PianoEchos inonda di musica il Monferrato Sabato 3 settembre prende il via la tredicesima edizione di PianoEchos – Settimane pianistiche internazionali in Monferrato, festival pianistico itinerante che inonderà di musica il Monferrato fino al 2 ottobre. Il festival, organizzato dall’Associazione Culturale San Giacomo con la direzione artistica di Sergio Marchegiani, apre le porte a luoghi magici ed esclusivi del territorio, dichiarato recentemente patrimonio Unesco. A PianoEchos saranno presenti dieci i concerti con solisti e formazioni cameristiche provenienti da altrettanti Paesi, tra cui i Berliner Symphoniker, una delle piu importanti orchestre al mondo, e lo Smetana Trio, storica formazione ceca, al quale verrà assegnato il Premio “Tasto d’Argento” 2016, un gioiello in argento e onice realizzato appositamente da un artigiano monferrino e consegnato ogni anno a una personalità di spicco del panorama pianistico internazionale (quest’anno eccezionalmente consegnato a un gruppo). Tra le collaborazioni internazionali, una delle più importanti è quella che ha portato al gemellaggio tra PianoEchos e il Festival Musicales de Grands Crus, la più importante iniziativa musicale della Borgogna. Una partnership ambiziosa che lega due territori accomunati da un’importante produzione vinicola, oltre che musicale, e dall’inserimento quasi simultaneo nella lista UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità. Inoltre, grazie alla collaborazione con tre produttori di vino di Lu Monferrato, il festival ha un suo vino, il PianoEchos: una bottiglia edizione speciale realizzata nel 2013 in occasione del decennale del festival, accompagnata dalle nocciole Piemonte IGP. Il connubio tra il grande repertorio per pianoforte e gli splendidi paesaggi del Monferrato è l’ingrediente principale di PianoEchos e del suo viaggio tra i luoghi più suggestivi del territorio noto per la produzione di vini di eccellenza e qualità internazionale (quali Barbera, Dolcetto, Grignolino, Ruché, Freisa e Malvasia) e per la gastronomia. Quest’anno i centri toccati dal festival saranno Lu, Casale, Frassinello, Fubine, Vignale e, per la prima volta, Moncalvo. Una minuziosa opera di decentramento culturale, capillare e sistematica che valorizza centri anche piccolissimi con una programmazione musicale di qualità in uno dei momenti più significativi per il territorio: mese di vendemmia e con i colori più caratteristici. IL PROGRAMMA DI PIANOECHOS sabato 3 settembre 2016 – Moncalvo, Teatro Civico – ore 21.15 SMETANA TRIO violino-violoncello-pianoforte Repubblica Ceca PREMIO “TASTO D’ARGENTO” 2016 ALLO SMETANA TRIO domenica 4 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Nazario – ore 17.30 TRIO TCHIJIK-LOYAL-BOUCHARLAT violino-violoncello-pianoforte Russia-Francia sabato 10 settembre 2016 – Fubine, Chiesa parrocchiale – ore 21.15 LUCASZ KRUPINSKI pianoforte Polonia VINCITORE DEL CONCORSO PIANISTICO INTERNAZIONALE CLAVICOLOGNE 2016 domenica 11 settembre 2016 – San Maurizio di Conzano, Abbazia – ore 17.30 DUO BAUME SANGLARD-CIOCARLIE duo pianistico Svizzera-Romania sabato 17 settembre 2016 – Vignale Monferrato, Palazzo Callori – ore 17.30 DUO ARKHIPOVA-SOLE LERIS soprano-pianoforte Russia-Francia domenica 18 settembre 2016 – Frassinello Monferrato, Castello – ore 17.30 VINCENZO BALZANI pianoforte Italia sabato 24 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Giacomo – ore 21.15 ROBERT LEHRBAUMER pianoforte Austria domenica 25 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Giacomo – ore 17.30 YVES HENRY pianoforte Francia venerdì 30 settembre 2016 – Casale Monferrato, Biblioteca del Seminario – ore 21.15 LUDMIL ANGELOV pianoforte Bulgaria domenica 2 ottobre 2016 – Casale Monferrato, Chiesa di San Domenico – ore 17.30 BERLINER SYMPHONIKER ANDREAS FRÖLICH pianoforte Germania CLAUDE VILLARET direttore Svizzera Richmond Cafè torna con un nuovo look