Giugno 2009 Scaricabile dal sito: www.provincia.pisa.it - Area tematica Forestazione Difesa Fauna - Progetti e iniziative Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai II futuro dell'ambiente è un problema che riguarda tutti i popoli della Terra, ma se è vero che una soddisfacente soluzione dei problemi ecologici deve impegnare a fondo la scienza come la tecnologia, la volontà come sforzo di "fantasia" e il cervello di quanti detengono il potere, è però anche innegabile che tali variabili non possono agire isolatamente perché finirebbero per perseguire ciascuna il proprio tornaconto, con danno di quello superiore, che deve rimanere appannaggio della collettività. La salvaguardia dell'ambiente, inteso in senso idrogeologico, climatico, paesistico, storico e sociale, determina la sopravvivenza e lo sviluppo di ogni comunità organizzata. Da qui la necessità di incidere sul comportamento delle nuove generazioni attraverso una seria educazione su temi che riguardano l'ecologia, scienza particolarmente importante oggi, in quanto le problematiche legate all'integrità dell'ambiente e alla conservazione delle sue peculiari risorse, impone la profonda conoscenza delle sue leggi. E a chi, se non alla scuola, spetta questo compito? La scuola è un'agenzia educativa pubblica quindi deve farsi carico di scuotere e sensibilizzare i propri discenti, rendendoli consapevoli che il bene di ogni singola persona non è disgiunto da quello di tutta la comunità. Per risultare incisiva, la scuola non deve mai abdicare al suo obiettivo formativo, anche se per raggiungerlo deve avvalersi di tutte quelle agenzie esterne che sono in grado di completarne il suo compito. Una scuola moderna dispone di tutte quelle tecniche che la pongono in grado di attivare lo studente e guidarlo nella ricerca, nell'indagine, nelle tecniche di documentazione, nell'inchiesta giornalistica, nel confronto delle idee mezzi, che l'esperienza, ha rilevato tutti adatti e congeniali ai ragazzi, per un approccio positivo a temi collegati all'ecologia, che è solo un modo di osservare, capire, interpretare e modificare i fatti della Natura. L’ Autore Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 2 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI Argomento L’ecologia: una nuova dimensione educativa Indice degli argomenti trattati Una scienza complessa Ecologia: le tendenze moderne Gli ecosistemi Relazioni tra biocenosi e biotopo Il gioco delle relazioni: la catena alimentare IL sole in cellula L’albero singolo Chioma e portamento degli alberi Utilità dell’albero L’albero in cifre L’albero non è eterno, il bosco non muore mai L’autunno fa cadere le foglie Testimoni viventi nel tempo Ecologia ed il mondo delle piante Le piante inferiori Le piante superiori Impollinazione e fecondazione delle piante Ecologia e il mondo degli insetti Funghi e insetti Le piante insettivore Influenza del clima sulla vita delle piante Nome e cognome delle piante La nomenclatura binomia La Vegetazione Naturale Potenziale Bosco e Foresta sono sinonimi? Gli alberi che danno il nome ai boschi italiani Le fasce di vegetazione in base all’altitudine Un classico esempio di ecosistema bosco I diversi strati del bosco II clima interno di un bosco di Latifoglie II risveglio del bosco Aspetti vegetazionali del territorio pisano San Rossore Monti Pisani Complesso Forestale di Santa Luce Cerbaie: aspetti ecologici e vegetazionali Colline metallifere nella Val di Cecina Studio e ricreazione nel bosco Come comportarsi nel bosco Chi ama il bosco non coglie i suoi fiori Precauzioni e pericoli Come orientarsi nel bosco La fauna dei nostri boschi Note conclusive Bibliografia e riferimenti iconografici Glossario Ringraziamenti Pagina 2 3 4 4 5 5 6 7 7 8 8 9 9 10 10 11 12 12 18 19 20 20 21 21 22 22 23 23 25 29 29 30 30 31 32 33 34 35 36 37 37 38 38 39 40 45 46 48 54 Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 3 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 1.1 Una scienza complessa Ecologia è termine coniato nel 1866 dal biologo tedesco Ernst Haeckel, ricavandolo da due parole greche: oikos (casa) e logos (discorso), con significato di "discorso sulla casa", intesa come ambiente. Questo fortunato neologismo, divenuto una parola chiave della nostra cultura, comparve in "Generelle Morphologie der Organismen” un trattato dello stesso Haeckel ad indicare un particolare compito della biologia e vale a dire lo studio delle relazioni che intercorrono fra organismi viventi in una data area e l'ambiente fisico. Lo studio suggerito da Haeckel, le cui radici affondano nella storia naturale, nella fisiologia e nella teoria dell'evoluzione, non ebbe subito molto ascolto per l'estrema complessità che questo presentava e per il quale occorrevano conoscenze acquisite o da acquisire in varie discipline; considerando anche che a quei tempi il campo della ricerca scientifica era alquanto ristretto e oneroso quindi, percorribile solo da pochi eletti. Tuttavia, anche se lentamente, il termine ecologia percorse strada tra i botanici, intesa però solo come studio delle relazioni fra organismi vegetali e l'ambiente. Questo significato, nato al Congresso Internazionale di botanica svoltosi a Bruxelles nel I9I0, non rendeva giustizia al pensiero di Haeckel, e in verità era una interpretazione assai restrittiva e soggettiva che non faceva onore ai botanici. E' solo dopo il 1940 che, ad opera soprattutto di studiosi americani, l'ecologia torna al concetto di base e di partenza suggerito da Haeckel: lo studio scientifico del mutuo rapporto fra piante, animali e ambiente. Dopo alcuni decenni, nelle correnti più feconde della biologia si avverte l'esigenza di concepire qualunque cosa come parte di un contesto più ampio. I sistemi ecologici, afferma Barry Commoner, noto biologo americano, obbediscono ad una prima legge dell'ecologia che dice: "Ogni cosa è connessa con qualsiasi altra cosa". L'uomo non sfugge a questi legami. Sui maggiori testi di ecologia non è raro incontrare espressioni come queste: " prendi una cosa qualsiasi e scoprirai che è legata a tutto il resto dell'universo "non si può cogliere un fiore senza turbare una stella ". Modi semplici che esprimono una complessa realtà: viventi e non viventi siamo tutti strettamente legati gli uni agli altri da mille invisibili fili. 1.2) Ecologia: le tendenze moderne Una delle principali tendenze è l'uso crescente di modelli teorici elaborati con il computer. Le simulazioni servono per controllare le fluttuazioni delle popolazioni, i cicli minerali e i flussi di energia. I modelli per scoprire dove le nostre conoscenze sono inadeguate, per la formulazione di principi ecologici, per ipotizzare il destino degli ecosistemi in determinate situazioni antropiche. E’ in espansione il campo dell'ecologia dei sistemi, che ricorre alle analisi teoriche e a metodi sperimentali per studiare la distruzione degli ecosistemi e la loro ricostituzione. L'ecologia dei sistemi richiede esperti in una vasta gamma di discipline: matematica, tecnologia dei calcolatori, fisiologia, microbiologia, biochimica, climatologia e tassonomia. Gli ecologi sono sempre più impegnati a risolvere problemi causati dall'incremento della popolazione umana, dalla crescita dell'inquinamento, dall'aumento delle richieste di energia e del sempre più alto ricorso alla distruzione degli ecosistemi per usi umani. L'ecologia vegetale potrà rivelarsi necessaria per contribuire a risolvere i problemi del nutrimento della popolazione umana mondiale, problemi che vanno dalla conservazione della biodiversità, alla tutela delle specie vegetali e animali in via di estinzione. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 4 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 1.3) Gli ecosistemi Un ecosistema è formato da una comunità di organismi viventi, animali e vegetali, nel cui insieme costituiscono una " "biocenosi ", e da un ambiente fisico in cui si svolge la vita della comunità stessa, che va sotto la denominazione di " "biotopo ", termine che deriva da bios (= vita) e topos (= luogo): in biologia, unità ambientale in cui esistono condizioni favorevoli alla vita di organismi. L'estensione di un ecosistema ha una importanza relativa, ciò che lo qualifica come tale è che la vita degli organismi, il flusso di energia e il riciclo degli elementi nutritivi avvenga completamente al suo interno. Un piccolo stagno è un ecosistema, come pure un oceano o una vasta prateria, una palude o un pascolo sommitale, una foresta o un bosco, oppure una carogna di animale in decomposizione, un albero abbattuto, un campo coltivato, al limite anche una pozzanghera, sono altrettanti ecosistemi, ecologicamente riconoscibili come singole unità funzionali nella Natura. Sulla base delle dimensioni si distinguono : macroecosistemi (oceani - grandi foreste - deserti - ecc.) mesoecosistemi ( boschi - pascoli sommitali - stagni - ecc.) microecosistemi ( tronchi di alberi abbattuti - carogne di animali in decomposizione ecc.) 1.4) Relazioni tra biocenosi e biotopo Con le sue componenti fisico-chimiche che gli sono proprie (umidità, temperatura, insolazione, sali minerali, ossigeno, ecc.) la parte non vivente dell'ecosistema, o biotopo, ha una notevole influenza sulla composizione specifica della comunità vivente o biocenosi. In gran parte dipende dalle sostanze organiche che compongono l'humus che per definizione fanno parte dell'ambiente fisico. Accumulato al suolo e trasformato dagli organismi decompositori, l'humus serve a sostenere, negli ecosistemi autosufficienti come lo è il bosco, la tendenza della biocenosi a creare strutture via via sempre più complesse. Così facendo, il biotopo viene costantemente modificato o stabilizzato dall'attività degli organismi che ci vivono. Attraverso queste reciproche " relazioni ", biotopo e biocenosi evolvono insieme fino a formare un solo sistema ecologico. La stabilità raggiunta o raggiungibile in un ecosistema, è data da meccanismi equilibratori: alle spinte in una direzione si oppongono spinte di segno contrario tendenti al riequilìbrio. Più la struttura ecosistemica è varia e complessa, maggiore è la sua stabilità, più è semplice e monotona e meno resistenza oppone ai fattori di pressione. Da ciò si comprende come l'ecosistema non sia un apparato chiuso e come la biocenosi non sia una comunità stabile di organismi, ma debba essere piuttosto considerata una complessa struttura dinamica, mutevole nel tempo i cui elementi, gli organismi viventi, sono legati da interazioni del tipo della predazione, della simbiosi, del parassitismo, o di altro tipo ancora, più sottili e indirette. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 5 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 1.5) Il gioco delle relazioni: la catena alimentare Un ecosistema sufficiente non è altro che un "insieme" di organismi produttori, consumatori e decompositori, i quali, in ultima analisi, derivano tutta la loro energia dalla luce del Sole. I produttori più importanti sono le piante verdi, in una vasta gamma che va da alberi, arbusti, erbe, felci, muschi, ecc. Il primo anello della catena alimentare incomincia dunque dalle piante verdi, che sono in grado di utilizzare l'energia solare per trasformare in cibi energetici la materia inorganica, cioè l'anidride carbonica e l'acqua. La produzione delle piante verdi è la fonte di vita per i consumatori primari, rappresentati dagli erbivori; a questi succedono i consumatori secondari o terziari, i carnivori, che si nutrono di erbivori o esercitano un'attività predatoria nei confronti di altri carnivori. A questa vasta opera di " consumazione " non si sottrae neppure l'uomo. La terza classe di organismi, quella dei decompositori, è composta da batteri, funghi e da piccoli animali come le termiti, i vermi e gli acari, i quali scompongono i materiali organici morti in modo che il carbonio, l'azoto e i minerali che essi contengono possono rientrare in circolo. L'energia solare, passando da un organismo all'altro sotto forma di nutrimento, concatena tutte le forme di vita. Tutti gli organismi sono alla continua ricerca di nutrimento: come il ragno tesse la sua tela per intrappolare le sue prede, così l'albero protende le foglie per assorbire luce solare, mentre con le radici drena l'acqua e assorbe minerali dal suolo. Ecco un piccolo esempio di catena alimentare: l'erba viene brucata da un grillo o dai roditori: poco dopo il grillo è divorato da una lucertola e i roditori dal serpente. Se questo diviene preda di un rapace.......soltanto a questo punto il rapace, che si libra su nel cielo, otterrà il rifornimento di energia solare che stava immagazzinata dall'erba. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 6 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 1.6) Il sole in cellula Epidermide superiore Stereoma O2 Stoma CO2 Zuccheri Vapore Acqueo Entrare nel chimismo della fotosintesi sarebbe fuori luogo in questo corso, certo che ogni minuscola cellula dei tessuti verdi delle piante è in se un mirabile laboratorio che supera in perfezione quello che c’è di più avanzato è costruito dall’uomo. La fotosintesi è quel meccanismo sofisticato con cui il mondo delle piante cattura l’energia solare e manda avanti la sua complessa catena di montaggio chimica per costruir, con acqua, anidride carbonica e un po’ di luce, le molecole necessarie al proprio accrescimento. Così facendo, le piante verdi liberano nell’atmosfera l’ossigeno come prodotto di scarto, quel buon ossigeno che serve per il nostro respiro. La fotosintesi rappresenta per questo il processo biologico più importante della vita terrestre, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Tutte le sorgenti di energia provengono dall’assimilazione dell’anidride carbonica a spese dell’energia luminosa, e la quantità di elementi sintetizzati dalle piante è enorme. 2.0) L’albero singolo Comunemente è chiamato “albero” una pianta legnosa che può raggiungere durante il suo ciclo vegetativo un’altezza di almeno cinque metri, con un tronco di almeno cinque centimetri di diametro ad altezza di petto, che ha potenti radici e rami che si sviluppano in alto sul tronco a formare una chioma fogliosa variamente conformata secondo la specie. L’albero è capace di vita indipendente; mediante le foglie attinge dall’atmosfera l’ossigeno per la respirazione e l’anidride carbonica per la fotosintesi; per mezzo delle radici assorbe acqua e si rifornisce di elementi nutritivi dal terreno. Nel suo completo sviluppo, diventa una delle più importanti manifestazioni della natura, e in tutti i tempi i poeti hanno cantato gli alberi come simbolo di stabilità, fedeltà, resistenza e forza. È necessario quindi proteggerli e diffonderli ovunque sia possibile. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 7 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 2.1) Chioma e portamento degli alberi Caratteristica di ogni singola specie di albero, è quella di presentare la chioma più o meno densa. Questa densità può essere assai scarsa oppure molto fitta, al punto da produrre, con lo sviluppo massimo delle foglie, una chioma quasi impenetrabile ai raggi del sole, come nel Faggio, nel Leccio ecc. piante arboree che non consentono al sottobosco di svilupparsi, e pertanto definite poco “sociali”, al contrario delle Querce, che lasciano filtrare abbondantemente i raggi del sole. Il portamento degli alberi può assumere svariate forme, designate con termini tratti dalla geometria. In alcuni casi si ricorre a denominazioni specifiche: a ombrello (paraploidale) per il Pino domestico, piangente per il Salice, irregolare per alcune vecchie querce. 