Il Risorgimento a Verona e nel Veronese

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Il Risorgimento a Verona
e nel Veronese
di
provincia
verona
ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA
E BENI AMBIENTALI
FONDAZIONE FIORONI
MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA
Il Risorgimento a Verona
e nel Veronese
Coordinamento provinciale per il 150° anniversario dell’unità d’Italia
A cura di
Andrea Ferrarese
di
provincia
verona
ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA
E BENI AMBIENTALI
FONDAZIONE FIORONI
MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA
Coordinamento provinciale
Comune di Verona
Comune di Bardolino
Comune di
Castelnuovo del Garda
Comune di Legnago
Comune di Pastrengo
Comune di Peschiera
Comune di Rivoli
Comune di
Sommacampagna
FONDAZIONE FIORONI
MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA
Comune di Sona
Comune di
Comune di Villafranca
Valeggio sul Mincio
COMFOTER
CON IL PATROCINIO DEL
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
ISTITUTO STORICO
ARCHITETTURA MILITARE
D
Giovanni Miozzi
Presidente
della Provincia
di Verona
Marco Ambrosini
Assessore alla
Cultura, Identità Veneta
e Beni Ambientali
della Provincia
di Verona
alla primavera del 2010 l’Assessorato alla Cultura e
Identità Veneta della Provincia di Verona ha promosso, nell’ambito del 150° anniversario dell’unità d’Italia che
corre quest’anno, un progetto di coordinamento tra le principali realtà territoriali veronesi interessate da momenti ed
episodi salienti per la storia del Risorgimento a Verona e
nel Veronese.
Fin dai primi incontri e confronti nei mesi che hanno scandito l’avvicinarsi di ‘Italia 150’, è emersa con chiarezza la
necessità di dare vita ad una “rete” di idee tra le amministrazioni comunali e gli enti coinvolti nella complessa progettualità dell’evento, una rete in grado di promuovere e
coordinare le sinergie culturali ed i programmi dei vari comuni, per avvicinare il pubblico ai momenti salienti della
storia risorgimentale.
Una storia che nelle date più significative ha toccato molte
volte il territorio veronese, teatro di epiche battaglie rimaste fortemente radicate nella memoria collettiva, fulcro di
quel “Quadrilatero” che per decenni costituì la chiave di
volta del sistema difensivo del Lombardo-Veneto.
È forse possibile affermare, senza temere di esagerare, che
una parte consistente dell’intero Risorgimento, quella prettamente militare e strategica, sia stata “scritta” tra le pietre
delle fortezze di Verona, di Legnago e di Peschiera, senza dimenticare i paesaggi mossi delle colline moreniche, scenario
di combattimenti cruenti e vorticosi passaggi di più eserciti.
È quindi in considerazione di questa importante eredità
storica che la Provincia di Verona, attraverso l’Assessorato
alla Cultura e Identità Veneta, ha ritenuto doveroso patrocinare un’intensa attività di organizzazione che ha coinvolto
le amministrazioni comunali di Verona, Bardolino, Castelnuovo del Garda, Legnago, Pastrengo, Peschiera del Garda, Rivoli, Sommacampagna, Sona, Valeggio sul Mincio,
Villafranca, affiancate e guidate dalla Fondazione Fioroni
di Legnago, capofila dell’intero coordinamento, dal COMFOTER di Verona (Comando Operativo Forze Terrestri) e
dall’ISAM (Istituto Storico Architettura Militare).
Alle amministrazioni veronesi e agli enti coinvolti va il
nostro ringraziamento per il loro fondamentale contributo
che trova in questa preziosa pubblicazione un primo importante tassello, in grado di rendere fruibile la dettagliata
programmazione di mostre, convegni, rievocazioni storiche ed itinerari guidati, con cui l’intera provincia di Verona
cercherà di interrogarsi sul proprio passato, cercando di
comprendere meglio le vicende risorgimentali che l’hanno
vista protagonista.
A
Luciana Baratella
Presidente
Fondazione Fioroni
Andrea Ferrarese
Direttore
Fondazione Fioroni
l momento della sua istituzione nel 1958, la Fondazione Fioroni raccolse la preziosa eredità di quello che a
tutti gli effetti fu il primo Museo del Risorgimento sorto in
provincia di Verona. Una raccolta privata – frutto di anni di
pazienti ricerche, di preziose trouvaille, di recuperi inaspettati, di passioni forti per la storia della nazione – allestita
agli inizi degli anni ’30 tra le sale ottocentesche di palazzo
Fioroni, qualche anno prima che venisse inaugurata nel
1938 la più celebre sezione risorgimentale di Castelvecchio,
curata da Antonio Avena.
Il Risorgimento fu indubbiamente il primo grande “amore”
di Maria Fioroni (1877-1970). Ne aveva respirato gli aneliti
in una famiglia che tra Milano, Brescia e Legnago aveva
partecipato attivamente agli eventi cruciali che avevano
fatto nascere l’Italia: il padre Enrico era stato tra i valorosi
combattenti di Bezzecca, il prozio Marino Bevilacqua, intimo del generale Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, aveva
retto le sorti di molti dei comitati segreti che contribuirono
a tenere unite le fila dei fuoriusciti veneti in Lombardia.
Senza alcun dubbio, la storia della Fondazione Fioroni fa
tutt’uno con un Risorgimento che tra le ampie sale della
casa-museo di Legnago rivive nelle suggestive ambientazioni di un passato intriso della quotidianità di una borghesia di provincia del secondo Ottocento.
È quindi con particolare soddisfazione che la Fondazione Fioroni ha accettato l’invito della Provincia di Verona a coordinare nell’ambito delle iniziative previste in occasione di “Italia
150”, il gruppo di amministrazioni comunali e di enti che hanno deciso di mettere in comune le loro esperienze culturali e
un’articolata programmazione che coprirà tutto il 2011.
Questa pubblicazione costituisce appunto la prima tappa
di un più ampio progetto di valorizzazione dell’eredità
culturale, storica, museale del Risorgimento a Verona e
nella sua provincia; un progetto che culminerà nel corso
dell’anno con la realizzazione del Museo diffuso del Risorgimento veronese, un web site con multiformi funzionalità in
grado di “mappare” virtualmente luoghi, eventi, momenti
e monumenti della memoria risorgimentale veronese attraverso la realizzazione di schede, di percorsi, di raccolte
di immagini. Il Museo diffuso del Risorgimento veronese
si propone quindi come un motore culturale incentivante che, partendo da un’impostazione didattica rigorosa,
quanto facilmente accessibile, permetta di sviluppare le
potenzialità culturali del Risorgimento veronese, aprendole a nuove prospettive di fruizione, di valorizzazione (ad
esempio turistica) e di conoscenza territoriale.
IL RISORGIMENTO A VERONA E NEL VERONESE
FEDERICO MELOTTO
Il fil rouge di un’idea
L
e date, si sa, sono una debolezza dello storico. Dovessimo ridurre il Risorgimento ad una pura e semplice questione cronologica dovremmo
accettare il curioso paradosso di farlo durare nemmeno due anni. All’inizio
dell’aprile 1859, infatti, la penisola italiana risultava ancora divisa in sette
Stati principali, sei di questi erano Stati sovrani a tutti gli effetti, mentre il
settimo, il Lombardo-Veneto, era parte dell’impero austriaco. Alla fine degli
anni cinquanta dell’800 dunque l’Italia ancora non esisteva e lo stivale presentava un assetto politico che non differiva di molto, nelle sue linee essenziali, da quello dei secoli precedenti. Eppure, il 17 marzo 1861 – nemmeno
due anni dopo – Vittorio Emanuele II veniva proclamato dal nuovo parlamento re d’Italia. Un risultato inaspettato e per nulla scontato, che sorprese
anche molti osservatori stranieri e al raggiungimento del quale –continuando col paradosso – vi concorsero una breve guerra, una spedizione militare
“clandestina” guidata da un condottiero entrato nel mito, una buona attività
diplomatica e un destino sostanzialmente benevolo.
La storia però è fatta anche, e forse soprattutto, di interstizi apparentemente
secondari che nascondono quasi sempre una realtà più complessa di quella
rivelata da poche date. Quelle segnalate poco sopra, come ricordato, rendono conto più di un paradosso che non della concretezza delle cose, ovvero
– oltre a non prendere in considerazione l’annessione del Veneto che avverrà
da lì a qualche anno nel 1866 – portano ad appiattire il Risorgimento ad una
mera successione di battaglie, di spedizioni militari e di decisioni diplomatiche, perdendo di vista il fil rouge creato da un’idea, quella nazional-patriottica, la cui genesi più lontana può essere addirittura ritrovata alla fine del
diciottesimo secolo. Ecco perché in questo breve contributo, focalizzato in
prevalenza sugli eventi locali e specificatamente veronesi, si è scelta, in linea
con le tendenze attuali della storiografia, una datazione ampia dando vita
ad un racconto che per quanto sintetico ed intento a fornire delle linee guida
essenziali, prendesse le mosse proprio dalla fine del Settecento; quando cioè
a causa, o per merito, delle armi francesi e di Napoleone Bonaparte (capace a
distanza di due secoli di suscitare ancora entusiasmi e condanne) gli Italiani
e gli stessi Veronesi conobbero la fine dell’ancien régime e poterono sperimentare spazi nuovi di partecipazione politica.
Napoleone: tiranno o liberatore?
I
l 1796 fu un anno importante, non solo per la storia d’Italia ma anche per
la storia del Veronese. Se fino ad allora gli avvenimenti d’oltralpe avevano
infatti acceso gli animi soltanto di alcuni intellettuali traviati dal sogno rivo7
luzionario, mentre la maggior parte dei veronesi continuò a vivere tranquilla sotto le insegne veneziane, le notizie che cominciarono ad arrivare dal
Piemonte e dalla Lombardia che narravano delle grandi vittorie francesi e
del mito di Bonaparte, nonché di un’armata vorace e razziatrice, iniziarono
a preoccupare non poco anche i distratti abitanti di Verona. E la loro preoccupazione aumentò ancora quando si seppe che Napoleone, dopo aver
sottoscritto accordi di tregua con i ducati della bassa pianura padana, verso
la fine del maggio 1796, aveva deciso di iniziare una campagna di inseguimento degli Austriaci in ritirata dalla Lombardia, attuando così una progressiva marcia verso il Veronese che in breve lo portò ad occupare prima
la piazzaforte di Peschiera, posta strategicamente nel punto di confluenza
del Garda in Mincio, e poi, il primo di giugno, la stessa Verona con 12.000
uomini al seguito.
La Repubblica di Venezia, dichiaratasi neutrale, concesse il passaggio delle
truppe francesi sul suo territorio, permettendo a Napoleone di arrivare nel
capoluogo scaligero senza difficoltà alcuna. Giunto nella città atesina non
si dimostrò peraltro troppo ossequioso nei confronti delle autorità veneziane che furono nella sostanza esautorate dal comando militare transalpino.
D’altra parte, i Veneziani sapevano bene che a Verona c’era un problema
politico di non poco conto legato alla presenza del conte di Lilla, fratello del
ghigliottinato re di Francia Luigi XVI e legittimo erede al trono, stabilitosi
in città dal 1794. Egli aveva raccolto accanto a sé un nutrito gruppo di antirivoluzionari che al momento dell’arrivo di Napoleone finirono coll’essere
una presenza imbarazzante per le autorità della Serenissima. Per non complicare ulteriormente i rapporti con la Francia, i rappresentanti veneziani
furono costretti ad accettare l’ordine del generale corso e a far sloggiare il
conte altrove.
Nel suo complesso la città scaligera accolse piuttosto freddamente l’armée,
fatta eccezione per quei pochi, ma non trascurabili, giacobini che da quasi un
decennio erano presenti in città e che gravitavano intorno al mondo delle tre
logge massoniche; tra di loro troviamo alcuni nobili provinciali, vari esponenti del mondo delle libere professioni, medici e avvocati, un certo numero
di ufficiali, alcuni possidenti, intellettuali (come non segnalare il poeta Ippolito Pindemonte), insegnanti ed infine anche qualche ecclesiastico.
Il resto della città viveva le contingenze e le novità politiche in maniera
diversa. Ben 5.000 nobili si affrettarono a lasciare Verona per rifugiarsi in
campagna, così come racconta l’aristocratico Girolamo de’ Medici nella sua
cronaca: tutta la cittadinanza che rimase entro le mura dovette invece subire i disagi tipici di un’occupazione militare, acuiti dal fatto che l’armée,
per espressa volontà del Direttorio, doveva approvvigionarsi in loco di cibo,
vestiario, cavalli e carriaggi.
Fin da subito si pose peraltro la grave questione di dover reperire gli alloggi
per gli ufficiali: si pensò così di usufruire delle case lasciate libere da coloro
che erano scappati, ma queste ben presto si dimostrarono insufficienti. Lo
stesso problema si presentò anche per la dislocazione della truppa che «non
conosceva l’uso delle tende, onde convenne alla meglio ricovrarla in luoghi
8
chiusi». Si dovette anche risolvere la questione del vettovagliamento che
sarebbe stato a carico del governo cittadino e quindi dei Veronesi.
Pur lasciando sullo sfondo le vicende belliche molto complesse in questi
mesi, alcuni dati annotati dal de’ Medici, relativi alla fine del settembre 1796,
illustrano bene come la presenza militare pesasse sulle precarie “economie
civiche”: all’interno delle mura vi erano circa 50.000 abitanti più «14.500
francesi, de’ quali 7.050 alloggiati nelle case, 4.000 negli ospitali e 1.500 soldati». Sebbene la maggior parte del contingente napoleonico si fosse concentrato a Verona, nel territorio esistevano altre due piazzeforti, Peschiera
e Legnago, che subirono lo stesso processo di militarizzazione del capoluogo. Di Peschiera già si è detto, mentre Legnago, fortezza posta all’estremo
confine meridionale del territorio della Repubblica, lambendo l’immensa
area paludosa delle Valli Grandi, si dimostrò un punto di snodo importante
nel momento in cui il generale, consolidata la posizione veronese, rivolse
l’attenzione verso Mantova. Per attaccare celermente e senza difficoltà la
cittadina lombarda doveva infatti proteggersi con un entourage difensivo
adeguato, occupando la fortezza di Legnago, strategia che mise in atto a
partire dalla fine di giugno.
Il furore di una città: le Pasque veronesi
N
ella seconda metà del 1796 il territorio veronese fu travolto dagli scontri
bellici. La situazione si normalizzò, anche se per breve tempo, soltanto
dopo la battaglia di Rivoli, avvenuta alla metà di gennaio 1797, in seguito alla
quale cadde anche Mantova e i Francesi si aprirono la strada per Vienna.
