PianoEchos inonda di musica il Monferrato,Richmond Cafè torna

PianoEchos inonda di musica il
Monferrato
Sabato 3 settembre prende il via la tredicesima edizione di PianoEchos – Settimane pianistiche
internazionali in Monferrato, festival pianistico itinerante che inonderà di musica il Monferrato
fino al 2 ottobre. Il festival, organizzato dall’Associazione Culturale San Giacomo con la direzione
artistica di Sergio Marchegiani, apre le porte a luoghi magici ed esclusivi del territorio, dichiarato
recentemente patrimonio Unesco.
A PianoEchos saranno presenti dieci i concerti con solisti e formazioni cameristiche provenienti da
altrettanti Paesi, tra cui i Berliner Symphoniker, una delle piu importanti orchestre al mondo, e
lo Smetana Trio, storica formazione ceca, al quale verrà assegnato il Premio “Tasto d’Argento”
2016, un gioiello in argento e onice realizzato appositamente da un artigiano monferrino e
consegnato ogni anno a una personalità di spicco del panorama pianistico internazionale (quest’anno
eccezionalmente consegnato a un gruppo).
Tra le collaborazioni internazionali, una delle più importanti è quella che ha portato al gemellaggio
tra PianoEchos e il Festival Musicales de Grands Crus, la più importante iniziativa musicale della
Borgogna. Una partnership ambiziosa che lega due territori accomunati da un’importante
produzione vinicola, oltre che musicale, e dall’inserimento quasi simultaneo nella lista UNESCO dei
Patrimoni dell’Umanità. Inoltre, grazie alla collaborazione con tre produttori di vino di Lu
Monferrato, il festival ha un suo vino, il PianoEchos: una bottiglia edizione speciale realizzata nel
2013 in occasione del decennale del festival, accompagnata dalle nocciole Piemonte IGP.
Il connubio tra il grande repertorio per pianoforte e gli splendidi paesaggi del Monferrato è
l’ingrediente principale di PianoEchos e del suo viaggio tra i luoghi più suggestivi del territorio noto
per la produzione di vini di eccellenza e qualità internazionale (quali Barbera, Dolcetto, Grignolino,
Ruché, Freisa e Malvasia) e per la gastronomia. Quest’anno i centri toccati dal festival saranno Lu,
Casale, Frassinello, Fubine, Vignale e, per la prima volta, Moncalvo. Una minuziosa opera di
decentramento culturale, capillare e sistematica che valorizza centri anche piccolissimi con una
programmazione musicale di qualità in uno dei momenti più significativi per il territorio: mese di
vendemmia e con i colori più caratteristici.
IL PROGRAMMA DI PIANOECHOS
sabato 3 settembre 2016 – Moncalvo, Teatro Civico – ore 21.15
SMETANA TRIO
violino-violoncello-pianoforte
Repubblica Ceca
PREMIO “TASTO D’ARGENTO” 2016 ALLO SMETANA TRIO
domenica 4 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Nazario – ore 17.30
TRIO TCHIJIK-LOYAL-BOUCHARLAT
violino-violoncello-pianoforte
Russia-Francia
sabato 10 settembre 2016 – Fubine, Chiesa parrocchiale – ore 21.15
LUCASZ KRUPINSKI
pianoforte
Polonia
VINCITORE DEL CONCORSO PIANISTICO INTERNAZIONALE CLAVICOLOGNE 2016
domenica 11 settembre 2016 – San Maurizio di Conzano, Abbazia – ore 17.30
DUO BAUME SANGLARD-CIOCARLIE
duo pianistico
Svizzera-Romania
sabato 17 settembre 2016 – Vignale Monferrato, Palazzo Callori – ore 17.30
DUO ARKHIPOVA-SOLE LERIS
soprano-pianoforte
Russia-Francia
domenica 18 settembre 2016 – Frassinello Monferrato, Castello – ore 17.30
VINCENZO BALZANI
pianoforte
Italia
sabato 24 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Giacomo – ore 21.15
ROBERT LEHRBAUMER
pianoforte
Austria
domenica 25 settembre 2016 – Lu Monferrato, Chiesa di San Giacomo – ore 17.30
YVES HENRY
pianoforte
Francia
venerdì 30 settembre 2016 – Casale Monferrato, Biblioteca del Seminario – ore 21.15
LUDMIL ANGELOV
pianoforte
Bulgaria
domenica 2 ottobre 2016 – Casale Monferrato, Chiesa di San Domenico – ore 17.30
BERLINER SYMPHONIKER
ANDREAS FRÖLICH
pianoforte
Germania
CLAUDE VILLARET
direttore
Svizzera
Richmond Cafè torna con un nuovo look
Il Richmond Cafè con restyling, nuove serate e un’uramakeria da urlo è pronto a inaugurare una
stagione indimenticabile. Il sipario si alza il 10 settembre con il Formentera Party, un grande evento
che fa da preludio alle tante novità del locale milanese di via Melchiorre Gioia 69: dal nuovo
ristorante in salsa jap dedicato ai soli uramaki alla fitta programmazione settimanale, tra aperitivi
con show cooking di chef stellati e one-night tutte da ballare.