Il Richmond Cafè con restyling, nuove serate e un’uramakeria da urlo è pronto a inaugurare una stagione indimenticabile. Il sipario si alza il 10 settembre con il Formentera Party, un grande evento che fa da preludio alle tante novità del locale milanese di via Melchiorre Gioia 69: dal nuovo ristorante in salsa jap dedicato ai soli uramaki alla fitta programmazione settimanale, tra aperitivi con show cooking di chef stellati e one-night tutte da ballare. La one-night, Formentera Party, porterà a Milano tutta l’energia e il divertimento delle notti estive dell’isola spagnola, tra aperitivo a buffet (a 15 euro) e una cena servita (40 euro) allietata dalle selezioni musicali di Gigi Zeus, per poi proseguire dalle 23.30 alle 4 di mattina con il djset house e commerciale di Giandomenico Di Vito affiancato dal vocalist Ale Zeus. A pochi mesi dalla sua inaugurazione il Richmond Cafè, il locale trendy che ospita i fashion show e i party del noto marchio streetwear prêt-à-porter lanciato in Italia da Saverio Moschillo, si rinnova negli ambienti e si sdoppia in due realtà esclusive: da una parte un club dove scatenarsi 7 giorni su 7, sempre aperto dall’aperitivo a tarda notte, e dall’altra, una sala ristorante totalmente indipendente da circa 40 posti, dove deliziarsi unicamente di soli uramaki, in versione classica o in qualche variante dai profumi di Sicilia. Il Richmond Restaurant, un angolo di gusto per cultori di uramaki, aperto dal lunedì al venerdì a pranzo e dal lunedì al sabato a cena, dalle 20 alle 23, sarà inaugurato il prossimo 12 settembre. “ESCOBAR” - UNA STORIA INTENSA AD ALTA TENSIONE di Elisa Pedini – Esce domani, 25 agosto, nelle sale italiane il film “Escobar”, per la regia e sceneggiatura di Andrea Di Stefano. Pellicola decisamente intrigante, potente, intensa. Assolutamente, da non perdere. Il regista, al suo esordio sul grande schermo, ci regala un vero capolavoro. Personalmente ha raccolto il materiale su Pablo Escobar, figura estremamente peculiare della scena del crimine organizzato. Nessuno come lui è stato amato e odiato, venerato e temuto. Un film che tiene lo spettatore incollato alla sedia per due ore, senza che neppure se ne accorga. Ogni aspetto è curato. Ogni situazione narrata, perfettamente calibrata. Nessuna scena inutile. Nessuna lungaggine. Tutto è necessario e l’attenzione non cala mai. La tensione è palpabile e presente sin dalla prima scena del film, senza mai trascendere né nella violenza gratuita, né in scene, tanto sperticate quanto improbabili. Una regia, a parer mio, magistrale, che si gioca sull’introspezione psicologica e sugli sguardi, oltre che sull’azione reale. Inquadrature a mezzo primo piano che rapide si spostano in soggettiva, bucando lo schermo. Lo spettatore è negli occhi dei protagonisti e ne prova gli stessi pensieri, le stesse emozioni, la stessa paura. Quando non si ha bisogno d’indulgere in inutili scene di violenza o di sesso, che nulla apportano né alla trama, né allo spettatore, è perché si ha davvero qualcosa da raccontare e soprattutto, perché si sa, veramente, fare regia. Pellicola degna d’encomio. La trama vede due storie parallele dipanarsi attorno a quella principale che è imperniata su Pablo Escobar: quella di Nick e Dylan e quella di Nick e Maria; ma nessuna soverchia l’altra, pur venendo ben sviluppate e delineate, né, tanto meno, sottraggono attenzione alla linearità e inesorabilità degli eventi. Ogni personaggio ha il suo spessore, alle volte solo tratteggiato; ma sufficiente per evincere perfettamente sia l’interiorità, che l’esteriorità del vissuto sullo schermo. La storia inizia in medias res. Una giovane e bella coppia, Nick e Maria, si stanno, a quanto pare, preparando a una celere fuga; ma qualcuno bussa. La tensione è già presente, nei loro sguardi, nel contrasto tra la luminosità della stanza in cui si trovano e il buio da cui si sente provenire il