Introduzione al processo fotovoltaico e analisi dei materiali usati per

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Introduzione al processo fotovoltaico e analisi dei
materiali usati per dispositivi fotovoltaici
Attività svolta nell’ambito del progetto FSE Ob.3 Misura D4: Applicazione di materiali nanostrutturati
nel campo dell’energia fotovoltaica: analisi dello stato dell’arte, modellizzazione di un dispositivo tipo
ed elaborazione di una metodologia efficace per la diffusione dei risultati di attività di ricerca verso le
imprese.
dott. mag. Giorgio Ruaro
Dipartimento di Scienze Chimiche
Università degli Studi di Padova
Via Marzolo 1, Padova
Laureato Magistrale
in Scienza e Ingegneria dei Materiali,
allievo del progetto FSE D4
e-mail: [email protected]
I. I L PROBLEMA ENERGETICO
I dieci problemi principali dell’umanità nei prossimi 50
anni. 1
• Energia
• Acqua
• Cibo
• Ambiente
• Povertà
• Terrorismo e guerra
• Malattie
• Educazione
• Democrazia
• Popolazione
– Nel 2003 6.3 miliardi di persone
– Nel 2050 8-10 miliardi di persone
L’energia si può considerare come il motore dello sviluppo
tecnologico, economico e sociale di un paese e il petrolio è
stato e continua ad essere la fonte principale di produzione
energetica. Col passare degli anni però si è notato che esso,
insieme a rame, ferro, gas naturale e a tutte le altre materie
prime, esiste in quantità limitata ed è quindi esauribile. Nonostante ciò, l’uomo sta dissipando un patrimonio naturale con
incredibile rapidità.
Come soluzione a questa crisi le società industrializzate,
maggiori consumatrici di energia, hanno sperimentato forme di
risparmio energetico mediante un razionale e oculato consumo
delle risorse conosciute, ed hanno cercato nuove forme di
energia illimitata.
La produzione di energia ha avuto inoltre effetti importanti
nelle modifiche del territorio e delle condizioni ambientali.
Questo ha provocato un maggiore interesse verso le fonti
di energia rinnovabili, pulite e presenti in grande quantità.
1 Richard
Smalley, Premio Nobel nel 2003/2004
BEP s.r.l. Consulting
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L’energia solare soddisfa tutte queste esigenze ma a causa del
costo elevato dei sistemi di conversione che occorre utilizzare,
il suo impiego non è ancora diffuso su larga scala e l’obiettivo
della ricerca scientifica è quello di mettere a punto tecnologie
che garantiscano un’elevata efficienza con un basso costo
economico.
La tecnologia nel campo dell’energia solare consente di convertire direttamente tale energia in energia elettrica, questa conversione avviene in un dispositivo, chiamato cella fotovoltaica, costituito da una sottile fetta di materiale
semiconduttore. I vantaggi dell’ energia solare sono:
• assenza di uso di combustibili, e quindi di conseguenti
problemi legati al loro acquisto, trasporto e stoccaggio;
• assenza di emissione chimica, termica ed acustica;
• assenza di effetti sul riscaldamento globale della Terra o
sulle piogge acide;
• assenza di rischio radioattivo;
• reperibilità illimitata;
• lunga durata;
• facilità di manutenzione delle celle fotovoltaiche;
Gli svantaggi sono:
• elevato costo iniziale della cella fotovoltaica, con
conseguenti lunghi tempi di ammortamento.
• tossicità di alcuni elementi chimici usati per la tecnologia
dell’uso dell’energia solare.
• inquinamento indiretto causato dai processi di produzione dei componenti di una cella fotovoltaica: moduli
fotovoltaici, cavi, strutture, etc.
• basso rendimento.
• elevato impatto visivo degli impianti utilizzati ed elevata
occupazione del territorio.
II. C ELLE FOTOVOLTAICHE
Le celle fotovoltaiche sono dispositivi che permettono la
conversione dell’energia luminosa in energia elettrica. La
classica cella fotovoltaica è costituita da un elettrodo di rame
o ferro a contatto con uno strato di materiale semiconduttore,
a sua volta ricoperto da una pellicola di argento sottile e
trasparente che funge da secondo elettrodo o elettrodo collettore. L’intero sistema è protetto da un rivestimento trasparente. Quando una radiazione di energia sufficiente è assorbita
dal semiconduttore, si originano coppie elettrone-lacuna; gli
elettroni migrano verso la pellicola di argento e le lacune
verso l’altro elettrodo, originando il passaggio di corrente. Se
la resistenza del circuito esterno è abbastanza bassa (< 400Ω),
la fotocorrente è direttamente proporzionale alla potenza della
radiazione che arriva sulla cella.
Le celle convenzionali convertono la luce in elettricità sfruttando l’effetto fotovoltaico. Quest’ultimo esplica
contemporaneamente due funzioni:
• Assorbimento della radiazione luminosa;
• Separazione delle cariche elettriche che si formano in
seguito all’assorbimento.
Per evitare l’immediata ricombinazione degli elettroni e delle
lacune, i semiconduttori impiegati devono essere di elevata
purezza ed esenti da difetti.
Un approccio che si sta sviluppando in particolare nell’ultimo
decennio è quello che utilizza celle fotovoltaiche costituite
da polimeri organici semiconduttori. Il vantaggio di questo
sistema è quello della facilità di fabbricazione e del loro basso
costo.
Questi dispositivi nanostrutturati sono particolarmente indicati
per la costruzione di celle fotovoltaiche per le caratteristiche
proprietà che li distinguono:
• Elevatissima area superficiale;
• Confinamento quantico;
• Agevole percolazione dei portatori di carica lungo le
catene polimeriche costituenti i film;
Polimeri coniugati, come l’MEH-PPV (poli[(2-metossi-5etilesilossi)-p-fenilenevinilene]), sono stati oggetto di numerosi studi per le particolari proprietà che ne determinano
l’impiego nel campo dell’optoelettronica. Si è visto però come,
utilizzando celle fotovoltaiche costituite da solo polimero, si
ottengono densità di correnti due ordini di grandezza più basse
rispetto all’utilizzo di strutture ibride. Si è, quindi, pensato
di costruire etero-giunzioni semiconduttore nanocristallino/
polimero coniugato per poter migliorare l’efficienza dei dispositivi. Inoltre, etero-giunzioni disperse o blend, essendo
caratterizzate da un numero notevole di interfacce, portano
ad un miglioramento della separazione e del trasferimento di
carica nei dispositivi.
III. S TRUTTURA ELETTRONICA DEI SEMICONDUTTORI
In un solido cristallino, i livelli energetici che possono
assumere gli elettroni periferici sono raggruppati in bande di
energia. Solo in certe bande è possibile trovare elettroni.
Per le proprietà che studiamo sono importanti due bande:
• la “banda di valenza”, caratterizzata dai livelli energetici
che gli elettroni assumono nell’orbita più esterna degli
atomi che formano il solido (elettroni di valenza);
•
la “banda di conduzione” che raggruppa i primi livelli
energetici non occupati e che sono coinvolti nel fenomeno
della conduzione.
Tra queste due bande vi è una regione di energia detta banda
proibita, in cui non vi sono livelli energetici permessi agli
elettroni. La larghezza della banda proibita, detta energy gap,
è una caratteristica molto importante del semiconduttore, e si
denota di solito con Eg (Eg = Ec −Ev ). La distribuzione degli
elettroni fra le varie bande di energia consentita determina le
caratteristiche elettriche dei materiali. Nella banda di valenza
gli elettroni occupano di solito tutti gli stati a disposizione e
questo impedisce loro di contribuire alla conduzione. Elettroni
che occupassero i livelli energetici della banda di conduzione,
hanno a disposizione stati energetici che consentono loro di
muoversi in presenza di un campo elettrico, e perciò possono
contribuire alla conduzione elettrica. Secondo questo modello,
allo zero assoluto tutti gli elettroni si troverebbero nella banda
di valenza. All’aumentare della temperatura, cioè dell’energia
termica, alcuni elettroni potrebbero avere energie che consentono loro di superare il gap energetico tra banda di valenza
e di conduzione. Naturalmente questo processo si intensifica
all’aumentare della temperatura. In Fig. 1(a) viene visualizzata
una rappresentazione schematica atomica e a bande di energia
per tre classi di solidi (metalli, isolanti e semiconduttori). Gli
elementi conduttori hanno la caratteristica di non avere una
banda proibita e gli elettroni sono liberi di muoversi. Altri
elementi presentano una banda proibita molto larga (4-5 eV,
ma anche 10 eV) che, a temperatura ambiente, non permette
l’esistenza di elettroni sulla banda di conduzione. Per questo
motivo vengono definiti isolanti. Per i semiconduttori la banda
proibita è dell’ordine di 1-1.5 eV. È possibile, dunque, in
questo caso che un elettrone di valenza, ricevuta un’opportuna
quantità di energia, salti con una certa facilità nella banda di
conduzione, dove è poi libero di muoversi sotto l’azione di un
eventuale campo elettrico applicato.
La lacuna lasciata nella banda di valenza dall’elettrone passato
alla banda di conduzione può essere considerata a tutti gli effetti una carica positiva e anch’essa potrà muoversi liberamente
in presenza di un campo elettrico.
Nei semiconduttori, dunque, partecipano al fenomeno della
conduzione elettrica sia gli elettroni nella banda di conduzione,
sia le lacune nella banda di valenza. In questo caso la concentrazione delle cariche negative (elettroni di conduzione)
è pari alla concentrazione delle cariche positive (lacune di
conduzione) ed è detta concentrazione di portatori intrinseci
ni . Guardando ai legami di ogni singolo atomo di un solido si può dire che nei semiconduttori intrinseci, cioè non
drogati, gli elettroni e le lacune di conduzione si formano
solo se dei legami si indeboliscono e, usando le proprietà
del diagramma a bande, l’energia richiesta corrisponde alla
larghezza della banda proibita Eg . Dati sperimentali dimostrano che la concentrazione di portatori intrinseci ni aumenta
molto rapidamente con l’aumentare della temperatura e che,
per una data temperatura, ni diminuisce molto rapidamente
all’aumentare di Eg . La dipendenza della concentrazione di
(a)
(b)
Figura 1. (a)Rappresentazione schematica di (a) bande di energia per un conduttore, un isolante e un semiconduttore intrinseco e (b) di legami di valenza:
a) in un cristallo di silicio puro; b) in un cristallo di silicio drogato di tipo “n”; c) in un cristallo di silicio drogato di tipo “p”.
portatori intrinseci da Eg e dalla temperatura segue la seguente
relazione:
ni ∝ exp[−Ea /kB T ]
(1)
dove l’energia di attivazione Ea è circa pari a Eg /2, kB =
1.38·10−23 J/K è la costante di Boltzman e T è la temperatura
assoluta. A 300 K, la concentrazione di portatori intrinseci
nel silicio è pari a 1.5 · 1010 cm−3 ; nell’arseniuro di gallio
ni = 1.8 · 106 cm−3 .
A. Drogaggio di semiconduttori
Aggiungendo al cristallo delle specie droganti, cioè atomi
estrnei alla struttura del solido, si può rendere il semiconduttore ricco di elettroni nella banda di conduzione o di lacune
nella banda di valenza. In questo caso si parla rispettivamente
di semiconduttori estrinseci di tipo “n” e di tipo “p” e la
conduzione è dovuta alla presenza dei droganti. Prendendo
in considerazione i cristalli di silicio drogati con materiali
quali fosforo e boro, dal modello riportato in Fig. 1(b) si
può notare come il fosforo, inserito nel reticolo cristallino,
apporta un elettrone in più mentre il boro presenta un elettrone
in meno. Il fosforo appartiene al quinto gruppo del sistema
periodico degli elementi e i suoi atomi, rispetto al silicio sono
dei donatori. Il boro appartiene invece al terzo gruppo del
sistema periodico degli elementi e i suoi atomi sono, rispetto
al silicio, degli accettori. Le capacità del fosforo di essere
un donatore si può far risalire al fatto che la sua energia di
ionizzazione nel silicio è molto più piccola dell’energia da
fornire al silicio per permettere ad un elettrone di passare nella
banda di conduzione superando la banda proibita. Analoghe
considerazioni si possono fare per il semiconduttore drogato
con boro. In Fig. 2(a) è rappresentato il diagramma a bande e
la distribuzione elettroni-lacune per un semiconduttore intrinseco, un semiconduttore drogato di tipo “n ” e uno drogato di
tipo “p”.
