Capitolo 5 LE FORZE IN NATURA 5.1 www.appuntiematematica.it Ing. Nunzio Schiavone 3472285612 Le interazioni fondamentali. In natura esistono moltimmimi modi tramite i quali i corpi interagiscono tra di loro. E’ possibile, analizzando tutte le possibili interazioni che esistono in natua, osservare che esse sono tutte riconducibili a quattro tipi fondamentali, che per l’appunto prendono il nome di interazioni fondamentali. Queste quattro forze sono: 1. Interazione gravitazionale 2. Interazione nucleare debole 3. Interazione elettromagnetica 4. Interazione nucleare forte. La prima interazione si sviluppa tra tutti i corpi dotati di massa ed a qualunque distanza. La seconda, invece si sviluppa solo in alcune particelle subatomiche, e solo a brevi distanze. La terza, invece si sviluppa tra tutti i corpi che possiedono una particolare proprietà della materia, detta carica elettrica ma a qualunque distanza. La quarta, infine, si sviluppa solo tra le particelle che costituiscono i nuclei degli atomi ed a distanze estremamente brevi. Le due interazioni che si svolgono a qualunque distanza hanno effdetti macroscopici notevoli e pertanto sono facilmente osservabili mentre le due forze nucleari sono osservate solo se si studiano fenomeni che coinvolgono parti dell’atomo. Le teorie sinora sviluppate sull’azione di tali forze, e le successive verifiche sperimentali, hanno mostrato che gli ultimi tre tipi di interazione sono messe in atto grazie a mediatori (ovvero a particelle) indicate genericamente col nome di bosoni. I bosoni relativi alle due interazioni nucleari sono dotati di una massa relativamente elevata mentre il bosone associato alla interazione elettromagnetica (detto fotone) è privo di massa. Questa presenza o assenza di massa è legata alla distanza massima entro cui agisce l’interazione. Per quanto riguarda l’interazione gravitazionale non vi è ancora alcuna evidenza sperimentale, pur tuttavia ipotizza l’esistenza di un quarto tipo di bosone, detto gravitone, anch’esso privo di massa. Analizziamo ora singolarmente le diverse interazioni. 5.2 La forza gravitazionale. Nel paragrafo ?? abbiamo introdotto la forza peso, ovvero la forza cui sono soggetti tutti i corpi sulla superfice terrestre. Tale forza peso non è altro che un caso particolare di una forza più generale, cioè la forza gravitazionale. 73 74 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Figura 5.1: La forza di interazione gravitazionale tra due masse puntiformi. Iniziamo col trattare masse puntiformi, tali cioè che le loro dimensioni siano trascurabili rispetto alla loro distanza. Secondo quanto rilevato da Newton, due qualsiasi corpi di massa M ed m, posti a distanza R, si attraggono tra di loro con una forza che in modulo vale: F =G mM R2 dove la costante G viene detta costante di attrazione gravitazionale e vale: G = 6.66 × 10−11 m3 kg s2 La direzione di tale forza è costituita dalla retta congiungente i due punti ed il verso è tale che la forza risulti sempre attrattiva, ovvero è diretta in senso contrario al raggio (vedi Figura ?? ). In termini vettoriali possiamo allora scrivere: mM ~ F~ = − G R R3 Se consideriamo non più due sole masse ma un sistema di masse m i ed una massa M possiamo applicare il principio di sovrapposizione cioè ritenere che l’effetto complessivo sia semplicemente la somma dei singoli effetti e pertanto se la forza che il corpo M subisce ad opera del corpo m i è: mi M ~ f~i = − G Ri Ri3 allora la forza totale agente sul corpo M è: N X N X mi M ~ F~ = f~i = −G Ri = Ri3 i=1 i=1 N X mi ~ −G 3 Ri i=1 Ri ! M Possiamo osservare che il membro destro di questa espressione è costituito dal prodotto di due termini, il primo dei quali dipende soltanto dal sistema di masse m i (che chiameremo sorgenti) mentre il secondo dalla massa M (che chiameremo rivelatore). Quando si ha a che fare con un sistema di masse e si vuole studiare come varia la forza di gravità agente su di un corpo di massa M , allora, occorre ripetutamente applicare quest’ultima formula. Esiste però un metodo più rapido che permette di calcolare una volta per tutti gli effetti del sistema di masse (sorgenti) e solo successivamente vedere quale è l’azione esercitata sul corpo M (rivelatore). Definiamo pertanto il campo gravitazionale come: ~g = − G N X mi ~ Ri i=1 Ri3 Diremo allora che il sistema di masse m i è la sorgente del campo gravitazionale ~g . Il vantaggio dell’uso di tale campo sta nel fatto che esso dipende solo dalle sorgenti e non dai rivelatori del campo. 75 5.2. LA FORZA GRAVITAZIONALE. Per chiarire possiamo fare un esempio; consideriamo un sisterma costituito da N masse m i . Se vogliamo determinare l’effetto di tale sistema di massa sugli altri corpi dobbiamo considerare un corpo di massa M , calcolare le forze di gravitazione agenti su tale corpo e poi eseguire la somma vettoriale. Ciò va fatto per tutti i possibili corpi di massa M . In alternativa possiamo calcolare, indipendentemente da quale sia il corpo di massa M , il campo gravitazionale prodotto in ogni punto dal sistema di masse. Una volta che avremo calcolato il campo gravitazionale in ogni punto sarà poi facile calcolare la forza agente su un campione di massa M : basterà una semplice moltiplicazione di un vettore per lo scalare M . Questa procedura mostra quale sia la comodità dell’uso del concetto di campo. Le sorgenti generano un campo, indipendente da quali siano i rivelatori, il cui effetto su questi sarà poi la forza. Ritornando al campo gravitazionale appena definito possiamo notare che già nel paragrafo ?? abbiamo incontrato il rapporto tra la forza gravitazionale (allora detta forza peso) e la massa. In quel caso abbiamo chiamato la grandezza g come accelerazione di gravità, poichè essa coincide numericamente con l’accelerazione di movimento di un corpo in caduta libera. Per quello che abbiamo appena detto, però, appare evidente che in realtà essa non è altro che il campo gravitazionale. Le formule relative alla gravitazione, precedentemente descritte, sono valide per corpi puntiformi, ovvero per corpi le cui dimensioni sono trascurabili rispetto alle distanze in gioco; è peró possibile mostrare che queste formule puossono essere adoperate anche nel caso di corpi estesi se, come distanza tra i punti, si intende la distanza tra i due baricentri. Si può anche mostrare che, nel caso di corpi estesi, la forza gravitazionale indotta su un corpo posto a distanza R dal baricentro del corpo esteso è dovuta alla sola massa che si trova all’interno della sfera di centro nel baricentro e di raggio R. In pratica, se si suppone che la Terra sia costituita da materiale omogeneo, la forza gravitazionale (peso) agente su un corpo situato sul fondo di un pozzo non è quella dovuta all’intera massa della Terra ma solo quella dovuta alla porzione di Terra che si trova al di sotto del corpo, ovvero occorre escludere tutta la materia appartenente al guscio sferico sovrastante il corpo. Questa affermazione costituisce il contenuto del teorema di Gauss, valido per tutti i campi proporzionali all’inverso del quadrato della distanza. Figura 5.2: Il flusso del campo gravitazionale uscente da un elemento di superfice. Per poter dimostrare ed enunciare questo teorema occorre definire una nuova grandezza fisica. Data una qualunque superfice S i vettori del campo attraversano questa superfice, si può allora definire una nuova grandezza, detta flusso del campo uscente dalla superfice S, come: Φ= Z S ~ ~g · dS ~ abbiamo indicato un vettore con intensità pari all’area della superfice, direzione perpendiove con dS colare alla superfice stessa e verso uscente dalla superfice; l’integrale è esteso all’intera superfice (vedi Figura ??). Ritorniamo ora alla dimostrazione del teorema di Gauss; tale dimostrazione è possibile in condizioni generali ma richiede opportune tecniche matermatiche. Per evitare questi problemi facciamo riferimento ad un caso