Geografia Astronomica. Classe: 5 Liceo Scientifico. Modulo 1: L’universo astronomico. Modulo 2: Il pianeta Terra e il suo satellite. Modulo 3: I materiali della crosta terrestre. Modulo 4: Instabilità del pianeta Terra. Liceo Scientifico. Materia: Geografia Astronomica. Modulo n°1. Titolo del modulo: L’Universo Astronomico. Contenuto del Modulo: L’analisi spettrale della luce delle stelle. La sfera celeste e la posizione degli astri nel cielo. Le stelle. L’evoluzione delle stelle. Le galassie. L’origine dell’Universo. L’origine del sistema solare. I pianeti. Gli altri corpi del sistema solare. Il moto dei pianeti. .Obiettivi: 1) Acquisire i concetti di sfera celeste, parallasse, luminosità assoluta, magnitudine apparente. 2) Mettere in relazione i concetti di Astronomia con quelli acquisiti nelle altre discipline delle Scienze sperimentali. 3) Comprendere le potenzialità ed i limiti delle conoscenze scientifiche. . CONTENUTI La sfera celeste è una enorme sfera immaginaria al cui centro poniamo la Terra e sulla quale proiettiamo tutti gli astri. Le unità di misura delle distanze più usate sono: l’unità astronomica, l’anno luce e il parsec. Le stelle sono ammassi di gas che emettono luce propria. Nello studio delle stelle è importante conoscere la loro magnitudine (assoluta e apparente); la loro composizione chimica(tramite esami spettroscopici); la temperatura e il loro movimento. Evoluzione stellare: la fase iniziale della vita di una stella è detta protostella , quando il suo nucleo raggiunge la temperatura di 15 milioni di gradi si innescano le reazioni termonucleari(l’idrogeno si trasforma in elio).Quando la forza di gravità è compensata dalla forza di espansione dei gas, la stella si trova nella sua fase di stabilità nel diagramma H-R (Hertzsprung e Russel). In questo diagramma( in ascissa sono indicate le temperature superficiali, in ordinata la luminosità) troviamo oltre alla sequenza principale anche stelle posizionate al di fuori di essa( ad esempio le giganti rosse e le nane bianche):La morte di una stella è rappresentata dallo stadio di nana bianca, di stella a neutroni o di buco nero. Le Galassie sono costituite da ammassi stellari e materia interstellare. La nostra galassia è la Via Lattea,la cui forma è a spirale, ma esistono anche galassie ellittiche, a spirale sbarrata, galassie globulari o irregolari. Sull’origine ed evoluzione dell’Universo possiamo dire che nel passato la sua massa doveva essere concentrata in uno spazio limitato e in seguito ad una violenta esplosione (teoria del Big Bang) cominciò la sua espansione, ancora oggi in atto. Il nostro sistema solare ha avuto origine circa 5 miliardi di anni fa. Esso è costituito dal Sole e da 9 pianeti con i loro satelliti. Il moto dei pianeti è regolato dalle tre leggi di Keplero e dalla legge di gravitazione universale di Newton. Altri corpi del sistema solare sono gli asteroidi e le comete. Il sistema Terra - Luna 1 Elementi di Geodesia La Geodesia è la disciplina che studia la forma e le dimensioni della Terra. Possiamo far risalire a Pitagora (570-490 ca a.C.) l’idea della sfericità della terra, come conseguenza di speculazioni teoriche sulla perfezione della forma sferica (sembra comunque che gli Egizi ne fossero a conoscenza parecchi secoli prima). Successivamente, da Eudosso di Cnido (408355 ca a.C.) fino ad Aristotele (384-322 a.C.), si accumularono numerose evidenze tese a confermare sperimentalmente tale ipotesi. Famose, e ancor oggi citate, sono: - una nave in avvicinamento compare all’orizzonte mostrandoci prima l’albero e poi lo scafo - l’altezza della stella polare sull’orizzonte aumenta mentre ci dirigiamo verso nord - la porzione di orizzonte visibile aumenta con l’altezza dell’osservatore (quota) - l’ombra proiettata dalla terra sulla luna durante un’eclissi è sempre una circonferenza (se la terra fosse un disco, nei casi in cui fosse disposta obliquamente rispetto ai raggi solari la sua ombra sarebbe un’ellisse). 1.1 La forma: schiacciamento polare Fino alla metà del Seicento si riteneva che la terra fosse perfettamente sferica. I primi dubbi sul fatto che la terra fosse una sfera perfetta sorsero in seguito ai risultato conseguiti nel 1671 dall'astronomo francese J. Richer. Nell'ambito delle attività promosse dalla Académie des Sciences di Parigi, Richer si era trasferito nell'isola di Cayenne nella Guyana francese. Richer scoprì che in Guyana, a 5° di latitudine nord, il pendolo che si era portato da Parigi per la misura del tempo ritardava di circa 2,5 minuti al giorno. Richer spiegò il fenomeno ipotizzando che la terra non fosse perfettamente sferica, ma rigonfia nelle zone equatoriali. Venuto a conoscenza del fenomeno, Newton, che in quel periodo lavorava alla sua teoria della gravitazione, intuì che l'effetto sul pendolo poteva essere spiegato con una diminuzione locale del valore dell'accelerazione di gravità g. In effetti la diminuzione che il valore di g manifesta mentre ci si avvicina all'equatore è dovuta a due componenti: a) aumento della forza centrifuga, legato all'aumento della distanza D dall'asse di rotazione b) diminuzione della forza gravitazionale, legata alla maggior distanza R dal centro della terra Il raggio terrestre non deve quindi essere costante alle varie latitudini. In base a considerazioni teoriche Newton era dunque convinto dello schiacciamento polare della terra. Per poter ottenere dati conclusivi l'Accademia delle Scienze inviò due spedizioni a misurare un grado di meridiano al polo e all'equatore (se la terra è rigonfia all'equatore un grado di meridiano assume il suo valore massimo nelle zone polari, per diminuire man mano che ci spostiamo verso le basse latitudini), dove le eventuali differenze sarebbero state sicuramente evidenti. Il risultato confermò l’ipotesi di Newton e verso la seconda metà del ‘700 venne definitivamente accettata l’idea dello schiacciamento polare della terra. Uno dei compiti fondamentali della geodesia è dunque descrivere la forma di tale sfera deformata. 1.2 L’ellissoide La differenza tra il raggio maggiore (equatoriale) e il raggio minore (polare) è minima ( RE-RP= 21.38 Km) ma sufficiente a fare somigliare la forma della Terra a quella di un ellissoide di rotazione. Questa è una figura geometrica che si ottiene facendo ruotare un’ellisse di 180° attorno al suo asse minore. Recenti misure geodetiche hanno evidenziato che anche l’equatore non è una circonferenza perfetta, ma ha una forma leggermente ellittica. Quindi più che a un ellissoide di rotazione, la Terra è paragonabile ad un ellissoide a tre assi. La necessità di equiparare la forma della Terra ad una forma geometrica semplice nasce dalla difficoltà, diversamente, di rappresentarne su di un piano la sua superficie per mezzo delle proiezioni cartografiche. 1.3 Il geoide L'ellissoide è evidentemente una rappresentazione geometrica della Terra che non tiene conto delle irregolarità della crosta terrestre. La Terra ha una sua forma irregolare, per la quale è stato coniato il nome di geoide. Il geoide non è una forma misurabile con le formule della geometria, ma astratta della superficie terrestre. La sua definizione non è geometrica, ma fisica: Il geoide è un solido delimitato da una superficie perpendicolare in ogni suo punto alla direzione del filo a piombo e che passa per il livello medio del mare. Data la complessità del geoide per il calcolo delle misure fisiche della Terra e per la costruzione delle carte geografiche, si fa riferimento ad una superficie più semplice, ottenuta mediando con calcoli matematici le depressioni e i rigonfiamenti del geoide: l'ellissoide di riferimento. Dal 1924 viene usato l’ellissoide calcolato da nel 1908 (ellissoide di Hayford o Internazionale) che ci dà le misure della Terra. 2 2.1 Reticolato geografico Riferimenti geografici Al fine di individuare un punto sulla superficie terrestre in maniera univoca si utilizza un sistema di riferimento, analogo al sistema di assi cartesiani con il quale misuriamo le coordinate di un punto sul piano. Gli assi di riferimento (analoghi all'asse delle ascisse e delle ordinate) sono stati convenzionalmente fissati nell'equatore e nel meridiano di Greenwich. - L'equatore è il cerchio massimo ottenuto dall'intersezione della superficie terrestre con un piano passante per il centro della terra e perpendicolare all'asse di rotazione terrestre. Tutti gli infiniti piani che intersecano la superficie terrestre parallelamente al piano equatoriale individuano altrettante circonferenze, di raggio via via minore man mano che ci avviciniamo ai poli, dette paralleli. Per convenzione essi sono 180: 90 a Nord e 90 a Sud dell’equatore. L’equatore è considerato il parallelo con valore 0° e suddivide la “sfera” terrestre in due emisferi: emisfero Nord o Boreale ed emisfero Sud o Australe. - intersecando la superficie terrestre con dei piani contenenti l'asse di rotazione terrestre si ottengono infinite circonferenze passanti per i due poli geografici. Ciascuna metà di tali circonferenze congiungenti il polo Nord al polo Sud è detta meridiano. Convenzionalmente tali meridiani sono 360 e sono a distanza angolare di un grado uno dall’altro. Si contano a partire da un meridiano definito meridiano fondamentale (noto anche come meridiano di Greenwich) che è quello che passa per l'osservatorio astronomico di Greenwich ( località in prossimità di Londra). Ad Est di esso vi sono 179 meridiani e altrettanti a Ovest. Il 180esimo meridiano è detto antimeridiano di Greenwich. L'insieme dei meridiani e dei paralleli forma una griglia detta reticolato geografico. 