giovanna petrocco

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GIOVANNA PETROCCO*
L’esclusività della causa efficiente:
un self-service a servizio dell’efficiency
«Parecchi Stati di tempo in tempo come vascelli che affondano, periscono, perirono e periranno per colpa dei loro miserabili piloti e marinai colpevoli della più grave
ignoranza… poiché senza nulla conoscere di politica, immaginano di possedere questa scienza in tutti i suoi particolari e meglio di tutti gli altri».
PLATONE, Il Politico
Gli studi di Romano1 sull’incidere essenziale delle cause aristoteliche 2 nel movimento «formativo-trasformativo di qualsiasi ente»3, costituiscono il punto di partenza per l’analisi del
giuridico, degenerato, nella post-globalizzazione4, nel formali*
Università degli Studi di Roma ‘Sapienza’.
Cfr. B. ROMANO, Filosofia della forma. Relazioni e regole, Torino, 2010.
2
ARISTOTELE, Metafisica, Libro I, Milano, 2000.
3
Ancora una volta, Romano, con lo sguardo rivolto al passato, ha saputo
coniugare classico e moderno, discutendo, attraverso il rinvio ad Aristotele delle
diverse manifestazioni del giuridico nella post-globalizzazione attraverso l’incidere delle quattro cause adattate alla sfera giuridica.
4
Se la globalizzazione è comunemente connessa con lo sviluppo tecnologico
e informatico, la post-globalizzazione riguarda una vera e propria rivoluzione nei
rapporti tra politica ed economia e uno stato di perenne incertezza sociale discussa criticamente da Leoni ad Hayek fino, ai nostri giorni, da Bruno Romano.
Cfr. B. ROMANO, Fondamentalismo funzionale e nichilismo giuridico, Torino,
2004; ID., Scienza giuridica senza giurista: il nichilismo ‘perfetto’, Torino, 2006;
ID., Sistemi biologici e giustizia. Vita animus anima, Torino, 2009. Cfr. anche Z.
1
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INTERVENTI
smo5, privo «della ripresa del se stesso unico, la possibilità»6, consumata nella ripetizione dei ruoli nel presente, la realtà 7. Con la
‘differenza nomologica’ si nomina, in tal senso, sia il versante chiuso
della legge posta, quanto il diritto, aperto all’inesauribile ripresa
del dirsi 8, mai confinabile in alcuna compiutezza del conoscere9.
Quando il primo versante assorbe il secondo, fino ad una reductio
ad unum, solo impropriamente, nella prospettiva funzionale di Romano, si continua a discutere di ‘diritto’ con-diviso, radicato nella
«coalescenza di logos e nomos»10, trasformato, nella «società tec-
BAUMAN, La società dell’incertezza, Bologna, 2006 e B. LEONI, La libertà e la
legge, Macerata, 1995.
5
Si tratta di una tendenza dell’uomo che tratta la ‘forma’ alla stregua di una
‘pratica giustificatrice’. La flessibilità e la velocità richiesta dal mercato, infatti,
esigono regole adattabili all’agire, forme vuote che giustificano la definizione
proposta da Romano quando discute del giurista come un mero esecutore delle
«tecno-norme», espressione di un contesto sociale in cui il dissenso diventa non
senso.
6
M. HEIDEGGER, Essere e Tempo, Milano, 2009, § 31, p. 78. Come insegna
Heidegger, «la possibilità è il non ancora reale e il non mai necessitato… essa definisce ciò che è soltanto possibile… il terreno fenomenico è offerto dalla comprensione in quanto poter-essere aprente». Sul punto B. ROMANO, Terzietà del
diritto e società complessa, Roma, 1998, p. 50, dove discutendo Heidegger afferma che «la possibilità è più alta della realtà… questa tesi è sostenuta da Heidegger nell’affermare che solo l’uomo ha il futuro, i viventi hanno il poi, ciò che
viene dopo, non hanno la condizione per infuturarsi nel progetto di una originale formazione di mondo». Anche ID., Senso e differenza nomologica, Roma,
1993, pp. 149 ss.
7
ID., Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002, p. 100.
8
Ivi, pp. 85 e ss.
9
Ivi, p. 89.