rumore. Nick è convocato da Pablo Escobar. Questi, sta per consegnarsi alle autorità e prega, colto in una profonda quanto terrificante umanità, per poi parlare ai suoi uomini, in tutta la sua inquietante, terribile, figura. Ha bisogno di fare un’ultima delicatissima operazione. Da qui, lo spettatore viene portato indietro nel tempo, a quando Nick, giovane e bel surfista canadese, arriva in Colombia per raggiungere suo fratello Dylan. Davanti ai suoi occhi si apre un paradiso: una laguna turchese, spiagge bianche come l’avorio e onde perfette. Non per niente, il titolo originale è proprio “Escobar: Paradise Lost”. I due fratelli pensano davvero d’aver trovato il loro paradiso in terra. Il loro sogno è stabilirsi lì e aprire una scuola di surf. Nick incontra Maria, bella e sensuale colombiana. La loro storia d’amore si sviluppa chiaramente per lo spettatore, che la percepisce e la vive senza ch’essa divenga mai esplicita o mielosa. Bastano pochi tratti per avere chiara la situazione. Tutto sembra perfetto. Maria vuole presentare ufficialmente Nick alla sua famiglia e in particolare a suo zio, amato e acclamatissimo, i di cui manifesti troneggiano in tutto il paese: Pablo Escobar. Sentire Maria definirlo come un esportatore del principale prodotto colombiano: la cocaina, è semplicemente geniale e mette il punto, attraverso una sola frase, sulla duplicità di visione del personaggio: narcotrafficante spietato e senza scrupoli per il mondo, benefattore per i suoi congiunti e il suo popolo. È così che Nick entra a far parte della “famiglia”, naturalmente, non solo nel senso amorevole del termine, ma anche nel senso più occulto che il crimine organizzato da a tale parola. Il primo dialogo tra Pablo e Nick è apparentemente molto tranquillo nei toni e nelle espressioni dei due protagonisti; ma posso garantirvi che lo si percepisce, letteralmente, agghiacciante. Il ragazzo non sa nulla di Escobar ancora e parla con serenità, senza comprendere né sospettare le conseguenze delle sue parole. Solo trasferendosi a vivere nella villa di Pablo vedrà, intuirà, capirà. Siamo appena all’inizio del film, in verità. La storia prosegue in un climax di tensione fino a ricongiungersi alla scena iniziale e condurre per mano lo spettatore verso situazioni sempre più ambigue e inquietanti fino alla conclusione del film. Volutamente non vi dico altro perché è un film che va visto e gustato: nella profondità e sapienza delle inquadrature, nei giochi di forte luce e cupa tenebra, nell’accostamento dei toni caldi e freddi, nella tranquillità dei dialoghi che sottendono, nel loro placido svolgersi, terribili minacce e verità. Tutto scandisce la tensione, senza mai stressare lo spettatore. Di fatto, non si vede nulla di cruento, ma tutto è percepito in modo potentemente “brutale”. L’interpretazione è affidata a un cast d’eccezione, che si conferma tale e non ha certo bisogno né di encomi, né di presentazioni: Benicio Del Toro, nel ruolo di Pablo Escobar, Josh Hutcherson e Claudia Traisac, rispettivamente Nick e Maria nel film e Brady Corbet, nella parte di Dylan. “TORNO DA MIA MADRE” - UNA “FAVOLA” TENERA E MALINCONICA di Elisa Pedini – Nelle sale italiane da domani, 25 agosto, il film “Torno da mia madre”, ad opera del regista e sceneggiatore francese Éric Lavaine. Commedia piacevole e leggera, che, al dunque, si mostra più come una “favola” sulla famiglia e sulle problematiche odierne, che, purtroppo, molti quarantenni si trovano a vivere. Le tematiche trattate sono molto attuali, ma la realtà si stempera nella tenerezza della poesia, tenendo toni malinconici, molto tenui e superficiali, senza sviscerare né introspettivamente, né socialmente, le varie situazioni proposte. Pertanto, è un film piacevole e anche comico, che va approcciato come una bella favola, senza forzarne i parallelismi con la vita vissuta. Mi spiego nel dettaglio, partendo dalla trama. La