La valutazione di azienda nelle consulenze tecniche di ufficio

annuncio pubblicitario
La valutazione di azienda nelle
consulenze tecniche di ufficio
A cura di
Fernando Del Rosso
Massimiliano Farina Briamonte
Caserta - Marzo 2014
La valutazione di azienda nelle
consulenze tecniche di ufficio
A cura di
Fernando Del Rosso
Massimiliano Farina Briamonte
Caserta - Marzo 2014
Fernando Del Rosso
Direttore Scientifico Centro Studi UGDCEC di Caserta.
"Dottore Commercialista, Revisore Contabile, Consulente del Lavoro”.
Esercita l’attività di Consulenza Professionale alle imprese quale socio di Del Rosso & Partners,
Avvocati Commercialisti Revisori e Consulenti del Lavoro.
Ha svolto attività di "Revisione e Organizzazione Contabile" presso KPMG S.p.A. lavorando presso
società quotate e società leader nel settore dell’Industria e dei servizi.
Laureato in Economia Aziendale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli – Facoltà di
Economia, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Diritto Tributario presso la Seconda
Università degli Studi di Napoli nel 2005, ed assegnista di ricerca nel 2007 presso la Seconda
Università degli Studi di Napoli con finanziamento della Provincia di Caserta.
Ha conseguito nel 2008 un Master di secondo livello di durata annuale in "Diritto e Politiche
Ambientali Europee e Comparate, presso la Seconda Università degli studi Napoli – Facoltà di
Studi Politici e per l’Alta Formazione Europea e Mediterranea "Jean Monnet”
Ha conseguito nell’anno 2002 un Master in Accounting and Finance for small and Medium
Enterprises MPI presso l’Università di Gent in Belgio e presso l’Università Federico II di Napoli.
Già componente della Commissione Nazionale “Fiscalità” e Commissione Nazionale
“Amministratori Giudiziari” dell’Unione Nazionale dei Giovani Dottori Commercialisti”, è autore di
numerose pubblicazioni tra cui Il Redditometro, Il Bilancio socio-ambientale.
Massimiliano Farina Briamonte
Responsabile Rapporti con l’Università UGDCEC di Caserta
"Dottore Commercialista, Revisore Contabile”.
Esercita l’attività di Consulenza Professionale alle imprese quale socio di Advisory FdGC Business
Consulting.
Ha svolto attività di "Revisione e Organizzazione Contabile", presso PriceWaterhouse&Coopers
S.p.A. lavorando presso società quotate leader nel settore dell’Industria e dei servizi.
Laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Napoli – Facoltà di
Economia.
Nell’anno 2003 ha conseguito un Master in Business Management presso la SDA Bocconi di
Milano.
Nell’anno 2013 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Dottrine Economico aziendali e
Governo dell’Impresa presso l’Università Parthenope di Napoli nel 2013 (Visiting PHD presso la
Washington University - Missouri).
Già componente della Commissione Nazionale “Finanza Ordinaria e Straordinaria” dell’Unione
Nazionale dei Giovani Dottori Commercialisti”.
4
2
Sommario
Introduzione .................................................................................................................................. 4
Premessa : il ruolo del Consulente Tecnico nelle Valutazioni d’azienda ...................................... 5
1.Metodi di Valutazione................................................................................................................. 6
2. Metodi Patrimoniali ................................................................................................................... 9
2.1. Metodo patrimoniale semplice ................................................................................................ 9
2.2. Metodo patrimoniale complesso ........................................................................................... 12
3. Metodi Misti ............................................................................................................................. 14
3.1.Il metodo Misto UEC ............................................................................................................. 15
3.2.Il metodo Misto EVA .............................................................................................................. 17
4. Metodi basati sui flussi di risultato ........................................................................................... 20
4.1.Il metodo reddituale ............................................................................................................... 24
4.2.Il metodo finanziario .............................................................................................................. 31
5.Altri metodi di valutazione d’azienda: i multipli di mercato ....................................................... 32
Conclusioni .................................................................................................................................. 33
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................... 34
SITOGRAFIA ............................................................................................................................... 34
5
3
Introduzione
Cari Colleghi,
La nostra Unione è stata negli ultimi 3 anni un laboratorio di idee, pensieri attività professionali ma
soprattutto un luogo dove tanti colleghi hanno coltivato quello spirito di appartenenza ad una
categoria che al di fuori dell’Unione è sempre più svilita nella sua dignità e nella sua capacità di
fare sistema. Sono orgoglioso di aver guidato per questi lunghi ed intensi anni un gruppo unito e
fattivo composto da tanti colleghi leali onesti e professionalmente preparati. Il lavoro che oggi
presentiamo è la quarta pubblicazione curata dal Centro Studi della nostra Unione ed in particolare
dai colleghi Farina e Del Rosso. Ancora una volta si è cercato di fornire uno strumento pratico e
agevole per i giovani colleghi che si troveranno ad affrontare una problematica complessa e ricca
di insidie quale quella della valutazione d’azienda; tale lavoro assume, inoltre, in considerazione
del il ruolo centrale ed imprescindibile, a seguito della riforma societaria, del dottore
commercialista quale “valutatore”, non solo nell’ambito delle fattispecie obbligatorie di cui agli
articoli 2343 e 2465 del Codice Civile ma anche in tutti quei casi in cui viene richiesta una perizia di
parte per poter individuare il valore di mercato di assets aziendali.
Ancora una volta l’UNGDCEC di Caserta ha scelto lo strumento didattico-informativo della
pubblicazione monotematica per proporsi ai colleghi più giovani con l’obiettivo di renderli partecipi
di quel sentire comune che è proprio della nostra Associazione; siamo convinti che nel presente
scenario, in cui le professioni (ed in particolar modo la nostra) sono oggetto di attacchi trasversali
che ne minano il ruolo all’interno del sistema economico nazionale ed europeo, l’aggregazione e lo
spirito sindacale siano l’unico strumento non solo di difesa della categoria ma anche uno
strumento per poter dialogare con una Amministrazione Finanziaria ed un legislatore sempre più
orbi rispetto alle reali esigenze delle aziende e dei cittadini.
Con l’occasione vorrei infine ringraziare tutti i membri del direttivo che ho avuto l’onore di
rappresentare. Il proficuo, intenso ed instancabile lavoro di tutti, ma soprattutto la consapevolezza
di aver vicino un gruppo coeso e fattivo mi ha dato la forza e lo stimolo a dedicare il maggior tempo
possibile alle attività unionistiche; auguro al futuro Presidente dell’UGDCEC di Caserta di costruire
intorno a se un gruppo di colleghi altrettanto fattivo e coeso nel coltivare quello spirito unionistico
che è la vera forza della nostra associazione; io ci sarò per mettere al loro servizio la mia
esperienza e il mio apporto.
Gennaro Ciaramella
6
4
Premessa : il ruolo del Consulente Tecnico nelle Valutazioni d’azienda
La valutazione è l’attività che, nell'ambito della materie e delle discipline dell’ economia aziendale,
si occupa della determinazione del valore economico del capitale partendo dall’assunto che il
bilancio aziendale non è sempre sufficiente alla determinazione di tale grandezza.
Le valutazioni di aziende possono essere effettuate per scopi diversi: in alcuni casi è la legge che
pone l'obbligo della valutazione (a titolo di esempio, i conferimenti in natura e nelle trasformazioni
evolutive); in altri casi, la valutazione è volontaria in quanto finalizzata ad altri scopi (regolazione
dei rapporti tra i soci, acquisizioni, trasferimenti).
I processi che ispirano le valutazioni possono essere di natura soggettiva (prospettiva acquirente venditore) ed oggettiva (prospettive indipendenti). In tal senso, il perito indipendente è colui che, in
possesso di specifiche conoscenze e capacità professionali, viene chiamato dalle parti ad
effettuare una valutazione imparziale dell'azienda; la prassi insegna che lo stesso è, di solito,
chiamato di comune accordo dalla parti in causa (arbitrato e successivo lodo), ma può anche
venire nominato d'ufficio dal Giudice del Tribunale competente, con effetti vincolanti del valore
peritale determinato.
Al fine di contestualizzare la Valutazione di Azienda affidata dal Tribunale al Consulente Tecnico
d’Ufficio, è necessario soffermarsi brevemente sulla figura del CTU.
