Diapositiva 1

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Tipologie di strumenti finanziari
PRINCIPALI TIPOLOGIE DI STRUMENTI FINANZIARI:
1
¾
Azioni
¾
Obbligazioni
¾
ETF
¾
Opzioni
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Azioni: definizione
L’azione è un titolo nominativo rappresentativo di una quota della
proprietà di una società. Il possesso di un’azione è la condizione
necessaria per diventare soci della società.
Esistono diverse tipologie di azioni:
−
ORDINARIE;
−
PRIVILEGIATE: garantiscono precedenza nella ripartizione degli
utili e nel rimborso del capitale all’atto dello scioglimento della
società;
−
DI RISPARMIO: azioni prive del diritto di voto nell'assemblea, ma
privilegiate nella distribuzione del dividendo.
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Azioni: modelli valutativi
MODELLI VALUTATIVI:
−
I modelli DDM (Dividend Discount Model)
−
Calcolo del rendimento ex-post di un titolo azionario
−
Modelli basati sulla profittabilità dell’impresa
−
Modello dei flussi di cassa
−
Gli indici Price/book e Price/Earnings
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Azioni: modelli valutativi
I modelli che seguono sono validi nelle seguenti ipotesi:
• esiste una sola categoria di titoli;
• lo Stato Patrimoniale è composto solo da equity e debito: non sono
presenti altri strumenti finanziari “particolari” come warrant e
obbligazioni convertibili;
• non sono previste operazioni di finanza straordinaria;
• non viene considerato il problema del controllo e dell’estrazione dei
benefici privati da parte del soggetto controllante;
• il rischio dell’azienda e il tasso di rendimento del mercato non
variano nel tempo: rt=r=costante.
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Azioni: DDM
Generalità
Nei modelli di valutazione dei titoli azionari in termini di dividendi, in
genere, si ipotizza che
• i dividendi siano distribuiti con cadenza annuale e, in particolare,
che il primo dividendo venga distribuito esattamente a un anno di
distanza dal momento in cui viene effettuata la valutazione (si
veda Figura 1);
• il tasso di rendimento r richiesto dal mercato sia costante e dato da
due componenti: una componente che rappresenta il rendimento
privo di rischio e una componente che rappresenta il premio per il
rischio.
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Economia degli Intermediari Finanziari
Si noti che in linea di principio r, in sintonia con quanto visto per i
titoli obbligazionari, dovrebbe essere diverso per i vari istanti t in
cui vengono distribuiti i dividendi; nonostante questo, di solito, si
considera un r costante in quanto le formule che vedremo
successivamente hanno una valenza prevalentemente di carattere
concettuale.
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Azioni: DDM
Per ricavare una prima formula di valutazione dei titoli azionari si osservi che il
prezzo di una azione, in un generico istante, deve essere uguale al valore
attuale dei flussi di cassa futuri che genererà tale azione; in particolare il
prezzo dell’azione all’istante 0 deve essere uguale al valore attuale del
dividendo e del prezzo atteso per l’azione all’anno 1:
dove:
P0
P1
DIV1
r
7
DIV1 + P1
P0 =
1+ r
= prezzo dell’azione all’istante 0;
= prezzo dell’azione all’istante 1;
= dividendo atteso per azione nell’anno 1;
= tasso di rendimento richiesto dal mercato.
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Azioni: DDM
Questa relazione vale anche se consideriamo i prezzi attesi per l’azione all’istante 1 e
all’istante 2:
P1 =
DIV 2 + P 2
1+ r
Il prezzo dell’azione all’istante 0, di conseguenza, può essere espresso in funzione dei
dividendi attesi fino all’istante 2 e del prezzo atteso per l’azione all’istante 2:
P0 =
DIV 1 DIV 2 + P2
+
2
1+ r
(1 + r )
Generalizzando si ottiene un primo modello di valutazione dei titoli azionari:
P0 =
8
T
DIV
∑ (1 + r )
t =1
t
t
+
PT
(1 + r
)T
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Azioni: DDM
Secondo questo modello le determinanti del valore di un’azione sono perciò
tre:
• la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a T;
• il prezzo dell’azione PT all’istante T;
• il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori.
Generalizzando:
∞
P0 =
DIVt
∑ 1+ r
t=1
(
)
t
Secondo questo modello le determinanti del valore di un’azione sono perciò
due:
• la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a ∞ ;
• il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori.
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Azioni: DDM
In realtà è inverosimile pensare di disporre di stime del flusso di dividendi su un
orizzonte temporale infinito come richiesto dal DDM di base; tipicamente sono
disponibili previsioni attendibili della crescita dei dividendi nel breve periodo (35 anni) elaborate da società operanti nel campo dei servizi finanziari (tra le più
note Value Line Investment Survey e Institutional Brokers Estimate SystemIBES) che periodicamente forniscono stime anche per altre variabili rilevanti per
l’investitore. Il problema a cui si trova di fronte un analista finanziario è perciò
la stima dell’andamento dei dividendi distribuiti nel lungo periodo.
Tipicamente questo problema viene affrontato ipotizzando delle regolarità
nell’andamento dei dividendi, ovvero dei cosiddetti sentieri di crescita dei
dividendi, sapendo che per un generico anno t la crescita dei dividendi può
essere espressa nel seguente modo:
DIVt − DIVt−1
gt =
DIVt−1
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Azioni: DDM
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MODELLO DI GORDON-SHAPIRO
Azioni: DDM
Il sentiero di crescita dei dividendi proposto da Gordon-Shapiro è il primo
tentativo di rendere operativo il modello DDM di base; esso abbina ad un’ipotesi
di fatto poco realistica di costanza del tasso di crescita dei dividendi una forma
matematica semplice, che ne fa uno dei punti fermi della letteratura finanziaria
e uno strumento indispensabile anche per formulare dei modelli più articolati.
Le ipotesi alla base di questo modello sono le seguenti:
• la crescita dei dividendi gt è costante per l’intero orizzonte temporale: gt = g
• il tasso di crescita dei dividendi g è strettamente minore del tasso di
attualizzazione del mercato: r > g.
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Azioni: DDM
P0 =
D1
D2
D3
+
+
1+ r (1+ r )2 (1+ r )3
D1 D1 (1+ g) D1 (1+ g)
+ ....... =
+
+
+ ... =
2
3
1+ r (1+ r )
(1+ r )
2
2
t
⎡
⎤
∞
1+
g
1+
g
1+
g
( ) + ( ) + ...⎥ = D ( )
1
+
D1⎢
1
2
3
t +1
1+
r
⎢⎣
⎥
(1+ r ) (1+ r ) ⎦ t= 0 (1+ r )
∑
Se è verificata l’ipotesi che r sia maggiore di g, la serie geometrica converge:
∞
(1+ g)
∑ 1+ r
t= 0
13
(
t
)
t +1
=
1
r−g
D1
D0 (1+ g)
P0 =
=
r−g
r−g
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Azioni: DDM
Dalla relazione precedente, possiamo notare come le determinanti del valore del titolo siano
le seguenti:
1. il dividendo attuale DIV0: il valore del titolo è funzione diretta dell’entità dei dividendi;
2. il tasso di rendimento richiesto dal mercato r: il valore è funzione inversa del tasso di
attualizzazione;
3. il tasso di crescita dei dividendi: il prezzo del titolo è funzione diretta di g.