10
Cfr. ID., La legge del testo. Coalescenza di logos e nomos, con questa locuzione Romano descrive la genesi fenomenologica, cioè l’incontro intersoggettivo
con l’altro stante la consapevolezza della finitudine del proprio sapere che spinge
ciascun soggetto in uno spazio terzo espressione della trialità del logos, specificazione in ambito giuridico della terzietà del nomos. Infatti «il terzo del diritto
non è una dimensione che sopravviene e si aggiunge eteronomamente quando le
relazioni tra gli uomini… sono già in svolgimento; è quella figura che, radicata or-
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225
nologica»11, in un vuoto esercizio normativo, privo del senso di
giustizia che libera dal dominio di ciò che è vincente per avviare
una «coesistenza improntata al riconoscimento universale e incondizionato»12. Quando lo scontro tra le parti è lasciato a soluzioni bio-economiche13, espressione della violenza che esclude, le
regole assumono i tratti di una tecnica che non ha nulla del diritto
‘universale’ e ‘incondizionato’14, definito anche «droit a la carte»15,
«un insieme di presenti puntuali che non lasciano traccia, o le cui
tonomamente nella trialità pre-giuridica, si annuncia in ogni formazione relazionale dell’ipotizzare dei parlanti». ID., Filosofia del diritto, cit., p. 142.
11
E. ROBILANT, Diritto e società tecnologica nel pensiero di Leoni, “Il Politico”, XLVII, n. 1, 1982, p. 147.
12
B. ROMANO, Scienza giuridica senza giurista: il nichilismo ‘perfetto’, cit., p.
22.
13
ID., Sistemi biologici e giustizia. Vita animus anima, cit., p. 47. La bio-economia è il risultato di quelle teorie che hanno cercato di spiegare le vicende
umane a partire dall’applicazione delle leggi di natura. Queste hanno indirettamente incentivato quel mercato selvaggio in cui oggi, riprendendo un’espressione di Romano: «campeggia solo una lotta tra forze vitali, come si osserva negli
animali, che in nessun tempo hanno istituito dei tribunali con quei peculiari tratti
procedurali e sostanziali che sono formativi della civiltà del diritto e della sua
storia, irriducibile alle fasi di una evoluzione regolata dalla vita che ha più vita».
14
È questa la specificità dei ‘diritti dell’uomo’ che, diversamente dai ‘diritti
fondamentali’, non sono appannaggio dei cittadini di uno Stato, né possono essere oggetto di un processo di privatizzazione idoneo a trasformarli in uno strumento di parte al pari di qualsiasi altro fenomeno sociale. La politica come
l’economia, infatti, è priva della «differenziazione fenomenologica che pone il
diritto sopra le parti». ID., Filosofia della forma. Relazioni e regole, cit., p. 202.
Cfr. anche In ID., Diritti dell’uomo e diritti fondamentali. Vie alternative. Buber
e Sartre, Torino, 2009, p. 207. La globalizzazione ha determinato, in questo
senso, la «sproporzione fattuale tra i popoli», confinando il principio dialogico
entro i confini territoriali dei paesi industrializzati.
15
Cfr. R. DWORKIN, La democrazia possibile. Principi per un nuovo dibattito
politico, Milano, 2007; M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000, p. 49, discute della trasformazione del diritto in un contesto in cui
i giuristi non sono più il ceto detentore del sapere giuridico al servizio del potere normativo, ma professionisti del diritto (law firms) che hanno trasformato
il diritto in uno strumento di scambio.
226
INTERVENTI
tracce sono oggetto di odio per esprimere un insieme di regole che
mutano repentinamente prima che possano consolidarsi in abitudini o procedure»16.
Nel ‘villaggio globale’17 al nomos della terra, espressione delle
tradizioni, della cultura e dell’attaccamento al territorio18, si sostituisce un crescente «nomadismo normativo» che genera la deterritorializzazione del giuridico, costretto continuamente a rivedere
i propri codici e procedure. I vuoti normativi della società globale
prestano il fianco a nuove fonti di normazione e di «intelligenza
giuridica» che operano nei «non luoghi» di Augè19, contribuendo
alla crisi dell’ideologia positivista, del primato della legge statale e
della supremazia della legislazione, determinando il successo del
diritto non scritto.