2.2) Utilità dell’albero L’albero è prezioso per l’uomo perché gli fornisce legno, frutti e altri accessori la cui utilità si estende a svariati campi. Tuttavia non è mai sufficientemente considerata la produzione di ossigeno da parte dell’apparato fogliare, come pure la funzione di protezione idrogeologica che un albero è in grado di espletare, nonché l’arricchimento del suolo mediante la sostanza organica prodotta con le foglie e successivamente mineralizzata dai batteri e dai funghi che operano una incessante attività di restituzione verso le altre piante. In conclusione, l’albero da ombra e protezione, abbellisce il paesaggio e caratterizza in modo significativo sia il territorio agricolo che le aree urbanizzate, nelle quali il verde sta assumendo un ruolo sempre più importante per la stessa qualità della vita di tutti i cittadini. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 8 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 2.3) L’albero in cifre L’albero è un’autentica officina, ecco il suo lavoro in cifre: se si considera una quercia secolare alta oltre 20 metri, con una chioma di 10 metri di diametro, questa in 50 anni produce per l’uomo servizi per circa centomila euro. È quanto vale la sua produzione di ossigeno, la fissazione di gas e vapori tossici, l’abbattimento del pulviscolo atmosferico, la depurazione batteriologica dell’aria, la funzione di schermo frangivento e antirumore, l’emissione di vapore acqueo e la regolazione termica, la conservazione del suolo e la regolamentazione delle acque, l’apporto vitale al terreno, la produzione di biomassa, il sostentamento e rifugio per altri esseri viventi. La stessa pianta, in una giornata molto calda, libera attraverso l’evapotraspirazione circa 500 litri di acqua reperita nel terreno attraverso l’apparato radicale. In ogni litro d’aria presente nelle strade urbane non alberate, vi sono da 10.000 a 12.000 particelle di particolato atmosferico, mentre nelle stesse strade affiancate da due semplici filari, il dato scende mediamente intorno a 2.000 particelle per litro d’aria. In condizioni ottimali di luminosità, umidità e temperatura, con la sua attività vegetativa produce circa 1000 kg di ossigeno e consuma circa 1300 kg di anidride carbonica. Quindi, anche se considerato isolatamente, un albero rappresenta un’unità biologica di prima grandezza per tutti gli organismi viventi. Tra le sue radici trovano rifugio tassi, volpi, conigli ecc.; sulla corteccia, tra le foglie e dentro il tronco vivono numerose specie di insetti; nelle cavità del tronco si nascondono scoiattoli, pipistrelli e gasteropodi, mentre gli uccelli costruiscono i loro nidi fra i rami per proteggersi dai predatori. 2.4) L’albero non è eterno, il bosco non muore mai Gli alberi vivono a lungo, tuttavia anche loro devono inevitabilmente sottostare al processo di invecchiamento e di decadimento. Tale processo non interessa le piante arboree in quanto individui: è la specie stessa che ha un ciclo evolutivo definito nel tempo e nello spazio, in altre parole nasce, si sviluppa, vive e muore. Per nostra fortuna, la naturale attitudine di un albero, di qualunque specie, è quella di volere vivere insieme con individui della medesima o differenti specie, aventi in comune uguali o compatibili esigenze ecologiche. È per questo che in natura tendono a formarsi quelle importanti comunità vegetali che vanno sotto la definizione di “bosco”, comunità che, se non vengono annientate da eventi catastrofici o distruttivi, sono eterne, cioè non muoiono mai perché di continuo si rinnovano naturalmente attraverso la disseminazione operata dalle piante mature e la crescita del novellame. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 9 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 2.5) L’autunno fa cadere le foglie Come ci ricorda una famosa canzone francese "Les feuilles mortes"in autunno le foglie ingialliscono e cadono. Nelle latifoglie spoglianti il distacco delle foglie è provocato da uno speciale tessuto separatore, collocato alla base del picciolo fogliare e formato da cellule a membrana sottile. Questo strato separatore si forma generalmente poco prima della caduta delle foglie, e nel punto dove si forma i fasci vascolari sono poco rinforzati e gli strati del tessuto assai ridotti. Quando in autunno la temperatura comincia ad abbassarsi, la materia intercellulare del tessuto separatore diventa mucosa e le cellule si distaccano. A questo punto la foglia essendo sostenuta solo dal tessuto debole, per effetto della pioggia o di un colpo di vento si spezza e cade. Però prima che avvenga il distacco le foglie cambiano colore, donando al paesaggio un effetto suggestivo. Questo fenomeno è dovuto alla scomparsa della clorofilla per disintegrazione dei cloroplasti contenuti nel tessuto: la colorazione avviene per effetto della disintegrazione dei plastidi che producono i pigmenti di carotene e di xantofilla responsabili di tale colorazione. 2.6) Testimoni viventi nel tempo Tempo ed albero hanno consegnato insieme, come cronometri di precisione, una serie di dati che oggi servono addirittura per l’esplorazione dello spazio cosmico. Questi dati sono scritti nei diversi strati di accrescimento dell’albero e continuano ad aumentare anno dopo anno. Questa caratteristica è tipica soprattutto degli alberi della zona temperata e risulta dall’attività del tessuto di rinnovamento, detto cambio. L’attività del cambio ha una cadenza periodica: in primavera realizza soprattutto la formazione del legno, che si compone di cellule a membrana fine e sottile e di cellule più grosse. Con l’andar del tempo la formazione di legno rallenta, le cellule diventano sempre più piccole, ma la loro membrana si ispessisce e prima che finisca l’estate, in agosto, cessa la produzione. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 10 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Man mano che diminuisce la formazione del legno, di pari passo aumenta la quella del libro: questo tessuto permette la risalita, per osmosi, verso le foglie della linfa grezza che verrà poi elaborata mediante il processo della funzione clorofilliana. La crescita di un albero è influenzata dall’ambiente, dalle variazioni termiche, dalla frequenza delle piogge e da numerosi altri fattori cui la scienza moderna sta ancora indagando. Già Leonardo da Vinci accennava alla stretta relazione che intercorre tra le influenze meteorologiche e la formazione degli strati annuali di accrescimento. Alcuni secoli dopo, in Svezia, Carlo Linneo osservò che le querce formavano degli strati annuali più larghi nei periodi caldi e più sottili nelle annate fredde. E così che gli alberi danno all’uomo la possibilità di indagare i più antichi dati dendroclimatici. La dendroclimatologia è una disciplina scientifica che studia l’influenza dei fattori variabili della meteorologia, deduce le variazioni passate in base alle osservazioni sulla crescita degli alberi e predice le variazioni future. Basandosi sulla ricostruzione meteorologica dei periodi passati, considerandone il ritmo e la connessione dei cicli dell’attività delle macchie solari, che sono a intervalli di undici anni, possiamo quindi prevedere l’evoluzione climatica del nostro emisfero boreale. Da questa scienza sono nate nuove discipline scientifiche come la “dendroecologia”, che studia tra l’altro gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla formazione degli strati di accrescimento annuale dei nostri alberi. 3.0) Ecologia ed il mondo delle piante Percorrendo i sentieri boschivi, capita spesso di posare lo sguardo su dei funghi colorati, di ammirare i Licheni che ornano i tronchi degli alberi e le rocce affioranti, di guardare con curiosità Le alghe che vivono ai margini delle pozze d'acqua, di restare incantati di fronte ai morbidi cuscini dei muschi, che tappezzano il sottobosco. Ebbene, si tratta nientemeno che di vegetali cosiddetti "inferiori", la cui importanza per gli equilibri biologici non è sfuggita agli ecologi. Capita anche di rimanere impressionati dalla maestosità di un albero che svetta verso il cielo, di ammirare le ampie distese di Felci e i colorati fiori degli arbusti e di molte piante erbacee, e soprattutto di ammirare il paesaggio vegetale dei boschi, quando gli alberi perdono foglie in autunno con una spettacolare esibizione di colori: in questo caso si tratta di piante superiori, dotate da Madre Natura di un sistema di vasi nei quali circola la vitale linfa. Quanto fin qui esposto porta inevitabilmente a delle considerazioni: quali differenze morfologiche e riproduttive esistono tra i vegetali superiori e quelli inferiori? Vediamolo insieme !! Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 11 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3.1) Le piante inferiori Si tratta di specie vegetali in cui si ha assenza di vasi linfatici, come alghe, muschi, epatiche, licheni, funghi, ecc., dal punto di vista fisiologico esistono notevoli differenze tra loro, come del resto con le piante superiori. Per distinguere gli organi sessuali dei vegetali inferiori occorre il microscopio. I Licheni, ottimi indicatori fisiologici della qualità dell'aria, sfidano le piante superiori sia per la varietà di forme che per l’ ingegnosità del loro equilibrio biologico: le sostanze chimiche da essi prodotte sono utilizzate per ottenerne coloranti, antibiotici, ecc., oltre a costituire il principale alimento delle renne. I funghi sono privi di clorofilla , per cui hanno necessità di un substrato organico per alimentarsi, perciò vivono da saprofiti o parassiti di piante e di animali. Sotto l'aspetto economico e alimentare non occorrono tante parole, basta pensare ai tartufi, ai porcini, agli ovoli, ecc. che muovono interessi astronomici presso molti popoli della terra. In ultimo si può accennare alle alghe, in genere: quelle rosse, con le loro membrane calcarizzate, sono state alla base delle formazioni coralline, di atolli e di isole. Oggi si annette una grande importanza a tutte le alghe, in genere, per le origini del petrolio, e si presta una maggiore attenzione a queste forme vegetali nella ricerca di sostanze alimentari per la popolazione mondiale e per la possibilità di vita degli astronauti, nei loro viaggi futuri. 3.2) Le piante superiori Vasta categoria di specie vegetali (circa 300.000 in tutto il mondo) in cui si ha la presenza di un sistema di vasi nei quali circola la linfa. Essa comprende alberi, arbusti, liane, piante erbacee, Felci e alcuni gruppi affini (equiseti, licopodi, selaginelle, ecc.). la loro diffusione spontanea interessa le terre emerse del nostro pianeta, ma non poche specie sono rimaste legate all'acqua, primordiale elemento di tutte le specie vegetali oggi esistenti. Per la maggior parte si tratta di piante "autotrofe", cioè che fabbricano esse stesse i propri alimenti, quelle che non lo sono conducono vita parassitaria, semiparassitaria, ecc. A seconda del grado evolutivo raggiunto nella riproduzione, le piante superiori vengono suddivise in tre distinte unità sistematiche. Pteridofite: da pteris = Felce e phyton = pianta. Comprende solo piante erbacee, perenni, con radici, fusti e foglie contenenti elementi conduttori la linfa (vasi). Le felci sono quindi considerate il “phylum” più rappresentativo delle pteridofite. La maggioranza di esse si riproduce per via “gamica” (sessuale) mediante spore, tuttavia, esistono numerose specie in cui la riproduzione “agamica” (asessuale) è prevalente: in tal caso, la riproduzione degli individui che appartengono a queste specie avviene attraverso la divisione o gemmazione del loro corpo. Sono anche le prime piante terrestri che hanno iniziano a differenziare il sistema di trasporto dei fluidi nutritivi. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 12 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai La descrizione del loro sistema riproduttivo esula dal nostro compito, quello che possiamo notare è che essa ha costituito per millenni un mistero tanto da far nascere, causa la superstizione, una grande quantità di leggende talvolta di rilevante interesse antropologico. Un mistero svelato: si attribuisce a Plinio il Vecchio (23 79 d.C.), il più grande naturalista del periodo classico, di avere notato per primo che le felci non hanno né fiori né semi, lasciando perplessi per secoli coloro che le studiavano. La spiegazione venne fornita nel 1851, nel saggio pubblicato da un botanico dilettante, il tedesco Friedrich Benedikt Hofmeister (1824–1877), modesto libraio afflitto da miopia, che aveva risolto l’enigma dopo lunghi e pazienti studi di embriologia e genetica sulle Briofite e le Pteridofite. Va ricordato che Hofmeister aveva abbandonato gli studi a 14 anni e per le sue scoperte che fecero scalpore, ottenne nel 1863 la nomina a docente presso la prestigiosa Università di Heidelberg e poi spostato nel 1872 presso l’università di Tubinga, dimostrando che tra i migliori botanici vi possono essere anche semplici appassionati e dilettanti. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 13 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Gimnosperme: da gymnos = nudo, con significato di seme non protetto contro le offese dell'ambiente esterno. Nell’ambito della nostra flora le Gimnosperme si identificano con le Conifere o Aghifoglie, piante legnose produttrici di resine, monoiche o dioiche, a fiori unisessuali; i maschili riuniti in amenti, i femminili raggruppati o solitari in coni o strobili, che si sviluppano fino a maturità. Le specie arboree indigene sono riunite in tre famiglie: Pinacee, Cupressacee e Tassacee. Le Conifere rappresentano una delle classi più interessanti del regno vegetale, ove si pensi che esse (da sole) costituiscono oltre il 30 % della vegetazione boschiva e forestale che copre le terre emerse del nostro pianeta. A questa classe appartengono anche le specie arboree più grandi in assoluto: alcune Sequoie della California (USA) superano i 100 m di altezza, con tronchi di 6 metri di diametro; in numerose altre specie, le dimensioni diametriche del tronco raggiungono valori eccezionali, in Messico è stato misurato un Taxodium mucronatum Ten. dal diametro di 16 m; in quanto a longevità, tra le Conifere non sono rari esemplari millenari. La classe è formata da circa 50 generi, per un totale di 650 specie, distribuite in 7 famiglie. La loro diffusione interessa soprattutto le zone temperate e fredde di entrambi gli emisferi. Boschi e foreste di Conifere vantano un altissimo valore biologico, economico e paesaggistico: la foresta più bella in senso estetico, è senza dubbio la Taiga siberiana, che copre una superficie di circa 5 milioni di Kmq, in cui dominano Larice, Pino silvestre e Pino cembro. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 14 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Il legno delle Conifere è omoxilo, ossia composto da un solo tipo di vasi, le fibrotracheidi che hanno contemporaneamente la funzione di trasporto e di sostegno. La resina che scorre nei canali secretori, viene raccolta dalle incisioni praticate nel tronco: dalla sua distillazione si ricava la trementina, la colofonia e l’acqua ragia, utilizzate per la fabbricazione di vernici, coppali, mastici, inchiostri, pece greca, saponi, ecc. Le Conifere indigene che forniscono una quantità maggiore di resina sono: il Pino marittimo, il Larice e il Pino silvestre. Le piante appartenenti a questo genere non sono molto esigenti nei confronti della natura chimico-fisica dei suoli che le ospitano, ma non è così per quanto riguarda le caratteristiche climatiche. Infatti, le montane richiedono un clima sufficientemente umido per tutti i periodi dell'anno, quelle mediterranee sopportano bene sia i gelidi e aridi venti invernali come pure l'aria calda e salmastrosa delle coste litoranee. Per queste loro capacità di adattamento e rapida crescita, sono state oggetto nel passato di estese piantagioni che hanno interessato quote inferiori e non corrispondenti alle esigenze delle specie montane, e in molti casi sono andate ad occupare zone climatiche in dominio delle latifoglie decidue. Queste pratiche colturali hanno costituito per decenni una perseveranza di metodologia errata, che non teneva in debito conto che, con le Conifere, entrano in gioco cicli biochimici nuovi che modificano l'ambiente cui erano fino allora estranee e rompono quei delicati equilibri biologici antecedentemente stabiliti da altre forme di vegetazione forestale con gravi ripercussioni su tutta la flora e la fauna. Per ovviare a questi inconvenienti, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa emise la Risoluzione n. 76 (16) del 15 marzo 1976 che limitava l'uso delle Pinacee alle sole zone di debole valore ecologico. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 15 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Angiosperme: da “aengeion” = involucro e “spermos” = seme, con significato di pianta con ovuli protetti entro una cavità chiusa chiamata ovario. Questa importante sottodivisione comprende tutte quelle specie che portano fiori vivacemente colorati, dette appunto "piante a fiori" o Antophite, da anthos = fiore, i cui semi si sviluppano e sono contenuti dentro un ovario che, dopo la formazione del seme, diventa frutto. Il loro tipo apparve sul nostro pianeta nell'era dei dinosauri e dei rettili volanti, qualcosa come 150 milioni di anni fa, ed oggi noi le ritroviamo adattate ai più svariati ambienti e diffuse in ogni angolo della Terra. Il successo delle Angiosperme, che sono le piante più altamente evolute, stava nel seme incapsulato, il quale rappresenta il "termine" di un complicato processo evolutivo che, partendo dai Muschi e attraverso le Felci e le Gimnosperme, ci porta a queste meraviglie del regno vegetale, la cui presenza rallegra non solo il nostro pianeta, ma delizia anche il nostro animo con la bellezza dei loro splendidi fiori. Le Angiosperme più antiche furono probabilmente anemogame, circa 100 milioni di anni fa con la comparsa degli insetti passarono a una diffusione entomogama che si è evoluta con strutture molto complesse capaci di attirare gli insetti pronubi. Dal punto di vista pratico e utilitaristico, le Angiosperme rivestono una grande importanza nell'economia delle risorse umane, ove si pensi che da queste piante dipendono le attività di numerosi settori dell'agricoltura, della zootecnia, dell'industria del legno, delle derrate alimentari, della carta, dei medicinali, delle costruzioni e della tessitura, per non citare l'uso diretto da parte dell'uomo e degli animali, di foglie, frutti, tuberi, ecc. La flora spontanea del nostro paese annovera ben 4500 specie di Angiosperme, suddivise in due distinte classi: le " Monocotiledoni e le Dicotiledoni. Tale suddivisione venne stabilita da John Ray (1627–1705) testimoniandola negli scritti “Methodus”,“Historia Plantarum” e ” la Nova”. Riprese gli studi di altri due illustri botanici, Caesalpinus e Junge che per la classificazione si basavano sul frutto mentre lui aveva osservato che in alcuni gruppi di specie l'embrione era accompagnato da un solo cotiledone (foglia appena abbozzata), e in altri era formato da due cotiledoni, per cui fece la distinzione in Monocotiledoni (dal greco mònos = solo, unico), nel primo caso, Dicotiledoni, nell'altro, come lo testimonia l'etimologia del termine. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 16 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Le monocotiledoni Questa Classe è costituita da circa 40.000 specie, prevalentemente erbacee, ma sono numerose anche le arbustive, le rampicanti legnose e quelle arboree, rappresentate solo dalle Palme. La loro distribuzione geografica interessa tutti i continenti, ad ogni latitudine e altitudine, a partire dai fondi marini costieri, dove si hanno estesi popolamenti di posidonie, zostere, altene, ecc., dette erroneamente Alghe, salendo fino alle più eccelse e scoscese regioni alpine, interessando progressivamente le zone umide costiere e interne, prati, boscaglie e pascoli sommitali. Non solo il numero di cotiledoni dell’embrione da caratteristica a questa classe ma anche la disposizione parallela della nervatura fogliare; l’inserzione delle foglie dentro il fusto mediante una guaina che lo avvolge; il numero di parti di cui è composto il fiore (3 o multipli di 3); l’incapacità di aumentare lo spessore del fusto; la disposizione a fasci dei vasi vascolari (vedi tab. 1). E' quasi inutile sottolineare i vantaggi ecologici, estetici ed economici offerti all'uomo e a molteplici specie di animali: le zone umide coperte di canne palustri e falaschi costituiscono un ricovero ideale per uccelli acquatici che vi vengono a nidificare; le Palme forniscono vari tipi di cibo (datteri, noci di cocco, ecc.), oltre a molti prodotti essenziali per le svariate industrie; le Monocotiledoni erbacee includono il frumento, il granturco, la canna da zucchero, il riso, il bambù, la canna regina, l'asparago, l'aglio ecc. ; tra le piante a fiori, tulipani, narcisi, giacinti, gladioli, gigli, orchidee, scille, ecc. Le dicotiledoni A questa importantissima Classe vi sono ascritte circa 160.000 specie, la cui diffusione spontanea interessa tutti i continenti. Ad essa appartengono la quasi totalità degli alberi e degli arbusti da frutto: pesco, ciliegio, melo, pero, prugno, olivo, vite, caucciù, cotone, caffè, mirto, mirtillo, ecc.; tra le erbacee abbiamo la fragola, il lampone, il pomodoro, le insalate, i radicchi, gli spinaci, ecc. I frutti assumono diverse forme e strutture: alcuni sono carnosi come il pomodoro e l’arancio, alcuni sono spinosi, altri hanno tegumenti duri (noci, ghiande, drupe), altri ancora sono aggregati di acheni, come quelli della fragola ad esempio, e di frutti multipli (ananas). In altre dicotiledoni, la forma del frutto è caratteristica di una famiglia, come avviene per i semi alati (schizocarpi) degli aceri e dei tigli. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 17 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3.3) Impollinazione e fecondazione delle piante Un ritornello di una nota canzone dice testualmente: " per fare un fiore ci vuole l'albero, per fare l’albero ci vuole un fiore ". Tale concetto non tiene certo conto che un fiore non può produrre semi che assicurano la perpetuazione della sua specie fintanto che non viene impollinato e i suoi ovuli fecondati. Per trasportare i granuli di polline dall'organo riproduttivo maschile(antera), a quello femminile (stimma) vi sono in Natura varie possibilità, come si può verificare dal quadro riassuntivo, e quando queste vengono meno, per una causa o un'altra, il fiore ricorre all’autoimpollinazione. Da un punto di vista biologico, per le piante a fiori è più vantaggioso se il polline viene trasportato dagli insetti, incrociando il volo dal fiore di una pianta ad un'altra della stessa specie: i germi prodotti dall'impollinazione incrociata tendono ad essere più robusti, più vistosi, più profumati, più variati, quindi più adatti alla vita di quelli prodotti dall'autoimpollinazione. Il quadro riassuntivo delle modalità d'impollinazione è il seguente: Tipo d'impollinazione Anemogama Idrogama Ornitogama Malacogama Chirotterogama Zoogama Entomogama Agente responsabile II vento L'acqua Gli uccelli Le lumache I pipistrelli Animali vari Gli insetti L'impollinazione entomogama dimostra indubbi vantaggi su tutte le altre, lo testimonia la grande diffusione sulla Terra di specie vegetali che si avvalgono di tale sistema, le Angiosperme, caratterizzate da una particolare organizzazione fiorale che le colloca tra le.ultime e più evolute forme vegetali che coprono il nostro pianeta con la loro bellezza, quali magnolie, mandorli, ciliegi, biancospini, rose, ecc., oppure piante erbacee, come tulipani, gigli, orchidee, margherite, campanule, viole, papaveri, ecc. Nel trattare questo argomento, C. Darwin ha lasciato scritto: " se gli insetti non si fossero sviluppati sulle Terra, le piante produrrebbero solo fiori insignificanti come quegli degli abeti, dei pini, dei cipressi e delle querce, oppure come quelli delle ortiche, delle graminacee, ecc, che vengono fertilizzati dal vento ". Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 18 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3.4) Ecologia e il mondo degli insetti Lo studio degli insetti è compito dell'entomologia, disciplina che si è rivelata un supporto indispensabile in numerosi campi della ricerca "biologica, e soprattutto oggi, che sono stati evidenziati gli stretti rapporti che esistono tra gli insetti e l'ecologia. Gli insetti costituiscono un mondo magico, la cui esplorazione è ben lungi dall'essere esaurita. Questa importante classe zoologica annovera a tuttoggi circa un milione di specie e un'infinità di varietà che, per i vantaggi e le offerte che recano direttamente e indirettamente all'uomo, non trovano raffronto con nessuna altra classe del regno animale. La loro ecologia Nel dominio aerobio gli insetti si insediano negli ambienti più disparati, dalle vette più alte dei monti ai litorali marini, dalle torride zone equatoriali e desertiche alle terre subglaciali, invadendo ogni angolo della superficie terrestre. Questi piccoli esseri si infiltrano anche nel sottosuolo con una larga rappresentanza di specie e varietà, sfruttando oltremodo lo spazio occupato dalle forme vegetali, vivendo sulle foglie, sulla corteccia, dentro i tronchi, nelle radici, in ogni organo vegetale. Inoltre, gli insetti si trovano a loro agio negli organi animali, nelle sostanze putrefascenti delle carogne di animali morti, nei rifiuti organici, ecc. Questa capacità di adattamento consente loro di sopravvivere in luoghi dove altri organismi muoiono, e di mangiare ciò che gli altri rifiutano; nel caso poi che l'ambiente sia favorevole, essi manifestano la loro prolificità in un modo sorprendente. La loro utilità Si può intuire come gli insetti, nel loro insieme, costituiscono una massa biologica fondamentale nell'equilibrio della natura, basti solo pensare all'opera compiuta dagli insetti "necrofori", che in breve tempo fanno sparire le carcasse degli animali morti, che altrimenti resterebbero a putrefare spandendo odori nauseanti e veicolando ad altri animali possibili infezioni. Numerose specie d'insetti collaborano con funghi, muffe, vermi, acari e batteri nella demolizione della lettiera che si accumula nei boschi, soprattutto nel periodo autunnale, quando le latifoglie spoglianti perdono contemporaneamente le foglie, liberando sostanze chimiche che possono essere di nuovo utilizzate dalle piante del bosco. Per non parlare poi dell'importanza degli insetti impollinatori (pronubi) , che volando da un fiore all'altro provvedono alla fecondazione incrociata dei fiori, assicurando l'allegagione e il relativo prodotto, Come non ricordare anche gli insetti ausiliari, specie che aggrediscono e distruggono insetti dannosi alle coltivazioni orticole e alle piante a fiori coltivate nei giardini. In questa lotta biologica occupano un posto di rilievo le coccinelle (foto sopra), divoratrici accanite di afidi (pidocchi delle piante) sia allo stato adulto che larvale. A queste vanno aggiunte le iridescenti crisope, che operano la sera e la notte: si calcola che ogni crisopa (foto a lato) riesca ad uccidere più di un centinaio di afidi al giorno. In conclusione, è dunque per mezzo di continui rapporti reciproci che la vita vegetale si collega al mondo degli insetti, e se dovesse mancare la loro opera l'aspetto della flora terrestre sarebbe meno poetico e invitante. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 19 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3.5) Funghi e insetti La maggior parte delle specie vegetali esistenti intreccia stretti rapporti con gli insetti, ma spesso queste " relazioni " non sono vantaggiose né per le piante né per l'uomo, che ha visto spesso le sue coltivazioni aggredite e distrutte dagli insetti (locuste, dorifere, ecc.), e splendidi "boschi di Conifere e di Latifoglie completamente defogliati da processionarie e limantridi. Per non contare la miriade di altri insetti che parassitano piante da fiore e da frutto, costringendo i coltivatori ad utilizzare pericolosi fitofarmaci che, immancabilmente, avvelenano le falde acquifere compromettendo la salute della gente. Ma in natura, non mancano esempi in cui a farne le spese sono proprio gli insetti, dei quali ne citeremo solo due: le piante insettivore e un fungo che parassita coleotteri, farfalle, e le loro larve. Le piante con attitudini carnivore sono circa 400, il fungo appartiene al genere Cordyceps, al quale sono ascritte un centinaio di specie, tutte parassite o quasi di insetti. La specie più anticamente nota per l'Europa è Cordyceps militaris, frequente su coleotteri, su farfalle e su tutte le loro larve. La riproduzione del fungo avviene con queste modalità: quando il corpo fruttifero di questo fungo e giunto a maturazione, i suoi organi riproduttori (ascospore) vengono proiettati all'esterno; se cascano su l'insetto adatto o sulla larva iniziano subito la loro germinazione, e con una sottilissima ifa perforano il duro dermascheletro dell'ospite. Una volta attraversata la corazza chitinosa I’ifa si allarga, ramifica abbondantemente e invade i vari tessuti dell'ospite: ben presto questo muore, ma rimane conservato solo nel suo dermascheletro esterno, mentre internamente esiste solo un fitto ammasso di ife. 3.6) Le piante insettivore Sono in tutto 400 specie, la cui distribuzione geografica comprende gran parte delle regioni di tutto il mondo. Queste speciali piante autotrofe colonizzano "nicchie ecologiche" poverissime di azoto, quali torbiere, paludi, lande, brughiere, ecc, . Nella flora spontanea italiana si ha la presenza di quindici specie, riunite in quattro generi: Drosera, Pinguicola, Aldrovanda e Utricularia, presenti anche nella nostra regione. Ma perché queste piante catturano gli insetti? Tra gli elementi indispensabili alla vita delle piante, oltre ai cosiddetti biogeni o macronutritivi, c'è anche l'azoto, essenziale per la preparazione delle proteine. Le piante, pur utilizzando una parte dell'azoto presente nell'atmosfera, hanno bisogno di quello disponibile nel terreno, perchè facilmente assimilabile in quanto presente sotto forma di sali derivati dalla decomposizione di sostanze animali e vegetali che compongono l'humus. Le piante insettivore, tuttavia, vivono in ambienti poveri, o addirittura privi di azoto, perché la mancanza di ossigeno determina una incompleta demolizione delle sostanze biologiche presenti, ciò avviene per mezzo dei batteri. Le piante insettivore compensano le carenze nutritive con un complemento di sostanze carnee, e le vittime prescelte sono gli insetti. E’ un adattamento che consente loro di affermarsi in ambienti dove nessun' altra pianta vascolare potrebbe sopravvivere. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 20 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3.7) Influenza del clima sulla vita delle piante In botanica i fattori più interessanti del clima sono quelli che si riferiscono alla presenza di umidità, sia nel suolo che nell'aria, alla temperatura e alla luce. L'esperienza quotidiana c’è lo insegna: bisogna annaffiare le piante e tenerle alla luce perché queste crescano, ed esse muoiono se fa troppo freddo o troppo caldo. Questo vale tanto per i batteri che per gli alberi più maestosi. La luce è un fattore climatico la cui funzione è estremamente variabile a seconda delle piante, che non hanno tutte le medesime esigenze di luminosità: ve ne sono molte che non possono vivere che nei sottoboschi fitti, quasi nell'oscurità “ombrofile“, altre che ricercano i luoghi soleggiati “eliofile”, altre ancora che sono una via di mezzo “mesofile”. Anche la durata relativa del giorno e della notte influisce sullo sviluppo delle piante: vi sono specie che per svilupparsi hanno bisogno da 12 a 14 ore di luce “piante longidiurne”, come il frumento, la segale, l'avena, la lenticchia, il pisello, ecc., mentre altre sono “brevidiurne”, come il tabacco ed il mais; poi vi sono anche le “indifferenti”, come ad esempio il riso. Altri fattori climatici, come la neve, il vento, la grandine, i fulmini, le brinate, hanno influenze diverse e sovente accidentali. La neve è una forma di precipitazione che nelle zone montagnose si presenta, generalmente, con forti precipitazioni, preserva il terreno e la piccola flora contro il freddo; il fulmine fa incendiare le foreste asciutte ed ogni anno migliaia di ettari di vegetazione scompaiono fra le fiamme; le brinate tardive, se si producono quando i semi germinano o i fiori sono in antesi, possono compromettere seriamente le future piante e recare danno alla frutticoltura, ecc. Come si vede tutte queste azioni climatiche sono complesse, la loro influenza è ben lungi dall'essere pienamente compresa, anche perché essa viene esagerata o compensata dalle reazioni delle piante sull'ambiente stesso, senza contare l'influenza dell'uomo nelle regioni coltivate . 