La one-night, Formentera Party, porterà a Milano tutta l’energia e il divertimento delle notti estive
dell’isola spagnola, tra aperitivo a buffet (a 15 euro) e una cena servita (40 euro) allietata dalle
selezioni musicali di Gigi Zeus, per poi proseguire dalle 23.30 alle 4 di mattina con il djset house e
commerciale di Giandomenico Di Vito affiancato dal vocalist Ale Zeus.
A pochi mesi dalla sua inaugurazione il Richmond Cafè, il locale trendy che ospita i fashion show e
i party del noto marchio streetwear prêt-à-porter lanciato in Italia da Saverio Moschillo, si rinnova
negli ambienti e si sdoppia in due realtà esclusive: da una parte un club dove scatenarsi 7 giorni su
7, sempre aperto dall’aperitivo a tarda notte, e dall’altra, una sala ristorante totalmente
indipendente da circa 40 posti, dove deliziarsi unicamente di soli uramaki, in versione classica o in
qualche variante dai profumi di Sicilia. Il Richmond Restaurant, un angolo di gusto per cultori di
uramaki, aperto dal lunedì al venerdì a pranzo e dal lunedì al sabato a cena, dalle 20 alle 23, sarà
inaugurato il prossimo 12 settembre.
“ESCOBAR” - UNA STORIA INTENSA AD
ALTA TENSIONE
di Elisa Pedini – Esce domani, 25 agosto, nelle sale italiane il film “Escobar”, per la regia e
sceneggiatura di Andrea Di Stefano. Pellicola decisamente intrigante, potente, intensa.
Assolutamente, da non perdere. Il regista, al suo esordio sul grande schermo, ci regala un vero
capolavoro. Personalmente ha raccolto il materiale su Pablo Escobar, figura estremamente
peculiare della scena del crimine organizzato. Nessuno come lui è stato amato e odiato, venerato e
temuto. Un film che tiene lo spettatore incollato alla sedia per due ore, senza che neppure se ne
accorga. Ogni aspetto è curato. Ogni situazione narrata, perfettamente calibrata. Nessuna scena
inutile. Nessuna lungaggine. Tutto è necessario e l’attenzione non cala mai. La tensione è palpabile e
presente sin dalla prima scena del film, senza mai trascendere né nella violenza gratuita, né in
scene, tanto sperticate quanto improbabili. Una regia, a parer mio, magistrale, che si gioca
sull’introspezione psicologica e sugli sguardi, oltre che sull’azione reale. Inquadrature a mezzo
primo piano che rapide si spostano in soggettiva, bucando lo schermo. Lo spettatore è negli occhi
dei protagonisti e ne prova gli stessi pensieri, le stesse emozioni, la stessa paura. Quando non si ha
bisogno d’indulgere in inutili scene di violenza o di sesso, che nulla apportano né alla trama, né allo
spettatore, è perché si ha davvero qualcosa da raccontare e soprattutto, perché si sa, veramente,
fare regia. Pellicola degna d’encomio. La trama vede due storie parallele dipanarsi attorno a quella
principale che è imperniata su Pablo Escobar: quella di Nick e Dylan e quella di Nick e Maria; ma
nessuna soverchia l’altra, pur venendo ben sviluppate e delineate, né, tanto meno, sottraggono
attenzione alla linearità e inesorabilità degli eventi. Ogni personaggio ha il suo spessore, alle volte
solo tratteggiato; ma sufficiente per evincere perfettamente sia l’interiorità, che l’esteriorità del
vissuto sullo schermo. La storia inizia in medias res. Una giovane e bella coppia, Nick e Maria, si
stanno, a quanto pare, preparando a una celere fuga; ma qualcuno bussa. La tensione è già