La new economy, infatti, ha tacitamente riconosciuto rilevanti
competenze ai privati nell’elaborazione e creazione del diritto che
poi si autoapplicano, contribuendo alla rinnovazione incessante
delle condizioni di scambio. In questo senso, la tendenza all’oralità
si identifica con la maggiore importanza data alla voce di soggetti
privati non ufficiali, i nuovi «imprenditori del diritto»20 che con16
Z. BAUMAN, Vita liquida, Roma-Bari, 2006, pp. 154-155, riprende il pensiero di Bourdieu, La precaritè est aujourd’hui partout, Parigi, 1998: «Lo stato di
precarietà rende il futuro incerto, impedisce qualsiasi forma di anticipazione razionale e in particolare quel minimo di fede e di speranza nel futuro necessaria
per ribellarsi».
17
Il «villaggio globale» è l’ossimoro usato da Marshall McLuhan per descrivere la situazione contraddittoria in cui viviamo, contraddistinta da una
grande quantità di scambi, influenze e flussi di dati che, come afferma J. HABERMAS, «fanno conoscere al mondo i prodotti standardizzati di una stessa cultura di massa»; La costellazione postnazionale, Milano, 1999, p. 51.
18
C. SCHMITT, Il Nomos della terra nel diritto internazionale dello “jus publicum europaeum”, Milano, 1991.
19
Discusso in questa giornata di studi da Abelardo Rivera Llano cfr. M. AUGÈ,
Non luoghi. Introduzione ad un’antropologia sulla surmodernità, Milano, 2005.
20
M.R. FERRARESE, Diritto americano e imprenditorialità dei privati, Bologna,
1992, evidenzia la resistenza degli americani nei confronti della codificazione.
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227
tribuiscono alla privatizzazione di regole: norme ad hoc applicate
a casi concreti e modificate subito dopo, espressione di una «pratica scientista»21, «un giudizio analitico a-priori, avulso dall’esperienza umana»22 che Legendre nomina self-service normativo23
attraverso il quale le regole vengono adattate alle esigenze contingenti24 della società ‘liquida’25.
Sia il mercato selvaggio della società globalizzata quanto l’ipertrofia legislativa, espressione dell’arbitrio del legislatore, prestano
il fianco alla ‘privatizzazione della sfera del senso’ e del giuridico,
situandolo nell’ordine del ‘debito segnico’ che, diversamente dal
relazionarsi misurato dall’incidere del diritto, non dura oltre il momento del saldo, rimanendo estraneo agli ‘effetti dissaldanti del
linguaggio’26. L’accadere puntistico dell’interesse economico, infatti, esige regole contenitore, espressione del volere/potere, mutevole e arbitrario, della parte più forte e relazioni ‘negative’27,
estranee all’ascolto rispettoso dell’altro oltre il mero funzionamento a-soggettivo e spersonalizzante.
Gli stessi restantements o l’Uniform Commercial Code, sono una mera ratifica di
quanto costruito dalle pratiche giuridiche del mercato piuttosto che un coerente
progetto di unificazione giuridica.
21
A questo proposito L. AVITABILE, La filosofia del diritto in Pierre Legendre, Torino, 2004, p. 346.
22
Ivi, p. 341 e p. 344. Secondo Legendre non sono più gli Stati a produrre
diritto ma soggetti privati, privi di conoscenze giuridiche che ne strumentalizzano l’uso, riducendolo a mera tecnica o tattica di comportamento. Legendre fa
risalire questa praxis alle tattiche militari delle dittature del XX secolo che già
agli inizi del novecento danno luogo ad una progressione normativa ispirata alla
contingenza dei fatti.
23
Ibidem.
24
«Il concetto di contingenza si ricava da ciò che non è necessario ma neanche impossibile ciò che di conseguenza è così come effettivamente è ma è possibile anche diversamente», B. ROMANO, Terzietà del diritto e società complessa,
cit., p. 83.
25
Cfr. Z. BAUMAN, Modernità liquida, Roma-Bari, 2003.
26
B. ROMANO, Filosofia del diritto, cit., p. 182.
27
ID., Filosofia della forma. Relazioni e regole, passim.
228
INTERVENTI
Sembra ormai obsoleta la Dottrina pura del diritto nella quale
Kelsen28 configura un ideale di «oggettività» e di «totalità» del giuridico che abbisogna per essere trasposto nella realtà soltanto dell’interpretazione di tecnici esperti. Infatti, «la mise en scène de la
parole è destinata a svolgere un ruolo successivo al verificarsi dei
fatti … con ciò consentendo che sia il gioco a condizionare la regola e non viceversa»29 come esige una velocità che coinvolge ogni
aspetto e trasforma le regole giuridiche in una merce di scambio,
rendendo obsoleta l’istituzione di un testo, simbolo della durata
del relazionarsi. Il diritto diventa così un bene che, al pari di qualsiasi altro viene venduto e acquistato, è «prodotto: viene dal nulla
e può essere ricacciato nel nulla»30, determinando una giuridicità
fattuale e il contestuale oblìo della sua genesi fenomenologica31 a
28
Cfr. H. KELSEN, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 2000.
