cs_Giorno della Memoria_Sindaco Virginio Merola

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Giorno della Memoria, l'intervento del Sindaco Virginio Merola a conc... http://comunicatistampa.comune.bologna.it/2017/giorno-della-memoria...
Ufficio Stampa
Bologna, 26 gennaio 2017
Giorno della Memoria, l'intervento del Sindaco Virginio Merola a
conclusione del Consiglio solenne
Si trasmette di seguito l'intervento tenuto Sindaco Virginio Merola a conclusione della seduta solenne
dedicata al Giorno della Memoria 2017.
“La difficoltà di pensare quanto è effettivamente accaduto con la Shoah si ripropone ogni volta, non solo
in queste occasioni, ma nelle nostre riflessioni o dialoghi fuori dalle celebrazioni.
Certo questa difficoltà è dovuta al pensiero inaudito dell'orrore, del fanatismo ordinato e programmato,
che ha realizzato un genocidio di persone donne, uomini e bambini, unicamente perché appartenenti al
popolo ebraico, a minoranze, a etnie considerate diverse e inferiori.
Ma c'è un'altra difficoltà nel pensare la Shoah, che ci accompagna e ha a che fare con il nostro presente,
con la nostra epoca moderna: sentiamo e verifichiamo per quanto accade nella nostra Europa e altrove,
che l'eredità del regime nazista non è morta, ma torna a spargere veleno nelle nostre città europee, con la
ripresa di movimenti xenofobi e razzisti, con il perdurare di discriminazioni e persecuzioni, in particolare
con un mai sopito antisemitismo.
Allora pensare la Shoah non può essere solo rievocare l'ingiustizia e le vittime, la giusta punizione dei
colpevoli, dare solidarietà e sostegno al popolo ebraico e in particolare agli ebrei di Israele che tengono
viva la sola democrazia del Medio Oriente.
Tutto questo non può bastare perché il punto, a mio avviso decisivo, è che dalla tragedia della Shoah e
della carneficina oltre che di ebrei, anche di zingari, di omosessuali, di portatori di handicap e di detenuti
politici si deve ricavare una lezione di fondo, una lezione che riguarda me, voi qui presenti, la nostra città
e via via così, una lezione per l'intera umanità.
Forse il genocidio degli ebrei non è stato un evento unico e straordinario, fuori dalla storia e fuori dalla
ragione. E' stato un capitolo della nostra storia umana del Novecento, un capitolo estremo e terribile,
certo, perché l'Olocausto ha caratteristiche specifiche, differenti da altri casi di genocidio, ma un capitolo
di una storia pratica di sterminio che ha avuto antecedenti e purtroppo anche episodi conseguenti fino a
oggi.
Una caratteristica in particolare, voglio ricordare, degli omicidi di massa commessi dal regime hitleriano:
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la creazione e l'utilizzo di vere e proprie officine della morte, l'industrializzazione della morte, un
programma metodico che fece a pezzi un assunto fondamentale: cioè che tutti noi in natura nasciamo
come essere umani indipendentemente da dove il caso ci ha fatto nascere.
Ma questa caratteristica del nazismo ha utilizzato in modo pieno la nostra civiltà industriale e tecnologica
e le tecniche di organizzazione burocratica tipiche della nostra modernità, che sono tecniche raffinate
nella creazione di tecnologie di distruzione di massa.
La civiltà moderna, cioè, ha fornito gli strumenti dello scatenamento e dello sterminio del popolo ebreo.
E quindi i campi di concentramento come Auschwitz non ci ricordano solo un passato da non ripetere,
ma soprattutto che noi, in realtà, continuiamo a vivere nella stessa modernità che ha consentito la
“soluzione finale” volta ad annientare gli ebrei, perché il nostro sviluppo economico, scientifico e
tecnologico continua a comprendere questa possibilità.
Come cambiare perciò la nostra modernità per rendere davvero irripetibile l'olocausto è il tema aperto
che dobbiamo saper affrontare in questa giornata ma non solo.
Al di là delle nostre convinzioni religiose, che noi si sia credenti o non credenti, c'è una consapevolezza
alla quale non possiamo sfuggire, una domanda di fondo: il male fatto dai nazisti e quello che continuano
a fare oggi altri stati o organizzazioni terroristiche è una colpa e una responsabilità tutta umana, è una
offesa che riguarda ogni uomo, la nostra umanità.