I lunghi mesi di guerra e il consolidamento del controllo transalpino sul
Veronese trasformarono l’iniziale diffidenza nei confronti dei napoleonici in
ostilità diffusa. In poche settimane, fu inoltre evidente che la reapolitik francese, archiviati definitivamente i principi democratici del primo giacobinismo, puntava ad utilizzare la penisola come terreno di conquista e la rivoluzione era da considerarsi ormai un momento storico concluso. Dal punto
di vista sociale, come già accennato, la presenza dei militari transalpini si
fece giorno dopo giorno più pesante da sopportare e ai disagi economici si
unirono quelli “spirituali”: l’arrivo di quella «ciurma di ateisti, di barbari, di
ladroni, e di malnatti» – come la definì nella sua cronaca Ignazio Menin, un
osservatore contemporaneo ai fatti, fieramente antifrancese – aveva sconvolto gli equilibri secolari di una comunità arcaica, basata in gran parte su
usi sociali, pratiche e consuetudini che il vento rivoluzionario pretendeva
di spazzare via.
L’atteggiamento nei confronti della religione e dei luoghi di culto saccheggiati e divenuti fonti di bottino o più in generale la nazionalizzazione di
molti beni ecclesiastici montò nella popolazione veronese un risentimento
sfociante in uno dei più importanti episodi di insorgenza antifrancese di
questo periodo. Le Pasque veronesi scoppiarono il 17 aprile 1797 al grido
di “Viva San Marco” e si conclusero otto giorni dopo, il 25 aprile, quan9
do l’esercito francese riconquistò il controllo della città in seguito ad un
martellante cannoneggiamento. In quella settimana Verona dimostrò tutto il
proprio furore: l’oste Valentino Alberti nel suo diario segnalava il massacro
di addirittura 500 francesi. Il già citato Girolamo de’ Medici, attento osservatore, fermo oppositore dei francesi ma allo stesso tempo sostenitore di una
società ordinata e rispettosa delle gerarchie, guardò all’insurrezione popolare con grande sospetto proprio per il diffuso clima di anarchia. Inoltre, con
una buona dose di onestà intellettuale, mostrò come all’interno del variegato
movimento degli insorti, si evidenziasse una certa confusione negli intenti,
peraltro tipica di questi moti popolari d’antico regime. Anche a Verona, si
verificarono infatti episodi di sciacallaggio: non mancarono quelli che adducendo di andare alla ricerca dei Francesi, si introdussero nelle case «a portar
via anche quello che de’ nemici non era».
La “Società patriottica” e la “Municipalità democratica”
U
n fatto così grave come le Pasque veronesi non poteva restare ovviamente impunito ed infatti i Francesi
richiesero il pagamento di 40.000 ducati e saccheggiarono
il Monte di Pietà. Tuttavia la conseguenza più rilevante
fu la decisione di Napoleone di liquidare la Repubblica
veneta occupando Venezia e di “democratizzare” il maggior consiglio.
Con un colpo di mano, esautorati i rettori, venne istituita
anche a Verona una municipalità democratica sotto la tutela francese alla
quale si affiancò un’istituzione, la Società patriottica, del tutto nuova per
i Veronesi, figlia in parte della nuova libertà francese che avrebbe dovuto
avere il compito di coadiuvare – quantomeno in termini teorici – l’attività dei
municipalisti. Inaugurata il 27 aprile 1797 ebbe la propria sede nel “ridotto”
del Teatro Filarmonico; lì si svolgevano le sedute durante le quali venivano
proposte e discusse delle mozioni di interesse generale. Anche se l’importanza reale di questa Società non fu così decisiva, ma non del tutto irrilevante,
nel concreto del panorama politico bisogna forse sottolinearne almeno la rilevanza simbolica, dal momento che tra i vari argomenti affrontati uno dei
più interessanti fu sicuramente quello “unitario”, concetto ancora avvolto
da una certa nebulosità – è pur vero – ma in ogni caso posto all’ordine del
giorno e discusso.
Il “grande tradimento”
L
e speranze di quanti avevano creduto nella possibilità di dar corso concretamente anche in Italia agli ideali della rivoluzione dell’89 andarono
definitivamente deluse il 17 ottobre 1797. Quel giorno avvenne infatti la firma del trattato di Campoformio, il “grande tradimento” come lo definì Ugo
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I luoghi del Risorgimento
Il Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni di Legnago
I
l Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni di Legnago costituisce
uno degli esempi più suggestivi e significativi di casa-museo nel panorama museale del Veneto. Il primo allestimento
dell’ingente collezione di preziosi e unici cimeli risorgimentali, raccolta a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento
dalla famiglia Fioroni, risale agli inizi
degli anni ’20 del Novecento. Il desiderio di rendere fruibili per la comunità legnaghese i risultati di un collezionismo
paziente e rigoroso, quanto soprattutto
la precisa volontà di stimolare, con la
creazione di un vero e proprio Museo
del Risorgimento, ulteriori acquisizioni
e donazioni, concretizzò nella famiglia
Fioroni l’idea di adibire una porzione
dell’ottocentesco palazzo di Legnago a
sede espositiva permanente delle proprie raccolte.
Nei due decenni che precedettero il secondo conflitto mondiale, l’allestimento
delle collezioni risorgimentali di casa
Fioroni attirò un vasto interesse e suscitò
un’ampia eco nel contesto culturale veronese e veneto, imponendosi fin dagli
esordi come una delle aggregazioni più
interessanti per la qualità e per l’unicità dei materiali. Il caratteristico contesto
espositivo di palazzo Fioroni attirò l’attenzione della stampa dell’epoca e dei
visitatori, in primo luogo per il ricercato
e peculiare accostamento tra gli oggetti museali, gli arredi, le ambientazioni
d’epoca, quanto soprattutto per il sapiente e continuo incremento delle collezioni che Maria Fioroni seppe portare
avanti attraverso una capillare rete di
relazioni con i più importanti antiquari
e connoisseurs del paese. Dal “Gazzettino” al “Corriere della Sera”, da “Verona
e il Garda” alla diffusissima “L’Arena”,
il Museo del Risorgimento di casa Fioroni raccolse plausi ed incitamenti, imponendosi nel Veneto pre-bellico come una
delle contestualizzazioni museali private più rappresentative.
In seguito all’armistizio dell’8 settembre
1943, nel timore che l’imminente conflitto avrebbe potuto coinvolgere molto da
vicino Legnago, il museo venne completamente smantellato e le raccolte risorgimentali poste in salvo nella residenza
milanese della famiglia Fioroni: si trattò
di una scelta provvidenziale e tempestiva, dal momento che palazzo Fioroni
venne quasi completamente distrutto nel
corso di una incursione aerea alleata nel
settembre 1944. Al termine dei dolorosi
eventi bellici, le ultime eredi della famiglia Fioroni, Gemma e Maria, decisero
che la ricostruzione del palazzo legnaghese coincidesse con la sua completa
trasformazione in una esposizione permanente dedicata alla storia di Legnago
e della pianura veronese.
Nel nuovo allestimento post-bellico le
collezioni risorgimentali costituirono il
fulcro espositivo della rinata casa-museo, riedificata con pazienza e restaurata con cura nell’intento di recuperare
fin nei minimi particolari i pregiati dettagli dell’ambientazione caratteristica
di un’abitazione borghese del secondo
Ottocento: «dedicai una cura particolare – ricordava Maria Fioroni nel 1965
– al Museo del Risorgimento; ai vecchi
mobili di casa, altri ne aggiunsi, studiai
fotografie, stampe, per creare l’ambiente dove vivevano i patrioti, e il salotto
dove le belle dame ricevevano gli amici,
ma dove anche si congiurava, quando
l’amor di patria non era una vana paro11
la. Se qualche visitatore, entrando nelle
sale, accenna a Gozzano o alla contessa
Maffei, mi sembra di essere riuscita nel
mio intento. Tutto è autentico, dai mobili ai lampadari, e per rompere il meno
possibile l’armonia dell’ambiente, mi
sono limitata a mettere i cimeli, sotto vetro, sui tavoli a muro, mentre su quelli
rotondi ho affastellato quei graziosi ninnoli che non mancavano mai nei salotti
ottocenteschi».
Dopo la ricostruzione iniziata già
La disposizione delle sale e degli ambienti studiata e voluta da Maria Fioroni
per il nuovo Museo del Risorgimento –
ad oggi rimasta volutamente inalterata a
testimonianza della sensibilità museale
di un’epoca – rispondeva, in primo luogo, ad un criterio cronologico basato sulle grandi scansioni storiche dell’epopea
risorgimentale. Il 1848, il 1859, il mito di
Giuseppe Garibaldi costituivano (e costituiscono) alcuni dei fondanti leit-motive
su cui si articola la struttura espositiva
portante delle raccolte
fioroniane, l’ossatura
di un percorso storico
e didattico volutamente pensato per “avvolgere” il visitatore in
un’atmosfera.
Uno degli aspetti più
interessanti e indubbiamente caratteristici del
Museo del Risorgimento della Fondazione
Fioroni (per una superficie espositiva di oltre
600 mq.) è appunto
legato alla voluta contestualizzazione degli
Legnago, primi anni ’30: una suggestiva immagine del primo Museo
del Risorgimento di casa Fioroni.
oggetti e dei cimeli attraverso una complessa
nell’estate del 1945, il rinnovato Museo operazione di “ambientazione”, concredel Risorgimento di palazzo Fioroni ven- tamente ispirata agli stilemi scenografici
ne ufficialmente inaugurato nel 1948 dal del notissimo allestimento creato da Ansenatore Guido Gonella, allora ministro tonio Avena a Castelvecchio, prima degli
della Pubblica Istruzione, con una signi- interventi scarpiani.
ficativa mostra allestita per il centenario Tra le sale risorgimentali di palazzo Fiodei moti che diedero avvio alla grande roni gli arredi rigorosamente d’epoca, gli
epopea del Risorgimento nazionale. arazzi, i tappeti, i tendaggi, i lampadaL’esposizione di proclami e di cimeli ri, contribuiscono nel complesso ad una
storici di straordinaria importanza e va- sorta di mise en scene storica per le collelore produsse anche in questa occasione zioni vere e proprie, alla creazione cioè
ampi consensi, attirando l’attenzione di di uno sfondo in grado di valorizzare,
visitatori illustri, tra i quali, va ricordato, storicizzandola, la multiforme congerie
il senatore Umberto Terracini, al tempo dei preziosi oggetti esposti. Il percorso
presidente dell’Assemblea Costituente.
espositivo sviluppato in otto ambienti
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contigui risponde, come accennato, ad le proclama costitutivo della Repubblica
una peculiare visione della storia nazio- di Venezia di Daniele Manin (23 marzo
nale e delle sue vicende. Una visione di 1848) e, non da ultimo, la straordinaria
lunghissimo respiro che individua spe- raccolta completa di tutti i proclami ed
cificatamente nella campagna d’Italia di editti a stampa emessi dalla Repubblica
Napoleone Bonaparte l’evento catalizza- Romana (1848-1849).
tore del complesso momento risorgimen- La “sala del 1848” costituisce l’ambiente
tale, scandito di sala in sala attraverso la centrale della casa-museo di Legnago; astematizzazione di altrettanti momenti sieme agli arredi dell’epoca, conserva, in
fondanti.
eleganti bacheche, numerosi documenti
Nella “sala napoleonica”, l’arredamento e cimeli tra i quali una vasta collezione
in stile primo impero fa da cornice ad di medaglie commemorative, alcune
una cospicua collezione di stampe originali
dedicate al generale corso, alle sue più
importanti campagne
militari e alla famiglia
Bonaparte; di particolare pregio, oltre ai servizi d’epoca in porcellana, la pregiatissima
coperta nuziale appartenuta a Maria Luigia
d’Austria duchessa di
Parma e moglie di Napoleone.
Il “corridoio del Risorgimento” introduce ad Legnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni: uno scorcio
una sequenza espositi- della sala del 1848.
va con i manifesti e i
proclami relativi ad alcuni degli episodi cartelle del prestito mazziniano, rarissisalienti del “primo” Risorgimento, en mi oggetti relativi alle “cinque giornate”
guise d’introduzione agli ambienti pro- milanesi e una collezione integrale di
spicienti e successivi. Gli esemplari più tutte le onorificenze e le decorazioni miantichi risalgono all’effimera repubbli- litari delle campagne risorgimentali. Le
ca emiliana delle Province Unite (1831), pareti, decorate in stile, sono arricchite
culminata con la sentenza di morte da numerose e pregevoli litografie. Ai
emessa da Francesco IV contro Ciro ritratti di protagonisti di questo annus
Menotti (20 maggio 1831), della quale è mirabilis per la storia italiana ed europea
esposto il rarissimo proclama originale. si accompagnano alcune carte topografiSi distinguono, per il significativo valore che coeve che illustrano le strategie mistorico e documentario numerosi bol- litari adottate dall’esercito piemontese e
lettini straordinari emessi, dal governo austriaco nelle campagne militari.
provvisorio della Lombardia durante la Di indubbio interesse è la collezione di
prima guerra d’indipendenza, l’origina- armi bianche e da fuoco risorgimentali,
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ricca di alcune centinaia di pezzi: fucili, baionette, pistole, fiasche da polvere,
sciabole e daghe che documentano l’evoluzione degli equipaggiamenti dell’ordinanza militare ottocentesca degli eserciti
coinvolti negli scenari bellici risorgimentali, come pure le spesso improvvisate
armi “civili” adattate dai volontari che
portarono il loro valoroso contributo alla
storia del Risorgimento.
L’attigua “sala Bonomi” dedicata alla
seconda guerra d’indipendenza, è arre-
tra il 1848 e il 1866 presero parte ai fatti
d’arme più significativi del Risorgimento: le numerose stampe e le fotografie
commemorative dell’epoca ritraggono i
volontari che condivisero, talvolta fino
alla morte (come nel caso dei “martiri”
di Belfiore Pier Domenico Frattini e Angelo Scarsellini, del garibaldino Girolamo Gilieri morto a Calatafimi), gli ideali
di Garibaldi e Mazzini. Dei “padri” del
Risorgimento, oltre a numerosi ritratti
fotografici (in alcuni casi accompagnati da firme autografe),
si conservano cimeli di
particolare valore come
la maschera funeraria in
gesso di Giuseppe Mazzini, donata al museo
dallo scultore Foscolo
Gangeri e alcuni oggetti personali appartenuti
alla marchesa Giuseppina Raimondi, seconda
moglie di Giuseppe Garibaldi.
