Tipologie di strumenti finanziari PRINCIPALI TIPOLOGIE DI STRUMENTI FINANZIARI: 1 ¾ Azioni ¾ Obbligazioni ¾ ETF ¾ Opzioni Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: definizione L’azione è un titolo nominativo rappresentativo di una quota della proprietà di una società. Il possesso di un’azione è la condizione necessaria per diventare soci della società. Esistono diverse tipologie di azioni: − ORDINARIE; − PRIVILEGIATE: garantiscono precedenza nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all’atto dello scioglimento della società; − DI RISPARMIO: azioni prive del diritto di voto nell'assemblea, ma privilegiate nella distribuzione del dividendo. 2 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: modelli valutativi MODELLI VALUTATIVI: − I modelli DDM (Dividend Discount Model) − Calcolo del rendimento ex-post di un titolo azionario − Modelli basati sulla profittabilità dell’impresa − Modello dei flussi di cassa − Gli indici Price/book e Price/Earnings 3 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: modelli valutativi I modelli che seguono sono validi nelle seguenti ipotesi: • esiste una sola categoria di titoli; • lo Stato Patrimoniale è composto solo da equity e debito: non sono presenti altri strumenti finanziari “particolari” come warrant e obbligazioni convertibili; • non sono previste operazioni di finanza straordinaria; • non viene considerato il problema del controllo e dell’estrazione dei benefici privati da parte del soggetto controllante; • il rischio dell’azienda e il tasso di rendimento del mercato non variano nel tempo: rt=r=costante. 4 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM Generalità Nei modelli di valutazione dei titoli azionari in termini di dividendi, in genere, si ipotizza che • i dividendi siano distribuiti con cadenza annuale e, in particolare, che il primo dividendo venga distribuito esattamente a un anno di distanza dal momento in cui viene effettuata la valutazione (si veda Figura 1); • il tasso di rendimento r richiesto dal mercato sia costante e dato da due componenti: una componente che rappresenta il rendimento privo di rischio e una componente che rappresenta il premio per il rischio. 5 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Economia degli Intermediari Finanziari Si noti che in linea di principio r, in sintonia con quanto visto per i titoli obbligazionari, dovrebbe essere diverso per i vari istanti t in cui vengono distribuiti i dividendi; nonostante questo, di solito, si considera un r costante in quanto le formule che vedremo successivamente hanno una valenza prevalentemente di carattere concettuale. 6 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM Per ricavare una prima formula di valutazione dei titoli azionari si osservi che il prezzo di una azione, in un generico istante, deve essere uguale al valore attuale dei flussi di cassa futuri che genererà tale azione; in particolare il prezzo dell’azione all’istante 0 deve essere uguale al valore attuale del dividendo e del prezzo atteso per l’azione all’anno 1: dove: P0 P1 DIV1 r 7 DIV1 + P1 P0 = 1+ r = prezzo dell’azione all’istante 0; = prezzo dell’azione all’istante 1; = dividendo atteso per azione nell’anno 1; = tasso di rendimento richiesto dal mercato. Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM Questa relazione vale anche se consideriamo i prezzi attesi per l’azione all’istante 1 e all’istante 2: P1 = DIV 2 + P 2 1+ r Il prezzo dell’azione all’istante 0, di conseguenza, può essere espresso in funzione dei dividendi attesi fino all’istante 2 e del prezzo atteso per l’azione all’istante 2: P0 = DIV 1 DIV 2 + P2 + 2 1+ r (1 + r ) Generalizzando si ottiene un primo modello di valutazione dei titoli azionari: P0 = 8 T DIV ∑ (1 + r ) t =1 t t + PT (1 + r )T Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM Secondo questo modello le determinanti del valore di un’azione sono perciò tre: • la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a T; • il prezzo dell’azione PT all’istante T; • il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori. Generalizzando: ∞ P0 = DIVt ∑ 1+ r t=1 ( ) t Secondo questo modello le determinanti del valore di un’azione sono perciò due: • la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a ∞ ; • il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori. 9 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM In realtà è inverosimile pensare di disporre di stime del flusso di dividendi su un orizzonte temporale infinito come richiesto dal DDM di base; tipicamente sono disponibili previsioni attendibili della crescita dei dividendi nel breve periodo (35 anni) elaborate da società operanti nel campo dei servizi finanziari (tra le più note Value Line Investment Survey e Institutional Brokers Estimate SystemIBES) che periodicamente forniscono stime anche per altre variabili rilevanti per l’investitore. Il problema a cui si trova di fronte un analista finanziario è perciò la stima dell’andamento dei dividendi distribuiti nel lungo periodo. Tipicamente questo problema viene affrontato ipotizzando delle regolarità nell’andamento dei dividendi, ovvero dei cosiddetti sentieri di crescita dei dividendi, sapendo che per un generico anno t la crescita dei dividendi può essere espressa nel seguente modo: DIVt − DIVt−1 gt = DIVt−1 10 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM 11 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio MODELLO DI GORDON-SHAPIRO Azioni: DDM Il sentiero di crescita dei dividendi proposto da Gordon-Shapiro è il primo tentativo di rendere operativo il modello DDM di base; esso abbina ad un’ipotesi di fatto poco realistica di costanza del tasso di crescita dei dividendi una forma matematica semplice, che ne fa uno dei punti fermi della letteratura finanziaria e uno strumento indispensabile anche per formulare dei modelli più articolati. Le ipotesi alla base di questo modello sono le seguenti: • la crescita dei dividendi gt è costante per l’intero orizzonte temporale: gt = g • il tasso di crescita dei dividendi g è strettamente minore del tasso di attualizzazione del mercato: r > g. 12 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM P0 = D1 D2 D3 + + 1+ r (1+ r )2 (1+ r )3 D1 D1 (1+ g) D1 (1+ g) + ....... = + + + ... = 2 3 1+ r (1+ r ) (1+ r ) 2 2 t ⎡ ⎤ ∞ 1+ g 1+ g 1+ g ( ) + ( ) + ...