Forma e funzione nei viventi (prima parte) LA LEZIONE INTRODUZIONE In natura siamo abituati a vedere le più differenti forme: esse hanno una stretta relazione con le funzioni alle quali sono associate e non sono quindi casuali. Questa diversità si presenta a qualsiasi livello, dall'organello cellulare alla cellula, al tessuto, all'organo e infine all'organismo, ma che si tratti di una specifica parte del corpo oppure delle cellule che la costituiscono, la morfologia e la fisiologia risultano comunque intrecciate tra di loro. I meccanismi alla base di questa relazione sono molto complessi e non del tutto chiariti, ma i risultati dell'attività di ricerca forniscono continuamente dati significativi e nuove prospettive. Resta comunque la certezza che il legame tra forma e funzione va interpretato in base a tre diversi aspetti: la storia evolutiva di una specie, i processi che portano all'espressione dell'informazione contenuta nel genoma e l'effetto dell'ambiente cellulare. EVOLUZIONE Il materiale genetico, ossia il DNA (deoxiribonucleic acid), è soggetto a mutazioni casuali. Queste possono risultare vantaggiose per gli individui che le presentano, migliorando il loro adattamento all'ambiente nel quale vivono. fig.1 Differenze nella dentatura e nell'apparato digerente dei mammiferi La selezione naturale agisce quindi preservando gli individui più adatti ovvero le loro caratteristiche genetiche, che potranno essere trasmesse alle generazioni successive. Questo processo, alla base dell'evoluzione, può essere esteso dall'individuo al gruppo di individui, e quindi alla specie, determinando così il differenziarsi di una specie rispetto a un'altra (divergenza evolutiva). Qualche esempio può aiutare a comprendere meglio. La dentatura dei mammiferi primitivi onnivori era piuttosto indifferenziata; successivamente si è andata evolvendo in forme specializzate a seconda del tipo di dieta: i carnivori presentano uno sviluppo accentuato dei canini, denti che garantiscono un'ottima presa sulla preda e la possibilità di sbranarla; gli erbivori hanno molari ampi, con una superficie particolarmente adatta allo schiacciamento e alla demolizione del materiale vegetale di cui si nutrono; i roditori hanno lunghi incisivi, che agiscono come scalpelli nel frammentare i duri semi e gusci di frutti che sono alla base della loro dieta (fig. 1). Interessante è anche un'analisi delle diversità presentate dai becchi degli uccelli: per esempio, i rapaci hanno rostri robusti e appuntiti, che hanno più o meno le stesse funzioni dei canini dei mammiferi carnivori, mentre gli uccelli granivori hanno becchi più piccoli, compatti, adatti a rompere i semi (fig. 2). D'altra parte, l'evoluzione può presentarsi non solo come un fenomeno di divergenza, ma anche di convergenza, ossia un processo attraverso il quale animali molto lontani filogeneticamente possono presentare strutture molto simili per svolgere le stesse funzioni, come è per esempio avvenuto con le ali degli uccelli e dei pipistrelli: pur non essendo identiche, possono essere considerate un adattamento molto simile a una medesima funzione (fig. 3). fig. 2 Sopra, Correlazione tra le diverse forme dei becchi degli uccelli e il tipo di cibo di cui si nutrono fig.3 A sinistra, Anatomia alare: confronto tra pterosauro, uccello e pipistrello GENETICA ED EPIGENETICA Nel genoma di un individuo sono contenute tutte le informazioni necessarie alla sua formazione e allo svolgimento delle funzioni che ne permettono l'esistenza. Il DNA, materiale di base nella costituzione dei geni, rappresenta così una molecola informazionale. Grazie alla sua organizzazione in codoni o triplette, a ognuno dei quali corrisponde uno specifico aminoacido, il filamento nucleotidico di un gene fornisce la sequenza necessaria alla sintesi di una proteina, processo al quale partecipa anche l'RNA (ribonucleic acid) nelle sue diverse forme. Le proteine possono avere una funzione strutturale o catalitica (enzimi). (Per una trattazione più articolata v. Le molecole informazionali e il DNA). E' bene comunque sottolineare che l'idea che a un gene corrisponda una singola funzione è stata oramai accantonata: le forme, e quindi le funzioni associate, derivano dall'interazione dinamica e coordinata di molti prodotti genici. L'attività del DNA è modulata da meccanismi che interagiscono con i geni, regolandone l'espressione. Il settore della genetica che studia questi processi è chiamato epigenetica. E' importante sottolineare che queste interazioni riguardano solo il fenotipo e non il genotipo, poiché la sequenza del DNA non è in alcun modo alterata, mentre risulta modificata la sua attività. Infatti, i fattori epigenetici interagiscono con la cromatina, variando la struttura tridimensionale del DNA oppure le proteine istoniche a