Lettera ai vescovi italiani di GIOVANNI PAOLO Il INDICE Lettera ai vescovi italiani di Giovanni Paolo Il Le responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell'attuale momento storico pag. 1 Messaggio per la XLII SETTIMANA sociale pag. 5 Messaggio alla assemblea della CEI pag. 7 XLII Settimana sociale dei cattolici italiani pag. 8 Identità nazionale, democrazia e bene comune 1.Lo scopo del documento pag. 9 2.Il tema della XLII Settimana sociale pag. 9 3.La fase storica che viviamo pag. 9 4.Il coinvolgimento dei cattolici pag. 9 5.L'esigenza della dimensione nazionale pag. 9 6.La debole identità nazionale pag. 10 7.La rivitalizzazione delle istituzioni pag. 10 8.Il ruolo della politica pag. 10 9.Lotta agli equivoci pag. 11 10.Il riferimento alla dottrina sociale della Chiesa pag.11 11.L'impegno della Chiesa italiana pag. 11 12.Gli impegni dei cattolici pag. 12 Commissione ecclesiale “Giustizia e pace Cinque rischi da evitare per risolvere il caso Italia 1.La centralità della questione morale 2.L'autentico amore per la giustizia 3.Corruzione della vita è anche l'infedeltà al proprio dovere” pag. 12 pag. 13 pag. 13 pag. 14 Le responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell'attuale momento storico Appello ad una grande preghiera del popolo italiano Carissimi vescovi italiani! 1. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Si gnore Gesù Cristo” (Rm 1,7). L'attuale momento storico, segnato da eventi di singo lare rilevanza sociale, costituisce anche per i cattolici italiani un forte richiamo alla decisione ed all'impegno. Consa pevole delle formidabili sfide che emergono dai “segni dei tempi”, come vescovo di Roma mi rivolgo con profondo af fetto a voi, vescovi delle Chiese che sono nella penisola e nelle isole, vescovi del nord, del centro e del sud d'Italia, per condividere preoccupazioni e speranze e, in particolare, per rendere testimonianza a quell'eredità di valori umani e cristiani che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano. Questa eredità ho voluto ricordare in occa sione del messaggio natalizio al mondo e su di essa è nostro dovere soffermarci a riflettere in prossimità ormai della fi ne del secondo millennio. Si tratta, innanzitutto, dell'eredità della fede, qui suscitata dalla predicazione apostolica fin dai primissimi anni dell'era cristiana e presto avvalorata dall'effusione del sangue di numerosissimi martiri. Il seme sparso da Pietro e da Paolo e dai loro discepoli ha messo profonde radici nell'ani mo delle popolazioni di questa terra, favorendone il progresso anche civile e suscitando fra di e sse nuovi e fecondi vincoli di coesione e di collaborazione. Si tratta, poi, dell'eredità della cultura, fiorita su quel comune ceppo nel corso delle generazioni. Quali tesori di conoscenze, di intuizioni, di esperienze sono venuti accu mulandosi anche grazie alla fede e si sono poi espressi nella letteratura, nell'arte, nelle iniziative umanitarie, nelle isti tuzioni giuridiche e in tutto quel tessuto vivo di usi e costumi che forma l'anima più vera del popolo! È una ricchezza a cui si guarda con ammirazione e, potremmo dire, con invidia da ogni parte del mondo. Gli italiani di oggi non possono non esserne consapevoli e fieri. Si tratta, infine dell'eredità dell'unità, che, anche al di là della sua specifica configurazione politica, maturata nel corso del secolo XIX, è profondamente radicata nella coscienza degli italiani che, in forza della lingua, delle vicende storiche, della comune fede e cultura, si sono sempre sentiti parte integrante di un unico popolo. Questa unità si misura non sugli anni, ma su lunghi secoli di storia. 2. La situazione sociale e politica, che l'Italia sta viven do in questa fase delicata della sua storia, risente indubbiamente dei cambiamenti epocali verificatisi in Europa nel corso di quell'anno straordinario che è stato il 1989. Alla precedente contrapposizione fra i due blocchi, comune mente designati con i nomi convenzionali dell'est e dell'o vest, ha fatto seguito un “crollo repentino e veramente straordinario del sistema comunista”, dovuto sicuramente a “ragioni di caratt ere economico e socio-politico”, ma più in profondità ad “una motivazione etico -antropologica e, in definitiva, spirituale” (cf. Dichiarazione conclusiva dell'Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei vescovi, n. 1). Il mutato quadro geopolitico europeo appare così in costante evoluzione, preannunciando per i prossimi anni grandi sfide e nuovi scenari: mentre infatti progredisce, da una parte, il cammino verso l'unità europea, si pone, dall'altra, in modo acuto il problema dei rapporti tra le nazion i e non di rado si registrano rigurgiti di esasperato nazionalismo, so prattutto nei paesi dell'est europeo e nei Balcani, come dolorosamente dimostra la triste situazione dei giorni nostri. 3. Ecco perché, proprio a partire da una lettura dei “segni dei tempi” alla luce dei valori di umana e cristiana solidarietà, mi sembra quanto mai importante ed urgente proseguire coraggiosamente lo sforzo di edificazione della nuova Europa, in convinta adesione a quegli ideali che, nel recente passato, hanno ispirato e guidato statisti di grande levatura, quali Alcide De Gasperi in Italia, Konrad Adenauer in Germania, Maurice Schuman in Francia, facendo ne i padri dell'Europa contemporanea. Non è significativo che, tra i principali promotori della unificazione del conti nente, vi siano uomini animati da profonda fede cristiana? Non fu forse dai valori evangelici della libertà e della solidarietà che essi trassero ispirazione per il loro coraggios o disegno? Un disegno, peraltro, che ad essi appariva giustamente realistico, nonostante le prevedibili difficoltà, per la lucida consapevolezza che essi avevano del ruolo svolto dal cristianesimo nella formazione e nello sviluppo delle culture presenti nei diversi paesi del continente. L'eredità spirituale e politica, tramandata da queste grandi figure storiche, va pertanto non solo custodita e difesa, ma sviluppata e rafforzata. Occorre una generale mobilitazione di tutte le forze, perché l'Europa sappia progredire nella ricerca della sua unità guardando, nello stesso tempo, “al di là dei propri confini e del proprio interesse” (Dichiarazione..., cit., n. 11). Potrà così contribuire a costruire un futuro di giustizia, di solidarietà e di pace per ogn i nazione, abbattendo barriere e preconcetti etnici e culturali superando le divisioni esistenti tra occidente ed oriente, tra nord e sud del pianeta. 4. In questo quadro europeo e mondiale, carissimi fra telli nell'episcopato, è giusto che ci poniamo la domanda: “Quali sono le possibilità e le responsabilità dell'Italia?”. Sono convinto che l’Italia come nazione ha moltissimo da offrire a tutta l'Europa. Le tendenze che oggi mirano ad indebolire l'Italia sono negative per l'Europa stessa e nascono anche sullo sfondo della negazione del cristianesimo. In una tale prospettiva si vorrebbe creare un'Europa, e in essa anche un'Italia, che siano apparentemente “neutrali” sul piano dei valori, ma che in realtà collaborino alla diffu sione di un modello postilluministico di vita. Ciò si può ve dere anche in alcune tendenze operanti nel funzionamento di istituzioni europee. Contro l'orientamento di coloro che furono i padri dell'Europa unita, alcune forze, attualmente operanti in questa co munità, sembrano piuttosto ridurre il senso della sua esistenza e della sua azione ad una dimensio ne puramente economica e secolaristica. All'Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l'Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo. Di questo preciso compito dovrà avere chiara consapevolezza la società italiana nell'attuale mo mento storico, quando viene compiuto il bilancio politico del passato, dal dop oguerra ad oggi. 5. A tale bilancio non possiamo rimanere estranei o indif ferenti, perché, come pastori animati da profondo amore per il bene vero e integrale dell'uomo e della società, siamo chia mati a “discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui il popolo di Dio prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio” (Gaudium et spes 11). In particolare, la caduta del comunismo nell'Europa centrale e orientale ha provocato anche in Italia un nuovo modo di guardare alle forze politiche e ai loro rapporti. Si sono così udite delle voci secondo le quali, nella nuova stagione politica, una forza di ispirazione cristiana avrebbe cessato di essere necessaria. Si tratta però di una valutazione errata, perché la presenza dei laici cristiani nella vita sociale e politica non solo è stata importante per opporsi alle va rie forme di totalitarismo, a cominciare da quello comunista, ma è ancora necessaria per esprimere sul piano sociale e politico la tradizione e la cultura cristiana della società italiana. 