Il principale problema relativo all’applicazione del modello di crescita di Gordon è legato alla
stima del tasso di crescita. Il valore del titolo che si ricava è estremamente sensibile al
tasso g scelto, in particolare al convergere del tasso di crescita al tasso di attualizzazione, il
prezzo tende all’infinito. Ad esempio se consideriamo un titolo con un dividendo unitario
atteso nel periodo seguente pari a 3 ed un tasso di attualizzazione del 15%, al variare di g il
valore del titolo assumerà il seguente andamento:
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MODELLO A DUE STADI
Azioni: DDM
Il Modello di Gordon a crescita costante si adatta alle imprese “mature”, non a
quelle che operano in settori “nuovi” e hanno un saggio di profitto superiore a
quello di mercato. In questo caso gli analisti propongono un modello a più
tassi di crescita. Quello più semplice prevede due diversi valori del tasso g. Se
si assume che per i primi n anni si abbia g1 e g2 per il periodo che va da n+1
all’infinito, il modello diventa il seguente:
⎡ D 1+ g i ⎤
D0 (1+ g2 )
0(
1) ⎥
⎢
P0 =
+
i
n
⎢
⎥
i=1 ⎣ (1+ r )
⎦ (r − g2 )(1+ r )
n
∑
Il modello è più complesso e la sua stima è più difficile perché richiede un
maggior numero di “informazioni” rispetto al tradizionale DDM ad un solo
tasso di crescita: (D0, g1 e r) a (D0, g1, g2, n e r).
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MODELLO A TRE STADI
Azioni: DDM
Nella realtà, molte aziende vivono un periodo di crescita elevato, una fase di
transizione ed una di crescita stabile infinita. In questo caso il modello che
meglio si adatta a rappresentare il futuro dell’impresa è quello a tre stadi o a
tre tassi di dividendo.
⎡ D0 (1 + g1 )i ⎤ m + n ⎡ D0 (1 + g 2 )i ⎤
Dn (1 + g 3 )
P0 = ∑ ⎢
⎥+∑ ⎢
⎥+
i
i
n
(1 + r ) ⎦ i =m ⎣ (1 + r ) ⎦ (r − g 2 )(1 + r )
i =1 ⎣
m
Crescita elevata per m
anni
Fase di transizione per n
anni
Crescita stabile infinita
La maggiore complessità del modello consente una migliore capacità di
individuare i portafogli sovra e sotto quotati, superiore a quella dei modelli più
semplici.
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Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post
Il rendimento di un titolo azionario per un periodo è dato da:
DIV1 + P1 − P0
r=
P0
dove
DIV1 = dividendo per azione ricevuto all’anno 1;
P0 = prezzo dell’azione all’istante 0;
P1 = prezzo dell’azione all’istante 1;
Il rendimento di un titolo azionario è dato quindi da due componenti:
a) Dividend Yield:
b) Capital gain:
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DIV1
P0
P1 − P0
P0
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Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post
Per ricavare il rendimento di un titolo azionario per T periodi occorre ricavare r
dalla seguente relazione noti i dividendi distribuiti fino all’anno T-esimo e i prezzi
P0 e PT dell’azione all’istante 0 e all’istante T:
T
Po =
DIVt
∑ 1+ r
1
(
)
t
+
PT
(1+ r )
T
Si noti che, in questo caso, il rendimento di un titolo azionario è un parametro
simile al rendimento effettivo di una obbligazione con la differenza che, mentre
per un titolo obbligazionario si può calcolare a priori il rendimento effettivo, per
un titolo azionario è possibile calcolare il rendimento solo ex-post quando sono
noti tutti i dividendi ricevuti e il prezzo dell’azione all’istante T.
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Azioni: Calcolo del rendimento atteso
Il calcolo del rendimento di un titolo azionario nel caso in cui i dividendi crescano
in modo costante a un tasso pari a g si ottiene rielaborando la formula di GordonShapiro, è possibile ricavare che:
DIV0 (1+ g)
DIV1
R=
+g=
+g
V0
V0
Questa equazione esprime il tasso di rendimento atteso (R) dal mercato come
funzione di due variabili facilmente reperibili nei report finanziari: il dividend
yield e il tasso di crescita atteso dei dividendi. In questo caso si considera il
prezzo corrente del titolo (Vo) non quello teorico.
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Azioni: Calcolo del rendimento atteso
Se R>r, il titolo è da acquistare
Se R<r, il titolo è da vendere
r = rendimento richiesto (ottenuto dal confronto con il tasso free
risk ed è necessario per stimare il prezzo del titolo);
R = rendimento atteso (ottenuto dal modello del dividendo, dato il
prezzo di mercato del titolo V0. Il rendimento così ottenuto è
impiegato per identificare i titoli mispriced).
Il metodo del rendimento atteso presuppone l’inefficienza del
mercato e le difficoltà di stima sono le stesse affrontate per il DDM.
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
I modelli appartenenti a questa categoria rappresentano il tentativo di rendere
operativo il DDM di base attraverso delle ipotesi di regolarità sull’andamento della
profittabilità dell’impresa. La loro caratteristica peculiare è che permettono di
calcolare il valore di un titolo azionario in funzione dei principali indici
economico-finanziari, superando la visione d’impresa che era alla base dei modelli
basati sulla crescita dei dividendi.
Bt :
21
book equity per share al tempo t;
EPSt :
earnings per share atteso nel periodo t;
DIVt :
dividendo per azione atteso nel periodo t;
ROEt:
return on equity nell'anno t;
ht:
coefficiente di ritenzione degli utili (plowback ratio);
1-ht:
coefficiente di distribuzione degli utili (payout ratio);
gt:
tasso di crescita dei dividendi nel periodo t.
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
IPOTESI
A) Il ROE è un parametro esogeno non modificabile dalla politica
finanziaria dell’impresa
La leva finanziaria permette di manovrare, entro certi limiti, il valore del ROE
attraverso variazioni del rapporto di indebitamento:
ROE = ROI +
D
ROI − r )
(
B
ROE
= return on equity, indice di redditività del capitale netto;
ROI
= return on investment, indice di redditività del capitale investito;
r
=
D
= debito finanziario netto;
B
= equity.
costo dell’indebitamento;
D
Nei modelli seguenti, cioè, si ipotizza che la quantità
ROI − r ) sia costante e non
(
B
influenzabile dall’impresa.