⎥ = D ( ) 1 + D1⎢ 1 2 3 t +1 1+ r ⎢⎣ ⎥ (1+ r ) (1+ r ) ⎦ t= 0 (1+ r ) ∑ Se è verificata l’ipotesi che r sia maggiore di g, la serie geometrica converge: ∞ (1+ g) ∑ 1+ r t= 0 13 ( t ) t +1 = 1 r−g D1 D0 (1+ g) P0 = = r−g r−g Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: DDM Dalla relazione precedente, possiamo notare come le determinanti del valore del titolo siano le seguenti: 1. il dividendo attuale DIV0: il valore del titolo è funzione diretta dell’entità dei dividendi; 2. il tasso di rendimento richiesto dal mercato r: il valore è funzione inversa del tasso di attualizzazione; 3. il tasso di crescita dei dividendi: il prezzo del titolo è funzione diretta di g. Il principale problema relativo all’applicazione del modello di crescita di Gordon è legato alla stima del tasso di crescita. Il valore del titolo che si ricava è estremamente sensibile al tasso g scelto, in particolare al convergere del tasso di crescita al tasso di attualizzazione, il prezzo tende all’infinito. Ad esempio se consideriamo un titolo con un dividendo unitario atteso nel periodo seguente pari a 3 ed un tasso di attualizzazione del 15%, al variare di g il valore del titolo assumerà il seguente andamento: 14 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio MODELLO A DUE STADI Azioni: DDM Il Modello di Gordon a crescita costante si adatta alle imprese “mature”, non a quelle che operano in settori “nuovi” e hanno un saggio di profitto superiore a quello di mercato. In questo caso gli analisti propongono un modello a più tassi di crescita. Quello più semplice prevede due diversi valori del tasso g. Se si assume che per i primi n anni si abbia g1 e g2 per il periodo che va da n+1 all’infinito, il modello diventa il seguente: ⎡ D 1+ g i ⎤ D0 (1+ g2 ) 0( 1) ⎥ ⎢ P0 = + i n ⎢ ⎥ i=1 ⎣ (1+ r ) ⎦ (r − g2 )(1+ r ) n ∑ Il modello è più complesso e la sua stima è più difficile perché richiede un maggior numero di “informazioni” rispetto al tradizionale DDM ad un solo tasso di crescita: (D0, g1 e r) a (D0, g1, g2, n e r). 15 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio MODELLO A TRE STADI Azioni: DDM Nella realtà, molte aziende vivono un periodo di crescita elevato, una fase di transizione ed una di crescita stabile infinita. In questo caso il modello che meglio si adatta a rappresentare il futuro dell’impresa è quello a tre stadi o a tre tassi di dividendo. ⎡ D0 (1 + g1 )i ⎤ m + n ⎡ D0 (1 + g 2 )i ⎤ Dn (1 + g 3 ) P0 = ∑ ⎢ ⎥+∑ ⎢ ⎥+ i i n (1 + r ) ⎦ i =m ⎣ (1 + r ) ⎦ (r − g 2 )(1 + r ) i =1 ⎣ m Crescita elevata per m anni Fase di transizione per n anni Crescita stabile infinita La maggiore complessità del modello consente una migliore capacità di individuare i portafogli sovra e sotto quotati, superiore a quella dei modelli più semplici. 16 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post Il rendimento di un titolo azionario per un periodo è dato da: DIV1 + P1 − P0 r= P0 dove DIV1 = dividendo per azione ricevuto all’anno 1; P0 = prezzo dell’azione all’istante 0; P1 = prezzo dell’azione all’istante 1; Il rendimento di un titolo azionario è dato quindi da due componenti: a) Dividend Yield: b) Capital gain: 17 DIV1 P0 P1 − P0 P0 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post Per ricavare il rendimento di un titolo azionario per T periodi occorre ricavare r dalla seguente relazione noti i dividendi distribuiti fino all’anno T-esimo e i prezzi P0 e PT dell’azione all’istante 0 e all’istante T: T Po = DIVt ∑ 1+ r 1 ( ) t + PT (1+ r ) T Si noti che, in questo caso, il rendimento di un titolo azionario è un parametro simile al rendimento effettivo di una obbligazione con la differenza che, mentre per un titolo obbligazionario si può calcolare a priori il rendimento effettivo, per un titolo azionario è possibile calcolare il rendimento solo ex-post quando sono noti tutti i dividendi ricevuti e il prezzo dell’azione all’istante T. 18 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Calcolo del rendimento atteso Il calcolo del rendimento di un titolo azionario nel caso in cui i dividendi crescano in modo costante a un tasso pari a g si ottiene rielaborando la formula di GordonShapiro, è possibile ricavare che: DIV0 (1+ g) DIV1 R= +g= +g V0 V0 Questa equazione esprime il tasso di rendimento atteso (R) dal mercato come funzione di due variabili facilmente reperibili nei report finanziari: il dividend yield e il tasso di crescita atteso dei dividendi. In questo caso si considera il prezzo corrente del titolo (Vo) non quello teorico. 19 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Calcolo del rendimento atteso Se R>r, il titolo è da acquistare Se R<r, il titolo è da vendere r = rendimento richiesto (ottenuto dal confronto con il tasso free risk ed è necessario per stimare il prezzo del titolo); R = rendimento atteso (ottenuto dal modello del dividendo, dato il prezzo di mercato del titolo V0. Il rendimento così ottenuto è impiegato per identificare i titoli mispriced). Il metodo del rendimento atteso presuppone l’inefficienza del mercato e le difficoltà di stima sono le stesse affrontate per il DDM. 20 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa I modelli appartenenti a questa categoria rappresentano il tentativo di rendere operativo il DDM di base attraverso delle ipotesi di regolarità sull’andamento della profittabilità dell’impresa. La loro caratteristica peculiare è che permettono di calcolare il valore di un titolo azionario in funzione dei principali indici economico-finanziari, superando la visione d’impresa che era alla base dei modelli basati sulla crescita dei dividendi. Bt : 21 book equity per share al tempo t; EPSt : earnings per share atteso nel periodo t; DIVt : dividendo per azione atteso nel periodo t; ROEt: return on equity nell'anno t; ht: coefficiente di ritenzione degli utili (plowback ratio); 1-ht: coefficiente di distribuzione degli utili (payout ratio); gt: tasso di crescita dei dividendi nel periodo t. Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa 22 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa IPOTESI A) Il ROE è un parametro esogeno non modificabile dalla politica finanziaria dell’impresa La leva finanziaria permette di manovrare, entro certi limiti, il valore del ROE attraverso variazioni del rapporto di indebitamento: ROE = ROI + D ROI − r ) ( B ROE = return on equity, indice di redditività del capitale netto; ROI = return on investment, indice di redditività del capitale investito; r = D = debito finanziario netto; B = equity. costo dell’indebitamento; D Nei modelli seguenti, cioè, si ipotizza che la quantità ROI − r ) sia costante e non ( B influenzabile dall’impresa. 23 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa b) Assenza di aumenti di capitale; c) Assenza di fusioni con altre imprese e di qualsiasi altro tipo di operazioni di finanza straordinaria; d) Discretizzazione del funzionamento dell’impresa Si ipotizza la validità della seguente relazione tra l’utile a fine esercizio per azione e il valore di libro per azione a inizio periodo: EPSt = ROEt ⋅ Bt−1 La quota parte degli utili distribuita agli azionisti è pari a DIVt = EPSt ⋅ (1− ht ) = ROEt ⋅ Bt−1 (1− ht ) ht = 24 EPSt − DIVt = coefficiente di ritenzione degli utili EPSt Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa 25 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa Le ipotesi a), b) e c) asseriscono di fatto che l’unica fonte di finanziamento per l’impresa, ovvero l’unico modo per incrementare il valore di libro, è costituita dagli utili trattenuti: ΔBt = Bt − Bt−1 = EPS t − DIVt = ht ⋅ EPS t 26 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa Le ipotesi di questo modello sono che • il coefficiente di ritenzione degli utili è costante nel tempo: ht=h=costante; • la profittabilità dell’impresa ROE t è costante per l’intero orizzonte temporale: ROE t =ROE=costante; • vale la condizione r>h⋅ROE. P0 27 1 − h ) ⋅ EPS 1 (1 − h ) ⋅ Bo ⋅ ROE ( = = r − h ⋅ ROE r − h ⋅ ROE Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa Le ipotesi di costanza della politica dei dividendi e del ROE consentono di scrivere: Dt − Dt−1 (1− h )⋅ EPSt − (1− h )⋅ EPSt−1 EPSt − EPSt−1 gD (t) = = = = gE (t) Dt−1 1− h ⋅ EPS EPS ( ) t−1 t−1 = = ROEt ⋅ Bt−1 − ROEt−1 ⋅ Bt−2 ROE ⋅ Bt−1 − ROE ⋅ Bt−2 Bt−1 − Bt−2 = = = gB (t) = ROE t−1 ⋅ Bt−2 ROE ⋅ Bt−2 Bt−2 Bt−2 ⋅ (1+ h ⋅ ROE )− Bt−2 Bt−2 = h ⋅ ROE dove: 28 gD(t) = tasso di crescita dei dividendi; gE(t) = tasso di crescita degli utili; gB(t) = tasso di crescita del valore di libro. Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa In un contesto, in cui il ROE e la politica dei dividendi sono costanti, si ha dunque che il valore di libro, gli utili e i dividendi crescono allo stesso tasso e sono determinati dalla politica di ritenzione degli utili e dal ROE. Come visto in precedenza (modello di Gordon-Shapiro) il prezzo di un’azione di un’impresa i cui dividendi crescano ad un tasso costante g può essere espresso nel seguente modo: D1 D0 (1 + g) P0 = = r−g r−g Sostituendo in questa relazione le tre seguenti espressioni: g = h ⋅ ROE DIVt = (1− h )⋅ EPSt EPSt = Bt−1 ⋅ ROE 29 P0 1− h )⋅ EPS1 (1− h )⋅ Bo ⋅ ROE ( = = r − h ⋅ ROE con h ⋅ ROE < r r − h ⋅ ROE Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa E' interessante anche verificare l'andamento del prezzo rispetto a variazioni del ROE e della politica di ritenzione degli utili, ricavando le derivate parziali di P0 rispetto a ROE e ad h: Derivata di P0 rispetto a ROE ∂P ∂ROE = B0 ⋅ (1− h )⋅ (r − h ⋅ ROE )+ h ⋅ ROE = B ⋅ 1− h ⋅ r ( ) o 2 2 (r − h ⋅ ROE ) (r − h ⋅ ROE ) , ∂P ∂ROE >0 Derivata di P0 rispetto a h ROE − r ∂P B ⋅ ROE h ⋅ ROE − r + ROE ⋅ (1 − h ) B ⋅ ROE = ⋅ = ⋅ , si ha che 2 2 r r ∂h (r − h ⋅ ROE ) (r − h ⋅ ROE ) k ∂P > 0, ∀h < con ROE − k > 0 ROE ∂h ∂P k = 0, ∀h < con ROE − k = 0 ∂h ROE 30 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modello dei flussi di cassa I dividendi distribuiti sono solo una parte di quanto un’impresa può riconoscere all’azionista. Quanto in realtà potrebbe essere restituito ai soci per cassa anno per anno? FREE CASH FLOW Utile netto – (spese in conto capitale – ammortamenti – accantonamenti) – (∆capitale circolante netto) + (emissione debito – rimborso quota capitale di debito) = FCF 31 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Azioni: Modello dei flussi di cassa In genere le aziende non distribuiscono l’intero ammontare del FCF e quindi il modello basato sulla stima dei dividendi determina una sottovalutazione del valore dell’azione. FCF P0 = r−g La differenza fra i modelli DDM e quelli basati sul FCF esprime il valore del potere di controllo della politica dei dividendi. Chi acquista la maggioranza ha il potere di cambiare la quota delle risorse da distribuire catturando un più alto valore del flusso di cassa disponibile. Se l’impresa può essere scalata il prezzo di mercato del titolo riflette l’aspettativa ed il modello da utilizzare è quello dei flussi di cassa; nel caso, invece, di un’azienda con un gruppo di controllo saldo, il modello più corretto è quello del dividendo. 32 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione Il rapporto P/EPS è tra gli indici più popolari ed è riportato dalla stampa economica ed utilizzato da molti analisti. Le variabili alla base della sua determinazione sono: P0 = (1 + g ) DIV0 (1 + g ) = π 0 EPS 0 r−g r−g P0 π0 = EPS 1 r − g Il multiplo P/EPS è una funzione: • crescente del saggio di distribuzione dell’utile e del tasso di crescita; • decrescente della rischiosità dell’azienda. 33 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione L’azienda A mostra un tasso di rendimento del titolo è pari al 9,15%; il tasso di payout è pari al 70% ed il tasso di crescita degli utili e dei dividendi nel lungo termine è del 5%. P0 0,70 = = 16,87 EPS 1 (0,0915 − 0,05 ) Se il tasso di crescita è maggiore del 5%, per esempio, l’8%, il valore del rapporto cresce. P0 0,70 = = 60,87 EPS 1 (0,0915 − 0,08) 34 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione Un elevato valore del multiplo è premonitore di un tasso di crescita degli utili e dei dividendi particolarmente sostenuto; i titoli con un elevato valore del multiplo sono denominati “growth stock”. I gestori utilizzano spesso il rapporto; per esempio, si confronta il multiplo corrente dl titolo iesimo con quello del settore di appartenenza. A parità di tassi di crescita r e g, un titolo con un multiplo elevato rispetto al settore indica un’azione sopravvalutata e viceversa. 35 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni: definizione L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond) è un titolo di credito emesso da società o enti pubblici che attribuisce al possessore il diritto al rimborso del capitale più un interesse. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario) è il reperimento di liquidità. Di solito, il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente (trimestralmente, semestralmente o annualmente). L'interesse corrisposto periodicamente è detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito al certificato che rappresentava l'obbligazione. 36 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni: tipologie Obbligazioni callable: sono delle obbligazioni a tasso fisso per le quali l'emittente si riserva la facoltà di rimborsarle prima della reale scadenza delle stesse. Obbligazioni convertibili: sono obbligazioni che incorporano la facoltà di convertire, ad una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni secondo un rapporto di cambio predeterminato. Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere almeno due diverse tipologie di obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la vita del titolo (si tratta, rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step down"). 37 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni: tipologie Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate scadenze temporali seguendo i tassi di mercato. Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua. Obbligazioni strutturate: sono obbligazioni il cui rendimento dipende dall'andamento di un'attività sottostante. Obbligazioni Subordinate: sono obbligazioni il cui rimborso, in caso di procedura fallimentare, avverrà solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori privilegiati. Rendite perpetue: sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una cedola predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a termine. 