B. Funzione di distribuzione di Fermi-Dirac
La probabilità che un elettrone in un solido occupi uno stato
elettronico con energia E è data dalla funzione di distribuzione
di Fermi-Dirac:
1
f (E) =
(2)
1 + exp [(E − EF )/kB T ]
dove kB è la costante di Boltzman , T è la temperatura
assoluta, mentre il parametro EF , detto livello energetico di
Fermi, è quell’energia alla quale la probabilità che un elettrone
occupi tale stato energetico è pari a 1/2 nel caso in cui tale
energia corrisponde ad un livello possibile per il sistema.
In un semiconduttore intrinseco il numero degli stati energetici
è circa lo stesso per le due bande di valenza e di conduzione,
inoltre il numero di elettroni nella banda di conduzione è pari
al numero delle lacune nella banda di valenza. Ciò significa
che, essendo la funzione di Fermi-Dirac simmetrica rispetto al
livello di Fermi, EF deve trovarsi a metà della banda proibita
(Fig. 2(b)).
Nell’operazione di drogaggio con atomi di tipo “n” , si aumenta la concentrazione di elettroni nella banda di conduzione che,
però, ha la stessa densità di stati energetici del semiconduttore
di partenza.
Si registra, quindi, un aumento del livello energetico di Fermi
e con questo uno spostamento verso l’alto dell’intera funzione
di distribuzione. Nel caso di semiconduttore di tipo “p”, EF
e la funzione di distribuzione si spostano verso il basso.
In Fig. 3 è riportato il diagramma a bande per il silicio e il
relativo livello energetico di Fermi per diverse concentrazioni
di drogante in funzione della temperatura, che È importante
ricordare che in condizioni di equilibrio termodinamico, due
semiconduttori, uno di tipo “p ” e l’altro di tipo “n”, posti a
contatto, assumono lo stesso livello energetico di Fermi.
C. Giunzioni di semiconduttori
La conversione della radiazione solare in energia elettrica
avviene sfruttando l’effetto indotto da un flusso di fotoni che
(a)
(b)
Figura 2. Diagramma a bande e distribuzione elettroni-lacune nei semiconduttori. (b) Funzione di distribuzione di Fermi-Dirac (f (E))per un semiconduttore
intrinseco, estrinseco di tipo “n” ed estrinseco di tipo “p”. Con EF viene indicato il livello di Fermi.
Figura 4. Diagramma di formazione della giunzione p-n con la struttura a
bande risultante.
Figura 3. Livello di Fermi nel silicio in funzione della temperatura per
diverse concentrazioni di drogante.
incide su una regione in cui è presente un campo elettrico in
grado di separare le cariche elettriche che si producono.
Tale regione può instaurarsi nelle seguenti strutture:
• omogiunzioni o giunzioni p-n;
• strutture metallo-semiconduttore o barriera di Schottky;
• strutture metallo-isolante-semiconduttore (MIS);
• eterogiunzioni ottenute accoppiando due semiconduttori
dissimili.
Per semplicità si farà riferimento alle giunzioni p-n, il metodo
più comunemente usato per creare un campo elettrico interno.
Se un materiale semiconduttore (per esempio silicio) incorpora
su un lato atomi droganti di tipo “p ” (boro) e sull’altro
atomi di tipo “n ”(fosforo) si ha la formazione della giunzione,
perché i due strati di materiale, in origine elettricamente neutri,
attraverso il contatto danno luogo ad un campo elettrico. Infatti, a causa del gradiente di concentrazione di carica nei pressi
della giunzione, si ha contemporaneamente una diffusione di
elettroni in “p” e di lacune in “n”. La corrente di diffusione
origina una barriera di potenziale tra le due regioni caricandosi
“p” negativamente e “n ” positivamente (Fig. 4). La differenza
di potenziale che nasce, detta di diffusione, tende ad opporsi al
moto delle cariche e si giunge ad una condizione di equilibrio
elettrostatico, funzione del tipo di giunzione e della mobilità di
elettroni e lacune. Per effetto dei flussi opposti delle cariche, i
livelli di energia delle bande di valenza e di conduzione della
regione drogata con atomi di tipo “p” si innalzano rispetto a
quelli nel materiale “n”, poiché il livello di energia di Fermi,
che originariamente era più alto nel materiale di tipo n, deve
rimanere costante attraverso la giunzione in condizione di
equilibrio termodinamico. Il risultato è una distorsione delle
bande lungo la giunzione. Il campo elettrico interno produce
l’effetto diodo: la Fig. 5 mostra il diagramma a bande di
una giunzione p-n in equilibrio e quando viene applicata una
tensione esterna al diodo. Senza alcuna tensione applicata,
non si ha corrente attraverso la giunzione. Se attraverso la
giunzione si applica una differenza di potenziale in condizione
di polarizzazione diretta, il campo elettrico si annulla e si ha
un aumento esponenziale della corrente; se invece attraverso la
giunzione si applica una differenza di potenziale in condizione
di polarizzazione inversa, il campo elettrico interno diventa
più intenso e non si ha passaggio di corrente (eccezion fatta
per quei pochi elettroni che, eccitati termicamente, riescono a
superare la barriera costituita dalla giunzione e dalla tensione
applicata).
Figura 5. Corrente elettrica in una giunzione p-n con tensione imposta
dall’esterno e caratteristica I-V di un diodo.
La giunzione agisce pertanto da diodo.
In termini matematici, la caratteristica I-V di un diodo è data
dall’equazione:
I = I0 [exp (qV /kB T ) − 1]
(3)
dove I è l’intensità di corrente, V è la tensione, kB è la
costante di Boltzmann, q è la carica di un elettrone e T è la
temperatura assoluta. La curva caratteristica I-V di un diodo
è presentata in Fig. 5. Per creare lavoro però non è sufficiente
una differenza di potenziale; ci deve essere un passaggio di
corrente.
D. Assorbimento della radiazione luminosa da parte di un
semiconduttore
Il valore di energia di un fotone, cioè del “pacchetto”
elementare di energia luminosa, è definito dall’espressione
E = hν
(4)
−34
dove h è la costante di Plank (h = 6.626 · 10
J s) e ν
è la frequenza. Essendo la frequenza data dal rapporto tra
la velocità di propagazione c e la lunghezza d’onda λ, si ha
che l’energia di un fotone è inversamente proporzionale alla
lunghezza d’onda. Infatti, essendo 1 eV= 1.6·10−19 J e usando
λ in metri, si ottiene:
1, 2 · 10−6
E(eV ) =
λ
(5)
dove si è posto posto c = 2.998 · 108 m/s (velocità di
propagazione della luce nel vuoto). In una giornata con cielo
limpido, circa 4.4·1017 fotoni incidono un centimetro quadrato
della superficie terrestre ogni secondo. Solo alcuni di questi
fotoni, quelli con energia superiore al gap di energia della
banda proibita, possono essere convertiti in energia elettrica
dalla cella solare. Quando uno di questi fotoni raggiunge
il semiconduttore, esso può essere assorbito e far passare
un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione
(Fig. 6). Poiché rimane una lacuna nella banda di valenza,
il processo di assorbimento genera coppie elettrone-lacuna.
Per la natura del fenomeno che si è appena visto, ogni
semiconduttore può convertire solo una parte dello spettro
solare. Dalla stessa Fig. 6 si comprende anche che una parte
dell’energia del fotone incidente viene persa nel processo
Figura 6.
Generazione della coppia elettrone-lacuna per effetto della luce.
di assorbimento. Infatti, tutte le coppie elettrone-lacuna che
vengono generate hanno in pratica energia superiore all’energy
gap. Immediatamente dopo la loro creazione, elettrone e
lacuna decadono a stati energetici prossimi agli estremi delle
rispettive bande (di conduzione e di valenza).
L’energia in eccesso viene dissipata in calore e non può
essere convertita in potenza utile. Questo rappresenta uno dei
meccanismi di perdita fondamentali in una cella solare.
Si può fare una stima approssimativa dell’entità di potenza
elettrica che può essere prodotta. Trascurando le perdite,
ciascun fotone contribuisce con la carica di un elettrone alla
generazione di corrente. La corrente elettrica quindi diviene
uguale a:
IL = qN A
(6)
dove N è il numero di fotoni avente energia superiore
all’energy gap, A è l’area superficiale del semiconduttore
esposto alla luce, q è la carica dell’elettrone. Si può così
determinare la densità di corrente corrispondente allo spettro
terrestre:
JL = IL /A = 1.6 · 10−19 × 4.4 · 1017 = 70mA/cm2
(7)
Una cella solare al silicio può convertire al massimo 44
mA/cm2 .
Per quanto riguarda la tensione che può generare una cella
solare, si può dare un valore limite superiore, in quanto tale
tensione non può superare
V = Eg /q
(8)
Come si vede, il massimo valore della tensione in volts è
numericamente uguale al valore dell’energy gap espresso in
eV. Sebbene la tensione effettivamente raggiunta nella pratica
sia considerevolmente più bassa di questo limite teorico,
l’espressione sopra mostra che i semiconduttori con banda
proibita più ampia producono in genere una tensione più alta.
IV. L A CELLA SOLARE
Una cella solare è costituita, nella configurazione esemplificata in Fig. 7, dalla giunzione tra un materiale semiconduttore di tipo “p” e uno di tipo “n” che produce un campo
Figura 8.
Giunzione p-n illuminata: campo elettrico interno e separazione delle coppie elettrone-lacuna create dall’assorbimento di fotoni.
A. Caratteristiche elettriche della cella solare
La caratteristica I-V di una cella solare può essere ottenuta
disegnando un circuito equivalente del dispositivo (Fig. 9(a)).
La generazione di corrente IL per effetto della radiazione
luminosa è rappresentato da un generatore di corrente in
parallelo con un diodo che rappresenta la giunzione p-n. La
corrente risultante I è quindi uguale alla differenza tra la
corrente generata dalla luce IL e la corrente del diodo ID :
I = IL − ID = IL − I0 [exp (qV /kB T ) − 1]
Figura 7.
Schema di una cella solare.
La curva caratteristica I-V e la sua relazione con la caratteristica del diodo sono indicate nella stessa Fig. . Nel circuito
equivalente di Fig. 9(a), Rc simboleggia la resistenza di carico
mentre RS tiene conto della resistenza ohmica nei contatti
di metallo e nel materiale semiconduttore e delle perdite
elettriche nel collegamento metallo-semiconduttore. Volendo
tener conto di RS , l’espressione di I diventa:
I = IL − I0 [exp (q(V − IRS )/kB T ) − 1]
elettrico interno in grado di separare le cariche elettriche
create dall’assorbimento della radiazione luminosa. La Fig. 8
mostra il diagramma a bande della giunzione raggiunta dalla
radiazione luminosa: ogni fotone dotato di energia sufficiente,
sulla base della relazione E = h · ν = h · c/λ , è in grado
di liberare una coppia elettrone-lacuna. Sotto l’influenza del
campo elettrico esistente, le due cariche libere si sposteranno
in direzioni opposte,verso il materiale cui corrisponde loro lo
stato di energia più basso: l’elettrone che in prossimità della
giunzione ha ricevuto dal flusso luminoso energia sufficiente
per passare dalla banda di valenza a quella di conduzione,
cioè una E > Eg (Eg = energy gap, dipende dal tipo di
semiconduttore impiegato), migrerà verso “n”; un analogo
spostamento interesserà le lacune di conduzione.
Il flusso elettronico unidirezionale così originato, in caso di
connessione del dispositivo con conduttori all’interno di un
circuito chiuso, si traduce in energia elettrica.
(9)
(10)
Nella Fig. 10 è riportata, per un determinato valore dell’irraggiamento, la caratteristica I-V di una cella. La corrente di
corto circuito ISC è la massima corrente generata dalla luce;
infatti in condizioni di corto circuito il diodo non assorbe
corrente quindi IL = I. A circuito aperto, invece, si ha la
massima tensione VOC ai capi della cella, corrispondente a
quella tensione per cui la corrente risultante in uscita è nulla.
