La preghiera dei fedeli La prima parte della Messa che identifichiamo con la liturgia della Parola, si conclude con la “Preghiera dei fedeli” che è descritta così dalla Costituzione sulla liturgia del concilio Vaticano II: ”Sia ripristinata dopo il Vangelo e l’omelia, specialmente la Domenica e le feste di precetto, la «orazione comune» detta anche «dei fedeli» in modo che, con la partecipazione del popolo, si facciano speciali preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo”. La Liturgia della Parola inizia con la lettura delle Scritture e rende attuale il comando del Signore sul monte Sinai “Ascolta Israele”. La preghiera dei fedeli è la risposta all’ascolto e fa dire a tutta l’Assemblea “Ascoltaci Signore”. Questo spiega il titolo del libro di Giraudo “Ascolta Israele, ascoltaci Signore” che ci aiuta in questo nostro tentativo di approfondire la liturgia della Parola; oggi fermeremo la nostra attenzione sulla “Preghiera di Fedeli”. Il fondamento scritturistico di questa preghiera può essere trovato nella raccomandazione di S. Paolo a Timoteo nella prima lettera, quando gli dice: “raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”. La preghiera dei fedeli è uno degli esempi più belli di partecipazione del popolo alla liturgia, partecipazione che il documento conciliare raccomanda esplicitamente: “è nel più vivo desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli, indistintamente siano guidati ad una piena, intelligente ed attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, quale esige la natura stessa della liturgia alla quale il popolo cristiano “stirpe eletta, regale sacerdozio, nazione santa e popolo scelto in proprietà, di Dio, ha il diritto ed il dovere di prendere parte”. Il documento per l’applicazione della riforma liturgica definisce così la preghiera dei Fedeli: “questa preghiera è come il frutto della Parola di Dio nell’anima dei fedeli: da essa istruiti, stimolati e rinnovati si alzano tutti insieme per la preghiera che elevano per le necessità di tutta la Chiesa e del mondo. Perciò come la Comunione sacramentale è la conclusione e, per quando riguarda la partecipazione del popolo, il culmine della liturgia Eucaristica, così la preghiera dei fedeli si presenta come la conclusione e, in rapporto alla partecipazione del popolo, il culmine della liturgia della Parola. S. Agostino parla spesso della preghiera dei Fedeli e la descrive con svariate espressioni quali “Preghiera della Chiesa”, “Preghiere quotidiane”, “ Preghiera che la Chiesa ebbe e sempre avrà, dai suoi inizi fino alla fine del mondo”. A questo punto possiamo chiederci come devono essere queste preghiere che una persona legge e che tutta l’Assemblea indirizza al Signore. Le indicazioni che dà Giraudo nel suo libro sono due: è bene che siano in connessione con le letture ed è bene che siano in sintonia con la Tradizione. Riprendendo S. Paolo possiamo dire che la preghiera dei fedeli è composta di domande, suppliche, rimgraziamenti che tengono vivo il collegamento con le letture e che trovano il proprio fondamento nel messaggio appena recepito dalle Scritture e dalla omelia. Il collegamento con la Tradizione è invece assicurato dal documento conciliare che suggerisce due intenzioni di carattere generale e due di carattere particolare. Le intenzioni di carattere generale sono per la Chiesa, per tutti gli uomini e per la salvezza del mondo, perché come dice Dossetti “l’Eucaristia è principalmente l’atto stesso di Cristo nella sua morte e nella sua resurrezione che si fa presente” e quindi ha una portata universale, tale da coinvolgere tutta la Chiesa e tutto il mondo. Le due intenzioni di carattere particolare sono “per coloro che governano e per coloro che si trovano in varie necessità” perché la Messa viene celebrata da una Assemblea locale, con problemi e necessità, gioie e dolori ben identificabili, che devono essere portati davanti al Signore. La storia delle preghiere dei fedeli che si sono state tramandato fin dai primi secoli, mostrano una grande attenzione verso chi si assume delle responsabilità di governo, ricordano con continuità i raccolti ed il frutto del lavoro dell’uomo (oggi diremmo i problemi dell’economia), l’importanza della pace, la situazione degli ammalati, dei carcerati e degli oppressi (che potremmo far rientrare nella espressione “coloro che si trovano in varie necessità”), ed infine il riposo dei padri e dei fratelli che si sono addormentati nel Signore. “In questo modo – dice Giraudo – la nostra preghiera sarà aderenza a Dio, che raduna e parla, e aderenza all’uomo, che nel concreto della sua vita non può fare a meno della Parola e si raduna proprio per ascoltarla”. Concludiamo con una riflessione di Dossetti sull’importanza della preghiera liturgica. Don Giuseppe nel suo libro: “Per una Chiesa eucaristica” dice “credo che si debba aiutare la gente a ritrovare la fiducia che la Liturgia e la Parola di Dio sono normalmente il più potente ausilio alla infermità della nostra natura nella preghiera. La Parola di Dio e la Liturgia, che è la sua proclamazione e ricezione nella Assemblea, è normalmente la stampella più naturale e più ovvia, predisposta dalla Provvidenza divina alla nostra debolezza. 2