38 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischi dell’investimento obbligazionario Chi investe in obbligazioni incorre in una pluralità di rischi a seconda: • del tipo di titolo; • del quantitativo emesso e dell’organizzazione del mercato secondario; • del merito creditizio dell’emittente; • della valuta in cui è espresso l’investimento; • del deprezzamento monetario. 39 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di liquidità Un mercato o un titolo sono liquidi se è possibile negoziare una quantità normale con rapidità ed a prezzi non diversi da quelli correnti prima della esecuzione della transazione. La transazione, cioè, non deve influenzare la quotazione ed il prezzo di esecuzione è il migliore possibile al momento. Mercati “quote driven”: bid-ask spread formato dal market maker; Mercati “order driven”: controvalore giornaliero. 40 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di credito o rischio emittente L’acquisto di un bond comporta la fiducia che il debitore sia in grado di far fronte puntualmente agli impegni assunti con l’emissione del titolo (pagamento delle cedole e del capitale a scadenza). 41 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di cambio Un titolo espresso in valuta estera determina un rischio di cambio per il possessore dovendo convertire quanto ricevuto a titolo di interessi e capitale in moneta nazionale. In particolare, l’evento a svantaggio del possessore del titolo riguarda la svalutazione della valuta estera che si traduce in un importo ridotto in moneta nazionale. Spesso è questo un elemento di vivo interesse per l’investitore che vede nella svalutazione della moneta nazionale rispetto a quella estera in cui è denominato il titolo una fonte importante di redditività dell’investimento. 42 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di prezzo e di reinvestimento Il rischio tipico di chi investe in bond è il rischio prezzo: la quotazione del titolo, infatti, si muove in funzione inversa della dinamica dei tassi di interesse. Chi acquista titoli con cedola affronta anche il rischio derivante dalle condizioni economiche a cui effettuo il reinvestimento delle cedole: in un contesto di tassi decrescenti il frutto dell’investimento è riallocato in condizione sfavorevoli al rendimento complessivo producendo un montante finale inferiore a quello atteso dall’investitore. 43 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di rimborso anticipato Chi investe in titoli callable è soggetto al rischio di rimborso anticipato. In particolare, nel caso di cedole fisse i “pericoli” riguardano: • impossibilità di beneficiare dell’effetto positivo di un decremento dei tassi di interesse sul prezzo del titolo; • perdita del beneficio di godere di una cedola elevata in un contesto di tassi in diminuzione; • il reinvestimento del capitale investito in un mercato caratterizzato da tassi d’interesse bassi; • durata dell’investimento incerta 44 rendimento incerto. Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Rischio di potere d’acquisto Il rendimento dell’investimento finanziario, espresso in termini nominali, risente dell’effetto prodotto dall’inflazione. Un elevato tasso di inflazione, infatti, può erodere in termini reali i frutti prodotti dal saggio nominale dell’investimento. ES: Investimento biennale di 100€ al tasso di interesse del 6% con tasso di inflazione del 7% 112,36 = 100(1+0,06)2 45 98,14 = 100[(1+0,06)2/(1+0,07)2] Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Valutazione titoli obbligazionari 46 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Valutazione titoli obbligazionari 47 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 48 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 49 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 50 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 51 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 52 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Curva dei rendimenti 53 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Curva dei rendimenti 54 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Relazione prezzo rendimento 55 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 56 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 57 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tasso interno di rendimento 58 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration 59 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration 60 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration 61 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration Modificata La DURATION MODIFICATA (Modified duration) è un indicatore di sensitività del prezzo. Si calcola dividendo la duration per la somma tra uno e il rendimento del titolo. Una duration pari a 4 significa che una variazione di un punto percentuale del rendimento comporta una variazione del 4% del prezzo del titolo. 62 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration Modificata 63 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Duration Modificata 64 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Convexity 65 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Convexity 66 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Convexity 67 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Convexity 68 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 69 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 70 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 71 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 72 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 73 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 74 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Struttura per scadenza dei tassi di interesse 75 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tassi a termine 76 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tassi a termine 77 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tassi a termine 78 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Tassi a termine 79 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 80 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 81 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 82 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 83 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 84 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Obbligazioni a tasso variabile 85 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strumenti Derivati BORSE O-T-C 86 Mercati regolamentati in cui vengono negoziati contratti standard definiti dalle stesse borse. Mercati “Over the Counter” o paralleli, si tratta di reti di mediatori che non si incontrano fisicamente ma sono collegati tra loro per mezzo di telefoni e computers. Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strumenti Derivati Diverse tipologie: − Contratti Forward − Contratti Futures − Opzioni − Swap 87 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Contratti Forward Sono accordi per comprare o vendere un’attività ad una certa data futura, per un certo prezzo. Nei “Contratti Forward”, sono presenti due parti: una parte assume una posizione “lunga” e si impegna a comprare l’attività sottostante ad una data specifica e ad un prezzo fissato; l’altra parte assume una posizione “corta” e si impegna a vendere l’attività sottostante alla stessa data e per lo stesso prezzo. Il prezzo specificato nei contratti forward viene chiamato “Delivery price” (prezzo di consegna). 88 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Contratti Forward π In generale, dato un contratto forward con delivery price pari a K e prezzo dell’attività sottostante a scadenza pari a S , T il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: 0 K (ST − K ) il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: ( K − ST ) 89 ST π 0 K ST Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Contratti Futures I contratti Futures, al pari dei Forward, sono accordi tra due parti per comprare o vendere un’attività ad una certa data futura e per un certo prezzo. A differenza dei Forward, i Futures sono scambiati su mercati regolamentati ed hanno delle caratteristiche standard. Un’ulteriore differenza rispetto ai Forward, è che nei Futures non viene specificata una data precisa per la consegna, ma il contratto è identificato dal mese di consegna e la borsa specifica il periodo, durante il mese, in cui la consegna deve essere effettuata 90 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Opzioni A differenza dei Futures o dei Forwards, nei contratti di Opzione è presente un diritto, e non l’obbligo, di comprare o vendere una certa quantità dell’attività sottostante, ad una prezzo ed in una data indicati. Esistono due tipi fondamentali di opzioni: “Call” e “Put”. “Call” Danno all’acquirente il diritto di acquistare l’attività sottostante, entro una certa data, ad un determinato prezzo. “Put” Danno all’acquirente il diritto di vendere l’attività sottostante, entro una certa data, ad un determinato prezzo. Il prezzo indicato nel contratto è detto “Strike Price”. La scadenza del contratto è detta “Expiration date” o “Maturity” 91 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Call π pari a K e prezzo In generale, data una call europea con delivery price dell’attività sottostante a scadenza pari a S , T il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: 0 ST K max (S T − K ,0 ) π il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: min (K − ST ,0 ) 92 0 K ST Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Put In generale, data una put europea con delivery price pari a K e prezzo π dell’attività sottostante a scadenza pari a S , T il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: max (K − ST ,0 ) 0 K ST π il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: min (ST − K ,0 ) 93 0 K ST Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Swap Gli swaps sono accordi privati tra due società per scambiarsi dei futuri pagamenti. L’accordo definisce le date in cui i pagamenti vengono scambiati e il modo in cui devono essere calcolati. Di solito, la loro determinazione viene effettuata in base ad una o più variabili di mercato. I due principali tipi di swap sono: ¾ Interest Rate Swap, cioè swap su tassi d’interesse ¾ Currency Swap, cioè swap su valute. 94 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Interest Rate Swap Il più comune tipo di swap su tassi d’interesse è detto “Plain Vanilla”. In questo contratto, una società promette ad un’altra di pagarle, per un certo numero di anni e in base ad un capitale di riferimento detto capitale nozionale, un tasso fisso predeterminato. A sua volta, la controparte si impegna a pagare un tasso d’interesse variabile sullo stesso capitale nozionale, per lo stesso numero di anni. Tasso fisso SOCIETA’ 1 SOCIETA’ 2 Tasso variabile 95 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Interest Rate Swap Il capitale nozionale, assume questo nome perché non viene scambiato, ma serve solo come base di calcolo per determinare gli interessi. Lo swap, può essere considerato come lo scambio di un titolo a tasso fisso contro un titolo a tasso variabile. La società che paga il tasso fisso, è come se avesse assunto una posizione lunga sul titolo a tasso variabile e corta sul titolo a tasso fisso. La società che paga il tasso variabile, è come se avesse assunto una posizione lunga sul titolo a tasso fisso e corta sul titolo a tasso variabile. In genere, le società non finanziarie, non entrano direttamente in contatto tra loro, ma ognuna tratta con un intermediario finanziario. Quindi, in genere, lo scambio dei flussi avviene tra una banca e un privato. 96 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Interest Rate Swap La valutazione di un contratto swap, avviene come differenza tra il valore delle due gambe. Nel caso in cui si riceve il variabile e si paga il fisso, si ha: Vswap = B fl − B fix B fix è il valore del titolo a tasso fisso sottostante lo swap. B fl è il valore del titolo a tasso variabile sottostante lo swap Il valore di ogni singola gamba, si ottiene attualizzando tutti i flussi futuri alla data di valutazione. Il valore del contratto è pari a zero, nel momento in cui viene negoziato. 97 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Currency Swap Comportano lo scambio del capitale e degli interessi a tasso fisso di un prestito denominato in una valuta contro il capitale e gli interessi a tasso fisso di un prestito denominato in un’altra valuta. Di solito i due capitali vengono scambiati sia all’inizio sia alla fine dello swap e sono scelti in modo da essere approssimativamente equivalenti sulla base del tasso di cambio osservato all’inizio dello swap. In generale il valore di uno swap è dato da: Vswap = BD − S 0 BF Dove BD è il valore del titolo nella moneta in cui si ricevono gli interessi, BF è il valore del titolo nella moneta in cui si pagano gli interessi e S è il tasso di 0 cambio. 98 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Interest Rate Swap Gli IRS possono essere utilizzati per trasformare una passività a tasso variabile in una passività a tasso fisso e viceversa. Stesso discorso vale per una attività. Esempio: Swap tra la SOCIETA’ 1 che paga un 5% e la SOCIETA’ 2 che paga l’Euribor. La SOCIETA’ 1 decide di prendere un prestito in cui paga interessi pari all’Euribor + 0,1%. Quindi la SOCIETA’ 1 avrà questi flussi: -5% + Euribor –Euribor - 0,1% = -5,1% Ha trasformato la sua passività a tasso variabile, in una passività a tasso fisso. 99 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Currency Swap I Currency Swap possono essere utilizzati per trasformare una passività denominata in una certa valuta in una passività denominata in un’altra valuta e viceversa. Stesso discorso vale per una attività. Esempio: Swap tra la SOCIETA’ 1 che paga un 11% in sterline e la SOCIETA’ 2 che paga un 8% in dollari. La SOCIETA’ 1 decide di emettere obbligazioni in dollari in cui paga interessi dell’8%. Quindi la SOCIETA’ 1 avrà questi flussi: -11% £ + 8%$ - 8%$= -11% £ Ha trasformato la sua passività in dollari, in una passività in sterline. 