All’eroe dei “due mondi” è dedicata l’omonima
sala nella quale sono stati
ricollocati gli arredi origiLegnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni: sala
della moda femminile.
nali della stanza dell’albergo alla “Paglia” di
data con mobili provenienti dal palazzo Legnago nella quale il generale dormì il
ottocentesco della famiglia legnaghese 10 marzo 1867. La ricostruzione dell’amBonomi: sono esposti importanti docu- biente funge da “supporto” espositivo
menti tra i quali alcune lettere autografe per alcuni significativi oggetti appartedi Giuseppe Garibaldi, di Carlo Monta- nuti al generale – uno dei suoi carattenari (martire a Belfiore), di Carlo Alberto ristici fez, un bastone “animato” da pasdi Savoia e di Vittorio Emanuele II.
seggio – e donati a Marino Bevilacqua, il
Alle pareti trovano spazio decine di lito- facoltoso patriota milanese che contribuì
grafie, alcune ad opera del celeberrimo in modo cospicuo al finanziamento di
illustratore Gustave Dorè, dedicate alle numerose imprese militari del Risorgibattaglie salienti della guerra di Crimea, mento. Tra le vetrine in stile di questa
della seconda guerra d’indipendenza e sala spiccano, oltre a tre “camicie rosse”
dell’impresa dei Mille.
appartenute ad altrettanti volontari leLa “sala dei patrioti” introduce all’epo- gnaghesi, una decina di lettere autografe
pea degli oltre duecento legnaghesi che del generale e un suo ritratto a matita
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opera del celebre Gerolamo Induno, par
exellence uno dei pittori più significativi
del Risorgimento.
Completa il percorso espositivo la “sala
della moda”: anche se in parte tematicamente svincolata dalle raccolte risorgimentali di palazzo Fioroni, questo
ambiente ne costituisce una indispensabile appendice, pensato e predisposto da
Maria Fioroni come necessario complemento di un racconto della quotidianità
domestica della borghesia legnaghese
all’insegna di “anelanti” aspirazioni, la
cui esemplificazione più evidente è indubbiamente il “tricolore Guarienti”,
cucito in segreto sperando nell’arrivo
imminente delle truppe italiane nel 1866
ed esposto assieme ad altre decine di
bandiere d’epoca nelle sale del Museo.
Abiti femminili, corpetti e corsetti, trine,
gioielli, una straordinaria collezione di
utensili per il cucito, ventagli, ombrelli
da passeggio e quant’altro richiamano
volutamente quel “gusto” borghese muliebre di metà Ottocento che fa appunto
da sfondo alle vicende del Risorgimento
legnaghese.
Andrea Ferrarese
Direttore – Fondazione Fioroni
Museo
del Risorgimento
Fondazione Fioroni – Musei e Biblioteca pubblica
Via G. Matteotti, 39 – Legnago • www.fondazione-fioroni.it
Orari:
dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00, 15.00-17.30;
domenica pomeriggio, 15.00-19.00.
Offerta didattica:
visite guidate per gruppi e scolaresche, percorsi tematici e
laboratori didattici tematici (con particolare attenzione al periodo risorgimentale)
per le scuole di ogni ordine e grado
Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la segreteria didattica
Tel. 0442.20052
[email protected]
15
Foscolo ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis, che decretò la cessione di buona
parte del Veneto all’Austria, fissando il confine lungo il corso del fiume Adige e stabilendo che sia Verona che Legnago, entrambe tagliate a metà dal
fiume, diventassero per intero austriache. Del resto nelle due città l’ingresso
dei soldati asburgici, nel gennaio 1798, fu salutato con grandi manifestazioni di giubilo da una popolazione in buona parte esausta della spogliazione
operata dai Francesi. L’insediamento dell’aquila bicipite comportò il ripristino nel Veronese di istituzioni che ricalcavano in sostanza quelle dell’epoca
veneta e così la Municipalità fu abolita e venne sostituita dal Governo della
Provveditoria.
In principio fu l’idea
C
ome è noto, né il Direttorio francese né Napoleone concepirono mai l’idea di unificare la penisola in un’unica
compagine statuale. Ciò nonostante è innegabile che l’attività politica dei “proto-patrioti” italiani, seppur controllata e moderata dai Francesi, riuscì, soprattutto durante la
prima dominazione, a concepire l’idea di una progressiva
unità regionale. La Repubblica Cispadana prima e la Cisalpina poi rappresentarono un enorme passo in avanti per le
speranze di chi aveva salutato Napoleone come un liberatore, speranze poi
ampiamente disattese dalla decisione di firmare il trattato di Campoformio,
sacrificando così buona parte del Veneto. Nello specifico anche in seno alla
Municipalità democratica veronese maturò lentamente una duplice consapevolezza istituzionale. Da una parte si capì che il nuovo assetto politico
scaligero non poteva esistere come unità singola, e dall’altra fu percepito dai
governanti il bisogno di attuare relazioni con le altre municipalità. Queste
nuove sensibilità politiche sono comprovate dallo svolgersi tra il maggio e
il novembre 1797 di ben tre congressi ai quali parteciparono i rappresentanti
di varie città del nord, un dato che aiuta a comprendere il fermento culturale
in atto in quel periodo.
Il trattato di Campoformio sembrava apparentemente aver risolto i nodi
più spinosi della politica estera nel Veneto di Austria e Francia anche se in
realtà aveva scontentato entrambe. All’inizio del 1799 gli Asburgici erano
riusciti ad organizzarsi dal punto di vista militare concludendo una serie
di alleanze in funzione antifrancese e aprendo un fronte in Italia assieme al
generale russo Suwarow, approfittando del fatto che Napoleone si trovava
in quel momento in Egitto. Le ostilità iniziarono nel veronese il 25 marzo da
parte dei Francesi che attaccarono gli Austriaci in direzione di Bussolengo,
Verona e Legnago; inizialmente le sorti del conflitto sembrarono arridere ai
transalpini ma già il 30 marzo gli Austriaci furono in grado di sferrare una
controffensiva supportata dai Russi che portò alla capitolazione delle armate
francesi un po’ ovunque in Italia. Alla fine del 1799 i Francesi mantenevano
soltanto la città di Genova.
16
La seconda dominazione francese
L
a conclusione della campagna d’Egitto con la conseguente nomina di Napoleone a primo console permise alla Francia di riorganizzare l’esercito. Il generale con
al seguito una nuova armée tornò a valicare le Alpi attraverso il Gran San Bernardo nel maggio 1800. Una volta
rientrato in Italia ottenne quasi subito un’importante vittoria sugli Austriaci nella battaglia di Marengo, mentre
un’altra battaglia, quella di Hohenlinden, permise a Napoleone di entrare in Lombardia e in Veneto, costringendo gli Austriaci all’armistizio di Treviso e successivamente alla pace di Lunéville nel febbraio 1801.
Quest’ultimo trattato riconfermò le linee essenziali fissate con Campormio
stabilendo che il confine tra la rinata Repubblica Cisalpina e l’Austria doveva tornare ad essere l’Adige; tuttavia le nuove deliberazioni previdero una
novità rilevante per il territorio veronese dal momento che questa volta il
confine avrebbe letteralmente tagliato in due Verona e Legnago, determinando un danno economico e civile enorme per le due cittadine e privando
la pianura veneta dell’Adige nella sua funzione di importante via di comunicazione. Lunéville diventò operativo solo a partire dal 7 aprile quando gli
Austriaci entrarono in Verona da porta Vescovo, occupando la parte sinistra
della città e ripristinando il Governo della Provveditoria. La parte destra del
capoluogo scaligero entrò invece a far parte della Cisalpina e nello specifico
del Dipartimento del Mincio.
Fin da subito i Francesi si trovarono ad affrontare il problema dell’emigrazione clandestina di molti veronesi verso i territori austriaci dove l’esazione fiscale era più bassa. Le autorità napoleoniche cercarono quindi di dare
maggior impulso al debole sistema industriale senza però ottenere risultati
soddisfacenti data l’elevata tassazione e la perdita delle tratte commerciali
verso i mercati del nord. Si impegnarono poi per risolvere il problema della corretta valutazione del censo, quello della revisione dei beni nazionali
ed infine quello delle acque, soprattutto nella pianura veronese. Un cenno
merita anche la riorganizzazione del sistema giudiziario. Nel febbraio 1803 i
Veronesi ottennero perlomeno di vedersi concessa l’autonomia da Mantova
con l’istituzione del Circondario dell’Adige il cui territorio venne diviso in
undici distretti.
La divisione del capoluogo determinò anche una frattura nel clero veronese.
In particolare l’allora vescovo Gian Andrea Avogadro da sempre ostile ai
Francesi – che lo avevano pure inquisito dopo l’episodio delle Pasque veronesi – decise di lasciare la parte francese della città per ritirarsi in quella austriaca, spostandovi anche il seminario diocesano. L’ordinario, che si dimetterà nel 1807, prese sede a Monteforte, e la chiesa dei Santi Nazaro e Celso
divenne cattedrale ad interim della Verona austriaca. Alla destra dell’Adige
rimase, con il capitolo dei canonici, il vicario Gualfardo Ridolfi, probabilmente più ben visto dalle autorità transalpine.
L’avvenimento politico più rilevante dopo la pace di Lunéville fu certamente
17
quello rappresentato dai Comizi di Lione ai quali parteciparono circa cinquecento italiani e quattordici veronesi. Le novità decretate dai Comizi furono molte cominciando dal cambio di nome della Repubblica Cisalpina che
divenne Italiana, ottenne una costituzione ed ebbe Napoleone stesso presidente. Dal punto di vista amministrativo importanti poteri vennero conferiti
al prefetto che controllava anche l’attività dei consigli comunali, venne poi
esteso a tutto il veronese un corpus legislativo che portò progressivamente
alla fine dei numerosi privilegi goduti dal clero, dal patriziato e da molti
comuni (si pensi alla vendita di numerosi beni che da secoli erano posseduti
dalle comunità del territorio veronese).
Le scelte di ridefinizione amministrativa plasmarono anche un nuovo assetto ecclesiastico della città e del territorio con la soppressione delle corporazioni religiose e la centralizzazione parrocchiale con cura d’anime. Mutarono
anche gli assetti delle istituzioni culturali della città con la realizzazione di
nuove politiche scolastiche e l’applicazione della normativa francese sulla
realizzazione dei licei.
La divisione politica del Veronese ebbe termine in seguito alla pace di
Presburgo, firmata nel dicembre 1805, che stabilì nuovi assetti territoriali
dopo le importanti vittorie francesi ad Ulma e ad Austerlitz. Tutto il Veneto fu incorporato al Regno d’Italia, nuova compagine statuale creata dalla
Repubblica italiana proprio in quell’anno. In realtà, le truppe del generale
Massena cacciarono gli Austriaci da Verona già nell’ottobre 1805 ma la riunificazione della città venne sancita con un decreto solo nel marzo 1806: le
ex provincie austriache furono trasformate in dipartimenti, conservandone
in confini, mentre la parte veronese oltre il fiume venne aggregata al Dipartimento dell’Adige.
Nel 1806, dopo la sconfitta di Trafalgar, una Francia non più in grado di contrastare il dominio inglese sui mari, decise di colpire la Gran Bretagna con
un blocco continentale che avrebbe dovuto piegarne il commercio marittimo.
Gli effetti sull’economia inglese però furono negativi solo in parte, mentre
ne risentirono gravemente le relazioni commerciali del Regno d’Italia, coinvolgendo anche il Veronese, dal quale partivano prodotti tradizionalmente
diretti ai mercati americani e inglesi.
L’imposizione della fastidiosa leva obbligatoria, l’elevata pressione fiscale
per far fronte alle continue guerre e le ricorrenti requisizioni militari portarono nuovamente i veronesi ad insorgere contro gli occupanti Francesi. Nel
corso del 1809 l’onda delle insurrezioni che avvennero in altre provincie si
estese al Dipartimento dell’Adige. Le rivolte ebbero quale obiettivo principale l’assalto dei municipi e l’incendio delle liste di leva oppure degli incartamenti dell’intendente di finanza, tutti episodi sedati dall’esercito francese.
Nel corso del 1813 andò formandosi la sesta coalizione antinapoleonica che
dopo alcune iniziali sconfitte riportò, nell’ottobre, una vittoria schiacciante a
Lipsia. Con l’esercito francese in rotta, gli Austriaci coordinarono un’operazione per invadere il Regno d’Italia e calare nel Veronese dove il vicerè Eugenio Napoleone fu costretto a capitolare nel febbraio 1814 lasciando Verona in
mano alle truppe asburgiche.
18
I luoghi del Risorgimento
Villafranca di Verona e il suo Museo del Risorgimento
P
ochissime sono le città italiane che
possono vantare il cospicuo primato
che Villafranca ha avuto durante il periodo del Risorgimento sia per la sua posizione geografica a “ridosso” della linea
del Mincio e quasi al centro della grande
strada postale che univa Verona a Mantova, due delle maggiori città del Quadrilatero, che per gli importanti ospiti
che si sono avvicendati tra le sue case, le
sue strade, i suoi caffè, i suoi alberghi.
Nel 1848 Villafranca fu sede del quartiere generale piemontese, sistemato presso l’albergo “Il Sole” che ospitò nelle
sue stanze Carlo Alberto re di Sardegna
e suo figlio Vittorio Emanuele, futuro re
d’Italia, mentre dalla “torretta” di palazzo Gandini Morelli Bugna poi Bottagisio,
in via Pace, il generale toscano Cesare de
Laugier, l’eroe di Curtatone e Montanara, assisteva impotente alla sconfitta dei
suoi ad opera degli austriaci a Custoza
il 27 luglio.
Nel 1859, Villafranca fu sede del quartiere generale austriaco e vi dimorò l’imperatore Francesco Giuseppe nei giorni
che precedettero la sanguinosa battaglia
di Solferino e San Martino del 24 giugno.
L’11 luglio successivo l’incontro tra gli
imperatori Francesco Giuseppe d’Austria e Napoleone III di Francia, avvenuto nello storico palazzo di via Pace, pose
fine alla seconda guerra per l’Indipendenza nazionale. L’incontro, passato alla
storia come la pace di Villafranca, fu il
preludio all’unità d’Italia.
Il 24 giugno 1866, durante la terza guerra di indipendenza, davanti alla città si
sistemarono le truppe italiane che comprendevano anche la 16a divisione di
fanteria al comando del principe Umberto di Savoia. Attaccata dalla cavalleria
imperiale la fanteria italiana si dispose
in “quadrato” di battaglione. In uno di
questi, il IV del 49° reggimento della brigata Parma, si rifugiò il principe Umberto futuro re d’Italia durante una furiosa
carica della cavalleria austriaca la quale,
a prezzo di pesanti perdite, non riuscì
a rompere e a mettere in fuga la fanteria italiana. A ricordo dell’episodio, nei
pressi dello stesso luogo, un monumento vi fu innalzato negli anni successivi.