Il Consulente Tecnico Ufficio nasce come figura professionale (art. 61 c.p.c.), ausiliaria al Giudice
per il compimento di singoli atti o per l’intero processo, scelto appositamente tra i soggetti iscritti
agli albi e gli ordini professionali (quali ad esempio l’ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti
Contabili).
Il CTU nell’ambito delle proprie funzioni è investito di molteplici attività.
Infatti assiste alle udienze alle quali è invitato dal Giudice Istruttore, compie, anche fuori della
circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’art. 62, da sé o congiuntamente al Giudice secondo
quanto questi dispone, può essere inoltre autorizzato a richiedere chiarimenti alle parti, ad
assumere informazioni da terzi e ad eseguire atti specifici relativi a perizie o specifici studi da
realizzare ai fini della fattispecie dibattimentale. In tal senso il giudice istruttore si avvale della
consulenza tecnica per accertare determinati fatti ritenuti essenziali ai fini del proseguimento della
causa.
7
5
La consulenza tecnica è difatti uno strumento necessario attraverso cui si espongono in maniera
chiara e semplice elementi incomprensibili alle persone che la richiedono, ed è uno strumento che
consente al giudice di accertare i fatti che non risultano chiari in modo evidente.
La decisione adottata dal giudice in conformità con il parere del CTU non deve essere motivata; al
contrario, qualora si discosti da tale consulenza, il giudice è tenuto a dare ampie motivazioni circa
la sua opinione riportando, talora, anche i risultati di un’altra indagine, condotta sempre con i
requisiti di una particolare competenza tecnica.
Il CTU può raccogliere tutti gli elementi e le informazioni necessarie unicamente per rispondere ai
quesiti espressamente posti dal giudice, limitandosi ad elementi esclusivamente tecnici e di sua
competenza.
Può altresì assumere informazioni da terzi ed avvalersi di documenti non prodotti in causa per
trarne fatti accessori, squisitamente tecnici, ma non anche per estrapolare elementi sostanziali
che, in quanto posti direttamente a fondamento dei quesiti e delle eccezioni delle parti, devono
essere da queste provati. Tali elementi accessori possono essere utilizzati dal giudice qualora il
CTU abbia avuto cura di inserirli nella sua relazione finale1.
Il consulente tecnico di Ufficio nell’ambito dell’incarico ricevuto, al fine di pervenire a risultati
tecnicamente corretti, procederà attraverso l’applicazione e l’adozione delle metodologie di
valutazione d’azienda generalmente riconosciute come affidabili, dal mondo accademico e dalle
best practice professionali a livello nazionale ed internazionale.
La breve trattazione che segue, benché non abbia assolutamente la presunzione di costituire una
guida esaustiva a supporto delle attività del Consulente Tecnico d’Ufficio in materia di valutazione
d’azienda, ha come obiettivo la descrizione delle tecniche finalizzate alla determinazione del valore
economico del capitale, generalmente accettate dal mondo accademico e della pratica
professionale nazionale ed internazionale.
1.Metodi di Valutazione
Introducendo i metodi di valutazione, c’è da considerare come la stima costituisca un processo
complesso che coinvolge gli aspetti più disparati della vita aziendale e che vanno dai dati di bilanci
e dal contesto giuridico legale in cui opera fino agli aspetti legati ai mercati ed alla strategia
1
D. CONDELLO – M. BENVENUTI - E. CAPOFERRO - M. CARBONE - A. CASAGRANDE - C. DE LUCA, Consulenti Tecnici e Periti, Ed. G.
Giappichelli, 2005
8
6
aziendale. Il valore d’azienda intesa come complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’attività
di impresa, non può essere considerato come somma algebrica di singoli beni materiali che ne
costituiscono il patrimonio in ragione del profilo dinamico che li caratterizza e del ruolo significativo
ricoperto dall’imprenditore e dalle sue capacità gestionali e di coordinamento che garantiscono la
produzione di un adeguato livello di reddito ed una idonea remunerazione del rischio assunto.
Dall’esigenza di soddisfare le diverse finalità che il mondo imprenditoriale ha imposto alla materia
e ancora dall’esigenza di ottenere valori oggettivi coerenti con la tipologia di attività svolta, i dati
disponibili, la struttura dell’azienda oggetto di stima, la dottrina ha elaborato una serie di criteri che
con il tempo si sono perfezionati dando agli operatori un’importante e razionale base di lavoro.
I modelli prevalentemente adoperati possono essere così elencati2:
metodi patrimoniali;
metodi reddituali;
metodi misti patrimoniali - reddituali;
metodi finanziari.
In linea generale, nel panorama dei criteri di valutazione d’azienda esiste un trade - off tra la
razionalità e la dimostrabilità delle diverse metodologie di valutazione dove per dimostrabilità
s’intende la realtà e la verificabilità del valore determinato mentre per razionalità la correttezza
dell’algoritmo alla base del calcolo e l’attitudine del medesimo ad esprimere un valore coerente
con l’ambiente esterno e con le caratteristiche aziendali.
I due estremi dell’intervallo sono rappresentati dal metodo patrimoniale e dai metodi basati sull’
attualizzazione dei flussi di reddito o dei flussi di cassa; il primo maggiormente dimostrabile ma
meno razionale, i secondi maggiormente razionali ma meno dimostrabili.
I metodi misti sono al centro dei due estremi in quanto considerano sia aspetti legati al patrimonio
tangibile che aspetti legati alla generazione di flussi di reddito e di cassa.
La figura che segue rappresenta le principali metodologie di valutazione d’azienda3.
2
3
Panato A.., Le Perizie di Stima, Cesi Professionale, 2008.
Ns. elaborazioni su materiale SDA Bocconi.
9
7
Tavola 1 : i metodi di valutazione d’azienda
In considerazione della pluralità di metodi disponibili, aspetto rilevante per il perito incaricato di
svolgere una valutazione d’azienda è riferibile alla scelta del criterio adottabile, scelta
necessariamente condizionata alle finalità della stima; la scelta del metodo di valutazione dipende
dalla comprensione delle condizioni che caratterizzano il contesto valutativo e l’azienda oggetto di
valutazione; non sarebbe corretto procedere seguendo le stesse modalità per valutare un azienda
in ordinario funzionamento ed un’azienda in stato liquidazione; è necessario considerare l’attività
svolta dall’impresa (es. industriale, immobiliare) al fine di individuare il più adatto metodo di
valutazione. In tal senso in ipotesi, tipicamente legate alle operazioni strategiche sul capitale
(acquisizioni, fusioni, operazioni di leverage) vengono applicate metodologie, orientate alla
razionalità ed ai valori correnti e basate sull’attualizzazione dei flussi finanziari (Discounted cash
flow analysis - DCF) e sui flussi di reddito (Metodi Reddituali). In altre ipotesi, ove è necessaria
maggiore dimostrabilità, vengono privilegiati metodi patrimoniali e metodi misti (UEC, EVA).
Nel seguito si riporta la descrizione dei metodi di valutazione indicati.
10
8
2. Metodi Patrimoniali
2.1. Metodo patrimoniale semplice
Il metodo patrimoniale semplice determina il valore dell’azienda in funzione delle singole attività e
passività che compongono il patrimonio di bilancio.
Il punto di partenza è il patrimonio netto contabile, opportunamente rettificato per tener conto:
1. di eventi significativi verificatisi in seguito alla redazione del bilancio che potrebbero
rendere necessaria una revisione degli elementi dell’attivo e del passivo;
2. del valore corrente dell’attivo non monetario, al fine di far emergere le eventuali
plusvalenze e minusvalenze latenti al netto dei relativi oneri fiscali potenziali.
Il risultato è il patrimonio netto rettificato, esprimibile mediante la formula:
W = K*
Dove il patrimonio netto rettificato (K*) deriva dal patrimonio netto contabile a cui vengono
apportate delle variazioni al fine di considerare elementi di revisione contabile e di valori latenti non
desumibili dai dati di bilancio.
Per quanto ai limiti del metodo, non solo vengono ignorati gli elementi immateriali non iscritti in
bilancio, ma, secondo autorevole dottrina, si tratta addirittura di un metodo che “trascura le
essenziali leve del valore”, non tenendo conto dei flussi attesi e dei rischi connessi all’attività di
impresa. Per questo il metodo patrimoniale è sempre meno utilizzato e nella sua formazione
semplice si adatta solo alla valutazione di società immobiliari di gestione e di holding pure mentre
nelle altre ipotesi si parla di “informazione patrimoniale” preliminare all’applicazione delle
metodologie di valutazione basate sui flussi risultato4.