protagonista è Stéphanie, bella donna e architetto di quarant’anni. Il film inizia con lei, molto elegante e serenamente alla guida della sua cabrio rossa fuoco, mentre attraversa panorami stupendi. Tuttavia, quest’immagine di ricchezza e serenità, termina coi titoli di testa, quando, Stéphanie, restituisce l’auto e a piedi s’allontana con il suo bagaglio verso la fermata dell’autobus. È evidente che qualcosa è cambiato. Infatti, la donna fa ritorno a casa della madre, Jaqueline, la quale, l’accoglie a braccia aperte. Apprendiamo che Stéphanie è divorziata con un bambino e che ha chiuso il suo studio per fallimento, perdendo tutto. La prostrazione della donna è comprensibile ed evidente: è passata dall’avere tutto, al perdere tutto in un attimo. Quello che mi ha irritata e non poco è che Stéphanie non fa che lamentarsi e piangersi addosso: ogni occasione è buona per dire quanto sia sfortunata e quanto sia nei guai. Per quanto possa essere comprensibile il suo scoramento e l’imbarazzo di dover tornare dalla propria madre, non è possibile non pensare a quanti si trovino nella sua stessa, identica condizione, senza, però, avere la grandissima fortuna di rifugiarsi a casa di mamma. Aspetto fondamentale, perché, non solo le dona un tetto sicuro sopra la testa, ma anche la serenità di cercare un lavoro e il lusso di rifiutare impieghi umili e pesantemente squalificanti. Personalmente, avrei preferito udire meno lamentele e più gratitudine. E questo, secondo me, è l’aspetto più importante, per il quale, il film va gustato come una “favola”, da prendersi così com’è, senza parallelismi con la vita reale. L’ho premesso che la pellicola evita il drammatico, stemperandolo nella tenerezza della malinconia e del sentimento. Ovviamente, come si poteva, logicamente, supporre, le abitudini delle due donne sono diverse e da qui scaturiscono le situazioni più esilaranti del film. Soprattutto, perché, Jacqueline, ha un segreto, che vuole comunicare ufficialmente ai figli. Per tale ragione, ella assume non solo comportamenti strani, incomprensibili agli occhi di Stéphanie, che, addirittura, li scambia per segnali di demenza senile; ma organizza anche un pranzo con tutti i suoi tre figli. Quella tavola, imbandita con amore dalla mamma, diviene, però, una specie d’arena, dove i tre “gladiatori” combattono le loro personalissime guerre. Trapelano gelosie, vecchi rancori e soprattutto una sorta di fastidio verso la nuova situazione che s’è venuta a creare. Anche qui, però, il regista non s’inoltra nell’introspezione psicologica dei personaggi e non va oltre il mostrare tre personalità con grandissimi problemi relazionali, se non psichici, come nel caso di Carole, la sorella di Stéphanie. La reazione, giusta e coerente di Jacqueline, pone fine alla “corrida familiare”. Da questo momento, il film si concentra maggiormente sulle vicende personali della madre e del suo “segreto”, lasciando un po’ in secondo piano tutto il resto. Neppure nel momento di pathos della rivelazione ai figli della “grande notizia” si raggiunge una profondità introspettiva. La reazione dei tre, per quanto, forse, abbastanza probabile e realistica, resta sempre superficiale. L’impressione è che, Lavaine, abbia desiderato produrre una commedia “vera”, ma poi abbia avuto remore nel mostrare la durezza della verità. I toni stemperati e comici della commedia scorrono, comunque, gradevoli, con vicissitudini divertenti e alle volte, persino esilaranti, fino a garantire il lieto fine. Una “favola” piacevole, che lascia sereni. Ambientazioni bellissime e una fotografia molto curata danno il tocco finale. Un’altra cosa che mi ha colpita è l’estrema luminosità: questa pellicola è dominata dalla solarità e dai colori caldi, che trasmettono un senso di grande pace allo spettatore. Da sottolineare anche l’interpretazione sia di Alexandra Lamy, nel ruolo di Stéphanie, che risulta molto