semplice, ovvero ad un corpo di massa M posto nell’origine del sistema di riferimento. Ad opera di questo corpo, nello spazio circostante viene a generarsi un campo gravitazionale 76 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA di intensità: M ~ R R3 Consideriamo ora una qualunque superfice chiusa; per semplicità supporremo che tale superfice sia sferica e di centro nell’origine del sistema di riferimento (vedi Figura ??). ~g = G Figura 5.3: Il flusso di campo gravitazione uscente da una superfice sferica. Il flusso del campo gravitazionale uscente da tale superfice è allora: ΦG = Z S ~= ~g · dS Z M ~ ~ G 3 R · dS = G M R S Z S ~ R ~ · dS R3 Notiamo ora che poichè la superfice è sferica e di centro nell’origine, essa è in ogni suo punto ~ e dS ~ sono tra loro paralleli ed in più il vettore R ~ ha perpendicolare al raggio e pertanto i vettori R una intensità costante (pari al raggio della sfera) per cui: ΦG = G M Z Z ~ R M ~ · dS = G 2 dS R3 R S S Dalla geometria sappiamo che la superfice di una sfera è S = 4 π R 2 e pertanto: ΦG = G M 4 π R2 = 4 π G M R2 In definitiva possiamo affermare che il flusso del campo gravitazionale uscente da una superfice chiusa è indipendente dalla posizione della superfice stessa e dipende solo dalla massa contenuta all’interno della superfice stessa. Questo può essere considerato come enunciato del teorema di Gauss. E’ da notare che questo risultato è dovuto al fatto che il campo dipende dall’inverso del quadrato della distanza e pertanto possiamo sin d’ora affermare che un enunciato simile vale per qualunque campo di forze il cui andamento sia inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Sfruttando questa proprietà calcoliamo pertanto la forza gravitazionale per un punto che si trova ad una qualsiasi distanza dal centro della Terra. Per una distanza maggiore del raggio della Terra (circa 6370 km) occorre applicare la formula classica: mM F =G R2 mentre per distanze inferiori al raggio della Terra occorre definire la densità volumica ρ data da: ρ= M = V 4 3 M π R3 e determinare la massa contenuta in una sfera di raggio r < R: 4 M = ρ π r3 = 3 0 4 3 M 4 π r3 = M 3 πR 3 r R 3 77 5.3. LA FORZA NUCLEARE DEBOLE. La forza gravitazionale diviene: m M0 m r 3 mM F =G = G M =G r r2 r2 R R3 e quindi cresce linearmente con la distanza dal centro della Terra. In Figura ?? è mostrato l’andamento della forza di gravitazione in funzione della distanza dal centro della massa M . Figura 5.4: La forza di gravità al variare della distanza. La formula generale sulla forza di gravitazione universale mostra perché sulla Terra il valore della forza peso sia praticamente indipendente dalla quota. Infatti il raggio terrestre è molto grande e quindi, quando ci si limita a punti vicini alla superfice terrestre, la distanza tra il baricentro della Terra ed il corpo varia molto poco (in percentuale), ovvero si può ritenere costante. Ne consegue che la forza peso è indipendente dalla quota ed ancora che l’accelerazione di gravità vale: 24 M −11 5.97 × 10 = 6.66 × 10 = 9.81 m/s2 2 6 R 6.37 × 10 La forza di gravitazione universale è una delle principali forze esistenti in natura e, per quanto si può conoscere, è soggetta a leggi generali, valide in tutto l’universo. E’ essa che regola il corso dei pianeti intorno al Sole e del sistema solare stesso intorno alla Galassia nonché il reciproco movimento dei vari sistemi galattici tra di loro. Nel seguito, se non esplicitamente dichiarato, tratteremo solo forze gravitazionali sulla superfice terrestre, cioè forze peso. E’ comunque da notare che la forza di attrazione gravitazionale universale è una forza conservativa e che è possibile definire per essa un’energia potenziale data da: M U (r) = − G m R avendo preso come punto di riferimento un punto all’infinito. La forza di gravitazione universale si applica, ovviamente, al Sistema Solare e permette a tutti i pianeti di ruotare intorno al Sole, cos come permette ai diversi satelliti di girare intorno al loro pianeta. Nella tabella ?? sono riportati i dati relativi ai pianeti del Sistema Solare ed alla Luna. g=G 5.3 La forza nucleare debole. E’una forza che agisce solo su piccole distanze, inferiori alle dimensioni atomiche. E’ coinvolta nel decadimento della particelle atomiche e quindi nei fenomeni di radioattività. 5.4 La forza elettromagnetica. E’ noto che strofinando con una pezza di lana l’astuccio di una penna questo, poi, è in grado di attrarre dei pezzettini di carta. Ciò accade poichè l’astuccio si elettrizza, ovvero si carica di una nuova proprietà della materia che prende il nome di carica elettrica. 78 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Pianeta Raggio Raggio Periodo di Periodo di medio dell’orbita rotazione rivoluzione (kg) (km) (km) (h) (anni) 2 × 1030 696500 Mercurio 3.302 × 1023 2440 57.895 × 106 1407.509 0.2408 Venere 4.669 × 1024 6051.84 108.16 × 106 5832.444 0.6152 Terra 5.974 × 1024 6371.01 149.60 × 106 23.93419 1.0000 Marte 6.419 × 1023 3389.92 227.99 × 106 24.622962 1.8807 Giove 1.899 × 1027 69911 778.37 × 106 9.92425 11.8565 Saturno 5.685 × 1026 58232 1427.0 × 106 10.65622 29.4235 Urano 8.683 × 1025 25362 2870.8 × 106 17.24 83.7474 Nettuno 1.024 × 1026 24624 4497.0 × 106 16.11 163.7232 Plutone 0.15 × 1023 1151 5913.7 × 106 4153.28 248.0208 4.857 × 1023 1737.8 384.4 × 103 27.321661 gg 27.321661 gg Sole Luna Massa Tabella 5.1: I dati astronomici La materia è formata in gran parte di particelle carice, alcune con una particolare carica che viene detta positiva (ad esempio i protoni del nucleo di un atomo), ed altre con un’altra carica detta negativa (ad esempio gli elettroni). Queste cariche interagiscono tra di loro scambiandosi una forza che, in condizioni statiche, viene detta forza di Coulomb. Per determinare la sua intensità si utilizza la formula: 1 qQ F = 4 π 0 R 2 dove q e Q sono le due cariche, R è la distanza tra le due cariche stesse ed 0 è una costante detta costante dielettrica del vuoto. La forxa è attrattiva se le due cariche sono dello stesso segno e repulsiva nel caso opposto Volendo indicare la strutura vettoriale della forza scriveremo: F~ = 1 qQ ~ R 4 π 0 R 3 La struttura di questa forza è simile a quella della forza gravitazionale. Anch’essa è inversamente proporzionale al quadrato della distanza e pertanto anche per essa è possibile definire un campo elettrico la cui equazione è: Q ~ ~ = 1 R E 4 π 0 R 2 Poichè questo campo è inversamente proporzionale al quadrato della distanza per esso vale il teorema di Gauss, secondo il quale il flusso di campo elettrostatico uscente da una qualunque superfice chiusa è: Z ~ · dS ~= 1 Q ΦG = E 4 π 0 S ove Q è la carica complessiva contenuta all’interno della superfice S. Un’altra proprietà della materia è quella di permettere che due magneti si attraggano o si respingano a seconda della loro polarità. Anche in questo caso è possibile definire un campo vettoriale detto ~ campo magnetico ed usualmente indicato con il simbolo B. 79 5.5. LA FORZA NUCLEARE FORTE. Possiamo ora osservare che una particella carica elettricamente, sottoposto all’azione di un campo elettrico e di un campo magnetico subisce una forza: F~ = q ~ + ~v ∧ B ~ E ovvero esso subisce sempre una forza ad opera del campo elettrico ma a questa si aggiunge quando è in moto con velocità ~v una forza dovuta al campo magnetico. La forza complessivamente agente sulla particella viene indicata come forza di Lorentz. E’ importante notare che questa formula sembra non rispettare il principio di relatività galileana. Infatti se si cambia il sistema di riferimento cambierà il vettore velocità e pertanto dovrebbe cambiare il valore della forza di Lorentz. Questa apparente incongruenza si risolve supponendo che i valori dei campi elettrici e dei campi magnetici siano dipendenti dalla velocità del riferimento. In altre parole ciò che in un riferimento inerziale viene visto come campo elettrico verrà visto, in un altro riferimento inerziale in moto rispetto al primo, come campo magnetico. E’ per questo motivo che i campi elettrici e magnetici non vengono descritti in fisica come due entità differenti ma come due aspetti della stessa proprietà e pertanto si parla di campo elettromagnetico. 