La condizione di lavoro ottimale della cella è rappresentata
dal punto della curva caratteristica di generazione tensionecorrente in corrispondenza del quale il prodotto I · V , che
esprime la potenza elettrica ottenibile a parità di altre condizioni, risulta massimo (Pmax = Imax · Vmax ). Questo punto
di massima potenza è un parametro importante per individuare
il livello di prestazione della singola cella.
Per poter paragonare tra loro le prestazioni dei diversi dispositivi, indipendentemente dalle specifiche peculiarità del sito in
cui andranno ad operare, si è convenuto internazionalmente
(a) Circuito equivalente
Figura 9.
(b) I-V
a. Circuito equivalente di una cella fotovoltaica. b. Curva caratteristica I-V di una cella solare confrontata con quella di un diodo.
radiazione solare incidente sulla cella stessa:
η = Vmax Imax /Pi
(11)
Al variare dello spettro della radiazione solare che effettivamente incide sulla cella e, varia il valore del rendimento. Nel
caso, ad esempio, di applicazioni spaziali si fa riferimento alla
curva AM0. A livello terrestre, per avere precisi termini di
riferimento, poiché η dipende dalle condizioni al contorno,
si definisce l’efficienza nominale della cella, misurata in
condizioni standard di riferimento (ST C), come:
η = PST C /(IST C A)
Figura 10. Curva caratteristica tensione-corrente di una cella solare e punto
di massima potenza.
di fissare come condizioni di riferimento una temperatura
alla giunzione di 25◦ C, un irraggiamento monocromatico di
1000W/m2 e uno spettro della radiazione solare pari a quello
che si ha per AM 1.5 definita dalla norma IEC 60904-3.
La potenza nominale del dispositivo Pn , misurata in watt di
picco (Wp), non è altro che il valore di Pmax misurato nelle
condizioni di riferimento.
Per una comune cella al silicio, il punto di massima potenza
in condizioni standard di riferimento corrisponde ad una differenza di potenziale di circa 0.5 V. Anche il rapporto tra Pmax
e ISC · VOC , detto fill-factor (F F ) o fattore di riempimento
della cella, è un ulteriore termine di giudizio sul rendimento
della cella. Questo mette in relazione la massima potenza
effettivamente estraibile con la potenza massima ideale. Per
le usuali celle al silicio cristallino il fill-factor in condizioni
standard di riferimento si aggira attorno a 0.75-0.80.
B. Rendimento di conversione
Si definisce rendimento di conversione il rapporto tra la
massima potenza elettrica generata dalla cella e quella della
(12)
dove PST C è la massima potenza in Wp producibile dalla
cella in condizioni standard (ST C) ed è quindi la potenza
nominale, IST C indica l’irraggiamento in condizioni standard
e A rappresenta l’area della cella in m2 .
La scelta del materiale utilizzato (e quindi dell’entità dell’ampiezza della banda proibita Eg ) si riflette sul rendimento.
Per esempio, nel caso dei semiconduttori, avere Eg elevata significa avere un minor numero di fotoni dello spettro solare con
E > Eg e, conseguentemente, una diminuzione della corrente
di corto circuito ISC ; nello stesso tempo, però, al diminuire
di Eg diminuisce anche il valore della tensione a vuoto VOC ,
pari a circa la metà dell’ampiezza della banda proibita. La
Fig. 11 mostra l’efficienza ideale di celle fotovoltaiche a
giunzioni p-n. L’efficienza ideale è ottenuta supponendo nulle
tutte le perdite dipendenti da fattori tecnologici (riflessione,
ombreggiatura, ecc.) e considerando solo le limitazioni dovute
a fattori fisici del processo fotovoltaico. Il valore massimo
di questo parametro si riscontra per un’ampiezza della banda
proibita compresa tra 1.4 e 1.8 eV e quindi materiali come
l’arseniuro di gallio (GaAs) e il telluluro di cadmio (CdTe)
sono potenzialmente più promettenti del silicio.
Le linee corrispondenti ai vari semiconduttori sono inclinate
rispetto alla verticale in quanto Eg varia con la temperatura.
C. Effetti della temperatura e dell’irraggiamento
La curva caratteristica I-V di una specifica cella fotovoltaica
posta in un particolare contesto dipende, sostanzialmente, da
tre variabili fondamentali:
• intensità della radiazione incidente su essa;
Figura 11. A sinistra, irradiazione monocromatica di riferimento per applicazioni terrestri (AM1.5) e applicazioni in orbita Terrestre Bassa (AM0). A destra,
rendimento limite di conversione in funzione della banda proibita Eg , per diversi valori della temperatura assoluta.
temperatura alla giunzione;
area della cella.
Variando le condizioni di irraggiamento solare e mantenendo
costanti le altre condizioni di funzionamento, la curva caratteristica di una cella fotovoltaica di silicio cristallino si modifica
come in Fig. 12. Si può notare che mentre la corrente ISC (e
quindi anche la Imax ) è molto sensibile alla radiazione solare
essendo proporzionale al numero di fotoni al secondo che
incidono sulla superficie della cella, l’unico modo per evitare
la presenza di tensione ai morsetti di un generatore fotovoltaico
consiste nell’oscurarne totalmente la superficie captante, in
quanto VOC (e quindi Vmax ) presentano valori prossimi a
quello massimo anche a bassissimi valori di radiazione solare.
L’efficienza di conversione dipende anche dalla temperatura
della cella Tc , come si può vedere in Fig. . In una cella di
silicio monocristallino, all’aumento della temperatura di giunzione corrisponde una diminuzione della tensione a circuito
aperto di circa 2.3 mV/◦ C e, congiuntamente, un aumento della
corrente di cortocircuito pari a circa lo 0.07%/◦ C.
Questi due fenomeni, anche se di segno opposto, si traducono
in una diminuzione dell’area sottostante la curva caratteristica
intorno al 6-7% per ogni aumento di 10 ◦ C della temperatura
delle celle. Ciò comporta una diminuzione del rendimento di
conversione di 0.4% per ogni grado di aumento della Tc .
L’area della cella, infine, non influenza il valore della tensione,
ma esiste invece una sua proporzionalità diretta con la corrente
generata.
•
•
D. Perdite energetiche
Se si utilizza come semiconduttore il silicio, per liberare una
coppia elettrone-lacuna è necessaria un’energia corrispondente
ad una lunghezza d’onda massima per la radiazione luminosa
di 1.15 µm. La frazione eccedente questo limite (collocata
dunque nella banda dell’infrarosso), avente cioè lunghezza
d’onda maggiore e quindi energia insufficiente, corrisponde
a circa il 25% dell’energia complessivamente contenuta nello
spettro solare. Il rimanente 75% risulta pertanto in grado di
liberare coppie elettrone-lacuna.
Tuttavia, anche i fotoni con troppa energia vengono utilizzati
solo parzialmente: in questo caso essi vengono assorbiti, ma
la frazione di energia in eccesso rispetto al valore di soglia
necessario per l’assorbimento viene convertita in calore e
va quindi perduta dal punto di vista elettrico. Questi fotoni
corrispondono alla porzione di radiazione solare caratterizzata
da lunghezze d’onda inferiori a 400 nm e collocata, quindi,
nella banda dell’ultravioletto. Ne segue che, con il silicio,
la percentuale di energia solare che è teoricamente possibile
convertire in energia elettrica non supera il 44% circa. Il
rendimento delle celle fotovoltaiche in silicio, anche nelle
prove in laboratorio, è tuttavia molto distante da questo valore.
In Fig. 15 si vede come le costanti di assorbimento di diversi
semiconduttori varia notevolmente in funzione della lunghezza
d’onda e perciò spessori diversi sono necessari 15 per ottenere
un buon grado di assorbimento. Altri fattori, però, determinano
l’efficienza di una cella fotovoltaica. Altri fotoni, vengono
invece intercettati dall’elettrodo frontale che deve realizzare un
buon contatto ed oscurare il meno possibile la superficie della
cella esposta alla luce. Il problema della riflessione, che per
il silicio interessa il 30-40% dei fotoni, può essere fortemente
limitato dall’utilizzo di film antiriflettenti di SiO2 o TiO2 che
vengono depositati direttamente sulla superficie.
La dispersione per riflessione può essere ridotta ulteriormente
corrugando la superficie della cella con asperità come per
esempio asperità a forma di tetraedri delle dimensioni da
1 a 5µm. un problema presente nelle celle è che alcune
(a)
(b)
Figura 12. (a) Variazione della curva caratteristica in funzione della radiazione incidente. (b) Variazione della curva caratteristica in funzione della temperatura.
(a)
Figura 14.
(b)
(a) Costante di assorbimento per vari materiali semiconduttori. (b)
coppie elettrone-lacuna si ricombinano prima di venir separate
dal campo elettrico interno alla giunzione. Queste perdite
dipendono principalmente dal grado di purezza del silicio
utilizzato. La distanza che le cariche possono percorrere prima
di ricombinarsi è detta “lunghezza di diffusione”. È chiaro
che coppie create distanti dalla giunzione in una cella in
cui i materiali sono di scarsa qualità hanno una maggiore
probabilità di ricombinarsi piuttosto che di diffondere fino
alla giunzione, venir separate dal campo elettrico ivi esistente
e rendere, quindi, disponibile ai morsetti una differenza di
potenziale che fa circolare la corrente nel circuito esterno.
Parte dell’energia potenziale delle coppie elettrone-lacuna che
vengono separate risulta inefficace ai fini della conversione in
elettricità e viene persa.
Si definisce “efficienza di raccolta delle cariche” il rapporto
fra il numero di cariche separate dalla giunzione e il numero
di fotoni che colpiscono la cella. Per poter raccogliere il
maggior numero di cariche generate, la giunzione deve essere posizionata in maniera accurata. Infatti materiali diversi
presentano differenti proprietà di assorbimento della luce.
Alcuni semiconduttori sono buoni assorbitori di luce e possono
assorbire tutta la radiazione con energia superiore all’energy
gap in uno strato di pochi micrometri di spessore. Questi
conduttori sono detti a gap diretto (ad esempio GaAs). In
altri semiconduttori, detti a gap indiretto, come il silicio, il
processo di assorbimento è più complicato.
Figura 16. Proprietà di assorbimento della luce di materiali semiconduttori a
gap diretto e a gap indiretto: frazione della radiazione con E > Eg assorbita
in funzione dello spessore.
In Fig. 16 sono riportati gli andamenti della costante di
estinzione o di assorbimento per vari materiali semiconduttori in funzione della lunghezza d’onda. Tale costante di
assorbimento α [cm−1 ] è definita dalla relazione
Figura 13. Perdite di potenza in celle solari al silicio. I valori sono dati per
centimetro quadrato di cella già disponibile sul mercato e, tra parentesi, di
cella di laboratorio.
coef f.diassorbimento = 1 − exp (−αs)
(13)
dove s è lo spessore di materiale. Come si vede in Fig. 16 il
silicio presenta una grande variabilità della costante di assorbimento: nel campo delle lunghezze d’onda dello spettro solare,
le cariche sono generate estremamente vicino alla superficie
della cella nella regione dell’ultravioletto, mentre risultano
a una maggiore profondità nella regione dell’infrarosso. La
soluzione di compromesso prevede una giunzione posta molto
vicino alla superficie della cella (generalmente alla profondità
di 0.1−0.2µm) e un materiale sottostante molto puro per poter
avere elevati valori della lunghezza di diffusione del materiale
e dunque la possibilità di usufruire contemporaneamente anche
delle cariche generate nella regione dove la lunghezza d’onda
è elevata.
V. F OTOVOLTAICO A CONCENTRAZIONE
Figura 15.
Costante di assorbimento per vari materiali semiconduttori.
Una tecnologia che sembra vicina ad un salto innovativo è
il fotovoltaico a concentrazione.
Focalizzando con un insieme di specchi piani e lenti la
luce incidente di un’ampia superficie su una piccola superficie
ricoperta da celle solari ad alta/altissima efficienza, si può
arrivare a concentrare l’energia luminosa del sole fino a 1000
volte (vedi figura 17). La piccola area coinvolta può essere
equipaggiata con materiale costituito da semiconduttori tipo
III-V (tipo multigiunzioni fatte con Arseniuro di Gallio) caratterizzati da efficienze registrate attorno al 30% e in laboratorio
anche del 40%. I concentratori permettono di ridurre notevolmente la quantità di materiale semiconduttore necessaria. I due
principali svantaggi di questa tecnologia a concentrazione sono
costituiti dal fatto che non possono essere utilizzati con luce
solare diffusa e che devono necessariamente sempre essere
Figura 18.