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
b) Assenza di aumenti di capitale;
c) Assenza di fusioni con altre imprese e di qualsiasi altro tipo di
operazioni di finanza straordinaria;
d) Discretizzazione del funzionamento dell’impresa
Si ipotizza la validità della seguente relazione tra l’utile a fine esercizio per
azione e il valore di libro per azione a inizio periodo:
EPSt = ROEt ⋅ Bt−1
La quota parte degli utili distribuita agli azionisti è pari a
DIVt = EPSt ⋅ (1− ht ) = ROEt ⋅ Bt−1 (1− ht )
ht =
24
EPSt − DIVt
= coefficiente di ritenzione degli utili
EPSt
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
Le ipotesi a), b) e c) asseriscono di fatto che l’unica fonte di finanziamento per
l’impresa, ovvero l’unico modo per incrementare il valore di libro, è costituita
dagli utili trattenuti:
ΔBt = Bt − Bt−1 = EPS t − DIVt = ht ⋅ EPS t
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
Le ipotesi di questo modello sono che
• il coefficiente di ritenzione degli utili è costante nel tempo: ht=h=costante;
• la profittabilità dell’impresa ROE t è costante per l’intero orizzonte temporale:
ROE t =ROE=costante;
• vale la condizione r>h⋅ROE.
P0
27
1 − h ) ⋅ EPS 1 (1 − h ) ⋅ Bo ⋅ ROE
(
=
=
r − h ⋅ ROE
r − h ⋅ ROE
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
Le ipotesi di costanza della politica dei dividendi e del ROE consentono di scrivere:
Dt − Dt−1 (1− h )⋅ EPSt − (1− h )⋅ EPSt−1 EPSt − EPSt−1
gD (t) =
=
=
= gE (t)
Dt−1
1−
h
⋅
EPS
EPS
( )
t−1
t−1
=
=
ROEt ⋅ Bt−1 − ROEt−1 ⋅ Bt−2 ROE ⋅ Bt−1 − ROE ⋅ Bt−2 Bt−1 − Bt−2
=
=
= gB (t) =
ROE t−1 ⋅ Bt−2
ROE ⋅ Bt−2
Bt−2
Bt−2 ⋅ (1+ h ⋅ ROE )− Bt−2
Bt−2
= h ⋅ ROE
dove:
28
gD(t)
= tasso di crescita dei dividendi;
gE(t)
= tasso di crescita degli utili;
gB(t)
= tasso di crescita del valore di libro.
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
In un contesto, in cui il ROE e la politica dei dividendi sono costanti, si ha dunque
che il valore di libro, gli utili e i dividendi crescono allo stesso tasso e sono
determinati dalla politica di ritenzione degli utili e dal ROE. Come visto in
precedenza (modello di Gordon-Shapiro) il prezzo di un’azione di un’impresa i cui
dividendi crescano ad un tasso costante g può essere espresso nel seguente
modo:
D1
D0 (1 + g)
P0 =
=
r−g
r−g
Sostituendo in questa relazione le tre seguenti espressioni:
g = h ⋅ ROE
DIVt = (1− h )⋅ EPSt
EPSt = Bt−1 ⋅ ROE
29
P0
1− h )⋅ EPS1 (1− h )⋅ Bo ⋅ ROE
(
=
=
r − h ⋅ ROE
con h ⋅ ROE < r
r − h ⋅ ROE
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Azioni: Modelli sulla profittabilità d’impresa
E' interessante anche verificare l'andamento del prezzo rispetto a variazioni del
ROE e della politica di ritenzione degli utili, ricavando le derivate parziali di P0
rispetto a ROE e ad h:
Derivata di P0 rispetto a ROE
∂P
∂ROE
= B0 ⋅ (1− h )⋅
(r − h ⋅ ROE )+ h ⋅ ROE = B ⋅ 1− h ⋅
r
(
)
o
2
2
(r − h ⋅ ROE )
(r − h ⋅ ROE )
,
∂P
∂ROE
>0
Derivata di P0 rispetto a h
ROE − r
∂P B ⋅ ROE h ⋅ ROE − r + ROE ⋅ (1 − h ) B ⋅ ROE
=
⋅
=
⋅
, si ha che
2
2
r
r
∂h
(r − h ⋅ ROE )
(r − h ⋅ ROE )
k
∂P
> 0, ∀h <
con ROE − k > 0
ROE
∂h
∂P
k
= 0, ∀h <
con ROE − k = 0
∂h
ROE
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Azioni: Modello dei flussi di cassa
I dividendi distribuiti sono solo una parte di quanto un’impresa può
riconoscere all’azionista. Quanto in realtà potrebbe essere restituito ai soci per
cassa anno per anno?
FREE CASH FLOW
Utile netto –
(spese in conto capitale – ammortamenti – accantonamenti) –
(∆capitale circolante netto) +
(emissione debito – rimborso quota capitale di debito) =
FCF
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Azioni: Modello dei flussi di cassa
In genere le aziende non distribuiscono l’intero ammontare del FCF e quindi il
modello basato sulla stima dei dividendi determina una sottovalutazione del
valore dell’azione.
FCF
P0 =
r−g
La differenza fra i modelli DDM e quelli basati sul FCF esprime il valore del
potere di controllo della politica dei dividendi. Chi acquista la maggioranza ha
il potere di cambiare la quota delle risorse da distribuire catturando un più alto
valore del flusso di cassa disponibile. Se l’impresa può essere scalata il prezzo
di mercato del titolo riflette l’aspettativa ed il modello da utilizzare è quello dei
flussi di cassa; nel caso, invece, di un’azienda con un gruppo di controllo saldo,
il modello più corretto è quello del dividendo.
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Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione
Il rapporto P/EPS è tra gli indici più popolari ed è riportato dalla stampa
economica ed utilizzato da molti analisti. Le variabili alla base della sua
determinazione sono:
P0 =
(1 + g )
DIV0 (1 + g )
= π 0 EPS 0
r−g
r−g
P0
π0
=
EPS 1 r − g
Il multiplo P/EPS è una funzione:
• crescente del saggio di distribuzione dell’utile e del tasso di crescita;
• decrescente della rischiosità dell’azienda.
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Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione
L’azienda A mostra un tasso di rendimento del titolo è pari al 9,15%; il tasso di
payout è pari al 70% ed il tasso di crescita degli utili e dei dividendi nel lungo
termine è del 5%.
P0
0,70
=
= 16,87
EPS 1 (0,0915 − 0,05 )
Se il tasso di crescita è maggiore del 5%, per esempio, l’8%, il valore del
rapporto cresce.
P0
0,70
=
= 60,87
EPS 1 (0,0915 − 0,08)
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Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione
Un elevato valore del multiplo è premonitore di un tasso di crescita degli utili e
dei dividendi particolarmente sostenuto; i titoli con un elevato valore del
multiplo sono denominati “growth stock”.
