STORIA DEI PROBLEMI AMBIENTALI Giandomenico Piluso (DEPS) Lezioni: mercoledì: 10-12 (aula 2) giovedì: 12-14 (aula 1) Ricevimento: giovedì: 10-12, ufficio 219, 2° piano, Dipartimento di Economia Politica e Statistica Tutte le informazioni: http://www.econ-pol.unisi.it/piluso/didattica.htm Contatti: [email protected] Il corso 2 Il corso si svolge in 40 ore, articolato in due moduli di 20 ore ciascuno, e comporta l’acquisizione di 6 crediti (3 + 3) Testi di riferimento per il primo modulo (26 ottobre-24 novembre): S. Mosley, Storia globale dell’ambiente, Bologna, Il Mulino, 2013 [J. McNeill, Qualcosa di nuovo sotto il sole, Torino, Einaudi, 2000] Modalità d’esame: Per i “frequentanti”: una prova intermedia (primo modulo) e una seconda prova parziale (secondo modulo) Per tutti: le prove parziali e gli esami saranno svolti in forma scritta © Giandomenico Piluso 2014 Obiettivi del corso 3 Il corso considera i mutamenti degli ecosistemi per effetto dell'aumento della popolazione e del progresso tecnico negli ultimi cinquecento anni Il corso è suddiviso in due moduli: Il primo modulo prende in esame periodizzazione e dinamiche dei mutamenti ambientali. Il secondo modulo esamina questi temi con riferimento a studi di caso (in particolare il focus è: Italia, imprese). Il primo modulo, in particolare: i mutamenti ambientali correlati ai processi di globalizzazione degli ecosistemi l'impatto dell'industrializzazione, sia nei paesi industrializzati sia nei paesi non industrializzati ma interessati dai "flussi globali“ l'effetto della crescita demografica e dello sviluppo tecnologico in relazione alla scarsità relativa delle risorse naturali l'ascesa delle città industriali le politiche di contenimento degli effetti dell'attività umana sull'ambiente naturale © Giandomenico Piluso 2014 L’approccio standard: esternalità, costi-benefici 4 L’approccio standard affronta i casi di inquinamento prodotto da produzione e consumo in termini di “fallimento del mercato” propri di un’economia non regolata [Smith, OUP, 2011] Le politiche di contenimento/abbattimento delle forme di inquinamento devono: contenere le esternalità negative [Ch. Pigou] che i casi di free riding verso i “public goods” possono generare market failures; calcolare i costi-benefici marginali in termini di qualità della vita (o salute) vs reddito e profitto © Giandomenico Piluso 2014 Le esternalità negative 5 The Great Smog of London: Nov. 1952 (d.) o i casi di inquinamento da produzioni industriali (s.) sono classici casi di esternalità negative https://www.theguardian.com/environment/gallery/2012/dec/0 5/60-years-great-smog-london-in-pictures#img-3 Clean Air Act (1956); US National Air Pollution Control Administration (1955) © Giandomenico Piluso 2014 A broader view 6 Climate Change Melting ice in west Antarctica could raise seas by 3m, warns study Nasa research finds ice in the region has gone into ‘irreversible retreat’ and claims effect is unstoppable’ [The Guardian, 3 November 2015] © Giandomenico Piluso 2014 Ambiente e storia 7 Interazione tra popolazione e ambiente Le trasformazione su vasta scala dell’ambiente sono state determinate da forze naturali la deriva dei continenti (unità temporale: ere geologiche) i terremoti e le eruzioni vulcaniche (mix) i mutamenti climatici (lungo termine) Dalla metà dell’Ottocento i cambiamenti indotti dall’uomo competono con quelli naturali per effetto della domanda di risorse naturali i servizi dell’ecosistema sono stati danneggiati o il loro consumo è divenuto insostenibile (15/24) le “impronte ecologiche” delle attività antropiche (agricoltura, industria, urbanizzazione) aumentano e modificano il Pianeta (anche in termini irreversibili) © Giandomenico Piluso 2014 Micro o macro? 8 In natura tutto è collegato (p.e. i cambiamenti climatici) → approccio big history: differenza tra regioni ma forte correlazione tra i fenomeni i fenomeni locali tendono ad avere effetti cumulativi così da esercitare pressioni sulla biosfera (l’ecosistema dell’intero pianeta) Le relazioni uomo-ambiente hanno quindi complesse variabili di tempo e spazio e richiedono contestualizzazione e comparazione I fenomeni locali specifici possono avere dimensione micro e ampiezza temporale relativamente contenuta (breve/medio) ma, complessivamente, hanno impatto macroeconomico perché correlati (scala temporale differenziata) © Giandomenico Piluso 2014 La biosfera e i suoi “servizi” 9 © Giandomenico Piluso 2014 Una diversa periodizzazione 10 La storia degli uomini ha una periodizzazione differente dalla storia dell’ambiente e delle interazioni tra specie umana e ambiente Un’ipotesi di longue durée à la Braudel? [Braudel, 1949; Abulafia, 2012] O le dinamiche di lunghissima durata misurabili in ere geologiche (milioni di anni)? L’ipotesi è che il cambiamento sia più rilevante della continuità (la natura è instabile e caotica) Il focus è centrato sul mutamento delle relazioni tra uomo e ambiente negli ultimi cinquecento anni © Giandomenico Piluso 2014 Dopo Colombo il mondo cambia… 11 La scoperta del Nuovo Mondo modifica condizioni e flussi dell’ambiente Gli ecosistemi e le popolazioni tornano in contatto dopo un lungo isolamento L’ecologia dell’intero pianeta ne viene rivoluzionata esposizione a malattie, microbi e virus, verso cui mancavano resistenza genetica e immunità acquisita (unificazione microbica) semplificazione degli ecosistemi per scambio di flora e fauna tra Vecchio e Nuovo Mondo accelerazione del ritmo ed estensione del raggio degli scambi biotici (oceani, vele) © Giandomenico Piluso 2014 L’integrazione degli ecostistemi 12 La “prima globalizzazione” è un’integrazione degli ecosistemi del Pianeta, prima che dei mercati internazionali si riduce la varietà e le differenze tra gli ecosistemi L’espansione degli imperi europei si traduce in repliche biologiche dell’Europa (le “nuove Europe” nelle Americhe e in Australasia) Le colture del Nuovo Mondo (mais, patate, manioca) sostengono la crescita demografica europea (più energia per ettaro/uomo) Il cambio d’uso del suolo della superficie terrestre al di fuori dell’Europa alza la produttività, offre più e nuove risorse © Giandomenico Piluso 2014 The Atlantic trade system Materie prime, pellicce, “nuovi” prodotti (zucchero di canna) La tecnologia e l’energia 14 Il mutamento