5.5 La forza nucleare forte. La forza nucleare forte si sviluppa all’interno del nucleo di un atomo ed ha azione solo all’interno di questo nucleo (entro i 10−15 m). 5.6 Le forze d’attrito. Quando due materiali sono posti a contatto, nella realtà, accade sempre che tra i due materiali si sviluppano delle forze che tendono ad annullare il moto reciproco tra i due materiali. Tali forze prendono il nome di forze di attrito e si suddividono in forze di attrito statico, se i due corpi sono effettivante fermi l’uno rispetto all’altro ed in forze di attrito dinamico se tra i due corpi c’è moto reciproco. 5.6.1 La forza di attrito statico. E’ esperienza comune che, quando si poggia un corpo su una superfice orizzontale e gli si applica una piccola forza, questa non provoca alcun movimento sinché il valore della forza non supera un determinato valore. Poiché dalle equazioni della dinamica sappiamo che un corpo persegue il suo stato di quiete o di moto se e solo se la forza applicata è nulla, se ne deduce che oltre alla forza da noi applicata deve esistere un’altra forza di uguale modulo, uguale direzione ma verso opposto. Tale forza prende il nome di forza di attrito statico. Per determinare quantitativamente il valore di tale forza consideriamo un semplice esperimento. Supponiamo di poggiare un corpo di massa m su una superfice la cui inclinazione rispetto all’orizzontale sia variabile a piacere (vedi Figura ??). Detto θ tale angolo d’inclinazione si vede facilmente che la forza peso può essere scomposta in due componenti, uno perpendicolare e l’altro parallelo alla superfice del piano. In modulo risulta: Fk = m g sin θ F⊥ = m g cos θ Il piano di appoggio reagisce con due distinte forze; una di queste, detta reazione vincolare, è diretta perpendicolarmente alla superfice (per motivi di simmetria) ed uguaglia esattamente il componente perpendicolare della forza peso (almeno sinché il piano è in grado di reggere il peso del corpo). La seconda forza è la forza di attrito statico: essa ha direzione parallela alla superfice, modulo e verso tali da annullare la risultante delle forze parallele. 80 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Figura 5.5: La forza di attrito statico. Dette N la reazione vincolare e Fas la forza di attrito statico, risulterà: Fas = m g sin θ N = m g cos θ Variamo ora l’angolo di inclinazione del piano di appoggio facendolo aumentare; sperimentalmente si vedrà che per piccoli valori dell’angolo il sistema è in equilibrio, ovvero le forze generate dal piano bilanciano esattamente la forza peso mentre per valori dell’angolo di inclinazione superiore ad un determinato valore θl non si ha più quiete ma il corpo inizia a scivolare verso il basso, ovvero la forza di attrito non bilancia più il componente parallelo della forza peso. Risulta pertanto che il valore della forza d’attrito statica non è definibile a priori poiché essa tende solo a divenire uguale alla forza che produrrebbe il moto. Si può però dire che tale forza d’attrito ha un valore massimo che, nell’esempio del piano inclinato è dato da: Fas M AX = m g sin θl Questa formula ha una incongruenza logica. Infatti la forza di attrito è generata dal piano e pertanto deve essere determinata in base a ciò che il piano conosce. Il piano non conosce quanto vale la forza di attrito ma solo quanto vale la forza con la quale il corpo preme su di esso poichè è in base a questa forza che il piano genera la reazione vincolare. Possiamo allora scrivere Fas N M AX = m g sin θl = m g cos θl per cui Fas M AX = m g sin θl = N sin θl = N tan θl cos θl In generale diremo allora che: Fas ≤ αs N dove αs è detto coefficiente di attrito statico. Tale coefficiente, come può vedersi sperimentalmente, non dipende dall’entità delle superfici in contatto ma solo dal loro stato di lavorazione (levigate o scabre). E’ da notare che la forza di attrito è proporzionale alla reazione vincolare del piano. Ciò, ad esempio, richiede che se oltre alla forza peso sia applicata un’altra forza (ad esempio con la stessa direzione ma con verso opposto) il corpo peserà sul piano in maniera diversa (nell’esempio peserà di meno) e quindi la forza di attrito sarà diversa. A dimostrazione di ciò si può notare che quando si cerca di spostare una scrivania facendola scivolare sul pavimento la si prende dal basso verso l’alto, ovvero si fa in modo da alleggerire il carico sul pavimento e quindi si diminuisce il valore della forza di attrito. 81 5.7. LA FORZA ELASTICA. 5.6.2 Le forze di attrito dinamico. Nel precedente paragrafo abbiamo visto l’insorgere di una forza di attrito che tende a far rimanere fermo un corpo. Si è anche visto che una volta che la forza motrice superi un valore limite non si ha più equilibrio con la forza d’attrito ed il corpo inizia a muoversi; cessa quindi di agire la forza di attrito statico ma si instaura una forza di attrito dinamico. Tale forza di attrito dinamico ha una direzione ed un verso tale da opporsi alla forza motrice (come per la forza di attrito statico) ma il suo modulo è dato da: Fad = αd N dove αd prende il nome di coefficiente di attrito dinamico radente. Ciò se il corpo striscia sul piano. Nel caso in cui il corpo rotoli sul piano si genererà una forza di attrito che però è di tipo particolare e che pertanto viene detta forza di attrito volvente. Lo svilupparsi di tale forza è legato al fatto che quando un corpo si appoggia su un altro esso,a meno che non sia perfettamente rigido, si defroma un poco. Durante la rotazione tale deformazione viene a spostarsi lungo il corpo e sulla superficie di appoggio. Se si fa, allora, l’ipotesi che i corpi siano perfettamente rigidi tale forza può allora essere considerata nulla. Si può dimostrare che, per un corpo che rotoli senza strisciare, il punto di contatto tra ruota e superfice è, istante per istante, fermo rispetto a questa e quindi si ha una forza d’attrito statico anche se essa si verifica a causa del movimento del corpo. In realtà quel che accade è che l’esistenza dell’attrito statico fa ruotare il corpo (se l’attrito statico fosse nullo avremmo un puro slittamento). A causa di tale forza d’attrito si genera poi un momento resistente che si oppone al moto del corpo. Si può facilmente notare che le forze di attrito dinamiche non sono forze conservative, anzi esse producono sempre una dissipazione di energia e quindi vengono dette forze dissipative. Il lavoro compiuto da una forza d’attrito dinamico radente in uno spostamento indicato da s è dato da: L = − αd N s e risultando negativo mostra appunto come esso riduca l’energia a disposizione del corpo. 5.7 La forza elastica. Nel definire la forza abbiamo detto come un qualsiasi corpo, soggetto ad una forza, si deformi. In altre parole, quando applichiamo una forza ad un corpo, l’estremo del corpo al quale è applicata la forza si muove, variando la dimensione del corpo stesso. Giunto ad un determinato valore della deformazione il movimento del punto cessa, indicando che la risultante delle forze applicate al punto è nulla. Ne consegue che, durante la deformazione di un corpo, si generano delle forze che indicheremo col nome di forze elastiche. Nella pratica vi sono diversi tipi di elasticità che però possono essere tutti ricondotti a tre tipi fondamentali: 1. forze di elasticità di trazione o compressione. 2. forze di elasticità di taglio o scorrimento. 3. forze di elasticità di torsione. Per analizzare i diversi casi consideriamo un cubo. Applicando due forze parallele e controverse al centro di due facce opposte vediamo che la distanza tra queste due facce varia. Parleremo allora di elasticità per trazione o compressione a seconda che il corpo si allunghi o si accorci. 