I gestori utilizzano spesso il rapporto; per esempio, si confronta il multiplo
corrente dl titolo iesimo con quello del settore di appartenenza. A parità di
tassi di crescita r e g, un titolo con un multiplo elevato rispetto al settore indica
un’azione sopravvalutata e viceversa.
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Obbligazioni: definizione
L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond) è un titolo di
credito emesso da società o enti pubblici che attribuisce al possessore il
diritto al rimborso del capitale più un interesse.
Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario) è il
reperimento di liquidità.
Di solito, il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore nominale e in
un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente
(trimestralmente, semestralmente o annualmente). L'interesse corrisposto
periodicamente è detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva
staccare il tagliando numerato unito al certificato che rappresentava
l'obbligazione.
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Obbligazioni: tipologie
Obbligazioni callable: sono delle obbligazioni a tasso fisso per le quali
l'emittente si riserva la facoltà di rimborsarle prima della reale scadenza
delle stesse.
Obbligazioni convertibili: sono obbligazioni che incorporano la facoltà di
convertire, ad una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni
secondo un rapporto di cambio predeterminato.
Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano
l'investimento ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione.
All'interno della categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia
possibile distinguere almeno due diverse tipologie di obbligazioni, che
prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la vita
del titolo (si tratta, rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step
down").
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Obbligazioni: tipologie
Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad
un tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate scadenze temporali
seguendo i tassi di mercato.
Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono
obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli
interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La
duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua.
Obbligazioni strutturate: sono obbligazioni il cui rendimento dipende
dall'andamento di un'attività sottostante.
Obbligazioni Subordinate: sono obbligazioni il cui rimborso, in caso di procedura
fallimentare, avverrà solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori privilegiati.
Rendite perpetue: sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una cedola
predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a termine.
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Rischi dell’investimento obbligazionario
Chi investe in obbligazioni incorre in una pluralità di rischi a seconda:
• del tipo di titolo;
• del quantitativo emesso e dell’organizzazione del mercato secondario;
• del merito creditizio dell’emittente;
• della valuta in cui è espresso l’investimento;
• del deprezzamento monetario.
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Rischio di liquidità
Un mercato o un titolo sono liquidi se è possibile negoziare una
quantità normale con rapidità ed a prezzi non diversi da quelli
correnti prima della esecuzione della transazione. La transazione,
cioè, non deve influenzare la quotazione ed il prezzo di esecuzione è
il migliore possibile al momento.
Mercati “quote driven”: bid-ask spread formato dal market maker;
Mercati “order driven”: controvalore giornaliero.
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Rischio di credito o rischio emittente
L’acquisto di un bond comporta la fiducia che il
debitore sia in grado di far fronte puntualmente
agli impegni assunti con l’emissione del titolo
(pagamento delle cedole e del capitale a
scadenza).
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Rischio di cambio
Un titolo espresso in valuta estera determina un rischio di cambio
per il possessore dovendo convertire quanto ricevuto a titolo di
interessi e capitale in moneta nazionale. In particolare, l’evento a
svantaggio del possessore del titolo riguarda la svalutazione della
valuta estera che si traduce in un importo ridotto in moneta
nazionale.
Spesso è questo un elemento di vivo interesse per l’investitore che
vede nella svalutazione della moneta nazionale rispetto a quella
estera in cui è denominato il titolo una fonte importante di redditività
dell’investimento.
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Rischio di prezzo e di reinvestimento
Il rischio tipico di chi investe in bond è il rischio prezzo: la quotazione
del titolo, infatti, si muove in funzione inversa della dinamica dei tassi
di interesse.
Chi acquista titoli con cedola affronta anche il rischio derivante dalle
condizioni economiche a cui effettuo il reinvestimento delle cedole: in
un contesto di tassi decrescenti il frutto dell’investimento è riallocato
in condizione sfavorevoli al rendimento complessivo producendo un
montante finale inferiore a quello atteso dall’investitore.
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Rischio di rimborso anticipato
Chi investe in titoli callable è soggetto al rischio di rimborso
anticipato.
In particolare, nel caso di cedole fisse i “pericoli” riguardano:
• impossibilità di beneficiare dell’effetto positivo di un decremento
dei tassi di interesse sul prezzo del titolo;
• perdita del beneficio di godere di una cedola elevata in un contesto
di tassi in diminuzione;
• il reinvestimento del capitale investito in un mercato caratterizzato
da tassi d’interesse bassi;
• durata dell’investimento incerta
44
rendimento incerto.
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Rischio di potere d’acquisto
Il rendimento dell’investimento finanziario, espresso in termini
nominali, risente dell’effetto prodotto dall’inflazione. Un elevato tasso
di inflazione, infatti, può erodere in termini reali i frutti prodotti dal
saggio nominale dell’investimento.
ES: Investimento biennale di 100€ al tasso di interesse del 6% con
tasso di inflazione del 7%
112,36 = 100(1+0,06)2
45
98,14 = 100[(1+0,06)2/(1+0,07)2]
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Valutazione titoli obbligazionari
46
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Valutazione titoli obbligazionari
47
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Tasso interno di rendimento
48
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Tasso interno di rendimento
49
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Tasso interno di rendimento
50
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Tasso interno di rendimento
51
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Tasso interno di rendimento
52
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Curva dei rendimenti
53
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Curva dei rendimenti
54
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Relazione prezzo rendimento
55
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Tasso interno di rendimento
56
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Tasso interno di rendimento
57
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Tasso interno di rendimento
58
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Duration
59
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Duration
60
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Duration
61
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Duration Modificata
La DURATION MODIFICATA (Modified duration) è un indicatore di
sensitività del prezzo. Si calcola dividendo la duration per la
somma tra uno e il rendimento del titolo. Una duration pari a
4 significa che una variazione di un punto percentuale del
rendimento comporta una variazione del 4% del prezzo del
titolo.
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Duration Modificata
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Duration Modificata
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Convexity
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Convexity
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Convexity
67
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Convexity
68
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Struttura per scadenza dei tassi di interesse
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Tassi a termine
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Tassi a termine
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Tassi a termine
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Tassi a termine
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Obbligazioni a tasso variabile
80
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Obbligazioni a tasso variabile
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Obbligazioni a tasso variabile
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Obbligazioni a tasso variabile
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Obbligazioni a tasso variabile
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Obbligazioni a tasso variabile
85
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Strumenti Derivati
BORSE
O-T-C
86
Mercati regolamentati in cui
vengono negoziati contratti
standard definiti dalle stesse
borse.
Mercati “Over the Counter” o
paralleli, si tratta di reti di
mediatori che non si
incontrano fisicamente ma
sono collegati tra loro per
mezzo di telefoni e
computers.
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Strumenti Derivati
Diverse tipologie:
−
Contratti Forward
−
Contratti Futures
−
Opzioni
−
Swap
87
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Contratti Forward
Sono accordi per comprare o vendere un’attività ad una certa data futura, per
un certo prezzo.