presente, nei loro sguardi, nel contrasto tra la luminosità della stanza in cui si trovano e il buio da
cui si sente provenire il rumore. Nick è convocato da Pablo Escobar. Questi, sta per consegnarsi alle
autorità e prega, colto in una profonda quanto terrificante umanità, per poi parlare ai suoi uomini, in
tutta la sua inquietante, terribile, figura. Ha bisogno di fare un’ultima delicatissima operazione. Da
qui, lo spettatore viene portato indietro nel tempo, a quando Nick, giovane e bel surfista canadese,
arriva in Colombia per raggiungere suo fratello Dylan. Davanti ai suoi occhi si apre un paradiso: una
laguna turchese, spiagge bianche come l’avorio e onde perfette. Non per niente, il titolo originale è
proprio “Escobar: Paradise Lost”. I due fratelli pensano davvero d’aver trovato il loro paradiso in
terra. Il loro sogno è stabilirsi lì e aprire una scuola di surf. Nick incontra Maria, bella e sensuale
colombiana. La loro storia d’amore si sviluppa chiaramente per lo spettatore, che la percepisce e la
vive senza ch’essa divenga mai esplicita o mielosa. Bastano pochi tratti per avere chiara la
situazione. Tutto sembra perfetto. Maria vuole presentare ufficialmente Nick alla sua famiglia e in
particolare a suo zio, amato e acclamatissimo, i di cui manifesti troneggiano in tutto il paese: Pablo
Escobar. Sentire Maria definirlo come un esportatore del principale prodotto colombiano: la cocaina,
è semplicemente geniale e mette il punto, attraverso una sola frase, sulla duplicità di visione del
personaggio: narcotrafficante spietato e senza scrupoli per il mondo, benefattore per i suoi congiunti
e il suo popolo. È così che Nick entra a far parte della “famiglia”, naturalmente, non solo nel senso
amorevole del termine, ma anche nel senso più occulto che il crimine organizzato da a tale parola. Il
primo dialogo tra Pablo e Nick è apparentemente molto tranquillo nei toni e nelle espressioni dei
due protagonisti; ma posso garantirvi che lo si percepisce, letteralmente, agghiacciante. Il ragazzo
non sa nulla di Escobar ancora e parla con serenità, senza comprendere né sospettare le
conseguenze delle sue parole. Solo trasferendosi a vivere nella villa di Pablo vedrà, intuirà, capirà.
Siamo appena all’inizio del film, in verità. La storia prosegue in un climax di tensione fino a
ricongiungersi alla scena iniziale e condurre per mano lo spettatore verso situazioni sempre più
ambigue e inquietanti fino alla conclusione del film. Volutamente non vi dico altro perché è un film
che va visto e gustato: nella profondità e sapienza delle inquadrature, nei giochi di forte luce e cupa
tenebra, nell’accostamento dei toni caldi e freddi, nella tranquillità dei dialoghi che sottendono, nel
loro placido svolgersi, terribili minacce e verità. Tutto scandisce la tensione, senza mai stressare lo
spettatore. Di fatto, non si vede nulla di cruento, ma tutto è percepito in modo potentemente
“brutale”. L’interpretazione è affidata a un cast d’eccezione, che si conferma tale e non ha certo
bisogno né di encomi, né di presentazioni: Benicio Del Toro, nel ruolo di Pablo Escobar, Josh
Hutcherson e Claudia Traisac, rispettivamente Nick e Maria nel film e Brady Corbet, nella parte
di Dylan.