3 Moti della terra La Terra compie una serie molto complessa di movimenti: i più importanti sono il moto di rotazione attorno al proprio asse e quello di rivoluzione intorno al sole, ma ne effettua altri meno evidenti, noti come moti millenari dovuti all’attrazione gravitazionale che gli altri corpi del sistema solare esercitano sulla Terra o su parti di essa. Infine la Terra è coinvolta nel moto di traslazione, che l’intero sistema solare compie verso la costellazione d’Ercole, e nel moto di recessione (cioè allontanamento) della galassia da tutte le altre, dovuto all’espansione dell’universo. In conclusione la Terra non passa mai due volte per lo stesso punto dell’universo. 3.1 Moto di rotazione La terra ruota attorno al proprio asse in circa 24 ore con un movimento antiorario se osservato dal polo Nord Celeste (proiezione lungo l'asse terrestre del polo Nord terrestre sulla volta celeste). Il movimento avviene cioè da Ovest (W) verso Est (E). 3.1.1 Prove del moto di rotazione Oggi possiamo facilmente verificare direttamente tale rotazione attraverso l'osservazione da un satellite in orbita. In passato sono stati invece effettuati esperimenti per dimostrare indirettamente l'esistenza di tale moto. I più famosi si devono a G.B. Guglielmini (1691) e J.B. Foucault (1851). 3.1.1.a Esperienza di Guglielmini Lasciando ripetutamente cadere un grave dalle torri di Bologna Guglielmini verificò che esso non cadeva lungo la verticale individuata dal filo a piombo, ma sistematicamente spostato verso Est. Se individuiamo con A il punto di partenza del grave in cima alla torre e con B il punto a terra che si trova sulla perpendicolare di A, è facile verificare che se la terra ruota A deve muoversi ad una velocità lineare maggiore di B. In altre parole quando la terra ha effettuato in 24 ore una rotazione completa A deve aver percorso una circonferenza maggiore di B nello stesso tempo (24 ore). Per il principio di inerzia il grave lasciato cadere da A deve conservare anche mentre cade la velocità iniziale che caratterizzava la cima della torre e giungendo a terra si troverà un po' più avanti (nella direzione del moto di rotazione terrestre) di B che ruota più lentamente. Poichè il corpo cade sempre spostato verso Est rispetto alla perpendicolare ciò dimostra che la direzione di rotazione della terra è da Ovest verso Est. 3.1.1.b Esperienza di Foucault Il piano di oscillazione di un pendolo ha la caratteristica di mantenere invariato il suo piano di oscillazione rispetto all'universo (stelle fisse). Foucault appese un pendolo alla cupola del Pantheon a Parigi e lo fece oscillare in modo che la sua punta tracciasse un solco sulla sabbia disposta sul pavimento dell'edificio. Con il passare del tempo il piano di oscillazione ruotava . Non potendo trattarsi di una effettiva rotazione del piano di oscillazione del pendolo, l'unica spiegazione possibile rimaneva una rotazione della terra intera e quindi del pavimento sul quale il pendolo stava lasciando le sue tracce. Se l'esperimento venisse condotto ai poli il piano di oscillazione eseguirebbe una apparente rotazione completa di 360° in 24 ore. All'equatore non si avrebbe alcuna rotazione, mentre a latitudini intermedie in 24 ore la rotazione sarebbe minore di 360°, tanto minore quanto minore è la latitudine. 3.1.2 Conseguenze del moto di rotazione terrestre 3.1.2.a Alternarsi del dì e della notte La rotazione della terra espone evidentemente la sua superficie ad un continuo cambiamento di condizioni di illuminazione rispetto alla luce proveniente dal sole. Poichè la terra ruota da Ovest verso Est, il sole sembra sorgere ad Est, effettuare un movimento apparente di salita lungo un arco di circonferenza sulla volta celeste, per poi ridiscendere e tramontare ad Ovest. Quando il sole raggiunge il punto più alto della sua traiettoria apparente si dice che si trova in culminazione (mezzogiorno solare). Il sole è in culminazione su di un punto della superficie terrestre quando sta transitando esattamente sopra il meridiano passante per il luogo. Il sole è sufficientemente distante dalla terra da poter considerare i suoi raggi paralleli tra loro. In tal modo la terra risulta costantemente divisa in due parti uguali, una illuminata ed una oscura, da un cerchio massimo detto circolo di illuminazione. In realtà, a differenza della luna, dove la mancanza di atmosfera produce una netta separazione tra ombra e luce, sulla terra il circolo di illuminazione non è netto. I fenomeni di rifrazione e di diffusione della luce solare prodotti dalla presenza dell'atmosfera terrestre, producono una zona di penombra, detta crepuscolo. In altre parole i raggi solari che in assenza di atmosfera sfiorerebbero solamente la superficie terrestre senza colpirla, vengono deviati e vanno ad illuminare parzialmente una piccola porzione della zona in ombra, producendo l'illuminazione tipica dell'alba e del tramonto. 3.1.2.b Le forze d’inerzia: forza centrifuga e forza di Coriolis Un osservatore solidale con un sistema in moto accelerato, qual è appunto un sistema in rotazione, non verifica il principio di inerzia, nel senso che sperimenta fenomeni in disaccordo con esso. I sistemi in moto accelerato sono perciò detti sistemi non inerziali. In essi, corpi apparentemente non soggetti a forze, manifestano accelerazioni. In realtà si può dimostrare che la comparsa di tali accelerazioni è legata al particolare sistema di riferimento considerato ed esse non esisterebbero se il sistema fosse fermo o si muovesse di moto rettilineo uniforme. Paradossalmente in un sistema accelerato l'inerzia di un corpo si manifesta come una accelerazione apparente. Per questo motivo tali accelerazioni apparenti vengono attribuite a forze fittizie dette forze d'inerzia. Le forze d’inerzia, come le accelerazioni ad esse correlate, sono grandezze vettoriali. 3.1.2.c Forza di Coriolis e legge di Ferrel Nel caso il corpo possieda una velocità propria vp rispetto al sistema in rotazione, oltre alla forza centrifuga, compare una seconda forza fittizia, detta forza di Coriolis (1835). Tale forza fittizia costringe il corpo in movimento a deviare rispetto alla sua direzione iniziale. Gli effetti di tali deviazioni sono particolarmente evidenti per corpi debolmente vincolati alla superficie terrestre, come velivoli. Le deviazioni prodotte dalla forza di Coriolis sono descritte dalla legge di Ferrel. La legge di Ferrel (1860 circa) afferma che un corpo in movimento sulla superficie terrestre, subisce una deviazione rispetto alla sua direzione iniziale, verso destra nell'emisfero boreale e verso sinistra nell'emisfero australe. La legge di Ferrel governa il movimento delle masse d'aria (venti) e delle masse d'acqua (correnti marine) costringendole a ruotare in modo caratteristico nei due emisferi. Per comprendere la legge di Ferrel è necessario aver chiari i seguenti concetti: a) La velocità lineare di rotazione dei diversi punti della superficie terrestre non è costante. I punti più rapidi sono quelli che appartengono all'equatore (essendo quelli più distanti dall'asse di rotazione). Man mano che procediamo verso i poli incontriamo paralleli di raggio minore, i cui punti, essendo più vicini all'asse di rotazione, sono sempre più lenti. b) Quando un oggetto si trova su di un punto della superficie terrestre ruota assieme ad essa con la stessa velocità. Nel momento in cui l'oggetto abbandona la superficie terrestre continua per inerzia a mantenere la velocità di rotazione del punto dal quale era partito. Immaginiamo ora un aereo che si alzi in volo da un punto A sull'equatore e che proceda lungo un meridiano verso un punto B posto più a Nord. L'aereo si sposta verso punti della superficie terrestre che stanno ruotando verso Est più lentamente di quanto per inerzia non stia facendo lui (VA > VB) . In tal modo L'aereo si trova a precedere in direzione Est i punti della superficie terrestre che sta sorvolando. Ciò equivale ad una deviazione verso destra del velivolo. Allo stesso modo se l'aereo da A si alza in volo verso un punto C posto sullo stesso meridiano ma in direzione Sud nell'emisfero australe, esso si troverà ad essere più veloce dei punti che sorvola (VA > VC), precedendoli sempre in direzione Est. Ma in questo caso ciò equivale ad una deviazione verso sinistra del velivolo. Se ora immaginiamo che il velivolo parta da B o da C e si diriga verso il punto A sull'equatore, esso parte da punti aventi una velocità di rotazione verso Est minore del punto di arrivo. Il velivolo trovandosi così a sorvolare punti della superficie terrestre via via più rapidi si trova in ritardo rispetto al moto di rotazione terrestre, spostato cioè in entrambi i casi verso Ovest. Ciò equivale ad una deviazione verso destra nell'emisfero boreale e verso sinistra nell'emisfero australe. In realtà la forza di Coriolis produce deviazioni laterali solo quando il movimento avviene lungo un meridiano. La deviazione (relativa alla superficie terrestre e non a un sistema di riferimento assoluto) non si verificase il corpo si muove lungo un parallelo ed è massima se si muove lungo un meridiano. 