82 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Figura 5.6: Elasticità per trazione o compressione. Dalla Figura ?? si nota che in tal caso la causa deformante è la forza F mentre l’effetto della deformazione la x. Se invece applichiamo le due forze su due spigoli opposti vedremo che il cubo tende a deformarsi assumendo una forma romboidale. In tal caso si ha l’elasticità per taglio o scorrimento. Figura 5.7: Elasticità per taglio o scorrimento. In questo caso, come si osserva dalla Figura ??, la causa deformante è il momento delle forze F mentre l’effetto l’angolo θ. Infine se si applicano su due facce opposte del cubo due momenti torcenti diretti in senso opposto avremo che le due facce ruoteranno l’una rispetto all’altra e parleremo di elasticità per torsione. Figura 5.8: Elasticità per torsione. Anche in questo caso, come si osserva dalla Figura ??, la causa deformante è il momento delle forze F mentre l’effetto l’angolo θ. Quantitativamente trattiamo solo il caso della trazione poichè gli altri casi sono sostanzialmente equivalenti. In un grafico rappresentiamo l’andamento della forza elastica in funzione della deformazione (vedi Figura ??). Man mano che si aumenta il modulo della forza si osserva una deformazione sempre crescente. 83 5.7. LA FORZA ELASTICA. Figura 5.9: Andamento della forza elastica. In una prima zona (regione di Hooke) si osserva una diretta proporzionalità tra deformazione e forza applicata (ovvero forza elastica). Per valori superiori della forza non osserviamo più la proporzionalità anche se la deformazione appare legata alla forza applicata, nel senso che una volta eliminata la causa della deformazione si elimina anche la deformazione stessa. Il valore massimo della forza per la quale si ha questo fenomeno viene detto limite di elasticità. Come possiamo osservare nella Figura ??) se si va oltre la zona di elasticità il materiale continua a deformarsi ma perde le sue proprietà elastiche divenendo plastico, ovvero, una volta cessata la causa della deformazione il materiale non torna nella condizione iniziale ma resta parzialmente deformato. Si genera quindi una situazione nella quale il materiale assume una dimensione che dipende dalla staoria precedente e si parla di isteresi. Figura 5.10: Fenomeno dell’isteresi. Aumenando ancora il valore della forza applicata si giunge al limite di snervamento, corrispondente ad una zona nella quale il corpo non offre praticamente alcuna resistenza all’azione della forza: basta anche una piccola forza per produrre una grande deformazione. In queste condizioni il materiale è praticamente rotto, anche esso apparentemente può sembrare ancora integro. Altri materiali possono, invece che lo snervamento, presentare una rottura macroscopica, in tal caso si parla di limite di rottura. 84 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Nella regione di Hooke esiste una semplice relazione che permette di collegare deformazione e forza elastica. Per l’elasticità per trazione o compressione si ha: F =−k x ove con x si è indicata la deformazione subita e con k si indica un parametro dipendente dallo specifico corpo deformato e che prende il nome di costante elastica del corpo. Si può sperimentalmente mostrare che tale costante elastica dipende linearmente dall’area della sezione trasversa del filo, inversamente dalla lunghezza iniziale del filo stesso e dal materiale di cui è costituito il filo. In formula: E k=S l ove S è la sezione del filo, l la sua lunghezza ed E un parametro dipendente dal materiale e chiamato modulo di Joung. Si può allora scrivere F x =E S l Definiamo ora lo sforzo come F σ= S e la deformazione come x = l Ne consegue che risulta σ=E (5.1) Se quando si sottopone un corpo ad una forza esso si allunga è ovvio dedurre che se si sottopone un corpo ad un insieme di forze agenti su tutta la sua superfice il volume stesso del corpo varierà. E’ possibile mostrare che la variazione di volume subita dal corpo è proporzionale al rapporto tra la forza totale applicata al corpo stesso e l’area della superfice esterna: V − V0 F =−K V S Il coefficiente di proporzionalità K viene detto coefficiente di compressibilità. Per un solido isotropo ed omogeneo il coefficiente K risulta pari all’inverso del modulo di Joung. Materiale Modulo Sforzo di Young di rottura (N/m2 ) (N/m2 ) 7 × 1010 2 × 108 Acciaio 20 × 1010 5 × 108 Mattoni 2 × 1010 4 × 107 Vetro 7 × 1010 5 × 107 Legno stagionato 1 × 1010 1 × 108 Osso (trazione) 1.6 × 1010 12 × 107 Osso (compressione) 0.9 × 1010 17 × 107 Alluminio Tabella 5.2: I parametri di elasticitá di trazione per alcuni materiali 85 5.7. LA FORZA ELASTICA. Nel caso dell’elasticità di taglio, detto θ l’angolo di cui lo spigolo si deforma, si considera come deformazione la quantità = tan θ mentre, indicata con S la sezioen della superfice deformata, lo sforzo di taglio è definito come σ= F S e pertanto σ=B ove il coefficiente B è detto modulo di scorrimento. Materiale Modulo di scorrimento (N/m2 ) Alluminio 2.4 × 1010 Acciaio 8.4 × 1010 Vetro 2.3 × 1010 1 × 1010 Legno stagionato 1.6 × 1010 Osso Tabella 5.3: I parametri di elasticitá per taglio per alcuni materiali Infine nel caso della torsione abbiamo che, detto τ il momento torcente applicato e θ l’angolo di cui una faccia ruota rispetto all’altra, è θ τ = B Ip l dove l é la distanza tra le due suferici che ruotano ed I p é una proprietà geometrica del corpo ed è chiamato momento polare di inerzia.. Per un cilindro è π r4 Ip = 2 Materiale Momento Angolo limite limite (N/m2 ) (gradi) Femore 140 1.5 Tibia 100 3.4 Omero 60 5.9 Radio 20 15.4 Ulna 20 15.2 Tabella 5.4: I valori limite per la torsione di alcune ossa umane 86 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Come già dimostrato nel capitolo precedente, le forze elastiche sono forze conservative e l’energia potenziale associata è data da: 1 U = k x2 2 ove come punto di riferimento si è preso il punto a deformazione nulla. 5.8 Fenomeni di flessione I tre tipi di elasticità enunciati nel precedente paragrafo costituiscono le basi per la trattazione di qualsiasi problema di elasticità. Nella pratica essi non agiscono separatamente ma in maniera coordinata tra di loro. Per esemplificare questi fenomeni di elasticità consideriamo un esempio molto comune. Supponiamo di avere una sbarra di lunghezza L e sezione S che viene sollecitata in direzione perpendicolare ad l, an esempio dalla forza peso (vedi Figura ??). Figura 5.11: Sbarra di lunghezza L e sezione S. La forza peso, agendo sul baricentro genera, rispetto ad ognuno degli estremi, un momento torcente che fa flettere la sbarra. Questa assume allora non più la forma rettilinea ma tende ad acquisire una forma curvilinea che, in prima approssimazione, pu essere ritenuta circolare. Osservando la Figura ?? possiamo notare che la sbarra può essere suddivisa in due frazioni, separate da una superfice ideale. La parte superiore della sbarra viene a contrarsi mentre quella inferiore viene ad allungarsi. La superfice centrale pertanto non subisce alcuna deformazione e pertanto viene detta superfice neutra. Nella figura tale superfice è indicata in grigio. Considerata la diversa deformazione di ogni parte risulta che ogni zona della sbarra scorre rispetto alla zona sottostante. Figura 5.12: Superfice neutra di una sbarra in flessione. Si comprende pertanto che in questo caso non vi sono solo fenomeni di trazione e contrazione ma anche di taglio e scorrimento. Per analizzare quantitativamente il problema occorre notare che in tale caso la causa della flessione è il momento generato dalla forza peso. Tale momento viene equilibrato da un momento elsatico interno che può essere scritto come τi = E IA R (5.2) dove abbiamo supposto che la sgarra si deformi secondo un arco di circonferenza di raggio R. Il parametro E è il modulo di Young mentre I A è un termine puramente geometrico ed è chiamato momento areolare d’inerzia. 