credibile e riesce a trasmettere il senso di disagio del suo personaggio, sia dell’eccellente Josiane Balasko, nella parte di mamma Jacqueline, che, non solo, risulta essere l’unica figura, in sceneggiatura, con una vita vera e ben vissuta e con un carattere ben definito, ma viene anche interpretata in modo profondamente “sentito” e sfaccettato. Arena di Verona: una settimana da non perdere Ancora pochi giorni per potersi godere la magia dell’Arena di Verona: musica senza tempo su un palcoscenico dove la storia diventa leggenda. Quest’anno L’Opera Festival, il 94°, si conclude il 28 agosto dopo una stagione di successi. Ma l’ultima settimana, questa, è un susseguirsi di fuochi di artificio: sul palcoscenico dell’Arena infatti si alterneranno le maggiori produzioni di questa stagione, Carmen, Aida, Il Trovatore e Turandot, dando a tutti, turisti, melomani o semplicemente appassionati la possibilità di prendere posto sulle gradinate e godersi lo spettacolo. Difficile trovarsi a dover scegliere un solo spettacolo con una simile scelta. Potendo, ci si dovrebbe fermare a Verona l’intera settimana per poter andare ogni sera in Arena a vedere un’opera diversa. Se poi la scelta dovesse necessariamente restringersi, sarebbe comunque consigliabile concedersi almeno una due giorni. E, a questo punto, perché non celebrare il 94° Festival con le due opere che hanno dato l’inizio a questa stagione, Carmen e Aida che, non a caso, sono riproposte a chiusura del Festival in Arena, il 27 e il 28 agosto. Si tratta delle due opere, almeno finora, più rappresentate in Arena nei primi 102 anni di storia (e 94 stagioni liriche): conosciute e amate dal vasto pubblico (non occorre essere esperti per conoscere e apprezzare libretti e musica) e particolarmente adatte grazie a imponenti scenografie e al vasto utilizzo di scene corali ad essere rappresentate sul palco dell’Arena. In particolare carme beneficia del monumentale allestimento realizzato da Franco Zeffirelli per l’opera di Bizet che si sposa alla perfezione con i grandi spazi dell’Arena di Verona. Costumi sontuosi, cambi di scena sorprendenti e un’ambientazione così ricca di dettagli che ricrea in maniera esemplare i vari ambienti nei quali si svolge l’opera (la piazza di Siviglia, la taverna di Lillas Pastia, l’accampamento dei contrabbandieri, la Plaza de Toros nel giorno della corrida), fanno rivivere in Arena la stessa Siviglia ottocentesca. Indimenticabile poi anche la coreografia flamenca di El Camborio ripresa da Lucia Real. Se poi tutto questo non bastasse, è la stessa storia vissuta da Carmen, così moderna, ad esercitare una forte attrazione nei confronti dello spettatore. Carmen infatti rappresenta la donna libera che rifugge ogni legame tradizionale per vivere appieno un’esistenza emancipata ricca di passioni. Carmen è fiera, indipendente, seduttrice, sprezzante delle convenzioni e dei sentimenti; sa di essere l’oggetto del desiderio degli uomini e ne manovra i sentimenti a suo piacimento. In un paese intriso di moralità cattolica (ben rappresentato dalla devota Micaela, tra i protagonisti della vicenda) Carmen è laica e ribelle e non teme di andare incontro alla morte con la convinzione che anche se si concede a chi dice di amare, realmente non sarà mai di nessuno. Quanto a Aida il capolavoro verdiano è presentato nell’allestimento di Gianfranco de Bosio ideato nel 1982 – e replicato per 18 stagioni – che rievoca l’edizione storica del 1913 di Ettore Fagiuoli. Le coreografie portano la firma di Susanna Egri. Aida costituisce il titolo areniano per eccellenza; dal 1913 è stata proposta in 59 diverse edizioni per un totale di 650 recite. L’opera verdiana è n vero e proprio colossal: un successo senza tempo che, grazie all’alchimia tra la musica di Giuseppe Verdi, il libretto di Antonio Ghislanzoni e il grande palcoscenico all’aperto più grande al mondo, crea da oltre cento anni una