di paradigma energetico (dalle fonti rinnovabili a quelle non rinnovabili) è connesso alla GPT della prima rivoluzione industriale Lo sfruttamento dei combustibili fossili per produrre energia ha un impatto crescente sui flussi bio-geochimici della biosfera bacini carboniferi, campi petroliferi, giacimenti di gas fosforo, azoto, carbonio, zolfo deforestazione, erosione dei suoli, ciclo idrogeologico (eutrofizzazione) anidride carbonica → concentrazione dei gas serra → cambiamento climatico Nella seconda metà dell’Ottocento con la rivoluzione industriale si esce dall’antico regime biologico © Giandomenico Piluso 2014 L’industrializzazione e l’energia 15 Le società/economie agricole erano limitate dall’energia ricavabile dalla superficie (acqua, terra, legname) → bassi redditi → bassi consumi L’industrializzazione rompe il vincolo (malthusiano) dell’energia scarsa energia animale e biomasse combustibili fossili, economici e “inesauribili” (stime mobili) e distribuiti in modo ineguale tra regioni del pianeta Con il paradigma energetico “fossile”, non rinnovabile la forza meccanica sostituisce quella animale L’innovazione tecnologica diventa “costante” e alza la produttività del lavoro [Mokyr, 2005] © Giandomenico Piluso 2014 L’uomo, un animale urbano 16 L’industrializzazione modifica il regime biologico La meccanizzazione e i fertilizzanti artificiali aumentano la produttività (e la regolarità) in agricoltura (minor rilevanza e variabilità dei cicli agricoli) e liberano forza lavoro dal settore primario L’urbanizzazione (dal 7% a >50% della popolazione in due secoli) modifica cicli di vita e livelli dei consumi (alti costi ambientali) La vita sociale si modifica (macchine e orologi), si impone la velocità © Giandomenico Piluso 2014 L’impatto sulla biosfera 17 In un arco temporale relativamente breve l’uomo e la tecnologia hanno avuto un impatto significativo sulla biosfera (e sul suo funzionamento) Il riscaldamento globale (tra 1,8° e 6,4° nel XXI sec.) produce un’ampia gamma di “disastri naturali”: desertificazione e siccità estinzione delle specie innalzamento dei mari mutamento degli assetti climatici A ciò si aggiunge l’introduzione di sostanze non esistenti in natura plastiche, scorie nucleari, clorofluorocarburo (buco nell’ozono) © Giandomenico Piluso 2014 Demografia, tecnologia, reddito, consumi 18 Tra i fattori antropici dei mutamenti della biosfera (clima, in primis): l’aumento della popolazione l’innovazione tecnologica come “risorsa inesauribile”: elude la scarsità di energia e risorse, ma preme sui servizi degli ecosistemi la crescita del reddito si associa alla crescita dei consumi (asimmetrica, per aree e paesi così come per classi di reddito) senza valutazione della sostenibilità delle risorse naturali limitate deforestazione, erosione del suolo, perdita della biodiversità © Giandomenico Piluso 2014 La popolazione mondiale, 1820-2012 19 Popolazione (in miliardi) Tasso di crescita annuo (%) 1500 0,4 - 1600 0,5 0,2 1700 0,6 0,2 1820 1,0 0,5 1850 1,2 0,5 1900 1,6 0,6 1950 2,5 0,8 1990 5,3 1,8 2000 6,0 1,5 2012 7,0 1,4 © Giandomenico Piluso 2014 La popolazione mondiale per aree regionali 20 © Giandomenico Piluso 2014 © Giandomenico Piluso 2014 Crescita della popolazione, 1750-2050 21 © Giandomenico Piluso 2014 Il reddito pro capite, 1-2008 22 World per capita gdp (1990 Geary Khamis $) index numbers 1 467 83 1000 453 80 1500 565 100 1820 651 117 1900 1263 224 1950 2138 378 1992 5145 942 2008 7614 1347 © Giandomenico Piluso 2014 Energia: produzione e consumi, 1800-1990 23 1800 1900 1990 Biomasse 1000 1400 1800 Carbone 10 1000 5000 Petrolio 0 20 3000 Consumi di energia 250 800 10000 Indice (1900=100) 31 100 1250 Dati in miliardi di tonnellate N.B. Una tonnellata di petrolio fornisce 5-10 volte l’energia prodotta da una tonnellata di legname e circa due volte quella prodotta da una tonnellata di carbone © Giandomenico Piluso 2014 Quartili delle trasformazioni ambientali indotte dall’uomo (1000 A.C-1985): 1985=100% 24 25% 50% 75% Deforestazione 1700 1850 1915 Estinzione vertebrati terrestri 1790 1880 1910 Ritiro delle acque 1925 1955 1975 Rilascio di fosforo 1955 1975 1980 Rilascio di azoto 1970 1975 1980 Rilascio di zolfo 1940 1960 1970 Rilascio di carbonio 1815 1920 1960 © Giandomenico Piluso 2014 L’estinzione delle specie e la biodiversità 25 Dodo: isole Mauritius (le isole rendono più vulnerabili le specie faunistiche) si estinse rapidamente con l’arrivo di portoghesi e olandesi (XVII sec.) © Giandomenico Piluso 2014 La caccia globale 26 La varietà e il numero delle specie faunistiche si sono ridotti dal 1500/1600 La caccia globale depaupera gli ecosistemi e la loro complessità con effetti sulle popolazioni (determinandone l’estinzione o quasi estinzione) La caccia commerciale → materie prime carne, pellicce, piume, avorio La caccia connessa all’espansione coloniale Dal 1600 si sono estinte 485 specie animali (tasso superiore) frontiere di caccia: il colonialismo è domanda di materie prime La caccia sportiva essenzialmente praticata dalle élites © Giandomenico Piluso 2014 Uniformazione, impoverimento 27 La caccia globale è un fattore della globalizzazione degli ecosistemi è aumentata, di contro, la popolazione di specie sinantropiche addomesticate La caccia moderna ha ridotto la biodiversità e minato la sostenibilità delle popolazioni indigene ha ridotto la “megafauna carismatica” un tipico scambio ineguale tra europei e indigeni (disparità dei livelli tecnologici) La caccia globale non è compatibile con i principi di sostenibilità ambientale (impronta ecologica) una discontinuità rispetto alle popolazioni di cacciatoriraccoglitori © Giandomenico Piluso 2014 La caccia commerciale 28 Dal 1500 la caccia per fini commerciali si estende sull’intero pianeta (effetto del progresso tecnico) La fauna selvatica - terrestre e marina - è oggetto di forme di depredazione a esaurimento si forma un mercato globale per scambi monetari indotti dai consumi delle classi abbienti (“conspicuous consumptions”) Sono scarsi gli incentivi a preservare la fauna per il futuro: la fauna appare risorsa diffusa e inesauribile Differenze nei regimi coloniali, ma alcune costanti: individuazione e “estrazione” delle specie esaurimento dello stock e ridislocazione dei cacciatori in nuove aree indebolimento