Ove di consigliabile applicazione, il presente metodo richiede la rettifica del patrimonio netto
contabile al fine di esprimere i dati al valore corrente, e di evidenziare le eventuali plusvalenze o
minusvalenze tali esprimere il reale valore della consistenza patrimoniale in un determinato
momento.
Nel seguito si riportano le modalità di determinazione del valore corrente per le singole aree di
bilancio applicabile ai fini del metodo patrimoniale semplice.
4
Guatri L., BINI M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Università Bocconi Editore, 2005.
11
9
Terreni e fabbricati
I tre criteri principali di cui ci si può avvalere per la determinazione del valore dei beni immobili di
investimento sono:
-
il costo di ricostruzione
-
il valore di mercato (o criterio sintetico comparativo)
-
il valore di capitalizzazione del reddito.
Immobilizzazioni tecniche
Nella valutazione delle immobilizzazioni tecniche il riferimento principale è dato dai prezzi di
mercato per l’usato. Se non esiste un mercato dell’usato, il valore corrente può essere determinato
con il metodo del costo di ricostruzione (o di sostituzione).
Partecipazioni
Per la valutazione delle partecipazioni è necessario innanzitutto distinguere tra partecipazioni di
controllo e altre partecipazioni.
a) Partecipazioni di controllo
La valutazione delle partecipazioni di controllo si sostanzia, secondo autorevole dottrina, in una
valutazione delle aziende sottostanti5.
La dottrina è ormai concorde nel ritenere che non debba essere considerato alcun premio di
controllo, poiché la valutazione della partecipata non viene effettuata per l’autonoma cessione di
una quota, ma è solo strumentale alla valutazione della partecipante6 .
b) Altre partecipazioni
Il valore più attendibile è rappresentato dal prezzo di mercato ovvero per le società non quotate in
base al metodo del Patrimonio Netto Rettificato o del Patrimonio Netto Contabile.
5
6
Guatri L., Bini M., op. cit.
Jovenitti P., Il valore dell’impresa, Milano, Pirola, 1990.
12
10
Rimanenze
Le rimanenze rappresentano una componente importante dell’attivo circolante per aziende
industriali e commerciali ed ai fini della valutazione si procede come segue:
-
le rimanenze di materie prime sono valorizzate secondo il criterio del valore corrente o
in base al prezzo dell’ultimo acquisto effettuato;
-
le rimanenze di prodotti finiti sono valutate in base al prezzo di mercato, al netto dei
costi da sostenere per giungere alla commercializzazione;
-
le rimanenze di semilavorati sono valutate in ragione del loro costo di produzione,
tenuto conto dello stato di avanzamento dei processi industriali al momento della stima.
Crediti
Nell’ottica di una valutazione patrimoniale, i crediti non sempre possono essere valutati al
nominale.
Debiti finanziari
Come per i crediti, anche per i debiti finanziari può rendersi necessaria un’attualizzazione nel caso
in cui i tassi negoziati differiscano dai tassi di mercato.
13
11
2.2. Metodo patrimoniale complesso
Il metodo patrimoniale complesso colma la principale lacuna del metodo patrimoniale semplice,
prevedendo l’integrazione del valore ottenuto attraverso il metodo patrimoniale semplice con la
valutazione degli eventuali beni immateriali (intangibles) non contabilizzati. Ossia, al patrimonio
netto rettificato a cui si perviene attraverso il metodo patrimoniale semplice si aggiunge il valore di
tali beni immateriali non contabilizzati. Il primo passo per la stima della componente immateriale è
dato dall’identificazione dei beni suscettibili di autonoma valutazione, prestando particolare
attenzione ad eventuali sovrapposizioni e duplicazioni di valore.
Ottenuto un valore autonomo dei singoli intangibles individuati si giunge al valore dell’azienda,
sintetizzabile dalla formula:
W = K* + I
Dove “K*” rappresenta, come nella formula proposta per il metodo patrimoniale semplice, il
patrimonio netto rettificato e
la “I” rappresenta il valore dei beni immateriali non presenti in
bilancio. Ove presenti intangibili specifici suscettibili di autonoma valutazione, avviene la
disaggregazione della generica voce di “avviamento” usualmente impiegata al fine di indicare il
valore dei beni immateriali. In tal senso, i criteri resi disponibili dalla dottrina e dalla prassi ai fini
della valutazione degli intangibili specifici, sono di seguito riportati nella tavola 2.
Tavola 2 : i metodi di valutazione beni immateriali
Il criterio dei risultati differenziali, in entrambe le sue varianti del costo della perdita e
dell’attualizzazione dei risultati differenziali, si concentra sulla capacità dell’intangibile di contribuire
14
12
alla redditività aziendale, con il vantaggio di includere nella stima la valorizzazione i benefici
economici differenziali che vengono ignorati dal criterio del costo. Ciò che differisce tra le due
varianti è che il costo della perdita prevede la quantificazione del valore che viene a mancare
all’azienda a seguito della perdita dell’immateriale; mediante l’attualizzazione dei risultati
economici in termini di flussi o di ricavi si perviene all’apprezzamento del contributo economico
dell’intangibile alla performance aziendale.
15
13
3. Metodi Misti
I metodi misti determinano il valore dell’azienda combinando l’approccio patrimoniale con un
approccio basato su flussi reddituali. La versione base del metodo prevede la stima autonoma
dell’avviamento sommato al patrimonio netto rettificato espresso a valori correnti.
Il valore è quindi dato da:
W = K* + G
Dove K rappresenta il patrimonio netto rettificato e G l’avviamento (goodwill).
Nella formula possono essere considerati anche gli intangibili utilizzando un approccio
patrimoniale complesso. In tal caso si avrà:
W=K+G+I
Dove con I vengono identificate le risorse intangibili specificamente determinate.
Se quindi l’avviamento è inteso, nella versione originaria del metodo, come la differenza tra il
valore economico We e il valore patrimoniale K, esprimendo We con la formula della rendita
perpetua, si avrà:
G = R/i – K
Dalla formula può facilmente ricavarsi come nelle aziende con buone prospettive di reddito
l’avviamento sia un fattore positivo (R/i > K).
Al contrario se le prospettive di reddito sono modeste (o se l’azienda è in perdita, allora R/i < K),
l’avviamento diventa un badwill.
Il metodo in oggetto, tipicamente europeo per la stima del valore del capitale economico, è stato
formulato e raccomandato fin dal 1961 dall’Union Europeenne des Expertes Comptables
Economicques et Financiers, circostanza da cui deriva la denominazione di “metodo UEC”.
Se inizialmente il metodo misto era visto come mezzo per il contemporaneo soddisfacimento di
esigenze di razionalità, proprie del metodo reddituale, ed esigenze di obiettività e verificabilità,
proprie del metodo patrimoniale, oggi esso risente della perdita di significatività dei metodi
patrimoniali.
Tuttavia, come già affermato in proposito del modello patrimoniale, questa tendenza non è del tutto
condivisibile, in quanto l’informazione patrimoniale è pur sempre una componente fondamentale
nei giudizi sul valore. Inoltre, a seguito degli studi sulla misura degli intangibili, le capacità
informative del modello sono state rafforzate.
16
14
3.1.Il metodo Misto UEC
Il metodo UEC rappresenta la versione base originaria del metodo misto ed è definito metodo
misto con stima autonoma del goodwill.
Il metodo patrimoniale semplice costituisce il punto di partenza, in quanto il modello nasce dalla
tesi, sostenuta dall’UEC, secondo la quale nella determinazione del capitale economico è
necessario partire dalla riespressione ai valori correnti degli elementi patrimoniali dell’azienda
oggetto di valutazione.
Successivamente abbina al metodo patrimoniale semplice la stima della componente reddituale
suggerendo il ricorso ai metodi misti patrimoniali – reddituali.
Tra questi vengono citati i seguenti metodi:
1) il metodo del valore medio o metodo indiretto, tramite il quale il valore di un’azienda
corrisponde alla media del valore delle attività e del valore del rendimento. L’UEC specifica
che detto metodo non deve essere applicato nel caso esistano dettagliate ragioni secondo
le quali si possa stabilire che il valore dell’azienda stimata si approssima maggiormente al
valore di rendimento o al valore di riproduzione;
2)
il metodo diretto nel quale il valore dell’azienda è assimilato al valore corrente dell’attivo
aumentato del goodwill.