6. Certamente oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico. Accanto a coloro che, ispirandosi ai valori cristiani, hanno contribuito a governare l'Ita lia nel corso di quasi mezzo secolo, acquistando innegabili meriti verso il paese e il suo sviluppo, non sono mancate purtroppo persone che non hanno saputo evitare addebiti anche gravi: persone, in particolare, che non sempre sono state capaci di contrastare le pressioni sia delle forze che spingevano verso un eccessivo statalismo, sia di quelle che cercavano di far prevalere i propri interessi sul bene comune. Alcuni, inoltre, sono accusati di aver violato le leggi dello stato. Proprio queste accuse, rivolte per il vero alle diverse forze politiche ed anche ad istanze operanti nella stessa società civile, hanno provocato iniziative di carattere giudi ziario, che attualmente stanno modificando in modo profondo il volto politico dell'Italia. Un bilancio onesto e veritiero degli anni dal dopoguer ra ad oggi non può dimenticare, però, tutto ciò che i cattolici, insieme ad altre forze democratiche, hanno fatto per il bene dell'Italia. Non si possono dimenticare cioè tutte quelle significative realizzazioni ch e hanno portato l'Italia ad entrare nel numero dei sette paesi più sviluppati del mondo, né si può sottovalutare o scordare il grande merito di avere salvato la libertà e la democrazia. Tanto meno si può accettare l'idea che il cristianesimo, e in particolare la dottrina sociale della chiesa, con i suoi contenuti essenziali ed irrinunciabili, dopo tutto un secolo dalla Rerum novarum al concilio Vaticano Il e alla Centesimus annus, abbiano cessato di essere, nell'attuale situazione, il fondamento e l'impul so per l'impegno sociale e politico dei cristiani. i laici cristiani non possono dunque, proprio in questo decisivo momento storico, sottrarsi alle loro responsabilità. Devono piuttosto testimoniare con coraggio la loro fiducia in Dio, Signore della storia, e il loro amore per l'Italia attraverso una presenza unita e coerente e un servizio onesto e disinteressato nel campo sociale e politico, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione. 7. Se la situazione attuale sollecita il rinnovamento sociale e politico, a noi pastori tocca richiamarne con forza i necessari presupposti, che si riconducono al rinnovamento delle menti e dei cuori, e dunque al rinnovamento culturale, morale e religioso (cf. Veritatis splendor 98). Proprio qui si colloca la nostra missione pastorale: dobbiamo chiamare tutti ad uno specifico esame di coscienza. Questo è un bilancio non solo di carattere politico, ma an che di carattere culturale ed etico. È necessario allora aiutare tutti a liberare tale bilancio dagli aspetti utilitaristici e congiunturali, come pure dai rischi di una manipolazione dell'opinione pubblica. Mi riferisco specialmente alle tendenze corporative ed ai rischi separatisti che sembrano emergere nel paese. In Italia, per la verità, da molto tempo esiste una certa tensione tra il nord, piuttosto ricco, e il sud, più povero. Ma oggi questa tensione si fa più acuta. Le tendenze corporative ed i rischi separatisti vanno però decisamente superati con un onesto atteggiamento di amore per il bene della propria nazione e con comportamenti di rinnovata solidarietà. Si tratta di una solidarietà che dev'essere vissuta non solo all'interno del paese, ma anche nei riguardi dell'Europa e del Terzo mondo. L'amore per la propria nazione e la solidarietà con l'umanità tutta non contraddicono il legame dell'uomo con la regione e con la comunità locale, in cui è na to, e gli obblighi che egli ha verso di esse. La solidarietà passa piuttosto attraverso tutte le comunità in cui l'uomo vive: la famiglia, in primo luogo, la comunità locale e regio nale, la nazione, il continente, l'umanità intera: la solidarietà le anima, raccordandole fra di loro secondo il princi pio di sussidiarietà che attribuisce a ciascuna di esse il giusto grado di autonomia. Non può essere, poi, trascurato il pericolo che questo esame di coscienza, pienamente legittimo e necessario per la rinascita della società italiana, possa diventare l'occasione per una dannosa manipolazione dell'opinione pubblica. E certamente giusto che i presunti colpevoli, siano giudicati e, se realmente colpevoli, ne subiscano le conseguenze le gali. Nello stesso tempo però bisogna domandarsi fin dove giungono gli abusi e dove incomincia un normale e sano funzionamento delle istituzioni al servizi o del bene comune. È ovvio che una società ben ordinata non può mettere le decisioni sulla sua sorte futura nelle mani della sola autorità giudiziaria. Il potere legislativo e quello esecutivo, infatti, hanno le proprie specifiche competenze e responsabilità. Il compito della Chiesa a questo proposito sembra essere dunque l'esortazione al rinnovamento morale e ad una profonda solidarietà degli italiani, così da assicurare le condizioni della riconciliazione e del superamento delle divi sioni e delle contrapposizioni. 8. Carissimi fratelli nell'episcopato, la nostra comune sollecitudine per l'Italia non può esprimersi soltanto attraverso le parole. Se la società italiana deve profondamente rinnovarsi, purificandosi dai reciproci sospetti e guardando con fiducia verso il suo futuro, allora è necessario che tutti i credenti si mobilitino mediante la comune preghiera. So per esperienza personale quanto significò nella storia della mia nazione una tale preghiera. Di fronte all'anno 2000 tutta la Chiesa, e in particolare tutta l'Europa, ha bisogno di una grande preghiera, che passi, come onde convergenti, attraverso le varie Chiese, nazioni, continenti. In questa grande preghiera vi è un posto particolare per l'Italia: l'esperienza degli ultimi anni costituisce anche uno specifico richiamo al bisogno ditale preghiera. La preghiera significa sempre una specie di “confessione”, di riconoscimento della pre senza di Dio nella storia e della sua opera a favore degli uo mini e dei popoli; al tempo stesso, la preghier a promuove una più stretta unione con Lui e un reciproco avvicinamen to tra gli uomini. Come vescovi delle Chiese che sono in Italia dovremo indire presto questa grande preghiera del popolo italiano, in vista dell'anno 2000 che si sta avvicinando e in rife rimento alla situazione attuale, in cui urge la mobilitazione delle forze spirituali e morali dell'intera società. È mia convinzione, condivisa da italiani insigni anche non cattolici prati canti, come il compianto presidente Pertini, che la Chiesa in Italia possa fare molto di più di quanto si ritiene generalmente. Essa è una grande forza sociale che unisce gli abitanti dell'Italia, dal nord al sud. Una forza che ha superato la prova della storia. La Chiesa è una tale forza prima di tutto