Coniugazione della catena polimerica.
superiore ai 450). Oltre al Cesi, è stato coinvolto il Crp, Centro
Ricerche Plastoottiche di Amaro (UD) e l’Istituto nazionale di
ottica applicata di Firenze. L’aspetto chiave della tecnologia
è la realizzazione di una lente a concentrazione perfettamente
allineata sulla cella, ma che abbia anche un basso costo di
produzione[10].
VI. C ELLE FOTOVOLTAICHE ORGANICHE
Figura 17.
Sistema fotovoltaico a concentrazione dotato di sistema di
inseguimento del sole a due assi[9]
rivolti verso il sole con un sistema di inseguimento del sole
(sun tracking )che permettono il movimento della cella su uno
o due assi (Heliostat Concentrator Photovoltaics, HCVP ).
Lo scorso 5 dicembre il Dipartimento dell’Energia (DOE)
degli Stati Uniti ha annunciato il superamento della barriera
del 40%, in termini di efficienza di conversione di luce solare
in elettricità, grazie a celle fotovoltaiche della BoeingSpectrolabs integrate a speciali lenti, capaci di concentrare la luce e
inviarla sulla piastrina alla massima intensità.
Il 40% di efficienza potrebbe comunque essere solo un
passo intermedio. Entro 5 anni alcuni esperti prevedono che
si potranno ottenere celle a concentrazione anche al 60-70%,
con costi molto più bassi di quelli odierni.
Anche in Italia, tra il laboratorio di ricerca della Edison
(il secondo gestore elettrico) di Trofarello (TO), il Cesi di
Milano e due istituti (il Crp di Udine e l’Inoa di Firenze)
stanno lavorando in questa direzione.
Alla base della tecnologia, come nel caso Spectrolabs-Doe,
ci sono le celle fotovoltaiche multigiunzione: chip particolarmente complessi (tre strati sovrapposti con arseniuro di
gallio, silicio e germanio) capaci di catturare e trasformare
in elettricità più segmenti dello spettro luminoso (a differenza
delle celle in silicio o in film sottile che ne catturano soltanto
uno), e quindi più efficienti. Lo svantaggio è il loro costo
elevato, proporzionale alla complessità produttiva.
I produttori di celle multigiunzione (finora impiegate prevalentemente sui satelliti) sono ancora pochissimi nel mondo: la
BoeingSpectrolabs, la Emcore e la Sharp che le realizza dal
2005. Unico in Europa, il Cesi, con celle che arrivano al 30%
di efficienza intrinseca, utilizzate in diversi satelliti.
Questa competenza tecnologica ha innescato il progetto
della Edison che ha l’obiettivo di realizzare un prototipo di
modulo fotovoltaico a concentrazione, con tecnologia tutta
italiana, a costi di 100 euro per kWh prodotto (oggi la media è
A. Polimeri coniugati
I composti organici policoniugati sono caratterizzati dall’avere una lunga sequenza di atomi di carbonio ibridizzati sp2 ,
con gli orbitali pz che, sovrapponendosi, danno origine ad
un esteso sistema p. Gli orbitali sp2 formano i legami s che
conferiscono una struttura planare allo scheletro molecolare,
mentre il sistema p determina una distribuzione di elettroni
delocalizzati lungo tutta la molecola. Questa struttura planare
ad estesa delocalizzazione elettronica conferisce ai materiali
coniugati alcune proprietà simili a quelle dei semiconduttori:
gli orbitali molecolari occupati (HOMO) e quelli non occupati
(LUMO) delle singole unità monomeriche si sovrappongono
generando, rispettivamente, una banda p di valenza ed una
banda p? di conduzione, con valori del gap energetico compresi tra 1.5 e 3.5 eV dipendenti della struttura delle unità
coniugate e della varietà dei sostituenti ad esse legate. Grazie
a queste proprietà, i composti policoniugati sono utilizzabili
come materiali organici alternativi ai classici semiconduttori
inorganici, nella fabbricazione di un’ampia serie di dispositivi,
quali diodi a fotoemissione, celle fotovoltaiche, transistor ad
effetto di campo, sensori e sorgenti laser[2], presentando,
rispetto alle controparti inorganiche, alcuni vantaggi quali la
semplice processabilità e le interessanti proprietà meccaniche.
B. Struttura chimica e proprietà
La maggior parte dei polimeri coniugati sono molecole
organiche costituite da unità strutturali (dette oligomeri) che si
ripetono con regolarità e sono tenute insieme da legami singoli
e doppi di carbonio. La struttura elettronica di questi composti
è basata su elettroni π altamente coniugati.
Il legame di tipo π e le transizioni elettroniche possono essere
spiegate dal modello dell’Orbitale Molecolare (OM). Secondo
questo, chiamato anche LCAO (Linear Combination of Atomic
Orbitals ), le funzioni d’onda della molecola (Ψmol ) si possono
ottenere da una combinazione lineare delle funzioni d’onda
degli atomi (Ψi ) che la costituiscono, del tipo:
X
Ψmol =
ci Ψi
(14)
i
Considerando, per esempio, la combinazione lineare di due
orbitali si tipo s (sferici), o due orbitali di tipo p orientati
lungo la congiungente dei due atomi (es. di tipo px ), si
ottengono due orbitali molecolari, in seguito alla somma o
differenza delle due relative funzioni d’onda. Questi orbitali
hanno la proprietà di avere simmetria cilindrica rispetto
all’asse di legame degli atomi e in questo caso si parla di
legame di tipo σ.
Nell’orbitale molecolare risultante dalla somma, gli elettroni
sono concentrati tra i due nuclei dei due atomi e, quindi, si
ha un incremento della densità elettronica nella regione di
sovrapposizione e questo orbitale prende il nome di orbitale
molecolare legante e ha un’energia più bassa dell’energia
degli orbitali atomici da cui proviene.
L’altra combinazione ottenuta per sottrazione crea il cosiddetto
orbitale molecolare antilegante. La densità elettronica, in
questo caso, è ridotta tra i due nuclei mentre aumenta nelle
regioni esterne.
In questi orbitali molecolari, sia leganti che antileganti, gli
elettroni risultano confinati tra gli atomi coinvolti dal legame
che è di tipo covalente, quindi molto forte. A causa di questa
forte localizzazione, le molecole organiche, in cui gli orbitali
sono di tipo σ, sono elettricamente isolanti.
Nel caso in cui si sovrappongono due orbitali atomici
ortogonali alla congiungente i due atomi (pz ), l’orbitale
risultante è di tipo π. In tal caso gli elettroni risultano
delocalizzati in più atomi adiacenti. A causa di questa
delocalizzazione le energie di questi orbitali molecolari hanno
un valore di energia più basso rispetto agli orbitali di tipo σ.
Inoltre tale delocalizzazione degli elettroni rende semplice lo
spostamento di questi ultimi da parte di un campo elettrico
e quindi le molecole organiche, almeno lungo la direzione
del legame risultano avere una particolare mobilità elettronica.
C. Eccitazioni create dalla luce
In seguito all’assorbimento di un fotone, la molecola
assorbe parte dell’energia incidente e si creano all’interno
della sua struttura delle entità che si configurano in diversi
modi e sono: eccitoni e polaroni.
L’eccitone si definisce come un’eccitazione elementare,
costituita da un una lacuna nello stato fondamentale ed un
elettrone nello stato eccitato, legati tra loro da un’interazione
di tipo coulombiano. Gli eccitoni possono essere sia di
singoletto (detti anche bright excitons ) se l’elettrone e la
lacuna si trovano con spin antiparallelo che di tripletto (detti
dark excitons ) quando la coppia elettrone-lacuna hanno la
stessa orientazione di spin.
All’interno dei solidi caratterizzati da deboli interazione
intermolecolari, l’eccitazione si localizza su una singola
molecola e in questo caso l’eccitone è detto di Frenkel o
di “piccolo raggio” dato che il suo raggio di interazione è
paragonabile alle dimensioni molecolari o più piccolo delle
distanze medie intermolecolari.
All’interno di solidi caratterizzati da forti interazioni
intermolecolari (come accade nei semiconduttori di Si e
GaAs) un eccitone è delocalizzato su molte unità ed è
noto come eccitone di Wannier-Mott. In questo caso la
sovrapposizione delle funzioni d’onda di molecole vicine
scherma le interazioni elettrone e lacuna, che possono quindi
raggiungere distanze l’uno dall’altra pari a molte volte la
distanza reticolare.
Gli stati di tali eccitoni si possono descrivere come un
set completo di autofunzioni simili a quelle dell’atomo
idrogenoide, cioè un insieme di livelli energetici situati al di
sopra della banda di valenza per la lacuna e al di sotto della
banda di conduzione per l’elettrone.
L’elettrone o la lacuna potrebbero poi essere catturati da
un’impurezza o un difetto che prevede un livello di energia
più basso. In questo caso si formano delle eccitazione
chiamate polaroni di carica positiva (P+ ) o negativa (P− ).
D. Processi di rilassamento
Dopo che il sistema organico è stato eccitato può rilassare
sul suo stato fondamentale mediante processi raditivi e
non radiativi. Fra i meccanismi radiativi si ricordano la
fluorescenza e fosforescenza, fra quelli non radiativi si
trovano rilassamento vibrazionale (tramite emissione di
fotoni), internal conversion e intersystem crossing.
In seguito all’eccitazione il sistema rilassa sul primo livello
vibrazionale dello stato elettronico eccitato dissipando
energia in calore prima di decadere sul suo stato elettronico
fondamentale. Il rilassamento vibrazionale avviene in tempi
dell’ordine dei picosecondi, molto più velocemente rispetto
al rilassamento elettronico che può avvenire anche nella
scala dei tempi dei nanosecondi dal primo stato eccitato. Il
rilassamento elettronico del livello vibrazionale fondamentale
dello stato eccitato allo stato fondamentale può poi avvenire
mediante processo di decadimento radiativo (con l’emissione
di un fotone), o tramite un processo di decadimento non
radiativo.
Il processo radiativo di fluorescenza è caratterizzato dal
fatto che le molteplicità di spin dello stato finale e iniziale
sono le stesse e avviene in tempi che vanno dai 10−10
ai 10−8 secondi. Una volta decaduto allo stato elettronico
fondamentale, il sistema rilassa sul livello vibrazionale
fondamentale.
La fosforescenza, invece, è il risultato di una transizione
radiativa tra stati di differente molteplicità, tipicamente
T1 →S0 . Questo sarebbe un processo proibito per la regola
di selezione dello spin (∆S=0) ma, solo in presenza di
interazioni spin-orbita queste transizioni risultano essere
parzialmente permesse. I tempi caratteristici di questo
processo sono lunghi, superiori di solito ai 10−6 secondi.
Le transizioni avvengono nel momento in cui il sistema può
spostarsi tra due livelli vibrazionali isoenergetici di due stati
elettronici differenti. Quando le molteplicità di spin dei due
stati elettronici sono le stesse, il processo è detto internal
conversion, che è un veloce canale di rilassamento, mentre
il decadimento dell’elettrone tra due stati con molteplicità di
spin differente è noto come intersystem crossing (ISC).
Tutti gli eccitoni generati per fotoeccitazione dovrebbero
evitare i processi sopra descritti e raggiungere un punto di
dissociazione per poter generare della carica, che è il tassello
fondamentale per l’effetto fotovoltaico.
Sarebbe altresì importante che la lunghezza di diffusione
degli eccitoni fosse almeno essere uguale allo spessore del
materiale organico, altrimenti le cariche si ricombinano con
i processi sopra accennati e con la conseguente perdita di
energia. In molti polimeri, la lunghezza di diffusione degli
eccitoni è di circa 10 µm. Come poi nei sistemi inorganici,
risulta significante la perdita di energia da attribuire alla
riflessione e perciò in molti dispositivi fotovoltaici di tipo
organico sono utilizzati materiali anti-riflettenti per risolvere
tale problema.