In riferimento al metodo diretto esistono differenti formulazioni che variano secondo le modalità di
determinazione del goodwill, del numero di anni per cui esso è considerato, del tasso di
capitalizzazione utilizzato.
L’UEC raccomanda l’utilizzo dell’attualizzazione limitata del profitto medio; il reddito R deve essere
individuato sulla base di dati storici ma anche su assunzioni prospettiche; il tasso di
capitalizzazione deve comprendere sia una remunerazione per l’investimento di capitale sia una
remunerazione per il rischio.
L’individuazione del tasso di remunerazione del capitale deve derivare dal tasso di interesse per
investimenti privi di rischio maggiorato di un premio per il rischio di impresa (ERP).
In conclusione l’UEC consiglia di utilizzare sempre entrambi i procedimenti di calcolo per
controllarne i risultati.
Ai fini applicativi, il metodo misto UEC, determina il capitale economico come somma algebrica del
patrimonio netto rettificato (K*) cosi come per il metodo patrimoniale e del valore di avviamento (G)
ottenuto in base al differenziale di reddito (sovrarreddito) che l’azienda potrà ragionevolmente
17
15
generare in futuro rispetto al normale livello di redditività, attualizzato a un tasso opportuno e per
un periodo di tempo limitato. In formula :
W = K + (R - i’ K) an¬ i”
Dove:
K = patrimonio netto rettificato;
R = reddito medio normale previsionale;
i’ = rendimento medio di settore;
i’’ = Tasso di attualizzazione (somma del tasso d’investimento privo di rischio e del premio per il
rischio azionario (ERP) moltiplicato per il coefficiente beta);
n = periodo di attualizzazione dei sovraredditi (sottoredditi).
Il fondamento della metodologia è basato sulla capacità da parte dell’azienda di produrre un
sovrarreddito rispetto al rendimento medio del comparto di riferimento. Se l’azienda remunera
meglio dei propri concorrenti il capitale investito nell’attività, tanto maggiore sarà il valore
dell’avviamento aziendale e quindi dell’azienda stessa.
Il metodo esposto è generalmente utilizzato nel panorama nazionale per la valutazione delle
piccole e medie imprese in quanto ingloba nella valutazione sia gli aspetti di natura patrimoniale
che gli aspetti di natura reddituale: è una via di mezzo del trade - off dimostrabilità/razionalità
precedentemente espresso.
Il metodo misto patrimoniale reddituale attribuisce la giusta enfasi all’elemento patrimoniale
consentendo di approcciare alla determinazione dell’avviamento con una metodologia improntata
alla prudenza.
18
16
3.2.Il metodo Misto EVA
L’EVA®7 (Economic Value Added) è un indicatore, studiato dall’economista americano Bennett
Stewart (Stern Stewart & Co.), per calcolare il valore creato da un’azienda. Ormai sempre più
aziende (anche italiane) lo utilizzano come strumento operativo per valutare l’allocazione delle
risorse tra diverse alternative di investimento e per valutare i risultati. L’EVA è utile nella
remunerazione del valore creato, ossia di ciò che rimane dopo aver sottratto al reddito di gestione
la remunerazione di tutto il capitale che finanzia l’attivo patrimoniale netto, ossia i debiti ed i mezzi
propri. Ed è proprio questa la differenza rispetto all’utilizzo, come avviene di solito, dell’utile netto,
come misura della redditività. Secondo tale approccio, l’utile netto presenta due limiti e riflette solo
la remunerazione del capitale di debito (dato che è il residuo calcolato togliendo dai ricavi i costi
operativi, straordinari e gli oneri finanziari) e non tiene conto dell’accrescimento del patrimonio
aziendale di tipo immateriale, dato per esempio dal posizionamento competitivo. La conseguenza
pratica per gli investitori è che un’azienda che presenta un utile netto non sta necessariamente
creando valore per i suoi azionisti.
Ai fini del valore d’azienda viene adottato la configurazione del (market value added) che perviene
alla determinazione del valore del capitale come somma del valore attuale degli EVA attesi per gli
esercizi futuri.
L’EVA® è espresso dall’applicazione del seguente algoritmo matematico8.
MV® = CIo + Ȉ EVA/(1+Wacc)^n
Dove :
EVA = (NOPAT/ CIo í Ke)*CIo
MV = valore del patrimonio netto
Nopat = reddito operativo netto
CIo = capitale investito operativo
WACC = costo opportunità del capitale o costo medio ponderato del capitale - Il tasso di
attualizzazione viene costruito applicando il modello del Capital Asset Pricing Model che prevede
la seguente formula ai fini della determinazione del costo medio ponderato del capitale.
7
EVA è un marchio registrato dalla società di consulenza Stern Stewart & Co. con sedi nelle principali piazze economiche rilevanti a
livello mondiale tra cui New York, Londra, Tokyo, Zurigo, e Pechino. Per ulteriori informazioni si rinvia al sito istituzionale della società
http://www.sternstewart.com/.
8
Per approfondimenti si rinvia a Principles of corporate finance, Brealey, Myers, Allen McGraw Hill New York 2007 ed. Discussing the
Revolution in Corporate Finance: The Stern Stewart Roundtables by Donald H., Jr. Chew Blackwell New York 1998.
19
17
Wacc = ke (E/D+E) + kd (D/D+E)*(1-t)
Ke = Rf + ȕ(MRP) è il costo del capitale proprio, dove:
Rf = tasso privo di rischio
ȕ = coefficiente di rischio sistematico
MRP = premio per il rischio
Un passaggio essenziale ai fini della determinazione algebrica dell’EVA consiste nel calcolo del
NOPAT (Net Operating Profit After Taxes). Il NOPAT calcolato per una specifica azienda
rappresenta il profitto operativo residuale una volta detratte le imposte (od una volta detratta la
componente fiscale figurativa, nel caso in cui si tratti di flussi previsionali). Esso, quindi,
rappresenta un valore segnaletico e di riferimento per tutti gli investitori, siano essi i soci
(shareholders) od i finanziatori esterni. Nonostante non possa essere indicata una metodologia
unanimemente considerata come valida e certa, almeno tre passaggi devono essere compiuti per
il calcolo del NOPAT. Prendere avvio da un conto economico riclassificato (a valore aggiunto) in
modo da evidenziare il contributo delle diverse aree gestionali, quindi:
1. Rilevare il valore del Risultato Operativo;
2. Correggere tale valore in modo da computare nel calcolo le imposte;
3. Parallelamente è necessario procedere a rettificare l’ammontare del Capitale Investito (CIo)
sul quale gli investitori attendono una remunerazione.
In tal senso, le modifiche da apportate devono permettere di giungere a determinare l’entità delle
risorse finanziarie realmente impiegate nella gestione aziendale.
In estrema sintesi, ciò comporta di prendere avvio dal totale della sezione Passivo dello Stato
Patrimoniale e considerare la somma di capitale proprio e debiti finanziari. A tale valore
dovrebbero essere eventualmente aggiunti alcuni valori generati da operazioni di rettifica (come
indicato di seguito). Non dovrebbe, invece, includere le passività che non siano di carattere
finanziario e/o non siano onerose (es. debiti v/fornitori, Cambiali passive di natura commerciale,
TFR, Ratei e Risconti passivi).
In modo maggiormente schematico, è possibile sintetizzare le principali tipologie di rettifiche da
operare a NOPAT e Capitale Investito come mostrato di seguito :
20
18
Tavola 3 : rettifiche NOPAT - CIo
Il metodo EVA è un metodo misto in quanto determina il valore d’azienda attraverso la
considerazione congiunta del patrimonio tangibile e della redditività rispetto al costo opportunità
del capitale investito.
21
19
4. Metodi basati sui flussi di risultato
I metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di risultato vengono considerati in senso assoluto i
metodi maggiormente razionali ai fini della determinazione del valore d’azienda.
Nell’ambito della tipologia, l’assimilazione tra i metodi di valutazione basati sui flussi di cassa e sui
flussi di reddito, deriva dall’equivalenza logica esistente tra gli stessi, universalmente riconosciuti
come le metodologie maggiormente razionali nel panorama delle tecniche di valutazione del
capitale economico d’impresa.