attraverso la preghiera, e l'unità nella preghiera. È giunto il momento in cui questa convinzione può e deve essere maggiormente concretizzata. L'esortazione stessa ad una tale preghiera, la sua preparazione programmatica, la sua profonda motivazione in questo momento storico, saranno per tutti gli ita liani un invito a riflettere e a comprendere. Saranno forse anche un esempio e uno stimolo per le altre nazioni. “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). La parola di Gesù contiene il più convincente invito alla preghiera ed insieme il più forte motivo di fiducia nella presenza del Sal vatore in mezzo a noi. Proprio questa presenza è fonte inesauribile di speranza e di coraggio anche nelle situazioni confuse e travagliate della storia dei singoli e dei popoli. Carissimi fratelli nell'episcopato, rimetto nelle vostre mani, con profonda comunione e fiducia, questi pensieri e questi voti. Lo faccio unicamente per l'amore che provo per la nazione italiana, che fin dall'inizio del mio pontificato mi ha dimostrato così grande benevolenza, tanto che sento di poter parlare dell'Italia come della mia seconda patria. Su di essa invoco la materna intercessione di Maria, che ha generato per noi il Redentore, e la protezione dei santi F rancesco e Caterina, mentre di cuore benedico voi e tutti gli italiani. Dal Vaticano, 6 gennaio 1994, solennità dell'Epifania del Signore _ Giovanni Paolo Il MESSAGGIO in occasione della XLII Settimana sociale dei cattolici italiani Al venerato fratello card. Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana. 1. In occasione della XLII Settimana sociale, che si svolgerà a Torino dal 28 settembre al 2 ottobre c.a., desidero porgere a lei, al card. Giovanni Saldarini, arc ivescovo di Torino, ai relatori, al Comitato scientifico-organizzatore dell'assise ed a tutti i partecipanti il mio cordiale saluto, ed esprimere rinnovato apprezzamento per l'iniziativa che riu nisce qualificati esponenti della cultura, impegnandoli nell'approfondimento di specifici aspetti della vita sociale, economica, politica alla luce dei valori cristiani. In tale prospettiva, il tema prescelto - “Identità nazionale, democrazia e bene comune” - si rivela di particolare rilievo nella ricerca della giusta risposta a fondamentali quesiti circa il vero bene della società. Il dibattito che le Settimane sociali sollecitano a livelli diversi diventa così fonte di arricchimento per la cultura e la prassi politica dell'Italia, contribuendo alla costruzione di una società rinnovata. Indispensabile, a tal fine, è il richiamo alla preminenza dei valori spirituali e morali. Tale richiamo non mancherà di echeggiare durante i lavori della Settimana sociale, in piena sintonia con la principale preoccupazione della Chiesa, la quale - come ho ricordato nell'enciclica Centesimus annus - “quando annuncia all'uomo la salvezza di Dio, quando gli offre e comunica la vita divina mediante i sacramenti, quando orienta la sua vita con i comandamenti del l'amore di Dio e del prossimo... contribuisce all'arricchimento della dignità dell'uomo” (n. 55). 2. La società italiana sta attraversando un processo di forte trasformazione sociale ed economica, unito a una fase di revisione profonda della propria identità civile e politi ca. E necessario che in tale processo ci si interroghi sulla di mensione nazionale unitaria in cui, storicamente, è venuta via via riconoscendosi una società da sempre articolata e di versificata come quella italiana. Essa si trova oggi, non di versamente da quanto accade in altri paesi, dinanzi a pro blemi nuovi che richiedono un aggiornamento delle sue isti tuzioni. Nelle attuali circostanze, una solida formazione cristiana può offrire orientamenti sicuri per favorire il “cambiamento” e per superare le nuove, e spesso tragiche, situazioni di insicurezza, di ingiustizia e di emarginazione. Secondo il pensiero sociale cristiano, la nazione, cioè “quella grande società alla quale l'uomo appartiene in base a particolari legami culturali e storici” (Laborem exercens 10), costituisce una realtà umana di valore fondamentale, avente diritto a una propria identità e a un proprio svilup po. Se in una nazione, ed è il caso attuale dell'Italia, la poli tica è in crisi, è questa stessa a dover essere restituita al suo ruolo; così come al loro ambito e al loro ruolo vanno resti tuiti la società civile, il mercato e le istituzioni. Quando si riscontra una caduta del senso dello stato, è questo stesso che deve essere rafforzato. 3. Il momento critico che la nazione italiana sta attraversando deve essere per i cattolici, come per tutti i cittadini responsabili, un tempo di impegno generoso e forte. Una serena valutazione del cammino percorso dall'uni ta d'Italia a oggi mette in evidenza quanto di positivo è stato compiuto per superare limiti e difficoltà. In particolare, non si può negare che negli ultimi cinquant'anni è stata assicurata la partecipazione di tutti i cittadini alle scelte politi che e all'elezione dei propri governanti. La crescita della coesione nazionale , peraltro, dipende dalla sempre più ampia partecipazione popolare e non da disegni di “oligar chie” statuali di vertice. L'identità nazionale, infatti, deve basarsi sulla valorizzazione della vitalità presente nella “pe riferia”, oltreché sui poteri centrali. Ciò è richiesto da valori irrinunciabili, quali la dignità della persona umana, il diritto alla partecipazione effettiva di tutti, la possibilità di sviluppo integrale di tutto l'uomo e di ogni uomo, l'esplicito riconoscimento dei diritti umani (cf. Centesimus annus 47). 4. I numerosi problemi che ci presentano oggi in Italia esigono un cambiamento motivato, atto a realizzare il bene di tutti. Sulla base del bene comune, infatti, si sviluppa il senso dell'identità nazionale e trova progressivo compimento la democrazia. L'insegnamento della dottrina socia le della Chiesa al riguardo può illuminare il futuro dalla nazione italiana. Il bene comune richiede un cambiamento ra dicale di orientamento: un'etica non individualistica, ma sollecita della part ecipazione e della condivisione. Per orientare in tal senso le riforme sociali occorre te nere in particolare considerazione i principi di sussidiarietà e di solidarietà. Il primo richiede che una società di ordine superiore non intefferisca nella vita interna di una società di ordine inferiore privandola delle sue competenze, ma la sostenga in caso di necessità, e la aiuti a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali in vista del bene comune (cf. Centesimus annus 18; CCC 1883-1885.1894); il principio di sussidiarietà comporta, pertanto, una concreta riflessione sul rapporto tra centralismo nazio nale e autonomie locali. La solidarietà, poi, è un atteggiamento che consente, ai singoli e alla società, di elaborare una vera cultura dei diritti e dei doveri, soprattutto di quelli concernenti la parteci pazione alla vita civile e di quelli legati ai ruoli di direzione e di governo della cosa pubblica. Sul fondamento della trascendente dignità di ogni uo mo è possibile costruire una nuova cultura, nella quale sia offerto in modo più vivo ad ogni singolo cittadino il senso del vivere insieme agli altri mediante una fitta trama di interazioni positive tra i vari livelli della convivenza civile; da quelli personali, di categoria e di gruppo, a quelli più ampi che investono la dimensione nazionale e gli interessi generali. La solidarietà dà concretezza alla “determinazione fer ma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia il bene di tutti” (Sollicitudo rei socialis 38). Ciò comporta un impegno personale per la giusta distribuzione dei pesi derivanti dalla conduzione della comunità; per una politica dell'occupazione e un modello di sviluppo e di benessere sociale che sappiano superare la logica del puro mercato. 