“TORNO DA MIA MADRE” - UNA
“FAVOLA” TENERA E MALINCONICA
di Elisa Pedini – Nelle sale italiane da domani, 25 agosto, il film “Torno da mia madre”, ad opera
del regista e sceneggiatore francese Éric Lavaine. Commedia piacevole e leggera, che, al dunque, si
mostra più come una “favola” sulla famiglia e sulle problematiche odierne, che, purtroppo, molti
quarantenni si trovano a vivere. Le tematiche trattate sono molto attuali, ma la realtà si stempera
nella tenerezza della poesia, tenendo toni malinconici, molto tenui e superficiali, senza sviscerare né
introspettivamente, né socialmente, le varie situazioni proposte. Pertanto, è un film piacevole e
anche comico, che va approcciato come una bella favola, senza forzarne i parallelismi con la vita
vissuta. Mi spiego nel dettaglio, partendo dalla trama. La protagonista è Stéphanie, bella donna e
architetto di quarant’anni. Il film inizia con lei, molto elegante e serenamente alla guida della sua
cabrio rossa fuoco, mentre attraversa panorami stupendi. Tuttavia, quest’immagine di ricchezza e
serenità, termina coi titoli di testa, quando, Stéphanie, restituisce l’auto e a piedi s’allontana con il
suo bagaglio verso la fermata dell’autobus. È evidente che qualcosa è cambiato. Infatti, la donna fa
ritorno a casa della madre, Jaqueline, la quale, l’accoglie a braccia aperte. Apprendiamo che
Stéphanie è divorziata con un bambino e che ha chiuso il suo studio per fallimento, perdendo tutto.
La prostrazione della donna è comprensibile ed evidente: è passata dall’avere tutto, al perdere tutto
in un attimo. Quello che mi ha irritata e non poco è che Stéphanie non fa che lamentarsi e piangersi
addosso: ogni occasione è buona per dire quanto sia sfortunata e quanto sia nei guai. Per quanto
possa essere comprensibile il suo scoramento e l’imbarazzo di dover tornare dalla propria madre,
non è possibile non pensare a quanti si trovino nella sua stessa, identica condizione, senza, però,
avere la grandissima fortuna di rifugiarsi a casa di mamma. Aspetto fondamentale, perché, non solo
le dona un tetto sicuro sopra la testa, ma anche la serenità di cercare un lavoro e il lusso di rifiutare
impieghi umili e pesantemente squalificanti. Personalmente, avrei preferito udire meno lamentele e
più gratitudine. E questo, secondo me, è l’aspetto più importante, per il quale, il film va gustato
come una “favola”, da prendersi così com’è, senza parallelismi con la vita reale. L’ho premesso che
la pellicola evita il drammatico, stemperandolo nella tenerezza della malinconia e del sentimento.
Ovviamente, come si poteva, logicamente, supporre, le abitudini delle due donne sono diverse e da
qui scaturiscono le situazioni più esilaranti del film. Soprattutto, perché, Jacqueline, ha un segreto,
che vuole comunicare ufficialmente ai figli. Per tale ragione, ella assume non solo comportamenti
strani, incomprensibili agli occhi di Stéphanie, che, addirittura, li scambia per segnali di demenza
senile; ma organizza anche un pranzo con tutti i suoi tre figli. Quella tavola, imbandita con amore
dalla mamma, diviene, però, una specie d’arena, dove i tre “gladiatori” combattono le loro
personalissime guerre. Trapelano gelosie, vecchi rancori e soprattutto una sorta di fastidio verso la
nuova situazione che s’è venuta a creare. Anche qui, però, il regista non s’inoltra nell’introspezione
psicologica dei personaggi e non va oltre il mostrare tre personalità con grandissimi problemi
relazionali, se non psichici, come nel caso di Carole, la sorella di Stéphanie. La reazione, giusta e
coerente di Jacqueline, pone fine alla “corrida familiare”. Da questo momento, il film si concentra
maggiormente sulle vicende personali della madre e del suo “segreto”, lasciando un po’ in secondo
piano tutto il resto. Neppure nel momento di pathos della rivelazione ai figli della “grande notizia” si
raggiunge una profondità introspettiva. La reazione dei tre, per quanto, forse, abbastanza probabile
e realistica, resta sempre superficiale. L’impressione è che, Lavaine, abbia desiderato produrre una
commedia “vera”, ma poi abbia avuto remore nel mostrare la durezza della verità. I toni stemperati e
comici della commedia scorrono, comunque, gradevoli, con vicissitudini divertenti e alle volte,
persino esilaranti, fino a garantire il lieto fine. Una “favola” piacevole, che lascia sereni.