magia senza tempo ricca di esoticità. Proprio ad Aida infatti è legata in maniera indissolubile la nascita del Festival Lirico che ha trasformato l’Arena di Verona nel teatro all’aperto più noto al mondo. Coming soon: West Side Story, Footloose e The Bodyguard Sarà una stagione bollente quella che si sta preannunciando alle porte per i teatro. Sono infatti in arrivo produzioni di alto livello per tre Blockbuster del West End: West Side Story, assente dalla Penisola da oltre vent’anni, Footloose, per cui l’attesa è stata dimezzata e The Bodyguard, al debutto sui palcoscenici italiani. “WEST SIDE STORY” debutterà il prossimo 27 settembre al Teatro Manzoni di Milano per sole 15 repliche. L’evergreen basato su “Romeo e Giulietta” e vincitore di 1 Grammy (premio per la musica), ben 6 Tony (gli Oscar del teatro) e, nella sua versione cinematografica con Natalie Wood, addirittura 10 Oscar, sarà in scena al Teatro Manzoni fino al 9 ottobre e si prenuncia come un evento da non perdere grazie a con un cast di 33 elementi e all’orchestra in scena che riproporrà indimenticabili melodie come “Maria”, “America”, “I Feel Pretty” e “Tonight”. West Side Story è prodotto in Italia da Wizard Productions e diretto da Federico Bellone. Lo spettacolo è fedele alla tradizione con le coreografie originali di Jerome Robbins, le musiche di Leonard Bernstein e il libretto di Stephen Sondheim e Arthur Laurents, adattate da Franco Travaglio. FOOTLOOSE, icona musical anni ’80, sarà invece in scena dal 24 settembre al 31 dicembre al Barclays Teatro Nazionale di Milano. Con Footloose, Stage Entertainment festeggia il ritorno alla produzione, dopo tre anni di pausa, con cast eterogeneo, ricco di talenti giovani e di artisti con grande esperienza nel panorama teatrale italiano. Ren McCormack è interpretato da Riccardo Sinisi mentre Ariel Moore è Beatrice Baldaccini. THE BODYGUARD sarà infine uno degli spettacoli di punta della seconda parte della stagione, sempre al Barclays Teatro Nazionale di Milano. BOOM Festival & Burning Man in Portogallo Dall’11 al 18 agosto Idanha-a-Nova, piccolo comune portoghese ricco di storia e tradizione si trasforma nel palcoscenico europeo della cultura alternativa e della musica elettronica, con il BOOM Festival, evento dedicato alla cultura indipendente e che attira i giovani di tutto il mondo anche grazie al meraviglioso contesto naturale nel quale è inserito, il Geopark Naturtejo, area protetta dall’Unesco. Il BOOM Festival propone una settimana di eventi all’insegna della sostenibilità e del rispetto per la Terra: arti sceniche, musica elettronica, teatro, cinema, workshop installazioni. Dal 1997, anno della sua fondazione, sono infatti migliaia ogni anno i ‘Boomers’ che da 150 Paesi del globo raggiungono il ‘Burning Man’ del Vecchio Continente per immergersi nell’atmosfera libera e creativa del Festival: non semplicemente un evento ludico, ma una mentalità che si discosta dal modo di pensare convenzionale e rispecchia nuovi modi di esprimersi attraverso l’adesione alla cultura alternativa e psichedelica internazionale. Scenografie spettacolari fanno da sfondo a questo raduno colorato e interculturale che si alimenta non solo di musica underground, ma anche di danza, pittura, scultura, land e video art, installazioni futuristiche. Insignito per diversi anni con il Greener Festival Award Outstanding, il BOOM Festival è un caso virtuoso dove sostenibilità ambientale si lega a doppio filo con efficienza e funzionalità: acqua, area camper, assistenza medica e Wi-fi sono fornite gratuitamente a tutti i Boomers. Ottime notizie per chi non avesse ancora prenotato le vacanze, o chi sta ancora cercando l’ennesima buona ragione per visitare il Portogallo! Attraverso Festival, l'evento dell'estate per scoprire Langhe, Roero e Monferrato Il 24 agosto prende vita la prima edizione di Attraverso Festival, il festival che tra