il mio sogno? era di fare

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18 agosto 2013
IL CAFFÈ
IL RACCONTO
LA SOCIETÀ
L’INCONTRO
L’ORGOGLIO
PERDUTO
DEL DOGANIERE
TRADITO
COL SALMO
SVIZZERO
EVITIAMO
LE STECCHE
SANDRA SAIN:
“IL MIO SOGNO?
ERA DI FARE
L’ATTRICE”
ANONYMOUS ALLE PAGINA 30 e 31
A PAGINA 33
ROCCHI A PAGINA 39
VIRGOLETTE
TRA
TRA
RIFLESSIONI D’AUTORE tra CULTURA | STILI | SPORT | INCONTRI
UNA SETTIMANA, UNA PAROLA
“
ESPLORAZIONE
ED EMOZIONE.
CONOSCENZA,
TRASPARENZA
E PROFONDITÀ.
DIVERTIMENTO
E SENTIMENTO.
STORIA E VITA.
CULTURA
E PIACERI
SULLA CRESTA
DELLE ONDE
Mare
ELISABETTA MORO
L’
umanità si divide in due scuole di pensiero. Quelli che gridano “Terra, terra!” e
quelli che gridano “Mare, mare!”. Come fecero duemilaquattrocento anni fa i mercenari greci assoldati da Ciro di Persia e capitanati da Senofonte che racconta la grande impresa
nell’Anabasi. Dopo una ritirata disperata di tremila chilometri attraverso l’Asia Minore, superando fiumi,
montagne impervie, popoli ostili e città sconosciute arrivano finalmente in vista del Mar Nero. È il liquido
amniotico che riconnette questi uomini a disagio sulla
terra ferma con l’amata madrepatria. Un ponte gettato
verso il ritorno in sé. A quel punto il celebre “thalassa
thalassa!” sorge spontaneo.
Tutto il contrario dei marinai di Colombo, che dopo
mesi di navigazione e ormai pronti a gettare la spugna,
arrivano in vista di San Salvador. È il dodici ottobre del
1492 quando Rodrigo de Triana dall’alto del castello di
poppa della Pinta dà l’annuncio che cambia la storia
del mondo. “Tierra! Tierra!” Come dire che, nella vita e
nella storia, è sempre tutta una questione di punti di vista. Forse perché mare e terra come dice Melville non
sono due mondi, ma due parti dello stesso mondo. Chi
è più di casa nell’una e chi nell’altra. Ecco perché dall’abisso primordiale alla rotonda sul mare la parte
equorea del globo può significare tutto e il contrario di
tutto. Esplorazione e emozione. Trasparenza e conoscenza. Sentimento e divertimento. Profondità e superficialità.
I Greci, che hanno scritto lessico e sintassi della cultura
europea, hanno inventato quello che ancora oggi è il
vocabolario marino. Per loro il mare era, ed è ancora
oggi, femminile. Thalassa, infatti, è una delle dee primordiali. Una donna prosperosa e potente, che emerge
dalle acque a mezzo busto, circondata di molluschi.
Sguardo dritto e aperto all’orizzonte. Capelli d’alga
mossi dall’acqua. Con due chele di granchio che spuntano come antenne. Così la raffigura il celebre mosaico
di Antiochia. Una grande madre liquida.
Mentre Okeanos, da cui deriva il nostro Oceano, è un
flusso d’acqua che circonda il mondo conosciuto e lo
separa dal grande ignoto. La terra dei morti, la lontananza dove le stelle si spengono. Pelagos è invece il
mare visto da terra, quello popolato di isole gettate nell’infinita corrente che non a caso chiamiamo arcipelago. Infine Pontos, l’acqua che divide e unisce al tempo
stesso come nel caso dell’Ellesponto, lo stretto che fa
CINEMAVERITÀ
Elaborazione grafica di Adamo Citraro
da ponte tra Europa e Asia. E per molti popoli la grande
acqua è stata proprio un ponte gettato verso la fortuna.
Olandesi, Portoghesi e Anglosassoni hanno costruito
imperi andando al di là di se stessi e dei confini angusti
di terre piccole e infeconde. Queste nazioni si sono fatte cavalcando le onde. Non a caso il loro immaginario è
soprattutto acquatico. Da Melville a Conrad, da Stevenson a Kipling, da Coleridge a Hemingway scorre un catalogo fatto di capitani coraggiosi e balene bianche,
vecchi marinai e isole del tesoro, albatros e gabbiani
premonitori, sirene da taverna e gorghi profondi come
gli abissi infernali.
In fondo il mare è l’acqua di coltura delle civiltà, conserva ciò che esse hanno lasciato alla deriva e ogni tanto, come succede nelle mareggiate, restituisce enigmi
fossili. Lettere mute di un alfabeto dimenticato. Ossi di
seppia come quelli di Montale. Non a caso ispirato da
un’onda severa e memoriosa come quella ligure, dove
il romanticismo inglese credette di trovare uno degli
ultimi approdi della poesia. E perfino quando sembra
piatto e famigliare come l’Adriatico, il mare è sempre
capace di sorprenderci come nei film di Fellini, che fa
della costa romagnola uno scenario latteo e sognante,
attraversato dall’apparizione fantasmagorica del Rex. Il
piroscafo pavesato a festa che scivola silenzioso sulle
correnti dell’Amarcord. Poi c’è il mare della movida
spagnola, dove si dorme di giorno e si vive di notte. E il
freddo Baltico spazzato dal vento che ricorda le atmosfere malinconiche dei Buddenbrook. Ma proprio perché il mare ha sempre ispirato grandi pensieri e profonde meditazioni, alimenta da sempre anche l’industria dell’ovvio. Non a caso Gustave Flaubert gli dedica
una voce del suo dizionario dei luoghi comuni: Mare.
Non ha fondo. Immagine dell’infinito. Fa venire grandi
pensieri. In riva al mare bisogna sempre avere un cannocchiale. Quando lo si guarda, bisogna dire: “quanta
acqua!”.
È il thalassa thalassa in versione turistica. Quello delle
cartoline e dei pacchetti tutto compreso. Che ci rassicura perché dell’abisso “vasto e diverso e insieme fisso”
di Montale abbiamo scelto la versione fissa. Ombrelloni, pedalò, grigliate e tanto sapore di sale. Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
LUGANIGHETTE
E LEGGE
SUL LAVORO
C
hissà per quale ragione nei negozi
annessi alle stazioni
di servizio dall’una di notte alle 5 del mattino si possono vendere cervelat e
uova sode, mentre è vietata la vendita di luganighette e uova fresche. Per
quattro ore non si possono acquistare alcuni prodotti. Un’assurdità che la
revisione della legge sul
lavoro vorrebbe eliminare. Referendum permettendo, visto che il 22 settembre si voterà su questa
riforma, parziale. I tempi
cambiano, la società pure,
i consumatori hanno oggi
nuovi bisogni e stili di vita,
ma orari di lavoro e dei negozi, in Svizzera, restano
un tabù. L’ultima trincea
del burosindacalismo che,
nel nome della difesa dei
lavoratori, rischia di distruggere posti di lavoro e
di beffare i consumatori.
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