Nei “Contratti Forward”, sono presenti due parti:
una parte assume una posizione “lunga” e si impegna a comprare l’attività
sottostante ad una data specifica e ad un prezzo fissato;
l’altra parte assume una posizione “corta” e si impegna a vendere l’attività
sottostante alla stessa data e per lo stesso prezzo.
Il prezzo specificato nei contratti forward viene chiamato “Delivery price”
(prezzo di consegna).
88
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Contratti Forward
π
In generale, dato un contratto forward con delivery price pari a K e prezzo dell’attività
sottostante a scadenza pari a S ,
T
il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da:
0
K
(ST − K )
il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da:
( K − ST )
89
ST
π
0
K
ST
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Contratti Futures
I contratti Futures, al pari dei Forward, sono accordi tra due parti per
comprare o vendere un’attività ad una certa data futura e per un certo
prezzo.
A differenza dei Forward, i Futures sono scambiati su mercati regolamentati
ed hanno delle caratteristiche standard.
Un’ulteriore differenza rispetto ai Forward, è che nei Futures non viene
specificata una data precisa per la consegna, ma il contratto è identificato
dal mese di consegna e la borsa specifica il periodo, durante il mese, in cui
la consegna deve essere effettuata
90
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Opzioni
A differenza dei Futures o dei Forwards, nei contratti di Opzione è presente un
diritto, e non l’obbligo, di comprare o vendere una certa quantità
dell’attività sottostante, ad una prezzo ed in una data indicati.
Esistono due tipi fondamentali di opzioni: “Call” e “Put”.
“Call”
Danno all’acquirente il diritto di acquistare l’attività sottostante, entro una
certa data, ad un determinato prezzo.
“Put”
Danno all’acquirente il diritto di vendere l’attività sottostante, entro una certa
data, ad un determinato prezzo.
Il prezzo indicato nel contratto è detto “Strike Price”.
La scadenza del contratto è detta “Expiration date” o “Maturity”
91
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Call
π pari a K e prezzo
In generale, data una call europea con delivery price
dell’attività sottostante a scadenza pari a S ,
T
il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da:
0
ST
K
max (S T − K ,0 )
π
il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da:
min (K − ST ,0 )
92
0
K
ST
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Put
In generale, data una put europea con delivery price
pari a K e prezzo
π
dell’attività sottostante a scadenza pari a S ,
T
il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da:
max (K − ST ,0 )
0
K
ST
π
il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da:
min (ST − K ,0 )
93
0
K
ST
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Swap
Gli swaps sono accordi privati tra due società per scambiarsi dei futuri
pagamenti. L’accordo definisce le date in cui i pagamenti vengono
scambiati e il modo in cui devono essere calcolati. Di solito, la loro
determinazione viene effettuata in base ad una o più variabili di mercato.
I due principali tipi di swap sono:
¾
Interest Rate Swap, cioè swap su tassi d’interesse
¾
Currency Swap, cioè swap su valute.
94
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Interest Rate Swap
Il più comune tipo di swap su tassi d’interesse è detto “Plain Vanilla”. In questo contratto, una società
promette ad un’altra di pagarle, per un certo numero di anni e in base ad un capitale di riferimento
detto capitale nozionale, un tasso fisso predeterminato. A sua volta, la controparte si impegna a
pagare un tasso d’interesse variabile sullo stesso capitale nozionale, per lo stesso numero di anni.
Tasso fisso
SOCIETA’ 1
SOCIETA’ 2
Tasso variabile
95
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Interest Rate Swap
Il capitale nozionale, assume questo nome perché non viene scambiato, ma
serve solo come base di calcolo per determinare gli interessi.
Lo swap, può essere considerato come lo scambio di un titolo a tasso fisso
contro un titolo a tasso variabile.
La società che paga il tasso fisso, è come se avesse assunto una posizione
lunga sul titolo a tasso variabile e corta sul titolo a tasso fisso.
La società che paga il tasso variabile, è come se avesse assunto una posizione
lunga sul titolo a tasso fisso e corta sul titolo a tasso variabile.
In genere, le società non finanziarie, non entrano direttamente in contatto tra
loro, ma ognuna tratta con un intermediario finanziario. Quindi, in genere,
lo scambio dei flussi avviene tra una banca e un privato.
96
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Interest Rate Swap
La valutazione di un contratto swap, avviene come differenza tra il valore delle due gambe.
Nel caso in cui si riceve il variabile e si paga il fisso, si ha:
Vswap = B fl − B fix
B fix
è il valore del titolo a tasso fisso sottostante lo swap.
B fl
è il valore del titolo a tasso variabile sottostante lo swap
Il valore di ogni singola gamba, si ottiene attualizzando tutti i flussi futuri alla data di
valutazione.
Il valore del contratto è pari a zero, nel momento in cui viene negoziato.
97
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Currency Swap
Comportano lo scambio del capitale e degli interessi a tasso fisso di un prestito
denominato in una valuta contro il capitale e gli interessi a tasso fisso di un prestito
denominato in un’altra valuta.
Di solito i due capitali vengono scambiati sia all’inizio sia alla fine dello swap e sono scelti
in modo da essere approssimativamente equivalenti sulla base del tasso di cambio
osservato all’inizio dello swap.
In generale il valore di uno swap è dato da:
Vswap = BD − S 0 BF
Dove BD è il valore del titolo nella moneta in cui si ricevono gli interessi, BF è il
valore del titolo nella moneta in cui si pagano gli interessi e S
è il tasso di
0
cambio.
98
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Interest Rate Swap
Gli IRS possono essere utilizzati per trasformare una passività a tasso variabile in una
passività a tasso fisso e viceversa. Stesso discorso vale per una attività.
Esempio:
Swap tra la SOCIETA’ 1 che paga un 5% e la SOCIETA’ 2 che paga l’Euribor.
La SOCIETA’ 1 decide di prendere un prestito in cui paga interessi pari all’Euribor + 0,1%.
Quindi la SOCIETA’ 1 avrà questi flussi:
-5% + Euribor –Euribor - 0,1% = -5,1%
Ha trasformato la sua passività a tasso variabile, in una passività a tasso fisso.
99
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Currency Swap
I Currency Swap possono essere utilizzati per trasformare una passività denominata in una
certa valuta in una passività denominata in un’altra valuta e viceversa. Stesso discorso
vale per una attività.
Esempio:
Swap tra la SOCIETA’ 1 che paga un 11% in sterline e la SOCIETA’ 2 che paga un 8% in
dollari.
La SOCIETA’ 1 decide di emettere obbligazioni in dollari in cui paga interessi dell’8%.
Quindi la SOCIETA’ 1 avrà questi flussi:
-11% £ + 8%$ - 8%$= -11% £
Ha trasformato la sua passività in dollari, in una passività in sterline.