concerti, teatro, cibo e vino, si offre come un vero e proprio percorso turistico-spettacolare per visitare, narrando con parole e musica, il territorio inserito nella World Heritage List dell’Unesco nel 2014 e quelli limitrofi del Piemonte meridionale, tra Langhe, Roero e Monferrato. Concerti, spettacoli ed eventi teatrali si propongono di far scoprire quest’area fino al 4 settembre. Con lo sguardo al futuro ma il cuore ben saldo nel passato Attraverso ha l’obiettivo di far dialogare tra loro, con gusto, i diversi linguaggi della nostra epoca: quello letterario e quello teatrale, quello musicale e quello della cultura materiale del territorio. Proprio in questo intento sta il significato di una delle parole chiave del Festival, la resilienza, intesa come la capacità di resistere e di reinventarsi partendo dalla propria storia. Partendo da queste premesse ha preso forma l’articolato programma di Attraverso che si sviluppa spettacoli di teatro, concerti, performances, incontri e narrazioni Attraverso raggiunge ben diciannove comuni delle province di Cuneo, Alessandria e Asti. Un Festival diffuso quindi, nei più diversi luoghi già carichi di storia e di eccellenza, che hanno come denominatore comune la bellezza e il paesaggio delle colline a vite che li contraddistingue, dove nascono i grandi vini piemontesi. Un viaggio attraverso le abbazie e le piazze, i cortili, i ricetti e i castelli, per riscoprire il territorio in compagnia di alcuni protagonisti che hanno fatto del racconto e della bellezza la propria matrice stilistica. Ed è così che troviamo Carmen Consoli a Alba per l’unica data piemontese del suo tour estivo, Marco Paolini in scena a Monforte D’Alba, Massimo Cotto e Cristina Donà a Costigliole D’Alba, il maestro Ezio Bosso a Pollenzo-Bra, le fanfare Kocani Orchestar e Bandakadabra a Ovada, i Mau Mau a Grinzane Cavour, Paolo Rossi a Nizza Monferrato, Sergio Berardo e Dino Tron dei Lou Dalfin, a Bosio. Accanto a questi nomi ci saranno anche: il poeta Guido Catalano a Alba e Novi Ligure, Antonio Marangolo e Peppe Consolmagno a Rocca Grimalda e Lerma, la conferenza spettacolo con Steve Della Casa e Efisio Mulas, conduttori di Hollywood Party, trasmissione radiofonica di Radio Rai 3, a Parodi Ligure, i Bandaradan a La Morra, 88 Folli a Cella Monte, I Cormorani e Dj Angelo di Radio Deejay a Canelli, Giuseppe Cederna a Serralunga D’Alba e presso la suggestiva cornice del Parco artistico nel vigneto ORME SU LA COURT, mentre la performance di 3d visual mapping “Attraverso Paesaggi – Musica da vedere, immagini da ascoltare” caratterizzerà il centro storico di Casale Monferrato. Un programma vario che riflette la ricchezza e varietà dei territori che lo accolgono, tra bellezze paesaggistiche e prelibatezze eno-gastronomiche. E proprio l’enogastronomia è l’altro protagonista di Attraverso Festival. Partendo da quel denominatore comune delle tre zone qual è il prezioso nettare degli Dei presente in varie declinazioni, con i racconti sensoriali dei Narratori del Vino, assaporato durante le degustazioni offerte dalle Pro Loco dei comuni coinvolti e dall’incontro/chiacchiera sul tema “I partigiani del vino” tenuto da Angelo Gaja, Oscar Farinetti. Walter Massa e Omar Pedrini a Barbaresco in occasione dell’ evento conclusivo del Festival che vedrà sullo stesso palco, anche Bella Ciao, il più grande spettacolo di folk revival italiano riallestito cinquanta anni dopo. Vino, buon cibo e spirito di festa popolare. Durante le giornate di spettacolo sarà inoltre possibile partecipare a visite guidate in alcuni dei luoghi che ospitano il Festival come il tour guidato di Alba Sotterranea o la possibilità di scoprire la Torre di Barbaresco e il Castello di Monticello Borgo, gli INFERNOT celati nei sotterranei dell’Eco Museo della Pietra da Cantoni di Cella Monte o, ancora, sarà possibile visitare le mostre allestiste all’interno della Fondazione