3.1.3 Durata del moto di rotazione: il giorno Il tempo impiegato dalla terra per compiere una rotazione intorno al proprio asse è detto giorno. La durata del giorno risulta diversa se si prende come punto di riferimento esterno per misurare la rotazione una stella o il sole. Essendo molto distante, una stella rappresenta un buon punto di riferimento, potendo essere considerata ferma rispetto alla terra (stella fissa). Il tempo impiegato affinché una stella fissa ritorni in culminazione su di un dato meridiano misura dunque la durata di un'effettiva rotazione di 360° della terra intorno al proprio asse. Il giorno così misurato è detto giorno sidereo e dura circa 23 ore e 56 minuti (23h 56m 4,0989s = 86.164,0989 s). In realtà il giorno sidereo può ritenersi costante solo in prima approssimazione e per intervalli di tempo sufficientemente piccoli. La terra sta infatti impercettibilmente rallentando. Le stime più recenti forniscono una variazione della velocità angolare della Terra pari a 4 ore ogni 700 milioni di anni. Si ritiene che il motivo più probabile di tale rallentamento sia da ricercare nell’azione frenante delle maree. Nonostante il giorno sidereo sia una misura relativamente esatta della durata della rotazione terrestre, tutte le attività umane sono regolate sulla posizione del sole e non delle stelle. Se dunque misuriamo il tempo necessario affinché il sole culmini per due volte consecutive sullo stesso meridiano (intervallo di tempo tra due mezzodì) si ottiene il giorno solare, pari a circa 24 ore. Il sole non si può però considerare fisso rispetto alla terra, poiché mentre la terra compie una rotazione intorno al proprio asse, essa si sposta contemporaneamente sulla sua orbita di un tratto di circa 1 grado rispetto al sole. (la terra impiega infatti circa 365 giorni a compiere una rivoluzione di 360° intorno al sole con una velocità angolare di circa 1° al giorno ( 360/365 =0.9863 circa 1°). Più precisamente impiega un anno sidereo, pari a 31.558.150 secondi, a compiere una rivoluzione intorno al sole rispetto alle stelle fisse). Una volta che la terra ha dunque compiuto, dopo 23 ore e 56 minuti, una rotazione completa attorno al suo asse, non trova il sole nuovamente in culminazione, essendosi spostata in senso antiorario rispetto ad esso di circa un grado. Per ritrovare nuovamente il sole in culminazione la terra deve dunque ruotare ancora di un angolo pari al suo spostamento rispetto al sole, compiendo una rotazione complessiva di 361°. Per coprire un grado impiegherà 4 minuti circa. (23h 56m = 1436 m ) Infatti 360: 23h 56m = 1° : x x =1436·1/360 = 4 minuti circa In realtà il giorno solare non ha sempre la stessa durata costante di 24 ore. Infatti in perielio la terra si sposta più velocemente intorno al sole e quindi in 24 ore si sposta rispetto al sole di un tratto leggermente superiore ad 1°. La velocità di rotazione terrestre è invece costante e per compiere un po' più di 1° di rotazione al fine di riavere il sole in culminazione impiegherà un po' più di 4 minuti. Il giorno solare in perielio è un po' più lungo di 24 ore. Per ragioni opposte il giorno solare in afelio raggiunge la sua durata minima, inferiore alle 24 ore. Il valore di 24 ore che noi utilizziamo rappresenta il giorno solare medio media dei 365 giorni solari. L'ora rappresenta convenzionalmente 1/24 del giorno solare medio, il minuto 1/60 dell'ora ed il secondo 1/60 del minuto. 3.2 moto di rivoluzione La terra possiede un moto di rivoluzione intorno al sole con movimento antiorario per un osservatore posto al polo nord celeste, che compie in circa 365 giorni e 6 ore. Il piano individuato dall'orbita terrestre è detto eclittica. L'asse di rotazione terrestre è inclinato di 66° 33' rispetto all'eclittica e di 23° e 27' (il valore esatto è 23° 26’ 21,4”) rispetto alla perpendicolare all'eclittica. Durante il suo moto di rivoluzione intorno al sole l'asse terrestre può essere considerato, in prima approssimazione, fermo o, per meglio dire, esso si muove intorno al sole mantenendo inalterata la sua orientazione rispetto alle stelle fisse (si usa dire che durante il moto di rivoluzione l’asse terrestre rimane sempre parallelo a se stesso). 3.2.1 Prove del moto di rivoluzione 3.2.1.a Diversa durata del giorno solare Abbiamo già visto come il giorno solare abbia una lunghezza diversa come conseguenza della differente velocità di rivoluzione della terra lungo la sua orbita. Tale fenomeno può dunque essere portato come prova del moto di rivoluzione terrestre. 3.2.2 Conseguenze del moto di rivoluzione: alternarsi delle stagioni Il fatto che sui due emisferi terrestri (boreale e australe) si alternino diverse stagioni meteorologiche è una delle conseguenze principali del moto di rivoluzione della terra. In realtà il moto di rivoluzione non è l'unico responsabile di tale fenomeno. Ad esso contribuisce anche la particolare inclinazione dell'asse terrestre ed il fatto che l'asse mantiene inalterata la sua orientazione rispetto alle stelle fisse. Se infatti l'asse fosse perpendicolare all'eclittica e non inclinato i due emisferi verrebbero raggiunti per tutti i 365 giorni dell'anno dalla stessa quantità di radiazione solare e sarebbero caratterizzati da un'unica stagione uniforme. Il moto di rivoluzione fa si che l'asse terrestre formi con la direzione dei raggi solari angoli diversi man mano che la terra procede lungo il suo cammino intorno al sole. In tal modo i raggi solari giungono con inclinazione diversa sui due emisferi nei vari periodi dell'anno creando le condizioni per il prodursi di diverse condizioni climatiche. Per descrivere il fenomeno con maggior dettaglio possiamo individuare 4 punti fondamentali dell'orbita in relazione agli angoli formati dall'asse con la direzione dei raggi solari. A) punto in cui è minima l'inclinazione dell'asse rispetto ai raggi solari (66° 33'). L’emisfero boreale e più esposto alla radiazione solare. B) punto in cui è massima l'inclinazione dell'asse rispetto ai raggi solari (113° 27' = 90° + 23° 27'). L'emisfero australe è più esposto alla radiazione solare. C) e D) punti intermedi in cui i raggi solari risultano a 90° rispetto all'asse terrestre. I due emisferi risultano egualmente esposti ai raggi solari. Esaminiamo ora in dettaglio le condizioni di illuminazione dei due emisferi nei quattro punti precedentemente individuati. A) SOLSTIZIO D'ESTATE La terra raggiunge tale punto poco prima di giungere in afelio. L'afelio viene raggiunto il 4 luglio, mentre il punto di minima inclinazione dell'asse rispetto ai raggi solari viene raggiunto il 21 giugno, detto solstizio d'estate. La data del solstizio di giugno in realtà oscilla tra il 20 ed il 22 giugno e quella dell’afelio tra il 4 ed il 5 luglio a causa del meccanismo del calendario, che alterna anni civili di 365 giorni ad anni di 366. Durante il solstizio d'estate i raggi solari risultano perpendicolari (sono allo zenit), a mezzogiorno, sul parallelo di 23° e 27' di latitudine nord. Tale parallelo è detto tropico del Cancro. I raggi solari risultano inoltre tangenti ai due paralleli che si trovano a 66° e 33' di latitudine Nord e Sud, detti rispettivamente Circolo polare artico e antartico. Durante il solstizio d'estate tutti i punti a Nord del circolo polare artico (calotta polare artica) rimangono illuminati dal sole per 24 ore, mentre tutti i punti a Sud del circolo polare antartico (calotta polare antartica) rimangono al buio per 24 ore. Il circolo di illuminazione individua un piano inclinato di 23° e 27' rispetto all'asse terrestre e taglia in parti diseguali tutti i paralleli che vanno dall'equatore ai due circoli tranne l'equatore, che viene diviso in due parti uguali. Nell'emisfero boreale sarà maggiore il tratto di parallelo illuminato rispetto a quello oscuro, mentre il contrario avverrà nell'emisfero australe. Ciò comporta che la durata del dì sarà maggiore rispetto a quella della notte nell'emisfero boreale, minore in quello australe, eguale all'equatore. Poichè i paralleli sono tagliati dal circolo di illuminazione in parti tanto più disuguali quanto più ci avviciniamo ai circoli polari, la differenza di durata tra il giorno e la notte si farà tanto più accentuata quanto più ci sposteremo verso i poli. In tale situazione si verifica un periodo caldo nell'emisfero boreale (estate boreale) ed un periodo freddo nell'emisfero australe (inverno australe). Riassumendo l'estate è dunque legata al fatto che il polo nord in questo periodo è inclinato verso il sole ed i raggi solari risultano perciò maggiormente concentrati nell'emisfero boreale (a mezzogiorno il sole risulta più alto sull'orizzonte rispetto a quanto accade d'inverno). Inoltre quanto più un raggio solare giunge inclinato sulla superficie terrestre tanto minore sarà la