Questi gli avvenimenti, sempre vivi nella memoria collettiva della comunità
villafranchese, che portarono negli anni
successivi alla costituzione di un museo
destinato a raccogliere e a tramandare le
testimonianze di quell’importante periodo della nostra storia nazionale.
L’idea di costituire a Villafranca un
museo del Risorgimento risale alla fine
degli anni Cinquanta quando l’amministrazione comunale del tempo curò
l’allestimento, presso la “casa del Trattato”, di una mostra di stampe, manifesti
e cimeli storici avuta in prestito da un
collezionista di Cavriana. Il 1959, primo centenario dello storico incontro tra
i due imperatori Francesco Giuseppe I
d’Austria e Napoleone III di Francia, risvegliò l’interesse per questo importante
periodo storico e si prospettò l’occasione
che anche Villafranca potesse vantare un
proprio museo.
Su proposta del sindaco Giovanni Marchi si progettò di rendere permanente
l’esposizione allestita acquistandone
il materiale dal proprietario. Acquisita
l’anno successivo la collezione fu sistemata, in qualche modo, in alcuni locali
attigui alla “sala del Trattato”, nello storico palazzo di via Pace di proprietà della famiglia Bottagisio. Per molti anni non
19
si pensò, per mancanza di locali idonei
e ristrettezze di bilancio, di istituire un
museo vero e proprio. Il materiale rimase
a palazzo Bottagisio fino al 1981 quando,
in occasione della prima mostra-mercato
dell’antiquariato, fu imballato e riposto
in alcuni locali del municipio.
Passò ancora qualche anno prima che le
stampe e l’altro materiale cartaceo fos-
Villafranca di Verona, Museo del Risorgimento.
sero, a cura della Commissione museo
e mostre della locale biblioteca, ripulite,
restaurate, catalogate ed esposte al pubblico in una mostra tenutasi nell’inverno
1986/1987. Poi fu la volta della radicale
pulizia e catalogazione delle armi e dei cimeli anch’essi esposti al pubblico in una
mostra tenutasi nell’inverno successivo.
Contemporaneamente l’amministrazione comunale, con un’apposita delibera,
20
destinò a museo la restaurata cantoria
della chiesetta del Cristo adiacente al
castello scaligero e provvide all’acquisto
di vetrine e bacheche per una razionale
esposizione dei reperti.
Domenica 19 novembre 1989, con una
cerimonia rimasta celebre per concorso
di personalità e di pubblico, anche alla
presenza dei consoli austriaco e francese, il Museo del Risorgimento di Villafranca
fu solennemente inaugurato e l’8 dicembre
successivo ebbe l’onore di essere visitato dal
presidente del Senato
Giovanni Spadolini.
Nelle ampie e luminose vetrine sono esposte
armi, cimeli e stampe
appartenenti agli opposti eserciti che combatterono le guerre
per l’indipendenza e
l’unità d’Italia. Vi sono
conservati,
inoltre,
documenti e testimonianze dei volontari
villafranchesi che presero parte, tra il 1848 e
il 1866, alle patrie battaglie: 62 uomini e una
donna, Angela Aprili,
vivandiera garibaldina. E ancora proclami
e lettere della polizia
austriaca, lettere della deputazione comunale di Villafranca e la dichiarazione
di diserzione dall’esercito austriaco di
Luigi Prina che con Luigi Zanini fu con
i Mille di Garibaldi. Bella e ben conservata la camicia rossa e il berretto di un
volontario garibaldino del 1866.
Nel corso degli anni l’unico e ampio locale adiacente al castello, nonostante il
buon numero di visitatori – soprattutto
studenti – che lo visitava, metteva in luce
l’esiguità degli spazi espositivi e molte
furono le richieste per ampliarlo.
Nel 2009, in occasione delle celebrazioni
per il 150° anniversario della pace di Villafranca il museo è stato trasferito in tre
stanze al piano terra della storica “Casa
del Trattato”.
È ritornato nella sua sede naturale, nel
palazzo dov’è situata la saletta che nel
luglio del 1859 fu sede del convegno dei
sovrani di due delle maggiori nazioni
europee. Convegno che mise fine alla
sanguinosa guerra di quell’anno e che
l’avvenimento rese per sempre celebre.
Nazario Barone
Presidente del Comitato di gestione
Museo del Risorgimento di Villafranca
di Verona
Museo
del Risorgimento
Palazzo Bottagisio
Via della Pace, Villafranca di Verona
Orari:
sabato e domenica pomeriggio, 15.00-19.00;
la seconda domenica di ogni mese, 10.00-12.00.
Possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche
Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la Biblioteca Comunale di Villafranca
Tel. 045.7092901
[email protected]
21
Austria Felix
N
ell’aprile 1814 Napoleone Bonaparte, dopo essere
stato attaccato e quindi sconfitto dalle forze della
sesta coalizione, si trovò costretto ad abdicare e a prendere la via dell’esilio all’isola d’Elba. Il primo novembre
dello stesso anno i principali regnanti europei si riunirono a Vienna in un importante congresso internazionale
che avrebbe dovuto ridisegnare l’assetto geopolitico del
vecchio continente secondo due principi: riaffermare la
legittimità degli antichi sovrani e delle antiche istituzioni presenti prima
della “bufera” rivoluzionaria e creare un sistema di rapporti in grado di
assicurare un equilibrio che scoraggiasse in futuro iniziative come quella
napoleonica.
Il principio per così dire “legittimista” non valse però ovunque, in particolare subì una deroga rilevante nel caso della Repubblica di Venezia che
venne sacrificata per lasciar posto ad un nuovo stato, il regno LombardoVeneto, compagine satellite dell’impero asburgico con una ristretta autonomia politica e amministrativa.
Per i Veronesi si trattò dunque semplicemente di cambiare governante anche se quello nuovo, l’aquila bicipite, venne accolto ovunque con grandi
manifestazioni di entusiasmo da parte della popolazione, già dimentica
dei fasti della gloriosa Repubblica e meno che mai appassionata ai valori
nazionali del miglior patriottismo nostrano ma più semplicemente paga di
essersi definitivamente liberata degli odiati Francesi.
A onor del vero, i nuovi dominanti si presentarono con una serie di biglietti da visita piuttosto accattivanti: ad esempio la riduzione di circa
un terzo della tassa personale e di quella sul prezzo del sale, oppure la
dilazione sul pagamento dell’imposta fondiaria con la possibilità di una
futura diminuzione ed infine l’eliminazione di ogni dazio sul sorgo importato dall’estero. Negli anni successivi furono poi previste misure di
carattere straordinario come l’occupazione di manodopera nei vari lavori pubblici, in particolare relativi alle fortificazioni delle principali piazzeforti che comportarono ad esempio a Verona l’impiego di quasi 7.000
operai con salari mediamente più elevati rispetto a quelli dei braccianti
agricoli.
Di fondamentale importanza fu anche il positivo atteggiamento nei confronti della Chiesa cattolica in grande discontinuità con il periodo francese; il clero riacquisì parecchi degli antichi privilegi, molti corpi ecclesiastici furono ricostituiti e molte chiese riaperte.
E così, soddisfatta per il nuovo corso, Verona accolse trionfalmente il feldmaresciallo Heinrich Johann Bellegarde, nuovo governatore, il 12 marzo
festeggiò il compleanno dell’imperatore Francesco I e nell’ottobre il suo
onomastico; durante il 1816 invece i festeggiamenti per la visita della coppia reale dovettero lasciare il posto al cordoglio per la morte dell’imperatrice Maria Ludovica.
22
Opposizione municipalistica e opposizione patriottica
onostante non si possano riscontrare nel Veronese reali o consistenti
forme di opposizione ideologizzata almeno fino alla metà degli anni
Trenta, è pur vero che le pieghe della storia, se indagate adeguatamente, restituiscono una realtà leggermente più complessa.
L’insediamento degli Austriaci in città e in provincia non risultò infatti del
tutto indolore poiché le imponenti guarnigioni militari destinate alle maggiori piazzeforti, e quindi non solo Verona ma anche Peschiera e Legnago,
almeno nell’immediato, produssero conseguenze non del tutto diverse da
quelle del passato. Peraltro, parte della nobiltà veronese, che si era opposta
indifferentemente tanto alle ingerenze veneziane quanto a quelle francesi,
diffidò anche delle promesse austriache: un rappresentante importante di
questa corrente di pensiero fu il nobile Francesco Cavazzocca Mazzanti il
quale nelle sue memorie scrisse in termini eloquenti: «requisizioni di ogni
natura hanno flagellato sinora questo povero territorio. Le campagne vuote
di tutto per la lunga generale stazione di truppe […] Paesani bastonati e spaventati […]. La città è in disperazione».
Nei mesi successivi, secondo i rapporti informativi di polizia, ogni categoria
sociale nel Veronese aveva di che lamentarsi: le classi popolari rifiutavano ad
esempio il provvedimento della leva obbligatoria imposta dagli Asburgici a
partire dal 1815, la nobiltà lamentava l’eccessiva tassazione e il fatto di essere
tenuta in scarsa considerazione dai nuovi sovrani che spesso dimenticavano
i privilegi e le prerogative dell’aristocrazia veronese. Del clero erano invece
gli Austriaci ad essere diffidenti, in linea con la loro tradizione politica di giurisdizionalismo e di controllo delle istituzioni ecclesiastiche, considerandolo
troppo poco “austriacante” ed eccessivamente legato al pontefice romano.
Un’opposizione ideologicamente più strutturata, a Verona come altrove, bisogna ricercarla in questi primi anni della Restaurazione negli ambienti degli
ex funzionari napoleonici e degli ex affiliati alla massoneria, diffusa anche in
provincia, e poi successivamente in seno alla neonata carboneria. A partire
già dal 1814, per colpire soprattutto il loro mercato clandestino delle opere
a stampa si era andata irrigidendo la censura, alla quale provvedevano due
funzionari particolarmente attenti a tutte quelle pubblicazioni riguardanti il
periodo francese e la rivoluzione.
Per il resto, la vivacità intellettuale della società veronese fu animata in
questo periodo dall’azione patriottica e carbonara di Anna da Schio Serego
Alighieri, di origine vicentina, che nella città scaligera aveva costruito una
rete di frequentazioni che coinvolgeva esponenti del mondo liberale, della
massoneria e della carboneria; in particolare approfondì molto i rapporti, almeno fino al 1822, con Camillo Ugoni, carbonaro bresciano in contatto con i
federati milanesi. In seguito, al cenacolo di intellettuali scaligeri si unì anche
Pietro Emilei. Il testimone ideale di Anna, morta nel 1829, fu raccolto dalla
figlia Maria attiva sia a Verona sia, successivamente, a Bologna dove si era
trasferita col marito.
Il ristretto ma variegato quadro degli oppositori al principio degli anni ’30 si
N
23
arricchì delle prime infiltrazioni mazziniane avvenute nel Veneto già durante il 1831, anno di nascita della Giovine Italia il cui motto, “Dio e Popolo”,
preludeva ad un programma chiaro ed essenziale: unire tutti gli stati Italiani
in un’unica repubblica indipendente. Anche in questo caso Verona non brillò
per un’intensa attività clandestina ed infatti i nomi da ricordare si riducono
a due: Andrea Simeoni, costretto comunque a scegliere la via dell’esilio svizzero e Giovanni Vincenti, arrestato e mandato allo Spielberg dove morì il 21
marzo 1845.
Un Papa alla guida della rivoluzione?
onostante questi piccoli segnali di dissenso, o i più diffusi motti di insoddisfazione descritti finora, è un dato di fatto che il sentimento pubblico
veronese negli anni che vanno dal 1814 al 1846 fu abbastanza favorevole agli
Austriaci. Come sempre, quando si cerca di valutare la “temperatura sociale” di una grande massa di persone che non ha lasciato tracce del proprio
pensiero è difficile affermare se si trattò di silenzioso adattamento o adesione
convinta al nuovo corso; sta di fatto che in provincia non si registrarono disordini o particolari episodi di dissenso nemmeno in concomitanza ai moti
del 1820-1821 e, successivamente, a quelli del 1830-1831.
Il 1846 è però l’anno nel quale questa linea di tendenza subisce un arresto improvviso. Nel giugno venne eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai
Ferretti con il nome di Pio IX il quale, come è noto, poco tempo dopo attuò
una serie di riforme politiche di ampio respiro in grado di infiammare gli
animi dei liberali italiani. Il 16 luglio il nuovo pontefice concedette l’amnistia
ai detenuti politici e agli esiliati, annunciando anche l’istituzione di commissioni di studio per l’introduzione di riforme istituzionali. Nel marzo 1847
attenuò la censura sulle pubblicazioni di carattere politico e istituì una Consulta di Stato, un importante organismo consultivo, creato nell’aprile dello
stesso anno.
A Verona, così come in tutta Italia, non furono pochi coloro che accolsero
l’elezione di Pio IX con enorme soddisfazione. Lo storico Raffaele Fasanari
non a caso ebbe modo di scrivere che solo dopo questo evento cominciò «una
concorde e collettiva agitazione degli spiriti che accomuna gradualmente liberali e cattolici, ricchi e poveri, rivoluzionari e moderati». L’adesione ideale di alcuni cattolici liberali fu sicuramente il tratto nuovo che si impose
alla metà degli anni ’40 e in questo senso le memorie del sacerdote Leopoldo Stegagnini, che ricevette la notizia dell’elezione del nuovo papa mentre
si trovava a Venezia, sono un ottimo strumento per intuire il clima di quei
giorni: «eccoti il telegramma che annuncia la morte di Papa Gregorio XVI»
scrisse Stegnagnini «e, subito dopo, l’elezione di Mastai col nome di Pio IX.
Era istinto, era presentimento, non so, ma quella nomina destò le più belle e
vive speranze: del Mastai si ricordava qualche bel tratto quando gli Austriaci, occupata la Romagna, si accostavano a Imola. Aveva saputo tenerli fuori,
essendo vescovo di essa città. Bastava perché si proclamasse poco benevolo
N
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allo straniero». Per Stegagnini quell’elezione aveva scatenato una «scintilla
elettrica che scosse prima l’Italia, poi l’Europa, per non dire tutto il mondo
civile».