Ambientazioni bellissime e una fotografia molto curata danno il tocco finale. Un’altra cosa che mi ha
colpita è l’estrema luminosità: questa pellicola è dominata dalla solarità e dai colori caldi, che
trasmettono un senso di grande pace allo spettatore. Da sottolineare anche l’interpretazione sia di
Alexandra Lamy, nel ruolo di Stéphanie, che risulta molto credibile e riesce a trasmettere il senso
di disagio del suo personaggio, sia dell’eccellente Josiane Balasko, nella parte di mamma
Jacqueline, che, non solo, risulta essere l’unica figura, in sceneggiatura, con una vita vera e ben
vissuta e con un carattere ben definito, ma viene anche interpretata in modo profondamente
“sentito” e sfaccettato.
Arena di Verona: una settimana da non
perdere
Ancora pochi giorni per potersi godere la magia dell’Arena di Verona: musica senza tempo su un
palcoscenico dove la storia diventa leggenda. Quest’anno L’Opera Festival, il 94°, si conclude il 28
agosto dopo una stagione di successi. Ma l’ultima settimana, questa, è un susseguirsi di fuochi di
artificio: sul palcoscenico dell’Arena infatti si alterneranno le maggiori produzioni di questa
stagione, Carmen, Aida, Il Trovatore e Turandot, dando a tutti, turisti, melomani o semplicemente
appassionati la possibilità di prendere posto sulle gradinate e godersi lo spettacolo.
Difficile trovarsi a dover scegliere un solo spettacolo con una simile scelta. Potendo, ci si dovrebbe
fermare a Verona l’intera settimana per poter andare ogni sera in Arena a vedere un’opera diversa.
Se poi la scelta dovesse necessariamente restringersi, sarebbe comunque consigliabile concedersi
almeno una due giorni. E, a questo punto, perché non celebrare il 94° Festival con le due opere che
hanno dato l’inizio a questa stagione, Carmen e Aida che, non a caso, sono riproposte a chiusura del
Festival in Arena, il 27 e il 28 agosto. Si tratta delle due opere, almeno finora, più rappresentate in
Arena nei primi 102 anni di storia (e 94 stagioni liriche): conosciute e amate dal vasto pubblico (non
occorre essere esperti per conoscere e apprezzare libretti e musica) e particolarmente adatte grazie
a imponenti scenografie e al vasto utilizzo di scene corali ad essere rappresentate sul palco
dell’Arena.
In particolare carme beneficia del monumentale allestimento realizzato da Franco Zeffirelli per
l’opera di Bizet che si sposa alla perfezione con i grandi spazi dell’Arena di Verona. Costumi
sontuosi, cambi di scena sorprendenti e un’ambientazione così ricca di dettagli che ricrea in maniera
esemplare i vari ambienti nei quali si svolge l’opera (la piazza di Siviglia, la taverna di Lillas Pastia,
l’accampamento dei contrabbandieri, la Plaza de Toros nel giorno della corrida), fanno rivivere in
Arena la stessa Siviglia ottocentesca. Indimenticabile poi anche la coreografia flamenca di El
Camborio ripresa da Lucia Real. Se poi tutto questo non bastasse, è la stessa storia vissuta da
Carmen, così moderna, ad esercitare una forte attrazione nei confronti dello spettatore. Carmen
infatti rappresenta la donna libera che rifugge ogni legame tradizionale per vivere appieno
un’esistenza emancipata ricca di passioni. Carmen è fiera, indipendente, seduttrice, sprezzante delle
convenzioni e dei sentimenti; sa di essere l’oggetto del desiderio degli uomini e ne manovra i
sentimenti a suo piacimento. In un paese intriso di moralità cattolica (ben rappresentato dalla devota
Micaela, tra i protagonisti della vicenda) Carmen è laica e ribelle e non teme di andare incontro alla
morte con la convinzione che anche se si concede a chi dice di amare, realmente non sarà mai di
nessuno.
Quanto a Aida il capolavoro verdiano è presentato nell’allestimento di Gianfranco de Bosio ideato nel
1982 – e replicato per 18 stagioni – che rievoca l’edizione storica del 1913 di Ettore Fagiuoli. Le
coreografie portano la firma di Susanna Egri. Aida costituisce il titolo areniano per eccellenza; dal
1913 è stata proposta in 59 diverse edizioni per un totale di 650 recite. L’opera verdiana è n vero e
proprio colossal: un successo senza tempo che, grazie all’alchimia tra la musica di Giuseppe Verdi, il
libretto di Antonio Ghislanzoni e il grande palcoscenico all’aperto più grande al mondo, crea da oltre
cento anni una magia senza tempo ricca di esoticità. Proprio ad Aida infatti è legata in maniera
indissolubile la nascita del Festival Lirico che ha trasformato l’Arena di Verona nel teatro all’aperto
più noto al mondo.