100 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strategie operative mediante opzioni ¾ Strategie con un’opzione e l’azione sottostante ¾ Spreads • • • • • ¾ Spreads Spreads Spreads Spreads Spreads al rialzo al ribasso a farfalla di calendario diagonali Combinazioni • Straddles • Strips e Straps • Strangles 101 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strategie con un’opzione e l’azione sottostante VENDITA DI UNA CALL COPERTA: cioè una posizione lunga sull’azione e corta sulla call. Profitto POSIZIONE CORTA SULLA PUT K ST La posizione lunga sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte rialzo del prezzo dell’azione. 102 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strategie con un’opzione e l’azione sottostante ACQUISTO DI UNA CALL COPERTA: cioè una posizione corta sull’azione e lunga sulla call. Profitto POSIZIONE LUNGA SULLA PUT K ST La posizione corta sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte ribasso del prezzo dell’azione. 103 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strategie con un’opzione e l’azione sottostante ACQUISTO DI UNA PUT DIFENSIVA: cioè una posizione lunga sull’azione e lunga sulla put. Profitto POSIZIONE LUNGA SULLA CALL K ST La posizione lunga sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte rialzo del prezzo dell’azione. 104 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Strategie con un’opzione e l’azione sottostante VENDITA DI UNA PUT DIFENSIVA: cioè una posizione corta sull’azione e corta sulla put. Profitto POSIZIONE CORTA SULLA CALL K ST La posizione corta sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte ribasso del prezzo dell’azione. 105 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS AL RIALZO (“Bull Spreads”) con call: può essere creato comprando una call con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una call con un prezzo d’esercizio più alto. Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza. Profitto K1 K2 ST Investimento iniziale dovuto al fatto che il prezzo di una call dimunisce al crescere del prezzo d’esercizio, quindi il valore dell’opzione venduta è sempre minore del valore dell’opzione comprata. Le strategie “Bull spreads” limitano i profitti in caso di rialzo e le perdite in caso di ribasso. 106 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS AL RIALZO (“Bull Spreads”) con put: può essere creato comprando una put con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con un prezzo d’esercizio più alto. Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza. Profitto K1 K2 ST Le strategie “Bull spreads” limitano i profitti in caso di rialzo e le perdite in caso di ribasso. A differenza dei Bull Spreads mediante Calls, quelli mediante puts comportano , per l’investitore, un incasso immediato ed un valore finale negativo o nullo. 107 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS AL RIBASSO (“Bear Spreads”) con call: può essere creato comprando una call con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una call con un prezzo d’esercizio più basso. Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza. Profitto ST K1 K2 Incasso immediato dovuto al fatto che il prezzo di una call dimunisce al crescere del prezzo d’esercizio, quindi il valore dell’opzione venduta è sempre maggiore del valore dell’opzione comprata. 108 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS AL RIBASSO (“Bear Spreads”) con put: può essere creato comprando una put con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con un prezzo d’esercizio più basso. Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza. Profitto ST K1 K2 Lo spread al ribasso, costruito mediante puts, comporta un esborso iniziale, perché la put venduta ha un prezzo d’esercizio minore di quella comprata. Per contro però, l’investitore riceve il prezzo dell’opzione venduta. 109 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS A FARFALLA (“Butterfly Spreads”) con call: si ottengono assumendo posizioni su opzioni con tre diversi prezzi d’esercizio. Ad esempio comprando una call con strike basso, comprando un’altra call con strike alto, e vendendo due call con uno strike intermedio. Profitto K2 K1 K3 ST Gli spreads a farfalla consentono profitti se il prezzo del sottostante resta vicino a generano una perdita nel caso di un rialzo o di un ribasso significativo. 110 K 2 , ma Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS A FARFALLA (“Butterfly Spreads”) con put: si ottengono assumendo posizioni su opzioni con tre diversi prezzi d’esercizio. Ad esempio comprando una put con strike basso, comprando un’altra put con strike alto, e vendendo due put con uno strike intermedio. Profitto K2 K1 K3 ST Gli spreads a farfalla consentono profitti se il prezzo del sottostante resta vicino a generano una perdita nel caso di un rialzo o di un ribasso significativo. 111 K 2 , ma Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Spreads SPREADS DI CALENDARIO CON CALL: costruiti con calls che hanno stesso prezzo d’esercizio ma diverse scadenze. Ad esempio comprando una call con un certo prezzo d’esercizio e vendendo un call con stesso strike ma durata più lunga. In genere, più la scadenza dell’opzione è lontana, più l’opzione è cara, pertanto gli spreads di calendario richiedono un investimento iniziale. CON PUT: costruiti con puts che hanno stesso prezzo d’esercizio ma diverse scadenze. Ad esempio comprando una put con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con stesso strike ma durata più breve. SPREADS DIAGONALI Gli spreads diagonali sono spreads in cui le due calls (o le due puts) hanno prezzi d’esercizio e scadenze diversi. 112 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Combinazioni STRADDLE: consiste nell’acquisto di una call e di una put, con prezzo d’esercizio e scadenza uguali. Profitto K ST E’ uno strumento appropriato quando ci si aspetta una forte variazione del prezzo dell’azione, ma non si sa in quale direzione. La figura sopra mostra uno “straddle in acquisto”, chiamato anche “straddle inferiore”. La strategia inversa, “straddle superiore”, consiste nella vendita di una call e di una put, con prezzo d’esercizio e scadenza uguali. 113 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Combinazioni STRIPS: costruiti comprando una call e due puts con lo stesso strike e la stessa scadenza. Profitto Strategia idonea se si ritiene che i ribassi siano più probabili dei rialzi. K ST STRAPS: costruiti comprando due calls e una put con lo stesso strike e la stessa scadenza. Profitto Strategia idonea se si ritiene che i rialzi siano più probabili dei ribassi. K ST 114 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Combinazioni STRANGLES: si ottengono comprando una put e una call con la stessa scadenza ma prezzi d’esercizio diversi. Profitto K1 K2 ST E’ uno strumento appropriato quando ci si aspetta una forte variazione del prezzo dell’azione, ma non si sa in quale direzione. La figura sopra mostra uno “straddle in acquisto”. In uno strangle, il prezzo deve muoversi maggiormente rispetto ad uno straddle, per avere un profitto, però, se il prezzo finisce con l’assumere un valore centrale rispetto ai due prezzi di esercizio, la perdita è minore. 