Tra le voci entusiastiche che si levarono a Verona in seguito all’elezione di Pio
IX è necessario segnalare almeno quelle dei poeti che composero odi in suo
onore e tra questi il conte Pietro Emilei, Vittorio Merighi, Aleardo Aleardi ed
infine una donna Caterina Bon Brenzoni che dopo la partenza da Verona di
Maria Serego Alighieri aveva raccolto l’eredità del suo salotto, frequentato
fra gli altri dall’Aleardi e dal Messedaglia. Un accenno meritano anche altre
esperienze, come quella di Costantino Canella, nato a Verona ma trasferitosi a Legnago nel 1837 per svolgervi la professione di medico, che nelle sue
memorie tracciò un vivace affresco dell’entusiasmo determinato dalle novità
introdotte da Pio IX nel suo Stato: un trasporto diffusosi soprattutto tra i giovani che tra il 1847 e il 1848 decisero di intraprendere viaggi nelle principali
città delle Legazioni, cosa che fece anche lui, per provare una libertà sconosciuta nel Lombardo-Veneto.
Verona: la bella addormentata del Lombardo-Veneto
L
a “primavera dei popoli” ebbe l’Italia quale indiscussa protagonista iniziale. La rivoluzione scoppiò a Palermo, contagiò pian piano le altre città
della penisola dove la pressione popolare costrinse i regnanti a concedere
statuti e riforme liberali ed infine deflagrò nuovamente a Parigi e a Vienna.
Quest’ultima insurrezione ebbe ripercussioni dirette sul Lombardo-Veneto:
approfittando del temporaneo vuoto di potere, in breve tempo insorsero le
due principali città, Milano e Venezia, seguite poi da tutte le altre.
E Verona? Il 1848 veronese è sintetizzabile in poche righe: il 18 di marzo
giunse da Milano, da dove era fuggito a causa dell’insurrezione popolare, il
vicerè Ranieri Giuseppe d’Asburgo Lorena che subito prese alloggio all’albergo Due Torri; nel pomeriggio si radunò una folla inneggiante a Pio IX e
alla libertà che dopo aver manifestato in piazza delle Erbe e in piazza dei
Signori si diresse verso l’alloggio del vicerè; dopo tre ore di dimostrazione
un grosso temporale disperse la folla e annacquò definitivamente la forza
propulsiva della rivoluzione scaligera.
Si è molto discusso sul grado di “sonnolenza” che pervadeva la società veronese e sul moderatismo che contraddistinse gli uomini di ispirazione liberale
che si incaricarono di guidare la folla come cause primarie del venir meno di
una possibile insurrezione a Verona. Di fatto i Veronesi non erano stati preparati alla sommossa: erano privi di capi capaci di combattere e in grado di
guidarla nell’unico frangente nel quale questa avrebbe avuto reali possibilità
di successo, visto lo sbandamento del comando austriaco che in ogni caso
riuscì a far sempre mantenere alla propria guarnigione un atteggiamento
non aggressivo per evitare che la protesta degenerasse. La mattina del 19
venne istituita una commissione civica che finì però per agire in accordo con
il comando austriaco, convinta che quest’ultimo avrebbe comunque conces25
so maggiori libertà. In questo modo il vicerè ottenne del tempo imbrigliando
le spinte più rivoluzionarie, che anche a Verona esistevano, grazie all’azione
moderata della commissione.
Dopo il 20 marzo gli Austriaci ridefinirono le loro strategie e rinforzarono le
fortificazioni; il 28 entrava in città la colonna del generale Costantino D’Aspre
in fuga da Padova insorta, dando inizio ad un’imponente concentrazione di
truppe nel Quadrilatero che sarebbe terminata il primo aprile con l’arrivo del
feldmaresciallo Radetzky, quest’ultimo, due giorni dopo scioglieva la guardia civica e proclamava lo stato d’assedio ponendo definitivamente fine a
qualsiasi velleità rivoluzionaria.
Parzialmente diverso fu quello che accadde all’interno della fortezza di Legnago. Quando giunse la notizia della liberazione di Venezia una commissione di cittadini capeggiati dal “Manin” della bassa Costantino Canella si
recò dal comando austriaco e trovandolo completamente in balia degli eventi prese il controllo della città. L’esperienza legnaghese risultò però troppo
isolata dalle altre città insorte con le quali Canella non riuscì a creare dei collegamenti. I patrioti legnaghesi finirono mestamente spazzati via dall’arrivo
di uno squadrone di cavalleria croato inviato dallo stesso Radetzky che in
breve riportò il controllo austriaco nella fortezza e si abbandonò alla razzia
del vicino paese di Bevilacqua e del suo castello.
Inizia la guerra
M
entre Verona scivolava lentamente dentro il più ferreo controllo asburgico Carlo Alberto di Savoia decise di rompere gli indugi e di intervenire nel Lombardo-Veneto dichiarando guerra all’Austria il 23 marzo 1848. Tre
giorni dopo entrava trionfante in una Milano già liberata e incassava anche il
sostegno dei vari regnanti italiani che inviarono contingenti regolari e volontari verso il nord per prendere parte a quella che assomigliava sempre più ad
una guerra di liberazione nazionale e per di più benedetta dal papa. Questo
stato di cose durò fino al 29 aprile quando proprio Pio IX, ampiamente esortato da Vienna, pronunciò il ‘grande rifiuto’ e ritirò i suoi militi.
Dal punto di vista strettamente militare, anche se la guerra venne dichiarata
con notevole ritardo, iniziò comunque in maniera positiva con una serie di
vittorie importanti da parte dei Piemontesi. Una volta in prossimità del Mincio e del Quadrilatero, il comando sabaudo mise a punto un piano d’azione
che prevedeva in sostanza l’assedio di Peschiera e un non meglio definito
colpo di mano su Verona. Per liberare la cittadina lacustre bisognava però
prima assicurarsi la posizione di Pastrengo dove avvenne la famosa carica a
cavallo dei carabinieri che travolse gli Austriaci. Ben più rilevante, soprattutto per i suoi infruttuosi e controversi esiti, fu la vittoriosa battaglia di S. Lucia
del 6 maggio, in seguito alla quale Carlo Alberto – constatato che dall’interno
della fortezza di Verona non arrivava nessun cenno di sommossa e che gli
Austriaci non avevano intenzione di uscire per scontrarsi in campo aperto
– decise di ritirare l’esercito e di non forzare l’assedio su Verona compromet26
tendo di fatto le sorti della guerra e permettendo agli Austriaci di ottenere
tempo prezioso per riorganizzarsi. A nulla valse poi la presa di Peschiera
avvenuta il 30 maggio. L’indecisione militare di Carlo Alberto ebbe un esito
infelice dal momento che alla fine di luglio gli Asburgici furono in grado di
sferrare un attacco decisivo contro i Piemontesi che vennero sconfitti a Custoza il 22 luglio e ricacciati verso Milano.
Il Veronese era stato teatro anche di uno degli episodi di violenza austriaca
in assoluto tra i più gravi ed efferati del Risorgimento. La notte tra il 9 e il 10
aprile, a guerra in corso, circa 450 volontari italiani approdarono a Cisano
di Bardolino da dove decisero un colpo di mano su di una polveriera posta
tra Peschiera e Castelnuovo; venuti a sapere che proprio a Castelnuovo si
intrattenevano circa cento soldati austriaci intenti a foraggiare, gli Italiani
piombarono sul paese e li disarmarono. A quel punto decisero di passare la
notte in paese.
Quando il comando di Verona venne a conoscenza del fatto inviò subito sul
posto un notevole numero di soldati al comando del generale Thurn und
Taxis col compito di riportare l’ordine e di punire in maniera esemplare sia
i patrioti sia i Castelnovesi. Il generale diede carta bianca ai propri soldati
che riconquistarono la cittadina casa per casa e, dopo che i volontari italiani
furono fuggiti, si abbandonarono ad azioni di rappresaglia che alla fine lasciarono sul terreno più di 40 morti tra i civili.
La seconda Restaurazione
C
ome si è visto, il bilancio finale del 1848 veronese non fu per nulla positivo. La rivoluzione si era spenta sul nascere poiché aveva solleticato
le fantasie soltanto dei pochi patrioti liberali presenti in città ma non aveva
convinto del tutto la massa popolare che, a differenza delle altre piazze del
Lombardo-Veneto, non seppe o non volle sollevarsi a tempo debito. E così,
mentre nel resto del nord infuriavano gli eventi, a Verona e in tutto il Quadrilatero già dall’inizio di aprile Radetzky aveva ripreso saldamente il controllo
militare e da lì in poi affrontò la guerra prima con circospezione e poi con
un’aggressività risolutiva a Custoza e a Novara.
Se Verona si era arresa senza combattere è pur vero che nel resto d’Italia
le cose non andarono molto meglio per il rissoso movimento nazionale nel
quale tutti indistintamente, dai mazziniani ai cattolici liberali, finirono sconfitti e delusi.
L’Austria, dopo aver definitivamente piegato il Piemonte e spezzato la resistenza di Venezia, ne approfittò per consolidare ulteriormente il proprio
controllo diretto e indiretto sul nord della penisola, anche se fu nel Lombardo-Veneto che maggiormente si fece sentire il giogo delle armi imperiali con
lo stato d’assedio imposto fino al 1857. Ai militari venne affidato il compito
di riportare l’ordine nelle indisciplinate province italiane e per farlo il primo
passo doveva essere giocoforza la punizione esemplare di chi aveva tradito cospirando o sollevandosi contro l’aquila bicipite: nel giro di un anno,
27
dall’agosto 1848 all’agosto 1849 furono eseguite ben 961 impiccagioni e fucilazioni e comminate 4.000 condanne al carcere per cause politiche.
Radetzky si convinse in quell’occasione, e su questo Vienna era d’accordo,
che i principali responsabili della rivoluzione, i capi carismatici, appartenessero alle élites borghesi e nobiliari e proprio su queste, a scopo punitivo,
decise di riversare il peso economico del mantenimento dell’esercito attraverso l’imposizione di nuove tasse speciali. In seguito, dopo aver constatato
che molti patrioti erano fuggiti lasciando il Lombardo-Veneto, si passò alla
confisca dei loro beni e delle loro proprietà. Con la sua politica punitiva
nei confronti dei ceti abbienti il feldmaresciallo ottenne soltanto l’effetto di
acuire il loro risentimento verso l’Austria, senza riuscire mai ad accattivarsi
completamente il mondo contadino in parte colpito dal rinnovo delle liste
di leva. Il governo austriaco ricercò consensi anche attraverso uno dei più
importanti interventi di politica territoriale che il Veronese avesse mai conosciuto, destinato però a partire qualche anno più tardi, e cioè la bonifica
delle Valli Grandi alla quale il governo stesso partecipò anticipando il 10%
della spesa totale.
Dal punto di vista militare il Quadrilatero, durante il corso della guerra,
dimostrò tutta la propria compattezza, malgrado i Piemontesi fossero giunti
senza ostacoli fino alle porte di Verona e questo non poteva non rappresentare un segnale d’allarme rilevante per l’esperto feldmaresciallo austriaco.
Fu quindi disposta la riapertura dei cantieri e la ripresa del piano Sholl per
la costruzione di un campo trincerato a Verona, con un imponente sistema
di forti esterni che avevano il compito di bloccare l’avanzata di un esercito nemico molto prima che questo arrivasse a distanza di tiro dalla cinta
magistrale; allo stesso tempo furono rinforzate le fortezze di Peschiera e di
Mantova.
I patrioti si riorganizzano: il Comitato democratico veronese
G
iuseppe Mazzini fu tra i primi a riprendere l’attività cospirativa, dopo
il grave fallimento del ’48 e della Repubblica romana. Dal suo esilio di
Londra aveva istituito un Comitato nazionale in collegamento diretto con
la Svizzera e da lì con il Lombardo-Veneto. Il nuovo comitato mazziniano
promosse un prestito nazionale di 10 milioni di Lire da ottenersi mediante
la vendita di cartelle ai vari patrioti sparsi sul territorio italiano.
A Verona dopo il 1849 le sparute forze del patriottismo liberale presero a
riunirsi intorno alla libreria di Domenico Cesconi in via Leoni, dove si davano spesso appuntamento Carlo Montanari, Giulio Faccioli e Aleardo Aleardi. Cesconi era in rapporti con Luigi Dottesio, figura emblematica della
Tipografia Elvetica di Capolago (sul lago di Lugano) – che pubblicò la collana dei Documenti della guerra santa d’Italia, un’organica raccolta di opere che
avrebbero ricordato ed esaltato l’eroico biennio 1848-1849 – e proprio con
lui si incontrò nel gennaio e nell’agosto 1850.
L’opera di Dottesio, fino al suo arresto avvenuto nel gennaio 1851, fu molto
28
I luoghi del Risorgimento
L’Ossario di Custoza
L
’Ossario di Custoza conserva le
tuito un comitato promotore presieduto da Giulio Camuzzoni, senatore
e sindaco di Verona. Membri del comitato furono il poeta veronese Aleardo Aleardi , il senatore e presidente dell’Accademia dei Lincei Angelo
Messedaglia ed il generale Giuseppe
Salvatore Pianell distintosi nella battaglia di Custoza del 1866.
Il giornale ‘L’Arena’ promosse una
sottoscrizione e fu indetto un concorso di idee vinto dall’architetto Giacomo Franco. L’Ossario fu costruito
in sedici mesi e venne solennemente inaugurato il 24 giugno 1879 alla
presenza del duca d’Aosta.
Per la sua particolarità di custodire
indistintamente le spoglie dei caduti appartenenti ai diversi eserciti che
si scontrarono nelle battaglie risorgimentali, l’Ossario di Custoza può
essere definito un vero e proprio monumento europeo. È a Custoza che
l’Europa, un tempo terra di scontro
tra poteri e culture, trovò una delle
sue prime e più importanti rappresentazioni simboliche di quella unità
nella diversità che oggi costituisce il
motto dell’Unione Europea.
spoglie dei soldati morti nelle celebri battaglie del 1848 e del 1866. Il
monumento fu costruito per volontà
del parroco di Custoza don Gaetano
Pivatelli, che ottenne da Umberto I re
d’Italia e dall’imperatore Franz Joseph l’appoggio a raccogliere insieme
le spoglie dei morti austriaci ed italiani in pietosa commemorazione e
in segno di pacificazione tra i popoli
una volta nemici.