5. Ai nostri giorni si rileva una certa difficoltà ad acco gliere la nozione di bene comune e le conseguenze che logicamente ne derivano. E utile e necessario che i cattolici sappiano individuare le forme più efficaci per riaffermare questo “principio” fo ndamentale al convivere sociale di ogni singola nazione e del mondo intero. A tal fine, essi dovranno impegnarsi a promuovere - come ha ribadito il concilio Vaticano Il - l'insieme di quelle condivisioni di vita sociale che consentano ai singoli cittadini di conseguire nel miglior modo possibile la propria realizzazione. Ciò suppo ne, in particolare, che sia data a ciascuno la possibilità di far sentire la propria presenza e la propria voce in seno alle istituzioni (cf. Gaudium et spes 6). Ancor prima di formulare proposte per l'impegno concreto, è necessario un approfondimento dei problemi che l'attuale situazione sociale pone ad ogni uomo di buona vo lontà; un approfondimento di alto profilo dottrinale e culturale, basato sia sulla conoscenza scientifi ca delle questioni sia sul loro esame alla luce dell'insegnamento della Chie sa in materia. 6. Come per l'“integrazione europea”, tema della XLI Settimana sociale, così per lo sviluppo di un'autentica identità nazionale, ispirata alla democrazia e orien tata al bene comune, è necessario promuovere una cultura più ricca, nella quale ogni dimensione dell'uomo trovi riscontro ed at tuazione. Infatti, “tutta l'attività umana ha luogo all'interno di una cultura e interagisce con essa... Per un'adeguata formazione ditale cultura si richiede il coinvolgimento di tutto l'uomo... Per questo, il primo e più importante lavoro si compie nel cuore dell'uomo, e il modo in cui questi si impegna a costruire il proprio futuro dipende dalla concezione che ha di se stesso e del suo destino” (Centesimus annus 51). Bastano questi cenni sommari per sottolineare l'impor tanza, in questo momento storico, della XLII Settimana sociale, e per richiamare ciascuno al senso del proprio impe gno per il futuro dell'Italia. Spiritualmente presente, assicuro la mia preghiera per un fruttuoso svolgimento del convegno, mentre, invocando su tutti i partecipanti la luce dall'Alto, volentieri imparto l'implorata benedizione apostolica. Dal Vaticano, 21 settembre 1993 Giovanni Paolo Il MESSAGGIO all'Assemblea generale della CEI di Collevalenza Carissimi fratelli nell'episcopato! 1. “Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (Gal 1,3). Con queste parole, abituali sulle labbra dell'apostolo Paolo, saluto tutti voi, vene rati confratelli vescovi delle Chiese in Italia. Saluto in particolare il cardinale presidente Camillo Ruini, i tre vicepresi denti, il segretario generale mons. Dionigi Tettamanzi. E per me motivo di consolazione e di gioia sentirmi spi ritualmente in mezzo a voi nel momento significativo dell'Assemblea generale, occasione preziosa per rinnovare l'e sperienza della comunione episcopale tra voi e con il successore di Pietro e per testimoniare la sollecitudine e il servizio pastorale verso la Chiesa di Dio che è in Italia. Proprio a questa Chiesa, ai suoi problemi e alle sue spe ranze, riservo costantemente, come vescovo di Roma, una particolare vicinanza di amore e di attenzione. 2. Con voi condivido l'impegno per un profondo rinnovamento pastorale, che in Italia prende, per questo decennio, come principio, criterio e misura il “Vangelo della cari tà”. Ciascuno di noi avverte la grazia e la responsabilità di essere mandato dal Signore, con la straordinaria ricchezza della sua Parola che salva, per formare comunità di creden ti dalla fede matura, capace di tradursi nella quotidiana sequela di Cristo e nella condivisione della sua carità per una vita di preghiera e di servizio generoso e disi nteressato ai fratelli, soprattutto ai sofferenti e ai poveri. Seguo anche questo momento non facile che il paese sta vivendo con gli stessi sentimenti di viva preoccupazione, ma anche di fiducia e di speranza cristiana, che sono di ogni autentico pastore d'anime. Anche in Italia “si fa sempre più diffuso e acuto il bisogno di un radicale rinnovamento personale e sociale, capace di assicurare giustizia, solidarietà, onestà, trasparenza” (Veritatis splendor 98). Siamo tutti convinti che la crisi economica, sociale e politica del paese è segno e frutto di una crisi più grave: quella culturale, etica e religiosa. 3. In questo senso, venerati e cari confratelli nell'epi scopato, la nostra opera appare particolarmente necessaria, anzi si fa più urgente. Siamo chiamati a indicare nel Vangelo il fondamento più solido per affermare la dignità inviolabile di ogni persona umana. Siamo chiamati, inoltre, a far ritrovare nella fede in Cristo la ragione ultima e la ri sorsa inesauribile per un impegno di servizio al bene comune e a mostrare nella partecipazione responsabile alla vita sociale e politica una forma esigente di carità. Siamo chiamati, infine, a ricordare ai fedeli laici la loro propria speci fica “vocazione” di “cercare il regno di Dio trattando le co se temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium 31): illuminati dalla dottrina sociale della Chiesa, sostenuti da una forte spiritualità e incoraggiati dalla vicinanza dei pastori, i fedeli laici potranno vivere, secondo le esigenze del Vangelo, il loro protagonismo nel mondo economico, sociale e politico. A questo fine, sono della più grande importanza le li nee e gli indirizzi ripetutamente espressi dalla Conferenza episcopale italiana, in modo chiaro e coraggioso, in spirito di servizio e con forte s enso di responsabilità. Sono linee e indirizzi che testimoniano l'opportuno impegno dei vescovi per il vero bene del paese. 4. I lavori di questa vostra assemblea si concentrano su di un tema di grande rilievo per la vita della chiesa: “I carismi della vita consacrata nella comunione ecclesiale in Italia”. Così vi preparate alla sessione ordinaria del sinodo dei vescovi del prossimo anno. Negli orientamenti pastorali per gli anni '90 avete scrit to: “La presenza e l'azione apostolica di tanti religiosi e religiose che operano nelle nostre Chiese particolari è una grande ricchezza che va più efficacemente riconosciuta e valorizzata nei compiti specifici che discendono dai loro propri carismi. L'inserimento organico degli Istituti religio si nel tessuto vivo della pastorale della Chiesa particolare rappresenta un contributo insostituibile per rendere opero sa e feconda l'azione della Chiesa, ma anche per richiamare tutta la comunità a quei valori di santità, di preghiera e di contemplazione, di servizio gen eroso e totale che la consacrazione religiosa esprime” (Evangelizzazione e testimonianza della carità 29). Riprendendo ora questo tema, vi potrà essere di grande aiuto la rinnovata considerazione della natura originale dei carismi nella vita della Chiesa . Questi, come tutti i doni dello Spirito Santo, non sono soltanto per le persone che li ricevono o per le comunità in cui esse si riuniscono per me glio viverli, ma sono a vantaggio di tutta la Chiesa (cf. ìCor 12,7). Chi riceve un dono dello Spirito Sant o potrà farlo fruttificare solo se egli sarà profondamente inserito nel di namismo della vita ecclesiale. 5. Ogni Chiesa particolare, da parte sua, non può rima nere indifferente o inerte di fronte al dono della vita consacrata: è un dono di cui ha bisogno per vivere e crescere. Sulla base di questa consapevolezza, le comunità ecclesiali accoglieranno questo dono, ne favoriranno lo sviluppo e l'esercizio nel rispetto della sua natura. Ciascun vescovo, in forza del mandato ricevuto dal Si gnore Gesù, è custode, animatore del carisma e dei carismi di vita consacrata e servitore della comunione e dell'unità della Chiesa particolare. Ai vescovi, infatti, come scrivono le note direttive Mutuae relationes, spetta il compito “di discernere i doni e le competenze, di coordinare le molteplici energie e di guidare tutto il popolo a vivere nel mondo come segno e strumento di salvezza” (n. 9c). 