100
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Strategie operative mediante opzioni
¾
Strategie con un’opzione e l’azione sottostante
¾
Spreads
•
•
•
•
•
¾
Spreads
Spreads
Spreads
Spreads
Spreads
al rialzo
al ribasso
a farfalla
di calendario
diagonali
Combinazioni
• Straddles
• Strips e Straps
• Strangles
101
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Strategie con un’opzione e l’azione sottostante
VENDITA DI UNA CALL COPERTA: cioè una posizione lunga sull’azione e corta
sulla call.
Profitto
POSIZIONE CORTA SULLA PUT
K
ST
La posizione lunga sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte
rialzo del prezzo dell’azione.
102
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Strategie con un’opzione e l’azione sottostante
ACQUISTO DI UNA CALL COPERTA: cioè una posizione corta sull’azione e
lunga sulla call.
Profitto
POSIZIONE LUNGA SULLA PUT
K
ST
La posizione corta sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte
ribasso del prezzo dell’azione.
103
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Strategie con un’opzione e l’azione sottostante
ACQUISTO DI UNA PUT DIFENSIVA: cioè una posizione lunga sull’azione e
lunga sulla put.
Profitto
POSIZIONE LUNGA SULLA CALL
K
ST
La posizione lunga sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte
rialzo del prezzo dell’azione.
104
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Strategie con un’opzione e l’azione sottostante
VENDITA DI UNA PUT DIFENSIVA: cioè una posizione corta sull’azione e corta
sulla put.
Profitto
POSIZIONE CORTA SULLA CALL
K
ST
La posizione corta sull’azione protegge l’investitore dalla possibilità di un forte
ribasso del prezzo dell’azione.
105
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Spreads
SPREADS AL RIALZO (“Bull Spreads”) con call: può essere creato comprando una call con un
certo prezzo d’esercizio e vendendo una call con un prezzo d’esercizio più alto.
Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza.
Profitto
K1
K2
ST
Investimento iniziale dovuto al fatto che il prezzo di una call dimunisce al crescere del prezzo
d’esercizio, quindi il valore dell’opzione venduta è sempre minore del valore dell’opzione comprata.
Le strategie “Bull spreads” limitano i profitti in caso di rialzo e le perdite in caso di ribasso.
106
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Spreads
SPREADS AL RIALZO (“Bull Spreads”) con put: può essere creato comprando una put con un
certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con un prezzo d’esercizio più alto. Entrambe
le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza.
Profitto
K1
K2
ST
Le strategie “Bull spreads” limitano i profitti in caso di rialzo e le perdite in caso di ribasso.
A differenza dei Bull Spreads mediante Calls, quelli mediante puts comportano , per l’investitore,
un incasso immediato ed un valore finale negativo o nullo.
107
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Spreads
SPREADS AL RIBASSO (“Bear Spreads”) con call: può essere creato comprando una call con
un certo prezzo d’esercizio e vendendo una call con un prezzo d’esercizio più basso.
Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza.
Profitto
ST
K1
K2
Incasso immediato dovuto al fatto che il prezzo di una call dimunisce al crescere del prezzo
d’esercizio, quindi il valore dell’opzione venduta è sempre maggiore del valore dell’opzione comprata.
108
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Spreads
SPREADS AL RIBASSO (“Bear Spreads”) con put: può essere creato comprando una put con
un certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con un prezzo d’esercizio più basso.
Entrambe le opzioni hanno lo stesso sottostante e la stessa scadenza.
Profitto
ST
K1
K2
Lo spread al ribasso, costruito mediante puts, comporta un esborso iniziale, perché la put venduta
ha un prezzo d’esercizio minore di quella comprata. Per contro però, l’investitore riceve il prezzo
dell’opzione venduta.
109
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Spreads
SPREADS A FARFALLA (“Butterfly Spreads”) con call: si ottengono assumendo posizioni su
opzioni con tre diversi prezzi d’esercizio. Ad esempio comprando una call con strike basso,
comprando un’altra call con strike alto, e vendendo due call con uno strike intermedio.
Profitto
K2
K1
K3
ST
Gli spreads a farfalla consentono profitti se il prezzo del sottostante resta vicino a
generano una perdita nel caso di un rialzo o di un ribasso significativo.
110
K 2 , ma
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Spreads
SPREADS A FARFALLA (“Butterfly Spreads”) con put: si ottengono assumendo posizioni su
opzioni con tre diversi prezzi d’esercizio. Ad esempio comprando una put con strike basso,
comprando un’altra put con strike alto, e vendendo due put con uno strike intermedio.
Profitto
K2
K1
K3
ST
Gli spreads a farfalla consentono profitti se il prezzo del sottostante resta vicino a
generano una perdita nel caso di un rialzo o di un ribasso significativo.
111
K 2 , ma
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Spreads
SPREADS DI CALENDARIO
CON CALL: costruiti con calls che hanno stesso prezzo d’esercizio ma diverse scadenze.
Ad esempio comprando una call con un certo prezzo d’esercizio e vendendo un call
con stesso strike ma durata più lunga.
In genere, più la scadenza dell’opzione è lontana, più l’opzione è cara, pertanto gli
spreads di calendario richiedono un investimento iniziale.
CON PUT: costruiti con puts che hanno stesso prezzo d’esercizio ma diverse scadenze. Ad
esempio comprando una put con un certo prezzo d’esercizio e vendendo una put con
stesso strike ma durata più breve.
SPREADS DIAGONALI
Gli spreads diagonali sono spreads in cui le due calls (o le due puts) hanno prezzi
d’esercizio e scadenze diversi.
112
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Combinazioni
STRADDLE: consiste nell’acquisto di una call e di una put, con prezzo d’esercizio e
scadenza uguali.
Profitto
K
ST
E’ uno strumento appropriato quando ci si aspetta una forte variazione del prezzo
dell’azione, ma non si sa in quale direzione.
La figura sopra mostra uno “straddle in acquisto”, chiamato anche “straddle inferiore”.
La strategia inversa, “straddle superiore”, consiste nella vendita di una call e di una put,
con prezzo d’esercizio e scadenza uguali.
113
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Combinazioni
STRIPS: costruiti comprando una call e due puts con lo stesso strike e la stessa
scadenza.
Profitto
Strategia idonea se si ritiene che i
ribassi siano più probabili dei rialzi.
K
ST
STRAPS: costruiti comprando due calls e una put con lo stesso strike e la stessa
scadenza. Profitto
Strategia idonea se si ritiene che i
rialzi siano più probabili dei ribassi.
K
ST
114
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Combinazioni
STRANGLES: si ottengono comprando una put e una call con la stessa scadenza ma
prezzi d’esercizio diversi.
Profitto
K1
K2
ST
E’ uno strumento appropriato quando ci si aspetta una forte variazione del prezzo
dell’azione, ma non si sa in quale direzione.