Come scrive il cavalier Renato Adami, cittadino sommacampagnese con
la passione della storia locale, «don
Pivatelli, spronato da un fraterno
sentimento di pietà, sentì come una
missione il dovere di raccogliere in
maniera più decorosa, in un luogo
più appropriato, quelle misere spoglie». Pivatelli «scrisse perfino al re
Vittorio Emanuele II, e all’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria,
affinché si degnassero di concorrere
all’erezione di un mausoleo, degno
di accogliere i resti mortali di tutti i
caduti nelle battaglie di Custoza del
1848 e 1866, anche se di popoli diversi. Scrisse a vari giornali. La proposta
trovò notevole consenso. Il giornale l’Arena iniziò una sottoscrizione». La nascita dell’Ossario
di Custoza fu molto sentita per
il suo alto valore simbolico di
unificazione nella compassione
e nella memoria per i caduti di
entrambi gli schieramenti. Alcune delle personalità più influenti
della cultura veronese parteciparono attivamente al percorso
che portò alla costruzione del
monumento. Nel 1875 fu costi- Ossario di Custoza, particolare dell’iscrizione dedicatoria.
29
importante per ricompattare i patrioti veronesi e per metterli in collegamento con gli altri comitati del Lombardo-Veneto e della Svizzera, in un periodo
di relazioni clandestine piuttosto intense.
Come ebbe modo di ricordare il citato Fasanari, con l’arresto di Luigi Dottesio «si apre un nuovo periodo per la storia patriottica di Verona, il periodo
cioè degli arresti, delle prigioni e delle condanne». Solo un preludio dunque
a quello che accadrà nel biennio successivo.
Nel corso del 1850 il gruppo veronese che gravitava attorno alla libreria di
Cesconi andò consolidandosi giungendo, verso la fine dell’anno, alla costituzione del Comitato democratico nel quale primeggiavano le figure di
Domenico Cesconi, Giulio Faccioli, Giuseppe Maggi e Carlo Montanari. Il
comitato veronese rappresentava una costola di quello mantovano, animato
da don Enrico Tazzoli e intimo conoscente di Montanari, e di questo aveva
assunto anche gli indirizzi politici generali improntati al mazzinianesimo
repubblicano.
Scatta la repressione
L
a rete di collegamenti e di relazioni clandestine nel Lombardo-Veneto
aveva assunto ormai proporzioni troppo rilevanti per rimanere nascosta alla polizia austriaca che dopo 1848 aveva moltiplicato le proprie forze
d’intelligence sul territorio.
L’inizio dell’operazione che portò allo smantellamento dei comitati mazziniani di Mantova, Verona e Venezia avvenne grazie alla scoperta casuale
di una cartella del prestito trovata in casa di Luigi Pesci a Castiglione delle
Stiviere. Attraverso la confessione di Pesci si arrivò a don Tazzoli che teneva in casa un registro cifrato con i nomi di tutti i contraenti del prestito. La
polizia austriaca ci mise del tempo per decriptare il registro di don Tazzoli
che mantenne a lungo un contegno esemplare durante gli interrogatori. Lo
stesso non fecero altri fermati e così, pedina dopo pedina, vennero scoperti
tutti i principali esponenti dei due comitati tra i quali i veronesi Domenico Cesconi, Giulio Faccioli e, successivamente, Carlo Montanari, Giuseppe
Maggi e Gerolamo Caliari.
Ci volle parecchio tempo perché gli arrestati cedessero ma alla fine si piegarono e gli Austriaci ottennero le loro confessioni. Il 4 dicembre 1852 venne
pubblicata a Mantova la prima sentenza del processo contro dieci imputati.
Il legnaghese Angelo Scarsellini che da tempo agiva presso il comitato veneziano fu condannato a morte, il veronese Faccioli condannato a dodici
anni di carcere.
Successivamente venne condannato a morte anche Montanari, mentre Cesconi ebbe dodici anni di carcere e Caliari dieci. L’ultima sentenza, del 19
marzo, condannava a morte il legnaghese Pier Domenico Frattini che da
tempo viveva a Mantova. Maggi usufruì invece del decreto di amnistia
che arrivò lo stesso 19 marzo poco dopo l’esecuzione della condanna di
Frattini.
30
Nasce il Regno d’Italia
L
e impiccagioni di Mantova rappresentarono uno
dei momenti più tragici del dominio austriaco nel
Lombardo-Veneto e segnarono profondamente l’immaginario popolare. Di ciò si rese conto quasi subito
anche lo stesso governo imperiale che a partire dal
1856 tentò una risposta distensiva. Venne disposta
un’amnistia politica e la cessazione del controllo militare esercitato da Radetzky con l’invio nel corso del
1857, in qualità di nuovo viceré, del fratello dell’imperatore, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, uomo moderato e avveduto.
Nel frattempo però la grande storia proseguiva il proprio corso fuori dai confini veronesi. Una sera di gennaio del 1858 l’italiano Felice Orsini, patriota di
antica data, assieme ad altri tre congiurati lanciò alcune bombe all’indirizzo
del nuovo imperatore di Francia Napoleone III. Poco dopo i quattro bombaroli vennero arrestati e dal carcere Orsini spedì una lettera all’imperatore
francese chiedendogli di farsi carico della triste situazione italiana e della
liberazione della penisola.
Il gesto disperato dei quattro italiani convinse Napoleone III che fosse preferibile guidare il cambiamento nella penisola anziché subirlo. Decise quindi
di invitare a Plombieres il primo ministro piemontese Cavour, di accordarsi
su di un possibile intervento in Italia contro l’Austria, per una ridefinizione
dell’assetto geopolitico della penisola.
A questo punto a Cavour, ottenuto l’appoggio delle armi francesi, mancava
solo il casus belli che sarebbe arrivato di lì a poco tempo quando l’Austria,
stanca dei continui movimenti di militari, regolari e volontari, in prossimità
del confine inviò un ultimatum che Cavour ebbe gioco facile a rifiutare.
Le operazioni belliche iniziarono il 29 aprile quando gli Austriaci invasero
il Piemonte, da dove però furono ricacciati indietro dopo l’arrivo dei primi
contingenti francesi. L’8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono vittoriosi a Milano dove il municipio votò l’annessione al Piemonte.
Il 24 giugno ci furono le due grandi battaglie di S. Martino e Solferino, anche se di fatto esse rappresentarono varie fasi di un unico grande scontro, il
più grande dopo quello di Lipsia (parteciparono circa 230.000 uomini), che
con il loro carico di morte in grado di impressionare mezza Europa determinarono le sorti della guerra. È abbastanza noto infatti che in seguito a quei
due episodi, nei quali gli eserciti Franco-Piemontesi avevano “tenuto” nei
confronti degli Austriaci, Napoleone III decise unilateralmente di arrivare
ad un armistizio con l’Austria disposto a Villafranca l’11 luglio con il quale la
Lombardia passò al Piemonte.
In questa occasione la piazza di Verona non era stata nemmeno sfiorata dalla guerra, anche se gli abitanti della fortezza udirono il rombo dei cannoni
in lontananza e videro i carri dei feriti che impietosamente sfilavano verso
l’ospedale militare di S. Spirito. Dopo il 24 giugno, prima che si diffondesse
la notizia dell’armistizio, in molti pensarono che i Franco-Piemontesi avreb31
bero tentato l’assedio di Verona: ma ovviamente non si vide mai nessun tricolore all’orizzonte.
All’interno del fronte patriottico la delusione per l’esito della guerra fu enorme e venne ulteriormente acuita dalle notizie che cominciarono ad arrivare
dalla Sicilia: a partire dalla primavera del 1860, Giuseppe Garibaldi aveva
dato inizio ad una delle epopee militari più famose della storia che lo porterà
a realizzare quello che nel nord non era riuscito completamente. La spedizione del generale nizzardo attirò fin da subito 24 veronesi che si arruolarono
con lui nel viaggio verso Marsala e che lo seguirono nella conquista del Regno delle Due Sicilie fino a giungere a Napoli. Tra l’aprile 1859 e il novembre
1860 - in meno di due anni - la quasi totalità della penisola fu unificata sotto
la guida, talvolta attiva e talvolta passiva, di Vittorio Emanuele II, proclamato re del nuovo regno dal parlamento sabaudo il 17 marzo 1861.
Ultimo atto: il Veneto
Il nuovo Stato era però nato monco: mancavano infatti il Veneto, dove grandissima era stata la delusione per l’epilogo della seconda guerra d’indipendenza, e Roma. Per quanto riguarda quest’ultima, il più deluso continuò ad
essere Garibaldi che era stato opportunamente fermato a Teano dalle truppe
piemontesi in un primo momento e che verrà di nuovo fermato nel 1862
sull’Aspromonte, questa volta dal regio esercito.
A Verona e nell’intera provincia, nel periodo compreso tra il 1861 e il 1866 non
ci furono eventi di grande rilievo, anche se esisteva già dal 1859 un comitato
nazionale in collegamento con il comitato centrale di Torino. In questi anni,
a parte il fermento per le gesta garibaldine, l’evento clou fu probabilmente
l’inaugurazione del monumento a Dante Alighieri nel sesto centenario della
nascita avvenuta il 14 maggio 1865 e voluta dall’Accademia di Agricoltura e
dalla Società di Belle Arti per rivendicare la propria italianità.
Ancora una volta i patrioti veronesi dovettero confidare in eventi esterni. Nel
corso del 1865 il neonato regno d’Italia si inserì all’interno delle contese politiche e militari che stavano accompagnando il processo di nascita dello Stato
tedesco mediante un’alleanza con la Prussia in funzione antiaustriaca, dalla
quale ottenne la promessa del Veneto in caso di vittoria militare. Quando nel
giugno 1866 scoppiò la guerra le forze armate italiane impegnate a Custoza
e nella battaglia navale di Lissa furono in entrambi i casi sconfitte, lasciando
ai corpi volontari di Garibaldi il compito di salvare l’onore con la vittoria di
Bezzecca. Tuttavia le sorti generali del conflitto furono decise dalla vittoria
prussiana a Sadowa che costrinse gli Austriaci all’armistizio e a cedere il Veneto all’Italia, attraverso la mediazione francese così come era già avvenuto
per la Lombardia.
Il 12 agosto venne firmata la tregua tra il governo italiano e quello austriaco
ma la pace venne siglata solo nell’ottobre successivo. Dal giorno 6 di quel
mese il comando militare di Verona permise la vendita di oggetti tricolori in
città dove non si verificarono particolari tumulti anche se l’atmosfera ven32
ne funestata dall’uccisione da parte degli austriaci della giovane Carlotta
Aschieri.
Dopo l’arrivo del commissario francese che avrebbe dovuto ricevere le piazze del veronese dalle autorità austriache per girarle agli Italiani si fissò per
l’11 ottobre l’ingresso delle truppe regie nella fortezza di Legnago e per il 16
in quella di Verona. L’ultimo atto, quello che doveva formalizzare l’annessione, sarebbe stato il plebiscito popolare convocato per il 21 ottobre e dal quale
uscirono i seguenti risultati: 88.864 “sì” e 5 “no”.
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Coordinamento provinciale degli eventi culturali
in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia
• Mostre
• Conferenze e convegni
• Rievocazioni storiche
• Itinerari storico-monumentali
L’Assessore alla Cultura della Provincia di Verona e la Fondazione Fioroni desiderano ringraziare le amministrazioni comunali e gli enti che hanno contribuito alla realizzazione di
questo progetto di coordinamento, mettendo a disposizione i programmi culturali elaborati
in occasione di “Italia 150”.
Comune di Verona
Verona
Mostra
Venerdì 13 maggio 2011
Arsenale
Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia
Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura
e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di Verona
Durata: fino a domenica 11 settembre 2011
Itinerario storico - monumentale
Sabato 28 maggio 2011, ore 15.00-19.00
Domenica 29 maggio 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata a forte Gisella (Dossobuono)
Itinerario storico - monumentale
Sabato 1 ottobre 2011, ore 15.00-19.00
Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata alla Caserma Dalla Bona (Ospedale Militare Austriaco)
e a Palazzo Carli.
Mostra
Mercoledì 5 ottobre 2011, ore 17.30
Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi”
Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a lunedì 31 ottobre 2011
Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), dalle ore 8.15 alle ore 23.45
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Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia
I
l Museo del Risorgimento di Verona,
inaugurato a palazzo Forti nel 1938 dal
ministro Giuseppe Bottai, venne chiuso
nelle ristrettezze economiche del dopoguerra. Nel 1953, in occasione del centenario della morte del patriota mazziniano Carlo Montanari, la città partecipò
ad un nuovo taglio del nastro. Ma anche
stavolta la durata fu effimera. Il cantiere
di restauro del Museo, iniziato nel 1958,
lento e faticoso, giunse a termine il 16
ottobre 1966, con perfetto tempismo sul
giorno dell’anniversario dell’annessione
di Verona al Regno d’Italia. L’entusiasmo
del centenario esaurì la sua carica già nei
primi anni Settanta, quando il Museo
chiuse definitivamente, per lasciare progressivamente sempre più spazio alla
Galleria d’Arte Moderna.
Il Museo del Risorgimento torna adesso
nella forma più misurata e realistica della mostra per commemorare il 150° anno
dell’unità d’Italia. Le raccolte, del resto,
si formarono dall’origine con documenti
ufficiali e cimeli dei reduci locali, anche
per essere reliquie da esibire nelle liturgie ufficiali della patria. Senza paura di
inciampare nella retorica e, considerati i tempi, senza il timore delle critiche
alla retorica del patriottismo. La mostra,
dunque, corre consapevolmente qualche
rischio con l’obiettivo di dimostrare il
valore insostituibile delle collezioni civiche risorgimentali nel narrare anzitutto
un pezzo importante della storia di Verona, che, solo secondariamente, diventa
storia del Risorgimento.
L’esposizione avrà luogo nella sede
dell’ex Arsenale austriaco, una delle architetture militari più importanti della
città asburgica, le cui murature alternano il cotto e la pietra come le mura
medievali scaligere, in perfetta sintonia
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con la tradizione urbana. Questa sede
è testimone della città dell’impero di
Francesco I e di Francesco Giuseppe, il
periodo da cui la mostra inizia il suo percorso. Un itinerario pensato per essere al
contempo didattico e divertente, come
un racconto illustrato, controllato nei
contenuti e, tuttavia, didascalico, corredato da apparati video, da installazioni
accattivanti, da sequenze fotografiche
per accompagnare il visitatore in modo
piacevole e sorprendente.
La prima sezione è giocata sull’icona
della principessa Sissi, Elisabetta Amalia
di Baviera, documentando il suo passaggio a Verona, quale simbolo della corte
asburgica dell’immaginario, dei palazzi
festosi e dei valzer. L’Austria elegante e sontuosa che, forse, la città respirò
al tempo del Congresso di Verona nel
1822, quando fu ospitato anche lo zar di
Russia a Palazzo Canossa. Il contraltare
alla corte del sogno è la cittàfortezza del quadrilatero
(Verona, Mantova, Peschiera e Legnago), il sistema
difensivo del fedelmaresciallo Radetsky, l’Austria
oppressiva e dei controlli.