P. LEGENDRE, Il giurista artista della ragione, a cura L. Avitabile, Torino,
2000, p. 22. Nel testo si fa riferimento alla prassi presente negli ordinamenti extrastatuali, privi di codificazioni vere e proprie, caratterizzati da regole che possono più facilmente rinnovarsi, adattandosi alla mutevolezza delle esigenze. Il
concetto appare integralmente trasferibile nel pensiero di Hayek per il quale
l’ordine spontaneo perfetto è dato proprio dal mercato.
30
B. ROMANO, Il riconoscimento come relazione giuridica fondamentale,
Roma, 1986, p. 113.
31
A tal proposito vedasi ID., Filosofia del diritto, cit., p. 6 e ss, dove Romano
pone l’attenzione sulla differenza tra diritto come fenomeno e diritto come fatto.
La descrizione fenomenologica del diritto non può prescindere dall’analisi della
figura del «terzo-Altro», dove viene presentata la pretesa giuridica che, insieme
alla relazione giuridica, rappresenta il punto da cui partire per la descrizione
della genealogia del diritto «una relazione discorsiva tra parlanti che come tale
si distingue dagli altri fenomeni della vita di relazione». È attraverso l’analisi
della genesi del diritto che si coglie la sua origine fenomenologica che va oltre la
genesi fattuale, infatti «la ragione-misura della vita del diritto consiste nell’istituirlo mediante la ripresa e la custodia della sua genesi fenomenologica, non negata dall’uso fattuale»; il diritto non è un fatto trovato, ma va istituito mediante
il linguaggio discorso nella differenza nomologica tra norma e diritto. «Quest’ultimo, come nel linguaggio il significante, infatti, ha una dimensione che può
essere espressa in enunciati: il diritto». Si tratta di un fenomeno che trascende
la contingenza dei fatti e viene istituito per mezzo della relazione/riconosci29
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229
partire dalla ‘cosificazione’ dell’io, privato della «capacita autoriflessiva di autocomprendersi nel trascendimento della sua onticità
fattuale»32. Infatti, le «intenzioni»33 degli uomini, terreno della ricerca di senso, sollecitate dal domandare di alcuni che attendono
le risposte di altri, lasciano spazio alle «inclinazioni»34 dal carattere meramente biologico, confinando l’io nella dimensione assoggettante dell’eseguire35. L’affermazione di S. Agostino, in multa
defluximus36, diventa, nella globalizzazione, l’emblema della decadenza dell’io nel molteplice, che, giuridicamente, si traduce in un
complesso di aspettative cognitive trattate alla stregua di ‘aspettative normative’37, grazie al movimento adeguativo della ragione
procedurale ai contenuti decisi dal sistema che oggi gerarchizza gli
altri, il mercato38, in cui il diritto ha una funzione terapeutica e la
mento che conduce alla formazione di «ipotesi di norme per ipotesi di condotte» per mezzo della coalescenza tra lovgo~ (trialità) e nomo~ (terzietà). Il diritto è insomma controfattualità grazie all’apertura del rapporto Io-Tu alla
presenza del terzo-Altro.
32
S. COTTA, Il diritto nell’esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica,
Milano, 1991, p. 90.
33
Cfr. B. ROMANO, Filosofia della forma. Relazioni e regole, cit., passim., in
ID., Sistemi biologici e giustizia. Vita, animus anima, cit., pp. 90 ss. Sul punto
Romano, riprendendo Heidegger, precisa che attraverso le intenzioni l’uomo
diventa ‘formatore di mondo’ distinguendosi dagli enti biologici e macchinali,
«senza io e dunque innocenti».
34
Le inclinazioni, comuni all’uomo e agli esseri viventi privi di linguaggio,
sono parificabili a qualsiasi altro fenomeno naturale perché, non essendo «pensate, volute e scelte, al pari di quelli, sono innocenti e mai potranno essere imputabili, in un processo giuridico, per la morte che hanno causato negli uomini».
Ivi, pp. 57-58.