La figura sopra mostra uno “straddle in acquisto”.
In uno strangle, il prezzo deve muoversi maggiormente rispetto ad uno straddle, per
avere un profitto, però, se il prezzo finisce con l’assumere un valore centrale rispetto
ai due prezzi di esercizio, la perdita è minore.
115
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Opzioni Esotiche
Opzioni con caratteristiche non standard, ma frutto della più avanzata ingegneria
finanziaria.
Tipologie più diffuse:
¾
Packages
¾
Opzioni Americane fuori standard
¾
Opzioni forward start
¾
Opzioni Composte
¾
Opzioni Chooser
¾
Opzioni con barriera
¾
Opzioni Binarie
¾
Opzioni Lookback
¾
Opzioni Asiatiche
¾
Opzioni di scambio
¾
Opzioni Basket
116
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Packages
I packages sono portafogli formati da calls e puts europee, contratti forward, denaro contante e la
stessa attività sottostante. Tipi di packages sono gli Straddles, gli Strangles e gli Spreads.
Un esempio di packages è il RANGE FORWARD.
Una posizione lunga su un Range Forward si ottiene: assumendo una posizione corta su una put con
strike K1 e una posizione lunga su una call con strike K 2 .
Valore
finale
K1
K2
ST
Questo garantisce che l’attività sottostante possa essere acquistata ad un prezzo compreso tra K1 e K 2 ,
alla scadenza delle opzioni.
117
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Packages
Una posizione corta su un Range Forward si ottiene: assumendo una posizione lunga su
una put con strike K1 e una posizione corta su una call con strike K 2 .
Valore
finale
K1
K2
ST
Questo garantisce che l’attività sottostante possa essere venduta ad un prezzo compreso
tra K1 e K 2 , alla scadenza delle opzioni.
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Opzioni americane fuori standard
Le opzioni americane ordinarie, possono essere esercitate in qualsiasi
momento di vita dell’opzione ed il prezzo d’esercizio è sempre lo stesso.
Quelle fuori standard, hanno delle particolari caratteristiche:
¾
L’esercizio anticipato può essere limitato ad alcune date, e in questo caso
si parla di “opzioni Bermuda”.
¾
L’esercizio anticipato può essere consentito solo in una parte della vita
dell’opzione.
¾
Il prezzo d’esercizio può cambiare durante la vita dell’opzione.
119
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Altri tipi di Opzioni Esotiche
OPZIONI FORWARD START: sono opzioni con decorrenza posticipata, cioè vengono
pagate ora ma decorrono da una certa data futura.
OPZIONI COMPOSTE: sono opzioni costruite su opzioni, ad esempio call su call, call su
put, ecc.
OPZIONI CHOOSER: sono opzioni in cui il possessore, dopo un certo periodo, può
scegliere se l’opzione è una call o una put.
OPZIONI CON BARRIERA: sono opzioni in cui il valore finale dipende dal fatto che il
prezzo dell’attività sottostante abbia raggiunto o meno, in un dato periodo, un certo
livello. Si distinguono in due categorie:
¾ KNOCK OUT: se smettono di esistere quando il prezzo dell’attività sottostante raggiunge
il livello della barriera,
¾ KNOCK IN: se iniziano ad esistere quando il prezzo dell’attività sottostante raggiunge il
livello della barriera.
OPZIONI BINARIE: sono opzioni con valori finali discontinui. Un esempio sono le calls
“cash or nothing”: questa opzione paga zero se il prezzo dell’attività sottostante termina
al di sotto di un certo livello, e una somma fissa altrimenti.
120
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Altri tipi di Opzioni Esotiche
OPZIONI LOOKBACK: sono opzioni retrospettive in cui il valore finale dipende
dal prezzo minimo o massimo raggiunto dal sottostante durante la vita
dell’opzione. Il valore finale di una “Lookback Call” è pari alla differenza tra
il prezzo finale del sottostante e il prezzo minimo raggiunto durante la vita
dell’opzione. Il valore finale di una “Lookback Put” è pari alla differenza tra
il prezzo massimo raggiunto durante la vita dell’opzione e il prezzo finale
del sottostante.
OPZIONI ASIATICHE: sono opzioni il cui valore finale dipende dal prezzo
medio dell’attività sottostante osservato durante la vita dell’opzione.
OPZIONI DI SCAMBIO: sono opzioni per scambiare un’attività con un’altra, ad
esempio per acquistare una valuta in cambio di un’altra.
OPZIONI BASKET: sono opzioni scritte su un paniere di attività sottostanti, il
cui payoff dipende dal basket di attività.
121
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Fondi Comuni d’Investimento: definizione
I Fondi Comuni d’Investimento o OICR, sono un patrimonio collettivo gestito
“in monte” e versato da una pluralità di soggetti.
Il patrimonio del fondo è diviso in quote con attribuzione ad ogni
sottoscrittore di un numero proporzionale all’importo versato.
I partecipanti ai fondi mobiliari hanno pari diritti e sono trattati allo stesso
modo.
Essi partecipano ai guadagni e alle perdite in proporzione al numero di quote
in loro possesso.
Principalmente i fondi si suddividono in:
¾
Fondi ad accumulazione: dove gli utili sono reinvestiti.
¾
Fondi a distribuzione: dove c’è una distribuzione periodica dei proventi.
122
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Fondi Comuni d’Investimento: definizione
Tipologie di OICR:
¾
Fondi Aperti: dove sottoscrizioni e riscatti sono possibili senza vincoli
temporali.
¾
Fondi Chiusi:il cui patrimonio è raccolto in un’unica emissione.
¾
SICAV: sono simili ai fondi aperti, ma il sottoscrittore non acquista quote
ma azioni.
¾
Fondi Immobiliari: specializzati in investimenti in campo immobiliare.
¾
Fondi Speculativi o Hedge Fund: con strategie di investimento aggressive.
¾
Fondi Pensione: con la caratteristica di erogare prestazioni previdenziali,
ad integrazione del sistema pensionistico pubblico.
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Fondi Comuni d’Investimento: classificazione
CLASSIFICAZIONE ASSOGESTIONI:
¾
FLESSIBILI: senza vincoli di asset allocation.
¾
AZIONARI: investono almeno il 70% del portafoglio in azioni.
¾
BILANCIATI: investono in azioni dal 10% al 90% del portafoglio.
¾
OBBLIGAZIONARI: non possono investire in azioni (fatta eccezione per gli
obbligazionari misti che possono investire in azioni da 0 a 20% del
portafoglio).
¾
LIQUIDITA’: non possono investire in azioni.
124
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Fondi Comuni d’Investimento: costi
TotaleOneri
TER (TotalExpenseRatio) =
PatrimonioMedio
Tra gli oneri si considerano:
¾ Commissioni di gestione ed eventualmente di performance
¾ Compenso alla Banca Depositaria
¾ Spese di revisione.