delle società e culture delle popolazioni indigene © Giandomenico Piluso 2014 L’alterazione dei rapporti tra popolazione e ambiente 29 I cacciatori-mercanti (europei) alterano le relazioni tra la popolazione indigena e l’ambiente La popolazione locale viene impiegata (volontariamente) nello sfruttamento delle risorse faunistiche scambio ineguale tra materie prime animali e beni tecnologicamente “complessi” si ri-orienta dalla caccia per la sussistenza a quella per i mercati internazionali (varia il grado di sostenibilità) i sistemi di sussistenza vengono alterati con effetti di medio termine alla fine dell’estrazione l’ecosistema non offre più risorse per la sussistenza delle popolazioni indigene © Giandomenico Piluso 2014 Commercio e caccia di pellicce nel Nuovo Mondo 30 Fur Traders in Canada, William Faden, 1776 © Giandomenico Piluso 2014 La “caccia circumpolare”, l’avorio, le piume e le balene 31 La caccia commerciale per il mercato internazionale delle pellicce si sviluppa dal XVII sec. America settentrionale e Siberia Il mercato globale, un mercato competitivo scambio delle pellicce siberiane con oro, argento, seta, tè, porcellana asiatici la domanda asiatica di avorio innesca la caccia di corni di elefante in Africa e India (poi rinoceronte e ippopotamo) le piume: la moda determina la domanda e Londra diventa il mercato internazionale delle piume, fino agli anni ‘20 quando un mutamento accidentale nella domanda (moda) ne fa crollare la domanda la caccia delle balene (olio e stecche) diventa caccia commerciale dal XVI sec. (baschi) con le flotte d’altura che si diffondono dal XVII-XVIII sec. (olandesi, tedeschi, inglesi) © Giandomenico Piluso 2014 La balena: la caccia “industriale” 32 Abraham Speeck, Danish Whaling Station, 1634 © Giandomenico Piluso 2014 Caccia, domanda e moda 33 © Giandomenico Piluso 2014 La pesca (in milioni di tonnellate) 34 pesca marina 1800 ≈ 1,0 1850 ≈ 1,5 1900 ≈ 2,0 1938 ≈ 33,0 1945 ≈ 13,0 1950 ≈ 15,0 pesca interna itticoltura ≈ 5,0 totale ≈ 18,0 1961-1963 33,0 1967-1969 47,0 1973-1975 51,0 1979-1981 56,0 1982-1984 60,0 6,0 7,0 73,0 1985-1987 68,0 6,0 9,0 83,0 1994-1996 74,0 7,0 21,0 101,0 © Giandomenico Piluso 2014 La caccia della frontiera 35 La colonizzazione dipende dalla caccia per una pluralità di motivi: accumulazione di capitale: si reinvestono gli utili in agricoltura materie prime animali per la gestione delle attività primarie la fauna offre cibo e consente di preservare lo stock di bestiame dei coloni (sistema di sopravvivenza prima che la produzione primaria diventi redditizia) i coloni avvertono i grandi erbivori come una minaccia, o una alternativa, alle colture (estensione delle superfici colturali) sostituzione degli animali selvatici con il bestiame di allevamento (bovini e conigli) eliminazione dei “parassiti” (caccia e taglie) I coloni rendono uniforme l’ambiente extraeuropeo al modello europeo © Giandomenico Piluso 2014 «My name is George Nathaniel Curzon…» 36 My name is George Nathaniel Curzon, I am a most superior person My cheeks are pink, my hair is sleek, I dine at Blenheim twice a week (A Balliol Rhyme) [Ed. Kingsley Amis, The New Oxford Book of English Light Verse, OUP, 1978] G. N. Curzon (1859-1925), viceré dell’India, 1899-1905 © Giandomenico Piluso 2014 La caccia sportiva 37 In età vittoriana le élites politico-militari europee trasformano il “cacciare” in “caccia” (caccia grossa) in India e Africa, un’attività ricreativa distintiva della upperclass Due funzioni simboliche: la caccia grossa è spettacolare e simboleggia il dominio politico imperiale sui territori coloniali la caccia grossa pretende di affermare il principio del fair play come elemento del governo imperiale (i viceré britannici in India) La caccia per l’intrattenimento “razionale” delle istituzioni scientifiche europee e americane © Giandomenico Piluso 2014 Il caso: il bisonte americano 38 Il bisonte americano, una specie estremamente volatile (stime: da 75/100 mln a 30 mln): un grande magazzino tribale per i nativi americani (oltre 100 prodotti derivati) ciò non esclude metodi di caccia dissipativi (il Salto dei bisonti, Colorado) prima dell’adozione del cavallo e del fucile (che alzano l’efficienza della caccia dei nativi) dalla fine del XVIII sec. Dalla metà del XIX sec. la popolazione dei bisonti crolla drasticamente (entro la fine del secolo): efficienza dei cacciatori euro-americani (fucili) crescita della domanda industriale (cinghie di trasmissione) e civile (pelli) estensione dell’agricoltura bilanciata dalle riserve naturali © Giandomenico Piluso 2014 Le politiche di preservazione 39 Dalla metà del XIX sec. si adottano politiche di preservazione delle specie in via di estinzione La preservazione della fauna (1900; 1933; 1940; IUCN, 1948; WWF, 1962): bioriserve Le politiche consentono un parziale ripopolamento ma in condizioni particolari di tutela delle specie parchi naturali e (bio)riserve a limitazione dell’interferenza antropica (allontanamento degli abitanti poveri a conservazione delle specie protette; proibizione dei metodi di caccia tradizionali) Sono sufficienti? no, si stima che il 25% dei mammiferi e il 12% dei volatili sia a rischio di estinzione nei prossimi cento anni © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione 40 La deforestazione del pianeta è la maggiore trasformazione a opera dell’uomo Si calcola una riduzione dell’estensione delle foreste tra il 15 e il 45% (altre stime: 40%) graduale per i limiti tecnologici (ascia e fuoco) fino al XVIII sec.: in Europa il diboscamento segue la rinascita del Medio Evo accelerazione con la meccanizzazione di taglio e trasporto del legname dal XIX sec. La deforestazione modifica l’ambiente naturale con effetti sulla qualità dei servizi degli ecosistemi Ne sono colpiti i tre tipi di foreste: boreali, temperate e tropicali © Giandomenico Piluso 2014 Le foreste e la deforestazione 41 Fino agli anni ‘50 la deforestazione ha interessato soprattutto le foreste boreali e temperate Dal 1950 la deforestazione riguarda soprattutto le foreste tropicali (grande biodiversità) e le specie arboree pregiate con la scomparsa, p. es., di foreste primarie in Europa teak, mogano, sandalo, ebano Dal XVIII sec. la silvicoltura scientifica mira a uno sfruttamento razionale, efficiente e sostenibile, delle