115 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Opzioni Esotiche Opzioni con caratteristiche non standard, ma frutto della più avanzata ingegneria finanziaria. Tipologie più diffuse: ¾ Packages ¾ Opzioni Americane fuori standard ¾ Opzioni forward start ¾ Opzioni Composte ¾ Opzioni Chooser ¾ Opzioni con barriera ¾ Opzioni Binarie ¾ Opzioni Lookback ¾ Opzioni Asiatiche ¾ Opzioni di scambio ¾ Opzioni Basket 116 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Packages I packages sono portafogli formati da calls e puts europee, contratti forward, denaro contante e la stessa attività sottostante. Tipi di packages sono gli Straddles, gli Strangles e gli Spreads. Un esempio di packages è il RANGE FORWARD. Una posizione lunga su un Range Forward si ottiene: assumendo una posizione corta su una put con strike K1 e una posizione lunga su una call con strike K 2 . Valore finale K1 K2 ST Questo garantisce che l’attività sottostante possa essere acquistata ad un prezzo compreso tra K1 e K 2 , alla scadenza delle opzioni. 117 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Packages Una posizione corta su un Range Forward si ottiene: assumendo una posizione lunga su una put con strike K1 e una posizione corta su una call con strike K 2 . Valore finale K1 K2 ST Questo garantisce che l’attività sottostante possa essere venduta ad un prezzo compreso tra K1 e K 2 , alla scadenza delle opzioni. 118 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Opzioni americane fuori standard Le opzioni americane ordinarie, possono essere esercitate in qualsiasi momento di vita dell’opzione ed il prezzo d’esercizio è sempre lo stesso. Quelle fuori standard, hanno delle particolari caratteristiche: ¾ L’esercizio anticipato può essere limitato ad alcune date, e in questo caso si parla di “opzioni Bermuda”. ¾ L’esercizio anticipato può essere consentito solo in una parte della vita dell’opzione. ¾ Il prezzo d’esercizio può cambiare durante la vita dell’opzione. 119 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Altri tipi di Opzioni Esotiche OPZIONI FORWARD START: sono opzioni con decorrenza posticipata, cioè vengono pagate ora ma decorrono da una certa data futura. OPZIONI COMPOSTE: sono opzioni costruite su opzioni, ad esempio call su call, call su put, ecc. OPZIONI CHOOSER: sono opzioni in cui il possessore, dopo un certo periodo, può scegliere se l’opzione è una call o una put. OPZIONI CON BARRIERA: sono opzioni in cui il valore finale dipende dal fatto che il prezzo dell’attività sottostante abbia raggiunto o meno, in un dato periodo, un certo livello. Si distinguono in due categorie: ¾ KNOCK OUT: se smettono di esistere quando il prezzo dell’attività sottostante raggiunge il livello della barriera, ¾ KNOCK IN: se iniziano ad esistere quando il prezzo dell’attività sottostante raggiunge il livello della barriera. OPZIONI BINARIE: sono opzioni con valori finali discontinui. Un esempio sono le calls “cash or nothing”: questa opzione paga zero se il prezzo dell’attività sottostante termina al di sotto di un certo livello, e una somma fissa altrimenti. 120 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Altri tipi di Opzioni Esotiche OPZIONI LOOKBACK: sono opzioni retrospettive in cui il valore finale dipende dal prezzo minimo o massimo raggiunto dal sottostante durante la vita dell’opzione. Il valore finale di una “Lookback Call” è pari alla differenza tra il prezzo finale del sottostante e il prezzo minimo raggiunto durante la vita dell’opzione. Il valore finale di una “Lookback Put” è pari alla differenza tra il prezzo massimo raggiunto durante la vita dell’opzione e il prezzo finale del sottostante. OPZIONI ASIATICHE: sono opzioni il cui valore finale dipende dal prezzo medio dell’attività sottostante osservato durante la vita dell’opzione. OPZIONI DI SCAMBIO: sono opzioni per scambiare un’attività con un’altra, ad esempio per acquistare una valuta in cambio di un’altra. OPZIONI BASKET: sono opzioni scritte su un paniere di attività sottostanti, il cui payoff dipende dal basket di attività. 121 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Fondi Comuni d’Investimento: definizione I Fondi Comuni d’Investimento o OICR, sono un patrimonio collettivo gestito “in monte” e versato da una pluralità di soggetti. Il patrimonio del fondo è diviso in quote con attribuzione ad ogni sottoscrittore di un numero proporzionale all’importo versato. I partecipanti ai fondi mobiliari hanno pari diritti e sono trattati allo stesso modo. Essi partecipano ai guadagni e alle perdite in proporzione al numero di quote in loro possesso. Principalmente i fondi si suddividono in: ¾ Fondi ad accumulazione: dove gli utili sono reinvestiti. ¾ Fondi a distribuzione: dove c’è una distribuzione periodica dei proventi. 122 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Fondi Comuni d’Investimento: definizione Tipologie di OICR: ¾ Fondi Aperti: dove sottoscrizioni e riscatti sono possibili senza vincoli temporali. ¾ Fondi Chiusi:il cui patrimonio è raccolto in un’unica emissione. ¾ SICAV: sono simili ai fondi aperti, ma il sottoscrittore non acquista quote ma azioni. ¾ Fondi Immobiliari: specializzati in investimenti in campo immobiliare. ¾ Fondi Speculativi o Hedge Fund: con strategie di investimento aggressive. ¾ Fondi Pensione: con la caratteristica di erogare prestazioni previdenziali, ad integrazione del sistema pensionistico pubblico. 123 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Fondi Comuni d’Investimento: classificazione CLASSIFICAZIONE ASSOGESTIONI: ¾ FLESSIBILI: senza vincoli di asset allocation. ¾ AZIONARI: investono almeno il 70% del portafoglio in azioni. ¾ BILANCIATI: investono in azioni dal 10% al 90% del portafoglio. ¾ OBBLIGAZIONARI: non possono investire in azioni (fatta eccezione per gli obbligazionari misti che possono investire in azioni da 0 a 20% del portafoglio). ¾ LIQUIDITA’: non possono investire in azioni. 124 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio Fondi Comuni d’Investimento: costi TotaleOneri TER (TotalExpenseRatio) = PatrimonioMedio Tra gli oneri si considerano: ¾ Commissioni di gestione ed eventualmente di performance ¾ Compenso alla Banca Depositaria ¾ Spese di revisione. Il TER non considera: ¾ Costi amministrativi per apertura posizione ¾ Commissioni di ingresso e uscita ¾ Eventuali costi di passaggio verso altri fondi. Quindi il TER è utile per valutare i costi a carico del Fondo ma non quelli a carico del Sottoscrittore. 