35
ID., Filosofia del diritto, cit., p. 158. «Nessun ordinamento giuridico può essere considerato completo perché ciò vorrebbe dire chiusura verso le possibili
ipotesi future data la non anticipabilità della creazione di senso dei parlanti».
36
A. ARGIROFFI, L. AVITABILE, Responsabilità, rischio, diritto e post-moderno,
Torino, 2008, p. 137.
37
Le ‘aspettative normative’, emblema della certezza del diritto, si trasformano
nella società complessa nella stabilizzazione dell’aspettativa dell’inaspettato.
38
Cfr. N. LUHMANN, Sistemi sociali, Bologna, 1990.
230
INTERVENTI
terzietà è posta in una condizione superveniens. ‘Farmacologico’,
infatti, è l’operare delle forme storiche della terzietà, assorbite
dalla contingenza di un presente assoluto e deputate a supportare
il vettore del successo che declassa sia la legittimazione che l’istituzione normativa, espressione del consolidarsi e del durare di
elementi selezionati nella relazione comunicativa, scelti e non subiti.
Se la formazione del giuridico è rimessa alla violenta affermazione del potere di turno, i contenuti del testo non sono più selezionati dalla ‘discorsività triale’39, ma dalla ‘forza-più’ che priva l’io
della sua qualità essenziale, l’arte creativa dell’ipotizzare, vanificando qualsiasi distinzione tra i sistemi sociali e i sistemi biologici,
in un’architettura in cui «la legge del testo è il testo della legge, ma
qui il ‘testo’, la relazione discorsiva, è semplicemente un accadimento vitale, duale, secondo il modello delle informazioni vitali»40.
Se all’io si sostituisce il «simbionte»41, estraneo all’esercizio della
soggettività, che è sempre intersoggettività nel riconoscimento, la
causa finale si estingue così come le ‘controversie di senso’42, momento geneticamente antecedente l’istituzione della causa materiale
attraverso la quale «gli individui non sono costretti a ricominciare
ogni volta daccapo, all’essere cioè senza storia, anzi essendo il testo
accessibile… consente un’ulteriore attività di trasformazione creativa dovuta a quanti lo incontrano e vi intervengono»43.
39
È attraverso l’uso del linguaggio che l’io ha la possibilità di avviare una
prospettiva di senso controfattuale, rispetto alla direzione dei fatti vincenti che
spengono l’esercizio della soggettività.
40
B. ROMANO, La legge del testo. Coalescenza tra logos e nomos, Torino,
1999, p. 23.
41
Romano discute a questo proposito di un ente desoggettivato: «nella scena
postumana, dove avviene il fenomeno biologico del parlare, non opera il soggetto ma l’oltre-soggetto, nella modalità dell’essere-parlato, (giuridicamente non
imputabile), che si sostituisce a quella del parlante (giuridicamente imputabile)».
In ID., Diritto, postumanesimo e nichilismo, Torino, 2004, p. 48.
42
ID., Filosofia della forma. Relazioni e regole, cit., p. 58.
43
ID., La legge del testo. Coalescenza tra logos e nomos, cit., p. 97.
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231
Se la privatizzazione del diritto libera dai vincoli imposti dalla testualità, anche la causa formale, intesa come sistemazione logica,
perde spessore in relazione alla proliferazione di regole sempre più
inafferrabili e contraddittorie, espressione di un self-service che assume i tratti della causa efficiente, un ‘padre fattuale’44 al servizio del
sistema che decide delle qualificazioni del relazionarsi dei parlanti,
«ponendo come giuste quelle che favoriscono le operazioni del sistema mercato e non giuste quelle che ne impediscono il successo»45.
Si afferma l’indistinzione tra il diritto, il management46 e qualsiasi altra tecnica, competizione, strategia, che, attraverso la privatizzazione della rèfèrence47 e una rappresentazione dei fatti né
pubblica, né obbiettiva, né sottoposta al giudizio del terzo, favorisce la parte economicamente più forte. Alla terzietà, che conferisce carattere giuridico alla testualità, si sostituisce la dualità della
contrattazione inegualitaria tra i connessi48, «informati in tempo
reale delle variazioni degli avvenimenti mercatori e finanziari e i
non connessi, fagocitati dalle procedure finanziarie di un’alterità
egolatrica»49, espressione di quella giustizia della carta timbrata di
44
ID., Filosofia del diritto, cit., p. 127. Romano contrappone al ‘padre fattuale’, strumento del funzionamento autoreferenziale del mercato, il ‘padre simbolico’, garante della struttura ortonoma del diritto attraverso la ripresa
dell’esercizio della soggettività esercitata nell’arte creativa dell’ipotizzare.