E. Separazione di carica
La dissociazione dell’eccitone in una coppia di cariche nelle
celle convenzionali avviene sotto l’intenso campo elettrico
presente alla giunzione che può competere con l’interazione
Coulombiana.
Il processo è descritto con la teoria di Onsanger che determina
l’efficienza della fotodissociazione dell’eccitone come una
potenza in serie del campo elettrico.
Si è stimato che in molti polimeri coniugati a temperatura
ambiente approssimativamente il 10% delle fotoeccitazioni
genera portatori di carica liberi[3]. Nelle celle solari eccitoniche, la dissociazione dell’eccitone può avvenire mediante
trasferiemento di carica tra le molecole accettrici (come il
fullerene[4]) e donatrici cone la porfirina[5].
È chiaro che i portatori di carica sono generati nel momento
in cui i tempi di vita media degli eccitoni sono lunghi in modo
tale da evitare meccanismi di ricombinazione.
F. Trasporto e raccolta di carica
Il trasporto di carica in un dispositivo è influenzato in
grande misura dalla mobilità dei portatori. Nei materiali
organici, questo ultimo fattore dipende√dal campo interno
tramite la legge di Poole-Frenkel:µ ∝ E[6]. Sperimentalmente sono state misurate le mobilità di molti semiconduttori
organici che appaiono piuttosto piccole e vanno dai 10−2
ai 10−8 cm2 V−1 s−1 . Questo comporta che le cariche siano
trasportate ai rispettivi elettrodi lentamente e con l’effetto
di una conseguente perdita di corrente a causa di processi
di ricombinazione. Un altro fattore di rallentamento della
carica è attribuito alla presenza di difetti come i polaroni
che intrappolano la carica. In questo modo, nella maggior
parte dei semiconduttori organici il trasporto è caratterizzato
dal processo di hopping ovvero un salto nel quale la carica
(catione o anione) si propaga attraverso reazioni riconducibili
a processi red-ox
Esistono due tipi di trasporto: quello intramolecolare lungo
una catena di polimero coniungato e quello intermolecolare
tra molecole adiacenti o catene di polimeri.
Una volta che la carica riesce a percorrere il dispositivo deve
essere raccolta da uno dei due elettrodi. La scelta di questo
deve essere ottimizzata in modo da ottenere un buon contatto
ohmico in materiali organici[7].
G. Celle solari polimeriche
La maggior parte delle celle solari sono prodotte utilizzando
silicio cristalli di silicio purificato simile a quello utilizzato
nell’industria elettronica per i circuiti integrati. Gli elevati costi
di queste celle al silicio e la loro produzione complessa ha
fatto generare un crescente interesse nello sviluppo di nuove
alternative tecnologie fotovoltaiche.
Negli anni ’90 è stato dimostrato che le celle solari plastiche
possono essere utilizzate com eterogiunzioni massive (bulk)
tra polimero organico e molecole organiche sfruttate come
accettore di elettroni.
L’invenzione di polimeri organici conduttori ha permesso
lo sviluppo di celle economiche e a buon mercato basate su
plastiche poco costose: costituiscono, nel panorama energetico,
l’inizio di una nuova era tecnologica, con un costo stimabile
a circa un terzo dell’attuale costo delle celle solari al silicio
grazie la disponibilità commerciale delle materie prime che li
compongono.
Se confrontate con i dispositivi silicon-based questi nuovi
dispositivi si presentano notevolmente più leggeri, economici,
flessibili, progettabili a livello molecolare e con un piccolo
impatto sull’ambiente (environment-friendly ). L’attuale efficienza massima raggiunta con celle di questo tipo si aggira
attorno al 5%. Può comunque essere raddoppiata in un breve
intervallo di tempo e raggiungere valori del 15-20% in 15-20
anni.
Un fascio di luce sufficientemente energetico che investe
la cella promuove il trasferimento elettronico dal polimero
(donatore di elettroni) ad un altro sistema, che potrebbe essere
un fullerene, che riesce ad accettore fino a 6 elettroni. Questo
viene accompagnato dalla formazione di un quasiparticella
fotoindotta (polarone) sul polimero e di ione radicale sul
fullerene.
I sistemi di doppi legami coniugati che portano la carica
sono suscettibili a rottura quando irradiate con lunghezze
d’onda sufficientemente energetiche. Le stesse molecole conduttrici, essendo altamente insature e reattive, sono fortemente sensibili agli agenti esterni e all’ossidazione: proprio
per questi motivi, tutte le celle solari basate su polimeri
organici risentono della degradazione dovuta all’esposizione
della luce ultravioletta che le conferisce un tempo di vita
notevolmente ridotto rendendo attualmente poco interessanti
per le applicazioni commerciali su vasta scala.
Studiando, modellizzando e riproducendo al calcolatore è
possibile studiare questi differenti meccanismi dinamici nel
sistema così da ottimizzarne le performance e la stabilità.
Celle solari polimeriche risentono degli effetti ambientali
che influenzano pesantemente l’efficienza: per ovviare a tale
problematica si stanno sviluppando ricoprimenti trasparenti e
protettivi da applicare sopra alle celle stesse.
VII. C ELLE SOLARI A FILM SOTTILE
Nell’arco di cinque anni il solare fotovoltaico sarà abbastanza economico da competere con i prezzi dei combustibili
fossili, e nell’arco di dieci anni il prezzo delle celle solari
potrebbe scendere talmente tanto, da portare il prezzo del
solare a circa la metà di quello del petrolio, del carbone, del
gas e del nucleare. Lo scrive Uk Telegraph facendo riferimento
alla tecnologia dei film sottili: pannelli a film sottile di rame,
gallio, selenio e indio (CIGS), di silicio amorfo e di telloruro
di cadmio. Naturalmente l’ipotesi è credibile se si pensa che
alla fine degli anni Settanta il costo dell’energia solare era di
100 dollari per watt mentre oggi il prezzo si aggira sui 3-4
dollari. L’opinione degli esperti è che nel giro di pochi anni il
prezzo scenderà sotto 1 dollaro per watt, più o meno il prezzo
attuale dell’energia prodotta dal carbone.
Le celle solari in film sottile infatti, hanno uno spessore di
appena un micron, circa 200-300 volte inferiore rispetto alle
normali celle solari, e richiedono una quantità di materiale
estremamente ridotta. Il problema principale, allo stato attuale,
è l’efficienza energetica, che, per le CIGS, è ancora molto al
di sotto degli standard in commercio.
Moduli fotovoltaici a film sottile sono ottenuti depositando un layer estremamente sottile di materiale fotoattivo su
un substrato a basso costo (tipo vetro, acciaio o plastica).
Questo abbatte notevolmente i costi di produzione rispetto alle
tecnologie in cui si fa un uso intensivo di silicio massivo,
un vantaggio, questo che, purtroppo, viene immediatamente
controbilanciato da una minore efficienza del dispositivo
stesso.
Sono attualmente disponibili tre tipologie di moduli in
commercio, ma sono note anche altre tecnologie. Tra le
tecnologie già industrializzate ci sono: silicio amorfo (a-Si),
rame-indio-diseleniuro (CIS, CIGS) e telloruro di cadmio
(CdTe). Tutti questi hanno uno strato attivo il cui spessore è
dell’ordine di pochi micrometri2 . La stesura del film permette
una più elevata automazione del processo una volta raggiunto
il valore di produzione sebbene sia possibile prevedere un
approccio di costruzione completamente automatizzato per la
costruzione dei moduli. Il processo risulta così meno impegnativo se confrontato con quello dovuto all’assemblaggio
dei moduli cristallini, dove devono essere interconnesse le
singole celle. Una carenza temporanea del silicio ha dato la
possibilità di aumentare la quota di mercato delle celle basate
sulla tecnologia fotovoltaici nonchè sensibilizzare l’opinione
pubblica sull’utilizzo di tecnologie alternative oltre al silicio. Numerose aziende stanno concentrando gli sforzi sullo
sviluppo di prodotti a film sottile basate su un approccio
roll-to-roll. Questo significa che un substrato flessibile, per
esempio una lamina di acciaio, può essere ricoperta, attraverso
un processo continuo, con un layer fotoattivo. Il successo
di questa automazione offrirà un’opportunità per aumentare
significativamente una maggiore produzione netta con minori costi. EPIA (European Photovoltaic Industry Association )
prevede una crescita delle quote di mercato di queste tecnologie a film sottile fino a raggiungere circa il 20% sul totale
della produzione entro il 2010. Tra le tre tecnologie a film
sottile commercialmente disponibili, quella che sta riscuotendo
maggior successo in termini di produzione e installazione, è
quella basata sul silicio amorfo, con il 4.7% del mercato totale
nel 2006.
Le celle a film sottili basati su strati multicristallini depositati su vetro (CSG) si presentano come una tecnologia
promettente che sta entrando ora nella produzione industriale.
In particolare, sta dando risultati particolarmente incoraggianti
la tecnologia ibrida basata su a-Si/m-Si. I punti di forza offerti
dalla tecnologia TF (Thin Film ), possono essere schematizzati
come:
•
•
•
•
•
•
•
•
VIII. C ELLE SOLARI C D S/C D T E
Attualmente, il semiconduttore più utilizzato per la fabbricazione delle celle solari è il silicio monocristallino. A
causa degli elevati costi necessari nel processo di purificazione
del silicio massivo, le celle fabbricate con questo materiale
raggiungono costi proibitivi per la maggior parte delle applicazioni su piccola scala. Celle a film sottili costruite con
materiali diversi dal silicio sono state sviluppate in uno sforzo
di superare l’inefficienza e la degradazione delle celle a film
sottili in silicio amorfo mantenendo un basso costo. Tra queste
la cella solare a film sottile in CdTe è al momento la più
promettente per l’alta efficienza e il basso costo.
Le celle a film sottile CdTe/CdS sono già da tempo considerate
una promettente alternativa a quelle tradizionali utilizzate
nei dispositivi al silicio e le loro peculiari caratteristiche le
rendono attraenti:
•
•
21
micrometro: un millesimo di millimetro
le celle solari fatte con i monocristalli (Si, GaAs) hanno
raggiunto in laboratorio efficienze vicine al limite teorico
moduli al Si vengono venduti a 5 e/W o più, un costo
lontano dall’essere competitivo con l’energia elettrica
ottenuta dai combustibili fossili,
anche aumentando la produzione e automatizzando il processo di fabbricazione, difficilmente il costo può scendere
al di sotto di 2e/W, che è ancora poco competitivo,
la produzione di Si mono o policristallino non è, in questo
momento, sufficiente a soddisfare la domanda
nelle celle solari a film sottili la quantità di materiale
usata è almeno 100 volte inferiore rispetto a quella usata
per i moduli cristallini ed è una parte trascurabile del
costo totale,
il processo di fabbricazione può essere completamente
automatizzato e può essere ottenuta una produzione di
un modulo al minuto ,
il substrato è un materiale comune a basso costo (vetro,
plastica, lamine metalliche etc.),
È stato previsto dal laboratorio nazionale per l’energia
americano (NREL, K. Zweibel) per i moduli fotovoltaici
a film sottili per una produzione annuale superiore a
100MW un costo di produzione inferiore a 0.5 $/W .
La cella è prodotta da materiali policristallini e vetro,
che la rende economicamente più vantaggiosa rispetto a
quelle in silicio massivo.
Le celle solari a film sottili basate su materiali semiconduttori II-VI (CdTe e CdS) hanno raggiunto negli ultimi
•
Figura 19.
Schema della cella CdS/CdSe
anni efficienze dell’ordine del 15% e costi relativamente
bassi, tanto da renderle competitive sul mercato.
• Il semiconduttore CdTe presenta una energy gap che
si avvicina al valore ideale calcolato di 1.45 eV e il
suo coefficiente di assorbimento è alto abbastanza da
consentire ad uno strato di materiale spesso 1 µm di
assorbire il 99% della luce visibile.
Con tale cella si sono ottenute correnti di densità di 27mA
cm−2 e valori di tensione a circuito aperto di 880 mV, con
un’efficienza di 18.5% com AM1[8].
A. Costruzione della cella
La cella CdTe/CdS è basata sull’eterogiunzione formata da
CdS tipo n e CdTe di tipo p. La costruzione della cella è
schematizzata in figura 19.
