Articolo Mostra_nuovo - Museo Regionale di Scienze Naturali

Esistono, all’interno del mantello terrestre elementi chimici radioattivi instabili che, spontaneamente, in un certo periodo di tempo più o
meno lungo ma determinato, si trasformano in altri elementi stabili. Durante questa vera e propria metamorfosi si originano le cosiddette
reazioni di fissione (scissione) nucleare con l’emissione di un’inimmaginabile quantità di energia termica attraverso particelle chiamate
alfa (α), beta (β) e gamma (γ). Si verificano in tal modo enormi e lentissimi spostamenti di materiale più caldo e meno denso, che tende a
risalire dalle zone profonde del nostro pianeta verso la superficie, mentre materiale più denso e più “freddo” ridiscende verso il basso
attraverso correnti convettive e advettive a moto circolare, che danno vita a un trasferimento di energia termica. Il vulcanismo, fenomeno
a scala planetaria, che le testimonianze geologiche ci dicono essere presente e attivo da miliardi di anni, rappresenta pertanto la
risposta al lavoro compiuto nelle profondità della Terra da microscopiche particelle radioattive: dalla tranquilla effusione di lava a
esplosioni gigantesche, così violente da sconvolgere enormi superfici.
All’inizio, per milioni e milioni di anni, dalle profondità del globo, attraverso l’incessante lavoro dei vulcani, molto più grandi e numerosi di
oggi, si ebbe l’emissione di grandi quantità di gas, che diedero luogo a un’atmosfera primordiale, profondamente differente rispetto a
quella odierna, perché molto povera in ossigeno e ricca in metano e ammoniaca. Quando la temperatura del pianeta, dopo molte
centinaia di milioni di anni, raggiunse valori adeguati, ebbe inizio un
processo di condensazione dell’acqua dispersa nell’atmosfera
primordiale che, attraverso vere e proprie piogge bollenti, portò alla
formazione dell’acqua liquida con la conseguente nascita dei primi
oceani, molto più caldi e diversi rispetto a quelli di oggi. Giganteschi
e lentissimi spostamenti di masse rocciose fuse, provenienti dalle
profondità della Terra, hanno consentito al magma intrappolato nelle
profondità del pianeta di affacciarsi in superficie attraverso migliaia
e migliaia di finestre vulcaniche e di trasferire energia e materia
dall’interno verso l’esterno, trasformando la superficie rugosa, che
nel corso di centinaia di milioni di anni, ha cambiato molte volte
aspetto.
Queste speciali “finestre astenosferiche”, che sono i vulcani e che
mettono in comunicazione l’interno con l’esterno del pianeta, non
sono distribuite a caso, ma seguono linee ben precise,
corrispondenti alle zone più instabili del pianeta, frutto di ben
precise caratteristiche geologiche.
Foto D. Russo
Una lunghissima cicatrice di oltre 70.000 chilometri, formata da
migliaia e migliaia di vulcani attivi che formano un complesso e
articolato sistema di creste, dorsali e fratture che si snoda lungo gli abissi marini, dall’oceano Atlantico all’oceano Pacifico attraverso
l’oceano Indiano, rappresenta la più imponente catena montuosa della Terra.
Dalle isole del Giappone, all’Indonesia, alla Nuova
Guinea, alle Filippine, alle Antille e nei tre oceani, ci sono
migliaia di vulcani che trasferiscono enormi quantità di
energia e materia, dall’interno del nostro pianeta verso
l’esterno.
Noi uomini siamo soliti vedere soltanto gli aspetti negativi
dei vulcani, allorquando patiamo le conseguenze della
loro attività, eppure, grazie alla vulcanologia moderna,
oggi siamo in grado di osservarli con ammirazione e
maggiore consapevolezza sul loro ruolo di grandi
costruttori ed equilibratori del pianeta.
