgimento in fotografia Relatore: Nazario Barone Rievocazione storica Domenica 11 settembre 2011, ore 16.00 Castello scaligero Momenti e fatti militari della seconda guerra d’indipendenza 62 Mostra Sabato 5 novembre 2011, ore 18.00 Palazzo del Trattato Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago Durata: fino a domenica 20 novembre 2011 Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche (Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901, e-mail [email protected]). Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00. Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00 63 +39.0442.601730