foreste, ma… © Giandomenico Piluso 2014 Le foreste: risorsa naturale 1/2 42 Il legname (e quindi le foreste) è stato centrale nelle economie preindustriali (e oltre) fonte energetica e materia prima (costruzioni, navi, industria) le foreste erano assimilabili a colture (p.es., ghiande-maiali) Il commercio a lunga distanza includeva il legname sin dall’antichità Il commercio in età medievale: prodotti ad alto valore aggiunto dall’Oriente (e Medio Oriente) in cambio di legname (europeo) Dal XVI sec. il commercio atlantico includeva esportazione e importazione di legname (New England-Madeira-Caraibi) Le foreste scandinave e baltiche fornivano legname per costruzione in Gran Bretagna e Europa © Giandomenico Piluso 2014 Le foreste: risorsa naturale 2/2 43 La cantieristica navale dipendeva dal legname esotico dall’inizio del XIX sec. (teak dell’India e della Birmania) La siderurgia europea e americana utilizzavano ancora legname agli inizi del XIX sec. La costruzione delle reti ferroviarie e le reti “parallele” (telegrafo) impiegava legname (traverse, torri idriche, ponti) L’industria continua a utilizzare legname e cellulosa (carta, costruzioni, packaging) Il legname è usato come combustibile da 2 mld della popolazione mondiale © Giandomenico Piluso 2014 Le foreste riserva di biodiversità 44 Le foreste offrono servizi ecologici fondamentali, sono una riserva di biodiversità (soprattutto le foreste tropicali > diversità biotica) ospitano i 2/3 delle specie terrestri (fauna e flora) stabilizzano il paesaggio riducendo l’erosione del suolo e il rischio di inondazioni proteggono le risorse idriche (75% dell’acqua dolce da aree boschive) stabilizzano il ciclo idrogeologico globale catturano in modo efficiente l’anidride carbonica e regolano il clima contenendo il cambiamento climatico © Giandomenico Piluso 2014 Lucus lucus est arborum multitudo cum religione (Servio, Ad Aeneidem) 45 Il bosco sacro è ricorrente nelle civiltà (J.G. Frazer, The Golden Bough, 1890) La tutela delle foreste a fini “ricreativi” muove dalla cultura illuministico-romantica (Rousseau, Byron, Wordsworth, Friederich, Thoreau) Dalla metà del XIX si creano i primi parchi naturali nazionali (Yellowstone, 1872; Yosemite, 1890; Sequoia, 1890) UK: il primo tentativo del 1884 fallì; 1945 White Paper on National Parks; CPRE http://www.nationalparks.gov.uk/learningabout/whatisanationalpark/history#early19 Da riserva di caccia reale (1856) a parco nazionale: il Gran Paradiso (1920-1922) © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione, in migliaia di km2 46 pre 1650 1650-1749 1750-1849 1850-1978 totale Nord America 6 80 380 641 1107 Centro America 18 30 40 200 288 America Latina 18 100 170 637 925 Oceania 6 6 6 362 380 Russia-URSS 70 180 270 575 1095 Europa 204 66 186 81 537 Asia 974 216 606 1220 3016 Africa 226 80 42 469 817 Totale 1522 758 1700 4185 8165 © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione (globale) 47 I fattori della deforestazione rimangono: estrazione di legname (guerre per accesso al legname: guerre della Gran Bretagna contro la Birmania per il teak, 1824-1886) estensione dell’agricoltura (pascoli e coltivi) la dimensione degli alberi era considerata misura della fertilità del suolo La deforestazione lascia segni persistenti nell’antichità classica (Roma e Grecia) In Europa, Asia e Africa la deforestazione è intensa prima del 1650 In Europa la deforestazione rallenta dopo il 1850 e aumenta al di fuori dell’Europa © Giandomenico Piluso 2014 Deforestazione e progresso tecnico 48 Con la rivoluzione industriale l’innovazione tecnologica (offerta) accresce il ritmo della deforestazione navigazione a vapore e ferrovia – costi di trasporto infrastrutture di trasporto secondarie (fiumi e canali, strade, impianti, razionalizzazione della logistica, mezzi di trasporto a motore) si velocizzano i flussi dei tronchi da e verso le segherie commerciali applicazione della forza a vapore alle segherie (industrializzazione dell’industria del legname) L’industrializzazione della foresta si completa dopo la metà del XX sec. (sega elettrica: 1858, 1947) cresce l’efficienza nell’abbattimento degli alberi: la velocità accelera tra 100 e 10000 volte rispetto all’ascia © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione globale 1/2 49 Dopo il 1650 la deforestazione diventa generalizzata per le piantagioni coloniali L’impatto della deforestazione europea è altissimo, estrazione e sostituzione d’uso del suolo non sostenibile La deforestazione è praticata anche in Asia (Giappone e Cina), sia per espandere l’agricoltura sia per estrarre materie prime (combustibile e costruzioni) Aumento della popolazione e dei consumi di materie prime e fonti energetiche Durante il XX sec. le foreste si sono parzialmente ricostituite in Europa, Stati Uniti e Giappone © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione globale 2/2 50 La deforestazione extra-europea cresce per aumento della domanda di legname connessa all’industrializzazione: aumento del reddito e dei consumi della popolazione in crescita correlato aumento della domanda di energia, materie prime (dal 1850 ca si aggiunge la carta/cellulosa), materiali da costruzione (sostituzione tecnologica parziale) aumento della domanda di prodotti in competizione con le foreste (carburanti, commodities, cibo, altri generi di largo consumo) La deforestazione è destinata a crescere? È un fenomeno correlato alla dinamica demografica e a quella di reddito, meno al progresso tecnico (innovazione di prodotto e sostituzione del legname) © Giandomenico Piluso 2014 Fattori naturali della deforestazione 51 La deforestazione e la variazione del manto forestale dipendono però anche da fattori naturali (o indirettamente dall’attività umana): i mutamenti climatici: la quota di variazione della temperatura per effetto delle attività umane incide indirettamente gli incendi producono lo spostamento delle foreste boreali a nord in presenza di aumenti della temperatura sono favoriti dalle variazioni climatiche e dal disboscamento (p.es., New Brunswick, 1825) le malattie l’importazione di specie arboree può introdurre fattori patogeni © Giandomenico Piluso 2014 La silvicoltura scientifica 52 La deforestazione dell’isola di Sant’Elena e delle Mauritius dopo il XVII sec. – isole come