6. So che a questa vostra assemblea, in spirito di frater na comunione, avete invitato religiosi e religiose e rappresentanti di altre forme di vita consacrata. Li saluto con af fetto paterno e dico loro la gratitudine dell'intera Chiesa per la testimonianza che offrono nella sequela radicale di Cristo e del suo Vangelo e nella dedizione umile e generosa con cui si pongon o al servizio del progresso spirituale e delle necessità materiali di tantissime persone, soprattutto dei più poveri. Carissimi religiosi e religiose: dalla vostra preghiera, dalla carità, dall'impegno apostolico, dalla vita di santità dipendono la vitalità della Chiesa e l'aprirsi dell'umanità ai valori più alti del Regno. A tutti voi, consacrati e consacrate d'Italia, rivolgo co me augurio e propongo come traguardo le parole che santa Chiara, di cui celebriamo quest'anno l'ottavo centenario della nascita , scriveva a sant'Agnese di Praga: “Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell'eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nell'immagine della divinità di lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall'inizio a coloro che lo amano” (Lettera III). 7. Venerati confratelli nell'episcopato, invoco sui vostri lavori l'abbondanza dei doni del divino Spirito, che continua a sospingere la chiesa sulle strade del mondo, co me fece agli inizi (cf. At 1,8), guidandone i passi (cf. At 16,6s) e dandole forza per “annunciare la parol a di Dio con franchezza” (At 4,31). Nell'affidare questi voti alla materna intercessione della Vergine Santissima, imparto con affetto a voi e alle Chiese affidate alla vostra cura pastorale l'apostolica benedizione. Dal Vaticano, 23 ottobre 1993 XLII Settimana sociale dei cattolici italiani IDENTITÀ NAZIONALE, DEMOCRAZIA E BENE COMUNE Documento finale elaborato dal Comitato scientifico-organizzatore Presentazione A due anni dalla celebrazione della XL1 Settimana so ciale i cattolici italiani si sono ritrovati a Torino per un confronto e un approfondimento su: “Identità nazionale, demo crazia e bene comune”, tema della XLII Settimana. Dallo sguardo all'Europa nel suo faticoso costruirsi si è passati a considerare pi ù specificamente la situazione sociale, politica ed economica della nazione italiana. Il tema ha rappresentato un invito ad entrare nella storia del nostro paese in un momento particolarmente delicato per dare un apporto di idee e di orientamenti, idoneo a ristabilire una convivenza civile in un clima di verità, di giustizia, di equità, di solidarietà e di fiducia. Per il confronto e l'approfondimento il Comitato scienti fico-organizzatore ha curato la redazione di un documento preparatorio; ed ora, dopo i l dibattito in assemblea, propone in questo “documento finale” le riflessioni e gli orientamenti che ne sono scaturiti. Il Comitato offre queste brevi note a tutti coloro che han no a cuore la situazione del nostro paese. + FERNANDO CHARRIER Presidente del Comitato scientifico-organizzatore 1. Lo scopo del documento L'ampio materiale accumulato durante la preparazione e lo svolgimento della XLII Settimana sociale dei cattolici italiani ha consentito di pervenire agli orientamenti conte nuti nel presente documento finale. Alla elaborazione di tali orientamenti ha dato una luce e un sostegno determi nanti l'autorevole messaggio di Giovanni Paolo Il, al quale il Comitato ha ispirato queste note conclusive. Il documento, che qui presentiamo come conclusione propositiva innanzitutto ai cattolici e, insieme con loro, a tutti i cittadini del nostro paese, vuole essere un contributo alla riflessione culturale in vista delle scelte e dei comporta menti da adottare in campo sociale e politico nella grave crisi di svolta del nostro paese. 2. Il tema della XLII Settimana sociale Varie sono state le ragioni che hanno indotto a scegliere come tema della Settimana sociale quello dell'identità e dell'unità nazionale in r apporto alla democrazia e al bene comune. Alcune di esse erano suggerite dai “segni dei tempi”, che si erano evidenziati all'indomani della storica incruenta rivoluzione simboleggiata dalla caduta del muro di Berlino. Erano i fenomeni disgreganti dell'uni tà nazionale, scoppiati nella ex Unione Sovietica e nella ex Iugoslavia con drammatiche conseguenze non ancora sopite. Ed erano, anche, le serie avvisaglie di una possibile frattura dell'unità del nostro paese, alimentate sia dai sentimenti di protesta esasperati da una preoccupante crescita di egoismi corporativi e localistici, e da una cultura quasi esclusivamente centrata sulla rivendicazione dei diritti e sulla dimenticanza dei doveri di solidarietà. 3. La fase storica che viviamo L'attuale fase storica che il nostro paese sta vivendo è caratterizzata dai gravi fenomeni che riteniamo capaci di minacciare il “bene comune”. Ci riferiamo, tra l'altro, alla crisi del sistema delle grandi imprese prodotta da un capitalismo oligarchico; al crescere delle difficoltà nella competizione economica internazionale; all'aumento continuo della massa dei disoccupati; alla sovrapposizione di molteplici rancori sociali; allo sconvolgimento del sistema dei partiti; alla crisi delle istituzioni; all'accentuarsi dei conflitti tra poteri e contropoteri diversi; alla diffusa riluttanza a guardare in avanti e a impegnarsi in nuovi obiettivi e progetti. 4. Il coinvolgimento dei cattolici È nella tradizione dei cattolici italiani di impegnarsi nei passaggi più difficili de ll'evoluzione del nostro paese, come è già accaduto, nella fase preparatoria della carta fonda mentale della repubblica, con la Settimana sociale di Firenze su “Costituzione e Costituente”. Tale impegno torna a manifestarsi oggi, tanto più che questa crisi è gravida di rischi, ma anche aperta a prospettive di sviluppi positivi tali che, se si realizzassero, potremmo parlare di un nuovo ri sorgimento del nostro paese. Dinanzi a essa, dunque, riteniamo che i cattolici italiani non possano restare indiffere nti. Essi debbono, anzi, sentirsi impegnati a dare il loro con tributo al superamento della crisi insieme con tutte quelle forze culturali e politiche che condividono gli scopi da rag giungere. Il loro impegno non potrà, ovviamente, trascurare specifiche situazioni locali in crisi: in particolare quelle che si riscontrano nel mezzogiorno e che debbono essere considerate, nel loro insieme, un problema di tutto il paese. 5. L'esigenza della dimensione nazionale Il livello ditale impegno, in Italia come d'altronde in ogni paese occidentale, esige la dimensione nazionale. Sul piano internazionale, infatti, la competizione si svolge, or mai, fra sistemi-nazione e non fra singole aziende: la crisi dell'occupazione, dilagante in tutta Europa, può essere frontegg iata soltanto con l'impegno determinante dei governi nazionali. Così i rancori sociali, nascenti da una diffusa insoddisfazione verso i pubblici poteri, richiedono un ri pensamento e una ridefinizione dei “patti di cittadinanza” che stanno alla base di o gni comunità nazionale. Anche la crisi delle istituzioni può essere risolta soltan to attraverso il suo tendenziale collegamento con l'evoluzione in atto nella cultura complessiva del paese. Sul piano interno, il “governo” del processo di transi zione del nostro meridione, da economia assistita a economia di mercato in grado di sostenersi, in relazione al setten trione, richiede un movimento di promozione sociale a base nazionale che prenda il mezzogiorno come punto di crisi, ma anche come fattore di sviluppo potenziale per l'intero paese; perciò metta insieme, in forma solidaristica, forti e deboli per evitare pericolose crisi delle regioni del sud e conseguenze devastanti anche su quelle del centro-nord. Anche il nuovo profilo di stato sociale, che va r ealizzato in linea con l'Europa comunitaria, dovrà essere caratterizzato da una tendenza a istituzionalizzare, a livello continen tale, una fascia minima di protezione sociale, e da una spinta a sollecitare nuove istanze di solidarietà a livello regiona le e subnazionale. Il rischio evidente è che, senza correttivi nazionali, il mezzogiorno d'Italia si veda costretto ad arrestarsi sulla soglia di quella prima fascia minimale, ciò che determinerebbe una forma di dualismo sociale ancor più gravida di conse guenze nefaste del dualismo economico. Quindi soltanto un'Italia saldamente unita potrà essere protagonista del processo di unione continentale, inserendo in Europa non solamente le nostre regioni più ricche, ma tutte le aree del nostro territorio. In sintesi, l'impegno dei cattolici a favore dell'interesse collettivo deve tenere presente la dimensione nazionale: degli interessi nazionali, dei poteri nazionali, della stessa identità nazionale. 