Un’Austria dei divieti e
del regime, testimoniata
da stampe, fotografie,
proclami, avvisi, e
da armi bianche e da
fuoco. Questo volto
oppressivo alimentò
un sentimento antiasburgico.
Il 1848 fu cruciale
perché molti veronesi
sostennero le iniziative
del papa Pio IX, sognando
di essere liberati dalla sua discesa nella
contesa. Personaggi radicati nella storia
veronese, come Aleardo Aleardi, Francesco Betteloni, Caterina Bon Brenzoni
dedicarono delle poesie al papa come
angelo liberatore. Le memorie di questo
fervore e della delusione provata quando Pio IX non corrispose alle attese, prepararono il terreno all’impegno più laico
di Carlo Montanari e dei suoi compagni.
Le fonti in mostra restituiscono la vita
di Montanari, aristocratico e architetto,
con i suoi progetti per chiese e palazzi,
e la sua adesione coraggiosa alle idee di
Giuseppe Mazzini, fino alla condanna a
morte a Belfiore.
Una sezione speciale riguarda l’impresa
dei Mille. I veronesi che s’imbarcarono
con Giuseppe Garibaldi furono sedici:
Alessandro Barbesi, Antonio Bellini,
Pietro Fiorentini, Pietro Pirolli e Cesare Zoppi di Verona, Gerolamo Barbieri
da Bussolengo, Giovanni Battista Bisi e
Giovanni Battista Fantoni da Legnago,
Antonio Butturini da Pescantina, Silvio
Contro da Cologna, Santi Cengiarotti da
Caldiero, Cesare De Paoli da
Parona, Giuseppe Flessati da
Cerea, Luigi Prina e Luigi Zanini da Villafranca, Antonio
Siliotto da Porto di Legnago.
I loro cimeli e quelli dei garibaldini coinvolti nel Corpo
dei volontari nel 1866 furono accolti nelle collezioni
civiche con la sacralità
dovuta agli eroi: il
fucile di Pirolli, le
medaglie di Zoppi,
la divisa rossa di Ludovico Salomoni. Alcune reliquie di Garibaldi sono eccentriche,
come un ciuffo di capelli
conservato in una teca e il
menù del pranzo consumato all’Hotel Due Torri nel 1867, quando
venne in visita ufficiale. Questa sezione
propone anche uno dei dipinti più importanti dell’esibizione, un delizioso acquerello su cartoncino di Domenico Induno che raffigura una ragazza intenta a
pulire una fotografia dell’eroe genovese.
Altre opere pittoriche in mostra sono
il quadro Grandi manovre di Giovanni
Fattori, due vedute di Verona di Carlo
Ferrari e la Fucilazione di Luigi Lenotti del
1860 di Pino Casarini.
C’è poi il quadro storico di Pietro Rossi, L’uccisione di Carlotta Aschieri il 6 ottobre 1866. Ultimo ricordo d’Austria, che
caratterizza emotivamente la sezione
conclusiva sulla liberazione di Verona
dagli Austriaci, in combinazione con il
tavolino originale del bar Zampi di piazza Bra su cui Carlotta, giovane e incinta,
cadde uccisa da una baionetta austriaca.
Il racconto degli ultimi giorni del dominio asburgico procede tra avvisi del
podestà italiano Edoardo De Betta e del
comandante austriaco Federico Jakobs
in un crescendo drammatico chiuso dal39
la proclamazione della liberazione e dai
documenti sul plebiscito di annessione
al Regno d’Italia. Tra i pezzi finali della
mostra ci sono la fascia tricolore del primo sindaco scaligero, lo stesso Edoardo
De Betta, e le divise della prima legione
della Guardia Nazionale di Verona.
Alla mostra forniscono un contributo
anche il Museo di Storia Naturale di Verona, la Biblioteca Civica di Verona e il
Museo Fioroni di Legnago. Il primo per
documentare la campagna archeologica
condotta a Peschiera dall’esercito austriaco allo scopo di scavare un villaggio
dell’età del Bronzo. La Biblioteca per
integrare le testimonianze di proprietà
comunale prestando le mappe delle fortezze e alcune lettere di Aleardi. Il Museo Fioroni di Legnago, erede della straordinaria casa-museo di Maria Fioroni,
allestita anch’essa in epoca fascista come
il museo cittadino, mette a disposizione
una bandiera italiana cucita a mano dai
Legnaghesi nel 1865, oltre ad altri oggetti curiosi, tra cui un’ulteriore reliquia,
la teca con il calco funebre del volto di
Giuseppe Mazzini, impressionante, ma
emblematica del sentimento ottocentesco per la religione della patria.
Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al regno d’Italia
Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura
e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di Verona
Verona, Arsenale
13 maggio 2011 – 13 settembre 2011
40
Comfoter
Istituto Storico
Architettura Militare
8*(!*0 .|>/(
Conferenza
Mercoledì 2 marzo 2011, ore 21.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861
Relatore: Nazario Barone
Itinerario storico - monumentale
Sabato 5 marzo 2011
I luoghi del Risorgimento a Verona
Visita guidata dall’Arsenale dell’Imperatore a Piazza Brà
Relatore: Romana Caloi
Conferenza
Martedì 15 marzo 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
La battaglia di Montanara e Curtatone
Relatore: Antonio Badolato
Itinerario storico - monumentale
Venerdì 1 aprile 2011
I luoghi del Risorgimento nella provincia di Verona
Visita guidata a Pastrengo e Rivoli
Relatore: Franco Apicella
Conferenza
Mercoledì 6 aprile 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
17 marzo 1861
Relatore: Luciano Tumiet
Conferenza
Venerdì 8 aprile 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
I primi passi dell’unità italiana
Relatore: Umberto Bardini
Itinerario storico - monumentale
Sabato 9 aprile 2011
I luoghi del Risorgimento a Verona
Visita guidata da Piazza Brà al Cimitero Austriaco
Relatore: Romana Caloi
41
Conferenza
Giovedì 14 aprile 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Il ruolo della cavalleria nelle campagne risorgimentali
Relatore: Franco Apicella
Itinerario storico - monumentale
Sabato 30 aprile 2011
I luoghi del Risorgimento a Verona
Visita guidata dall’Adigetto all’Ospedale Militare
Relatore: Romana Caloi
Mostra
Sabato 30 aprile 2011
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
150 anni di uniformi, 1861-2011
A cura del Gruppo Modellisti Scaligeri
Durata: fino a domenica 8 maggio 2011
Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;
domenica, 10.00-16.00
Itinerario storico - monumentale
Mercoledì 4 maggio 2011
I luoghi del Risorgimento a Verona
Visita guidata a palazzo Carli
Relatore: Romana Caloi
Conferenza
Martedì 17 maggio 2011, ore 21.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Il territorio fortificato veronese dagli Asburgo allo Stato unitario
Relatore: Fiorenzo Meneghelli
Conferenza
Venerdì 27 maggio 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Francobolli: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia
Relatore: Ercolano Gandini, Alberto Rossini
Mostra
Martedì 31 maggio 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia
Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare
Durata: fino a giovedì 30 giugno 2011
Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;
domenica, 10.00-16.00
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Conferenza
Giovedì 9 giugno 2011, ore 17.30
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Monete: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia
Relatore: Antonio Braggio
Itinerario storico - monumentale
Venerdì 10 giugno 2011
I luoghi del Risorgimento nella provincia di Verona
Visita guidata a Custoza e Oliosi
Relatore: Franco Apicella
Conferenza
Giovedì 16 giugno 2011, ore 21.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Proiezione del documentario “L’inno di Mameli”
Relatore: Mauro Quattrina
Conferenza
Giovedì 29 settembre 2011, ore 21.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Verona 24 giugno-16 ottobre 1866
Relatore: Franco Apicella
Conferenza
Sabato 1 ottobre 2011, ore 20.45
Sala del Consiglio della Provincia di Verona
Proiezione del documentario sulla caserma “Dalla Bona”
Relatore: Mauro Quattrina
Conferenza
Mercoledì 12 ottobre 2011, ore 21.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
12 ottobre 1866: nasce l’Arena
Relatore: Alessandra Vaccari
Itinerario storico - monumentale
Venerdì 4 novembre 2011
I luoghi del Risorgimento a Verona
Visita guidata a Palazzo Carli e all’Ospedale Militare Austriaco
(Caserma Dalla Bona)
Relatore: Romana Caloi
Convegno
Sabato 5 novembre 2011, ore 9.30
Provincia di Verona – Loggia del Consiglio
Verona dagli Asburgo al regno d’Italia. Storia e cronaca di una città fortezza
Il territorio fortificato veronese: 1815-1915
Relatore: Fiorenzo Meneghelli
43
Verona militare dal 1866 al 1900. Rapporti tra civili e militari
Relatore: Leonardo Malatesta
Dall’aquila al tricolore. Lo spirito pubblico a Verona negli anni
dell’unità
Relatore: Maurizio Zangarini
Verona città fortezza tra cronaca e storia
Relatore: Michele Gragnato
Mostra
Martedì 13 dicembre 2011, ore 17.00
Circolo Ufficiali di Castelvecchio
Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a domenica 18 dicembre 2011
Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;
domenica, 10.00-16.00
44
Il territorio fortificato veronese:
dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia
I
l territorio veronese è stato storicamente un centro strategico e militare
di primaria importanza per il controllo
dell’area padana e per il suo collegamento con l’area germanica. È in quest’area
che si concentrò l’enorme impegno finanziario e militare dell’impero austroungarico (1814-1866) con Verona al centro
della regione fortificata del Quadrilatero
(Verona, Peschiera, Mantova e Legnago).
Nel 1834 si stimava in circa 6.000 uomini la numerosa manodopera necessaria
alla costruzione del poderoso sistema
fortificato di Verona. La città divenne
una grande caserma in cui trovarono insediamento tutti i servizi civili e militari
necessari per il mantenimento nella piazzaforte di una guarnigione che avrebbe
potuto raggiungere i 15.000 soldati. Verona si trasformò nel centro logistico di
tutto il Quadrilatero dove era stanziata
un’armata di più di 70.000 uomini che
raggiunse le oltre 110.000 unità durante
le vicende militari del 1859.
Gli edifici militari erano costituiti da caserme di fanteria e cavalleria, da stabilimenti e da magazzini per i viveri (panificio militare), per il vestiario, per i finimenti dei cavalli, ecc.; da un arsenale di
artiglieria, da polveriere, da stabilimenti
pirotecnici, da officine, da comandi militari, da ospedali, da tribunali, da prigioni, dalla direzione del genio, ecc.
Il generale von Scholl elaborò un piano
difensivo da attuarsi in più fasi, spesso
concomitanti con gli eventi bellici che videro Verona protagonista nelle tre guerre di indipendenza italiana, 1848, 1859 e
1866. La prima fase riguardò l’aggiornamento ed il rafforzamento delle mura urbane disegnate dai Veneziani; tra il 1833 e
il 1844 vennero rifatti i bastioni della cinta
45
sanmicheliana e rafforzata quella collinare. Tra il 1837 e il 1844 vennero costruiti
sulla dorsale collinare tre forti e quattro
torri dette “massimiliane”, nonché altri
due forti staccati dalle mura in destra e
sinistra Adige. Dopo la campagna bellica piemontese del 1848 venne invece costruita una prima cerchia di undici forti
(1848-59), posti ad una distanza variabile
dal fronte bastionato compresa tra 1 e 2,4
chilometri.
Con la perdita della Lombardia nel 1859,
Verona diventò per l’Austria il cardine
difensivo più importante: venne quindi realizzata la seconda cerchia di nove
forti staccati (1860-66). L’intero territorio veronese venne fatto oggetto di uno
straordinario piano difensivo che vide la
realizzazione del campo trincerato di Peschiera con diciassette forti, di Pastrengo
con quattro forti e una torre del telegrafo
e di Rivoli con quattro forti.
Nel corso del Risorgimento, Verona rappresentò sempre l’obiettivo “centrale”
di ogni campagna militare; la conquista
della città avrebbe permesso il controllo
di tutta la pianura padana. Il 16 ottobre
1866, con la conclusione della terza guerra d’Indipendenza, le truppe italiane
entrarono in Verona ponendo fine al dominio asburgico della città, iniziato nel
1814. Il plebiscito di annessione chiuse
una fase fondamentale nell’evoluzione
del sistema difensivo dell’area veronese
per aprirne un’altra con nuove prospettive. Il confine con l’Austria venne a trovarsi sulla linea dell’attuale demarcazione tra il Veneto e il Trentino Alto Adige,
ponendo la città di Verona praticamente
sul limite territoriale del Regno.
Le fortificazioni asburgiche pensate per un
“nemico” proveniente prevalentemente da
ovest e sud vennero considerate obsolete
e inefficaci; per questo si rese necessario
ripensare e riorganizzare le difese a nord
della città.
46
Lo sbarramento di Rivoli a chiusura della valle dell’Adige, realizzato nel periodo
1849-1852, venne ritenuto ancora valido
sotto il profilo tecnico. Si decise per il suo
aggiornamento (1880-1885) prevedendo
l’inversione (da sud a nord) del fronte
dei forti (forte di Ceraino, batteria bassa
del Forte di Rivoli). Inoltre, allo scopo di
interrompere l’accesso alla riva destra
dell’Adige, venne costruita la batteria
della Tagliata di Incanal (1884). Tra il
1880 e il 1885 vennero realizzati anche i
forti S. Marco e Masua, successivamente
aggiornati nel primo Novecento.
Sul lato nord-orientale di Verona, sulle propaggini dei monti Lessini – con
l’obiettivo di controllare le valli alpine
che si aprono verso la pianura – si costruirono forte Castelletto (1885, rinnovato
nel primo Novecento), forte San Briccio
(1885) e la batteria Monticelli (1888) e,
nei primi del Novecento, i forti S. Viola e
Monte Tesoro.
Anche con l’avvento dello stato unitario
italiano l’area veronese mantenne quindi
la sua funzione strategico-militare fino
allo scoppio della prima guerra mondiale.
Scopo della mostra è promuovere la
conoscenza dei forti veronesi, uno dei
più importanti complessi fortificati del
Veneto realizzato in età contemporanea
(i forti austriaci del Veronese corrispondono a circa il 60% di quelli presenti
nell’intera regione). Un grande sistema
difensivo, funzionale al controllo di un
vasto territorio e capace di dissuadere
il “nemico” da un attacco diretto: per
questo motivo le fortificazioni veronesi
non vennero mai coinvolte direttamente
nelle azioni belliche – né nelle campagne
risorgimentali né tantomeno nella prima
guerra mondiale – mantenendosi in gran
parte fino ai giorni nostri.