laboratori – induce a correlarla con inaridimento, erosione del suolo e scarsità d’acqua Le prime proposte di politiche forestali: John Evelyn, Sylva, 1664 Jean-Baptiste Colbert, Ordonnance des eaux et forêts, 1669 Dal particolarismo delle comunità locali all’approccio “universale” per migliorare la gestione del patrimonio forestale Queste politiche rispondono a una visione mercantilista © Giandomenico Piluso 2014 La gestione forestale in Germania: un modello europeo 53 Lo sviluppo delle silvicoltura scientifica dipese dalle politiche cameraliste dei principati tedeschi nel XVIII sec. Una risposta alla scarsità di legname: tecniche specifiche di indagine e inventariazione calcolo dei tassi di crescita delle varietà arboree gestione dei tagli di lungo periodo rimboschimento (ceduazione e bosco protettivo) regolamentazione delle foreste (gestione sostenibile del patrimonio come capitale vs. taglio come interessi) istruzione e addestramento degli addetti creazione di scuole specialistiche (Hartz, 1763) obiettivi: sostenibilità e resa costante © Giandomenico Piluso 2014 Il modello tedesco si generalizza 54 Il modello tedesco viene esportato in Europa, in UK e negli USA, ma anche in Asia e nelle colonie Tre vie: l’istituzionalizzazione della tutela forestale a livello internazionale: la cooperazione internazionale per condividere informazione e coordinare le politiche (organizzazioni internazionali) la circolazione delle conoscenze e dei modelli organizzativi (servizi e uffici governativi, scuole specialistiche La mobilità del capitale umano (Bernard Lorentz, Dietrich Brandeis, Bernhard Fernow) Alfred Moeller, Dauerwald: il modello della foresta continua (Rio de Janeiro, 1992) © Giandomenico Piluso 2014 Da “miniere” a “fabbriche” 55 Il manto forestale viene protetto inizialmente per assicurare la produzione “strategica” di legname Un problema di efficienza della produzione di un bene e sostenibilità (vincoli intertemporali) Si affermano: la monocoltura per massimizzare la produttività (scarsi incentivi alla biodiversità) la produzione continuativa (piantagioni), rotazione l’uniformazione mina la qualità delle aree boschive Si presentano forme di centralizzazione delle funzioni (Stato vs comunità locali): si ripresenta il problema tipico dei commons © Giandomenico Piluso 2014 L’evoluzione della copertura “verde” del pianeta: foreste, praterie, pascoli e coltivi (in milioni di Km2) 56 foreste e boschi praterie pascoli coltivi 8000 A.C. 65 63 0 0 1700 A.C. 62 63 5 2,7 1850 60 60 8 5,4 1900 58 54 14 8,0 1930 56 49 19 10,0 1950 54 45 23 11,7 1960 53 41 27 12,8 1980 51 35 33 15,0 1990 48 36 34 15,2 © Giandomenico Piluso 2014 Solo “industria” delle foreste? 57 Negli USA si afferma il principio della tutela delle foreste come tutela dell’ambiente e dei servizi ecologici George Marsh, Man and Nature, 1864 La scienza deve risanare la natura degradata Le politiche devono assicurare i servizi ecologici fondamentali il conservazionismo non ha solo ragioni utilitaristiche: John Muir, Sierra Club, 1892 © Giandomenico Piluso 2014 La silvicoltura nell’India coloniale 58 Dalla metà del XVIII sec. il dominio coloniale britannico segna una cesura nella storia ambientale dell’India: aumenta l’intensità dell’estrazione delle risorse naturali in particolare, il manto forestale ne è minacciato si altera un delicato e fragile equilibrio istituzionale tra popolazione e risorse: il Raj, il governo imperiale britannico, sostituisce le élites locali aumenta la popolazione indiana: da 120 a 280 mln tra il 1700 e il 1900 e l’agricoltura contadina © Giandomenico Piluso 2014 La deforestazione dell’India 59 La deforestazione dell’India ha quindi un fattore endogeno (la crescita della popolazione) e un fattore esogeno (il Raj) Il fattore endogeno sottrae manto forestale per pascolo e per colture ad alto rendimento: Le foreste sono abbattute per le colture da reddito estensive il modello colturale: la piantagione monocolturale le piantagione estensive “imperiali” per i mercati metropolitano e mondiale: riso tè, cotone, canna da zucchero, caffè ma anche legname (post blocco napoleonico) © Giandomenico Piluso 2014 La domanda di legname indiano 60 Il fattore esogeno preme sulle foreste anche per l’aumento della domanda di legname L’India diventa un fornitore essenziale di legname per l’Impero (si sostituiscono le importazioni dal Baltico e dagli USA I botanici britannici selezionano alcune specie cedro dell’Himalaya (sino a 60m, alberi delle navi e travi costruzioni), sal (crescita rapida, legname da costruzione), teak (cantieri navali, UK e India), sandalo (export to China, incenso) La domanda imperiale (UK + India) aumenta tonnellaggio marina mercantile da 1,28 mln a 5 mln tra 1778 e 1860 espansione ferroviaria in India post 1853 (da 1300 a 51.600 km tra 1860 e 1910) © Giandomenico Piluso 2014 L’Imperial Forest Service (1864) 61 La domanda “ferroviaria” modifica la domanda di legname L’IFS diretto da Brandis seleziona specie resistenti e a crescita rapida, sostituisce le foreste miste dell’Himalaya (conifere e querce) con monocolture (chir pine) che forniscono legname e resine rende fragili le comunità locali che avevano nei sempreverdi per foraggio e pastura per il bestiame si scartano specie esotiche (eucalipto australiano) che non assicurano la tenuta del suolo (erosione e inaridimento) in aree semi-aride © Giandomenico Piluso 2014 L’IFS: uno sfruttamento efficiente? 