87 5.9. FATTORI DI SCALA Per una sbarra a profilo rettangolare il momento areolare d’inerzia vale IA = a3 /b 12 mentre per un cilindro di raggio R si ha IA = 5.9 π/R2 /b 4 Fattori di scala In questo paragrafo vogliamo dare alcuni esempi di come sia possibile ricavare importanti risultati da semplici considerazioni. In linguaggio tecnico si parla di scaling per indicare l’ipotesi che alcune proprietà cambino su tutti i sistemi solo in base al cambio di una dimensione, cioè siano in scala. Consideriamo per prima cosa un albero e cerchiamo di determinare se esiste una correlazione tra le sue due dimensioni caratteristiche: altezza e raggio del tronco. A tale scopo supponiamo che un albero sia semplicemente un cilindro di raggio d ed altezza L..Per effetto del suo stesso peso l’albero tende a flettersi. Per semplicità supporremo che la struttura dell’albero sia omogenea e che pertanto essa si fletta con un raggio di curvatura R, come indicato nella Fig. ??. Figura 5.13: Un albero, a forma cilindrica di altezza L e raggio del tronco R, si piega sotto il suo peso. La forza peso dell’albero, applicata nel suo centro di massa posto a mezza altezza, esercita un momento torcente sull’albero di intensità pari a: τ =M g s che appunto tende a torcere l’albero. Tale momento torcente non deve superare il valore massimo del momento elastico che il tronco stesso esercita per reagire alla deformazione. Supponendo appunto che l’albero sia un perfetto cilindro omogeneo la condizione limite risulta allora: τ =M g s= π d4 E 4R dove E è il modulo di Young. Per determinare il valore di s occorre considerare il triangolo OAB, retto in B, ed applicare il teorema di Pitagora: 2 L 2 2 2 R = H + (R − s) = + (R − s)2 2 88 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Sviluppando questa relazione e considerando solo piccoli valori di s, per cui sono trascurabili i termini in s2 , si ricava: L2 s= 8R Per quanto riguarda la massa dell’albero dobbiamo notare che essa è pari al prodotto della densità per il volume e quindi M = ρ π d2 L Sostituendo nella equazione dei momenti otteniamo: ρ π d2 L g L2 π d4 E = 8R 4R che semplificata fornisce: ρ g L3 = d2 E 2 per cui: L= E ρg 1 3 2 2 d3 = c d3 In conclusione siamo giunti alla conclusione che un albero (o più in generale un cilindro) non può avere una altezza qualsiasi ma ha un limite superiore, dipendente dal suo raggio, oltre il quale esso è destinato a rompersi sotto il suo stesso peso. Sperimentalmente si verifica che, in media, gli alberi hanno una altezza che dipende appunto dal loro diametro, non superando mai il valore limite sopra enunciato. Riportando i valori sperimentali dei due parametri e cercando quale equazione soddisfa al meglio questi dati si ottiene, esprimendo tutte le distanze in metri: 2 L = 88 d 3 Occorre notare che la dipendenza della lunghezza dal raggio è una caratteristica non solo degli alberi ma di qualsiasi struttura cilindrica. Per evidenziare questa caratteristica supponiamo di considerare ogni organismo (uomo, cane, elefante, coniglio gatto, topo, etc) come costituito semplicemente da un cilindro di lunghezza L e raggio R e cerchiamo di determinare quale relazione esiste tra massa e superfice corporea. Per un cilindro la massa è data da 2 8 M = ρ π R2 L = ρ π R2 c R 3 = ρ π c R 3 per cui otteniamo che: R= M ρπc 3 8 Per la superfice è 2 5 S = 2 π R L = 2 π R c R3 = 2 π c R3 Sostituendo il valore determinato per il raggio, abbiamo: S=2π c " M ρπc 3 # 53 3 8 = 2 (π c) 8 ρ 5 8 5 5 M8 =k M8 Ancora una volta questo risultato è in accordo con i dati sperimentali su tutti i tipi di mammiferi terrestri, dal topo all’elefante. Lo stesso modello è in grado di spiegare anche come varia la potenza prodotta per metabolismo in funzione della massa corporea. La potenza prodotta è quella associata alla contrazione dei muscoli. e quindi è data dal prodotto della forza sviluppata per la velocità di contrazione. Poichè il meccanismo di funzionamento dei muscoli 89 5.9. FATTORI DI SCALA è sempre lo stesso si può considerare che la forza sviluppata è proporzionale all’area trasversale del muscolo e pertanto la potenza metabolica si può scrivere come W = F0 v A Se ancora una volta supponiamo che la forma sia quella semplice del cilindro risulta che l’area trasversa è proporzionale al quadrato del raggio e pertanto 2 W =K R =K " M ρπc che è in ottimo accordo con i dati sperimentali. 3 #2 8 = K∗ M 3∗2 8 = K ∗ M 0.75 90 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA 5.10. ESERCIZI 5.10 91 ESERCIZI Esercizio 5.1 : Trovare la variazione dell’accelerazione di gravità quando un corpo penetra ad una profondità h sotto la superfice terrestre. A quale profondità l’accelerazione di gravità è il 25%? Esercizio 5.2 : Calcolare il periodo di rotazione di un corpo avente massa m, posto ad una distanza r = 0.1 m da un altro corpo di massa M = 10 6 kg (supposto fisso). Esercizio 5.3 : Si determini la distanza della Luna dalla Terra sapendo che la massa della Terra è di 5.974 × 1024 kg. Esercizio 5.4 : Utilizzando i dati dell’esercizio precedente e ricordando che la massa della Luna è m = 4.857 × 1023 kg mentre il suo raggio è r = 1737.8 km, si calcoli l’energia meccanica totale della luna. Esercizio 5.5 : Una pallina da golf, di massa m = 50 g, viene lanciata sino a toccar terra dopo 180 m. Supponendo che l’alzo sia di 30◦ determinare la velocità iniziale della pallina e l’impulso ceduto dalla mazza durante l’urto. Esercizio 5.6 : Su un piano inclinato rispetto all’orizzontale di un angolo θ = 30 ◦ , un corpo scivola per d = 2.0 m, con coefficiente d’attrito dinamico µ = 0.115, partendo da fermo. Determinare la velocità con cui il corpo lascia il piano. Esercizio 5.7 : Un meteorite cade da grande distanza sulla superfice terrestre, con velocità iniziale nulla. Quale sarà la velocità di impatto nell’ipotesi che l’attrito sia trascurabile? Esercizio 5.8 : Un corpo viene lanciato lungo un piano inclinato di un angolo θ = 30 ◦ rispetto all’orizzontale, con velocità iniziale v 0 = 4.0 m/s. Dopo aver percorso in salita un tratto lungo l = 1.5 m, il corpo urta contro un ostacolo che assorbe metà dell’energia cinetica del corpo e poi torna in basso. Determinare la velocità che il corpo possiede immediatamente prima e dopo l’urto, nonché quella che possiederà quando ripasserà per il punto di partenza. Esercizio 5.9 : Un aereo, scendendo in picchiata con un’inclinazione di 30 ◦ rispetto all’orizzontale e con una velocità di 200 m/s, lascia cadere una bomba da una quota di 1.0 km. Determinare quale deve essere la distanza, sul piano orizzontale, dall’obiettivo per essere sicuro di colpirlo (senza attriti). Esercizio 5.10 : Un corpo, posto a metà di un piano inclinato lungo l = 15 m ed inclinato di 30◦ rispetto all’orizzontale, è lanciato con velocità iniziale v 0 = 20 m/s verso l’alto, lungo il piano inclinato. Trascurando gli attriti determinare la velocità di caduta al suolo ed il punto di caduta. Esercizio 5.11 : Un corpo sta salendo lungo un piano inclinato di θ = 30 ◦ rispetto all’orizzontale e lungo L = 500 m, con una velocità costante v = 72 km/h. Giunto a metà del percorso la forza motrice cessa di agire. Determinare la velocità con cui il corpo raggiunge la base, ed il tempo impiegato. Esercizio 5.12 : Su un piano orizzontale è posto un corpo di massa m 1 = 0.20 kg. Sopra di esso è poggiato un altro corpo di massa m2 = 0.10 kg. Sapendo che il coefficiente d’attrito dinamico tra i due 92 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA corpi è µ2 = 0.50 mentre quello tra corpo inferiore e piano è µ 1 = 0.10 si determinino le accelerazioni dei due corpi quando una forza F = 0.70 N è applicata orizzontalmente al solo corpo superiore. Esercizio 5.13 : Una massa di 100 kg è trainata lungo una superfice orizzontale priva di attrito, da