4.0 ) Nome e cognome delle piante Nell'antichità la botanica costituiva un ramo della medicina, e le piante erano studiate e classificate in funzione delle loro proprietà terapeutiche. Bisognava dare loro un nome breve e appropriato e descrivere le principali caratteristiche: lo scopo era di fornire "parole immagini" che aiutavano altre persone al riconoscimento delle, piante stesse. I loro nomi erano invariabilmente lunghissimi ma giustificabili, se non altro perché descrivere gli eventuali colori, profumi, o solo delle forme di una pianta economizzando sulle parole, parve ai botanici un compito troppo improbo per un comune mortale. Tuttavia, i mostri sacri esistevano anche nei tempi antichi, e forse più di oggi: Aristotele (384-322 a.C.) aveva scritto un trattato sulle piante andato perduto; Teofrasto (372-287 a.C.) , nella sua "Storia delle piante", classifica i vegetali in alberi, arbusti, cespugli e erbe; Dioscoride (I° secolo d.C.) , nel suo trattato in lingua greca "Sulla Scienza Medica", suddivide le piante in aromatiche, medicinali, alimentari, e velenose; Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) , nella sua “Naturalis Historia” riassume le conoscenze dell'epoca anche sul mondo delle piante. Nel Medio Evo, la botanica si è limitata essenzialmente allo studio di queste opere antiche: per conoscere un fiore non si andava a coglierlo nei prati o nei campi, ma se ne cercava la descrizione nei testi degli autori greci o latini. Nel XVI secolo la botanica assume una nuova importanza, grazie a eminenti studiosi e alle loro pubblicazioni: sorgono i primi giardini botanici; a Pisa (1544) (vedi logo), a Padova (1546), a Bologna (1548), a Montbéliard (1578) a Montpellier (1597), a Parigi (1626). la tecnica degli erbari, ossia delle collezioni di erbe essiccate, è stata impiegata per la prima volta in Italia. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 21 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 4.1) La nomenclatura binomia II XVII secolo è contrassegnato dalle opere dello svedese Carlo Linneo (1707 - 1778), a conferma dell'eccezionale talento in botanica sistematica di questo autore. In diverse sue pubblicazioni, Linneo semplifica e razionalizza la sistematica sia vegetale che animale, prima fondata su descrizioni lunghissime e di necessità imprecise, introducendo i principi della nomenclatura latina binomia come regola tassonomica. Ogni specie, precisa lo scienziato, è designata da due termini: il primo, quello del genere, comune a tutte le specie vicine - il secondo, proprio della specie considerata. Linneo si poneva due obiettivi principali: dare un nome distintivo a ciascun genere, e un nome, il più accuratamente descrittivo alla specie. Per il primo, Linneo intese onorare il Pantheon della Grecia e di Roma, i grandi eroi del passato, varie figure mitologiche, e infine i suoi amici e colleghi botanici; con il nome della specie intendeva invece descrivere le caratteristiche più salienti della pianta. Ecco alcuni esempi: officinale (letteralmente della bottega, ossia il tipo di erba che il farmacista ha in magazzino); sylvestris (della selva, cioè del bosco); pratensis (del prato); ligulatus (a forma di lingua), ecc. Insomma, quei settecento termini e passa del latino botanico, che vanno da abbreeviatus (accorciato) a zeyland (Ceylon), fanno della botanica una cosa internazionale come la musica e la medicina, contribuiscono a una maggiore chiarezza della materia e rendono il lavoro di raccolta e di determinazione assai più piacevole. Ecco un esempio: GENERE Plantago epiteto specie maritima Autore Linneo Eventuale Subspecie serpentina Autore (All.) Arcang. 4.2) La vegetazione naturale potenziale In tempi ormai lontani l'Italia era una terra coperta di estesi boschi secolari, celebri per Etruschi, Romani e altri popoli italici, ma non solo per la prodigiosa grandezza delle piante arboree, ma anche perché i boschi erano ritenuti "luoghi particolari" di miti e di leggende, dimora ora di spaventosi mostri, ora di misteriose divinità benefiche. Attraverso i millenni, l'uomo ha ridotto la loro estensione per fare spazio alle coltivazioni, alle città, alle industrie, ai pascoli, ecc., tanto da ridurre il manto boschivo al 25 % della superficie pregressa. All'azione modificatrice dell'uomo, si sono sovrapposte variazioni climatiche, idrogeologiche, frane, erosioni, introduzione di specie esotiche, ecc., così che i consorzi boschivi relittuali, già di per se relegati nelle zone più impervie e poco produttive, soggetti a tagli più frequenti del dovuto, a periodici incendi e a pascolo eccessivo, hanno forse perduto per sempre la loro originaria struttura e composizione in specie vegetali, per cui diventa arduo quantificare gli effetti negativi dell'attività antropica nel tempo, oltre alla teorica ricostruzione del paesaggio originario di un territorio senza dover fare ricorso allo studio della vegetazione naturale potenziale. Quanto sopra esposto introduce un principio da tenere ben presente, se si vuole capire, almeno a grandi linee, l'evoluzione dinamica dei raggruppamenti vegetali attuali, specie in aree geografiche dove l'uomo è presente fin dalla più remota antichità, come nella vasta provincia di Pisa. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 22 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai A tale scopo i botanici hanno stabilito una serie teorica di "piani" altitudinali, divisi in orizzonti e sub-orizzonti, che si succedono l'uno all'altro spostandoci dal mare fino alle regioni alpine, in quanto salendo di quota il clima si fa via via sempre più freddo, e quindi si ha una progressiva sostituzione di specie vegetali con altre più adatte alle mutate condizioni climatiche. Anche quando ci si sposta da sud verso nord succede quasi la stessa cosa, in realtà esistono delle variazioni fra le due situazioni: è vero che in montagna, salendo, la temperatura diminuisce, ma sia la radiazione solare che la piovosità aumentano; in ogni caso esiste un certo parallelismo tra le variazioni della vegetazione sia in senso altitudinale che in latitudine. 4.3) Bosco e Foresta sono sinonimi ? Per quanto possa sembrare strano, bosco e foresta non sono sinonimi, anche se in tutti i canali dell'informazione corrono paralleli come due fratellini gemelli, l'etimologia di questi due termini, deriva dalle radici germaniche, "busch" e "first", introdotti in Toscana dai Longobardi durante il loro dominio. Il primo indica vegetazione bassa e densa, quasi impenetrabile, costituita più di piante cespugliose che di alberi, l'altro, secondo l'interpretazione in auge nella Francia carolingia e nelI’Inghilterra normanna, allude ai luoghi di caccia esclusivi dei re e delle loro corti, "foris" cioè da ingerenze d'altra sorte e lontani da comunità di una certa consistenza per evitare di essere sfruttate o di appropriarsi degli animali. In verità, sulla loro distinzione non sono d'accordo neppure gli studiosi, alcuni ritengono che il termine bosco dovrebbe indicare solo quelle formazioni arboree soggette alla continua opera dell'uomo, mentre il termine foresta si dovrebbe applicare ad estese formazioni composte di alberi appartenenti a generi diversi, dove lo strato arboreo si presenta pluristratifìcato. Anche se esistono delle affinità, i due termini indicano consorzi di vegetazione sostanzialmente diversi, i quali imprimono al paesaggio un proprio carattere distintivo. 4.4 Gli alberi che danno il nome ai boschi italiani I consorzi boschivi della vegetazione forestale del nostro paese, per antica consuetudine prendono il nome dalle specie dominanti, cioè quelle che all'interno delle rispettive comunità vantano una maggiore presenza di individui maturi rispetto alle altre. Tali specie sono ecologicamente considerate un punto di riferimento essenziale per seguire lo sviluppo degli aggruppamenti vegetali in senso altitudinale, e perciò meritevoli di essere studiate per poterle riconoscere. II quadro che qui presentiamo segue tali principi. I gruppi di appartenenza delle specie dominanti sono riportati nell'ordine seguente: • Aghifoglie o Conifere delle regioni alpine, montane e mediterranee; • Latifoglie spoglianti o decidue ; • Latifoglie sempreverdi della regione mediterranea Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 23 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai BOSCHI DI CONIFERE : ALPINE • • • Pecceta: specie dominante, Peccio o Abete rosso (Picea abies) Cembreta: specie dominante, Cembro (Pinus cembra) Lariceto: specie dominante, Larice (Larix decidua) BOSCHI DI CONIFERE: MONTANE • • Pineta a Pino nero: specie dominante, Pino nero (Pinus nigra) Abetina a Duglasia: specie dominante, Duglasia (Pseudotsuga menziensii) BOSCHI DI CONIFERE: MEDITERRANEE • • • Pineta a Pino domestico: specie dominante, Pino.domestico (Pinus pinea) Pineta a Pino marittimo: specie dominante, Pino marittimo (Pinus pinaster) Pineta a Pino d’Aleppo : specie dominante ,Pino d’ Aleppo (Pinus halepensis) BOSCHI DI LATIFOGLIE: SPOGLIANTI La Faggeta ad Abete bianco rappresenta la vegetazione finale della fascia subatlantica inferiore (800-1000 m di altitudine) in ambiente suboceanico, ma con precipitazioni non molto elevate, situazione climatica tipica dell’Appennino settentrionale. Si tratta quindi dell’anello di congiunzione di due fasce. • • • • • • • • Faggeta: specie dominante, Faggio (Fagus sylvatica) Cerreta: specie dominante, Cerro (Quercus cerris) Castagneto: specie dominante, Castagno (Castanea sativa) Carpineto: specie dominante, Carpino bianco (Carpinus betulus) Ostrieto: specie dominante, Carpino nero (Ostrya carpinifolia) Ontaneto: specie dominante, Ontano comune (Alnus glutinosa) Querceto a Roverella: specie dominante, Roverella (Quercus pubescens) Querceto a Rovere: specie dominante Rovere (Quercus petraea) BOSCHI DI LATIFOGLIE: SEMPREVERDI • • Lecceta: specie dominante, Leccio (Quercus ilex) Sughereta: specie dominante, Sughera (Quercus suber) Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 24 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 4.5) Le fasce di vegetazione in base all’altitudine La distribuzione in fasce altitudinali dei vari consorzi boschivi che compongono l'attuale vegetazione forestale della nostra regione, per altro ben rappresentati dalle specie arboree dominanti disposte nell'ottimo disegno, è in stretta dipendenza del clima, che in una vasta area geografica è il principale artefice sia dei popolamenti vegetali naturali e artificiali, che della loro distribuzione nei vari ambienti a loro congeniali. Per accertarsi di questa semplice verità, basta risalire il territorio dalle zone litoranee ai pascoli sommitali del nostro Appennino, e all'attento naturalista appariranno via via, salendo di quota, ambienti ben definiti sul piano vegetazionale e dall'aspetto ben differenziato. Allora, egli si renderà consapevole che i vari elementi del clima, convergendo, conferiscono ad ogni altitudine sufficientemente distaccata dalla precedente, un aspetto vegetativo e ambientale nel suo complesso caratteristico. Fascia Mediterranea Orizzonte mediterraneo delle sclerofille: include vegetazione naturale sempreverde, impianti artificiali di Conifere, vegetazione coltivata sempreverde. ♦ Pinete e pini mediterranei: Pino domestico (Pinus pinea), marittimo (Pinus pinaster) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis); zone litoranee e sub-litoranee, spesso influenzate da falda acquifera superficiale; zone interne di media e alta collina, degradate da frequenti incendi, oltre alle zone serpentinose,in cui le pinete a pino marittimo hanno recuperato al paesaggio ambienti ofiolitici di grande interesse scientifico; vegetazione coltivata rappresentata da floridi oliveti il meno possibile soggetti alle gelate invernali, spesso delimitati da file di cipressi svettanti verso il cielo. ♦ Particelle boscate, più o meno estese, a dominanza del Leccio (Quecus ilex) con Sughera scarsa o assente, consociato con Corbezzolo, Fillirea, Alaterno, Viburno tino, Lentisco, Erica da ciocco, ecc.; zone costiere, sublitoranee, pedecollinari e collinari a substrato calcareo e in condizioni termiche estremamente favorevoli. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 25 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai ♦ Vegetazione arbustiva sempreverde a scarsa presenza di alberi “Macchia mediterranea” , con Cisto rosso e marittimo, Ginepro comune e oxicedro, Erica da ciocco e scoparia, Ginestra odorosa, Mirto, Palma nana ecc.; zone costiere aride e pietrose, dove questa forma di vegetazione rappresenta la degradazione della Lecceta. Quando le cause che l’hanno determinata scompaiono definitivamente, il processo di degradazione può mutarsi in un processo di “evoluzione” e dar vita ad un tipo di vegetazione che prende il nome di FORTETO. ♦ Lembi di vegetazione a cespugli sempreverdi bassi e discontinui “Gariga”, che segna la seconda fase del degrado della Lecceta; la composizione della vegetazione varia in funzione del substrato in cui si è sviluppata; se deriva da rocce silicee, la Gariga è caratterizzata dalla presenza di Elicriso o Cisto marittimo, se da rocce carbonatiche, da Erica da scope, Spigo, Salvia, Euforbie, ecc; zone costiere rocciose. ♦ Vegetazione coltivata sempreverde, rappresentata da floridi oliveti il meno possibile soggetti alle gelate invernali; zona di bassa, medio-alta collina. Fascia submediterranea dei querceti caducifogli Nella provincia pisana si estende dalle zone costiere fino a quelle di alta collina e include vegetazione potenziale a foglia caduca, che può essere ridotta ai seguenti consorzi principali: 1. querceti misti a dominanza della Roverella,con altre specie di Querce (per lo .più ibridi), Carpino nero, Orniello, Ciavardello, Olmo campestre, Sorbo comune, eco.; in tali consorzi il Leccio, che ha esigenze ecologiche simili, vi penetra e si afferma, accompagnato come sempre da elementi mediterranei sempreverdi (Alaterno, Fillirea, Viburno , ecc.); 2. boschi di Carpino nero e Orniello: vegetazione secondaria che occupa i versanti più freschi e le forre; trae origine dalla involuzione dei querceti misti, percorsi da ripetuti incendi che favoriscono l'espansione delle specie legnose più rustiche, come lo sono il Carpino e l'Orniello, specie a spiccate doti di colonizzazione e rapida diffusione che danno vita sia a boschi puri (Ostryeti) che misti (Orno-Ostryetum) ; bosco misto a Carpino nero e Orniello. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 26 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 3. boschi ripariali di fondovalle: vegetazione igrofila che si sviluppa lungo i corsi d'acqua della piana. Tra le specie caratteristiche troviamo il Pioppo bianco e quello nero, il Salice rosso e il cinereo, il Salice da vimini, oltre a numerosi ibridi di questo genere che costituiscono un vero rompicapo per un appassionato di botanica. 