Lavoro a intermittenza, formula da primato in Veneto

GENTE VENETA | Economia e Lavoro
Sabato, 9 Aprile 2011
Lavoro a intermittenza, formula da primato in
Veneto
Continua l'emoraggia di posti di lavoro in Veneto. Il 2010 si è tuttavia chiuso con calo
occupazionale meno grave di quello registrato nel 2009. Due anni fa, nel bel mezzo della crisi,
in un anno si persero quasi 50mila posti di lavoro. L'anno scorso è andata "meno peggio", con
15mila posti di lavoro in meno.
Dati che però non tengono conto del lavoro domestico e del lavoro "a chiamata", detto
"intermittente", che nel 2010 ha registrato un vero e proprio boom in Veneto. Secondo i dati
forniti dall'Osservatorio regionale Veneto Lavoro, lo scorso anno il lavoro intermittente è stato il
vero protagonista della tenuta occupazionale in Veneto. In crescita del 42% rispetto all'anno
precendente, il lavoro "a chiamata" è valso nel 2010 la bellezza di 60mila contratti.
Il boom della "chiamata". Un vero record, che ha portato il "Centro Studi sul Lavoro" della Cgil
Veneto a indagare più a fondo il fenomeno. Fatti i debiti calcoli, la Cgil ha notato che, che a
metà 2010, la quota di "mercato" di questo tipo di contratto rappresentava il 17,5% del totale
delle assunzioni in Veneto, quando nello stesso periodo del 2008 valeva solo l'1,1%. Va inoltre
sottolineato che, stando ai dati diffusi recentemente dalla Cgil, è proprio il Nordest l'area italiana
dove il lavoro a chiamata ha attecchito di più: è qui che si trova il 60% nazionale dei contratti a
chiamata, di cui ben il 40% in Veneto.
I "contratti a chiamata" sono l'ultima evoluzione dei contratti di lavoro flessibili. Un lavoratore si
dichiara disponibile a lavorare "a chiamata", quindi in base alle necessità del datore di lavoro e
senza troppo preavviso.
I sindacati: «Non è trasparente». Pensato per i lavoratori saltuari e per chi ha un doppio
lavoro, il contratto a "intermittenza" sembrava adatto in particolar modo al settore turistico e
commerciale: camerieri, addetti alle pulizie, commesse e cassieri del week-end.
Questo tipo di contratto è però accusato dai sindacati di non esser sufficientemente trasparente:
pur non avendo sgravi contributivi, nei contratti a chiamata il datore di lavoro può comunicare a
posteriori il monte ore dei propri lavoratori. Secondo i sindacati, questo si tradurrebbe in lavoro
grigio, ossia: su tot ore messe nel contratto a chiamata, il lavoratore in realtà ne ha fatte di più,
con parte del salario "fuori busta" e riduzione, per l'azienda, dei versamenti contributivi, una
rilevante voce di spesa per ogni azienda. Essendo "a chiamata", per l'Ispettorato al Lavoro è
difficile controllare a posteriori la posizione del lavoratore, che, nella peggiore delle ipotesi,
potrebbe esser usato anche come lavoratore a tempo pieno, quindi senza le caratteristiche
indicate dal contratto.
Per altri, il successo dei contratti "a chiamata" è in realtà un altro: sono stati messi in regola
moltissimi lavoratori "in nero".
L'unico dato incontrovertibile è che questo tipo di contratto ha tenuto a galla la contabilità
occupazionale del Veneto, regione nella quale, secondo il report di Veneto Lavoro, continua a
perdere posizioni il contratto a "tempo indeterminato" (-5,2%), mentre recuperano posizioni i
contratti "a tempo determinato" (+3,6%).
I più reattivi... Per quanto riguarda i settori in ripresa, per primo si deve sottolineare che non vi
sono state grosse ripercussioni nel mondo del lavoro legato ai servizi alla persona, rimasto negli
anni della crisi sostanzialmente invariato. Come indicato da "Veneto Lavoro", il recupero delle
assunzioni appare guidato da manifatturiero e servizi alle imprese, in particolare dai comparti
più reattivi rispetto ai mutamenti della congiuntura internazionale: l'industria metalmeccanica,
dopo una flessione dei dati tendenziali nell'ordine del 50-60% nel corso dei primi tre trimestri del
2009, segnala un simmetrico consistente recupero nell'ultimo anno; analogo andamento,
seppure su livelli di variazione più contenuti, presentano le lavorazioni del made in Italy (dopo
una contrazione della domanda di lavoro nell'ordine del 30% durante la prima metà del 2009 il
comparto segna una crescita in tutto il 2010 che oscilla tra il 13% e il 16%), i servizi di
commercio all'ingrosso-logistica e quelli del terziario avanzato (in recupero soprattutto negli
ultimi tre trimestri del 2010).
Cigs per 500 aziende, un record. Il 2010 è stato però anche l'anno in cui moltissime aziende
sono entrate in crisi: in un anno, sono state ben 1400, con l'attivazione di 125milioni di ore di
cassa integrazione. A soffrire sono soprattutto le grandi aziende industriali (si pensi a casi come
Electrolux o Pansac), visto che ben 500 aziende hanno chiesto e ottenuto l'attivazione della
cassa integrazione straordinaria, la quale viene concessa solo per quelle aziende che ancora
faticano ad uscire dal pantano della crisi.
Marco Dori
Tratto da GENTE VENETA, n.15/2011
Approfondimenti
- Mons. Longoni: Obiettivo è il lavoro stabile, per raggiungerlo bisognerà fare qualche rinuncia
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