In tema di valutazione d’azienda, il principio contabile IAS 36, nella definizione di valore d’uso, fa
esplicito riferimento ai flussi di cassa ed al metodo finanziario (DCF), metodologia orientata alla
razionalità ed ai valori correnti ed in grado di apprezzare correttamente il valore d’azienda.
L’interpretazione del principio contabile non deve tuttavia ritenersi letterale, ma come relativa ai
modelli valutativi fondati sui flussi di risultato prospettici9. È noto in dottrina come, fra i criteri di
valutazione assoluti, solo i criteri fondati sui flussi previsionali siano razionali ed universali ed
appartengono a tale categoria sia i criteri fondati sui flussi di cassa che i criteri reddituali10. Inoltre
lo IASB fa riferimento ai benefici economici futuri quando evidenzia la non possibile applicazione
dei criteri valutativi basati sul costo.
La scelta tra il metodo reddituale ed il metodo finanziario, sia in dottrina che nella pratica
professionale, è oggetto di lunga disputa in quanto se da un lato il metodo DCF è divenuto
dominante in tutti i paesi di cultura anglosassone anche in seguito allo sviluppo degli studi sulla
creazione del valore con l’affermazione del noto slogan di Mckinsey “cash is the king”, dall’altro il
metodo reddituale ha mantenuto un ruolo di primo piano nell’Europa continentale grazie al fermo
supporto in Italia, degli studiosi della Scuola del Valore della Bocconi e delle principali università di
Napoli, Roma e Torino, ed in Germania, dell’Institute der Wirtschaftspufer.
Il metodo finanziario ha rappresentato il fulcro del dibattito che si è sviluppato in tema di
valutazione d’azienda a partire dalla prima metà degli anni novanta. Dibattito che aveva origine
essenzialmente dottrinale, in quanto vedeva raffrontarsi due impostazioni metodologiche, quella
europea continentale e quella anglosassone, allora abbastanza differenti. Pur non volendo entrare
nel merito della disputa che, soprattutto in Italia, si è sviluppata con toni talora abbastanza accesi,
9
Guatri L. - Bini M., Impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali, E.G.E.A. Milano 2009.
Conferma al concetto di flussi di risultato prospettici si ritrova nei paragrafi BCZ28 – BCZ20 dello IAS 36 laddove lo standard setter ha
scartato l’utilizzo del criterio del costo come criterio di stima del valore recuperabile. L. Guatri, M. Bini. Nuovo trattato sulla valutazione
delle aziende E.G.E.A. Milano 2005.
10
22
20
ci si limita a ricordare che l’oggetto della querelle dagli anni novanta fu rappresentato da qual
misura fosse più idonea ad interpretare il valore di un’azienda in accezione prospettica11.
La scuola europea privilegia la dimensione economica dal momento che il reddito rappresenta la
pietra angolare dell’intero costrutto scientifico. L’UEC (Union des experts Comptables
Economicques et financiers) con le “Raccomandation sur le procedures a suivre pour les experts
comptable en lattiere d’evaluation d’entreprises (1981)”, accoglie definitivamente i metodi basati
sui flussi con una predilezione di quello reddituale.
Diversamente i principi contabili IAS/IFRS, la scuola e la prassi operativa anglosassone
privilegiavano univocamente l’applicazione del metodo finanziario individuando il valore
dell’impresa nella generazione dei flussi di cassa. La cultura aziendale anglosassone, meno
coinvolta in questo dibattito, ha da sempre privilegiato il flusso di cassa come misura di
performance per eccellenza, ritenendo che il metodo più idoneo all’espressione del valore
aziendale sia il metodo finanziario, avvalorato dall’uso pratico e quotidiano fattone da investitori
istituzionali, banche d’affari ed analisti. Tale contrapposizione sarebbe tuttavia venuta meno in
favore del metodo finanziario con il volgere del nuovo secolo, quando la dottrina aziendalistica
europea ha difatti superato queste contrapposizioni al punto che nella Guida alla valutazione
pubblicata da Borsa Italiana (2004) sono riportati il metodo finanziario, i multipli e l’EVA ma non
quello reddituale. I motivi per cui nel volgere di dieci anni il metodo basato sui flussi di cassa ha
acquistato popolarità sono da rinvenirsi in primo luogo nella crescente ondata di fusioni tra le entità
europee e statunitensi, dove l’esigenza di dotarsi di un metro di misurazione comune ha
comportato l’adozione del metodo finanziario che era quello più utilizzato fra le banche d’affari che
sponsorizzavano e gestivano tali operazioni. Inoltre, l’introduzione degli IAS/IFRS ha condotto al
passaggio dal sistema del reddito tradizionale ad una logica fortemente finanziaria, secondo la
quale non rileva tanto l’ottica di conservazione del capitale o il criterio della prudenza, quanto la
valorizzazione del fair value secondo le aspettative dei comparables di mercato e dei livelli di flussi
di cassa futuri. Infine, c’è da dire che negli ultimi anni il tema della valutazione d’azienda è
diventato un tema principalmente studiato dai cultori della corporate finance più sensibili a misure
di performance finanziarie che a quelle basate su parametri reddituali.
11
Guatri L., Valutazione delle aziende : pretese evidenze empiriche a sostegno della preminenza dei metodi finanziari in recenti opere
americane, finanza marketing e produzione, 1994; L. Guatri, le ragioni della superiorità concettuale ed applicativa dei metodi reddituali,
Finanza marketing e produzione, 1996.
23
21
Tali motivazioni hanno reso il metodo finanziario lo strumento di indagine più diffuso nelle
valutazioni aziendali a livello internazionale.
In maniera diametralmente opposta, le motivazioni che orienterebbero verso l’adozione del metodo
reddituale vanno individuate, oltre che nella corrente crisi generale del concetto del fair value e
sull’instabilità dei mercati finanziari, su alcune assunzioni fondamentali che indurrebbero
all’applicazione del metodo reddituale e l’utilizzo dei flussi economici rispetto a quelli monetari.
In particolare gli studiosi dell’Institute der Wirtschaftspufer di Düsseldorf12 hanno privilegiato
l’analisi dei flussi economici rispetto a quelli monetari, sulla base delle seguenti considerazioni:
x
La grandezza espressiva per eccellenza del risultato operativamente conseguito dalla
gestione è il reddito. Nel breve e medio periodo il flusso di cassa a volte non consente di
rendersi conto della performance aziendale in quanto ad esempio l’andamento decrescente
di tale flusso può sottendere tanto il verificarsi di una performance modesta quanto
l’effettuazione di investimenti per il futuro;
x
Il dividendo, ossia la remunerazione monetaria percepita dagli azionisti, è una quota parte
dell’utile dell’esercizio la cui misura dipende da molteplici variabili esogene ed endogene
che trovano sintesi nella cd “politica dei dividendi”;
x
Ben maggiori incertezze gravano sulla previsione dei flussi di cassa rispetto a quelli
economici;
x
L’assimilazione tra la valutazione di un azienda e la valutazione di un investimento si
scontra con la circostanza che, salvo eccezioni, la vita dell’impresa è indefinita e non può
essere considerata come singolo affare. Il principio che deve ispirare la valutazione del
capitale economico è dunque quello della conservazione, principio il cui rispetto non è
garantito se si prende come flusso da scontare quello di cassa13.
Inoltre gli studiosi della Scuola del Valore della Bocconi di Milano14 individuano alcune situazioni in
cui il ricorso al metodo finanziario incontra ragioni di preferenza, in quanto perviene a risultati
affidabili almeno pari a quelli a cui si giungerebbe applicando il metodo reddituale, lasciando
intendere una maggiore “qualità” dei quest’ultimo.
12
13
14
http://www.idw.de.
Bini M., La logica del metodo reddituale: presentazione di un volume, in “La valutazione delle aziende”, n. 4 1997, pp. 79 e ss.
http://www.unibocconi.it.