45
B. ROMANO, Filosofia del diritto, cit., p. 130.
46
Si tratta di un’espressione attraverso la quale Legendre affronta il tema del
formalismo giuridico, espressione dello svuotamento del diritto riempito esclusivamente dai fatti vincenti, una ‘lotta di tutti contro tutti’.
47
Sul punto si veda L. AVITABILE, La filosofia del diritto in Pierre Legendre,
cit., p. 190: «La terzietà promana dalla ragione giuridica che è essa stessa terza,
in quanto messa in parole, nel luogo della référence, strutturata… mediante un
Testo privo di soggettività, ma non privo di autori e di autorità, derivante da un
passato» trasmutata nella società postmoderna in de-ferenza attraverso l’opera
di ‘banalizzazione’ compiuta quotidianamente sul diritto dal management.
48
Sulla distinzione tra connessi e non connessi si veda J. RIFKIN, L’era dell’accesso, Milano, 2000, pp. 25-154.
49
L. AVITABILE, La filosofia del diritto in Pierre Legendre, cit., p. 371.
232
INTERVENTI
cui discute Jankélévitch50 quando descrive una terzietà funzionale,
antitetica all’esercizio imparziale e disinteressato che segna il confine tra «la violenza incalcolabile e arbitraria … e la legge, calcolabile e ordinatrice»51, garanzia per il singolo di protezione e di
un’esistenza pacifica.
Nella società post-moderna, la giustizia, priva della funzione
orientativa, diventa uno strumento per l’accrescimento della volontà di potenza che piega la ‘causa materiale’ alle flessibili esigenze
della globalizzazione in cui, ogni rotazione di senso, propria di un
diritto istituito nell’ordine dell’ortonomia, determinerebbe una perdita di tempo a danno dell’efficiency 52. In questo senso il testo, trasformato in un mero strumento di accomodamento di certi interessi
prioritari, perde i tratti dell’opera d’arte per assumere quelli di un
contenitore vuoto che alimenta l’oscurarsi dell’ermeneutica creativa e diventare espressione di un ‘sapere totale’ che elide tutte le
domande sul senso del giusto\non giusto. Infatti, mutano le modalità di produzione e di funzionamento delle regole, operanti secondo una logica reattiva e non attiva come richiede la negoziazione
e la ratio economica che spinge verso un mercato delle norme, prodotte nelle stanze invisibili del potere economico. Il diritto si trasforma da garante di un assetto a produttore di rischio, diventando
una questione puramente privata che asseconda l’imprevedibilità
degli effetti giuridici, perdendo la funzione essenziale, ‘la certezza
di lungo periodo’53, garanzia del diritto primo dell’uomo a prendere la parola per destinarla all’altro in quanto Tu, riconoscendo
quel debito di giustizia che ‘non si estinguerà mai fino a quando ci
saranno uomini impegnati ad ipotizzare un senso del futuro’54.
50
V. JANKÉLÉVITCH, Trattato delle virtù, Milano, 1996, § La terzietà come
virtù, Capo II.
51
K. JASPERS, Origine e senso della storia, Milano, 1965, p. 201.
52
È l’efficiency, intesa come ‘l’opportunità del momento’ ad assorbire e sostituire la legalità nella prospettiva di soddisfare le esigenze emerse come prioritarie.
53
B. LEONI, La libertà e la legge, cit., passim.
54
Cfr. B. ROMANO, Sistemi biologici e giustizia. Vita animus anima, Cicerone
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233
Un «istituzionalizzazione del dubbio»55, è questa la post-modernità, in cui, il potere finanziario si sottrae facilmente alle larghe
maglie della legislazione locale, occupando gli spazi lasciati liberi
dagli organismi internazionali, che, impotenti e talvolta indifferenti,
hanno contribuito a rendere la giuridicità un succedersi di accadimenti, un compromesso, avviando l’inversione dei valori teorizzata
profeticamente da Nietzsche56: quando il mercato programma il
successo costruendo i consumatori come entità bio-economiche anticipabili nelle condotte57, il diritto viene privato della sua genesi
antropologica e dell’estensione temporale che lo specifica trasformandosi in una delle fasi delle operazioni biologiche il cui unico
obiettivo è il funzionamento verso una direzione nichilistica58.