una forza F tale da imprimere a tale massa un’accelerazione a = 6.0 m/s 2 . Una massa m = 20 kg è posta sopra la massa M , con un coefficiente d’attrito tra le due superfici a contatto. Determinare quanto vale la forza applicata ed il coefficiente di attrito tra i due corpi Esercizio 5.14 : Una massa di 100 kg è trainata lungo una superfice orizzontale priva di attrito, da una forza F tale da imprimere a tale massa un’accelerazione a = 6.0 m/s 2 . Una massa m = 25 kg è posta sopra la massa M , con un coefficiente d’attrito tra le due superfici a contatto, ed ha un’accelerazione, relativamente al corpo inferiore, pari a a 2 = 4.0 m/s2 . Determinare quanto vale la forza applicata, quanto vale il coefficiente di attrito tra i due corpi ed infine quanto vale l’accelerazione dei due corpi insieme. Esercizio 5.15 : Un corpo di massa m = 100 g si trova su un piano inclinato di altezza h = 0.50 m ed angolo di inclinazione rispetto all’orizzontale θ = 30 ◦ , con coefficiente d’attrito dinamico µ = 0.10. All’istante t = 0 il corpo viene lasciato libero di muoversi. Calcolare la velocità del corpo ai piedi del piano inclinato e l’energia cinetica corrispondente. Esercizio 5.16 : Un blocco di massa m = 3.0 kg scende strisciando lungo una rampa curva e priva di attrito, partendo da una altezza di 0.80 m. Successivamente striscia per 5.0 metri su una superficie scabra, prima di fermarsi. Determinare la velocità del blocco ai piedi del piano inclinato, il lavoro fatto dalle forze di attrito nel secondo tratto ed il coefficiente di attrito dinamico. Esercizio 5.17 : Una pietra lanciata su una superfice ghiacciata con una velocità iniziale v 0 = 2.0 m/s, percorre 20 m prima di fermarsi per effetto dell’attrito. Determinare il coefficiente di attrito. Esercizio 5.18 : Un corpo di massa m = 4.0 kg sale lungo un piano inclinato di 30 ◦ rispetto all’orizzontale. Sapendo che la sua energia cinetica iniziale è K = 128 J e che il coefficiente di attrito dinamico è µ = 0.30 si determini lo spazio di arresto. Esercizio 5.19 : Un corpo di massa M = 4.0 kg scende lungo un piano inclinato di 30 ◦ rispetto all’orizzontale. Sapendo che la sua energia cinetica iniziale è K = 110 J e che il coefficiente di attrito dinamico è µ = 0.80 si determini lo spazio di arresto. Esercizio 5.20 : Un oggetto di massa M = 1.5 kg è poggiato su un piano orizzontale scabro; esso viene urtato da un proiettile, di massa m = 100 g e velocità v 0 = 100 m/s, che si conficca in esso. Determinare la velocità iniziale con cui rincula il corpo e il coefficiente d’attrito col piano se esso percorre, prima di fermarsi, un tratto l = 20 m. Esercizio 5.21 : Un corpo di massa M = 2.0 kg è collegato ad una molla di costante elastica k = 8.0 N/m. Se la molla viene compressa di un tratto x = 3.0 cm e poi viene lasciata libera si determini l’accelerazione iniziale del corpo. Esercizio 5.22 : Un corpo di massa m = 0.12 kg cade da una altezza h = 8.0 m su una molla, 5.10. ESERCIZI 93 con costante elastica k = 3.0 kN/m. Si determini la massima compressione della molla. Esercizio 5.23 : Un corpo di massa m = 2.0 kg è spinto contro una molla di costante elastica k = 2.00 kN/m provocando una compressione della molla pari a x = 0.10 m. Determinare la massima quota raggiunta da corpo quando la molla viene lasciata libera di espandersi. Esercizio 5.24 : Un filo lungo l1 = 10 cm, sottoposto ad una determinata forza, si allunga di x = 0.10 mm. Determinare quale sarà l’allungamento prodotto dalla stessa forza in un filo costituito dallo stesso materiale ma di sezione dimezzata e lunghezza l 2 = 16 cm. Esercizio 5.25 : Un filo è costituito da un primo pezzo di acciaio (E 1 = 21 × 1010 N/m2 ) lungo l1 = 700 cm, di sezione cilindrica con diametro d 1 = 1.0 mm, e da un secondo pezzo di ferro (E2 = 6 × 1010 N/m2 ) lungo l2 = 150 cm ed anch’esso di sezione cilindrica ma con diametro d2 = 1.5 mm. Determinare qual è la forza necessaria a produrre un allungamento dell’intero filo pari ad X = 0.80 mm. Esercizio 5.26 : Una massa di 1.0 kg è lasciata libera su un piano inclinato di un angolo θ = 30 ◦ rispetto all’orizzontale. Dopo essere scivolata senza attrito lungo il piano per l = 2.0 m il corpo urta contro una molla avente una costante elastica k = 100 N/m. Determinare il massimo accorciamento subito dalla molla. Esercizio 5.27 : Una sbarra costituita da tungsteno ed avente sezione cilindrica con raggio R = 4.0 cm e lunghezza l = 1.5 m viene adoperata come asse di trasmissione da un motore ad un differenziale. Sapendo che il coefficiente di elasticità di taglio per il tungsteno vale B = 1.5 × 10 11 N/m2 e che l’angolo massimo di torsione sopportabile dall’asse é pari a 2.0 ◦ si determini la massima coppia trasmissibile dall’asse. 94 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA 5.11 SOLUZIONI Svolgimento dell’esercizio 5.1 : Per calcolare il campo gravitazionale dobbiamo ricordare che esso è dovuito solo alla massa sottostante e pertanto occorre calcolare quanta massa è compresa in una sfera di raggio pari ad r: m=ρ 4 π r3 3 dove la densità ρ della terra è determinabile a partire dalla massa dell’intera terra, supposta omogenea ed isotropa: M ρ= 4 3 3 π R per cui m= 4 3 M 4 π r3 = M 3 πR 3 r R 3 L’accelerazione di gravità sarà: gR = G m 1 = G 2M 2 r r r R 3 =G M M r r r=G 2 =g 3 R R R R ove g è la normale accelerazione di gravita al livello del mare. Per la richiesta del testo deve essere: gR = g r = 0.25 g R per cui r = 0.25 R = 0.25 × 6371.01 = 1592. 8 km Svolgimento dell’esercizio 5.2 : Il corpo è sottoposto all’attrazione gravitazionale dell’altro corpo. Se consideriamo ora un riferimento polare con l’origine coincidente col corpo di massa M avremo che la forza è diretta lungo il raggio vettore rappresentante il corpo di massa m, ed è diretta verso l’origine del riferimento. Ricordando che nel caso di moto circolare uniforme la forza che produce il moto è proprio una forza siffatta possiamo dedurre che il corpo si muoverà di moto circolare uniforme, con velocità angolare ω tale che la forza centripeta sia proprio uguale alla forza gravitazionale, ovvero che: m ω2 r = G ovvero: ω= s G mM r2 M r3 Ricordiamo ora che il periodo è: 2π T = =2π ω s r3 GM da cui numericamente: 2π T = =2π ω s r3 =2×π× GM s 0.13 = 24 sec 6.66 × 10−11 × 106 95 5.11. SOLUZIONI Svolgimento dell’esercizio 5.3 : Possiamo ripetere i conti svolti precedentemente ed ottenere che la velocità angolare con la quale si muove la Luna è: s M ω= G 3 R dove R è la distanza Terra-Luna ed M è la massa della Terra. Il periodo di rivoluzione della Luna intorno alla Terra è: s 2π R3 T = =2π ω GM e quindi: R= T2 GM 2 2 2 π !1 3 Per sostituire i numeri occorre tenere presente che il periodo di rivoluzione della Luna è di circa 27.321661 giorni e pertanto T = 27.321661 × 24 × 3600 = 2.36 × 106 per cui: R= 6.66 × 10 −11 × 5.974 × 10 2.36 × 106 × 22 π 2 24 2 ! 