24
22
D’altro canto si è ritenuto imprescindibile considerare come il metodo finanziario abbia assunto
negli ultimi decenni un maggior credito rispetto ai metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di
reddito, ritenuti troppo ancorati al principio della competenza e degli assestamenti discrezionali
(discretionary accruals) e non espressivi della reale dinamica del valore dell’azienda, che secondo
tale approccio “vale il denaro che genera”. Inoltre i principi contabili internazionali in corso di
progressiva diffusione fanno continuo esplicito riferimento ai flussi di cassa ed al metodo
finanziario e le tesi prevalenti provenienti dalle principali banche d’affari e business school
statunitensi supportano in maniera assoluta il metodo finanziario15.
I due metodi appaiono come parimenti degni di utilizzo in quanto accettati sia dallo IAS 36 che
dalla dottrina universale nazionale ed internazionale in materia di valutazione. Non ultimo anche
l’utilizzo degli stessi metodi ai fini delle valutazioni finalizzate ad ambiti di natura giuridica (civile,
fiscale e penale) ha assunto riscontro ufficiale16. Le recenti dinamiche di instabilità dei mercati
finanziari e gli elementi di incertezza, che hanno caratterizzato di recente il concetto di fair value
per effetto della volatilità dei valori di mercato, hanno condotto ad un orientamento ai valori
economici come sostenuto dalla scuola tedesca ed italiana in quando in un contesto di forte
instabilità dei valori correnti, è ragionevole considerare la redditività aziendale che trae origine dai
principi di redazione del bilancio e dagli assestamenti non discrezionali (not discretionary accruals)
come un’ elemento di maggiore stabilità e ragionevolezza17. Tuttavia non possiamo escludere la
valenza di un metodo come il finanziario, di assoluta importanza per quanto scritto in precedenza.
Nel seguito si riporta la descrizione dei due metodi di valutazione considerati in senso assoluto, i
metodi maggiormente accreditati dalla dottrina e dalla prassi nazionale ed internazionale in materia
di valutazione, il metodo reddituale ed il metodo finanziario.
Nel seguito si riporta la descrizione dei due metodi di valutazione nelle versioni base.
15
Kothari (Sloan school of management), Damodaran (Stern business school), Copeland (Mckinsey).
Guatri L., Uckmar V., linee guide per le valutazioni economiche : un contributo alla società italiana e alla giustizia in sede civile,
penale e fiscale. E.G.E.A. Milano 2009.
17
Pozzoli S., Valutazione d’azienda tecniche operative e misurazione del valore, Wolters Kluver Italia Srl, 2010.
16
25
23
4.1.Il metodo reddituale
La valutazione con il metodo reddituale si basa sulla capacità di reddito dell’impresa.
Sostanzialmente il metodo si esplica nella previsione dei redditi futuri e nella successiva
attualizzazione dei risultati economici determinati, secondo la formula ritenuta più opportuna.
Due sono le variabili fondamentali che ricorrono nell’implementazione del metodo:
-
i flussi reddituali attesi;
-
il tasso di attualizzazione
Il metodo reddituale nella pratica si adatta a tutte quelle realtà aziendali che non riscontrino
problemi relativi alla struttura finanziaria e sfruttino adeguatamente la propria capacità produttiva.
Il metodo reddituale è ampiamente utilizzato per tutte quelle imprese caratterizzate da un basso
livello di patrimonializzazione, per le quali la redditività si esprime in termini di capitale corrente e
non di capitale immobilizzato. Sono pertanto escluse le imprese immobiliari, assicurative, le
holding finanziarie e gli enti no profit.
Nella determinazione della redditività attesa è possibile scegliere un’unica grandezza di reddito
medio o i diversi flussi reddituali determinati per ogni anno di previsione.
Il punto di partenza per la costruzione della grandezza prescelta è costituito dal dato storico. Due
sono gli approcci possibili:
1. approccio della performance passata;
2. approccio della proiezione dei risultati storici che, secondo un’attenta analisi dei fattori che
hanno inciso storicamente sui risultati, identifica un possibile trend medio di crescita della
redditività, sulla base del quale proiettare i redditi attesi per il futuro.
La grandezza reddituale da utilizzare è un reddito normalizzato, rettificato in base a un processo
che tende a escludere dal dato considerato i componenti straordinari e irrepetibili nonché a
depurare lo stesso dai fattori derivanti esclusivamente dall’applicazione delle politiche di bilancio
adottate dagli amministratori.
Si rendono necessarie ulteriori rettifiche per tenere conto del carico fiscale, procedendo con la
determinazione delle imposte sulla base del reddito normalizzato, adottando solitamente
un’aliquota fiscale minore rispetto a quella effettiva che incorpori l’attualizzazione di imposte future,
come:
26
24
x
La normalizzazione del reddito nelle valutazioni reddituali individua un insieme di rettifiche
volte a ottenere una misura reddituale che sia espressione della capacità dell’impresa di
produrre reddito e che possa essere utilizzata per determinare il valore economico del
capitale.
Il punto di partenza è rappresentato dai risultati storici, che vengono assunti come
indicatore dei risultati che l’azienda potrà generare in futuro; per le aziende di medie
dimensioni è possibile utilizzare anche i risultati economici evidenziati nei piani aziendali
per gli anni futuri.
x
Dal dato storico assunto come base è necessario eliminare tutti quei componenti che
possono generare effetti discorsivi sulla previsione del reddito, generalmente le rettifiche
necessarie consistono:
-
nell’eliminazione dei componenti straordinari di reddito;
-
nell’eliminazione dei componenti di reddito estranei alla gestione caratteristica;
-
nella rideterminazione delle imposte di competenza;
-
nell’aggiunta di eventuali ricavi e costi latenti non rilevati contabilmente;
-
nella correzione di convenzioni contabili che non risultano coerenti con il fine
dell’analisi;
-
nella neutralizzazione di politiche di bilancio.
Il reddito normalizzato non è ancora una misura adatta ad esprimere la reale redditività
dell’azienda, in quanto esso ignora le dinamiche dei beni immateriali e di altri valori non espressi
contabilmente. Questa mancata rilevazione provoca delle distorsioni rilevanti nei processi contabili
di rilevazione del reddito, si pensi ad esempio alle imprese che investono in maniera consistente
nelle reti distributive di mercati esteri e che ottengono risultati positivi soltanto nel medio – lungo
termine, a fronte delle notevoli perdite dei primi anni. Come mostrava Guatri18 in uno studio degli
anni Ottanta, il risultato economico è dato dalla somma di:
18
ƒ
variazione del capitale netto contabile, che indica il reddito periodico e,
ƒ
variazione di valore degli intangibili.
GUATRI L., Il differenziale fantasma, in “Finanza, Marketing e Produzione”, n.1/1989
27
25
Il reddito normalizzato necessità, quindi, una integrazione volta a esprimere la variazione annuale
dello stock di beni immateriali: questa integrazione può essere effettuata ricorrendo al risultato
economico integrato, che esprime la performance dell’azienda mediante la formula:
REI = E + ǻBI + ǻPL
In cui:
E = reddito contabile normalizzato del periodo
ǻBI = variazione di valore degli intangibili nel periodo
ǻPL = variazione di plusvalenze e minusvalenze (non espresse contabilmente) su beni materiali,
crediti e debiti nel periodo.
In maniera differente, ai fini dell’applicazione del metodo reddituale, può non impiegarsi il reddito
medio normale ma la previsione di flussi di reddito usualmente resa mediante un business plan.
In tale ipotesi il valore d’azienda deriva dall’attualizzazione dei flussi di reddito previsti alla data di
riferimento della valutazione.
Normalmente il piano di previsione analitica ha un’estensione di 3/5 anni al fine di evitare previsioni
poco attendibili. Ai fini del valore, assumendo che l’azienda sopravviva successivamente al periodo
di previsione analitica, si utilizza la grandezza sintetica del valore residuo (terminal value).
La determinazione del terminal value deve essere posta con particolare prudenza in quanto tale
elemento può incidere in maniera rilevante sul valore finale.
Non pretendendo in tale sede di esaurire l’argomento,però è necessario assumere un
comportamento prudente nell’utilizzo del flusso da impiegare ai fini della determinazione del
terminal value riguardo alla vita residua dell’impresa ed all’impiego della rendita perpetua.
Sia il metodo reddituale che il metodo finanziario nella versione “base” adottano come flusso per il
terminal value l’ultimo flusso di previsione analitica, in quanto resta l’ultimo flusso analiticamente
prevedibile assumendo una vita residua illimitata e la rendita perpetua.