Le funzioni dei diversi strati sono:
• vetro: la cella solare viene fabbricata su un substrato
costituito di vetro, trasparente, resistente e poco costoso
con uno spessore di 2-4 mm. Questo protegge e isola gli
strati attivi dall’ambiente e fornisce all’intero dispositivo
una sufficiente rigidezza meccanica. La superficie esterna
viene ricoperta con strati antiriflesso per aumentarne le
sue proprietà ottiche.
• ossido conduttivo: l’elettrodo superiore del dispositivo
è costituito da ossido di stagno oppure da ossido di
indio e stagno (ITO). Per ottimizzare l’efficenza totale
è necessario ridurre il più possibile le resistenze in serie
del dispositivo.
• solfuro di cadmio: il CdS policristallino tipo n funge da
accettore di elettroni e costituisce, quindi, la prima parte
della giunzione p-n. Essendo un materiale con elevato
band-gap (Eg =2.4 eV a 300K), risulta essere trasparente
per le radiazioni con λ <515 nm, e si candida come
materiale da utilizzare come finestra per la luce incidente.
• telloruro di Cadmio: il CdTe è, come il CdS, policristallino, ma è drogato tipo p. Per la sua gap energy (1.5 eV)
risulta adatto per lo spettro solare e possiede un elevato
coefficiente di assorbimento per tutte le energie superiori
a tale valore: agisce come un efficiente assorbitore e viene
utilizzato come il lato p della giunzione. Poichè è meno
drogato del CdS, la regione di svuotamento è quasi del
tutto entro lo strato di CdTe. Lo strato di CdTe costituisce
quindi la regione attiva della cella solare.
Contatto inferiore: solitamente è costituito di oro o alluminio ed ha la funzione di fornire un buon contatto al
CdTe con la minor resistenza possibile. Il CdTe drogato p
è un materiale che male si presta a fornire un contatto di
tipo ohmico, e così la giunzione assumerà la caratteristica
di diodo rettificante.
B. Tecniche di deposizione
Gli strati policristallini di CdS e CdTe possono essere
depositati sul substrato utilizzando diverse tecniche, tra cui:
• Physical Vapour deposition (PVD)(o evaporazione) che
comporta la vaporizzazione in vuoto dei composti di
CdTe e CdS oppure degli elementi che li compongono
(Cd+S o Cd+Te). I vapori si ricombinano sulla superficie
del substrato e come risultato si ottiene il materiale
policristallino desiderato. È necessario controllare accuratamente la stechiometria che è fortemente dipendente
dalla tensione di vapore degli elementi.
• Close-space sublimation (CSS). Questa tecnica, che è
stata utilizzata per produrre celle solari con la più alta
efficienza, è basata sulla dissociazione reversibile dei materiali ad alta temperatura, ad es: 2CdT e(s) → 2Cd(g)+
T e2 (g). La sorgente è estesa su un’elevata superficie e
viene posizionata appena sotto il substrato il quale viene
mantenuto ad elevata temperatura (inferiore comunque
alla temperatura delle sorgenti) così che gli elementi
non andranno a depositarsi sul substrato ma, per la sua
bassa tensione superficiale di equilibrio, sarà favorita la
formazione del composto.
• Chemical Vapour deposition (CVD). Si stabilisce una
reazione chimica tra i vapori dei componenti per produrre
la specie voluta che condensa sul substrato crescendo così
il film policristallino. Una variazione a questa semplice
tecnica può essere quella offerta da Metal-Organic CVD,
che usa composti organometallici come precursori. Con
questa tecnica si riescono a produrre film con ottime
proprietà elettroniche ed ottiche.
• Deposizione da bagno chimico: viene talvolta utilizzata
per la deposizione di film di CdS, e sfrutta la presenza
di ioni in soluzione che, in condizioni di equilibrio,
combinano e precipitano sul substrato.
• Elettrodeposizione: può essere utilizzata per la deposizione da soluzione di molti materiali semiconduttori a
bassa temperatura
Nonostante l’elevato livello tecnologico raggiunto, i meccanismi fisici alla base del funzionamento delle celle stesse
non sono completamente conosciuti. In particolare le proprietà
fisiche dell’eterogiunzione CdTe/CdS e l’effetto dei bordi di
grano sulle proprietà di trasporto nei film di CdTe e CdS
sono argomento di punta nella ricerca nel campo della scienza
dei materiali. Attualmente esiste un impianto solare basato
aumentare l’assorbimento della radiazione solare e stimolare
la produzione di fotocorrente. La geometria tipica prevede
l’inserimento di una griglia di QW (indicata come MQW,
Multiple Quantum wells ) dentro la regione di svuotamento di
una giunzione p-n o p-i-n . QW alimentano la fotocorrente
assorbendo molti fotoni con diverse energie. A causa però,
del loro stretto band gap, i QWs aumentano le corrente di
ricombinazione che si oppone alla fotocorrente generata. La
possibilità di controllare e variare opportunamente la larghezza
della band-gap rende i QW particolarmente utili in numerose
applicazioni: inoltre la loro risposta dei QWs all’aumentare
della temperatura li rende particolarmente attraenti per la
tecnologia a concentrazione.
Figura 20.
Principio di funzionamento di un quantum well.
sulla trecnologia al CdTe da 40 MW in Ohio (USA) e uno
da 10 MW in Germania. Sempre in Germania FirstSolar sta
progettando un nuovo impianto da 100 MW e ha già iniziato
un altro impianto da 100 MW in Malesia (2007).
IX. C ELLE SOLARI A POZZI QUANTICI
A. Cos’è un pozzo quantico?
Un pozzo quantico (quantum well ) è una buca di potenziale
che confina le particelle, forzandone la localizzazione. Gli
effetti del confinamento quantico hanno luogo quando lo
spessore del pozzo diventa comparabile alla lunghezza di
coerenza dei portatori (generalmente elettroni e lacune); come
conseguenza la particella confinata nel pozzo può occupare un
numero discreto di livelli energetici. Dingle ha compiuto le
prime osservazioni sperimentali del fenomeno nel 1974, molti
decenni dopo la sua predizione teorica. Si può ottenere un
pozzo quantico da un semiconduttore in cui alcuni strati siano
stati drogati con impurezze donatrici. In questo modo si può
formare un gas di elettroni a due dimensioni (2DEG). Questo
sistema quasi bi-dimensionale ha proprietà interessanti a basse
temperature, manifestando l’effetto Hall quantistico. Esistono
altri tipi di strutture quantiche: quantum wires (fili quantici)
e quantum dots (punti quantici) nei quali il confinamento è
esteso rispettivamente a due e a tre dimensioni spaziali.
B. Quantum well solar cells (figura 20)
Le celle solari a pozzi quantici (quantum well solar cells ),
sono state presentate per la prima volta da Barnham e Duggan
nel 1990 come un nuovo tipo di celle solari a band-gap
multiple, a giunzione singola. Il principio è simile a quella
di un cella tandem: numerosi band gap sono utilizzati per
assorbire efficientemente differenti zone spettrali. Comunque,
diversamente dalle celle “tradizionale”che utilizzano giunzioni
fatte dall’accoppiamento di diversi semiconduttori, i QWSC
utilizzano strati ultra sottili di differenti materiali (CdSe,
CdTe, CdS, GaAs/GaInAs, GaAs/GaAsP) racchiusi in un
unico monolito.
Nelle celle solari basate sui quantum wells, i pozzi quantici
sono utilizzati nelle regioni attive dello spettro solare per
X. L A FOTOSINTESI E LE CELLE DI G RÄTZEL
La foglia è l’esempio migliore di cella solare, di un
dispositivo in grado cioè di trasformare l’energia luminosa
proveniente dal sole in una forma di energia più comoda
e facilmente accumulabile, dove ogni singolo elemento del
processo è stato ottimizzato fino a raggiungere un grado
di complessità e di efficienza ancora lontano per la nostra
tecnologia.
Ciò nonostante, è possibile ricavare diversi suggerimenti
dal meccanismo della fotosintesi. Attraverso una serie di
complesse reazioni, gli organismi fotosintetici sono capaci
di trasformare l’energia luminosa in energia chimica, in una
forma così stabile da poter essere immagazzinata e riutilizzata
milioni di anni dopo (combustibili fossili).
Le reazioni che costituiscono il processo di fotosintesi
avvengono in piccoli organelli noti come cloroplasti dove
vengono generati portatori di carica (elettroni e protoni) che
servono alla sintesi di carboidrati a partire da biossido di
carbonio (l’ossigeno è “solo” un sottoprodotto). La fotosintesi
avviene principalmente grazie alla luce raccolta da molecole di
coloranti (pigmenti) disposti attorno a centri di reazione che
agiscono essenzialmente da antenne per raccogliere la luce
(vedi Fig. 21(b)).
L’assorbimento di un fotone da parte di una molecola-antenna
eccita una molecola di colorante che acquisisce in questo l’energia necessaria ad innescare il trasferimento di elettroni dall’acqua al NADP (nicotinammide-adenosin-dinucleotide fosfato), tramite il quale avverrà in seguito la sintesi dei carboidrati.
Sia il trasferimento di energia dal fotone ai centri di reazione
che il trasporto degli elettroni dall’acqua al NADP, avvengono
con un’efficienza altissima: misure accurate hanno dimostrato
che, in condizioni ottimali, l’efficienza complessiva con cui le
piante raccolgono la luce e la trasformano in energia chimica
è vicina al 90%.
Le celle di Grätzel, chiamate anche celle fotoelettrochimiche
o celle solari sensibilizzate da coloranti, si ispirano concettualmente ai principi della fotosintesi: uno strato sottile di
particelle nanometriche di ossido di titanio rimpiazza il NADP
ed il biossido di carbonio come accettore di elettroni, mentre lo
iodio in soluzione sostituisce l’acqua come fonte di elettroni.
Analogamente alla fotosintesi nelle celle a colorante si
sfruttano le reazioni di ossidazioni e riduzione promosse
(a)
(b)
Figura 21. (a) Complesso delle strutture coinvolte nella reazione di fotosintesi.(b) Assorbimento della luce da parte della molecole-antenna e trasferimento
dell’energia ai centri di reazione.
violetta. Ci sono anche alcune problematiche da risolvere
nella costruzione: la chiusura della celle è particolarmente
difficoltosa a causa dei solventi utilizzati nell’assemblaggio.
Nonostante tutti gli svantaggi citati, questa tecnologia sta
emergendo con previsioni di commercializzazione entro un
decennio.
XI. M ODELLIZZAZIONE DI UN DISPOSITIVO TIPO
Figura 22.
Principio di funzionamento di una cella di Grätzel.
dall’assorbimento di un fotone. Infatti, in questo dispositivo
un pigmento organico (come la clorofilla o altre molecole)
viene eccitato dalla luce solare per generare una corrente
di elettroni. Come rappresentato in figura 22, questa cella è
costituita, nell’ordine, da un elettrodo di vetro conduttore sul
quale è disposto uno strato di semiconduttore in nanocristalli
(tipicamente TiO2 ), con un elevato fattore di rugosità in modo
tale da amplificare l’area superficiale (200-300 m2 /grammo
TiO2 ). Questo elettrodo è impregnato dal colorante organico
(solitamente un monolayer assorbitore di luce costituito da un
composto metallorganico del rutenio), le cui molecole sono
disposte sulla superficie dei grani di semiconduttore a distanza
nanometrica. Quando la luce solare colpisce la cella, eccita
una molecola di pigmento e gli elettroni fotogenerati sono
promossi nella titania n-type mentre le buche nell’elettrolita
dalla parte opposta.
Il circuito è completato con una coppia redox nell’elettrolita,
che può essere liquido o solido.
Questo tipo di celle permette un utilizzo dei materiali più
flessibile, ed è tipicamente prodotta attraverso screen printing
(serigrafia), tecnica che può abbattere notevolmente i costi di
produzione rispetto alle celle solari tradizionali.