125 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETF: definizione Gli Exchange Traded Funds sono una particolare categoria di fondi, le cui quote sono negoziate in Borsa in tempo reale come semplici azioni, attraverso una banca o un qualsiasi intermediario autorizzato. Una delle caratteristiche peculiari di questo strumento è costituita dall'indicizzazione: gli Etf replicano infatti passivamente la composizione di un indice di mercato (geografico, settoriale, azionario o obbligazionario) e di conseguenza anche il suo rendimento. Se ad esempio l'indice S&P 500 si apprezza del 2%, l'ETF legato allo S&P 500 registrerà un rialzo della stessa proporzione. Gli ETF si caratterizzano come una via di mezzo tra un azione e un fondo e consentono di sfruttare i punti di forza di entrambi gli strumenti. In particolare acquistando un ETF, è possibile realizzare la diversificazione e la riduzione dei rischi tipica di un fondo di investimento, scambiando le quote del fondo come una normale azione. La trattazione in continua degli ETF rende infatti possibile conoscere il valore di mercato in ogni istante, a differenza dei fondi comuni di investimento tradizionali, il cui valore viene fissato una sola volta al giorno, generalmente a fine giornata. 126 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETF: definizione Le asset class accessibili attraverso l’investimento in ETF sono estremamente diversificate, è infatti possibile puntare su: - Indici obbligazionari (Titoli di stato denominati in euro, dollaro, sterline e segmentati per scadenza. Titoli di società private dell’area euro e non) - Indici azionari rappresentativi di singoli mercati e di intere aree geografiche (Italia, Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Giappone, Europa, Usa, ecc.) - Indici azionari di mercati emergenti (Cina, India, Russia, Brasile, Turchia, Korea, Taiwan ecc.) - Indici azionari settoriali (automobili, tecnologici, telecomunicazioni, utilities, banche, energia, servizi finanziari ecc). - Indici azionari style (mid cap, small cap, value, growth, select dividend) - Indici di materie prime - Indici di società immobiliari e di private equity 127 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETF: vantaggi L’ETF consente in estrema sintesi di: - prendere posizione in tempo reale sul mercato target con una sola operazione di acquisto - realizzare l’identica performance dell’indice benchmark - avere un prezzo di mercato costantemente allineato al NAV ed una elevata liquidità - ottenere un’ampia diversificazione - ridurre il costo complessivo del proprio portafoglio (non ci sono commissioni di entrata, di uscita e di performance, ma solo una commissione di gestione che in genere varia tra lo 0,2% e lo 0,9%) - eliminare il rischio emittente - incassare i dividendi a fronte delle azioni detenute in portafoglio. I dividendi periodici (quando previsti) sono distribuiti al netto delle spese sostenute dal gestore, ma a volte i dividendi sono reinvestiti automaticamente nel fondo (indici total return). La politica del fondo è descritta nel rispettivo prospetto informativo 128 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETF: svantaggi - Livello di rischio: sono prodotti caratterizzati da un profilo di rischio medio alto, in quanto legati all'andamento del mercato sottostante (azionario, obbligazionario, materia prima). La diversificazione permette di ridurre il rischio specifico di un singolo titolo, ma non elimina il rischio di mercato. - Emissione riservata solo agli investitori istituzionali: solo i player istituzionali possono trattare direttamente con le società emittenti, gli investitori privati possono negoziare questi strumenti solamente nel mercato secondario attraverso un broker. - Spread bid/ask: in caso di un supporto non adeguato alla liquidità da parte dello specialist, lo spread denaro/lettera può ampliarsi eccessivamente. - Assenza di una selezione qualitativa dei titoli (gestione attiva): l'acquisto consente di acquistare istantaneamente un paniere di titoli di una determinata area geografica, mercato o settore. L'investimento concerne pertanto tutte gli strumenti finanziari incorporati nell'indice senza la possibilità di escludere le società più rischiose o considerate meno valide. Questa scelta può essere effettuata esclusivamente attraverso una gestione di investimento “attiva”. 129 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETF strutturati Gli “ETF strutturati” sono fondi o Sicav negoziabili in tempo reale come delle azioni e gestiti con tecniche volte a perseguire rendimenti che non sono solo in funzione dell’andamento dell’indice benchmark, ma che possono essere volte a: -proteggere il valore del portafoglio pur partecipando agli eventuali rialzi dell’indice di riferimento (ETF a protezione o flessibili); - partecipare in maniera più che proporzionale all’andamento di un indice (ETF a leva); - partecipare inversamente ai movimenti dell’indice di riferimento (ETF short con o senza leva); - realizzare strategie d’investimento più complesse come ad esempio la strategia cosiddetta buy-write o covered call che prevede l’assunzione di una posizione lunga sul benchmark e la contestuale vendita di un opzione sull’indice stesso con strike out of the money del 5%. ETF ed ETF strutturati sono caratterizzati dalla medesima politica d’investimento che si può sinteticamente definire “passiva” , ovvero si limitano a replicare un indice sottostante annullando di fatto il potere discrezionale lasciato al gestore. 130 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio ETC Gli Exchange Traded Commodities (ETC) sono strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento diretto dell’emittente in materie prime o in contratti derivati su materie prime. Il prezzo degli ETC è quindi legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante. Similarmente agli ETF, gli ETC sono negoziati in Borsa come delle azioni. Questi strumenti replicano passivamente la performance della materia prima o del paniere di materie prime a cui fanno riferimento rientrando a pieno merito nella famiglia dei “cloni finanziari”. L’investitore può quindi investire su una singola materia prima (oro, petrolio, gas, zucchero, soia, zinco etc..), possibilità preclusa agli ETF che devono garantire un certo grado di diversificazione per ragioni di natura regolamentare (Direttiva sugli Organismi d’Investimento Collettivi del Risparmio UCITS III). Gli ETC non sono quindi fondi (OICR), ma sono titoli senza scadenza (simili alle obbligazioni zero coupon con scadenza illimitata) emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto in una materia prima o in contratti su merci stipulati dall’emittente con operatori internazionali. Ciò che accomuna gli ETC agli ETF è l’esistenza di un mercato primario e di un mercato secondario. Il mercato primario è accessibile esclusivamente agli intermediari autorizzati, mentre quello secondario (nel nostro caso Borsa Italiana) è accessibile anche al mercato retail. 131 Università degli Studi di Teramo - Prof. Paolo Di Antonio