31 = 3.83 × 108 m = 3.84 × 105 km Svolgimento dell’esercizio 5.4 : L’energia meccanica totale della luna è formata di tre termini e cioè dall’energia potenziale gravitazionale, dall’energia cinetica del moto di rivoluzione intorno alla Terra e dall’energia cinetica del moto di rotazione su sé stessa. Per l’energia gravitazionale abbiamo: Ug = − G ML 4.857 × 1023 = − 6.66 × 10−11 × = −1.861 × 107 J RL 1.7378 × 106 L’energia cinetica di rivoluzione è, invece: 1 1 KR = ML v 2 = ML 2 2 2πR T 2 1 = × 4.857 × 1023 × 2 2 × π × 3.83 × 108 2.36 × 106 !2 = 2.53 × 1029 J Infine l’energia cinetica di rotazione è: 1 1 Kr = IL ω 2 = 2 2 1 ML R 2 2 2π T 2 1 2 × π × 3.83 × 108 = × 4.857 × 1023 × 4 2.36 × 106 !2 = 1.26 × 1029 J Per quanto riguarda l’energia totale si ha: E = Ug + KR + Kr = 2.53 × 1029 + 1.26 × 1029 − 1.861 × 107 = 3.79 × 1029 J Svolgimento dell’esercizio 5.5 : Dal moto del proiettile sappiamo che la gittata è: XG = v02 sin 2θ g 96 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA per cui v0 = s XG g = sin 2θ r 180 × 10 = 46 m/s sin 60◦ Per quanto riguarda l’impulso trasferito dobbiamo ricordare che esso è pari alla variazione di quantità di moto: F ∆t = ∆p per cui F ∆t = m v0 = 50 × 10−3 × 46 = 2.3 N s Svolgimento dell’esercizio 5.6 : Sul corpo agiscono tre forze: la forza peso, diretta verticalmente verso il basso, la reazione vincolare del piano, diretta perpendicolarmente al piano stesso e capace di equilibrare parzialmente la forza peso, e la forza di attrito che è pari al prodotto della reazione vincolare del piano per il coefficiente di attrito. La reazione vincolare N bilancia esattamente la componente della forza peso normale al piano stesso e cioè: N = mgcos θ La forza d’attrito agente sul corpo mentre esso scivola sul piano è: Fa = µ N = µ mgcos θ La componente della forza peso, parallela al piano Fa = mgsin θ tende a muovere il corpo verso il basso. Per risolvere il problema si possono seguire due strade. La prima consiste nel calcolare la forza netta agente sul corpo, ovvero Fa − Fa = mgsin θ − µ mgcos θ = mg(sin θ − µcos θ) e quindi l’accelerazione che questa forza impre al corpo: a= Fa − F a = g(sin θ − µcos θ) = 4 m/s2 m Con questa accelerazione il corpo inizia a muoversi e percorre sul piano un tratto d. Per le equazioni del moto uniformemente accelerato è v = at d = 1 2 2at per cui s v=a √ 2d √ = 2da = 2 × 2 × 4 = 4 m/s a Il secondo metodo per risolvere il problema è basato sul bilancio energetico. Il corpo inizialmente possiede solo energia potenziale gravitazionale; durante il suo moto parte di questa energia viene trasformata in energia cinetica ed altra viene persa a causa della dissipazione di energia introdotta dalla forza di attrito. Il bilancio energico è pertanto: 1 mgh = mgd sin θ = mv 2 − (µ mgcos θ) d 2 97 5.11. SOLUZIONI e quindi 1 gd sin θ + µgdcos θ = v 2 2 ovvero v= q 2gd (sin θ + µcos θ) = 4 m/s Svolgimento dell’esercizio 5.7 : Poiché il corpo cade da grande distanza, con velocità iniziale nulla, possiamo ritenere che la sua energia meccanica iniziale sia nulla. Tale dovrà allora essere anche l’energia finale e quindi: mM 1 2 mv − G =0 2 R ove m è la massa del meteorite, M la massa della Terra ed R il raggio di questa. Si ha quindi che: v= s M 2G = R s 2G p p M R = 2 g R = 2 × 9.81 × 6.37 × 106 = 11.2 km/s 2 R Svolgimento dell’esercizio 5.8 : Poiché il moto lungo il piano è privo di attrito si ha la conservazione dell’energia e quindi la velocità prima dell’urto è calcolabile mediante il principio di conservazione dell’energia 1 1 1 m v02 = m v12 + m g h = m v12 + m g l sin θ 2 2 2 per cui v02 − 2 g l sin θ = v12 q √ v1 = v02 − 2 g l sin θ = 16 − 2 × 10 × 1.5 × 0.5 = 1.0 m/s Dopo l’urto l’energia cinetica si dimezza 1 1 1 m v22 = m v12 2 2 2 e pertanto la velocità dopo l’urto sarà v22 = 1 2 v02 v = − g l sin θ 2 1 2 ovvero v2 = s v02 − g l sin θ = 2 r 16 − 10 × 1.5 × 0.5 = 0.71 m/s 2 Durante il moto di discesa il corpo riacquista energia cinetica, a scapito dell’energia potenziale, e pertanto si ha: 1 1 1 m v32 = m v22 + m g h = m v22 + m g l sin θ 2 2 2 per cui v2 v2 v32 = v22 + 2 g l sin θ = 0 − g l sin θ + 2 g l sin θ = 0 + g l sin θ 2 2 ed in definitiva s r v02 16 v3 = + g l sin θ = + 10 × 1.5 × 0.5 = 3. 9 m/s 2 2 98 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Svolgimento dell’esercizio 5.9 : In questo caso occorre scrivere l’equazione del moto di un proiettile e quindi, indicando con θ = 30 ◦ l’alzo, con v0 la velocità iniziale e con H la quota iniziale, si ha x = v0 cos θ t y = H − v0 sin θ t − 1 2 g t2 Risolvendo la seconda equazione: 1 2 si ottiene g t2 + v0 sin θ t − H = 0 q 1 t= − v0 sin θ ± v02 sin2 θ + 2 g H g La soluzione negativa non ha senso fisico e pertanto occorre considerare solo la soluzione positiva q 1 − v0 cos θ + v02 cos2 θ + 2 g H = 0.1∗ −200 × 0.5 + t= g q 2 (200 × 0.5) + 2 × 10 × 1000 = 7.32 s La distanza cercata si ottiene dalla equazione √ 3 x = v0 cos θ t = 200 × × 7.32 = 1268 m 2 Svolgimento dell’esercizio 5.10 : Poiché occorre trascurare gli attriti possiamo applicare, per il moto lungo il piano inclinato, la conservazione dell’energia e pertanto la velocità posseduta dal corpo nel punto estremo del piano inclinato sarà determinata dal principio di conservazione dell’energia 1 1 h m v02 = m v12 + m g 2 2 2 dove l’altezza h è determinata dalla relazione h = l sin θ Si ricava pertanto che: v1 = q v02 − g l sin θ = p 202 − 10 × 15 × 0.5 = 18 m/s Da questo punto in poi il moto del corpo sarà quello di un proiettile e pertanto x = v1 cos θ t y = h + v1 sin θ t − 1 2 g t2 Per determinare il punto di caduta occorre imporre y = 0 e risolvere la seconda equazione ottenendo g t2 − 2 v1 sin θ t − 2 h = 0 la cui soluzione è q 1 t= v1 sin θ ± v12 sin2 θ + 2 g h g 99 5.11. SOLUZIONI Anche in questo caso, come nell’esercizio precedente, la soluzione col segno meno non ha senso fisico e pertanto, in definitiva q 1 t= v1 sin θ + v12 sin2 θ + 2 g h = 2.42 s g Sostituendo nella prima equazione equazione si ha √ 3 x = v1 cos θ t = 18 ∗ ∗ 2.42 = 38 m 2 Per calcolare la velocità al suolo basta applicare la conservazione dell’energia e quindi 1 1 m v12 + m g h = m v22 2 2 per cui v22 = q v12 + 2 g l sin θ = p 182 + 2 × 10 × 15 × 0.5 = 22 m/s Svolgimento dell’esercizio 5.11 : Una volta che la forza cessa di agire, il moto del corpo è soggetto alla sola forza peso. Tale forza viene parzialmente controbilanciata dalla reazione vincolare del piano e quindi la forza residua è la sola componente parallela al piano, avente modulo: Fk = m g sin θ L’equazione del moto sarà quella di un moto uniformemente accelerato con una accelerazione data da: a= Fk = g sin θ m e pertanto l’equazione del moto è: v = v0 − g sin θ t x = x0 + v0 t − 12 g sin θ t2 con v0 = 72 km/h = 20 m/s ed x0 = L/2 = 250 m. Il corpo inizialmente continua a salire, diminuendo progressivamente la sua velocità, poi continuerà in suo moto scendendo all’indietro sino a raggiungere il fondo del piano inclinato e cioè la posizione x = 0. Nella figura ?? è mostrato l’andamento della posizione (linea continua) e della velocità (linea tratteggiata) al variare del tempo Figura 5.14: L’andamento della posizione e della velocità nell’Esercizio ?? . 100 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA Per risolvere numericamente il problema consideriamo la condizione di posizione nulla (base del piano inclinato): 1 x0 + v0 t − g sin θ t2 = 0 2 che numericamente diviene 250 + 20 t − 2.5 t2 = 0 la cui soluzione è t1 = 14.8 s, non considerando la soluzione negativa che nel nostro caso non ha senso fisico. Per determinare la velocità si considera v = v0 − g sin θ t = 20 − 10 × 0.5 × 14.8 = −54 m/s Il segno negativo per la velocità indica che il corpo è diretto in direzione opposta all’asse x scelto, ovvero il corpo scende verso il basso. Svolgimento dell’esercizio 5.12 : Per risolvere questo esercizio basta applicare le equazioni cardinali della dinamica traslazionale ai due corpi, dopo aver correttamente indicato le forze applicate ai singoli corpi. Indichiamo pertanto con F12 la forza d’attrito tra primo e secondo corpo e con F 1p la forza d’attrito tra il primo corpo e la superfice d’appoggio. L’equazione cardinale, applicata al corpo superiore è: m2 a2 = F − F12 = F − µ2 m2 g mentre per l’altro corpo abbiamo m1 a1 = F12 − F1p = µ2 m2 g − µ1 (m1 + m2 ) g Dalla prima equazione otteniamo: a2 = F 0.70 − µ2 g = − 0.50 × 10 = 2.0 m/s2 m2 0.10 e dalla seconda: a1 = [µ2 m2 − µ1 (m1 + m2 )] ovvero: a1 = [0.50 × 0.10 − 0.10 × (0.20 + 0.10)] × g m1 10 = 1.0 m/s2 0.20 Svolgimento dell’esercizio 5.13 : Iniziamo col determinare quanto vale la forza applicata. In base al secondo principio della dinamica F = M a = 100 × 6.0 = 600 N Per la seconda parte del problema anche qui occorre applicare le equazioni cardinali della dinamica traslazionale ai due corpi separatamente. Indichiamo pertanto con F 1 la forza d’attrito tra i due corpi e scriviamo: M a = F − F1 = F − µ m