4. Aggruppamenti litoranei a essenze caducifoglie: vegetazione a temperamento igrofilo e palustre, spontanea nelle zone costiere a falda freatica elevata e in quelle dove si ha ristagno delle acque meteoriche e fluviali. Specie caratteristiche sono: Farnia (foto a sinistra), Ontano, Carpino bianco, Pioppo bianco e nero, Nocciolo, Frangula, ecc.; nelle zone ad acqua stagnante, la componente vegetazionale è data in gran parte dalla Cannuccia palustre, il Giaggiolo acquatico, le Tife, il Coltellaccio, la Salcerella (foto a destra), le Carici, i Giunchi, eco. Tali consorzi di vegetazione sono riconducibili alla Silva pisana degli antichi Romani, che si estendeva da Castiglioncello fino a Luni, antica città etrusca che ha dato il nome alla Lunigiana. Fascia submontana La fascia submontana si estende in Toscana dalle zone di alta collina alle zone di bassa montagna, occupando di fatto un settore altimetrico che va da 550 a circa 900 m di quota, che segna il limite altitudinale con la fascia montana, regno incontrastato del Faggio (Fagus sylvatica) (foto a destra). Risulta caratterizzata da una molteplicità di ambienti fortemente diversificati dal punto di vista edafico e morfologico, generalmente anche aperti alle correnti umide provenienti sia dall'Atlantico che dal Tirreno, fattori che favoriscono lo sviluppo di cenosi arboree a latifoglie spoglianti (Querceti misti, boschi a Carpino e Orniello, Cerrete mesofile, lembi di Faggeta). Come già ricordato, nel corso dei secoli la vegetazione boschiva ha subito forti regressioni per far posto alle coltivazioni dell'uomo, teso a soddisfare le sue molteplici esigenze. Quei pochi boschi rimasti preservati dalla scure, relegati nelle zone più acclivi, sfruttati intensamente, percorsi spesso da incendi, persero ben presto l'assetto fisionomico e di composizione originario. Fra le varie coltivazioni, ci soffermeremo un attimo su quelle del Castagno da frutto, che hanno significato molto per le tante generazioni vissute all'ombra di questa poderosa latifoglia decidua, nei momenti in cui le castagne costituivano l'unica risorsa alimentare e alle quali sono associate tante tradizioni. Come storia insegna, l'imperativo dominante le società costruite dall’uomo è il mutamento, e infatti, dal tardo medioevo al 1850, le coltivazioni del castagno da frutto subirono un declino inarrestabile: quelle ubicate nelle zone scomode da raggiungere vennero abbandonate e in seguito trasformate in cedui per paleria agricola, le altre furono sostituite da impianti artificiali a Pino marittimo, destinati alla resinazione. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 27 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai La scomparsa dalla provincia di Pisa dei pochi castagneti, scrive Giordano E.(1953), è imputabile alla antropizzazione dei Monti Pisani e alle Cerbaie, dove da tempo si è sviluppata la coltura del Pino marittimo. Tornando alla fascia submontana in esame, è noto da tempo presso gli studiosi che questa parte altitudinale si configura area transizionale fra le latifoglie eliofile del piano basale e le latifoglie sciafile (ombrofile) del piano montano. Al limite superiore si ha transizione fra la Faggeta termofila (foto a lato) dell'orizzonte montano e la Cerreta mesofila submontana, le quali finiscono di compenetrarsi a vicenda, dando vita a frange boscate ad elevata biodiversità vegetale per la compresenza di specie forestali appartenenti a orizzonti separati dal punto di vista climatico. Fascia montana La fascia montana, relativa alla vegetazione potenziale della Toscana, ha inizio da 900 m di quota e si estende fino ai limiti dei piani cacuminali (culminali). Viene suddivisa in due settori altimetrici (orizzonti), il montano inferiore, che da 900 va fino a 1450, il montano superiore, che da 1450 m giunge fino a 1650/1700 di altitudine, che segna il limite della vegetazione arborea caducifoglia. Nei diversi ambiti che caratterizzano l'intera fascia montana, la vegetazione naturale è dominata dal Faggio, specie forestale che ha grandi capacità di dar vita ad estese formazioni boschive (faggete), nelle quali assume il dominio quasi assoluto. Il Faggio esige un clima di tipo atlantico cioè a temperature livellate, frequenza di nebbie, incidenza di venti umidi, però teme molto le gelate primaverili. In epoche lontane, il Faggio conviveva con l'Abete bianco (foto a lato) e altre latifoglie decidue (Tiglio nostrale, Acero riccio, Frassino maggiore, Carpino, Olmo, ecc.). Spostandosi verso il settore culminale, le Faggete acquistano in purezza ma perdono in biodiversità, poiché il sottobosco delle Faggete pure è assai più povero in specie erbacee e arbustive. Nelle zone cacuminali, dove dominano i venti gelidi e siccitosi, le basse temperature, ed il periodo vegetativo si fa troppo breve, non si hanno più le condizioni adatte allo sviluppo delle specie arboree a foglia caduca, ciò nonostante, il Faggio riesce a sopravvivere anche se sottoforma di un piccolo e contorto arbusto, confuso al limitare dei vaccineti e delle praterie sommitali. Ad un attento esame della vegetazione attuale della fascia in esame, appare evidente che oggi è assai al di sotto delle potenzialità, inoltre il paesaggio vegetale rivela un elevato grado di antropizzazione, riconducibile anche alla sostituzione di varie faggete con impianti artificiali di conifere, Abetine di Abete bianco, Douglasia, (specie americana a rapido accrescimento) e frange boschive a Pino nero. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 28 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 4.6) Un classico esempio di ecosistema bosco Tra i numerosi ecosistemi forestali che compongono il paesaggio vegetale italiano, quelli che si sono rivelati più confacenti ad un approccio positivo e funzionale ai temi ecologici da svolgere, sono senza dubbio i Querceti misti, boschi ad elevata socialità, quindi ricchi in biodiversità vegetale, e di conseguenza anche di specie animali che questa comporta. Studiare una comunità nel contesto di un ecosistema bosco richiede la perfetta conoscenza dei caratteri fisici dell'ambiente in cui essa vive (BIOTOPO), oltre alle popolazioni vegetali e animali che compongono la comunità (BIOCENOSI). I primi passi logici da compiere sono i seguenti: 1) che specie vegetale è questa ? in questo modo viene definita la "flora", cioè l'insieme delle specie vegetali che formano il bosco; 2) che organismo animale è questo ? in questo modo viene definita la "fauna", cioè tutte le specie di animali che vivono in rapporto al bosco. Combinando i due tipi di analisi si arriva a definire quali organismi viventi, vegetali e animali, sono presenti e quale sia l'incidenza di ciascuno di essi: si giunge così al concetto di "biocenosi", cioè di una comunità di piante e animali che vivono in stretto rapporto mutualistico. Come abbiamo già accennato, altro passo importante è lo studio delle caratteristiche climatiche, morfologiche idrologiche e della natura del suolo dell'area occupata dalla comunità, che per altro viene costantemente influenzata da un insieme di fattori abiotici e biotici. Così facendo si arriva al concetto di biotopo e, tirando le somme, si arriva alla conclusione che BIOTOPO + BIOCENOSI = ECOSISTEMA. I diversi strati del bosco La vegetazione in un bosco non è distribuita caoticamente: le varie specie che la compongono rispondono a svariati criteri coordinazione nello spazio e nel tempo, combinazione di specie a differenti esigenze di luce, di umidità e di temperatura, integrazione delle forme. Tenendo conto dell'altezza delle piante, dall'alto al basso, vi si può distinguere: 1) 2) 3) 4) 5) lo strato arboreo, che riceve direttamente la luce e il calore solare; lo strato arbustivo, che comprende arbusti e alberi allo stato giovanile; lo strato erbaceo alto, costituito in prevalenza da Palei; lo strato erbaceo basso; lo strato delle crittogame, nel quale Muschi, Licheni e Funghi formano spesso un mosaico con la lettiera. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 29 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 4.7) II clima interno di un bosco di Latifoglie All'interno di un bosco a dominanza di latifoglie spoglianti, si riscontra un particolare microclima che trae origine dalle modificazioni che subisce la luce penetrando tra le fronde degli alberi. Mentre in un bosco di conifere, ad esempio, la luce viene fortemente indebolita ma poco modificata sotto l'aspetto qualitativo, nei boschi caducifogli la luce subisce un forte assorbimento selettivo, che tra le altre cose le dona anche una caratteristica tinta gialloverde. A seconda della quantità di fogliame che gli alberi possiedono, l'intensità luminosa cambia molto nel corso delle stagioni, che in alcuni casi scende al 2% dell'illuminazione che riceve un terreno scoperto. Durante il giorno, le chiome degli alberi provvisti di foglie sono le zone più calde del bosco, mentre di notte la temperatura si mantiene abbastanza uniforme, salvo un leggero vantaggio a favore del suolo e dello strato d'aria compreso fino a due metri di altezza. Quando in autunno gli alberi perdono le foglie,i fenomeni di inversione scompaiono quasi del tutto e il massimo della temperatura si registra vicino al suolo. L'umidità relativa raggiunge il massimo livello durante la notte, mantenendosi costante anche quando piove, poiché le chiome degli alberi intercettano una buona parte della precipitazione: oltre i due terzi delle piogge deboli, e oltre un quinto di quelle a carattere temporalesco. In un bosco di questo tipo, la fauna gode i vantaggi che derivano da un clima più temperato di quello che esiste all'aria aperta, una umidità media più alta, con movimenti dell'aria molto attenuati, una illuminazione ridotta nel periodo estivo, una luce ricca di raggi rossi e infrarossi e povera di raggi giallo-verdi. Tuttavia, nell'ambito del bosco esistono variazioni abbastanza grandi di temperatura e di umidità, da porre in relazione alla densità fogliare degli alberi, e dall'altezza delle loro chiome rispetto al suolo. 4.8) II risveglio del bosco La ruota delle stagioni apporta notevoli cambiamenti in tutti gli ecosistemi forestali, in particolare nei boschi a dominanza di latifoglie spoglianti (Faggio, Castagno, Querce, ecc.), specie arboree che durante l'anno alternano un periodo di vita vegetativa (primavera estate) e un periodo di "letargo" (autunno inverno), in cui gli alberi riescono a superare i freddi mesi invernali. Questa sequenza annua ha una influenza notevole sulla vita dei vegetali e degli animali che fanno parte della biocenosi, i quali si sono adeguati al ritmo di vita delle latifoglie, l'arrivo dell'inverno trova tassi, marmotte, pipistrelli, rettili, rospi, raganelle, ecc., bene al riparo e immersi in un sonno profondo, le latifoglie rimangono spoglie fino alla primavera, ma hanno fatto in modo che nessun tessuto delicato resti esposto ai gelidi venti invernali. Quando la primavera risveglia il bosco, ecco arrivare il tordo, mentre i crochi spuntano dal suolo con le prime tiepidi piogge. Gli organismi viventi, isolati e rinchiusi, non tardano a uscire all'aperto. Il Sole risveglia il seme nel suo involucro, la chiocciola nel suo guscio, le gemme degli alberi nella loro guaina protettiva: il bosco brulica di esseri in movimento, protesi verso la vita che giunge dalla benefica luce del Sole. La vita nuova arriva sotto forma di gemme e di larve, di semi e di uova, mentre sullo stesso terreno vi sono ancora gusci aperti di vecchi baccelli, corazze smesse di coleotteri, le ossa calcinate di uno scoiattolo morto, le impronte stellate di corvi e ghiandaie, uccelli volati via chissà da quanto tempo. Se riflettiamo su quante cose si possono osservare in un bosco, ci renderemo conto che esso, presenta una molteplicità di aspetti diversificati ad ogni stagione, il che ci fa capire che un bosco non è soltanto un insieme di alberi più o meno sviluppati, ma un corpo vivente che segue i dettami imposti da madre natura, nel cui ambito l’uomo può trovare una dimensione più umana. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 30 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.0 Aspetti vegetazionali del territorio pisano Note introduttive La provincia di Pisa si estende per 2448,8 Kmq su un territorio in gran parte costituito di rilievi collinari di "bassa e medio - alta elevazione altimetrica, digradanti verso le valli dove scorrono i rispettivi corsi d'acqua e i loro affluenti: a Sud il Cecina, tributario del Tirreno, a sud est l'Era, che sfocia in Arno all'altezza di Pontedera, a Est e a Nord, l'Arno stesso ed il Serchio, le due principali lame che a suo tempo, con i loro delta, diedero origine alla vasta piana di Pisa, che a Ovest si affaccia al mar Tirreno dando vita a quella splendida fascia costiera che va da Migliarino Pisano alla tenuta di Tombolo, racchiudendo nella parte centrale la tenuta di San Rossore, che si estende dalla sponda nord dell'Arno fino a quella sud del Serchio, che sfociano entrambi in mare. Dalla vasta trama collinare si ergono due modeste catene montuose: le Colline Metallifere della Val di Cecina, con la loro "Aia dei Diavoli" che si eleva fino a 867 m slm e rappresenta la cima più alta dell'intero settore meridionale; a nord i leggendari Monti Pisani, citati da Dante come quelli per cui " i Pisan veder Lucca non ponno ", che culminano nelle cime dei monti Faeta (831 m slm) e Serra (917 m). Questa catena è anche tristemente nota per la frequenza di incendi dolosi o colposi che ogni volta devastano aree più o meno ampie, favorendo in esse forme di vegetazione che indicano decadimento del paesaggio in senso biologico e umano. Il territorio pisano confina con le provincie di Lucca, Firenze, Siena, Livorno e Grosseto: dal lato amministrativo è suddivisa in 39 comuni, di cui 10 di pianura, 13 di piano-colle, 14 di collina, e 2 di colle-monte (vedi zonizzazione altimetrica Istat). Se consideriamo solo l'aspetto altimetrico, si può giungere ad una errata convinzione di essere in presenza di un territorio omogeneo nel suo complesso, ma che in realtà si presenta con un quadro assai composito specialmente dal punto di vista ambientale, ricco di contrasti morfologici, accentuati dall'intrico dell'idrografia superficiale, dalla varietà dei suoli che ospitano i popolamenti vegetali naturali e coltivati, dai caratteri del clima che grava su tutta l'area, dall'azione modificatrice dell'uomo che condiziona ogni forma di paesaggio. Dal punto di vista ecologico, il territorio vanta una serie di luoghi di vita (biotopi) da considerarsi autentiche scuole a cielo aperto per i naturalisti, degni di essere esplorati per le emozioni che possono offrire al visitatore, inseriti nel sistema delle Aree Protette della provincia di Pisa, ormai noti al grande pubblico attraverso delle ottime pubblicazioni ad essi dedicate, frutto di studi e ricerche condotte per anni da emeriti studiosi. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 31 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.1 San Rossore La Tenuta di San Rossore (vedi foto satellitare a lato), all’interno del Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli si estende dalla foce dell'Arno fino a quella del Serchio, occupando di fatto una superficie di oltre cinquemila ettari, nel cui ambito sono protetti e conservati vari ambienti vitali per flora e fauna, ad iniziare dalla famosa e stupenda pineta a Pino domestico e marittimo di genesi artificiale, che inoltre costituisce un elemento di grande valore ornamentale. In altri preziosi ambienti sono presenti lembi residuali di una foresta paludosa di Ontano nero (Alnus glutinosa) che in tempi lontani si estendeva dal Promontorio di Castiglioncello ai monti di Luni, occupando tutta la pianura acquitrinosa: si tratta di lembi di vegetazione climatogena di epoche passate, conservatesi nella Regione Mediterranea in due sole località: nel Parco di San Rossore e lungo le rive del Lago di Paola nel Parco Nazionale del Circeo. Percorrendo il viale alberato a Pino domestico che attraversa la Tenuta, resta evidente che separa di fatto due distinti consorzi di vegetazione, da una parte la Macchia Mediterranea, con bassi lecci e arbusti sempreverdi ombreggiati dalle chiome di sparsi pini domestici, dall'altra il bosco mesofilo di latifoglie decidue che occupa le bassure umide interne, ed è in queste zone che si trova il bosco di San Bartolomeo nel quale possiamo ammirare quei lembi di vegetazione d'altri tempi, rappresentati da maestosi esemplari di Farnia, di Ontano nero, di Frassino comune e ossifillo, di Pioppo bianco e Carpino comune, con un sottobosco fitto di Rovi, Felci e piante lianose, tra le quali spicca la rara Periploca greca (foto a lato), detta in loco "topa", che avvolge i fusti degli alberi fino a strangolarli. Altro aspetto di rilevante interesse ecologico è dato dalla fascia sabbiosa litoranea dove nel 1822 naufragò trovandovi la morte il poeta inglese Shelley, formata dalla famosa spiaggia del Gombo e da una serie di ondulate dune di sabbia predisposte in cordoni e intervallate da depressioni spesso inondate che prendono il nome di "lame". In questo selvaggio ambiente, non più gravato dal turismo balneare, nel quale trovano nutrimento e riposo innumerevoli specie di uccelli stanziali e migratori, è quanto mai interessante seguire le serie evolutive della vegetazione "alofita e psammofila", composta di specie erbacee altamente specializzate e caratterizzate da un elevato pionierismo. Le alofite si dividono in due associazioni o cenosi che prendono il nome dalla specie dominante: il Cakileto, dal Ravastrello marittimo (foto a lato) (Cakile marittima Scop.); l’Agropireto, dalla Gramigna delle spiagge (Agropyron junceum). Queste cenosi si evolvono in funzione del prosciugamento e della diminuizione della salinità delle dune più prossime alla spiaggia. Sulle dune scoperte, o mobili che dir si voglia, s'insedia una cenosi pioniera di grandi doti colonizzatrici: l'Ammofileto, dallo Sparto pungente (Ammophila littoralis), il cui compito assegnategli da madre natura è quello di stabilizzare le dune per renderle atte a ricevere associazioni vegetali più ricche e più complesse. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 32 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.2 Monti Pisani Prendono il nome di Monti pisani un insieme di rilievi che danno vita ad una catena montuosa che incombe e precipita sulle piane alluvionali dell'Arno e del Serchio. Essa trae origine, così dicono gli esperti, da una trasgressione marina riferibile al Carnico (Triassico superiore), qualcosa come 220 milioni di anni fa. Senza alcun dubbio costituisce l'elemento più antico e caratterizzante il paesaggio pisano, ma sotto altri aspetti è anche uno dei luoghi ideali per l'osservazione diretta di peculiarità floristiche e vegetazionali sia del presente che del passato. Per entrare nel merito, basti pensare che nel I878 in una stretta e fresca vallecola sita tra Calci e Buti, venne accertata la presenza di un nucleo di pini larici, detti in loco "alici" per distinguerli dai pini marittimi. Il Pino laricio (foto a lato), con il suo disgiunto areale Corsica - Aspromonte - Sila - Etna, si ricollega alle pinete che in gran parte coprivano le montagne mediterranee durante una fase fredda del Pliocene. Sulla naturalità di questo lembo relittuale di antica vegetazione, come lo hanno confermato numerose ricerche, non vi sono più dubbi. Le pinete a Pino marittimo presenti sui Monti Pisani sono il frutto di pregressi impianti artificiali iniziati attorno al 1840/50 allo scopo di recuperare aree abbandonate e fatte sterili ad ogni coltura, di trasformare in boschi redditizi i castagneti abbandonati a se stessi, come pure le misere boscaglie di Quercia, rese quasi sterili da inconsulte ed eccessive ceduazioni; la scomparsa dei pochi castagneti nella provincia di Pisa, è imputabile ai Monti Pisani dove si è largamente estesa la coltura del Pino marittimo (Giordano 1953). II Pino marittimo è una specie atlantica con elevate doti pionieristiche, ma purtroppo è amica del fuoco (pirofila), che ne favorisce sia il rinnovo che la diffusione. Ad ogni incendio che si sviluppa in una pineta, segue l'impoverimento del terreno, sul quale alla fine riescono ad affermarsi solo specie frugali ma infiammabilissime, come il Ginestrone (Ulex europaeus) e le Eriche (Erica arborea e scoparia), anch'esse specie spiccatamente atlantiche. E' questa la ragione per cui si riscontrano forme atipiche di Macchia mediterranea e sono osservabili tutti gli stadi di degradazione della vegetazione mediterranea che ha nel Leccio la specie simbolo; passando dalla lecceta alla macchia, da questa al cespuglieto basso o gariga, fino alla steppa a graminacee. Può sembrare un paradosso, ma dagli incendi delle pinete ne traggono vantaggio le geofite bulbose e rizomatose, con il loro apparato radicale che affonda nel terreno e ne consente la sopravvivenza. Quindi, nello spettro biologico si ha una consistenza maggiore di tali specie, e ben lo sanno i “cacciatori” di orchidee che fanno parte del GIROS Sezione Tyrrena, che dopo anni di ricerca sul campo hanno accertato la presenza sui Monti Pisani di ben 37 specie, 10 ibridi intragenerici e 4 ibridi intergenerici. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 33 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.3 Complesso Forestale "Santa Luce" Le formazioni boschive nel cui insieme costituiscono il Complesso Forestale "Santa Luce", uno tra i più interessanti della provincia di Pisa, occupano complessivamente una superficie di circa 1600 ettari, di cui 1380 ricadenti nel Comune omonimo e 220 nel Comune di Chianni. Sotto l'egida della Regione Toscana e con il patrocinio del Comune di Santa Luce, nel 1995, con il fine primario valorizzare un ambiente naturale degno di essere conosciuto, il Complesso Forestale è stato oggetto di una esauriente pubblicazione realizzata con il contributo di diversi esperti. La pubblicazione pone in evidenza le principali caratteristiche geomorfologiche, idrologiche e climatiche del territorio oggetto di studio, infine passa ad illustrare i vari tipi di bosco, i loro caratteri ecologici e la loro composizione in specie vegetali. Questi sono stati così ripartiti: • Boschi termofili misti di latifoglie sclerofille • Boschi termofili misti di Cerro e Leccio • Boschi mesotermofili misti di Cerro e Carpino nero • Boschi mesotermofili di Cerro = cerreta • Boschi mesofili misti di Cerro e Carpino nero • Boschi mesofili di Cerro = cerreta • Formazioni mesoigrofile di Latifoglie decidue • Soprassuoli artificiali di Pini marittimo. Dalle formazioni boschive citate , risulta evidente che il Complesso Forestale si colloca in un'area fitoclimatica compresa fra l'orizzonte superiore delle sclerofille sempreverdi, rappresentate dal Leccio, specie simbolo della vegetazione mediterranea, e l'orizzonte inferiore dei querceti caducifogli, rappresentati da Roverella, Cerro, Carpino nero, ecc., specie arboree dominanti della vegetazione submediterranea. Dal punto di vista biologico quindi,nelle zone transizionali fra tipi di vegetazione a diversa ecologia si registra una maggiore ricchezza in biodiverisità, in quanto varie specie riescono ad affermarsi in altre formazioni che non è la loro, come il Leccio che penetra nei querceti, e allo stesso modo la Roverella penetra nel forteto e nella macchia mediterranea. La biodiversità è data dall'assieme delle specie vegetali, delle specie animali, degli organismi saprofiti, come funghi e batteri: in altre parole, per queste ragioni il Complesso Forestale “Santa Luce", deve essere considerato un ecosistema complesso, quindi meritevole di essere conosciuto e conservato per le nuove generazioni. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 34 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.4 Cerbaie: aspetti ecologici e vegetazionali Con il nome di Cerbaie (spazio da cervi) si indica un particolare terrazzamento di origine sedimentaria che di fatto divide il Padule di Bientina da quello di Fucecchio. Dal punto di vista morfologico si presenta come una trama di basse colline ondulate, da cui emerge la cima del Montefalcone, che si impone al paesaggio con i suoi 115 metri di altitudine. La copertura vegetale di questo particolare ambiente è in gran parte assicurata da pinete a Pino marittimo, alle quali si alternano sparsamente consorzi di latifoglie decidue, in parte a carattere mesofilo la cui composizione in specie vegetali si richiama ad un tipo climatogeno di epoche passate, in parte a carattere termofilo in cui si ha la presenza di elementi della macchia mediterranea. Inoltre, sono stati da tempo segnalati consorzi di Phragmites australis, di Carex elata, di prati acquitrinosi floristicamente interessanti, di fondi vallivi acquitrinosi, dove tra gli sfagni è stata segnalata la presenza della Drosera rotundifolia subsp. corsica Maire, rarissima pianta carnivora e di un esteso consorzio di Osmunda regalis, felce di elevato interesse scientifico sulla via dell'estinzione, propria di luoghi umidi, boschivi a substrato acido e caratterizzati da clima temperato oceanico. Questa varietà del clima temperato marittimo, trova conferma nella presenza di antichi reperti di Faggio fra le pinete delle Cerbaie (Piussi 1982) , di sparse ceppaie di castagneti abbandonati e di nuclei di cedui (G. Bernetti 1987). In quanto alla presenza del Pino marittimo, del quale tratteremo solo gli aspetti ecologici più significativi, si può parlare di un fenomeno di ritorno, poiché questa conifera è indigena di questa stazione, anche se il suo insediamento è stato favorito dall'uomo. La sua ampia presenza nella Toscana collinare è spiegata dalle notevoli doti pionieristiche di questa specie, la quale fu prescelta dai proprietari dei fondi per ricostituire una copertura vegetale sui suoli denudati o coperti di vegetazione degradata. Intorno alla metà dell'ottocento, come riferiscono Piussi e Bellucci (1953), si procedeva ad eseguire semine di Pino marittimo nei castagneti abbandonati o nei cedui degradati di latifoglie dislocati vicino alle fattorie. La "coniferazione" pura fu molto praticata nel passato, è oggi ampiamente superata. Tali studi suggeriscono di non usare mai solo conifere per rimboschire dove esisteva già vegetazione naturale di latifoglie, ma di utilizzare popolamenti misti (conifere più latifoglie messe a dimora a mosaico). Vediamo in sintesi gli aspetti ecologici negativi dei rimboschimenti a sole conifere. Sotto le latifoglie decidue la popolazione batterica si distribuisce in tutti gli orizzonti del suolo, mentre sotto le conifere si concentra in superficie e attorno alle radici (Nikola 1954 - Sonn I960). Ne consegue una diminuzione dei batteri dell'umificazione e dei vermi di terra, il che si traduce in un rallentamento dell'attività biologica. Le reazioni chimiche vengono sospese e nella lettiera composta di aghi vengono immobilizzati i materiali nutritivi, in particolare l'azoto, il fosforo, il calcio ed il potassio. Vi è da tenere presente che gli aghi dei pini di ogni specie non sono foglie ma rami speciali (pseudofilli), che non sono in grado di assorbire l'acqua delle piogge, destinandola quasi integralmente al suolo: quindi al pericolo di degradazione del suolo si unisce quello della poca protezione contro l'erosione. Ci sembra inutile aggiungere che i popolamenti vegetali di sole conifere sono maggiormente esposti agli attacchi della processionaria (Thaumetopoea pityocampa) e della cocciniglia mazzococco (Matsucoccus feytaudi), che sta defogliando anche i pini della fascia costiera presenti fra Viareggio e Calambrone. Tuttavia, questi aspetti ecologici negativi, tutt’altro che trascurabili a lunga scadenza, sono comunque compensati dalle numerose utilizzazioni delle conifere nei Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 35 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai più svariati settori industriali, nella protezione delle aree interne coltivate e nell'abbellimento del paesaggio. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 36 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 5.5 Colline Metallifere nella Val di Cecina Devono il loro nome in quanto sede di importanti giacimenti minerari storicamente sfruttati fin dal tempo degli etruschi. Si tratta di un complesso non uniforme di rilievi che si estende a cavallo delle provincie di Pisa, Livorno, Siena e Grosseto e la cui altitudine varia da quote minime di 300 m. , medie di 500/600 m, massime di oltre i mille metri con Poggio Montieri (1.051 m) e le Cornate di Gerfalco (1.060 m) da cui si originano i bacini imbriferi del fiume Cecina, del Merse, del Cornia e della Bruna. Il manto forestale che in gran parte copre le Colline Metallifere e in modo particolare quello contermine alle antiche miniere, mostra i segni delle pregresse utilizzazioni, attuate intensamente e senza mai curararsi delle problematiche legate alla sua stabilità e perpetuazione, determinando così nei consorzi boschivi di oggi, alterazioni nella loro composizione, nella struttura spaziale e nel processo evolutivo che conduce verso uno stato di equilibrio, che è già di per sé difficile da raggiungere, figuriamoci nei territori modificati dalla profonda e plurimillenaria azione dell'uomo. Nella parte centrale, esiste un'area di notevole interesse floristico e vegetazionale, che si estende dalle Cornate ai versanti orientali del monte Gabbro e del monte Arsenti, fino al Poggio di Montieri. Percorrendo questa area boscata, si può ammirare uno dei complessi forestali più estesi e interessanti di questa parte di Toscana, dove uno stupendo paesaggio vegetale armonizza, nei vari livelli altitudinali, gran parte delle forme di vegetazione che dalla macchia costiera sempreverde si distende fino ai margini interni dell’Appennino toscano. In questo interessante consorzio forestale, le specie arboree costruttrici delle forme spontanee di vegetazione sono: Leccio, Roverella, Carpino nero, Cerro, Faggio e con nuclei sparsi di Castagno e Olivo come specie coltivate. Lo studio delle comunità boschive in cui è suddiviso il territorio, non deve tenere conto della distribuzione in senso altitudinale di queste specie guida isolatamente, ma deve prendere in esame la distribuzione delle comunità vegetali alle quali esse hanno dato vita. Infatti, dobbiamo sempre tenere presente che le specie vegetali sono soggette a diversi livelli di organizzazione sociale, come lo è per gli uomini del resto, i quali si organizzano in clan, tribù, popoli, nazioni, ecc. Dunque, le specie guida della vegetazione forestale italiana si associano sempre con aggruppamenti affini, formando un "insieme" che non presenta processi dinamici disordinati, e col tempo può raggiungere un equilibrio biologico comunemente detto climax, a meno che l'uomo non ci metta lo zampino come sempre avviene. Ma se prendiamo una specie guida isolatamente perdiamo di vista la sua natura associativa e la sua storia evolutiva, per cui sarebbe come se volessimo descrivere e comprendere il carattere di un essere umano senza tener conto dei rapporti con i suoi congiunti, gli amici, le persone che incontra nella sua vita affettiva e professionale. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 37 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 6.0) Studio e ricreazione nel bosco Note introduttive Nella comunità del bosco flora e fauna si fondono armonicamente a tutti i livelli; studiare le relazioni che legano tra loro gli organismi vegetali e animali può significare costruirsi la propria piccola banca di nozioni ecologiche, quindi compiere i primi passi, i più difficili, verso consistenti orizzonti della conoscenza scientifica. Tra i diversi ambienti che la natura ci offre, il bosco è forse quello che più di ogni altro ci da la sensazione immediata di essere a contatto diretto con madre natura, anzi di essere immersi in essa. Addentrarsi nel folto di un bosco sia per motivi di studio che per pura ricreazione, ci pervade un senso di liberazione dalla routinaria vita quotidiana. In una dimensione umana ritrovata, i sensi vengono tutti sollecitati anche dal più piccolo fruscio del vento tra le fronde, dal canto di un uccello sulla chioma di un albero, dalla fuga di uno scoiattolo , dal quieto mormorio dei ruscelli fra le pietre, fino a sconfinare nella pura fantasia, a cui il particolare ambiente lascia libero corso. Questo lento scorrere della vita è un toccasana non solo per gli adulti, stremati dai rumori assordanti del traffico cittadino o della fabbrica, ma anche per i ragazzi in età scolare per le ore trascorse sotto il tutoraggio di mamma TV e di papa computer. Naturalmente, prima di avventurarsi in un bosco dobbiamo essere consapevoli che non siamo di fronte ad un insieme di alberi più o meno sviluppati, ma ad una struttura ecologica straordinariamente complessa, il cui studio può significare un passo avanti nella cultura scientifica. Il grande Charles Darwin ci ha lasciato scritto: " fare quel poco che si può per aumentare il patrimonio di conoscenze è tra gli scopi della propria vita che uno può perseguire con ogni convenienza ". 6.1) Come comportarsi nel bosco I boschi naturali sono protetti da leggi severissime, sia per la loro funzione idrogeologica, cioè la regimazione delle acque méteoriche, e paesistica, ossia l'abbellimento del paesaggio, poiché essi rispecchiano fedelmente l'identità estetica dei luoghi, nel loro clima e nei costumi stessi delle popolazioni. Per cui, è buona regola non commettere atti che siano in contrasto con le vigenti leggi od eventuali disposizioni locali. Dunque, chi entra in un bosco deve essere consapevole di ciò che esso esprime, e deve cercare di non commettere infrazioni alle vigenti leggi di tutela. Incominciamo con il considerare che tutto ciò che il bosco produce, dalla legna ai funghi, dai frutti ai fiori, appartiene al proprietario, che può essere un privato od un ente pubblico (Stato, Regione, Provincia, ecc.), per cui gode di tutti i diritti della proprietà, che può essere soggetta ad eventuali protezioni speciali. Gli animali selvatici che vivono nel bosco, che sono timidi per natura, non vanno disturbati né con suoni o rumori né con becere grida; se capita di trovare dei covi o dei nidi con i piccoli, non conviene avvicinarsi troppo o toccare i piccoli nati, perché con tutta probabilità verrebbero abbandonati dalla loro madre. Ogni vita che incontriamo, sia essa di un organismo insignificante o di un insetto dall'orrido aspetto, deve essere rispettata, perché degna di vivere. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 38 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 6.2) Chi ama il bosco non coglie i suoi fiori Nei parchi nazionali e nelle aree protette, vistosi cartelli avvertono che è vietata la raccolta non solo dei fiori e dei funghi e dei frutti del sottobosco ma anche la loro manomissione: divieti dettati dalla necessità di salvaguardare la biodiversità, in quanto la raccolta indiscriminata da parte dei gitanti stava portando all'estinzione un gran numero di piante a fiori endemiche o rare, come genziane, gigli, orchidee, stelle alpine, ecc. (nella foto fiore di Atropa belladonna) Nei nostri boschi, per gli stessi motivi, sono in sofferenza orchidee rarissime, tulipani, asparagi selvatici, il pungitopo, agrifoglio, vischio e i muschi che vengono raccolti per le feste natalizie e utilizzati come ornamento per i presepi e gli alberi di Natale. Conservare ciò che la Natura crea è atto di intelligenza che esige competenza, scienza, sensibilità, amore....amore per la Natura stessa. Conviene limitarsi alla raccolta di qualche esemplare particolarmente rappresentato, in ogni caso mai estirpare con le radici: meglio immortalare con una macchina fotografica che depauperare il sottobosco. 6.3) Precauzioni e pericoli Quando siamo nel bosco, prima di sedersi conviene battere il terreno con un bastone per assicurarsi che non vi sia una vipera (foto a sinistra). In quanto agli insetti (zanzare, vespe, calabroni, zecche, ecc.) ci si può difendere con le apposite creme e con gli spray, reperibili in qualsiasi farmacia. E' consigliabile vestirsi con abiti chiari per individuare al meglio le eventuali zecche (ciclo vitale nel disegno in basso), formiche, ecc.; per questo motivo in primavera e nel periodo autunnale non conviene sdraiarsi in terra nei luoghi frequentati da cervi, daini,caprioli, cinghiali, pecore e altri animali. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 39 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 6.4) Come orientarsi nel bosco Per i meno esperti il bosco non offre molti punti di riferimento, in modo particolare in quelli monospecifici, come faggete e abetine, dove il sole penetra a fatica tra le fronde e i diversi punti sembrano tutti uguali per la loro uniformità. E' opportuno quindi disporre sempre di una bussola che ci indica i punti cardinali, e di una cartina dei sentieri del bosco in esame. Leggere strumenti e cartine topografiche richiede una certa esperienza e non è cosa che si possa improvvisare. Per cui conviene lasciare sempre dei segnali sul sentiero che stiamo percorrendo, che possono essere degli accumuli di sassi in terra o delle strisce colorate poste all'altezza di petto d'uomo ai rami degli alberi, sistemati nei punti critici dove si incrociano i sentieri, ma non fare mai delle incisioni che potrebbero danneggiare le piante. Quando si è in gruppo conviene stabilire un segnale convenzionale e ripeterlo con una certa frequenza, onde evitare che un compagno di gita perda " la bussola", per non dire l'orientamento. Se incontriamo una "chiaria" (spiazzo privo di alberi) e c'è il Sole, dobbiamo ricordarci che la nostra ombra, a mezzogiorno, volge a Nord o settentrione, nella direzione opposta si trova il Sud o meridione. Nel cielo notturno un riferimento preciso viene dato dalle stelle e in particolare quella polare che nell'emisfero boreale indica la direzione Nord. Come la indicano i licheni ai tronchi degli alberi, ma nel caso di completo disorientamento conviene aspettare, senza farsi prendere dalla paura gli eventuali soccorsi, che arriveranno ben presto ancora prima se si ha con se un telefono cellulare. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 40 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai 6.5) La fauna dei nostri boschi Note: Come abbiamo già accennato, il territorio della provincia di Pisa è in parte coperto di latifoglie spoglianti e di aghifoglie sempreverdi, nel cui insieme offrono ad una miriade di specie animali, che vanno dai grossi cervi ai piccoli insetti, innumerevoli " nicchie ecologiche " in cui esse trovano protezione, nutrimento e ampia possibilità di potersi riprodurre. Oltre a queste specie cosiddette " stanziali ", il territorio in esame, grazie ad una serie di fattori geografici,climatici,morfologici e vegetazionali, svolge annualmente la determinante funzione di sosta, svernamento e nidificazione, per rare specie di uccelli migratori, sia dell'avifauna acquatica che terrestre. In questa sede ci limiteremo ad elencare le specie più importanti, la cui presenza è stata accertata nel corso di osservazioni e indagini condotte da studiosi e appassionati. Mammiferi Capriolo, Daino, Cinghiale (foto in alto a sinistra), Tasso, Donnola, Lepre (foto in alto a destra, Faina, Cervo (foto al centro), Istrice (foto in basso a sinistra), Scoiattolo, Volpe (foto in basso a destra), Talpa, Topo campagnolo, ecc. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 41 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Anfibi e rettili Rana comune (foto in alto a sinistra), Rana rossa, Rospo comune, Rospo smeraldino, Vipera comune, Biacco, Orbettino, Ramarro, Lucertola muraiola, Raganella, Geco, ecc. Uccelli stanziali Poiana, Fagiano, Gufo comune, Ghiandaia, Starna, Tortora dal collare, lodolaio, Gheppio, Passero reale, Coturnice, Passero montano. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna Civetta, Falco 42 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Uccelli di passo terricoli Upupa, Tordo, Pettirosso, Picchio verde, Cardellino, Quaglia, Allodola, Cuculo, Fringuello, Picchio muraiolo, Codirossone, Beccaccia, Averla, Prispolone, Zigolo, Capinera, Luì, Scricciolo. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 43 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai Uccelli di passo acquatici Garzetta, Martin pescatore, Airone Cavaliere d'Italia . cinerino, Gallinella d'acqua, Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna Folaga, Nitticora, 44 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai NOTE CONCLUSIVE II nostro "Ecologia a Scuola e sul Campo", non ha altra pretesa che quella di essere un modesto compendio su argomenti relativi a certi aspetti ecologici della vegetazione forestale del nostro Paese, in particolare sulla distribuzione in senso altitudinale dei vari tipi di bosco di cui è composta, sulla loro importanza sotto l'aspetto biofisico e paesaggistico, un bosco inteso come ecosistema, le relazioni che intercorrono tra biotopo e biocenosi, le piante inferiori e superiori, gli alberi che danno il nome ai boschi italiani, il lavoro in cifre di un singolo albero, ecc.; oltre ad una sintetica trattazione di certi aspetti vegetazionali che riguardano il territorio pisano. Certamente, non ignoriamo le lacune e le schematizzazioni a cui, in certi punti, siamo stati costretti per non venire meno a quel carattere di divulgazione che ci eravamo proposti all'inizio. Tuttavia, nel prosieguo del lavoro ci sembra di non avere mai avuto la pretesa di affermare niente di nuovo né di più di quanto gli studiosi conoscono da tempo e ai quali va la nostra riconoscenza, l'unica ambizione che ci permettiamo di manifestare è quella di sperare che anche lavori modesti come questo servino a stimolare nei giovani una sensibilità di rispetto verso madre Natura, una maggiore attenzione per il degrado che ci sta investendo e portando alla deriva, una più attenta valutazione per le condizioni fisico-chimiche e biologiche del pianeta Terra, le quali permettono e favoriscono la vita di tutti gli organismi vegetali e animali ed il loro perpetuarsi. Sono problemi insuperabili? Quello che più preoccupa sono le dimensioni raggiunte da questo "vento di follia" che coinvolge tutti i popoli della Terra, e le nuove generazioni dovranno fare enormi sforzi collettivi se vorranno risolverli. Mai come questo momento che stiamo attraversano possono applicarsi le sagge parole con cui Teilhard De Chardin (1881-1955) descrive il processo di " planetizzazione " dell'umanità che si è avviato dal Neolitico: " popoli e civiltà giunte a un tale grado di contatto periferico sia di interdipendenza economica sia di comunione psichica che essi non possono più crescere che interpenetrandosi" (Le phenom. hum. p. 280) www.chasque.net Bruno Acciai Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 45 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai BIBLIOGRAFIA: o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o K. Curry - Lindahl - Conservare per sopravvivere – Milano - Rizzoli - 1973. R. 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Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 46 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai RIFERIMENTI ICONOGRAFICI : Foto originali di piante e ambienti fornite da: prof. A. Messina; B. Acciai; archivio Provincia di Pisa, Servizio Forestazione e Difesa Fauna. Foto e disegni tratti da siti INTERNET di seguito citati: • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • G. Carboni e Dr. G.P. 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Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 47 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai GLOSSARIO Abiotico Relativo ai fattori chimico - fisici dell'ambiente, (caratteri del clima, del suolo, della morfologia, eco.) i quali esercitano una notevole influenza sugli organismi viventi. Abissale Insediamento di specie orofile che, a causa di un microclima particolare, i trova ad una altitudine inferiore a quella normalmente occupata. Acaule Pianta senza un fusto evidente. Achenio Frutto secco indeiscente, contenente un solo seme, libero, che non aderisce all’involucro del frutto. Acido Suolo a reazione acida (ph < 7) (esempio terreni di brughiera). Acidofile Piante che preferiscono terreni a reazione acida; sono anche dette silicicole (impropriamente: non ricercano infatti i terreni silicei). Adattamento Modificazione di forma e comportamento di una specie sotto l'influenza di fattori esterni. Afillo Fusto privo di foglie. Agamica Riproduzione per via vegetativa (asessuata). Albero Pianta perenne legnosa con fusto colonnare e ramificazioni non a livello del suolo. Alloctono Corpo roccioso trasferito dal luogo d’origine. Alluvionale Suolo originato da depositi fluviali. Alofile Piante che preferiscono suoli salati (o vi sono esclusive: alofite). Alpine Piante che vivono oltre il limite della vegetazione arborea. Anemofila Impollinazione che si realizza attraverso il vento. Annuali Piante che svolgono il loro ciclo vitale in un solo anno. Antesi Sinonimo di fioritura. Antropizzato Territorio adattato e modificato dall’uomo a propri scopi o usi. Apicale Organo posto alla sommità ( es. la gemma). Arboreto Consorzio di alberi. Arbusteto Consorzio di arbusti. Arbusto Pianta perenne frutice o suffrutice, alta da 1 a 5 m. Areale Regione geografica nella quale vive una specie: può essere potenziale (dove potrebbe vivere), pregresso (dove viveva), continuo (costituito da un’unica regione) e disgiunto (costituito da regioni separate fra loro da altre in cui non è presente). Arenarie Rocce sedimentarie costituite prevalentemente da sabbie a grana fine, media o grossa (0,06-2 mm). Associazione vegetale Raggruppamento di specie che vivono insieme: costituiscono la base della sistematica fitosociologica. Autoctono Corpo roccioso che non ha subito trasporto dal sito di origine. Autogamia Autoimpollinazione, autofecondazione. Avventizie Piante introdotte casualmente in un areale estraneo, dove riescono a diffondersi e ad affermarsi, divenendo “naturalizzate”. Bacca Frutto carnoso privo di nocciolo. Biennali Piante che compiono il proprio ciclo vitale in due anni, fiorendo e fruttificando nel secondo. Biocenosi o Cenosi Dal greco koinosis = associazione di specie diverse (animali o vegetali) che vivono in un certo ambiente. Biotopo Bipennate Boscaglia Bosco Area con peculiari caratteristiche, in cui vive una specie (animale o vegetale) o una associazione vegetale. Foglie pennate con rachidi secondarie a loro volta pennate. Formazione vegetale di arbusti e cespugli con pochi alberi. Formazione vegetale delle zone temperate, dominata da essenze arboree mono - o plurispecifiche (bosco puro o misto). Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 48 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA Bosco coetaneo Brattea Bulbilli Bulbo Bulbose Caducifoglie Calcicole Calcifughe Camefite Capolino Capsula Caule Cauline o Caulinari Ceduo Cenosi Ceppaia o Ceppo Cespitose Chiaria Ciclo vegetativo Circumboreali Clima Climax Conglomerati e Brecce Conifere Consorzio vegetale Continentale Contrafforte Corologia Cosmopolite Cotiledone Crinale Culmo Dioica Ecologia Ecosistema a cura di Bruno Acciai Consorzio di vegetazione forestale costituito di alberi tutti della stessa età, esempio pioppeta, pineta, ecc. Foglia modificata, posta alla base del fiore o dell’infiorescenza. Piccoli bulbi di riserva con capacità di riproduzione agamica, posti attorno al bulbo principale o, più raramente, all’ascella delle foglie, all’apice delle radici, al posto dei fiori. Organo sotterraneo carnoso e più o meno globoso, avvolto da foglie trasformate, con funzione di riserva nutritizia. Piante con radici a forma di bulbo. Piante a foglie caduche, ovvero che cadono nella stagione avversa. Detto di piante che prediligono terreni calcarei. Detto di piante che rifuggono i suoli contenenti carbonato di calcio, come il Castagno, il Brugo, ecc. Piante perenni con fusto almeno in parte legnoso, che nella stagione sfavorevole portano le gemme fino ad un’altezza massima di 20-25 cm dal suolo. Si distinguono in suffruticose, scapose, succulenti, reptanti, pulvinate, tallofitiche, fruticose. Sigla: Ch. Infiorescenza formata da fiori sessili, addensati su di un ricettacolo comune, circondato da un involucro di brattee (es. centauree). Frutto secco deiscente, che contiene e poi disperde i semi maturi. Fusto. Foglie che si inseriscono sul fusto (o caule). Bosco periodicamente sottoposto a taglio. Insieme di entità animali e vegetali che hanno relazioni fra loro e l’ambiente circostante; più corretto il termine “biocenosi”. Residuo del tronco di un albero tagliato, dal quale si originano polloni. Piante che si presentano a ciuffi fitti. Schiarita, ovvero zona boschiva poco fitta e relativamente luminosa. L’intero periodo di vita di una pianta fino alla fruttificazione. Piante diffuse nelle zone temperate e fredde di tutto l’emisfero boreale. Complesso delle condizioni meteorologiche (umidità, temperatura, precipitazioni ecc.) che si ripetono periodicamente caratterizzando un ambiente o una regione geografica. Situazione di equilibrio definitivo a cui tende l’evoluzione delle associazioni vegetali in un determinato ambiente. Rocce sedimentarie grossolane costituite da depositi di frammenti arrotondati (conglomerati) o angolosi (brecce), superiori a 2 mm. Piante fruticose e arboree a foglie aghiformi e con pigne portanti i semi. Associazione di diverse entità sistematiche nello stesso ambiente, in equilibrio fra loro. Clima temperato arido, con estati calde e inverni freddi. Propaggine secondaria che si stacca da un sistema montuoso. Studio della distribuzione geografica delle specie e delle cause della distribuzione stessa. Piante diffuse in tutto il mondo. Foglia embrionale (1 o 2) presente nel seme. Linea di massima elevazione di un rilievo montuoso. Fusto delle Poacee ex Graminacee Pianta con fiori unisessuali portati da individui differenti (quindi ogni individuo è o maschio o femmina). Studio delle relazioni fra esseri viventi e fra questi ed il loro ambiente. Insieme degli esseri viventi (bioma) e non viventi (ecotopo) che interagiscono fra loro in un dato ambiente. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 49 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA Ecotipo Ecotono Edafismo Edule Eliofile Emicriptofite Endemismi Entomofila Epifite Erbacee Esposizione Essenza arborea Europee Eutrofizzazione Fasce di vegetazione Falda idrica Fanerofite Feromoni Fitocenosi Flora Foglia Foglie caduche Fogliolina Forma biologica Fronda Frutice Fustaia Fusto Gariga Geofite a cura di Bruno Acciai Categoria analoga alla sottospecie, riferita a popolazioni dalla morfologia più o meno differente da quella tipica, perché adattata ad un ambiente diverso e divenuta ereditaria. Zona di transizione fra associazioni vegetali diverse. Complesso delle condizioni biofisiche, chimiche e meccaniche di un terreno in rapporto alla vita delle piante. Commestibile Piante che preferiscono esposizione soleggiata. Piante perennanti che trascorrono la stagione avversa con i germogli a livello del suolo, protetti dai residui organici della pianta. Si distinguono in cespitose, reptanti, scapose, rosulate, bienni, scandenti. Sigla: H. Piante che vivono spontanee in un territorio determinato (isola, regione, ecc.) o su di un particolare litosuolo (es. serpentinofite). Impollinazione che si realizza attraverso il concorso degli insetti. Piante che non hanno radici a contatto col suolo, ma vivono su altre piante, senza parassitarle. Piante con fusto non lignificato. Orientamento di una pianta o comunità vegetale in rapporto ai punti cardinali; meno comunemente si può intendere al sole, ai venti, ecc. Ogni specie di albero che popola i boschi: una Quercia, un Faggio, un Abete, ecc. Piante ad areale europeo; euro-mediterranee se l’areale comprende le regioni mediterranee, euro-atlantiche se comprende quelle atlantiche, e così via (centro-europee, europee orientali, nord-europee…). Incremento eccessivo di materiali nutritivi nelle acque. Naturale successione della vegetazione naturale che si riscontra dal basso verso l'alto a diversi livelli di altitudine. Acque presenti sul piano di contatto fra rocce permeabili e impermeabili. Piante perenni che superano la stagione avversa con gemme poste ad oltre 25 cm dal suolo, protette da apposite squame. Comprendono alberi e arbusti (megafan. e mesofan. alti > 8 m; microfan. alti 2-8 m; nanofan. alti da 25 cm a 2 m). Si distinguono in cespitose, arboree, lianose, succulenti, epifite e reptanti. Sigla: P. Ormoni sessuali prodotti dagli insetti in funzione di richiamo. Insieme di entità vegetali diverse, legate da precise relazioni ecologiche fra loro stesse e l’ambiente in cui vivono. Elenco delle specie vegetali presenti in un dato territorio. Espansione laterale del fusto, dalle forme più varie, di primaria importanza per la fotosintesi e la traspirazione della pianta. Che cadono in autunno, opposte a foglie persistenti. Divisione di una foglia composta. Forma di classificazione delle piante legata soprattutto alla modalità di superare la stagione avversa (da noi l’inverno); la più seguita è quella proposta da Raunkiaer. Caratteristica foglia delle felci. Arbusto legnoso e ramificato fin dalla base. Alberatura ad alto fusto. Organo portante nelle piante superiori, generalmente aereo; per le piante erbacee si può usare come sinonimo il termine caule.; se è privo di foglie (escluse le basali) si denomina scapo. Vegetazione mediterranea che rappresenta l’ulteriore degradazione delle macchie xerofile, costituita da erbe e arbusti prostrati. Piante che sopravvivono nella stagione avversa per mezzo di organi di rinnovamento sotterranei (bulbi, tuberi ecc.). Si distinguono in radici gemmate, bulbose, rizomatose, parassite. Sigla: G. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 50 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA Geologia Glabro Glauco Habitat Humus Ibrido Idrografia Impollinazione Indigene o Autoctone Infestanti Infiorescenza Latifoglie Lattice o Latice Lichene Lignina Macchia Magmatiche o Ignee Matricine Mediterranee Mediterraneo ( clima) Mediterraneismo Mesofile Microclima Nemorale Neutro Neutrofile Nitrofile Nodo Orizzonti vegetazionali Orofile a cura di Bruno Acciai Scienza che studia la Terra dal punto di vista dell’origine, della natura e della storia della sua struttura fisica attuale. Liscio, senza peli. Colore verde con riflessi azzurrognoli. Insieme dei fattori che caratterizzano il territorio e l’ambiente di vita di una pianta. Parte del terreno di natura organica che proviene dalla decomposizione di animali e piante. Individuo che origina dall’incrocio di due specie diverse (parentali) e che spesso ha caratteristiche intermedie fra le due. Può essere fertile o sterile. Branca della geografia fisica che studia i corsi e i bacini d’acqua. Passaggio del polline dagli elementi maschili a quelli femminili del fiore. Piante originarie della regione dove vivono. Piante particolarmente invadenti, che crescono nelle colture o comunque in luoghi dove non sono gradite dall’uomo (muri, marciapiedi ecc.). Insieme dei fiori disposti su un asse principale semplice o ramificato di una pianta (> anche racemo, spiga e corimbo). Piante forestali a foglie larghe (in opposizione ad aghifoglie). Liquido biancastro o giallognolo secreto da alcune piante (es. Euforbiacee). Organismi simbionti composti da due tipi di piante, un fungo e un'alga, i quali vivono assieme con reciproco beneficio (simbiosi). Insieme di sostanze che nel processo di lignificazione vanno ad incrostare la cellulosa delle pareti delle cellule vegetali, formando il tessuto legnoso. Associazione vegetale delle regioni temperate, con arbusti fitti, erbe e radi alberi, espressione di fasi di degrado o ricostituzione del bosco. Rocce originate dal consolidamento dei magmi (miscele minerali fuse provenienti dalla regione crostale e subcrostale terrestre). Alberi lasciati per la disseminazione durante il taglio del bosco ceduo. Piante con areale incentrato sul bacino mediterraneo; possono essere med. atlantiche (diffuse fino all’Atlantico), med. montane (che salgono in altitudine), euri-med. (areale esteso verso l’Europa continentale), stenomed. (areale ristretto al bacino mediterraneo). Clima di transizione fra quello subtropicale e quello temperato caldo, con piogge invernali e aridità estiva, dal breve periodo freddo con gelate occasionali. Da Mediterraneo = scala di valori ordinati per intensità, dovuti ad un insieme di fattori geografici e climatici che danno a un territorio un ambiente temperato caldo-asciutto di tipo mediterraneo. Piante che preferiscono ambienti in medie condizioni di umidità. Condizioni climatiche locali a livello del suolo (possono essere diverse da quelle del clima generale di quel territorio). Di ambiente boschivo. Suolo con ph prossimo al valore neutro (7). Piante che preferiscono substrati a reazione neutra. Piante che preferiscono i terreni molto azotati o comunque dove abbondano i batteri nitrificanti. Punto di inserzione di foglie o altri organi sul fusto. Zone altitudinali che corrispondono a condizioni climatiche e floristiche relativamente omogenee. L'orizzonte montano per eccellenza è rappresentato dalla Faggeta. Piante che preferiscono vivere in altitudine. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 51 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA Orogenesi Orografia Ovario Pannocchia Parassite Parassitismo Pascolo Perenne Ph Plantula Prateria Prato Predazione Pubescente Riproduzione Rizomatose Ruderale Samara Saprofite Scabro Scapose Schiarita Sciafile o Ombrofile Sclerofille Sedimentarie Sempreverdi Serpentinofite Simbiosi Sistematica Sottobosco Sottospecie (subsp.) Spartiacque Specie a cura di Bruno Acciai Fase del ciclo geologico nel quale si formano le montagne, sotto l’azione di forze compressive che deformano, corrugano ed eventualmente fanno traslare le rocce Branca della geografia fisica che studia i rilievi montuosi. Parte basale del pistillo che contiene gli ovuli e, successivamente, i semi. Infiorescenza con peduncoli disposti in verticilli stratificati, la cui ampiezza decresce dalla base verso l’apice. Piante che vivono a spese di altri organismi viventi. associazione biologica fra due specie nella quale l’una ha vantaggio a spese dell’altra. Prateria percorsa da erbivori domestici. Pianta erbacea che vive più anni: gli organi viventi, sono generalmente sotterranei (radici, bulbi, rizomi), ma possono essere anche a livello del terreno (cespi o rosette di foglie). Misura del grado di acidità o alcalinità (7:neutro;<7:alcalino; >7:acido). Piccola pianta appena formata Vegetazione di basse erbe: naturale, se oltre il limite degli alberi, seminaturale, se mantenuta attraverso il periodico sfalcio o dal pascolo di erbivori. Coltura di erbe foraggiere periodicamente falciate. Animale o pianta che usa, per cibarsi, un altro organismo preda Provvisto di peli fini, corti, morbidi e radi. Processo di formazione di nuovi individui. Si parla di r. agamica o asessuata o vegetativa quando non vi è l’intervento dei gameti (cellule sessuali); di r. gamica o sessuata quando vi è l’intervento dei gameti e quindi produzione di semi. Piante con radici a forma di rizoma. Specie che cresce fra le macerie, i luoghi abbandonati dall' uomo, ecc. . Frutto alato di alcune piante ( es. Acero, Ailanto, Frassino ecc..) piante senza clorofilla che si nutrono di materiali organici decomposti. ruvido al tatto. Piante dotate di fusto. Tratto di bosco meno fitto di alberi o arbusti e quindi più luminoso. Piante che preferiscono ambienti ombrosi; contrario: lucivaghe. Piante a foglie coriacee, per lo più piccole e spesse, idonee a ridurre la dispersione di acqua in climi aridi e secchi. Rocce formatesi sulla superficie terrestre (di solito stratificate sul fondo marino) per accumulo di depositi di origine detritica, organica o chimica; sono coerenti (consolidate), incoerenti (non consolidate: pietre sparse, argille, limi), a composizione mista (es. calcareniti, marne). Piante per lo più legnose, che non perdono contemporaneamente le foglie dopo la stagione vegetativa (non rimangono mai spogli). Piante proprie di litosuoli di serpentino. Rapporto di convivenza tra due o più specie, con scambio di sostanze fra loro. Branca della scienze naturali che si propone di classificare e dare il nome agli esseri viventi e ai fossili. Sinonimo = TASSONOMIA Vegetazione erbacea o arbustiva di solito composta da specie ombrofile. Rango sistematico immediatamente inferiore alla specie, distinguibile solo in caso di popolazioni che si ritrovano in aree piuttosto vaste). Linea che divide due versanti idrografici diversi; in montagna di solito corrisponde alla linea di crinale (o di displuvio). Unità sistematica basilare, comprendente tutti gli individui simili, che di norma sono interfecondabili e producono altri simili. Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 52 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA Spiritromba Sporangio Stazione Steppa Temperato Termofile Tomentoso Varietà Vascolari Vegetazione Verrucano Versante Villoso Xerofile o Xerofite Xeromorfosi Zonazione a cura di Bruno Acciai Lungo apparato boccale delle farfalle. Struttura che porta i semi (vedi felci). Estensione territoriale di caratteristiche omogenee e più o meno ampia, nella quale è presente una specie vegetale. Formazione vegetale delle zone aride, costituita da erbe e bassi arbusti. Clima con inverni ed estati non troppo freddi né caldi: possono essere t. caldi (piovosi o umidi, oceanici o marittimi) o t.aridi (continentali). Piante che preferiscono ambienti caldi. Organo coperto di peli fitti, più o meno lunghi e incrociati fra loro. Unità di rango inferiore alla specie ed alla sottospecie; di importanza solo nel caso di piante coltivate (cultivar). Vegetali a struttura differenziata (radici, fusto e foglie). Insieme delle aggregazioni vegetali di un determinato ambiente territorio. Formazione geologica che prende il nome dal monte Verruca che fa parte dei monti Pisani. Risale al Carnico (triassico superiore), circa 220 milioni di anni fa, ed è considerata una formazione continentale di ambiente costiero. Impluvio tributario di un corso d’acqua; in una valle si definisce destro o sinistro rispetto alla direzione in cui scorre il corso d’acqua. Organo coperto di peli folti, fitti e lunghi. Piante capaci di sopportare un prolungato stato di siccità. Particolari forme di adattamento a condizioni di aridità ambientali (es. serpentinofite). Zone successive di vegetazione costituite in zone successive per i graduali cambiamenti climatici legati all’altitudine ed alla latitudine. Elaborazione grafica:Prof. Antonino Messina Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 53 VIAGGIO INTORNO AI BOSCHI DELLA PROVINCIA DI PISA a cura di Bruno Acciai RINGRAZIAMENTI II mio più sentito ringraziamento vada al prof. Antonino Messina, amico e compagno inseparabile di appassionati studi e ricerche sulla flora vascolare di "ambienti di vita" particolari, ritenute interessanti e in seguito sfociate in pubblicazioni commissionate dal Comune di Montemurlo (PO). Ringrazio nuovamente l'amico Antonino per aver curato con diligenza la realizzazione grafica di questa monografia e, da esperto botanico quale egli è, di avermi suggerito i temi meritevoli di essere trattati. Siamo entrambi soci dell'Associazione Naturalistica G.I.R.O.S. della quale il prof. Messina è il coordinatore della sezione pratese e responsabile del “Laboratorio Naturalistico delle Volpaie” a Bagnolo di Montemurlo che fa capo a questa sezione del GIROS pratese. Bruno Acciai Assessorato Agricoltura Forestazione Difesa Fauna 54