quantità di energia ceduta per unità di superficie, sia perché si diluisce su di una superficie maggiore, sia perché deve attraversare un tratto più spesso di atmosfera. Inoltre l'emisfero boreale risulta riscaldato dal sole per un numero di ore più elevato rispetto all'emisfero australe (il dì è più lungo). B) SOLSTIZIO D'INVERNO Quando dopo circa 6 mesi la terra si trova in prossimità del perielio (che raggiunge il 3 gennaio), l'asse terrestre, essendosi mantenuto parallelo si trova avere la massima inclinazione (113° e 27') rispetto ai raggi solari. E' il polo sud questa volta a puntare verso il sole. La terra si trova in solstizio d'inverno (22 dicembre). A causa del meccanismo del calendario, anche la data del solstizio di dicembre oscilla tra il 20 ed il 22 dicembre, mentre quella del perielio tra il 3 ed il 4 gennaio. I raggi del sole sono perpendicolari al tropico del Capricorno (23°27' di latitudine Sud) e nuovamente tangenti ai circoli polari. Le condizioni di illuminazione risultano essere perfettamente capovolte rispetto al solstizio d'estate. Nell'emisfero Nord si produce una stagione fredda (inverno boreale), mentre nell'emisfero Sud una calda (estate australe).Poichè l'estate boreale cade in afelio essa è leggermente più lunga e meno calda dell'estate australe (la terra è infatti più distante dal sole e si muove più lentamente).L'inverno boreale, cadendo invece in prossimità del perielio , è leggermente più tiepido e più corto di quello australe. Il fatto che l'inverno e l'estate cadano attualmente in prossimità dell'afelio e del perielio è assolutamente casuale. Le posizioni dei solstizi ( e degli equinozi) sono infatti destinate a mutare gradualmente e con regolarità rispetto all'orbita terrestre. Il solstizio d’estate coincideva con l’afelio intorno al 1250 d.C. (coincidenza apsidi - solstizi), mentre gli equinozi verranno a coincidere con gli apsidi (equinozio di primavera in perielio) verso il 6500 d.C. C - D EQUINOZI Gli equinozi occupano una posizione intermedia tra i punti solstiziali, tale per cui i raggi solari risultano perpendicolari all'asse terrestre e giungono quindi (a mezzogiorno) perpendicolarmente all'equatore. Il calore solare viene ad essere quindi egualmente distribuito sui due emisferi. Il circolo di illuminazione coincide con i meridiani, passa per i poli e taglia tutti i paralleli in due parti uguali. Il dì dura 12 ore, come la notte. L’equinozio di primavera viene raggiunto il 21 marzo (19/21), mentre L’equinozio di autunno il 23 settembre (22/24). La linea degli equinozi risulta pertanto perpendicolare all’asse terrestre. Naturalmente mentre la terra si muove lungo la sua orbita anche l'inclinazione dei raggi solari rispetto al suo asse e quindi alla sua superficie si modifica con regolarità. Il sole che a mezzogiorno si trova allo Zenit al tropico del Cancro durante il solstizio d'estate, con il passare dei giorni si troverà allo Zenit (sempre a mezzogiorno) su paralleli di latitudine via via inferiore, fino a raggiungere l'equatore durante l'equinozio d'autunno, per poi scendere fino al tropico del Capricorno sul quale giungerà allo Zenit durante il solstizio d'inverno. Qui sembrerà fermarsi per riprendere il suo moto in senso contrario. Il fatto che ai due tropici il sole dia l'impressione di fermarsi per poi tornare indietro ha dato il nome ai solstizi (sol stare). Il nome degli equinozi deriva invece dal fatto che quando il sole si trova allo zenit all'equatore il dì e la notte hanno la stessa durata (aequus nox). Risulta evidente che il sole non potrà mai trovarsi allo zenit al di fuori delle latitudini comprese tra i due tropici. Ciò dipende dall'inclinazione attuale dell'asse terrestre. Se l'asse fosse ad esempio inclinato di 30° rispetto alla perpendicolare all'eclittica, allora anche i tropici verrebbero a trovarsi a 30° di latitudine nord e sud, mentre i circoli si abbasserebbero a 60° N e S. I due tropici ed i due circoli polari suddividono la terra in cinque zone dette zone astronomiche o climatiche. La zona compresa tra i due tropici ( l'unica zona della terra dove il sole giunge allo zenit a mezzogiorno per due volte all'anno) è detta zona torrida. Tra i tropici ed i circoli vi sono le due zone temperate (australe e boreale). Al di sopra dei circoli vi sono le due calotte: calotta polare artica e antartica. 3.3 Moto doppio conico dell'asse e precessione degli equinozi Come si è visto, durante il moto di rivoluzione, l'asse di rotazione tende a mantenere inalterata la sua orientazione. Ciò è dovuto al fatto che la terra gira attorno al proprio asse e, come tutti i giroscopi (trottole), si oppone ad ogni sollecitazione che tenda a modificarne l'assetto di rotazione (il momento angolare è una quantità vettoriale e si mantiene costante in modulo, direzione e verso). La luna, il sole ed i pianeti esercitano però sulla terra un'attrazione gravitazionale che risulta maggiore sul rigonfiamento equatoriale, dove è presente un eccesso di massa, rispetto ai poli. Tale attrazione tenderebbe a raddrizzare l'asse portandolo a 90° rispetto al piano dell'eclittica. Il risultato di tali forze su di un sistema rotante, qual è la terra, è quello di produrre una rotazione dell'asse il quale, facendo perno sul centro della terra, descrive due coni aventi vertice al centro della terra. Poiché l’equatore celeste è perpendicolare all’asse terrestre, anch’esso esegue il medesimo movimento, cambiando lentamente l’orientazione rispetto alle stelle fisse. Anche la linea degli equinozi, che essendo l’intersezione dell’equatore celeste con il piano dell’eclittica risulta essere sempre perpendicolare all’asse terrestre, ruota rispetto alle stelle fisse con la stessa velocità dell’asse terrestre. Tale rotazione oraria della linea degli equinozi è nota come precessione degli equinozi. La precessione si completa in un periodo di circa 26.000 anni, detto anno platonico. 3.3.1 Conseguenze della precessione 1) Tra 13.000 anni circa l’asse terrestre, avrà compiuto mezzo giro e non punterà più verso la stella polare, ma verso Vega nella costellazione della Lira, che dista ben 47° dalla polare. 2) I punti equinoziali (e quindi le stagioni) cambiano la loro posizione rispetto all’orbita terrestre. Attualmente gli equinozi si trovano circa a metà strada tra afelio e perielio (apsidi), ma lentamente li raggiungeranno. Questo terzo punto verrà ripreso in seguito, dopo che avremo discusso dei movimenti dell’eclittica rispetto alle stelle fisse (moti millenari). 3.4 Durata del periodo di rivoluzione: l'anno Viene definito anno il tempo necessario affinché la terra completi il suo moto di rivoluzione intorno al sole. Anche in questo caso la durata dell'anno dipende dal punto di riferimento considerato. Rispetto ad una stella fissa noi misuriamo l'anno sidereo. Esso misura una effettiva rivoluzione di 360° intorno al sole ed ha una durata di 365 giorni 6 ore e 9 minuti circa (365d 6h 9m 10s = 365,25636 giorni solari medi = 31.558.150 s). Come al solito noi usiamo però misurare il tempo rispetto al sole. Il tempo necessario affinché la terra riassuma la stessa posizione rispetto al sole è detto anno solare o tropico. Esso misura in pratica l'intervallo di tempo tra due equinozi o due solstizi dello stesso segno (ad esempio il tempo necessario affinché la terra ritorni all'equinozio di primavera). A causa del fenomeno della precessione l'anno tropico risulta circa 20 (20m 25s) minuti più breve dell'anno sidereo e pari a circa 365 giorni 5 ore e 49 minuti (365d 5h 48m 45s = 365,24219 giorni solari medi = 31.556.925 s). 3.5 moti minori millenari Come è stato già anticipato le interferenze gravitazionali degli altri pianeti sulla terra producono altri fenomeni, tra i quali ricordiamo: 3.5.1 Movimento di rotazione della linea degli apsidi L’orbita terrestre è un ellisse e le posizioni assunte dagli altri pianeti rispetto ad essa tendono a modificarne sia l'eccentricità che l’orientamento rispetto alle stelle fisse. Come conseguenza delle perturbazioni gravitazionali planetarie essa ruota in senso antiorario, facendo perno sul sole, in circa 111.500 anni. Se l’orbita rimanesse ferma rispetto alle stelle fisse, un punto equinoziale (o solstiziale) la percorrerebbe completamente in circa 26.000 anni. Ma l’orbita terrestre, e con essa la linea degli apsidi (linea che unisce afelio e perielio), va incontro alla linea degli equinozi e ne abbrevia in questo modo il periodo di rotazione rispetto all’eclittica a circa 21.000 anni. In altre parole gli equinozi (e naturalmente anche i solstizi) impiegano circa 21.000 anni a percorrere tutta l’orbita (ad esempio da perielio a perielio) e come conseguenza le stagioni sono destinate a manifestarsi in punti via via diversi dell’orbita. Avevamo infatti già avuto modo di dire che l’estate boreale cade oggi in prossimità dell’afelio solo casualmente. Essa sta infatti lentamente scivolando in senso orario sull’orbita, come d’altra parte fanno tutte le stagioni. In prima approssimazione la linea degli equinozi si sovrappone alla linea degli apsidi ogni 21.000 anni circa e le stagioni si ribaltano ogni 10.500 anni. In altre parole dopo 10.500 