g ma = F1 = µmg Sommando membro a membro queste due equazioni si ha (M + m) a = F − µ m g + µ m g = F 101 5.11. SOLUZIONI per cui a= F (M + m) Dalla seconda delle due equazioni si ottiene µmg = ma = m F (M + m) per cui µ= F 600 = = 0.5 (M + m) g (100 + 20) × 10 Svolgimento dell’esercizio 5.14 : Iniziamo col determinare quanto vale la forza applicata. In base al secondo principio della dinamica F = M a = 100 × 6.0 = 600 N Per la seconda parte del problema anche qui occorre applicare le equazioni cardinali della dinamica traslazionale ai due corpi separatamente. Indichiamo pertanto con F 1 la forza d’attrito tra i due corpi, con a1 l’accelerazione del corpo sottostante rispetto al suolo e con a 2 l’accelerazione del corpo soprastante riseptto al corpo inferiore e scriviamo: M a1 = F − F1 = F − µ m g m (a1 + a2 ) = F1 = µmg Le incognite sono a1 e µ. Sommando membro a membro queste due equazioni si ha (M + m) a1 + m a2 = F − µ m g + µ m g = F per cui a1 = F − m a2 600 − 25 × 4 = = 4.0 M +m 100 + 25 Il coefficiente d’attrito è µ= m (a1 + a2 ) 25 × (4 + 4) = = 0.8 mg 25 × 10 Dalla seconda delle due equazioni si ottiene µmg = ma = m F (M + m) per cui µ= F 600 = = 0.5 (M + m) g (100 + 20) × 10 Svolgimento dell’esercizio 5.15 : Poiché il corpo è soggetto alla forza peso ed alla forza d’attrito non possiamo applicare il principio di conservazione dell’energia ma dobbiamo tener conto dell’energia persa a causa della forza dissipativa. L’energia finale (costituita solo da energia cinetica) sarà pertanto data dall’energia iniziale (a sua volta 102 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA costituita solo dal termine di energia potenziale) cui è stato sottratto il lavoro dissipato dalla forza d’attrito 1 m v 2 = m g h − Latt 2 Per determinare il lavoro dissipato dalle forze di attrito occorre determinare tale forza di attrito. Si ottiene allora: Fatt = µ N = µ m g cos θ per cui il lavoro dissipato è Latt = Fatt s = µ m g cos θ s = µ m g cos θ In definitiva abbiamo h sin θ 1 cos θ m v2 = m g h − µ m g h 2 sin θ e quindi K= 1 2 θ m v 2 = m g h 1 − µ cos sin θ v = r θ 2 g h 1 − µ cos sin θ Numericamente abbiamo √ 3 = 0.41 J r √ = 2 × 10 × 0.5 × 1 − 0.1 × 3 = 2.9 m/s K = = 0.1 × 10 × 0.5 × 1 − 0.1 × v Svolgimento dell’esercizio 5.16 : Nel primo tratto il corpo è soggetto solo a forze conservative e quindi il principio di conservazione dell’energia ci permette di scrivere: 1 m g h = m v2 2 ovvero: p √ v = 2 g h = 2 × 10 × 0.8 = 4.0 m/s Alla base del piano inclinato il corpo possiede un’energia cinetica, pari all’energia potenziale che possedeva in alto 1 K = m v 2 = m g h = 3 × 10 × 0.8 = 24 J 2 ma procedendo lungo il piano orizzontale tale viene ad essere dissipata ad opera delle forze di attrito. Quando il corpo si sarà fermato dovrà allora aversi: K= 1 m v 2 = m g h = Latt = µ m g s 2 per cui µ= K mgh h 0.8 = = = = 0.16 mgs mgs s 5 Svolgimento dell’esercizio 5.17 : Tutta l’energia cinetica iniziale del corpo viene dissipata dalla forza di attrito e quindi: K= 1 m v 2 = Latt = µ m g s 2 103 5.11. SOLUZIONI ovvero µ= K m v2 v2 22 = = = = 0.010 mgs 2mgs 2gs 2 × 10 × 20 Svolgimento dell’esercizio 5.18 : Il corpo possiede inizialmente una certa quantità di energia cinetica che successivamente viene in parte consumata dal lavoro svolto dalla forza di attrito. L’energia residua sarà puramente potenziale. Si ha quindi: K = m g h + Latt = m g s sin θ + µ m g s cos θ e pertanto s= Numericamente è s= K m g (sin θ + µ cos θ) 128 = 4.2 m 4 × 10 × (0.5 + 0.3 × .86605) Svolgimento dell’esercizio 5.19 : Il corpo possiede inizialmente una certa quantità di energia cinetica ed una certa quantità di energia potenziale che successivamente viene consumata dal lavoro svolto dalla forza di attrito. Abbiamo pertanto: K + m g h = Latt = K + m g s sin θ = µ m g s cos θ per cui K = µ m g s cos θ − m g s sin θ = m g s (µ cos θ − sin θ) ed in definitiva s= K 110 = = 14 m m g s (µ cos θ − sin θ) 4 × 10 × (0.8 × .86605 − 0.5) Svolgimento dell’esercizio 5.20 : Poiché l’urto è anelastico non vale la conservazione dell’energia ma solo quella della quantità di moto. Risulta allora che: m v0 = (M + m) V e pertanto V = m 0.1 v0 = × 100 = 6.25 m/s M +m 1.5 + 0.1 Successivamente il blocco perde la sua energia cinetica ad opera della forza d’attrito e pertanto K= 1 (M + m) V 2 = µ (M + m) g s 2 e quindi µ= 1 (M + m) V 2 1 V2 6.252 = = 0.5 × = 9.8 × 10−2 m/s 2 (M + m) g s 2 gs 10 × 20 Svolgimento dell’esercizio 5.21 : A causa della compressione si genera una forza elastica data da: F = −k x 104 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA che applicandosi al corpo produrrà un’accelerazione: |a| = |F | kx 8 × 0.03 = = = 0.12 m/s2 M M 2 Svolgimento dell’esercizio 5.22 : Il corpo inizialmente possiede una energia potenziale gravitazionale che poi si trasforma in energia cinetica e di nuovo in energia potenziale elastica. La massima compressione della molla si avrà quando tutta l’energia gravitazionale si sarà trasformata in energia elastica e cioè 1 k x2 = mg(h + x) 2 Questa è una equazione del secondo ordine. Possiamo provare a risolverla in maniera approssimata, supponendo che la compressione sia piccola rispetto all’altezza di caduta; si ha 1 k x2 = mgh 2 per cui x= s mgh 2 = k s 2× 0.12 × 10 × 8 == 0.08 m 3 × 103 Poichè effettivamente la compressione è piccola rispetto ad h l’approssimazione è corretta. In caso contrario avremmo dovuto risolvere l’equazione di secondo grado. Svolgimento dell’esercizio 5.23 : Il problema si risolve semplicemente come il precedente, ma con la relazione letta al contrario. Abbiamo cioè che tutta l’energia elastica si trasforma in energia gravitazionale: mgh = 1 k x2 2 e quindi: h= 1 k x2 1 2000 × 0.102 = × = 0.5 m 2 mg 2 2 × 10 Questa altezza comprende anche la compressione della molla. Svolgimento dell’esercizio 5.24 : Per la legge di Hooke applicata ai due fili abbiamo che: F =E per cui x2 = S1 S2 x1 = E x2 l1 l2 S1 l2 S1 0.16 x 1 = S1 × × 0.10 = 0.32 mm S2 l1 0.10 2 Svolgimento dell’esercizio 5.25 : Indichiamo con x1 ed x2 i due allungamenti dei due pezzi. Risulterà che la loro somma è l’allungamento dell’intero filo X. Considerando che la forza applicata ad un estremo risulterà applicata ad ogni punto del filo si ha che, detta F la forza, è: S1 S2 F = E 1 x1 = E 2 x2 l1 l2 105 5.11. SOLUZIONI e quindi x2 = E1S1 l2 x1 E2S2 l1 D’altra parte è E1S1 l2 x1 X = x 1 + x2 = 1 + E2S2 l1 e pertanto x1 = E2S2l1 X (E2S2l1 + E1S1l2 ) Consideriamo ora che le sezioni dipendono dal quadrato dei diametri e si ha x1 = In definitiva otteniamo dove la sezione S1 è data da E2d22l1 X = 0.75X E2d22l1 + E1d21l2 S1 S1 F = E1 x1 = E1 0.75X l1 l1 π S1 = d21 = 7.854 × 10−7 m2 4 Numericamente è F = 21 × 1010 × 7.854 × 10−7 × 0.75 × 0.8 × 10−3 = 14 N 7 Svolgimento dell’esercizio 5.26 : Indichiamo con x il tratto di cui si accorcia la molla. Il tratto percorso lungo il piano dal corpo sarà allora l + x e quindi la quota del corpo diminuirà da (l + x)sin θ sino a 0. L’energia gravitazionale persa e trasformata in energia elastica sarà: 1 mg(l + x)sin θ = kx2 2 ovvero: 1 2 kx − mgxsin θ − mglsin θ = 0 2 che scritta numericamente fornisce 50x2 − 5x − 10 = 0 le cui soluzioni sono x1 = 0.5 m x2 = −0.4 m di cui solo la prima ha senso fisico. E’ da notare che nella risoluzione di questo esercizio si è tenuto conto della perdita di energia gravitazionale subita durante l’accorciamento della molla. In un precedente articolo esso era stato trascurato perchè piccolo. In questo esercizio non poteva essere trascurabile poichè 0.5 m (la x) non è trascurabile rispetto a 2.0 m (la l). Svolgimento dell’esercizio 5.27 : Dalle formule dell’elasticità di torsione ricaviamo che: θ τ = BIp l 106 CAPITOLO 5. LE FORZE IN NATURA dove per un cilindro Ip = πR4 4 Si ha allora: πR4 θM AX τM AX = B 4 l che numericamente è τM AX = 6.8 × 103 N m avendo avuto cura di considerare l’angolo espresso in radianti.