E quindi la nostra libertà, intesa come azione responsabile verso gli altri e al dunque la nostra condotta
morale, la nostra etica.
Il rispetto dei valori morali, la necessità di agire in base a un'etica è stato nella nostra modernità troppo
relativizzato, delegittimato, come se modernità significasse emanciparsi dall'etica, da comportamenti
responsabili individuali e collettivi.
Relativizzare l'etica, sostenere come retrogrado e opprimente il primato dell'etica, come se fosse una cosa
da cui emanciparsi per vivere meglio le nostre vite all'inseguimento del desiderio è la vera grande
illusione dei nostri tempi e un vero pericolo, molto diffuso purtroppo.
Quindi l'Olocausto ci insegna, ci ricorda, ci mette di fronte a questo: l'etica è indispensabile, la
responsabilità è sempre assolutamente individuale, lo sviluppo di una modernità che prescinde dall'etica
ci riguarda direttamente come comunità.
In questi giorni si è fatto strada un concetto inquietante, si è parlato di 'fatti alternativi' come per aprire
la porta ad una duplice visione della verità. Si è parlato di post verità.
No, nella storia come nella vita non c'è spazio per i 'fatti alternativi', la verità è quella che i soldati russi
scoprirono drammaticamente il 27 gennaio del '45 entrando nel campo di sterminio di Auschwitz. Una
verità che deve conservare intatto come quel giorno tutto il suo portato di orrore ma sulla quale occorre
continuare a interrogarsi e cercare.
Tocca a ciascuno di noi e ciascuno di noi ha un dovere morale, perché il male esiste, il male non è
un'invenzione di qualche religione, ma non è onnipotente, è nostro dovere resistere al male e
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combatterlo.
Se ricordiamo perciò l'Olocausto è perché ricordiamo le responsabilità che abbiamo ereditato e quelle
che dobbiamo oggi esercitare nel nostro presente in prima persona e come comunità.
La nostra modernità non solo ha permesso, ma contiene ancora le basi dello sterminio di massa. Questo
ci ricorda la Shoah, che la nostra civiltà mondiale ha in sé un abisso di disumanità da combattere.
E voglio sottolineare che nella parola Storia, una parola talmente vasta da portare dentro di sé il rischio
dell'impersonalità e dell'indifferenza, è prima di tutto compreso il concetto della responsabilità
individuale.
E' ciò che ci ha così indelebilmente insegnato Hannah Arendt con “La banalità del male”, il suo celebre
libro, parlando di Adolf Eichmann e di come sia stato possibile che un uomo quasi anonimo e senza
carisma sia riuscito a fare quello che ha fatto. Su questi uomini si concentrano le responsabilità
individuali e questo va ribadito. Così, all'abisso rappresentato da costoro, da questi servi della moderna
dittatura, voglio opporre una luce, una speranza, viva e fattiva.
Perdonatemi ma voglio ricordare un ebreo, non come vittima, ma come esempio di dovere morale, per
avere la consapevolezza che qualcuno ha preferito il dovere morale al naturale spirito di
autoconservazione. E questo è importante per noi, per il nostro impegno e per il futuro. Per essere
davvero vicini al popolo ebraico così come ai popoli oppressi di oggi e alla nostra coscienza.
Ricordo MORDECHAI ANIELEWICZ, 24 anni, comandante ammirato e venerato dell'Organizzazione
Ebraica di Combattimento, l'esercito dei giovani del Ghetto di Varsavia, che per un mese e più tenne testa
all'esercito tedesco e alle SS nella rivolta armata dal 18 aprile al 16 maggio del 1943. E con lui, spero
insieme, ricordiamo tutti i giusti del passato e del presente che continuano a testimoniare in concreto che
un altro modo di stare nel mondo è possibile ed è doveroso che ciascuno di noi si batta perché un altro
modo di essere nel mondo si può disegnare caro Michel a cominciare dalla nostra Europa che
continuiamo a volere unita.
Grazie ancora,
grazie alle studentesse e agli studenti".
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