anni circa l’asse si trova ad aver compiuto mezzo giro rispetto al sole e le condizioni termiche risultano completamente invertite (l'estate boreale si avrà non più in prossimità dell'afelio ma del perielio). Poichè intorno al 1250 d.C. il solstizio d’estate coincideva con l’afelio (coincidenza apsidi - solstizi) e la linea degli equinozi compie un quarto di giro ogni 5.250 anni circa (21.000/4) gli equinozi verranno a coincidere con gli apsidi (equinozio di primavera in perielio) verso il 6500 d.C. 3.5.2 Variazione dell'eccentricità dell'orbita Attualmente la differenza tra la distanza afelio-sole e la distanza perielio-sole è di circa 5 milioni di chilometri. Tale differenza è una misura dell'eccentricità dell'orbita. Se infatti essa si riducesse a zero l'ellisse si ridurrebbe ad una circonferenza, se aumentasse l'ellisse si farebbe più eccentrica. Tale distanza è destinata a mutare da un minimo di 1 milione di chilometri ad un massimo di 14 milioni di chilometri. Il ciclo (ad esempio dal valore minimo per ritornare al valore minimo) si completa in 92.000 anni. 3.5.3 Variazione dell'inclinazione dell'asse L'asse terrestre varia la sua inclinazione rispetto alla perpendicolare all'eclittica da un minimo di 22° ad un massimo di 24°20' in un periodo di 40.000 anni circa. Naturalmente al variare dell'inclinazione dell'asse deve variare di conseguenza la latitudine di tropici e circoli. 3.5.4 Nutazioni Il movimento doppio conico dell'asse non è regolare, ma si attua con piccole ondulazioni dette nutazioni (Bradley - 1736). Ciascuna nutazione si completa in 18,6 anni ed è dovuta alle perturbazioni gravitazionali prodotte dalla rotazione oraria (retrograda) della linea dei nodi lunari. La nutazione comporta una modificazione periodica delle coordinate celesti analoga a quella prodotta dall’aberrazione. Anche le date degli equinozi e dei solstizi subiscono delle oscillazioni come conseguenza della nutazione. A volte si fa riferimento ai solstizi e agli equinozi medi, la cui data è più facilmente calcolabile, non essendo influenzata dalla nutazione. Liceo Scientifico. Materia: Geografia Astronomica. Modulo n°2. Titolo del modulo: Il pianeta Terra ed il suo satellite. Contenuto del Modulo: La forma e le dimensioni della Terra. Il reticolato geografico. Come si determinano latitudine e longitudine. I movimenti della Terra. Prove e conseguenze della rotazione terrestre. Prove e conseguenze della rivoluzione terrestre. Le stagioni. I moti millenari. Caratteri fisici della Luna. I movimenti della Luna. Le fasi lunari. Le eclissi. Origine ed evoluzione della Luna. Obiettivi: 1) Acquisire i concetti di giorno sidereo. giorno solare, equinozio, solstizio. 2) Sviluppare la curiosità per i fenomeni naturali. 3) Comprendere il significato del termine modello. CONTENUTI IL PIANETA TERRA E I SUOI MOVIMENTI Esistono numerose osservazioni che testimoniano la forma sferica della Terra; essa è simile ad un ellissoide, poichè è schiacciata ai poli, e più precisamente ad un geoide per le sue irregolarità. I principali movimenti dei pianeti, Terra compresa, sono due: rotazione attorno al proprio asse e rivoluzione attorno al Sole. Il moto di rotazione dura circa 24 ore e questo lasso di tempo corrisponde al giorno. L’orbita di forma ellittica descritta dal pianeta terra durante il suo moto di rivoluzione attorno al Sole è detta eclittica; l’asse di rotazione non è perpendicolare al piano dell’eclittica ma forma con esso un angolo di 66°33’. Per una rivoluzione completa la terra impiega 365 giorni e 6 ore circa. Le principali conseguenze sono le diverse durate del dì e l’alternarsi delle stagioni. Il 23 settembre ed il 21 marzo sono detti equinozio d’autunno e di primavera; il dì e la notte hanno uguale durata (12 ore), in tutti i punti della Terra ed i raggi solari sono perpendicolari all’equatore. Quando i raggi sono perpendicolari al tropico del Capricorno, il 22 dicembre, si ha il solstizio d’inverno, mentre quando sono perpendicolari al tropico del Cancro, il 21 giugno, si parla di solstizio d’estate. Questi giorni scandiscono le stagioni astronomiche. IL RETICOLATO GEOGRAFICO Il reticolato geografico è costituito dai poli geografici nord e sud, dai paralleli e dai meridiani. I paralleli sono circonferenze di diametro via via decrescente; se ne considerano 90 a nord e 90 a sud dell’equatore. I meridiani sono semicirconferenze di ugual diametro; quello fondamentale, il meridiano 0, è quello passante per Greenwich; ci sono 180 meridiani ad est di questo ed altrettanti ad ovest. Le coordinate geografiche sono la latitudine e la longitudine. La latitudine è la distanza angolare espressa in gradi nord o sud tra una località e l’equatore. La longitudine è la distanza angolare, espressa in gradi est od ovest, tra una località ed il meridiano fondamentale di Greenwich. LA LUNA La Luna è il satellite naturale del pianeta Terra; essa compie un moto di rotazione attorno al proprio asse ed un moto di rivoluzione attorno alla Terra, entrambe durano circa un mese, ed è questo il motivo per cui dalla Terra vediamo sempre la stessa faccia del nostro satellite. Le fasi lunari sono: luna piena, primo quarto, luna nuova, ultimo quarto; ciò dipende dalla posizione che essa assume, nel corso del suo movimento, rispetto alla Terra ed al Sole. Se i tre corpi celesti sono perfettamente allineati tra loro si formano dei coni d’ombra che nascondano parzialmente o totalmente uno di essi, e si verificano le eclissi. Le carte geografiche LA RAPPRESENTAZIONE DELLA SUPERFICIE TERRESTRE I GLOBI Poiché la superficie della Terra non è sviluppabile su un piano, la rappresentazione più precisa si ottiene mediante un globo, il modello ideale della Terra, che mostra correttamente le relazioni geometriche esistenti tra i vari oggetti posti sulla superficie. I globi, benchè esatti, sono poco funzionali in quanto non possono raggiungere dimensioni ingenti e sono quindi estremamente imprecisi. (NB: Il primo globo di cui si ha notizia risale al II sec. a.C.. LE CARTE GEOGRAFICHE Si definisce carta geografica la rappresentazione grafica su piano, ridotta, e simbolica e approssimata di una zona più o meno estesa della superficie terrestre. Una carta geografica “ideale” dovrebbe rispettare contemporaneamente: 1. l’equidistanza (il rapporto tra le lunghezze grafiche e quelle reali rimane inalterato) 2. l’equivalenza (il rapporto tra le aree grafiche e quelle reali è inalterato) 3. l’isogonia (ogni angolo grafico è uguale a quello reale corrispondente) Ogni carta geografica può rispettare al massimo due di questi tre requisiti. Una carta equidistante e isogona viene definita conforme Infine, per Atlante si intende una raccolta sistematica di carte geografiche a piccola scala (NB: il termine fu introdotto dal geografo olandese del XVI sec. G. Mercatore). La Scala La scala geografica esprime il rapporto di riduzione di una carta geografica, cioè il rapporto tra le dimensioni degli oggetti sulla carta e nella realtà La scala può essere espressa in forma numerica o grafica. Si definisce scala numerica il rapporto tra le misure grafiche e di quelle reali corrispondenti; si esprime sotto forma di frazione (1:N) e sotto forma grafica (scala grafica), attraverso due segmenti paralleli uguali, detti unità grafiche RAPPORTO DI SCALA - Frazione con il numeratore uguale a 1. -Rappresenta il rapporto fra la lunghezza di un segmento sulla superficie di riferimento e il corrispondente segmento nella realtà. - Non è costante su tutta la superficie della carta. - Vale in maniera “esatta” solo in particolari punti o lungo particolari linee. Si distinguono carte a : • • Grande scala = carte/mappe/piante molto dettagliate (es. piante urbane) Piccola scala = carte ad alto grado di generalizzazione relative a territori vasti (es. Stati e continenti) Le carte geografiche sono classificate: IN BASE AL CONTENUTO CARTE GENERALI CARTE SPECIALI CARTE TEMATICHE 1) fisiche, se rappresentano solo le fattezze naturali, per uno scopo preciso: c. idrografiche (e marine), nautiche, idrografiche continentali, areonautiche, turistiche, geologiche (tipi di rocce, età e giacimenti). particolari aspetti fisici, biologici, antropici: geomorfologiche, della vegetazione, climatiche, antropologiche ed etnologiche, economiche. 