Coming soon: West Side Story, Footloose e
The Bodyguard
Sarà una stagione bollente quella che si sta preannunciando alle porte per i teatro. Sono infatti in
arrivo produzioni di alto livello per tre Blockbuster del West End: West Side Story, assente dalla
Penisola da oltre vent’anni, Footloose, per cui l’attesa è stata dimezzata e The Bodyguard, al debutto
sui palcoscenici italiani.
“WEST SIDE STORY” debutterà il prossimo 27 settembre al Teatro Manzoni di Milano per sole 15
repliche. L’evergreen basato su “Romeo e Giulietta” e vincitore di 1 Grammy (premio per la
musica), ben 6 Tony (gli Oscar del teatro) e, nella sua versione cinematografica con Natalie Wood,
addirittura 10 Oscar, sarà in scena al Teatro Manzoni fino al 9 ottobre e si prenuncia come un
evento da non perdere grazie a con un cast di 33 elementi e all’orchestra in scena che riproporrà
indimenticabili melodie come “Maria”, “America”, “I Feel Pretty” e “Tonight”. West Side Story è
prodotto in Italia da Wizard Productions e diretto da Federico Bellone. Lo spettacolo è fedele alla
tradizione con le coreografie originali di Jerome Robbins, le musiche di Leonard Bernstein e il
libretto di Stephen Sondheim e Arthur Laurents, adattate da Franco Travaglio.
FOOTLOOSE, icona musical anni ’80, sarà invece in scena dal 24 settembre al 31 dicembre al
Barclays Teatro Nazionale di Milano. Con Footloose, Stage Entertainment festeggia il ritorno alla
produzione, dopo tre anni di pausa, con cast eterogeneo, ricco di talenti giovani e di artisti con
grande esperienza nel panorama teatrale italiano. Ren McCormack è interpretato da Riccardo Sinisi
mentre Ariel Moore è Beatrice Baldaccini.
THE BODYGUARD sarà infine uno degli spettacoli di punta della seconda parte della stagione,
sempre al Barclays Teatro Nazionale di Milano.
BOOM Festival & Burning Man in
Portogallo
Dall’11 al 18 agosto Idanha-a-Nova, piccolo comune portoghese ricco di storia e tradizione si
trasforma nel palcoscenico europeo della cultura alternativa e della musica elettronica, con il
BOOM Festival, evento dedicato alla cultura indipendente e che attira i giovani di tutto il mondo
anche grazie al meraviglioso contesto naturale nel quale è inserito, il Geopark Naturtejo, area
protetta dall’Unesco.
Il BOOM Festival propone una settimana di eventi all’insegna della sostenibilità e del rispetto per la
Terra: arti sceniche, musica elettronica, teatro, cinema, workshop installazioni. Dal 1997, anno della
sua fondazione, sono infatti migliaia ogni anno i ‘Boomers’ che da 150 Paesi del globo raggiungono il
‘Burning Man’ del Vecchio Continente per immergersi nell’atmosfera libera e creativa del
Festival: non semplicemente un evento ludico, ma una mentalità che si discosta dal modo di pensare
convenzionale e rispecchia nuovi modi di esprimersi attraverso l’adesione alla cultura alternativa e
psichedelica internazionale. Scenografie spettacolari fanno da sfondo a questo raduno colorato e
interculturale che si alimenta non solo di musica underground, ma anche di danza, pittura, scultura,
land e video art, installazioni futuristiche.
Insignito per diversi anni con il Greener Festival Award Outstanding, il BOOM Festival è un caso
virtuoso dove sostenibilità ambientale si lega a doppio filo con efficienza e funzionalità: acqua, area
camper, assistenza medica e Wi-fi sono fornite gratuitamente a tutti i Boomers. Ottime notizie per
chi non avesse ancora prenotato le vacanze, o chi sta ancora cercando l’ennesima buona ragione per
visitare il Portogallo!