62 Un giudizio complesso: L’IFS avrebbe reso efficiente lo sfruttamento delle risorse forestali dell’India come colonia Ma l’IFS prevede di amministrare in perdita aree di rimboschimento per ristabilire equilibri (1909) Gli Indian Forest Acts (1865 e 1878) introducono gradi di tutela delle foreste (riservate, protette, di villaggio), anche a tutela delle comunità locali L’IFS sviluppa competenze che vengono estese anche ad altre aree imperiali in Oceania, Asia e Africa L’IFS entra in contrasto con l’agricoltura itinerante e le comunità locali © Giandomenico Piluso 2014 Le politiche forestali dell’India 63 L’IFS deroga durante le guerre mondiali, quando la domanda pone sotto pressione le risorse coloniali L’India indipendente (1947) non modifica le politiche di sfruttamento delle foreste (subordinate alle necessità “nazionali”, 1952) Solo dopo le campagne Chipko degli anni 1970 si modifica gradualmente la politica forestale indiana per promuovere un uso sostenibile delle risorse naturali (servizi ecologici) Joint Forest Management e National Forest Policy (1988): equilibrio come obiettivo di lungo termine © Giandomenico Piluso 2014 Suolo e irrigazione 64 I suoli sono una risorsa naturale fondamentale: nutrienti umidità e riserve idriche micro-organismi indispensabili per le produzioni alimentari assorbimento di carbonio L’erosione del suolo ha conosciuto tre “shocks” la diffusione dell’agricoltura dalle valli fluviali, 2000 A.C. l’espansione delle agricolture coloniali europee, XV-XVI sec. l’affermazione dell’agricoltura commerciale nelle terre m arginali e dell’agricoltura meccanizzata, post-1945 L’erosione dei suoli come effetto della diffusione dell’agricoltura incide sulle condizioni ambientali © Giandomenico Piluso 2014 La varietà dei suoli 65 I suoli presentano un’alta varietà tipologica (20.000 tipi diversi) in relazione a La fertilità dei terreni dipende dalla natura dei terreni profondità variabile sino a 2m Solo in minima percentuale (ca 11%) i suoli possono essere coltivati senza interventi preliminari (tipicamente, il loess) clima, vegetazione, topografia, basamento geologico l’irrigazione modifica la fertilità dei suoli le foreste pluviali sono invece difficili da coltivare, perché poco profondi e poveri di nutrienti Dopo il 1500 l’agricoltura “europea” ha sollecitato l’utilizzo di suoli poco fertili © Giandomenico Piluso 2014 Il suolo risorsa naturale 66 La crescita della popolazione le terre marginali sono convertite a coltivi e pascoli attualmente: ca 35%, di cui: 11% coltivi e 24% pascoli Il suolo offre: terreni per le coltivazioni di generi alimentari e fibre tessili pascoli e colture foraggere per l’allevamento materia prima per la manifattura (vasellame e stoviglie) e le costruzioni (mattoni, tegole, condutture) © Giandomenico Piluso 2014 Per i servizi ecologici 67 e servizi ecologici: la pedosfera connette i sistemi globali (atmosfera, idrosfera, litosfera) in un’unica entità (biosfera) la biodiversità sotterranea (organismi e micro-organismi) il ciclo dei nutrienti: batteri (fissare l’azoto ai terreni), organismi che decompongono la materia organica (humus) l’approvvigionamento idrico: i suoli assorbono e trattengono acqua per la vegetazione l’assorbimento idrico dei suoli limita i rischi di inondazione e consente un trattamento delle acque: offrono acqua dolce e potabile il terreno incamera carbonio e contrasta il mutamento climatico Tre rischi: erosione, esaurimento, salinizzazione dei terreni © Giandomenico Piluso 2014 I terreni perduti 68 Le attività antropiche hanno comportato l’aumento dell’erosione, dell’esaurimento e della salinizzazione dei terreni L’erosione naturale ha due fattori: vento e pioggia: rimuovono e redistribuiscono suolo superficiale (es., Valle del Nilo in Egitto: piana alluvionale, limo) L’agricoltura sedentaria accresce e accelera l’erosione naturale il diboscamento modifica i ritmi di erosione per esposizione dei suoli a vento e pioggia (l’erosione è maggiore sugli altopiani e sui pendii) l’aratura riduce la quantità di organismi che garantiscono la fertilità del suolo (il drenaggio e l’irrigazione contrastano) l’allevamento elimina la vegetazione e compatta il suolo © Giandomenico Piluso 2014 L’erosione del suolo 1/3 69 L’erosione del suolo connessa all’attività antropica è fenomeno connesso ai tre shocks Il degrado dei suoli sull’Altopiano del Loess (Cina nordoccidentale) diboscamento + agricoltura espongono suoli sottili e leggeri alla forza di vento e pioggia i deflussi fangosi sono portati dal Fiume Giallo: aumenta frequenza e portata delle inondazioni L’azione degli europei nelle colonie: “pionieri ambientali” l’introduzione di pecore merino nella Valle del Mezquital (Messico) nel XV sec.: da terra coltivata (mais, fagioli, zucca) a terreni dilavati e aridi © Giandomenico Piluso 2014 L’erosione del suolo 2/3 70 I coloni europei come “pionieri ambientali” modificano l’ambiente sostituendo le agricolture locali con metodi di coltivazione estensiva (piantagioni) le piantagioni di zucchero nei Caraibi (Barbados) nel XVI sec. le piantagioni di zucchero e caffè in Brasile dal XVI sec. le piantagioni di cotone e tabacco nelle colonie americane meridionali XVII-XIX secc. nelle praterie del Midwest degli USA, XIX sec.: Dust Bowl (1920s-1930s) Il contrasto dell’erosione e dell’esaurimento: con l’irrigazione, ma con il rischio di salinizzazione con la concimazione naturale (concime animale e guano) © Giandomenico Piluso 2014 L’erosione del suolo 3/3 71 L’erosione del suolo accelera con l’agricoltura meccanizzata dopo il 1945 È un effetto dell’integrazione dei mercati internazionali e della crescita dei volumi dei prodotti primari scambiati a livello mondiale Ma anche della meccanizzazione e dell’avvento della chimica inorganica negli USA dagli anni venti del XX sec., in Europa e in UK dopo il 1945 nella fascia tropicale con effetti sul consumo dei suoli per l’agricoltura per monocolture © Giandomenico Piluso 2014 L’irrigazione: un effetto “subottimale” 72 La regolazione delle acque come soluzione alla perdita di fertilità dei suoli ha effetti inattesi: la costruzione di dighe, canali e bacini per creare sistemi idrici complessi che consentano di regolare l’uso di acqua presenta problemi ambientali tipicamente, lo scarso drenaggio provoca ristagno e salinizzazione Punjab; Lago d’Aral (URSS), la diga di Assuan (Egitto) © Giandomenico Piluso 2014 La gestione e conservazione del suolo 73 In alternativa all’agricoltura itinerante sostenibile ma scarsamente produttiva (densità della popolazione) > l’adozione dell’agricoltura intensiva in Europa (Lombardia, Paesi Bassi, Inghilterra) dal XV-XVI sec.: combina agricoltura e allevamento L’impiego di concime animale (e umano in Asia) per reintegrare la fertilità del terreno) La produzione di concimi naturali (guano, fosfato) e concimi chimici azotati (Haber-Bosch e Fauser) Ma l’impiego dei concimi chimici altera il ciclo dell’azoto e del fosforo nell’atmosfera inquinamento, eutrofizzazione © Giandomenico Piluso 2014 Le risposte istituzionali 74 Dagli anni trenta del XX sec. si cerca di “istruire” i coltivatori per ottenere il massimo dai terreni: