LA STELLA E LO SCETTRO Lo ved o, ma non ora; lo contempl o, ma da lontano: una stella spunta da Giacobbe, uno scettro s orge da I sraele. ( Nu mer i 24, 17) In un mondo in cui la magia ra ccog lie va sotto il suo manto molteplici espressi oni spirituali, cult urali e folcloristiche, la f ig ur a d el mago Balaam – del quale si hanno tracce anche in altre test imonianze extrabibliche – a veva un rilievo particolare. Assegnato d a l racconto del l ibro dei Numeri ora al p op olo degli Aramei, ora a quello degli Ammo n iti, Balaam incrocia la vicenda di Israele in mar cia verso la terra promessa, dopo aver lasciato alle spalle l’oppressione egiziana. Quest a m assa di fuorusciti ha ormai raggiunto le ste p pe di Moab in Tr ansgiordania. Battaglieri e pr on ti a tutto, accompagnati dalla fama di po polo protetto da u n Di o potente, gli Israeliti sem inano il panico tra gli indigeni moabiti e ammoniti. Costoro decidono di ricorrere n on t an to alle armi quanto piuttosto alla magia, e il re Balak di Moab interpella appunto Ba laam perché, con le sue efficaci maledizioni, riesca ad arrestare q uesta orda di invasori. Ma ecco la grande sorpresa: con tutta la sua buo n a volontà, il mago non riesce ad emettere se no n benedizioni, divenendo paradossalme n te un “pr ofeta” di Israele, malgrado sé ste sso, il suo desiderio e l’attesa del suo committ ente , il sovrano moabita. Il racconto dei capitoli 22 -24 del libro dei Numeri è vivacissimo e, d a ta la sua arcaicità, rivela anche qualche sp un to favolistico, come quello dell’asina parla nte la quale si schiera, anch’essa, dalla pa rt e degli Ebrei (22, 22-35). Affidiamo ai nostri lettori l’impegno d i seguire integralmente quella narrazio ne, sofferm andosi soprattutto sui quattro ora coli di benedizione che Balaam pronunzia, in luogo delle at tese maledizioni (23,7-10; 23,1 8- 24; 24,3-9; 24,15-24). Nell’ultimo oraco lo ci i ncontriam o col passo che propon iam o ora , un testo divenuto celebre per la rilettu ra messianica che ha subito nel giudaismo. Lo sguardo del mago-profeta si allunga verso u n futuro ancor a nebuloso e lontano e là e gli int ravede due segni, una stella e uno sce ttro, simboli regali. La stella matt utina “Lucifero” er a lo stemma ideale del re di Babilonia ( Isa ia 14,12). Ecco, allora, che la traduzion e an tica del nostro frammento ebraico nella lin gua più popolare i n epoca successiva, cio è l’ar am aico, ha questa resa della prima immag in e: «Un re spunta da Gi acobbe». La stella si è trasformata in un sovrano, il re Messia . Così accadrà anche per Cristo, svela to ai Magi (ideali colleghi di Balaam) da una stella , e definito nell’ Apocalisse «stella rad iosa d el mattino» (22,16). La luce, simbolo divin o , accompagnerà d’al tronde anche il ca nt o me ssianico di Isaia: «Il popolo che cammin ava nelle tenebre ha vist o una grande lu ce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa u na luce rifulse» (9,1). Più immediat o è il valore simbo lico de llo scettro, segno dell’autorità regale. Ma anche qui l’antica versione aramaica, r if lett endo la tradizione giudaica, traduce invece d i “scettro”: «Un messi a sorge da Israele». Er a ciò che balenava già nella benedizione che il patriar ca G iacobbe aveva riservato alla tr ibù di Giuda dalla quale sarebbe nato David e e, quindi, il re messi anico: «Non sarà t olto lo scettro da Giuda né il bastone del comand o tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale e sso appartiene e a cui è dovuta l’obbedie nza dei popoli» ( Genesi 49,10). Abbiamo, così , nelle parole di quel remoto mago d’Oriente u n bagliore che anche i cristiani leggono , come gli Ebrei, quasi fosse il ritratto del Me ssia. Solo che per i cristiani quella stella e qu ello scettro rimandano a una persona pre cisa, Gesù Cristo, fi gli o di Maria, figlio di Dio. -1- -2-