Bottari Lattes. Gli amanti della natura avranno invece l’occasione di imparare a riconoscere le erbe selvatiche commestibili insieme alla Chef Anna Rivera di Arquata Scrivia della Condotta di Slow Food oppure di partecipare ad un trekking all’interno del Ente parco Aree Protette Appennino Piemontese o ancora passeggiare felici alla scoperta dei segreti della bio- architettura, perfettamente integrata nel territorio che la ospita. Senza dimenticare il percorso d’arte tra le vigne nel Parco artistico nel Vigneto “Orme su La Court” che scopre le tappe dell’acqua, dell’aria e del fuoco pensate e realizzate da Emanuele Luzzati fino al grande portale sulle colline realizzato da Ugo Nespolo. ConFusion, un locale da scoprire sulle rive dell'Adige Il ConFusion è un locale da scoprire almeno per tre ragioni: la posizione incantevole sulle rive dell’Adige e proprio a ridosso del centro storico di Verona, la cura maniacale di singolo dettaglio dalle posate, ai portatovaglioli, fino alla presentazione del piatto, ma soprattutto, una cucina che unisce tre tradizioni: quella mediterranea, quella giapponese e, infine, quella sudamericana. La proposta della carta, sia per un drink che per un cena, non è mai banale ma è frutto di un’attenta ricerca che esalta tradizioni diverse e materie prime di qualità. Il ConFusion, lounge, caffetteria e ristorante, nasce a Verona dal desiderio dello chef Italo Bassi di esprimere a pieno la propria personalità e quella della moglie Tatjana Rozenfeld, profondamente innamorata dell’arte, con un’idea in mente ben precisa: quella di privare dell’eccesso di formalismo l’esperienza di una cucina d’autore e di un menu gourmet. Al ConFusion c’è un’attenzione assoluta alla materia prima italiana, caposaldo della cucina di Italo Bassi, e alla sua presentazione in piatti sempre eleganti, dove emerge anche l’esperienza giapponese dello chef. “Tre ingredienti in un piatto, se di ottima qualità, sono già troppi – dice Italo Bassi – Se si ha a disposizione un grande ingrediente occorre farsi da parte e lasciare che sia lui ad interpretare il ruolo da protagonista”. In cucina, oltre a Bassi, anche il sous chef giapponese Masaki Inogouchi e Ivan Bombieri. La contaminazione tra differenti espressioni gastronomiche passa anche dalla loro grande professionalità. Da non perdere il polpo all’olio di oliva con crema di peperoni dolci e fagiolini profumati all’aglio e yuzukoshò (18 euro), che unisce il Mediterraneo all’Oeriente e lo ying yang di gamberi rossi, quinoa allo zenzero racchiuso da una sfera di avocado e adagiato su una mousse di peperoni rossi (leche de tigre) al mango e con un assaggio di caviale (18 euro), un’esplosione di sapore dalla forma stupefacente. Interessante la proposta di sushi. Il ConFusion porta a Verona un concetto di locale internazionale, con tre differenti spazi al proprio interno. Si parte dall’angolo caffetteria “perché bere un gran caffè è ormai molto difficile”, spiega lo chef. Si prosegue con il palcoscenico, la cucina, uno spazio al piano terra che richiama la cultura giapponese di mangiare direttamente al banco di fronte allo chef. Qui nascono i piatti del ConFusion e qui lo chef Inogouchi prepara le proposte di sushi presenti in carta. Al piano superiore il lounge bar con una selezione di assoluto livello e la competenza di due barman professionisti, circondato da 7 terrazzini affacciati sul dolce scorrere del fiume Adige, particolarmente romantico la sera. Tre differenti anime che al ConFusion si mescolano e si intrecciano con disinvoltura, abbattendo i paletti temporali e prolungando l’orario in cui è possibile gustare le creazioni dello chef, magari abbinandole con un miscelato di livello o con un grande champagne. DOVE Verona, Via Ponte Nuovo, 9 Telefono: 045 4624806 Drink a partire da 10 euro Prezzo medio per cena: 40-50 euro. Percorsi di degustazione 5 portate 65 euro; 7 portate: 85 euro.