6. La debole identità nazionale Nel quadro di questa consapevolezza, l'analisi storica compiuta in preparazione e durante lo svolgimento della XLII Settimana sociale di Torino ha messo in evidenza quanto la nostra identità nazionale sia debole. È certo che le vicende storiche degli ultimi cento anni hanno svolto spesso nell'ambito di un'unità e di un'identità nazionali che, comunque, non possono più essere messe in dubbio - una funzione di resistenza, talvolta di contro-tendenza e di indebolimento dell'identità unitaria del pae se; tali sono state le lotte di classe, lo scontro fascismo-antifascismo e poi quello comunismo -anticomunismo, le contrapposizioni tra laicismo e cattolicesimo e tra Stato e Chiesa, gli squilibri territoriali e le contraddizioni dello sviluppo economico. 7. La rivitalizzazione delle istituzioni Tuttavia, il maggior ostacolo al consolidamento dell'i dentità nazionale è venuto, in qualche modo, dalla debolezza dello Stato italiano. L'epopea risorgimentale si è svi luppata seguendo la strategia di costruire prima uno stato unitario (“Fare l'Italia”) e di far crescere poi la coscienza dell'identità unitaria (“Fare gli italiani”). Si può, quindi, comprendere perché, quando lo stato unitario diveniva più debole, anche l'identità unitaria si indebolisse. Il problema principale che abbiamo di fronte non consiste nel fatto che gli italiani abbiano perduto la coscienza di essere tutti membri di un popolo dotato di una propria spe cifica identità fondata su una comunanza di lingua, di cultura, di religione, di storia, di indole e di consuetudini; ma, come noi riteniamo, è quello di modificare, perfezionandole, le istituzioni dello stato nazionale e di ridare a questo maggiore efficienza e maggiore moralità. 8. lì ruolo della politica Nella riflessione condotta a Torino durante la XLII Settimana sociale, i partecipanti hanno orientato la loro risposta a partire da tre convinzioni. La prima è che la coscienza dell'identità nazionale non è venuta meno, poiché il sentirsi italiani è un sentimento radicato e diffuso in tutto il territorio del paese e i riferimenti culturali sono sempre più unitari. La seconda è che tale identità va ulteriormente e conti nuamente rafforzata e rinnovata, nel senso che essa si costruisce cammin facendo, accentuando giornalmente le sue motivazio ni di fondo, che sono culturali e spirituali, ma anche sociali ed economiche. La terza è che, per rendere operante l'identità naziona le nella vita quotidiana delle popolazioni, occorre proporsi come priorità strategica la costruzione di un nuovo e più so lido stato democratico. Tuttavia, per realizzare questa nuova statualità, che ri chiede profonde riforme nelle istituzioni dello stato, occorre un impegno essenzialmente politico, occorre, cioè, rido nare alla politica la sua funzione di catalizzatore delle energie e delle risorse del paese: solo la politica, riconciliata con la società civile, potrà invertire quella situazione di statuali tà debole che è all'origine di tanti disagi e tanti rancori e che oggi mette in crisi l'unità nazionale. Solo la pol itica, rettamente intesa, potrà combinare insieme la crescente spinta soprannazionale e la sana domanda di un autentico e non dirompente localismo. E potrà elaborare e perseguire gli obiettivi di democrazia e “bene comune” della collettività superando gli egoismi presenti nel paese: facendo sintesi, insomma, in un disegno di unità, delle vitalità complessive e delle esigenze particolari. 9. Lotta agli equivoci Nella prospettiva e nell'intento di contribuire alla cre scita della coscienza dell'identità nazionale e al consolidamento dell'unità del paese, avvertiamo l'esigenza di una grande chiarezza sui termini del dibattito che è in corso nel paese su questo tema, centrale per il suo futuro. Non pos siamo e non dobbiamo lasciarci coinvolgere in una disputa nominalistica sul federalismo e sulle sue varie forme, perché, così come viene proposto, esso è carico di ambiguità ed è in contraddizione con la funzione che ha svolto storicamente, cioè di tendere a riunire entità politiche divise, mentre il suo risch io è di essere l'inizio di un processo di sfaldamento dell'unità e di divisione del paese in più entità territoriali autonome e quasi sovrane (nord, centro e sud). Parimenti va chiarito il senso del fenomeno meno appariscente, ma più gravido di pericoli, del localismo e del particolarismo perché in qualche misura può offrire pretesti culturali ad un suo processo di esaltazione. In realtà tale localismo provoca frazionamenti e sfrangiamenti sempre più minuti e serve a chi vuol chiudersi nella difesa degli interessi particolaristici e corporativi, restando del tutto incapace, come proposta, di pensare una qualsiasi ipotesi costruttiva di riforma delle istituzioni. La nuova statualità che i cattolici devono contribuire a realizzare deve essere compatibile c on la salvaguardia e il consolidamento dell'identità e dell'unità del paese e conte stualmente con il rilancio delle autonomie e dell'autogoverno locale come è nella loro tradizione culturale e in espe rienze europee alle quali ispirarsi. 10. Il riferimento alla dottrina sociale della Chiesa Per mettere in atto questo impegno i cattolici italiani sanno di poter trarre ispirazione e orientamenti dalla dottrina sociale della chiesa e dalla loro stessa fede religiosa. Nella dottrina sociale e, in modo specifico, nell'encicli ca Centesimui' annus di papa Giovanni Paolo Il, sono contenuti i riferimenti, consolidati non solo nella cultura catto lica, ma, almeno per alcuni di essi, nella cultura globale del nostro paese. E ssi si rivelano basi sempre più importanti e illuminanti per un'azione di riforma politica e statuale. Si tratta, in particolar modo, dei principi di solidarietà e di sussidiarietà; del primato della società civile rispetto allo Stato, la cui funzione è di servizio ad essa; della cittadinanza come assunzione della responsabilità e di doveri; della partecipazione dei cittadini alla concreta definizione del “bene comune”; della priorità degli interessi collettivi; della validità del metodo democratico. Nell a fede donataci da Dio in Gesù Cristo sono contenuti, in forma universale e trascendente, i valori di giustizia e di amore che i popoli in verano entro situazioni storiche diverse. La specifica identi tà nazionale non separa un popolo, ma lo apre alla comunione con tutti gli altri popoli della terra. La crescita di una dimensione nazionale sempre più ric ca, che non degeneri nel nazionalismo e nello sciovinismo, è una condizione importante affinché le esperienze della solidarietà non si disperdano. Contraddice l'impegno di solidarietà, così radicato nell'ispirazione cristiana, un'azione la quale tenda a dissolvere o a fortemente ridurre unità na zionali faticosamente costituitesi attraverso i secoli, nate, come in Italia, dalla comunanza in un'unica fede re ligiosa, dalla circolazione attiva di tante persone tra le diverse regioni del paese, dalla partecipazione alle sofferenze di guerre combattute insieme anche da parte dei cittadini del le regioni più povere in difesa della comune patria. Sarebbe improvvido spezzare questa unità nazionale per mere ragioni economiche, espressioni degli egoismi delle regioni più forti. 