esso associate. In questo modo la struttura genomica risulta alterata e come conseguenza risulta alterata anche la possibilità di legame di proteine ed enzimi che regolano l'espressione genica. Le modificazioni indotte dai fattori epigenetici sono di vari tipi, per esempio l'aggiunta di gruppi metilici (metilazione) o acetilici (acetilazione) al DNA può determinare una diversa risposta genica, che va dall'attivazione al silenziamento (fig. 4). fig.4 Meccanismo dell'acetilazione: il gruppo acetile è aggiunto a specifiche lisine istoniche grazie all'enzima acetiltransferasi istonica (HAT, histone acetyl transferase). Si riduce così la carica negativa degli istoni, rilassando la cromatina e facilitando l’accesso dei fattori di trascrizione. La reazione inversa è catalizzata dalla deacetilasi istonica (HDAC, histone deacetylase) che, rimuovendo i gruppi acetile, riduce i livelli di trascrizione del gene L'epigenetica ha un ruolo molto importante nei processi di sviluppo degli eucarioti pluricellulari, che sono dotati di cellule differenziate. Infatti, la morfogenesi si basa su processi epigenetici di attivazione o silenziamento dei geni, a seconda del destino della cellula. AMBIENTE CELLULARE L'ambiente interno di una cellula ha pure un importante ruolo nel determinarne la morfogenesi, e quindi il destino, grazie alla capacità di interagire con i prodotti dell'attività genica e con gli stessi geni, regolandone l'espressione. Si tratta di un argomento ancora non completamente noto, ma molto si sta facendo per migliorarne la conoscenza. Infatti, i processi coinvolti sono molti e complicati; per quanto riguarda i geni multipli, inoltre, ha grande importanza anche la sequenza temporale con la quale entrano in funzione. Come esempi dei meccanismi cellulari che hanno un ruolo nel determinare la morfogenesi, si può iniziare ricordando il fatto che la cellula staminale in via di differenziazione è in grado di comunicare con il proprio genoma grazie a una proteina chiamata YAP (Yes-associated protein). Infatti, gli stiramenti della cellula sul supporto tissutale in formazione determinano variazioni della sua pressione interna, che portano all'attivazione della proteina. Questa, tramite segnali biochimici, è in collegamento con il genoma e può modulare la trasformazione cellulare dirigendola verso il nuovo tessuto. D'altra parte, è noto che alcune proteine hanno un ruolo fondamentale nell'organizzare il citoscheletro, ossia la struttura che dà la forma alla cellula: si tratta sia di proteine che costituiscono il citoscheletro sia di enzimi che ne controllano la struttura tridimensionale. Altri esempi riguardano i fattori di crescita, ossia proteine rilasciate nello spazio extracellulare che possono agire sulla cellula stessa che le produce o sulle cellule vicine oppure a distanza (fig. 5). fig.5 I fattori di crescita più importanti Raggiunta la cellula bersaglio i fattori di crescita si legano a uno o più tipi di recettori presenti sulla superficie cellulare; questo è il segnale che determina la formazione, all'interno della cellula bersaglio, di molecole definite 'secondi messaggeri'. Questi ultimi controllano una serie di vie biochimiche all'interno della cellula regolando l'attività di enzimi e fattori di trascrizione. Le funzioni dei fattori di crescita sono numerose e tra queste vi sono la riorganizzazione del citoscheletro, con conseguente cambio di morfologia, e la regolazione dell'espressione genica, che porta alla definizione del fenotipo differenziato. Esistono diversi tipi di fattori di crescita, come l'NGF (nerve growth factor), molecola capace di stimolare la crescita delle fibre nervose e regolare la differenziazione neuronale di alcune cellule immature. L'attività dell'NGF si esplica interagendo con il corredo genetico, modulandone l'espressione (fig. 6). fig.6 Meccanismo di azione dell'NGF: il legame tra fattore di crescita e recettore determina in quest'ultimo una modificazione, con attivazione dell'enzima tirosinchinasi intrinseca all'interno del citoplasma. La fosforilazione (P) dei residui di tirosina porta all'associazione tra il recettore e una serie di proteine citoplasmatiche, alcune delle quali sono enzimi che iniziano una complessa cascata di eventi tali da indurre la cellula a proliferare o a differenziarsi Altro esempio di fattore di crescita è costituito dalla superfamiglia del TGF-β (transforming growth factor-β). Questi fattori esercitano molti effetti nel corso dell'embriogenesi animale, dall'induzione del mesoderma alla determinazione dell'asse destro-sinistro e antero-posteriore nell'embrione, alla morfogenesi dell'osso. A livello cellulare essi controllano processi quali proliferazione, sopravvivenza cellulare, cambi di morfologia e, infine, migrazione e differenziamento cellulare.