L’area veronese che va dal Lago di Garda alle prealpi del Baldo e dei Lessini, ai
fiumi Adige e Mincio può essere definita
proprio in ragione di questo grande sistema difensivo un “territorio fortificato” che
costituisce un patrimonio storico che per
la sua estensione e diffusione, nonché per
la sua qualità architettonica ed ambientale
non ha eguali in ambito nazionale.
La mostra inserita nelle celebrazioni per
i 150 anni dell’unità d’Italia, intende far
conoscere il sistema difensivo veronese
per il ruolo storico nelle vicende risorgimentali che hanno sempre visto Verona
protagonista di questi eventi. Il riconoscimento di questo importante patrimonio storico-architettonico profondamente integrato con le valenze ambientali
del territorio in cui si colloca, consente
di promuovere delle linee d’azione per
la valorizzazione del sistema difensivo
e quindi del territorio veronese ad esso
collegato.
Fiorenzo Meneghelli
Istituto Storico Architettura Militare
Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia
Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare
Verona, Circolo Ufficiali di Castelvecchio
31 maggio 2011 – 30 giugno 2011
Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;
domenica, 10.00-16.00
Legnago, Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni
4 settembre 2011 – 16 ottobre 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
47
Comune di
Bardolino
Bardolino
Conferenza
Giovedì 17 marzo 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Genealogia del Risorgimento
Relatore: Alberto Battaggia
Conferenza
Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Bardolino e le terre del Garda: teatro strategico degli eventi del Risorgimento
Relatore: Franco Apicella
Conferenza
Martedì 12 aprile 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Carlo Cattaneo, scrittore nel Risorgimento
Relatori: Ernesto Guidorizzi, Silvio Pozzani
Conferenza
Giovedì 5 maggio 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Le amiche della libertà nella Verona del Risorgimento:
Caterina Bon Brenzoni e Nina Serego Alighieri
Relatore: Paola Azzolini
Rievocazione storica
Sabato 28 maggio 2011 - Domenica 29 maggio 2011
Calmasino
Il combattimento di Calmasino (29 maggio 1848)
Conferenza
Martedì 20 settembre 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Il clero e il Risorgimento veronese.
La figura di don Pietro Castellani, parroco di Bardolino
Relatore: Vasco Senatore Gondola
Conferenza
Giovedì 6 ottobre 2011, ore 20.30
Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi
Ippolito Nievo a Bardolino
Relatore: Armando Gallina
Strade e piazze di Bardolino intitolate ad eventi e personaggi del Risorgimento
Relatore: Ernesto Fasoletti
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Comune di
Castelnuovo del Garda
Castelnuovo del Garda
Convegno
Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.45
Sala Civica “11 aprile 1848”
Giornata di studi sul Risorgimento veronese
Costantino Nigra e i suoi tempi
Relatore: Sergio Bracco
Il clero veronese nel Risorgimento
Relatore: Vasco Senatore Gondola
Poesia e patria in Cesare Betteloni
Relatore: Corrado Viola
Convegno
Sabato 9 aprile 2011, ore 15.30
Sala Civica “11 aprile 1848”
Giornata di studi sul Risorgimento veronese
Il canto degli Italiani di Goffredo Mameli
Relatore: Mauro Quattrina
Le prospettive dall’unità d’Italia all’Europa
Relatore: Stefano Verzè.
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Comune di Legnago
Legnago
Itinerario storico - monumentale
Sabato 10 settembre 2011, ore 15.00-19.00
Domenica 11 settembre 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata all’Ospedale militare austriaco “Alla Prova”
e al Museo del Risorgimento della Fondazione Fioroni
Rievocazione storica
Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.30
Piazza Libertà-Torrione Veneziano
Momenti e fatti militari nella fortezza del Quadrilatero
durante il 1848
50
Fondazione Fioroni
Fondazione Fioroni
Conferenza
Mercoledì 16 marzo 2011, ore 21.00
Fondazione Fioroni
Presentazione del volume “L’arciprete e il cavaliere.
Il Veneto nel Risorgimento”
Relatore: Federico Melotto
Mostra
Domenica 20 marzo 2011, ore 11.00
Fondazione Fioroni
Inaugurazione delle nuove sale espositive del Museo del Risorgimento
della Fondazione Fioroni
Mostra
Domenica 17 aprile 2011, ore 11.00
Fondazione Fioroni
Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a domenica 29 maggio 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
Mostra
Domenica 4 settembre 2011, ore 11.00
Fondazione Fioroni
Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico
al regno d’Italia
Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare
Durata: fino a domenica 16 ottobre 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
51
Mostra
Domenica 23 ottobre 2011, ore 11.00
Fondazione Fioroni
Un museo per la città. Maria Fioroni e il Museo del Risorgimento
di Legnago
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
Mostra
Domenica 6 novembre 2011, ore 16.00
Fondazione Fioroni
Pier Domenico Frattini e i martiri di Belfiore
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
52
“Vivere in fortezza”.
La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
L
’idea di una mostra didattica capace
di raccontare la vita quotidiana nei
luoghi fortificati del Veronese – indubbiamente ben esemplificati nelle grandi
strutture militari che costituivano il celeberrimo Quadrilatero lombardo-veneto
– muove dalla constatazione di trovarsi
in presenza di un tema negletto e non
sufficientemente approfondito dalla storiografia che da tempo ha affrontato i
temi del Risorgimento.
Lo stesso titolo – “vivere in fortezza” –
racchiude, nella sua apparente semplicità, un’insieme estremamente eterogeneo
di sollecitazioni e di problemi che meritano senza ombra di dubbio ulteriori
approfondimenti. Il tema centrale della mostra – la vita di ogni giorno nelle
piazzeforti del Quadrilatero – costituisce
quindi l’occasione per una narrazione di
lunghissimo periodo, a partire dall’imprescindibile esperienza veneziana,
dell’eterogeneo rapporto tra le popolazioni civili e i luoghi fortificati.
53
Un rapporto, quest’ultimo, che spesso
viene letto e percepito dal senso comune
come “scontato” e immediato: la fortezza richiama alla mente l’immagine della
difesa, del riparo, della sicurezza. Si tratta in realtà di un punto di vista per molti
aspetti “edulcorato” ed effettivamente
poco corrispondente ad una storia invece molto più articolata, una storia che
se analizzata attraverso approcci storiografici recenti, ad esempio quelli della
storia economica o della demografia
54
storica, lascia emergere una quotidianità
molto più problematica, in cui spesso le
ombre sovrastano le luci. L’intento del
percorso espositivo sarà appunto quello
di sviscerare i dualismi e i contrasti che
da sempre hanno accompagnato e legato
inscindibilmente la storia delle fortezze
e le vicende – in alcuni momenti anche
tragiche – dei loro abitanti. Nel lungo periodo, all’incirca dal primo Cinquecento
all’unificazione, molti indicatori demografici ed economici segnalano per le comunità “fortificate” (Legnago e Peschiera in particolare) perduranti fenomeni
di spopolamento, accompagnati da una
più generale stagnazione economica, facilmente intuibile nel rarefarsi di spinte
imprenditoriali per tutta l’età veneziana
che torneranno solo ad Ottocento inoltrato. Di fronte a questi dati palesemente indicatori di un radicato malessere di
fondo, è parso logico interrogarsi se e in
quale modo il “vivere in fortezza” abbia
avuto un ruolo preponderante nell’innescare dei meccanismi che in termini economici odierni potrebbero essere definiti
di recessione.
Per rispondere a queste interessanti
istanze, la mostra si snoda attraverso
temi che nella loro articolazione complessiva vorrebbero cercare di descrivere
più in profondità i meccanismi di questo suggestivo rapporto uomo-fortezza.
Temi che consentissero, in altre parole, di
valutare attraverso precise esemplificazioni storiche e documentarie se, in quale modo e fino a che punto il “vivere in
fortezza” abbia vincolato la quotidianità
della vita comunitaria. Dai disagi legati
ai cantieri decennali delle “fabbriche”
cinquecentesche, al reclutamento forzoso delle popolazioni locali; dagli enormi
impatti della costruzione fortezze sugli
assetti ambientali, agli enormi carichi
economici sopportati dalle comunità per
il loro mantenimento; dai problemi di
approvvigionamento cerealicolo legato
alla presenza di cospicui contingenti militari, a quelli sanitari.
Tutto un mondo, di antico e nuovo regime, che si affaccia dalle affascinanti
carte della storia; tutto un brulichio di
uomini “comuni”, di eserciti, di soldati,
di truppe, di vite scandite dalla “noia”
della guarnigione che richiama alla mente echi di buzzatiana memoria, di vite di
tanto in tanto scosse da tragici e sanguinari assedi, da roboanti cannoni e da imponenti macchine da guerra. “Vivere in
fortezza” insomma, nel bene e nel male.
Andrea Ferrarese
Direttore – Fondazione Fioroni
“Vivere in fortezza”. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Legnago, Fondazione Fioroni
17 aprile 2011 – 29 maggio 2011
Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;
possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione Fioroni tel. 0442.20052, e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
Peschiera del Garda, Museo della Palazzina Storica
25 giugno 2011 – 25 settembre 2011
Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00
Verona, Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi”
5 ottobre 2011 – 31 ottobre 2011
Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), 8.15-23.45
Villafranca, Palazzo del Trattato
5 novembre 2011 – 20 novembre 2011
Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche (Biblioteca
Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901, [email protected]).
Nei pomeriggi di sabato e domenica: ore 15.00-19.00
Verona, Circolo Ufficiali di Castelvecchio
13 dicembre 2011 – 18 dicembre 2011
Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;
domenica, 10.00-16.00
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Comune di Pastrengo
Pastrengo
Rievocazione storica
Sabato 30 aprile 2011
163° Anniversario della Carica dei Carabinieri a Pastrengo
Itinerario storico - monumentale
Domenica 15 maggio 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata ai forti Degenfeld, Leopold e al Telegrafo Ottico
56
Comune di
Peschiera del Garda
Peschiera del Garda
Conferenza
Lunedì 7 marzo 2011, ore 15.30
Sala Civica, Piazza S. Marco
Ippolito Nievo: vocazione letteraria e impegno politico
Relatore: Carlo Bortolozzo
Conferenza
Lunedì 14 marzo 2011, ore 15.30
Sala Civica, Piazza S. Marco
I primi tormentati anni dell’Italia unita
Relatore: Umberto Bardini
Conferenza
Lunedì 21 marzo 2011, ore 15.30
Sala Civica, Piazza S. Marco
Storia e interpretazioni del Risorgimento italiano
Relatore: Dennis Borin
Mostra
Sabato 25 giugno 2011
Museo della Palazzina Storica
Vivere in fortezza.
La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a domenica 25 settembre 2011
Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00
57
Comune di Rivoli
Rivoli
Conferenza
Giovedì 24 marzo 2011, ore 10.30
Palestra Comunale
Il territorio prima e dopo l’Unità d’Italia
Lettera del soldato piemontese Pietro Antonio Boggio Bertinetto
spedita da Rivoli il 24 giugno 1848
Relatori: Mirco Campagnari, Enzo Gradizzi, Maurizio Delibori.
Itinerario storico - monumentale
Sabato 14 maggio 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata al forte Wohlgemuth
Conferenza
Sabato 14 maggio 2011, ore 21.00
Sala Consiliare di Corte Bramante
I Piemontesi al campo di Rivoli. Testimonianze archivistiche
Relatore: Virginia Cristini
Presentazione del volume “Uragano d’estate” con proiezione di
alcune scene tratte dal film “Senso” di Luchino Visconti
Relatore: Elena Pigozzi
Conferenza
Sabato 23 luglio 2011, ore 17.30
Sala Consiliare di Corte Bramante
Combattimenti a Rivoli e sul Baldo del 22 luglio 1848.
Ricordo di quattro combattenti rivolesi
Relatori: Mirco Campagnari, Mario Ercole Villa, Corinna Campostrini.
58
Comune di
Sommacampagna
Sommacampagna
Itinerario storico - monumentale
Sabato 24 settembre 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata all’Ossario di Custoza
Conferenza
Sabato 24 settembre 2011, ore 21.00
Sommacampagna, Azienda Agricola Monte del Frà
Le colline moreniche del Garda e i paesaggi del Risorgimento
Relatore: Silvino Salgaro
59
Comune di Sona
Sona
Conferenza
Giovedì 17 marzo 2011, ore 11.15
Palazzo Comunale
Tra economia e politica: gli orientamenti delle classi dirigenti
italiane nello Stato unitario tra il 1861 e la fine dell’800
Relatore: Giorgio Borelli
Rievocazione storica
Domenica 18 settembre 2011, ore 16.00
Località Bosco di Sona
Il combattimento di Bosco di Sona (5 aprile 1799)
60
Valeggio sul Mincio
Comune di
Valeggio sul Mincio
Rievocazione storica
Domenica 3 luglio 2011, ore 17.30
Villa Maffei Sigurtà
Momenti e fatti militari della prima e della seconda guerra
d’indipendenza
Itinerario storico - monumentale
Domenica 25 settembre 2011, ore 15.00-19.00
“I tesori veronesi” 2011
I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese
Visita guidata a villa Maffei Sigurtà
61
Villafranca
Comune di
Villafranca
Conferenza
Giovedì 10 marzo 2011, ore 20.45
Biblioteca Comunale
Villafranca:
vita quotidiana e società tra Napoleone e l’Austria 1796-1848
Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli
Conferenza
Martedì 15 marzo 2011, ore 20.30
Auditorium Comunale
Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861
Relatore: Nazario Barone
Mostra
Giovedì 17 marzo 2011, ore 18.00
Palazzo del Trattato
Dalle origini all’unità d’Italia. Nomi e volti di protagonisti
Una mostra a cura di Nazario Barone
Durata: fino a domenica 17 aprile 2011
Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche
(Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901,
e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00.
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
Conferenza
Giovedì 24 marzo 2011, ore 20.45
Biblioteca Comunale
Villafranca nel Risorgimento italiano, 1848-1870
Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli
Conferenza
Martedì 19 aprile 2011, ore 20.30
Auditorium Comunale
Il Risorgimento in fotografia
Relatore: Nazario Barone
Rievocazione storica
Domenica 11 settembre 2011, ore 16.00
Castello scaligero
Momenti e fatti militari della seconda guerra d’indipendenza
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Mostra
Sabato 5 novembre 2011, ore 18.00
Palazzo del Trattato
Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero
Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di Legnago
Durata: fino a domenica 20 novembre 2011
Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche
(Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901,
e-mail [email protected]).
Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00.
Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00
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+39.0442.601730
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