2) politiche, solo le opere umane, 3) fisico-politiche, entrambi gli elementi. IN BASE ALLA SCALA le carte geografiche si suddividono in: PIANTE E MAPPE C. TOPOGRAFICHE C. COROGRAFICHE C. GEOGRAFICHE Scala 1: 10.000 10.000 < N < 150.000 150.000 < N < 1 milione N > 1 milione N > 10.000 particolareggiate(sia aspetti fisici che opere umane).Appartengono a questo gruppo le carte I.G.M.I (Istituto Geografico Militare Italiano) molto dettagliate (piante: città, mappe: aree rurali) (N max < 30 milioni) aree abbastanza estese (fino ad intere regioni) anche mappamondi e planisferi - Metodo di costruzione Le carte geografiche si possono costruire basandosi su misure ed osservazioni dirette del terreno (o mediante fotografie aeree o satellitari) e si parla allora di c. rilevate; attraverso semplificazioni e riduzioni di queste ultime si ottengono le c. derivate. Le Proiezioni Geografiche PURE -prospettiche -centrografiche (polari, equatoriali, oblique) -stereografiche -scenografiche -ortografiche PURE -di sviluppo -cilindriche -coniche CONVENZIONALI -interrotte o discontinue / -pseudocilindriche -Rappresentazione conforme di Gauss -policonica -pseudoconiche -poliedrica o policentrica MODIFICATE proiezione conforme di Mercatore / - Proiezioni Pure Consistono nel riportare il reticolato geografico, applicando i soli principi geometrici, su di una superficie ausiliaria, un piano (p. prospettiche) o un solido( cilindro o cono) con superficie sviluppabile (p. di sviluppo). PROIEZIONI PROSPETTICHE Il reticolo geografico viene proiettato su di un piano tangente alla Terra (supposta perfettamente sferica) che si chiama quadro; il punto di vista è il punto da cui escono le visuali ed è diametralmente opposto al quadro. In base alla posizione del punto di vista, si classificano in: • centrografiche/gnomiche, punto di vista al centro della Terra • stereografiche, punto di vista sulla superficie terrestre • scenografiche, punto di vista a distanza finita dalla Terra • ortografica, punto di vista a distanza infinita dalla Terra PROIEZIONI DI SVILUPPO Il reticolo geografico viene proiettato su di un solido (cilindro o cono retto), la cui superficie è tangente ad un parallelo (l’Equatore per quelle cilindriche) o secante lungo due paralleli; l’asse del solido coincide con quello terrestre. Proiezioni cilindriche: sviluppando in piano la sup., i meridiani diventano rette parallele ed equidistanti, ortogonali ai paralleli, a loro volta rette parallele che si avvicinano tra loro al crescere della latitudine (NB: i poli sono linee invece che da punti). P. cilindrica equivalente di Lambert: con parallelo di rif. nell’Equatore. Proiezioni coniche: sviluppando in piano la sup., i paralleli diventano archi di circonferenze concentriche i cui raggi sono i meridiani; le maglie del reticolo sono trapezi a base curva (trapezoidi). In base alla posizione del quadro, si classificano in: • polari, tangente a un polo • equatoriali, tangente all’equatore • oblique, tangente ad un punto qualsiasi Questo tipo di proiezione è isogonica. L’equidistanza è rispettata solo sul parallelo di tangenza o sui paralleli di secanza. - Proiezioni Modificate si ottengono da quelle pure, apportando delle correzioni per diminuire le deformazioni. La più diffusa è la “Proiezione conforme di Mercatore”, una p. cilindrica in cui, per ovviare all’inconveniente dello schiacciamento polare, le rette dei paralleli si vanno distanziando dall’equatore verso i poli secondo la stessa proporzione dei meridiani; isogonia ed equidistanza sono rispettate solo lungo l’equatore. È utilizzata per le carte nautiche poichè rappresenta con un segmento di retta ogni lossodromia (<loxòs = obliquo), la linea che taglia tutti i meridiani secondo lo stesso angolo e che quindi mantiene la stessa direzione rispetto ai punti cardinali (spesso, nella navigazione, si preferisce alla linea ortodromica, che coincide invece con il percorso più breve). - Proiezioni Convenzionali o Rappresentazioni Le rappresentazioni sono p. modificate in base alle relazioni matematiche esistenti tra i punti grafici e quelli reali; in base alle necessità si costruiscono carte geografiche che rispettano uno dei tre requisiti. La rappresentazione conforme di Gauss (anche detta cilindrica trasversa di Mercatore) è una proiezione pseudocilindrica in cui il solido è tangente ad un meridiano e, sviluppato in piano, solo il meridiano di tangenza e l’equatore sono ortogonali. Rispetta la conformità; il massimo di longitudine per evitare eccessive deformazioni lineari e superficiali è di 3°W e 3°E del meridiano di tangenza (detto meridiano centrale) e quest’area prende il nome di fuso. 1 Petrologia 1.1 Minerali e rocce La petrologia è la scienza che studia e descrive la struttura e la genesi delle rocce. Le rocce sono aggregati di uno o più minerali, formatesi attraverso processi di natura diversa, legati essenzialmente a fenomeni geologici che richiedono milioni di anni per completarsi. I minerali sono sostanze inorganiche, allo stato solido, caratterizzate da una composizione definita e rappresentabili quindi attraverso una caratteristica formula chimica. Quasi tutti i minerali sono inoltre caratterizzati da una struttura molecolare rigorosamente ordinata, detta struttura cristallina ed i solidi che la possiedono si presentano come cristalli, figure geometriche caratterizzate da facce, spigoli e vertici. Alcuni minerali presentano invece una struttura molecolare caotica e disordinata, detta struttura amorfa. Ad esempio il biossido di silicio (SiO2) può formare bei cristalli regolari e trasparenti di quarzo, mentre quando si presenta in struttura amorfa forma minerali variamente colorati (per la presenza di impurezze) noti come agata, onice, selce, corniola a seconda della genesi e del colore. 1.2 Cenni di cristallografia Le particelle che formano un cristallo, atomi o molecole che siano, risultano disposte ai vertici di una specie di reticolato ordinato ( reticolo cristallino) che si ripete in modo omogeneo lungo le tre direzioni dello spazio. Il cristallo può infatti essere pensato come la ripetizione periodica nello spazio di una struttura geometrica elementare. Tale struttura prende il nome di cella elementare. Ciascuna cella elementare viene caratterizzata da particolari elementi di simmetria. Gli elementi di simmetria si definiscono come i luoghi geometrici rispetto ai quali si verifica il ripetersi di una faccia, di uno spigolo o di un vertice, come conseguenza di una trasformazione spaziale. Sono possibili tre tipi di trasformazioni spaziali che individuano altrettanti elementi di simmetria: - la rotazione attorno ad un asse (asse di simmetria A) - la riflessione su di una superficie (piano di simmetria P) - l'inversione rispetto ad un punto (centro di simmetria C). L'insieme degli elementi di simmetria di un cristallo definiscono il suo grado di simmetria. Minerali diversi possono presentare lo stesso grado di simmetria e vengono per questo raggruppati in una stessa classe di simmetria. Sono note 32 classi di simmetria. 1.3 Cenni di mineralogia I minerali sono composti per il 98% da 8 elementi chimici. L'Ossigeno è l'elemento più abbondante nei minerali (47% in peso e ben 93% in volume). Segue il Silicio (27,3%), l'Alluminio (8,1%), il Ferro (5,1%), il Calcio (3,6%), il Sodio (2,5%), il Potassio (2,5%), il Magnesio (2,1%). Tutti gli altri costituiscono solo l'1,8%. 1.3.1 Polimorfismo ed isomorfismo Alcuni minerali in condizioni termodinamiche differenti possono cristallizzare in strutture reticolari diverse. Il fenomeno è noto come polimorfismo. Ad esempio il carbonato di calcio (CaCO3) in condizioni di elevata pressione cristallizza come aragonite, mentre a pressione atmosferica cristallizza come calcite. Nel caso il polimorfismo interessi sostanze allo stato elementare si parla di allotropia. Il carbonio presenta ad esempio 3 forme allotropiche: grafite, diamante, fullerene. E' evidente che la presenza di una forma polimorfa piuttosto che un'altra può fornirci utili informazioni sulle condizioni e l'ambiente di formazione di una roccia. Nei minerali di interesse petrologico è di grande importanza il fenomeno dell'isomorfismo. Si dicono isomorfogeni o vicarianti gli elementi che, presentando raggi ionici simili, possono facilmente sostituirsi nel reticolo cristallino senza che questo modifichi il suo grado di simmetria. Si ammette che affinché 2 ioni possano reciprocamente sostituirsi in un cristallo il loro raggio ionico non debba differire per più del 15%. Quando gli ioni presentano dimensioni simili allora possono formare composti isomorfi. Le famiglie isomorfe costituiscono in genere una serie continua di composti in cui gli ioni vicarianti si trovano in tutti i rapporti La maggior parte dei minerali che formano le rocce appartengono alle seguenti classi di composti chimici: 1) SILICATI - Possono essere pensati come sali dell'acido ortosilicico (H4SiO4). I silicati costituiscono da soli più dell'80% della crosta terrestre. 2) ELEMENTI NATIVI – A appartengono a questo gruppo oro, argento, rame, zolfo e carbonio, che si trovano liberi in natura, cioè non legati ad altri elementi. 3) CARBONATI - Sono i sali dell'acido carbonico (H2CO3). Tra i carbonati più diffusi vi è sicuramente il carbonato di calcio, che va a formare le rocce calcaree. (CO32- anione carbonato) 4) OSSIDI e IDROSSIDI - Composti di metalli più ossigeno (ematite Fe2O3) e metalli più ossidrili (brucite Mg(OH)2) 5) SOLFURI - Sono i sali dell'acido solfidrico (H2S) (pirite FeS2, blenda ZnS) (S2- anione solfuro). 6) SOLFATI - Sono i sali dell'acido solforico (H2SO4) (solfato di calcio biidrato o gesso CaSO4*2H2O) (SO42- anione solfato) 7) ALOGENURI O ALOIDI - Sono sali degli acidi alogenidrici (HBr, HCl, HF) (cloruro di sodio NaCl). 