Su tale rilevante aspetto c’è da valutare accuratamente se l’ultimo flusso di previsione analitica sia
effettivamente espressivo delle condizioni economiche di lungo termine dell’azienda oggetto di
valutazione e se l’utilizzo della rendita perpetua non conduca ad un’eccessiva valutazione del
terminal value e quindi dell’azienda.
Su quest’ultimo punto la prassi europea ha da sempre teso a porre dei limiti prudenziali alle
assunzioni di vita residua da assumere ai fini della valutazione; il metodo misto UEC poneva dei l
28
26
limiti di 5/10 anni di durata del sovrarreddito ai fini della determinazione dell’avviamento; le perizie
di stima previste dal codice civile e finalizzate alle attestazioni di capitale nelle operazioni
straordinarie (trasformazione evolutiva, conferimento d’azienda) richiedono particolare prudenza in
quanto finalizzate alla tutela dei creditori e degli stakeholder sociali in genere.
Nella pratica nazionale ed in genere nei contesti caratterizzati da piccole e medie imprese, è
consigliabile adottare dei limiti temporali alla vita residua in considerazione delle condizioni di
incertezza legate all’esistenza futura delle imprese, è di norma consigliabile adottare dei limiti
temporali alla vita residua.
Possibili indicazioni possono riferirsi in genere ad un limite di 20/30 anni ed in condizioni specifiche
in cui la performance dell’impresa è legata alla persona dell’imprenditore (20 anni); ipotesi di
imprese in condizioni di squilibrio economico finanziario (5 anni)19.
L’ipotesi della vita residua illimitata (o indeterminata) può ritenersi in prevalenza condivisibile nei
contesti delle imprese di medio grandi dimensioni, non riconducibili ad una specifica figura di
imprenditore ma organizzate con una struttura operativa managerializzata il cui perdurare nel
tempo prescinde dalle specifiche persone che operano all’interno della stessa. La concezione del
valore residuo viene recepita difatti dalle logiche delle merchant bank del mondo anglosassone
usualmente impegnate con aziende di grandi dimensioni che consentono in genere l’approccio
valutativo della rendita perpetua.
L’applicazione del metodo reddituale, cosi come vedremo per il metodo finanziario ed il metodo dei
multipli di mercato, può avvenire seguendo due approcci alternativi a seconda che si impieghino
flussi di reddito di natura operativa (NOPAT) o flussi di reddito disponibili (E). Nel primo caso si
adotta un approccio cd. "asset side” che richiede l’adozione come tasso di attualizzazione del
costo medio ponderato del capitale (WACC) e la considerazione della posizione finanziaria netta
per la determinazione del valore del patrimonio netto; nel secondo caso, l’adozione dell’approccio
“equity side“ perviene direttamente al valore del patrimonio netto attraverso l’attualizzazione dei
flussi netti al costo del capitale proprio (Ke).
La formula che segue rappresenta il metodo reddituale “asset side”, analiticamente:
EV = Ȉ NOPAT*(1+WACC)^n + TV - PFN
Dove:
19
Pozzoli S. Op. Cit.
29
27
EV - equity value : valore d’azienda
Ȉ : simbolo matematico di sommatoria
NOPAT = reddito operativo netto imposte
TV = valore residuo (terminal value)
PFN = posizione finanziaria netta
Wacc = tasso di attualizzazione (costo medio ponderato del capitale)
Il tasso di attualizzazione viene costruito applicando il modello del Capital Asset Pricing Model che
prevede la seguente formula ai fini della determinazione del costo medio ponderato del capitale20:
Wacc : ke (E/D+E) + kd (D/D+E)*(1-t)
Dove:
Wacc: costo medio ponderato del capitale
Ke = costo del capitale proprio
E/D+E= incidenza mezzi propri
D/D+E= incidenza mezzi di terzi
t = incidenza fiscale
Kd= costo del capitale di terzi
Il Ke rappresenta il costo opportunità del capitale proprio (cost of equity). In formula:
Ke : Rf + ȕ(MRP)
Dove:
Ke = costo del capitale proprio
Rf = tasso privo di rischio
ȕ = coefficiente di rischio sistematico
MRP = premio per il rischio
Al fine di comprendere le assumptions utilizzate per la determinazione del tasso di attualizzazione
impiegato ai fini della valutazione, ne esaminiamo i componenti:
Il tasso privo di rischio (risk free rate)
Il tasso d'interesse privo di rischio (Risk - free interest rate) rappresenta il tasso d'interesse di
un'attività priva di rischio. L'assunto teorico si basa sull'evidenza che nei mercati è sempre
possibile trovare un titolo che abbia un rendimento (legato al prodotto marginale del capitale senza
20
Il modello del CAPM prevede che, in presenza di informazioni disponibili, la determinazione puntuale del Beta partendo da un
parametro medio di settore (es. beta levered di settore) dovrebbe avvenire eliminando la struttura finanziaria media del settore per poi
aggiungere quella dell’azienda oggetto di valutazione.
30
28
la componente additiva basata sul premio per il rischio) certo e noto ex ante. Nella prassi questi
titoli sono notoriamente titoli di stato che vengono considerati investimenti a rischio zero che
determinano una redditività. Nella pratica è necessario tenere in considerazione che la scadenza
dei titoli di stato assunti ai fini della determinazione del tasso di attualizzazione sia coerente con il
periodo di valutazione dell’azienda. Normalmente come tasso privo di rischio viene assunto il tasso
di rendimento dei BTP con scadenza decennale.
Il coefficiente Beta
Il coefficiente Beta esprime il rischio sistematico del settore in cui opera l’azienda oggetto di
valutazione. Per rischio sistematico si intende la volatilità del titolo al variare dell’andamento
generale del mercato. Potremmo dire che esprime il grado di trasferimento degli effetti delle
variazioni di mercato sulle variazioni del valore del settore in cui l’azienda oggetto di valutazione
opera21.
L’assunzione del parametro B può derivare o dal calcolo analitico della volatilità del rendimento dei
titoli dell’azienda oggetto di valutazione rispetto alla volatilità del rendimento del mercato.
Le complessità di calcolo, soprattutto nella pratica professionale, conduce all’utilizzo di parametri
medi di settore che possono essere desunti dai cd. “beta book” pubblicati da banche dati
aggiornate e generalmente ritenute affidabili22.
Il premio per il rischio (Market risk premium)
Il premio per il rischio (MRP) rappresenta la maggiore remunerazione richiesta dall’imprenditore
che si sottopone ed affronta il rischio di impresa rispetto al rendimento derivante da investimenti in
titoli ed attività prive di rischio. In ambito finanziario può assumersi come la differenza tra
il rendimento atteso di una data attività finanziaria e il tasso d'interesse privo di rischio. In termini
operativi l’assunzione di un coefficiente a titolo di MRP viene posta in essere mediante l’impiego di
analisi macroeconomiche che attribuiscono un MRP medio al paese o l’area di riferimento.
21
Possiamo definire il beta come parametro misuratore dell’elasticità dell’andamento del settore di riferimento rispetto
all’andamento economico generale. Il beta è stato introdotto attraverso il modello del CAPM (Capital Asset Pricing
Model, un modello di equilibrio dei mercati finanziari, proposto da William Sharpe in uno storico contributo nel 1964, e
indipendentemente sviluppato da Lintner (1965) e Mossin (1966). In breve, il CAPM stabilisce una relazione tra
il rendimento di un titolo e la sua rischiosità, misurata tramite un unico fattore di rischio, detto beta. Il beta misura
quanto il valore del titolo si muova in sintonia col mercato. Matematicamente, il beta è proporzionale
alla covarianza tra rendimento del titolo e andamento del mercato. Il CAPM fruttò a Sharpe, insieme con M.M.
Miller e H. Markowitz, il Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel (Premio
Nobel per l'economia) nel 1990.
22
La differenza tra la struttura finanziaria media del settore delle aziende da cui si assume il beta ed il beta
dell’azienda oggetto di valutazione, può essere colmata impiegando la struttura finanziaria dell’azienda oggetto di
valutazione rideterminando il beta (re levered).
31
29
La Posizione Finanziaria Netta (Financial net position) deriva dall’indebitamento finanziario al
netto delle disponibilità e delle attività finanziarie alla data di riferimento della valutazione.