11. L'impegno della Chiesa italiana In questa prospettiva il magistero della Chiesa può of frire sostegno e fornire luce ai cattolici italiani nel progressivo rafforzamento dell'identità e dell'unità nazionali. Le Chiese particolari che sono in Italia non possono non sen tirsi impegnate, come già in buona misura avviene, a far crescere e a consolidare, in piena comunione tra loro, una dimensi one culturale e pastorale di carattere nazionale, lavorando sul piano intermedio fra vocazione universale e presenza locale (diocesana, ma anche parrocchiale). Ciò esige, ovviamente, che ciascuna Chiesa si adoperi perché le diversità umane, storiche, culturali e di tradizioni civili e religiose, nel meridione come al centro e nel setten trione, siano riconosciute quali valori, e affinché la tensione fra esperienze locali e unità nazionale sia non già esasperata, ma fatta fruttificare per il bene comune. Ogni Chiesa in Italia, in altri termini, va sempre più posta nella condizione di sentirsi parte integrale e vitale di un'unica grande comunità ecclesiale. 12. Gli impegni dei cattolici La prioritaria scelta pastorale per l'evangelizzazione, nella consape volezza dell'urgenza dell'inculturazione della fede e nello spirito di servizio che giustifica il loro ruolo nel la società, esige che i cattolici italiani incarnino il proprio impegno di cittadini, in primo luogo, nella maturazione di una adeguata coscienza delle conseguenze connesse ai cambiamenti sociali, politici e culturali in atto. Tale processo richiede sempre maggiore preparazione e sempre più attiva presenza sul piano culturale, esige la valorizzazione del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, implica un intelligente discernimento e un'efficace mediazione in vista delle scelte concrete di tipo sociale, economico e politico e comporta, infine, l'esplicitazione di una sostanziosa capaci tà di progetto. In questa prospettiva il tema affrontato in questa XLII Settimana sociale dovrà essere ripreso e ap profondito, per la sua centralità, in una rinnovata cultura politica dei cattolici italiani. Di conseguenza, e in secondo luogo, vanno sviluppate l'elaborazione critica e culturale e l'azione formativa di una classe dirigente sui grandi temi e sulle drammatiche sfide che la scienza e la società pongono oggi e che già caratterizzano questa soglia del terzo millennio. In terzo luogo, vanno intensificate le esperienze di vo lontariato, che costituiscono una testimonianza della carità e una significativa immersione del cristianesimo nei proble mi della società italiana, troppo spesso malata di paganesimo, di individualismo e di indifferenza; tale intervento im mediato nelle situazioni di disagio personali e sociali deve, però essere di stimolo per un impegno nel campo oggi for temente travagliato della politica, nella doverosa tensione verso la soluzione alla radice dei mali dell'Italia. In sintesi, l'impegno dei cattolici deve tradursi non sol tanto nella indicazione al paese, che oggi aspira fortemente a un radicale rinnovamento morale, di una concreta pro spettiva di sviluppo dell'etica della partecipazione, della solidarietà e della responsabilità, ma soprattutto in una testi monianza vissuta personalmente e comunitariamente e, se necessario, sofferta per la riaffermazione della moralità privata e pubblica. Crediamo che, sorretto dalle indicazioni del magistero e arricchito dal contributo di pensiero del laicato, questo che abbiamo descritto sia un modo tipico e costruttivo mediante il quale i cattolici possono contribuire democratica-mente al bene comune dell'Italia e a rinsaldare, con la sua unità, anche l'identità della nazione. Il Comitato Scientifico Organizzatore \ Roma, 8 dicembre 1993 Commissione ecclesiale “Giustizia e pace” della CEI CINQUE RISCHI DA EVITARE PER RISOLVERE IL CASO ITALIA Nota pastorale Il 4 ottobre 1991 la Commissione ecclesiale “Giustizia e pace” della Conferenza episcopale italiana, anticipando con grande passione civile e con intuito “profetico” la de nuncia e l'analisi del fenomeno della illegalità che sarebbe poi esploso, ha sentito il dovere di offrire alla riflessione dei cristiani e degli uomini di buona volontà la nota pastorale Educare alla legalità A due anni di distanza, contro l'eclissi della legalità e contro il vasto fronte della corruzione ha preso corpo nel nostro paese uno sforzo di promozione etica della giustizia. Dopo tante vicende di corruzione venute alla luce che tristemente confermano quanto rilevato nella citata nota pastorale, sentiamo il bisogno di fare qualche ulteriore con siderazione per ribadire alcuni principi e riaffermare la fondazione etica della giustizia. La questione morale, oltre all'amore per la giustizia, chiama in causa l'educazione della coscienza che protegge dai rischi incombenti della superficialità e dalla ricerca di facili alibi che sottraggono a una rigorosa e coinvolgente verifica personale. La parola di Dio, accolta e meditata nel cuore, ci spinge all'interiorità degli atteggiamenti e ci richiama a quella superiore giustizia che sola può riscattare e “giustificare” ogni uomo. Risuona in noi, in tutta la sua urgenza, la parola del profeta Geremia: “P raticate il diritto e la giustizia, liberate l'oppresso dalla mano dell'oppressore, non fate violenza e non opprimete il forestiero, l'orfano e la vedova, e non spargete sangue innocente” (Ger 22,3). 1. La centralità della questione morale La frequenza con cui si pone, nei tempi recenti, la “questione morale” nei campi più cruciali della vita sociale (quali quelli del diritto dell'economia, della politica ecc...), sembra manifestare un risveglio, simultaneo e impetuoso, delle coscienze. Si invocano da tutt i il rifiuto della disonestà, il ritorno alla cultura delle regole, il primato della legge e il ripristino dell'ordine morale. Si fa strada, effettivamente, un bisogno di giustizia, che sorge in primo luogo, dal disgusto per la sperimentata disonestà del passato, a lungo trascurata, tollerata o persino condivisa, e le cui dimensioni, di colpo rivelate, ci sgomen tano. La denuncia delle forme più perverse dell'illegalità si è fatta severa da parte dell'opinione pubblica, che sembra anche volersi organizzar e e prendere concrete iniziative per restaurare e costruire una convivenza più giusta. Contro la criminalità mafiosa si registra la rivolta della gente, più apertamente schierata a resisterle e a contrastarla. Nei con fronti della corruzione politica è in atto una ribellione travolgente, che fiancheggia le inchieste giudiziarie, con emozione sempre più viva, reclamando interventi esemplari. Nel campo dell'economia l'asprezza dei sacrifici induce a deprecare l'immorale passato di sperpero o di improvvi denza e a invocare maggior rigore e giustizia nella destinazione e nella gestione delle risorse. Vi è un'attesa crescente di un nuovo corso, risolutivo, della vita pubblica e del com portamento sociale. Dobbiamo accogliere con estremo favore questa rinata at tenzione ai valori fondamentali della moralità e della legalità nella vita sociale del paese e la diffusa esigenza della loro attuazione. Non possiamo però non interrogarci se questo subitaneo risveglio sia indice sufficiente di un effet tivo