1.4 Le rocce: classificazione Le rocce vengono classificate in relazione al processo attraverso il quale si sono formate in 3 gruppi: Rocce ignee o magmatiche - formatesi attraverso un processo di raffreddamento e solidificazione di una massa fusa di composizione prevalentemente silicatica detta magma. Rocce sedimentarie - si formano per deposizione e compattazione di materiali che possono provenire dalla degradazione di rocce preesistenti (detriti o clasti), da resti di organismi viventi, dalla precipitazione di composti chimici sciolti in acqua. Rocce metamorfiche - si producono attraverso processi di profonda alterazione strutturale di rocce preesistenti legati a modificazioni delle condizioni termodinamiche (in genere forti aumenti di temperatura e pressione). Tra le tre classi di rocce esiste uno scambio dinamico. Rocce metamorfiche si possono infatti formare a partire da rocce magmatiche e sedimentarie (e anche da rocce metamorfiche di tipo diverso). Rocce sedimentarie possono costituirsi a partire dalla disgregazione di rocce di una qualsiasi delle suddette classi. Infine un qualsiasi tipo di roccia può subire un processo di fusione che la trasforma in un magma in grado di solidificare in rocce ignee. Tale complessa catena di interconnessioni è chiamata ciclo delle rocce o ciclo litogenetico. Il riconoscimento di una roccia e la sua conseguente classificazione richiedono essenzialmente la determinazione del tipo di tessitura (forma, dimensioni ed orientazione della grana) e dei rapporti quantitativi tra i minerali che la compongono (determinazione del modo della roccia). 1.5 Rocce ignee o magmatiche Il magma da cui prende origine tale gruppo di rocce è costituito da una miscela di silicati in cui si trovano disciolti diversi elementi e composti gassosi (H2, HCl, Cl2, F2, HF, H2S, SO2 etc). I gas, detti anche componenti volatili o agenti mineralizzatori, mantengono il magma ad una pressione molto elevata che ne facilita la risalita qualora si apra una fessura nella crosta terrestre. Inoltre rendono il magma molto fluido favorendo il processo di cristallizzazione dei minerali. Il magma si trova racchiuso in camere magmatiche, talvolta di dimensioni imponenti, all'interno della crosta terrestre, ad una profondità che può variare da qualche km a qualche decina di km. Se il magma solidifica in profondità all'interno della crosta terrestre in condizioni di pressione elevata si formano le rocce magmatiche intrusive (o plutoniche), se invece la solidificazione avviene una volta che il magma è fuoriuscito e quindi in condizione di bassa pressione si formano le rocce magmatiche effusive (o vulcaniche). 1.5.1 Rocce intrusive (Plutoniti) Se la solidificazione avviene in profondità, in presenza della componente volatile, attraverso un processo di lento raffreddamento, tutti i minerali hanno l'opportunità di cristallizzare più o meno regolarmente. Ne risulta una roccia costituita interamente da cristalli dei vari minerali, distinguibili ad occhio nudo. 1.5.2 Rocce effusive (Vulcaniti) Se il magma, dopo essere risalito, solidifica in superficie attraverso un rapido processo di raffreddamento e degasamento che lo priva della componente volatile, solo i minerali altofondenti (a più elevato punto di fusione), che si sono potuti solidificare in precedenza, potranno formare cristalli evidenti, gli altri minerali formeranno una matrice microcristallina, costituita da cristalli invisibili ad occhio nudo, o, addirittura, un solido amorfo. Tale struttura è tipica del porfido. In alcuni casi, quando il raffreddamento è particolarmente rapido, le rocce effusive possono dar luogo a strutture particolari, come nel caso delle ossidiane, producendo un solido perfettamente amorfo o "vetroso". Un altro caso particolare è quello delle pomici, in cui un degasamento particolarmente rapido ha prodotto una struttura spugnosa. 1.5.3 Caratteristiche chimico-fisiche dei magmi I magmi possono presentare caratteristiche diverse e quindi, durante il processo di solidificazione, possono dare origine a rocce con diversa composizione mineralogica. Il criterio fondamentale attraverso il quale si classificano i magmi e le rocce che da essi traggono origine, tiene conto essenzialmente del diverso contenuto in silice totale, sia quella che nelle rocce si troverà sotto forma di silicati ("silice legata") , sia quella che si troverà sotto forma di "silice libera" a formare il quarzo. Maggiore è il contenuto in silice di un magma (e delle rocce da esso derivate) e più il magma viene classificato come "acido". In tal caso i termini "acido", "basico" e "neutro" non hanno nulla a che vedere con il pH del magma, ma rimandano al fatto che i silicati possono essere pensati come derivati dell'acido silicico. 1.6 Le rocce sedimentarie Ricoprono buona parte della superficie terrestre (75% circa), formando tuttavia uno strato estremamente sottile. Le rocce sedimentarie si formano dall'accumulo, dalla compattazione e dalla successiva cementificazione di materiale incoerente di origine prevalentemente inorganica, in ambiente quasi sempre subacqueo. La classificazione più semplice delle rocce sedimentarie si fonda sulla natura e sull'origine del materiale che costituisce il sedimento, distinguendole in : • clastiche o detritiche, • di deposito chimico • organogene. 1.6.1 Rocce sedimentarie clastiche o detritiche Le rocce detritiche si producono per degradazione o alterazione di rocce preesistenti, con formazioni di frammenti rocciosi, detti clasti. Nel processo di formazione di tali rocce si distinguono tipicamente 5 fasi, delle quali le ultime due sono comuni anche agli altri tipi di rocce sedimentarie: degradazione erosione trasporto sedimentazione diagenesi. 1.6.1.a Degradazione o alterazione di una roccia preesistente Consiste in un complesso di fenomeni fisici e chimici legati per la maggior parte alla presenza degli agenti atmosferici. Quando per cause diverse rocce che si sono formate in profondità vengono in superficie, si trovano esposte a condizioni chimico-fisiche completamente diverse da quelle in cui si sono formate. E' perciò naturale che molti minerali che le compongono non siano più stabili e subiscano una serie di modificazioni che tendono ad adattarli alle nuove condizioni termodinamiche. 1.6.1.b Erosione Una volta che la roccia è stata alterata i frammenti rocciosi possono essere erosi o rimossi ad opera degli agenti geomorfologici. Con tale termine si indicano tutti quegli agenti in grado di modificare l'aspetto della superficie terrestre come il vento, le precipitazioni, i corsi d'acqua, il moto ondoso e le correnti marine, i ghiacciai e la stessa gravità. Naturalmente l'erosione avviene più facilmente sulla roccia già degradata, ma può avvenire, anche se con maggior difficoltà e lentezza anche su rocce non degradate. 1.6.1.c Trasporto dei clasti Una volta rimossi, i frammenti rocciosi vengono trasportati dagli stessi agenti responsabili del processo erosivo per tratti più o meno lunghi. I maggiori responsabili del trasporto dei clasti sono senz'altro i corsi d'acqua, dove i frammenti rocciosi possono essere portati per lo più in sospensione. 1.6.1.d Sedimentazione Quando la forza di trasporto diminuisce o cessa, i frammenti rocciosi si depositano, o meglio, sedimentano. Come abbiamo già detto la maggior parte della sedimentazione avviene in ambiente subacqueo. In genere sedimentano per primi i clasti di dimensioni maggiori e poi, via via quelli più piccoli. Il processo di sedimentazione produce strati di sedimenti, spesso con caratteristiche diverse, per struttura, colore e a volte anche per composizione chimica. La stratificazione è una caratteristica peculiare delle rocce sedimentarie, che le rende facilmente distinguibili dalle altre rocce. Inoltre assieme ai clasti si mescolano inevitabilmente resti di organismi morti che spesso si conservano all'interno della roccia come fossili. Solo le rocce sedimentarie presentano fossili. L'analisi delle caratteristiche litologiche (tipo e struttura dei sedimenti) e paleontologiche (tipo di fossili) permette di risalire all'ambiente di sedimentazione (marino, fluviale, morenico, costiero, desertico etc) e spesso anche alle condizioni climatiche in cui è avvenuta la sedimentazione (ad esempio climi aridi possono produrre arenarie ed evaporiti, climi umidi sono testimoniati dalla presenza di carbone). 1.6.1.e Diagenesi o Litificazione La semplice sedimentazione di materiale incoerente non è in grado di produrre una roccia. Sono necessari dei processi di costipamento e di cementazione dei clasti, che producono la vera e propria litificazione, il passaggio cioè da un materiale sciolto ad una struttura rocciosa. Il costipamento consiste nella progressiva diminuzione di volume degli strati più profondi per compressione da parte dei sedimenti che si vanno via via accumulando in superficie. La cementazione consiste nella precipitazione dei sali disciolti nell'acqua che impregna i sedimenti, man mano che questa viene eliminata dal processo di costipamento. Si tratta quasi sempre di CaCO3 e di SiO2, che si depositano tra gli interstizi saldando insieme i clasti. C 1.6.2 Rocce sedimentarie di deposito chimico Si formano per precipitazione chimica di sostanze disciolte nelle acque. Le cause della precipitazione possono essere diverse. Tra le più frequenti vi è l'evaporazione dell'acqua che, eliminando il solvente, aumenta la concentrazione dei soluti fino a raggiungere il punto di saturazione, il raffreddamento delle acque termali che produce una diminuzione nella solubilità dei sali (la solubilità dei sali aumenta all'aumentare della temperatura). Quando i sali disciolti nell'acqua iniziano a precipitare, per evaporazione o per raffreddamento dell'acqua, si depositano sempre con una certa successione che dipende dalla diversa solubilità. Essendo poco solubile e precipitando per primo il carbonato di calcio forma la maggior parte delle rocce di deposito chimico. 