32
30
4.2.Il metodo finanziario
Come detto in precedenza la dottrina più autorevole e la scuola anglosassone attribuiscono il
massimo grado di razionalità al metodo finanziario come determinante del valore economico del
capitale di un’azienda. Come ampiamente illustrato, secondo alcuni è l’unico metodo in grado di
esprimere il valore d’azienda e si fonda sull’attualizzazione dei flussi di cassa che si ritiene
l’azienda sia in grado di generare in un determinato lasso temporale. In maniera simile a quanto
detto per il metodo reddituale, il metodo finanziario utilizza il rendiconto finanziario previsionale e
non il conto economico previsionale.
Si riporta l’algoritmo di calcolo del metodo finanziario, versione equity side:
W = Ȉ FC/(1 + i)^n + VA(TV)
Dove:
W = valore d’azienda
Ȉ = simbolo matematico di sommatoria
FC = flusso di cassa
Ke = tasso di attualizzazione (costo del capitale proprio)
VA (TV) = valore attuale valore residuo (terminal value)
Anche in tal caso può adottarsi l’approccio “asset side” e l’approccio “equity side” a seconda che
venga impiegato il flusso di cassa operativo (FCFO) ovvero il flusso di cassa disponibile (FCFE)
impiegando il tasso di attualizzazione WACC ovvero il costo del capitale proprio (Ke) e pervenendo
al valore del patrimonio netto direttamente ovvero attraverso la considerazione della Posizione
Finanziaria Netta (PFN).
33
31
5.Altri metodi di valutazione d’azienda : i multipli di mercato
Accanto ai metodi di valutazione esposti, da considerarsi di primaria rilevanza, esistono altri metodi
che vengono utilizzati nella pratica operativa, maggiormente orientati al prezzo che al valore. Tra
tali metodologie possono individuarsi il metodo dei multipli di mercato.
Il metodo dei multipli di mercato perviene al valore d’azienda mediante l’osservazione delle
relazioni che legano alcuni parametri significativi dell’azienda oggetto di valutazione (ad esempio
utile netto, risultato operativo, risultato operativo netto, fatturato, cash flow, patrimonio netto) ad
alcune grandezze desumibili da altre aziende (metodi empirici di carattere analogico) considerate
confrontabili ed omogenee.
La valutazione attraverso il metodo in esame attribuisce all'azienda un valore pari a quello
attribuito dal mercato borsistico indipendentemente dall'effettivo valore dell'azienda medesima
stimato con l'impiego dei metodi assoluti (quali finanziario, reddituale, misto).
Tale metodologia mira a sviluppare rapporti (detti "multipli") fondati sugli effettivi prezzi dei titoli di
società comparabili al fine di individuare la relazione che lega il prezzo di mercato del capitale delle
imprese quotate con variabili economiche aziendali, note come "Fundamentals". L'equazione
fondamentale per la valutazione con tale metodologia è la seguente :
Valore dell'azienda (W) = (grandezza economico-patrimoniale dell'impresa) x (moltiplicatore
della variabile espressa dal mercato)
Diffusa è l’applicazione dei parametri economici (Sales, EBITDA, EBIT), multipli di natura operativa
(asset side) che se utilizzati ai fini della determinazione del valore del patrimonio netto (equity
value), similmente a quanto indicato per il metodo reddituale e finanziario, è necessario
considerare la posizione finanziaria netta per il passaggio dall’enterprise value all’ equity value.
L’impiego di multipli equity side (es. l’utile netto) determina direttamente il valore del patrimonio
netto.
Sotto il profilo operativo i multipli possono rinvenirsi da società specializzate (es. Valmetrics) o da
banche date disponibili (es. Damodaran).
34
32
Conclusioni
Gli obiettivi di indipendenza, razionalità e prudenza, richiesti al CTU incaricato in contesti giuridico
- legali, ci induce ad un orientamento verso i metodi di valutazione maggiormente orientati ai flussi
di reddito ed ai flussi di cassa. Tuttavia, in particolare nel contesto delle imprese italiane,
caratterizzato da realtà aziendali diffusamente familiari, è necessario assumere un atteggiamento
prudente, soprattutto nelle ipotesi di utilizzo del valore residuo (terminal value) che nella versione
originaria dei modelli di valutazione assume la rendita perpetua.
Un approccio razionale e nel contempo prudente potrebbe condurre ad utilizzare un metodo sui
flussi con un vita residua limitata.
Ulteriormente, non sono da considerarsi trascurabili applicazioni dei metodi misti e del
patrimioniale complesso in quanto contemperano esigenza di razionalità e di prudenza.
Si consiglia l’utilizzo dei metodi patrimoniali solo nei casi accettabili limitati alle immobiliari ed alle
holding di partecipazioni.
35
33
BIBLIOGRAFIA
Brealey R., Myers S., Allen F., McGraw Hill New York 2007 ed. Discussing the Revolution in Corporate Finance: The Stern Stewart
Roundtables by Donald H., Jr. Chew Blackwell New York 1998.
D. Condello – M. Benvenuti - E. Capoferro - M. Carbone - A. Casagrande - C. De Luca, Consulenti Tecnici e Periti, Ed. G. Giappichelli,
2005.
Bini M., la logica del metodo reddituale: presentazione di un volume, in “La valutazione delle aziende, n. 4 1997, pp. 79 e ss.
Copeland T.E. , Koller T., Murrin J, Il valore dell'impresa. Strategie di valutazione e gestione, Il Sole 24 Ore, 2002
Guatri L. - Bini M., Impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali, E.G.E.A. Milano 2009.
Guatri L., Valutazione delle aziende : pretese evidenze empiriche a sostegno della preminenza dei metodi finanziari in recenti opere
americane, finanza marketing e produzione, 1994; L. Guatri, le ragioni della superiorità concettuale ed applicativa dei metodi reddituali,
Finanza marketing e produzione, 1996.
Guatri L., Uckmar V., linee guide per le valutazioni economiche : un contributo alla società italiana e alla giustizia in sede civile, penale
e fiscale. E.G.E.A. Milano 2009.
Guatri L., Il differenziale fantasma, in “Finanza, Marketing e Produzione”, n.1/1989
Guatri L., Bini M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Università Bocconi Editore, 2005.
Jovenitti P., Il valore dell’impresa, Milano, Pirola, 1990.
Pozzoli S., Valutazione d’azienda tecniche operative e misurazione del valore, Wolters Kluver Italia Srl, 2010.
SITOGRAFIA
www.fondazioneoiv.it
www.ivsc.org
www.appraisers.org
36
34
“ilCercacè” Editore
Via delle Ville n. 4 – c.a.p. 81100 Caserta (CE)
Aut. N. 605 dell’11.11.03 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE)
Grafica Nappa srl
Via Gramsci, 19 - Aversa (Ce)
37
35
Presidente
Gennaro Ciaramella
Vice Presidente
Giovanni Pasquariello
Consigliere Segretario
Stefano Coleti
Consigliere Tesoriere
Gianluigi Raimo
Consiglieri
Fernando Del Rosso, Arturo D'Angelo, Massimiliano Farina Briamonte, Giovanni Menditto,
Francesco Paolo Orabona, Marzio Renzi, Guido Rossi, Marco Sorrentino, Emanuele Zuzolo
Probiviri
Francesco Pierro (Pres.); Andrea Bortone; Paolo Vassallo
------------------------------------------------------------------------------------------------------------Sede p.t. Via Amedeo Modigliani,68 - 81031 Aversa (CE)
Tel. 081/8901198 - 081/8111046 fax 081/5038811 - Cell. +393286164509
www.ugdc.caserta.it e-mail:[email protected]
38
36
Presidente
Gennaro Ciaramella
Vice Presidente
Giovanni Pasquariello
Consigliere Segretario
Stefano Coleti
Consigliere Tesoriere
Gianluigi Raimo
Consiglieri
Fernando Del Rosso, Arturo D’Angelo, Massimiliano Farina Briamonte, Giovanni Menditto,
Francesco Paolo Orabona, Marzio Renzi, Guido Rossi, Marco Sorrentino, Emanuele Zuzolo
Probiviri
Francesco Pierro (Pres.); Andrea Bortone; Paolo Vassallo
Sede p.t. Via Amedeo Modigliani, 68 - 81031 Aversa (Ce)
Tel. 081 8901198 - 081 8111046 - Fax 081 5038811 - Cell. +39 328 6164509
www.ugdc.caserta.it e-mail:[email protected]
Scarica