Purtroppo i coloranti utilizzati in queste celle sono soggetti
a degradazione per effetto del calore e della luce ultra-
Materiali molecolari come i coloranti, polimeri coniugati,
e piccole molecole stanno guadagnando sempre più interesse
per applicazioni nel fotovoltaico. Peculiarità di questi sistemi sono la facilità di processabilità, la compatibilità con
substrati flessibili e, come gia ribadito, il basso consumo
delgi stessi per dispositivi basati su strati ultrafini: tutti queste
caratteristiche rendono tali molecole candidate per offrire una
tecnologia fotovoltaica a basso costo. Sviluppi verso efficienze
di conversioni sempre maggiori sono tutto’ora in corso. Tutti i
dispositivi presentati nelle sezioni precedenti sono basati sulla
dissociazione delle eccitazioni fotogenerate all’interfaccia tra
un donatore di elettroni e un materiale accettore di elettroni,
aiutato da un sesitizzatore. Se comparate alle celle inorganiche,
i dispositivi fotovoltaici molecolari sono caratterizzati da una
densità di fotocorrente relativamente bassa e un piccolo fattore
di riempimento (fill factor ). La bassa fotocorrente è attribuita
alla sensibilità spettrale limitata dei solidi molecolari mentre
lo scarso fill factor è dovuto al lento trasporto di carica e all’elevata ricombinazione. Il miglioramento di questi parametri
passa sia attraverso lo svilupopo e la scelta di nuovi materiali,
sia attraverso la comprensione di dei meccanismi fisici di
queste celle solari molecolari. Recenti studi[14][16], hanno
chiarito il meccanismo della generazione nelle eterogiunzioni
molecolari. In particolare è stato dimiostrato che, diversamente
dalle tradizionali strutture p-n e p-i-n, il il voltaggio delle
eterogiunzioni molecolari non è limitato dalla differenza di
potenziale dovuto alle differenti funzioni lavoro dei contatti.
Nei dispositivi convenzionali il fenomeno della fotogenerazione si origina all’interno del layer attivo e i contributi al
fotovoltaggio del gradiente di concentrazione sono trascurabili,
mentre nelle eterogiunzioni molecolari una fotogenerazione
fortemente localizzata permette di creare gradienti elevati e
Figura 24.
Figura 23.
Modello a due livelli
assimetrici della densità di portatori di carica che permettono
di generare un elevato fotovoltaggio[14][15].
Tali sviluppi hanno permesso di elaborare un dispositivo
fisico per le celle solari organiche. Tuttavia, la questione circa
la bassa efficienza di conversione per i dispositivi molecolari
non è stata ancora del tutto chiarita. Per le celle solari basati
su semiconduttori cristallini è stata applicata una procedura
dettagliata in condizioni di equilibrio per il calcolo dell’efficienza η con irraggiamento solare. Per un materiale con con
assorbimento di fotoni con energia E maggiore dell’energy
gap, Eg , con completa separazione di carica, e una infinita
mobilità dei portatori di carica, si ha una η massima del
31% con Eg = 1.3eV[17]. Praticamente le celle solari raggiungono il 25%[18] e le ragioni per cui si registra questo
calo nell’efficienza sono oramai ben note: resistenze in serie,
ricombinazioni superficiali, zone d’ombra. Gli stessi limiti
non possono essere applicati ai sistemi fotovoltaici molecolari,
che sono caratterizzati da uno stretto assorbimento spettrale,
basse mobilità e richiedono un trasferimento intermolecolare
elettronico per ottenere la separazione di carica. Queste caratteristiche sono dovute alla natura molecolare dei materiali e
devono essere necessariamente prese in considerazione per
essere incorporate in qualsiasi modello realistico in cui tutti e
tre rappresentano meccanismi di perdita di perdita energetica.
Il primo effetto, la diminuizione della fotocorrente dovuta allo
stretto assorbimento spettrale del materiale molecolare è ben
compresa. Infatti i nuovi dispositivi molecolari fotovoltaici
sono spesso valutati in funzione della loro efficienza di conversione monocromatica. Le perdite rimanenti dovute ai tassi
di trasferimento e trasporto di carica sono ancora ampiamente
indeterminati.
Lo scopo del modello creato con il software Mathematica
5.2 della Wolfram Research è quello di esaminare i meccanismi di perdita dovuto al trasferimento di carica indipendentemente da quelli dovuto al basso assorbimento di luce
attraverso la modellizzazione di un dispositivo fotovoltaico
a due (figura 23) e a quattro livelli (figura 24). Si sono
considerati l’assorbimento e l’emissioni di fotoni in condizione
d’equilibrio e trasferimento di carica intermolecolari attraverso
Modello a quattro livelli
la teoria non adiabatica di Marcus.
Il nucleo del modello è un sistema a due livelli il primo
a bassa energia, indicato con l’acronimo HOMO (highest
occupied molecular orbital ), che normalmente occupato, separato da un intervallo energetico, Eg , dal livello a energia
superiore indicato con LUMO (lowest unoccupied molecular
orbital ), che normalmente è vuoto. Questo rappresenta il
sistema centrale di assorbimento della luce o “sensitizzatore”.
Fotoni di energia maggiori o uguali a Eg possono eccitare gli
elettroni dal livello HOMO al LUMO producendo uno stato
eccitato chiamato eccitone. Questo può decadere attraverso
un rilassamento radiativo dando luogo a quello che viene
indicato come ricombinazione intramolecolare. Alternativamente, l’elettrone promosso può essere trasferito all’orbitale
di una molecola accettrice adiacente o direttamante ad un
contatto esterno (n-type ), mentre la vacanza creata sul livello
HOMO viene trasferita con un medesimo meccanismo ad
un orbitale donatore adiacente per poi essere trasferita al
contatto esterno di tipo p (p-type ). Si assume che ogni orbitale
possiede solamente due stati di valenza, si ipotizza, cioè,
che la doppia ionizzazione è energeticamente sfavorita e, per
il sesitizzatore, viene considerato solamente il primo stato
eccitato. Si presume inoltre che il sistema è complessivamente
neutro elettronicamente in tutte le condizioni.
Il primo modello , illustrato in figura 23, unisce il livello
LUMO, al livello energetico Ec , direttamente al contatto n
e l’HOMO, posizionato all’energia Ev , al contatto p. Nel
secondo modello, illustrato in figura 24, il contatto è fornito
attraverso gli orbitali accettori e donatori posizionati rispettivamente alle energie Ea e Ed . Fisicamente gli orbitali accettori e
donatori possono appartenere ad uno strati attigui di materiale
organico caratterizzati da un energy gap elevato o ad un layer
al contatto metallo/meteriale organico.
L’energia degli orbitali accettori e donatori sono posizionate
simmetricamente rispetto al centro del gap ottico.
Confrontando le caratteristiche del modello con gli orbitali
rispetto con quello senza orbitali accettori e donatori è possibile evidenziare i meccanismi di perdita dovuti al trasferimento
di carica intermolecolare.
Si è utilizzata l’equazione
µ
¶
Kg
R = ρ Gs + Ga −
(fv −fc )
exp [(Eg − µc + µv )/kB T ] − 1
(15)
equivalente all’equazione di Planck generalizzata che è stata
utilizzata per descrivere le ricombinazioni radiative nelle celle
solari basate su semiconduttori e su colorante, in cui Gs e Ga
sono i tassi di assorbimento dei fotoni provenienti dal sole e
dall’ambiente, Kg rappresenta il tasso di ricombinazione, µv
e µc sono i quasi livelli di Fermi dell’HOMO e dell’HUMO
e fv e fc identificano le distribuzioni di elettroni sulla banda
di valenza e quella di conduzione. Assumendo che tutte le
eccitazioni che non rilassano conducono alla separazione di
carica, la densità di corrente generata dall’assorbimento della
luce nel dispositivo, Jg , è data da
Z d
Rdx
(16)
Jg = q
0
dove q è la carica elettronica e l’integrale viene calcolato su
tutto lo spessore d del dispositivo. Si è scelto il segno di Jg
tale che la fotocorrente di corto circuito, ISC , sia positiva.
Ci si accorge che questa descrizione della fotocorrente generata dalla transizione tra due livelli è una rozza descrizione
del comportamento di una reale molecola di colorante. Le
transizioni ottiche nelle molecole sono fortemente influenzate
da effetti di accoppiamenti vibronici3 ed eccitonici, mentre
la separazione di carica potrebbe anche coinvolgere la formazione di specie intermedie come coppie legate di polaroni4 .
Già con questo modello, però, possiamo enfatizzare che le
caratteristiche qualitative predette saranno comuni a tutti quei
sistemi in cui la probabilità di ricombinazione aumenta con la
popolazione dello stato occupato LUMO.
Per tutti i trasferimenti elettronici intermolecolari da uno
stato iniziale, i, ad uno stato finale f , si è utilizzata la teoria
non adiabatica di Marcus[19], [20].
−1
ki→f = Cif λif 2 exp (−(∆if − λif )2 /(4λif kB T ))fi (1 − ff )
(17)
in cui Cif comprende la sovrapposizione delle funzioni d’onda
tra lo stato iniziale e finale e i fattori di Frank-Condon , ∆if
rappresenta la differenza in energia libera tra i due stati, λif
l’energia di riorganizzazione ed fi e ff i fattori di occupazione
di Fermi-Dirac degli stati iniziale e finale.
Nel secondo modello, per ottenere il tasso di trasferimento
netto, e quindi la corrente, è necessario sommare alla corrente
“in avanti”con tasso ki→f , quella corrente che procede nel
verso opposto con tasso kf →i rispettando il segno di ∆if . Il
risultato è la densità di corrente data dall’ equazione
·
¸
∆if
Jif = qρdKif fi (1 − ff ) − exp (−
)ff (1 − fi ) (18)
kB T
calcolata per ogni percorso, ovvero per gli elettroni che
transitano dalla banda di conduzione (LUMO) all’orbitale dell’accettore (forward ), e per quelli che transitano dall’orbitale
dell’accettore alla banda di valenza (HOMO) (backward ),
3 Ci si riferisce alle interazioni vibrazionali ed elettroniche che in una
molecola sono correlate e si influenzano vicendevolmente
4 Il polarone è una quasiparticella composta da un elettrone più il campo di
polarizzazione che l’accompagna
dove
−1
Kif = Cif λif 2 exp [−(∆if − λif )/(4λif kB T )].
(19)
Per ricavare la curva caratteristica tensione-corrente si è
calcolato il flusso netto di elettroni J passante dal contatto p
al contatto n come funzione della differenza del quasi livello
di Fermi degli orbitali attaccati agli elettrodi. La condizione di
stato stazionario assicura che la corrente netta in ogni orbitale
è nulla. Quindi, per il primo caso si ha J = Jg e qV = µc −µv ,
mentre nel secondo caso, quello del sistema a quattro livelli, si
ha che J = Jca −Jav e Jg = Jca +Jav con qV = µa −µd . Nel
caso in cui la ricombinazione interfacciale è nulla, Kav = 0,
la densità di corrente i semplifica a quella calcolata per il
modello a due livelli, J = Jca = Jg .
Per confrontare direttamente i risultati ottenuti in diverse
condizioni e per diversi parametri si è deciso di utilizzare
l’efficienza quantica interna (IQE) definita come
I=
J
qρdGs
(20)
da cui si può ricavare l’efficienza di conversione di potenza in
funzione dei fotoni assorbiti, attraverso il massimo valore di
η=
qIV
JV
=
Eg
ρdGs Eg
(21)
nell’intervallo di utilizzo 0 ≤ 0 ≤ VOC , dove VOC è il
potenziale a circuito aperto.
Si sono effettuate delle simulazioni con valori tipici dei
sistemi fotovoltaici molecolari: una energy gap, Eg =2 eV
che rispecchia mediamente i valori dei più comuni materiali
organici elettronici e un tasso si trasferimento elettronico dalla
banda di conduzione all’orbitale accettore, Kca che va da 102
a 1015 s−1 . Un valore di 1012 s−1 rispecchia bene quelli di
un fullerene C60 con tassi di trasferimento dell’ordine dei
picosecondi. Per la radiazione luminosa si è utilizzata quella
emessa da un corpo nero con una temperatura Ts = 5760K e
una temperatura ambiente di Ta = 300K.
Nel modello a due livelli l’efficienza quantica interna a corto
circuito è sempre, per definizione, uguale all’unità e la curva
tensione corrente I-V è solo funzione di gap energetico e della
concentrazione X. L’efficienza di conversione fotovoltaica
aumenta monotonicamente con la band-gap e con l’intensità
della luce incidente (η varia da 0.73 a 0.8 alla massima
concentrazione solare, vedi figura 25(c)).