1.6.3 Rocce sedimentarie organogene Sono rocce formatesi in seguito all'attività di organismi viventi. La gran parte di queste rocce si forma in ambiente marino. Qui vivono un gran numero di specie animali e vegetali in grado di estrarre dall'acqua del mare calcare o silice, che utilizzano per la costruzione di scheletri e rivestimenti (gusci e conchiglie). Alla loro morte, mentre la sostanza organica va rapidamente in decomposizione, le loro strutture di sostegno possono facilmente depositarsi ed accumularsi producendo sedimenti in grado di litificare. I più diffusi sono senz'altro i calcari organogeni. 1.7 Le rocce metamorfiche Le rocce metamorfiche derivano da cambiamenti nella composizione chimica e nella struttura di rocce preesistenti quando queste vengono sottoposte a drastiche modificazioni nelle condizioni di temperatura e/o pressione. Una roccia è sempre costituita da un'associazione di minerali stabili alle condizioni di temperatura e di pressione alle quali la roccia si è formata. Se essa viene sottoposta a condizioni di temperatura e/o pressione differenti i suoi minerali tendono a modificarsi verso una nuova associazione mineralogica in equilibrio con le nuove condizioni di temperatura e pressione. Nella maggior parte dei casi il metamorfismo interessa masse rocciose superficiali, formatesi in condizioni di temperatura e pressione ordinarie, che, sepolte sotto migliaia di metri di sedimenti, vengono sottoposte ad un aumento di temperatura e di pressione. In questo caso il metamorfismo si dice prògrado. Nei rari casi in cui una roccia sia sottoposta a temperature inferiori a quelle che hanno caratterizzato il suo processo di formazione, il metamorfismo si dice retrògrado. Il metamorfismo comporta una riorganizzazione degli atomi all'interno dei diversi minerali con formazione di nuove specie chimiche e con la produzione, qualora inizialmente assente, di una struttura cristallina. Tutte queste modificazioni avvengono in rocce che mantengono lo Stato Solido cioè senza che essa passi allo stato fuso, nel qual caso si produrrebbe una nuova roccia magmatica. La ricristallizzazione metamorfica è facilitata dalla presenza di acqua e di composti allo stato aeriforme in genere. Liceo Scientifico. Materia: Geografia Astronomica.. Modulo n°3. Titolo del modulo: I materiali della crosta terrestre. Contenuto del Modulo: La litosfera. I minerali. Le rocce. Il processo magmatico. Struttura composizione e classificazione delle rocce magmatiche. Il processo sedimentario. Classificazione delle rocce sedimentarie. Il processo metamorfico. Struttura, composizione e classificazione delle rocce metamorfiche. Il ciclo delle rocce. Obiettivi: 1) Acquisire i concetti di: minerale, roccia, magma, lava, diagenesi e metamorfismo. 2) Sapere come mettere in ordine i dati raccolti sulle rocce. CONTENUTI I MINERALI I minerali sono sostanze naturali,solide, omogenee,e sono definiti con formula chimica. LE ROCCE Una roccia è un aggregato di minerali diversi. Esse si classificano in base alla loro origine.Parliamo di rocce magmatiche quando si formano dalla solidificazione del magma, rocce sedimentarie se derivano dai sedimenti, rocce metamorfiche se hanno origine dalle magmatiche o dalle sedimentarie modificate per effetto di variazioni di temperatura o di pressione. Le rocce magmatiche si classificano in: intrusive ed effusive Le intrusive hanno struttura granulare,le effusive struttura microcristallina o a pasta vetrosa. Le rocce magmatiche sono anche classificate in: sialiche, basiche e ultrabasiche, questa suddivisione viene fatta in base al contenuto di silice. Le rocce sedimentarie si possono formare o da sedimenti inorganici o organici; il passaggio da sedimento sciolto a roccia compatta è detto Diagenesi. Esse vengono classificate in: rocce clastiche o detritiche, organogene o biogene e chimiche. Le rocce metamorfiche si differenziano in base al tipo di metamorfismo che subiscono,il quale può essere: metamorfismo di contatto(alta temperatura), metamorfismo cataclastico o dinamico(alta pressione) e metamorfismo regionale(alta temperatura e pressione). IL CICLO DELLE ROCCE Le rocce cambiano continuamente; un frammento di roccia magmatica può, col passare degli anni, trovarsi su un fondale marino ed entrare a far parte di una roccia sedimentaria poi, se le condizioni di temperatura e di pressione cambiano, diventare roccia metamorfica e infine tornare allo stato fluido e formare nuovamente una roccia magmatica. Questi cambiamenti costituiscono il cosiddetto ciclo litogenetico. Liceo Scientifico. Materia: Geografia Astronomica. Modulo n°4. Titolo del modulo: Instabilità del pianeta Terra. Contenuto del Modulo: Fenomeni vulcanici. Eruzioni vulcaniche e prodotti dell’attività vulcanica. Tipi di eruzioni ed edifici vulcanici. Fenomeni sismici. Come si localizza un terremoto. Forza dei terremoti. La teoria della deriva dei continenti. Lo studio dei fondali oceanici. Il paleomagnetismo. Le dorsali oceaniche. Le fosse oceaniche. La teoria di espansione dei fondali oceanici. La teoria della tettonica a zolle. I movimenti delle zolle. Tettonica a zolle e attività sismica e vulcanica. Obiettivi: 1) Acquisire i concetti di: ipocentro, epicentro, crosta, mantello, litosfera, atmosfera, isostasia, magnetizzazione permanente. 2) Saper analizzare fenomeni sismici e vulcanici individuandone gli aspetti significativi. 3) Comprendere il valore della teoria della tettonica a zolle come cornice in cui inquadrare la storia della Terra. CONTENUTI I VULCANI Magma e lava: nel mantello, per l’alta temperatura e pressione,si ha la fusione dei materiali solidi che lo compongono con formazione di magma. Il magma allo stato fuso è formato da silicati,gas(CO2 e SO2),e vapore acqueo. La lava corrisponde al magma ma è priva di gas. I magmi possono essere basaltici o granitici, i primi sono più fluidi, i secondi più densi. Il vulcano è costituito da: un focolaio magmatico, un serbatoio magmatico,un condotto e un cratere principale e talvolta crateri secondari. Le eruzioni possono essere effusive, esplosive,alternate con sovrapposizione di colate laviche e piroclasti. I TERREMOTI La liberazione di energia di tipo potenziale elastico accumulatasi nel tempo in una certa zona della crosta o del mantello superiore si manifesta sotto forma di terremoto o sisma. Le cause dei terremoti sono dovute ai movimenti delle zolle litosferiche, ai crolli per sprofondamento, agli spostamenti di magma. E’ detto ipocentro il luogo in profondità da cui si ha liberazione di energia,epicentro il punto corrispondente sulla verticale localizzato sulla superficie. L’energia si propaga sotto forma di onde sismiche:onde prime(le più veloci) e onde seconde che si originano dall’ipocentro e generano scosse sussultorie; onde longitudinali che partono dall’epicentro e producono scosse superficiali ondulatorie. Il sismografo è lo strumento utilizzato per registrare le onde sismiche: le vibrazioni vengono registrate in un diagramma detto sismogramma. TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI La teoria della deriva dei continenti, formulata da Wegener nel 1912, presuppone l’esistenza primordiale di un unico continente, la Pangea, circondato da un unico mare, la Panthalassa. Alla fine dell’era paleozoica la Pangea si sarebbe divisa in due grandi blocchi: Laurasia e Gondwana, separati dal mare Tetide.Più tardi essi si sarebbero ulteriormente smembrati fino a giungere all’attuale disposizione dei continenti. LA TEORIA DELL’ESPANZIONE DEI FONDI OCEANICI La teoria dell’espansione dei fondali oceanici presuppone l’allontanamento reciproco delle masse continentali dovuto a movimenti di convezione presenti nel mantello. LA TEORIA DELLA TETTONICA A ZOLLE Questa teoria presuppone la suddivisione della crosta terrestre in tante zolle, o placche, che, per la presenza di moti di convezione del mantello, sono in continuo movimento e possono allontanarsi l’una dall’altra,oppure scontrarsi o ancora scivolare l’una di fianco all’altra. Secondo questa teoria, che è ormai accettata universalmente, le zolle in movimento, a seconda della loro natura(continentale o oceanica) e dei loro rapporti reciproci(convergenza, divergenza o scivolamento) spiegano tutti i fenomeni geologici della superficie terrestre. Nello scontro tra un margine continentale e uno oceanico si ha la subduzione lungo un piano, detto di Benioff,con distruzione di crosta oceanica. Nello scontro tra due margini oceanici la risalita di magma provoca la formazione di isole vulcaniche. Nello scontro tra due margini continentali le zolle si corrugano e formano le montagne.