Attraverso Festival, l'evento dell'estate per
scoprire Langhe, Roero e Monferrato
Il 24 agosto prende vita la prima edizione di Attraverso Festival, il festival che tra concerti,
teatro, cibo e vino, si offre come un vero e proprio percorso turistico-spettacolare per visitare,
narrando con parole e musica, il territorio inserito nella World Heritage List dell’Unesco nel 2014
e quelli limitrofi del Piemonte meridionale, tra Langhe, Roero e Monferrato. Concerti, spettacoli
ed eventi teatrali si propongono di far scoprire quest’area fino al 4 settembre.
Con lo sguardo al futuro ma il cuore ben saldo nel passato Attraverso ha l’obiettivo di far dialogare
tra loro, con gusto, i diversi linguaggi della nostra epoca: quello letterario e quello teatrale, quello
musicale e quello della cultura materiale del territorio. Proprio in questo intento sta il significato di
una delle parole chiave del Festival, la resilienza, intesa come la capacità di resistere e di
reinventarsi partendo dalla propria storia.
Partendo da queste premesse ha preso forma l’articolato programma di Attraverso che si sviluppa
spettacoli di teatro, concerti, performances, incontri e narrazioni Attraverso raggiunge ben
diciannove comuni delle province di Cuneo, Alessandria e Asti. Un Festival diffuso quindi, nei più
diversi luoghi già carichi di storia e di eccellenza, che hanno come denominatore comune la bellezza
e il paesaggio delle colline a vite che li contraddistingue, dove nascono i grandi vini piemontesi. Un
viaggio attraverso le abbazie e le piazze, i cortili, i ricetti e i castelli, per riscoprire il territorio in
compagnia di alcuni protagonisti che hanno fatto del racconto e della bellezza la propria matrice
stilistica.
Ed è così che troviamo Carmen Consoli a Alba per l’unica data piemontese del suo tour estivo,
Marco Paolini in scena a Monforte D’Alba, Massimo Cotto e Cristina Donà a Costigliole
D’Alba, il maestro Ezio Bosso a Pollenzo-Bra, le fanfare Kocani Orchestar e Bandakadabra a
Ovada, i Mau Mau a Grinzane Cavour, Paolo Rossi a Nizza Monferrato, Sergio Berardo e
Dino Tron dei Lou Dalfin, a Bosio.
Accanto a questi nomi ci saranno anche: il poeta Guido Catalano a Alba e Novi Ligure, Antonio
Marangolo e Peppe Consolmagno a Rocca Grimalda e Lerma, la conferenza spettacolo con
Steve Della Casa e Efisio Mulas, conduttori di Hollywood Party, trasmissione radiofonica di
Radio Rai 3, a Parodi Ligure, i Bandaradan a La Morra, 88 Folli a Cella Monte, I Cormorani e
Dj Angelo di Radio Deejay a Canelli, Giuseppe Cederna a Serralunga D’Alba e presso la
suggestiva cornice del Parco artistico nel vigneto ORME SU LA COURT, mentre la performance
di 3d visual mapping “Attraverso Paesaggi – Musica da vedere, immagini da ascoltare”
caratterizzerà il centro storico di Casale Monferrato.
Un programma vario che riflette la ricchezza e varietà dei territori che lo accolgono, tra bellezze
paesaggistiche e prelibatezze eno-gastronomiche. E proprio l’enogastronomia è l’altro protagonista
di Attraverso Festival. Partendo da quel denominatore comune delle tre zone qual è il prezioso
nettare degli Dei presente in varie declinazioni, con i racconti sensoriali dei Narratori del Vino,
assaporato durante le degustazioni offerte dalle Pro Loco dei comuni coinvolti e
dall’incontro/chiacchiera sul tema “I partigiani del vino” tenuto da Angelo Gaja, Oscar Farinetti.
Walter Massa e Omar Pedrini a Barbaresco in occasione dell’ evento conclusivo del Festival che
vedrà sullo stesso palco, anche Bella Ciao, il più grande spettacolo di folk revival italiano riallestito
cinquanta anni dopo. Vino, buon cibo e spirito di festa popolare.