e generale recupero di questi valori. Ciò non per smi nuire questa prorompente istanza di giustizia e di moralità ma per rafforzarla; per evitare che si esaurisca in una vam pata momentanea; per consentire che essa produca davvero l'effetto di rinnovare tutti i settori della vita comunitaria e costruire un più equo tessuto sociale. Certamente la tensione etica dà forza alle speranze di un riscatto possibile, apre un orizzonte positivo di auspici e d'impegno, tempera il senso di disagio e di declino politico -sociale che ci avvolge. Tuttavia, a render virtuoso il presente nella difficile transizione al nuovo, occorre ancora qualcosa: insieme a un autentico desiderio di giustizia concreta urge anche un'ostinata fedeltà ai suoi fondamenti etici, che ne definiscono oggettivamente gli scopi e i mezzi (cf. Gaudium et spes 75; Catechismo della Chiesa cattolica 1807). E poiché l'attuazione della giustizia non si esaurisce nella proclamazione di un teorema astratto ma esige un cammino operoso, è necessario segnalare alcuni ri schi che possono inquinare o rendere meno fecondo l'impegno collettivo e restaurare la legalità e a costruire la nuova eticità sociale. 2. L'autentico amore per la giustizia Un primo rischio è quello di confondere la giusta esigenza di reprimere e castigare i comportamenti gravemente illeciti del passato con lo sfogo di sentimenti di rancore per sonale, di disprezzo e di vendetta, in un clima di ostilità e di sospetto generalizzati. In questo clima esistono il pericolo e la tentazione di scrutare prevalentemente la coscienza degli altri, senza esaminare anche la propria e senza chiedersi se sia immune da qualche corresponsabilità; di giudicare e condannare, talvolta in modo frettoloso, chi è raggiunto da un semplice so spetto; di utilizzare qualsiasi mezzo pur di realizzare il pro posito stabilito di far emergere le colpe taciute, dimenticando che cercare giustizia con mezzi che offendono, anche minimamente, la giustizia e già una distruzione dell'obiettivo sperato. Poiché la giustizia per essere tale dev'essere giustizia dei fini e giustizia dei metodi, indissociabilmente. Va affermato inoltre che la via giudiziaria non è suffi ciente per un pieno ricupero della legalità, poiché ha oggettivamente dei limiti: ai giudici infatti compe te soltanto perseguire i delitti commessi, nel solco rigoroso della legge; e individuare i colpevoli accertando la verità secondo le rego le del processo e della civiltà giuridica, in modo sereno e coscienzioso, senza indulgenze ma anche senza crudeltà nel rispetto costante della dignità personale di ogni uomo. La ricostruzione di un costume di vita improntato al ri spetto delle leggi coinvolge una più ampia azione collettiva, intesa non solo a reprimere i comportamenti “devianti”, ma anche a promuovere la pratica dell'onestà, a individuare e dettare regole più giuste di convivenza, a interiorizzar le nella coscienza degli uomini come modelli condivisi e os servati, non per il timore del castigo, ma per il loro intrinseco valore. L'autentico bisogno di giustizia sa che il suo traguardo non consiste nel far cadere molte teste, ma nel cambiare molti cuori (cf. Sollicitudo rei socialis 35 b e c). Un secondo rischio è la perdita della perseveranza nel comune proposito di andare fino in fondo nella costruzione della legalità, il che esige una riflessione radicale sulle cau se dell'illegalità praticata, sui rimedi e sugli antidoti. L'a more per la giustizia deve generare una comune volontà -non velleitaria e superficiale, ma decisa e concreta - di ricostruire un nuovo tessuto comunitario, in cui tutti gli egoismi, di singoli o di gruppi, siano banditi, il malcostume del la sopraffazione e della rapina sostituito dall'etica del servizio, la sempre nuova richiesta di diritti coniugata con l'as sunzione dei doveri. Un nuovo tessuto comunitario; in cui vi sia spazio per il rispetto della dignità umana di tutti, per l'appagamento delle esigenze fondamentali delle persone più deboli, per una più viva solidarietà umana. Un terzo rischio è quello di ritenere che si attuerà la legalità solo se saranno perseguiti tutti coloro che hanno violato la legge e se si otterrà una maggiore osservanza delle regole da parte di tutti. Ciò è certamente indispensabile, ma il degrado sociale che lamentiamo non è solo legato alla corr uzione o alla violazione delle leggi ma anche alla scarsa considerazione e attuazione dei diritti fondamentali delle persone, dal diritto alla vita al diritto all'onore, dal diritto all'informazione al diritto alla reale partecipazione, dal diritto al lavoro al diritto alla casa, dal diritto alla cultura al diritto di avere gli strumenti appropriati per un compiuto sviluppo umano. Un quarto rischio consiste nella riduzione del concetto di giustizia a quello di legalità formale. Osservare le leggi è il primo gradino, elementare e indispensabile, per la civile convivenza; osservare il codice penale è il minimo dei minimi. La giustizia come virtù, la giu stizia della vita, è altra cosa. Di fronte alla coscienza etica, la parola “corruzione” si attaglia a mo lte più vicende che alle sole figure tipizzate dal precetto penale, che richiede per quel reato l'esercizio di una pubblica funzione; vi sono campi dell'attività privata, in cui la condotta doverosa è al trettanto importante sul piano sociale di quella dell'attività pubblica (stampa, sindacato, professioni libere, mondo economico, associazioni, gruppi di opinione). 3. Corruzione della vita è anche l'infedeltà al proprio dovere L'autentica giustizia coincide con la moralità. La scon fitta dell'illegalità è il passo iniziale per la rigenerazione della società civile, che però non sarà giusta se non sarà vir tuosa fino in fondo. Così, schierarsi contro la mafia diventa una scelta defi nitiva se non termina con le fiaccolate, ma continua con l'abbandonare per se stessi il costume dei favori. Così, ripulire la politica dal fango della corruzione non coincide col punire i colpevoli, ma col far cessare il culto del potere e del disonesto denaro, col disinnescare le occasioni, col promuovere una cultura che coniughi insieme la politica con l'etica. Così, l'economia non può risanarsi se, una volta ri pudiato l'ingiusto e dissennato spreco, ciascuno continuasse a cercare per sé le nicchie del privilegio. L’ultimo rischio è la tentazione di definire la condizione della nostra società come disperata e irrimediabile. Per questo occorre tener desta la sfida al pessimismo distruttivo di molti. Esso può tradursi in una diserzione dall'impegno politico da parte di tanti, per protesta e scoraggiamento fondendo nella medesima ripugnanza i valori ideali permanenti e le prassi che li hanno traditi. Se avviene questa diserzione, si profila una tacita riconquista del campo da par te di tutti gli egoismi e la “nuova” politica si prefigura come indifferente all'etica. Per superare questi rischi è necessario che ciascuno si impegni per la sua parte nell'azione di purificazione interiore dal male e di ricostruzione d'una società più giusta e soli dale, come ci ricorda Giovanni Paolo Il nell'enciclica Sollicitudo rei socialis: “Tutti siamo responsabili di tutti” (n. 38). La tensione verso la giustizia del Vangelo, orientamen to ultimo e trascendente d'ogni aspirazione terrena, è come un'arsura del cuore; ma la parola del Signore rassicura che il suo sbocco è nella gioia: “Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5,6). È necessaria la ricerca continua di una giustizia sempre più piena, “superiore a quella degli scribi e dei farisei” (Mt 5,20): è la giustizia che Gesù è venuto a compiere fin dal m omento in cui scese al Giordano, mescolato alla folla dei penitenti (cf. Mt 3,15), per aprire la strada a coloro che de siderano risalire verso l'alto. Roma 20 dicembre 1993