Queste speciali macchine termodinamiche ci hanno
consentito di studiare il “fuoco” primitivo, altrimenti
inaccessibile, intrappolato nelle profondità della Terra che
durante le eruzioni si affaccia alla superficie del pianeta
portando all’accrescimento della crosta solida e alla
successiva e conseguente costituzione della litosfera.
Foto G. Amendolia
L’Etna è stato, e continua a essere, uno dei più grandi laboratori naturali per lo studio dei fenomeni geologici e vulcanologici a livello
mondiale: offre la possibilità di osservare direttamente quegli elementi che possono verificare le eccezioni e altresì di ampliare e talvolta
modificare teorie contraddette dalle esplorazioni. Ciò ha portato questo vulcano a diventare anche un laboratorio epistemologico e
antropologico, inteso come paradigma dell’esistenza stessa della Terra e dell’Uomo, giungendo a fornirci elementi di riflessione profonda
sullo sviluppo globale e sul cammino evolutivo del nostro pianeta.
Per il suo altissimo valore scientifico, le sue
bellezze naturali, culturali ed educative,
l’Etna è considerato un sito vulcanico
“iconico” e il 21 giugno del 2013, il “Mount
Etna” è stato inserito all’interno della World
Heritage List dell’UNESCO, per la specificità
e unicità della sua storia geologica.
Il paesaggio geologico etneo, nella sua
complessità e unitarietà, consente di
individuare le principali variabili che
concorrono, e hanno concorso nel passato,
alla sua formazione e alla sua evoluzione,
Foto D. Russo
permettendoci di individuare tutte le
componenti, anche le meno visibili o le più remote, per la comprensione in chiave dinamica dei paesaggi geografici. Inoltre possiamo
altresì comprendere come questi fattori interagiscono tra loro: con quali equilibri, in quali spazi e con quali tempi partecipano alla loro
evoluzione affinché la realtà e l’ambiente, in cui tutti noi viviamo e di cui facciamo parte, non siano solamente visti, osservati e descritti,
bensì compresi. Ciò, è ancor più evidente nelle aree vulcaniche attive, come l’Etna.
Questo complesso vulcanico, ha conosciuto cicli eruttivi culminati in attività violentemente esplosive ma, pur nella loro eccezionalità, tali
attività, non possono essere disgiunte dalle variabili fenomenologie termodinamiche verificatesi nella lunga storia vulcanica e dalle
trasformazioni che avvengono in profondità, nel mantello terrestre, a oltre 20 chilometri di profondità, sotto la crosta terrestre, dove
affondano le radici dell’Etna.
Le eruzioni vulcaniche etnee, nel
caratterizzare l’evoluzione geodinamica,
producono un continuo divenire della
componente fisica del paesaggio geologico
e, per lo più, condizionano fortemente le
attività antropiche che insistono su un
vasto territorio: sempre più spesso i
comuni etnei hanno dovuto fare i conti con
i costi da sostenere per rimuovere le
ingenti quantità di ceneri ricadute, in
seguito alla maggiore frequenza di
fenomeni eruttivi, anche di breve durata e
caratterizzate da un maggior carattere
esplosivo degli stessi.
Questo “carattere” instauratosi nei crateri
sommitali nel corso degli ultimi trent’anni è
stato ampiamente previsto dalle numerose
ricerche effettuate nel corso di decenni da
parte di studiosi mirate a una migliore
conoscenza sia della struttura interna del
sistema vulcanico etneo sia dei fenomeni
precursori delle eruzioni. Basta confrontare
cartografie o fotografie relative all’intervallo
temporale 1987-2017 per capire i profondi
cambiamenti morfologici e strutturali che
sono intervenuti sull’Etna nell’ultimo
trentennio.
Foto D. Russo
Testo di Salvatore Caffo
Laureato e specializzato in Scienze Geologiche ad indirizzo Petrologico. Dottore di Ricerca Universitario in Vulcanologia, dal 1994 è
Dirigente Vulcanologo del Parco dell’Etna e ricopre il ruolo di Direttore del’Unità Operativa di “Ricerca Vulcanologica e Fruizione”.