Durante le giornate di spettacolo sarà inoltre possibile partecipare a visite guidate in alcuni dei
luoghi che ospitano il Festival come il tour guidato di Alba Sotterranea o la possibilità di scoprire la
Torre di Barbaresco e il Castello di Monticello Borgo, gli INFERNOT celati nei sotterranei dell’Eco
Museo della Pietra da Cantoni di Cella Monte o, ancora, sarà possibile visitare le mostre allestiste
all’interno della Fondazione Bottari Lattes. Gli amanti della natura avranno invece l’occasione di
imparare a riconoscere le erbe selvatiche commestibili insieme alla Chef Anna Rivera di Arquata
Scrivia della Condotta di Slow Food oppure di partecipare ad un trekking all’interno del Ente parco
Aree Protette Appennino Piemontese o ancora passeggiare felici alla scoperta dei segreti della bio-
architettura, perfettamente integrata nel territorio che la ospita. Senza dimenticare il percorso
d’arte tra le vigne nel Parco artistico nel Vigneto “Orme su La Court” che scopre le tappe dell’acqua,
dell’aria e del fuoco pensate e realizzate da Emanuele Luzzati fino al grande portale sulle colline
realizzato da Ugo Nespolo.
ConFusion, un locale da scoprire sulle rive
dell'Adige
Il ConFusion è un locale da scoprire almeno per tre
ragioni: la posizione incantevole sulle rive dell’Adige
e proprio a ridosso del centro storico di Verona, la
cura maniacale di singolo dettaglio dalle posate, ai
portatovaglioli, fino alla presentazione del piatto, ma
soprattutto, una cucina che unisce tre tradizioni:
quella mediterranea, quella giapponese e, infine,
quella sudamericana. La proposta della carta, sia per
un drink che per un cena, non è mai banale ma è
frutto di un’attenta ricerca che esalta tradizioni
diverse e materie prime di qualità.
Il ConFusion, lounge, caffetteria e ristorante, nasce a Verona dal desiderio dello chef Italo Bassi di
esprimere a pieno la propria personalità e quella della moglie Tatjana Rozenfeld, profondamente
innamorata dell’arte, con un’idea in mente ben precisa: quella di privare dell’eccesso di formalismo
l’esperienza di una cucina d’autore e di un menu gourmet.
Al ConFusion c’è un’attenzione assoluta alla materia prima italiana, caposaldo della cucina di Italo
Bassi, e alla sua presentazione in piatti sempre eleganti, dove emerge anche l’esperienza giapponese
dello chef. “Tre ingredienti in un piatto, se di ottima qualità, sono già troppi – dice Italo Bassi – Se si
ha a disposizione un grande ingrediente occorre farsi da parte e lasciare che sia lui ad interpretare il
ruolo da protagonista”. In cucina, oltre a Bassi, anche il sous chef giapponese Masaki Inogouchi e
Ivan Bombieri. La contaminazione tra differenti espressioni gastronomiche passa anche dalla loro
grande professionalità. Da non perdere il polpo all’olio di oliva con crema di peperoni dolci e
fagiolini profumati all’aglio e yuzukoshò (18 euro), che unisce il Mediterraneo all’Oeriente e lo ying
yang di gamberi rossi, quinoa allo zenzero racchiuso da una sfera di avocado e adagiato su una
mousse di peperoni rossi (leche de tigre) al mango e con un assaggio di caviale (18 euro),
un’esplosione di sapore dalla forma stupefacente. Interessante la proposta di sushi.
Il ConFusion porta a Verona un concetto di locale internazionale, con tre differenti spazi al proprio
interno. Si parte dall’angolo caffetteria “perché bere un gran caffè è ormai molto difficile”, spiega lo
chef. Si prosegue con il palcoscenico, la cucina, uno spazio al piano terra che richiama la cultura
giapponese di mangiare direttamente al banco di fronte allo chef. Qui nascono i piatti del ConFusion
e qui lo chef Inogouchi prepara le proposte di sushi presenti in carta. Al piano superiore il lounge
bar con una selezione di assoluto livello e la competenza di due barman professionisti, circondato da
7 terrazzini affacciati sul dolce scorrere del fiume Adige, particolarmente romantico la sera. Tre
differenti anime che al ConFusion si mescolano e si intrecciano con disinvoltura, abbattendo i paletti
temporali e prolungando l’orario in cui è possibile gustare le creazioni dello chef, magari
abbinandole con un miscelato di livello o con un grande champagne.
DOVE
Verona, Via Ponte Nuovo, 9
Telefono: 045 4624806
Drink a partire da 10 euro
Prezzo medio per cena: 40-50 euro. Percorsi di degustazione 5 portate 65 euro; 7 portate: 85 euro.