In questo contesto, il diritto «trasmuta»59 nel fatto, diventando,
per dirla con Leoni, un prodotto pre-fabbricato, «qualcosa da produrre con il minimo impegno… in base a piani prestabiliti…»60 e
afferma che esistono due tipi di virtù: «quelle che sono per loro natura innate e
si chiamano non volontarie… e quelle che risiedono nella volontà e per cui risulta più appropriato la denominazione di virtù… sono le vere grandi virtù, che
chiamiamo volontarie, come l’assennatezza, la temperanza, la giustizia e le altre
dello stesso genere… Le virtù volontarie sono superiori alle virtù non volontarie». CICERONE, I termini estremi del bene e del male, in Opere politiche e filosofiche, II, Torino, 2005, pp. 399, 401. Ivi, pp. 419-421.
55
M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, passim.
56
M. HEIDEGGER, Sentieri interrotti, Firenze, 1968, p. 233.
57
La «volontà di senso», insita strutturalmente in ogni uomo, non matura, in
una effettiva «volontà di forma» quando i modelli imposti dal diktat della moda
e della pubblicità, ‘liberano’ l’io dal compito di costruire una propria entità attraverso la ricerca della forma immateriale del senso. B. ROMANO, Filosofia della
forma. Relazioni e regole, cit., p. 193. anche ID., Filosofia del diritto, cit., p. 115.
58
ID., Scienza giuridica senza giurista, il nichilismo ‘perfetto’, cit., p. 89: «il
nichilismo giuridico perfetto consiste nel trattare le norme mediante altre norme,
non pensando il diritto come ragione e senso di ogni norma».
59
Cfr. F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, Milano, 2008, discute dell’inversione dei valori che, sul piano giuridico, ha prodotto la rimozione di tutti gli
interrogativi sul senso, concretizzando il nichilismo giuridico.
60
B. LEONI, La sovranità del consumatore, cit., p. 116.
234
INTERVENTI
per Legendre, astratto, essendo privato della ‘mise en scène du
Tiers… sostituito dal soggetto che, trasformato in un «mini-Stato,
richiama la teoria dell’autoreferenzialità»61.
Nella società postmoderna, infatti, si avvia l’estinzione del diritto a partire dalla trasformazione del soggetto che, sottraendosi al
compito inesauribile della costruzione della propria identità, espressione della ‘vittoria dello spirito sulla natura, della libertà sulla necessità’62, diventa una mera entità topologica63 indirettamente
artefice di un diritto trasformato in un sistema di funzioni, deputato
alla distribuzione ‘corporativa’ di beni in cui il desiderio di alcuni
diventa ‘la verità’ tradotta nell’oggettività normativa. Una società
veramente civile è possibile solo superando la convinzione moderna
del primato assoluto dell’uomo come ‘funzione della funzione’64 che
passa attraverso la pratica quotidiana della fioritura dell’io alimentata dalla consapevolezza che ciascuno è, allo stesso tempo, signore
e servo dell’altro, per mezzo del quale attiva la propria capacità di
senso e quel processo dinamico che è la trascendenza.
Questa lettura della società ci consente di discutere del diritto
come un fatto sostanzialmente privato, sottoposto, dai meccanismi delle moderne democrazie, ad una depubblicizzazione ispirata
al costumer satisfaction, cioè alla soddisfazione del cliente, il cittadino/consumatore, che riduce la dimensione pubblica al solo momento elettorale. La privatizzazione del mondo indebolisce la
capacità normativa degli Stati e svuota di senso le elezioni e le istituzioni pubbliche, uccide il diritto, negato da un coesistere contingente determinato dalla ‘velocità del cambiamento richiesta
dall’accelerazione sempre crescente del produrre il consumare’65.
La velocità, infatti, uno dei tratti più caratteristici e pervasivi della
61
L. AVITABILE, La filosofia del diritto in Pierre Legendre, cit., p. 120.
N.A. BERDJAEV, Schiavitù e libertà dell’uomo, 2010, p. 127.
63
Con questa espressione si intende una giustizia che prescinde dalla struttura relazionale triale dei parlanti.
64
N. LUHMANN, Das Recht des Geseltschaft, Frankfurt am Main, 1995.
65
Z. BAUMAN, Vita liquida, Roma-Bari, 2006, p. 88.
62
GIOVANNA PETROCCO
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società attuale, lascia l’uomo in uno stato di solipsismo dell’io,
estraneo alla discorsività dialogica che apre ‘per ogni parlante la
consapevolezza di essere soggetto delle ipotesi’66.