Per il sistema a quattro livelli dotato di orbitali accettori e donatori si è considerato un primo caso il cui la
ricombinazione è assente (Kav = 0) e si sono osservati gli
effetti variando il tasso di trasferimento in funzione del tasso
di trasferimento elettronico “in avanti”, (Kca ), e l’energia
interfacciale ∆ca . I risultati ottenuti sono stati riportati nei
grafici in figura 26. Con la diminuizione di kca , si registra
anche una diminuizione della curva I-V, che sviluppa al tempo
stesso un punto di flesso (kink ) in prossimità della tensione a
circuito aperto. La curva I-V si ritira, così da manifestare una
caduta di corrente a voltaggi nettamente inferiori a quelli di
VOC e una conseguente diminuizione della potenza erogata.
i, kca kcapos , kav kavpos
jcasoBlist
5 10
4 10
vs. VcasoB
-19
0.8
1
0.6
0.8
0.4
0.6
-19
3 10 -19
0.2
1 10 -19
-0.5
0.4
0.2
2 10 -19
-1
0.5
1
1.5
2
-0.5
0.5
1
1.5
2
2.5
1.
-0.2
(a) Corrente calcolata con l’equazione 16 per il
sistema a due livelli
(b) Efficienze quantiche interne, per il sistema a
due livelli, calcolate per diversi valori di fattore
di concentrazione (da 1 · 10−7 a 105 )
10 70.00001 0.001
0.1
10
1000 100000.
(c) Con tutti i punti di massimo del grafico
25(b) si compone l’andamento dell’ efficienza di
conversione monocromatica, η, per il sistema a
due livelli.
Figura 25. Nei tre grafici,(a) (b) e (c), viene riportata la sequenza utilizzata per calcolare per ogni sistema le efficienze interne e le efficienze di conversione
del dispositivo modellizzato.
1
1
0.8
0.8
0.6
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
-0.5
0.5
1
1.5
2
(a)
1.
10 70.00001 0.001
0.1
10
1000 100000.
(b)
Figura 26. Assenza di ricombinazione (kav = 0): Efficienza quantica interna ed efficienza di conversione in funzione del potenziale calcolato per valori
crescenti di kca , (= 0, 10, 101 , 102 , . . . , 1015 s−1 ) e ∆ = 0.7 eV.
Quando questo valore di potenziale “di caduta”raggiunge il
limite vicino a (Ea − Ed )/q, la curva smette di retrocedere e
la fotocorrente inizia a ridursi in intensità.
E’ stato preso in considerazione anche l’effetto dell’introduzione della ricombinazione interfacciale che viene mostrato
nei grafici in figura 27. Il primo mostra la IQE per diversi valori di kav . L’introduzione del un nuovo percorso di
ricombinazione per gli elettroni incrementa la corrente Jav
e annulla parte della fotocorrente. Come evidenziato dagli
andamenti riportati nel grafico 27(b), in questo sistema, aumentando l’intensità di luce incidente (X) si induce il sistema
a passare da un regime limitato dalla ricombinazione (bassi
valori di X), ad un regime limitato dal trasferimento di carica
(elevati valori di X), passando per una condizione in cui il
rendimento è massimo. Il potenziale a circuito aperto aumenta
con l’aumentare dell’intensità luminosa nel regime limitato
dalla ricombinazione prima di saturare nel regine limitato dai
fenomeni di trasporto. Tale comportamento è gia stato stato
osservato sperimentalmente nel 2002 da Ramsdale et al.[15].
Si è visto che la curva caratteristica tensione-corrente
monocromatica e la massima efficienza sono funzioni dei
livelli energetici del dispositivi fotovoltaico, dei parametri
che governano il trasferimento intermolecolare, e dell’intensità
della luce indicata attraverso il fattore di concentrazione, X.
Seppur nella sua semplicità, il modello riproduce bene
ed in maniera aderente alcune caratteristiche già osservate sperimentalmente e già predette da modelli molto più
sofisticati.
XII. ATTUALI AMBITI DI RICERCA
La maggior parte della ricerca è volta a rendere le celle
solari più economiche e/o più efficienti, in modo da poter
competere più efficacemente con le altre fonti di energia,
compresi i combustibili fossili. Questo consentirà di:
• sviluppare metodi per ottenere silicio sufficientemente
puro
• ridurre il materiale di scarto
• materiali e tecnologie alternativi
Per applicazioni speciali (aerospaziali, ad esempio) celle ad
alta efficienza possono essere fabbricate a partire da arseniuro
di gallio (GaAs) in giunzione multiple in serie, ciascuna con
un diverso band-gap di energia in modo da assorbire tutto lo
spettro elettromagnetico con efficienza maggiore del silicio:
celle solari di questo tipo a tripla giunzione hanno raggiunto
un’efficienza del 35.2%, ma il loro costo rimane estremamente
elevato.
Celle solari a base di polimeri, chiamata anche celle solari
organiche, vengono costruite con strati ultra-sottili (tipica-
1
1
0.8
0.8
0.6
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
-0.5
0.5
1
1.5
2
1.
10 70.00001 0.001
(a)
0.1
10
1000 100000.
(b)
Figura 27. Con ricombinazione (kav 6= 0): Efficienza quantica interna ed efficienza di conversione in funzione del potenziale calcolato per valori crescenti
di kav , (= 0, 4.2 · 103 , 5 · 106 , 1.6 · 1011 s−1 ) con kca fissato a 1012 s−1 e ∆ = 0.7 eV.
Figura 28.
Cella fotovoltaica flessibile
mente 100 nm) di semiconduttori organici (PPV, fullereni):
il modello della giunzione p-n è molto semplificativo per
descrivere una cella di questo tipo. Sono potenzialmente molto
più economiche da fabbricare rispetto alle celle al silicio
o a quelle inorganiche in generale, ma l’efficienza ottenuta
finora è ancora bassa e sono ancora molto sensibili all’aria e
allo sporco, rendendo difficile, per ora, la loro commercializzazione. D’altro canto, questa tecnologia è comunque la stessa
che ha permesso lo sviluppo e l’entrata nel mercato dei LED
e dei display organici.
XIII. C ONFRONTO DI EFFICIENZE TRA CELLE DIVERSE
Come già visto precedentemente, e schematizzato in figura
29, l’efficienza delle celle solari spazia da 6% per le celle
in silicio amorfo fino a circa 40% per le celle a giunzione
multipla.
Efficienze di conversione attualmente disponibili sul mercato per celle solari in silicio multicristallino si aggirano attorno
a valori di 14-16%. Le celle solari con le più alta efficienze
costruite appartengono alla famiglia delle celle multigiunzione
costruite utilizzando materiali esotici tipo arseniuro di gallio
o selniuro di indio.
Un modo per esprimente i costi economici per la generazione di elettricità è quello di calcolare un prezzo per
chilowatt ora prodotto (kWh). In questo conteggio, l’efficienza
della cella combinata l’intensità dell’irraggiamento diventano
fattori importanti e che possono influenzare pesantemente i
costi. L’utilizzo di celle e di tecnologie commercialmente
disponibili permette di ottenere delle efficienze comprese
tra 5 e 19%. Dal 2005 il costo di produzione dell’energia
fotovoltaica oscilla da circa 0.60 $/kWh (0.50 e/kWh) (Europa
centrale) fino a 0.30 $/kWh (0.25 e/kWh) nelle regioni con
elevato irraggiamento solare. Con l’energia prodotta dall’utente dotato di pannelli viene solitamente alimentata la rete
nazionale elettrica. I prezzo di tale energia con cui il gestore
ripaga l’utente varia da 0.04 $/kWh e 0.50 $/kWh.
L’immagine 29 illustra le efficienze massime raggiunte nel
corso degli anni (dal 1976 al 2005) per le celle solari di elevata
area per diverse tipologie di materiali e tecnologie.
A. Previsioni e sviluppi futuri
Un miliardo di persone potrebbe accendersi la luce e riscaldare la casa, due milioni di persone troverebbero un posto
di lavoro nell’industria del sole. È lo scenario che ci aspetta
grazie all’energia solare entro il 2020, così come prospettato
da un rapporto congiunto dell’EPIA5 e di Greenpeace: “Generazione solare”. Un quarto del fabbisogno energetico globale,
entro il 2040, potrebbe essere soddisfatto proprio grazie al
sole, afferma il documento. L’Italia ha iniziato solo da poco
a fare la sua parte, con un decreto di dicembre scorso che
finanzia 40.000 tetti fotovoltaici: il cittadino consumatore avrà
un contatore che gira al contrario con il quale vendere all’Enel
l’energia prodotta in surplus. Per l’EPIA, che rappresenta 54
delle maggiori industrie europee del solare, la Commissione
Europea deve impegnarsi perchè gli incentivi governativi per
il fotovoltaico siano adeguati. “L’obiettivo che indichiamo è
realistico se vi sarà una chiara volontà politica di sostenerlo.
Entro il 2020 arriveremmo a produrre 276 terawatt l’ora dal
5 EIPA:Associazione
europea delle industrie del fotovoltaico
Figura 29.
Evoluzione nel tempo dell’efficienza per diversi tipologie di celle solari[1].
solare, ovvero il 10% del fabbisogno dei paesi Ocse6 , o ancora
l’equivalente di 75 moderne centrali a carbone- spiega Sven
Teske, esperto energetico di Greenpeace - le fonti alternative
ci permettono di sostituire i combustibili fossili responsabili
delle emissioni di gas serra. Se le nostre previsioni sul solare si
avverassero, andrebbero in atmosfera 664 milioni di tonnellate
di anidride carbonica in meno“.
Quali sono, insomma le potenzialità del sole? “Generazione
solare”, il rapporto di Greenpeace ed EPIA, è chiaro: l’energia
irradiata dal sole alla superficie terrestre è sufficiente a produrre più di 10.000 volte la quantità di energia consumata ogni
anno nel mondo. Per il momento, dobbiamo accontentarci dei
risultanti incoraggianti degli ultimi anni: dal ’96 il mercato
globale di pannelli fotovoltaici aumenta ogni anno del 33% e
la crescita di questa industria è dovuta alla concorrenza sempre
più elevata tra le industrie del settore, in particolare in Germania e in Giappone (Un istogramma intuitivo è rappresentato in
figura 30). Molto lavoro deve essere fatto ancora, invece, per
attirare investimenti e interesse del vasto pubblico. I benefici
economici e sociali, oltre che ambientali, del solare non sono
ancora sufficientemente evidenziati, sostiene Greenpeace. Più
che grandi centrali solari, come quelle che sono allo studio
dell’Enea sotto l’impulso del Nobel Rubbia, il futuro di questa
fonte energetica sembra essere in piccoli impianti installati
in complessi residenziali e collegati alla rete elettrica. L’80%
degli impianti, nel 2020, dovrebbe essere di questo tipo, con
una capacità media di 3 KWp. Piccolo è ancora bello, nel
6 OCSE:Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
da cui l’acronimo OCSE (o Organization for Economic Co-operation and
Development - OECD in sede internazionale)
campo dell’energia solare, secondo Greenpeace e associazione
degli industriali del settore. Con impianti a misura di complesso residenziale, si trasformerebbero in produttori di energia
82 milioni di cittadini nel mondo, circa 35 milioni dei quali
solo in Europa. Il futuro sviluppo del solare però non è previsto
solo nei paesi Ocse: anche i paesi in via di sviluppo dovrebbero
usufruire di questa fonte d’energia a portata di tutti e che non
richiede eccessivi investimenti. Oggi 2 miliardi di persone nel
mondo non hanno accesso all’energia elettrica. “Per entrare nel
futuro del solare, bisogna però eliminare i sussidi esistenti per
i combustibili fossili- continua Sven Teske, di Greenpeaceil mercato energetico è drogato e quindi miope in questo
momento. Ad esempio, perchè si produce più energia solare
in Germania del nord che nel Mediterraneo? Sono distorsioni
da eliminare.
I vantaggi ci saranno e tangibili, soprattutto per il cambiamento climatico: entro il 2020 potremo evitare di immettere
in atmosfera con il solare tanta anidride carbonica quanta
ne viene prodotta ogni anno dalle 44 milioni automobili dei
tedeschi”[11].
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Figura 30.
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