Imperial/Commonwealth Bureau of Soil Science, 1927 US Soil Conservation Service (USA), 1935 Non si elimina il problema della coerenza tra tecnologie e ambiente © Giandomenico Piluso 2014 Città e ambiente 75 Le città esprimono per definizione una domanda di servizi e risorse naturali infrastrutture (trasporto e comunicazioni) flussi di derrate alimentari e scorte (in età romana: annona), combustibili, materiali da costruzione acqua dolce (acquedotti), scarichi fognari incendi e inondazioni (pompieri) qualità dell’aria e servizi sanitari (cordone sanitario: XV sec.) Le città devono ridurre le diseconomie esterne connesse alla concentrazione di popolazione: è una funzione cruciale per dare equilibrio (e crescita) ai centri urbani sicurezza della città e hinterland produttivo (servizi e risorse) © Giandomenico Piluso 2014 La città industriale 76 Con l’industrializzazione si modifica il ruolo (e il tipo) di città: da centro politico-amministrativo (consumo) a centro di produzione di beni e servizi (produzione e consumo) si moltiplicano le diseconomie esterne prodotte dai fattori di inquinamento si rende necessario potenziare i servizi sotterranei delle città (fogne, acquedotti, gas e illuminazione, metropolitane) nascono i moderni servizi di polizia e antincendio © Giandomenico Piluso 2014 Città e campagna? 77 Il “metabolismo” delle città industriali si modifica: l’impronta ecologica aumenta (diseconomie esterne), oltre l’hinterland la città e l’hinterland modificano relazioni, si creano connessioni di flussi di risorse e reti tecnologiche (comunicazioni e trasporto) cade la dicotomia preindustriale città/campagna La crescita delle grandi città e delle conurbazioni metropolitane indica uno spostamento della popolazione (3,3 mld) e preconizza un aumento dell’impatto ambientale delle città © Giandomenico Piluso 2014 Le maggiori città del mondo nel 1800 78 © Giandomenico Piluso 2014 Le maggiori città del mondo nel 1900 79 © Giandomenico Piluso 2014 Le maggiori città del mondo nel 2000 80 © Giandomenico Piluso 2014 La grande divergenza, e ritorno 81 La grande divergenza nei livelli di produttività e reddito è un fenomeno dell’Ottocento deindustrializzazione dell’Asia e industrializzazione dell’Europa e dei “Western offsprings” (USA) Le maggiori città (>1 mln) si spostano dall’Asia all’Europa e agli Stati Uniti (le grandi capitali del XIX sec.) La seconda globalizzazione produce megalopoli (>10 mln) e convergenza dei redditi (Asia) (v. tab. seg.): megalopoli non produttive (Africa, Asia, America Latina) megalopoli produttive (beni e servizi) © Giandomenico Piluso 2014 Il tasso di urbanizzazione, 1890-1990 82 1890 1910 1930 1950 1970 1990 USA 35 46 56 64 70 75 Giappone 30 40 48 56 71 77 Europa Occ. 35 45 55 63 72 78 America Latina 5 7 17 41 57 71 URSS 12 14 18 39 57 66 Africa 5 5 7 15 23 34 Cina 5 5 6 11 17 33 South Asia 5 8 12 16 21 28 Mondo 14 18 23 29 37 43 © Giandomenico Piluso 2014 Le prime città 83 Le prime città seguono la rivoluzione agricola: per “alimentare” la popolazione di una città non produttiva occorre un surplus nel settore primario, se la produttività è inferiore non si può “liberare” fattore lavoro dall’agricoltura L’agricoltura della Mesopotamia, della Valle dell’Indo e dell’Egitto è più produttiva perché si avvale dell’irrigazione La regimazione delle acque richiede organizzazione sociale e cooperazione > precondizioni della formazione di centri urbani La città favorisce stratificazione sociale e specializzazione professionale accentramento delle funzioni di controllo delle risorse © Giandomenico Piluso 2014 La città antica 84 La città antica è centrata sulla funzione politicoreligiosa, sono città “compatte” e pedonali Le città antiche accentrano funzioni amministrative e religiose templi, edifici pubblici, mercato una struttura “razionale”: a griglia, a scacchiera assicurano protezione (cinte murarie) contro “predatori” e fenomeni naturali (inondazioni) l’ideale dell’autosufficienza non viene raggiunto, nonostante la simbiosi con la campagna circostante La stratificazione e specializzazione sociale promuovono anzi il commercio a lunga distanza © Giandomenico Piluso 2014 La città e il mondo 85 Le élites delle città esprimono una domanda di beni di lusso (distintivi, “conspicuous consumptions”, quale proxy del potere politico-religioso) Le città dell’antichità creano reti mercantili complesse per assicurare consumi distintivi alle élites consumi individuali: alimenti, manufatti, pietre e metalli preziosi, tessuti consumi collettivi: la città “monumentale” richiede materiali da costruzione specifici (marmi) La città antica concentra uomini e cose, regola flussi sono vulnerabili a shock esogeni: epidemie © Giandomenico Piluso 2014 L’inquinamento delle città 86 La concentrazione di popolazione (e consumi) produce disfunzioni: e inquinamento inquinamento acustico, fumi, spazzatura, macerie, uso di piombo per le tubazioni idrauliche, ceramiche, giocattoli L’uso del piombo nella Roma imperiale provoca danni sulla salute (fertilità e danni neurologici) incendi, epidemie, inondazioni, sovraffollamento (esposizione a parassiti e malattie croniche) aumento di 10 volte in età romana La caduta dell’Impero è prodotta da fattori endogeni, tra cui l’inquinamento da piombo [E. Gibbon, 177688] © Giandomenico Piluso 2014 Le città e lo scambio colombiano 87 L’estensione coloniale degli imperi europei si regge su scambi intercontinentali in cui le città sono nodi di reti complesse Il declino relativo delle città del Mediterraneo (Genova, Venezia) si basa sulla crescita dei porti atlantici (Lisbona, Siviglia, Londra, Anversa, Amsterdam) I marinai e i mercanti europei annullano i “confini biologici” [Crosby] Le città europee si trasformano in centri di servizi finanziari, assicurativi, portuali e mercantili sono centri di un’economia mondo [Wallerstein] © Giandomenico Piluso 2014 Un’economia mondo 88 La formazione di reti di scambio mercantile su scala globale (senza che necessariamente si produca una integrazione dei mercati, misura della globalizzazione) Il Seicento, secolo d’oro dell’Olanda, coincide con la grande trasformazione (anche istituzionale) delle città europee ascesa di un ceto mercantile e istituzioni politiche partecipative creazione di aree di scarico (porti), stoccaggio e