Come nella società teorizzata da Luhmann, quella attuale è
strutturata su un ordine giuridico che ha una ‘destinazione solo
strategica’ e funziona in un ‘tener per vero’67 strumentale alla conservazione della vita dei sistemi sociali, in cui il soggetto, situato tra
una formazione presente ed una successiva, collabora indirettamente al movimento adeguativo della ragione procedurale, manifestazione del darsi stesso del sistema giuridico.
Si tratta di un sapere oggettivo, posto nella successione di un
presente dopo l’altro, estraneo al processo di dilatazione proprio
dell’esercizio della soggettività come i prezzi teorizzati da Luhmann, espressione dell’autoosservazione del sistema economico
che, strutturato sul momento centrale del saldo, puntistiche momentaneità che si esauriscono nel loro stesso compiersi, garantisce
la sua sopravvivenza attraverso l’adattamento meccanico dei prezzi
a prescindere da quanto gli uomini pensano e vogliono infatti ‘i
pagamenti non necessitano di essere motivati’68.
Nello stesso modo, nella società postmoderna, un’evoluzione
asoggettivamente trasformativa, in quanto non scelta, consente l’incidere della fattualità dei diritti della senzienza, chiusi all’opera
creativa dell’istituire che trasforma la giuridicità in una serie di «comandi depsicologizzati»69, scissi dalla dimensione palpitante del
consesso sociale, in un «atto disincarnato», depurato dall’azione
dialogica e nutrito solo dalla violenza che vince70 «che sorge nella
66
B. ROMANO, La legge del testo. Coalescenza tra nomos e logos, cit. p. 108.
ID., Terzietà del diritto e società complessa, Roma, 1997-1998, p. 16.
68
N. LUHMANN, Mercato e diritto, cit., p. 14.
69
B. LEONI, Scritti di scienza politica e teoria del diritto, Milano, 1990, p. 190.
70
K. JASPERS, Origine e senso della storia, Milano, 1965, p. 201, afferma che:
«la violenza è incalcolabile, arbitraria, l’individuo è la sua vittima inerme. La
legge (invece), è calcolabile, ordinatrice, assicura al singolo la protezione della
sua esistenza».
67
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INTERVENTI
purezza della fattualità, ma (poi) la tradisce, fissandola in una
norma che… si svela essere controfattuale»71 espressione di un funzionalismo politico in cui la giuridicità diventa un «compromesso»72 che può registrare la cancellazione di qualsiasi diritto
dell’uomo, fino a concepire ogni considerazione in senso sociologico una mera proiezione ingannevole.
Se, per dirla con Trasimaco73, la giuridicità diventa l’utile del
più forte che hegelianamente si traduce nel fatto che esclude74,
che ne è del diritto giusto che apre al riconoscimento pieno dell’altro?
Se alla ragione parametrica kelseniana si sostituisce la razionalità strategica che vanifica l’idea di un ordine costituito a-priori 75,
ci si può spingere fino ad affermare che la causa efficiente, mascherata dietro le tante alterità egolatriche del potere finanziario,
non sia più prioritaria ma esclusiva, avendo fagocitato, strumentalmente, l’incidere di qualsiasi altra causa.
71
B. ROMANO, Due studi su forma e purezza del diritto, Torino, 2008, p. 110.
Cfr. A. REINACH, I fondamenti a priori del diritto civile, Milano, 1990.
73
PLATONE, La Repubblica, Roma-Bari, 1981, Libro I, p. 44.
74
Cfr. B. ROMANO, Riconoscimento e diritto. Interpretazione della Filosofia
del diritto dello spirito senese (1805-1806) di Hegel, Roma, 1975.
75
Il soggetto kelseniano è dotato di una razionalità parametrica, infatti si interroga sulle conseguenze del non rispetto della norma data, non la mette in discussione che Luhmann chiama osservanza/inosservanza. Invece gli operatori
economici dell’età moderna sono dotati esclusivamente di razionalità strategica,
non hanno come punto di riferimento una norma, intesa come rispetto della legalità, né un’idea di giustizia da rispettare, sono in una situazione di totale interdipendenza dagli altri operatori e tenendo conto soltanto delle risposte degli altri
alle proprie scelte, «vanificando così l’idea di un ordine normativo a priori».
72
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