Il TER non considera:
¾ Costi amministrativi per apertura posizione
¾ Commissioni di ingresso e uscita
¾ Eventuali costi di passaggio verso altri fondi.
Quindi il TER è utile per valutare i costi a carico del Fondo ma non quelli a
carico del Sottoscrittore.
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ETF: definizione
Gli Exchange Traded Funds sono una particolare categoria di fondi, le cui quote sono
negoziate in Borsa in tempo reale come semplici azioni, attraverso una banca o un
qualsiasi intermediario autorizzato.
Una delle caratteristiche peculiari di questo strumento è costituita dall'indicizzazione: gli
Etf replicano infatti passivamente la composizione di un indice di mercato
(geografico, settoriale, azionario o obbligazionario) e di conseguenza anche il suo
rendimento. Se ad esempio l'indice S&P 500 si apprezza del 2%, l'ETF legato allo S&P
500 registrerà un rialzo della stessa proporzione.
Gli ETF si caratterizzano come una via di mezzo tra un azione e un fondo e consentono di
sfruttare i punti di forza di entrambi gli strumenti.
In particolare acquistando un ETF, è possibile realizzare la diversificazione e la riduzione
dei rischi tipica di un fondo di investimento, scambiando le quote del fondo come una
normale azione. La trattazione in continua degli ETF rende infatti possibile conoscere
il valore di mercato in ogni istante, a differenza dei fondi comuni di investimento
tradizionali, il cui valore viene fissato una sola volta al giorno, generalmente a fine
giornata.
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ETF: definizione
Le asset class accessibili attraverso l’investimento in ETF sono estremamente diversificate, è
infatti possibile puntare su:
- Indici obbligazionari (Titoli di stato denominati in euro, dollaro, sterline e segmentati
per scadenza. Titoli di società private dell’area euro e non)
- Indici azionari rappresentativi di singoli mercati e di intere aree geografiche (Italia, Gran
Bretagna, Germania, Svizzera, Giappone, Europa, Usa, ecc.)
- Indici azionari di mercati emergenti (Cina, India, Russia, Brasile, Turchia, Korea, Taiwan ecc.)
- Indici azionari settoriali (automobili, tecnologici, telecomunicazioni, utilities, banche, energia,
servizi finanziari ecc).
- Indici azionari style (mid cap, small cap, value, growth, select dividend)
- Indici di materie prime
- Indici di società immobiliari e di private equity
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ETF: vantaggi
L’ETF consente in estrema sintesi di:
- prendere posizione in tempo reale sul mercato target con una sola operazione di acquisto
- realizzare l’identica performance dell’indice benchmark
- avere un prezzo di mercato costantemente allineato al NAV ed una elevata liquidità
- ottenere un’ampia diversificazione
- ridurre il costo complessivo del proprio portafoglio (non ci sono commissioni di entrata, di uscita e di
performance, ma solo una commissione di gestione che in genere varia tra lo 0,2% e lo 0,9%)
- eliminare il rischio emittente
- incassare i dividendi a fronte delle azioni detenute in portafoglio. I dividendi periodici (quando previsti)
sono distribuiti al netto delle spese sostenute dal gestore, ma a volte i dividendi sono reinvestiti
automaticamente nel fondo (indici total return). La politica del fondo è descritta nel rispettivo
prospetto informativo
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ETF: svantaggi
- Livello di rischio: sono prodotti caratterizzati da un profilo di rischio medio alto, in
quanto legati all'andamento del mercato sottostante (azionario, obbligazionario,
materia prima). La diversificazione permette di ridurre il rischio specifico di un
singolo titolo, ma non elimina il rischio di mercato.
- Emissione riservata solo agli investitori istituzionali: solo i player istituzionali possono
trattare direttamente con le società emittenti, gli investitori privati possono negoziare
questi strumenti solamente nel mercato secondario attraverso un broker.
- Spread bid/ask: in caso di un supporto non adeguato alla liquidità da parte dello
specialist, lo spread denaro/lettera può ampliarsi eccessivamente.
- Assenza di una selezione qualitativa dei titoli (gestione attiva): l'acquisto consente di
acquistare istantaneamente un paniere di titoli di una determinata area geografica,
mercato o settore. L'investimento concerne pertanto tutte gli strumenti finanziari
incorporati nell'indice senza la possibilità di escludere le società più rischiose o
considerate meno valide. Questa scelta può essere effettuata esclusivamente
attraverso una gestione di investimento “attiva”.
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ETF strutturati
Gli “ETF strutturati” sono fondi o Sicav negoziabili in tempo reale come delle azioni e
gestiti con tecniche volte a perseguire rendimenti che non sono solo in funzione
dell’andamento dell’indice benchmark, ma che possono essere volte a:
-proteggere il valore del portafoglio pur partecipando agli eventuali rialzi dell’indice di
riferimento (ETF a protezione o flessibili);
- partecipare in maniera più che proporzionale all’andamento di un indice (ETF a leva);
- partecipare inversamente ai movimenti dell’indice di riferimento (ETF short con o senza
leva);
- realizzare strategie d’investimento più complesse come ad esempio la strategia
cosiddetta buy-write o covered call che prevede l’assunzione di una posizione lunga
sul benchmark e la contestuale vendita di un opzione sull’indice stesso con strike out
of the money del 5%.
ETF ed ETF strutturati sono caratterizzati dalla medesima politica d’investimento che si
può sinteticamente definire “passiva” , ovvero si limitano a replicare un indice
sottostante annullando di fatto il potere discrezionale lasciato al gestore.
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ETC
Gli Exchange Traded Commodities (ETC) sono strumenti finanziari emessi a fronte dell’investimento
diretto dell’emittente in materie prime o in contratti derivati su materie prime.
Il prezzo degli ETC è quindi legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante.
Similarmente agli ETF, gli ETC sono negoziati in Borsa come delle azioni.
Questi strumenti replicano passivamente la performance della materia prima o del paniere di materie
prime a cui fanno riferimento rientrando a pieno merito nella famiglia dei “cloni finanziari”.
L’investitore può quindi investire su una singola materia prima (oro, petrolio, gas, zucchero, soia, zinco
etc..), possibilità preclusa agli ETF che devono garantire un certo grado di diversificazione per
ragioni di natura regolamentare (Direttiva sugli Organismi d’Investimento Collettivi del Risparmio
UCITS III).
Gli ETC non sono quindi fondi (OICR), ma sono titoli senza scadenza (simili alle obbligazioni zero coupon
con scadenza illimitata) emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto in una
materia prima o in contratti su merci stipulati dall’emittente con operatori internazionali.
Ciò che accomuna gli ETC agli ETF è l’esistenza di un mercato primario e di un mercato secondario. Il
mercato primario è accessibile esclusivamente agli intermediari autorizzati, mentre quello
secondario (nel nostro caso Borsa Italiana) è accessibile anche al mercato retail.
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