trasformazione dei prodotti coloniali costruzione di aree urbane specializzate per funzioni (Amsterdam: la Borsa, gli uffici della VOC, 1602) © Giandomenico Piluso 2014 L’impatto sull’ambiente 89 Le città dello scambio colombiano sono luoghi che gestiscono flussi di persone, materie prime e merci Amsterdam, Londra, Siviglia, Parigi / Montreal (1515), L’Havana (1515), Nuova Amsterdam (1625), Boston (1630) I porti sono la porta di accesso di malattie, con effetti asimmetrici tra europei e non europei Lo sfruttamento delle risorse minerarie produce inquinamento ambientale: oro e argento (Potosì, 1545): le miniere, l’uso di mercurio per l’estrazione (aria, terra e acqua), la deforestazione per il carbone (inondazione) © Giandomenico Piluso 2014 Le città europee e l’Asia 90 I differenziali nei livelli di produttività si approfondiscono (produttività del lavoro) Il declino dell’Asia (Cina + India) come centro della manifattura mondiale è determinato dalla dinamica della produttività • dall’esportazione di manufatti a quella di commodities (prodotti primari + materie prime) > sottosviluppo Ma anche dal dinamismo delle città europee che si proiettano sui mercati internazionali extraeuropei vs le città asiatiche come centri politico-amministrativi “interni” Le regioni asiatiche (Cina e India) perdono così il primato manifatturiero durante l’Ottocento © Giandomenico Piluso 2014 La distribuzione della produzione manifatturiera mondiale 1750-2006 L’industrializz azione e la deindustrializzazi one sono i fattori principali della divergenza nei livelli di reddito pro capite 91 L’ascesa delle città industriali 92 L’industrializzazione modifica le città europee aumenta il tasso di urbanizzazione l’urbanizzazione si sposta a Occidente Le città producono un incremento di domanda di prodotti naturali (materie prime, combustibili) per la propria popolazione e per la produzione Il primato britannico: “il libero commercio ha reso le singole regioni del globo nostri volonterosi tributari” [W.S. Jevons, 1865] © Giandomenico Piluso 2014 La prima globalizzazione 93 La prima globalizzazione coincide con la crescita dei centri urbani dell’Occidente: "for the middle and upper classes ... life offered, at a low cost and with the least trouble, conveniences, comforts and amenities beyond the compass of the richest and most powerful monarchs of other ages. The inhabitant of London could order by telephone, sipping his morning tea in bed, the various products of the whole earth in such quantity as he might see fit, and reasonably expect their early delivery upon his doorsteps; he could at the same moment and by the same means adventure his wealth in the natural resources and new enterprises of any quarter of the world, and share, without exertion or even trouble, in their prospective fruits and advantages" [JM Keynes, 1919] Le reti tecnologiche: Trasporti terrestri e marittimi, le reti di comunicazione Gli acquedotti e le fogne, le ciminiere (per l’aria) I rifiuti: inceneritori, trasporto in discarica, scarico nei fiumi o a mare © Giandomenico Piluso 2014 Manchester: Cottonopolis [William Wyld, Manchester from Kersal Moor,1852] 94 © Giandomenico Piluso 2014 Mancunian landescapes in the early XX century (River Irwell and industrial Britain’s slums) 95 © Giandomenico Piluso 2014 Le città industriali: centri di flussi 96 Materie prime e risorse naturali (combustibili) Acqua (dolce e potabile) Acquedotti Aria pulita (risorsa scarsa) Scarico rifiuti (discariche? riciclo?) Città industriale: Popolazione + Produzione industriale Inquinamento dell’acqua Scarichi industriali + acque reflue Inquinamento dell’aria (smog) – sostituzione fonti © Giandomenico Piluso 2014 I bacini idrici “storici” 97 © Giandomenico Piluso 2014 Il consumo di acqua 98 Le città industriali consumano acqua per la popolazione per le produzioni industriali per gli scarichi civili e industriali (inquinamento delle acque rende inutilizzabili le acque per gli usi civili) Il caso di Chicago: gli scarichi di Chicago > Lake Michigan e River Chicago (affluente del lago Michigan) gli scarichi vengono assorbiti finché la popolazione è modesta (ca 30000, 1848), ma i problemi aumentano con la crescita della popolazione (1885-86: 90000 morti per “warterborne diseases”, tifo; 1891-1895: 20000/anno) Chicago Metropolitan Sanitation District > Illinois River + Mississippi © Giandomenico Piluso 2014 I consumi di acqua, 1700-2000 99 consumi km3 consumi pro capite irrigazione % industria % civili % 1700 110 0,17 90 2 8 1800 243 0,27 90 3 7 1900 580 0,36 90 6 3 1950 1360 0,54 83 13 4 1970 2590 0,70 72 22 5 1990 4130 0,78 66 24 8 2000 5190 0,87 64 25 9 © Giandomenico Piluso 2014 La tecnologia e i consumi di massa 100 L’innovazione tecnologica produce incrementi di produttività, aumenti di reddito e dei consumi (di massa) Il modello fordista propone alta produttività e alti salari L’effetto della motorizzazione di massa è duplice: aumenta la mobilità privata (individuale) e aumentano le diseconomie esterne connesse (traffico, rumore, inquinamento dell’aria) lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi ha effetti diretti sulle aree e sui livelli di inquinamento derivati (lunga catena logistica) Il mercato petrolifero è un oligopolio internazionale che richiede estrazione, raffinazione e trasporto © Giandomenico Piluso 2014 Il nuovo paradigma energetico 101 © Giandomenico Piluso 2014 La politica ambientale dopo il 1950 102 La politica ambientale cambia dopo il 1950 (London, 1952) Le acque sono considerate una variabile cruciale per la popolazione e per le produzioni (trattamento, filtraggio) Il carbone viene sostituito come combustibile per evitare shock come quello di Londra (1952) I rifiuti sono trattati solo in parte: discariche (l’allontanamento, più che il riciclo) Le piogge acide (anidride solforosa) sono contrastate solo dopo il 1975/85 (decisiva la deindustrializzazione dell’Europa) © Giandomenico Piluso 2014 E le dinamiche globali? 103 Le economie emergenti seguono lo stesso percorso evolutivo? http://www.theguardian.com/environment/nginteractive/2014/dec/01/carbon-emissions-past-present-andfuture-interactive http://www.theguardian.com/environment/nginteractive/2014/sep/23/carbon-map-which-countries-areresponsible-for-climate-change © Giandomenico Piluso 2014