il mutamento sociale tra solidarietà alla sociologia interpretativa

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Anno XXXII, 1/31 dicembre 2010, n. 4
del sociologo
il mutamento sociale tra solidarietà
alla sociologia interpretativa;
costruzione del discorso scientifico
Max Weber in suo saggio metteva a raffronto la storiografia e la giurisprudenza ossia i soli 2 tipi di sapere relativi all’uomo in società
risalenti a molto prima della nascita della scienza moderna. Le scienze dell’uomo in quella fase erano imperniate sulla libertà del volere,
che si identifica con la diatriba tra libero arbitrio e servo arbitrio.
Dato che la scienza moderna ha come presupposto la messa tra
parentesi di ogni ipotesi teologica o metafisica allora anche il più
accanito sostenitore del servo arbitrio dovrà constatare che gli esseri
umani si muovono come se fossero liberi nella determinazione dei
loro comportamenti. Kant in piena epoca moderna distinguerà il
mondo umano della morale come regno dei fini o della libertà, da
quello della necessità che coincide col mondo naturale. Ma se quindi
non c’è spazio per un mondo umano della necessità come è possibile
allora quella prevedibilità che a molti appare condizione basilare perché si abbia la scienza positiva del comportamento umano?
La sociologia esce da questo impasse adottando 2 vie di uscita:
1. allargando il campo di osservazione dal singolo individuo a settori
più estesi della società (così l’imprevedibilità dovuta alle scelte del
singolo vanno via via riducendosi)… quindi se noi sappiamo come si
è comportato tizio in una certa situazione in un certo contesto
sapremmo dire come si comporteranno un certo numero di persone
che presentano le stesse caratteristiche di tizio e che si troveranno in
condizioni analoghe a quelle di tizio. Allora il problema del sociologo sarà: quali sono le caratteristiche che ci permettono di istituire le
categorie dei tizi? E che permettono di considerare analoghe le circostanze? E che il numero dei tizi sia significativo?
2. i comportamenti intenzionali dei singoli sono mirati ad ottenere
dei risultati ma essi producono effetti non sempre e non tutti programmati dall’attore (Fato, Provvidenza), può infatti accadere che
l’attore compia un errore o che il comportamento deviante derivi
dalle altre persone. Un caso particolare di questa situazione si ha
quando il comportamento in questione svolge una funzione latente
quando cioè esso produce un effetto istituzionalizzato, un effetto cioè
che in quelle circostanze si produce sistematicamente e viene riconosciuto socialmente come avente un significato determinato: positivo o
negativo, senza che a livello sociale ci si renda conto che esso è effetto
proprio di quel comportamento, giacchè in caso contrario la funzione
sarebbe manifesta e non latente.
Adamo Smith riassunse la teoria degli effetti benefici derivanti alla
collettività da comportamenti individuali che in sé potrebbero apparire egoistici. La benevolenza (sentimento morale) e la ricerca del proprio interesse non sono in contrasto tra loro ma coesistono nell’animo umano, per spiegare ciò abbiamo bisogno di introdurre il concetto di orientamento universalistico (ha di mira solo il proprio) che si
contrappone all’orientamento altruistico (ha di mira il l’interesse
altrui). Alle spalle di questa distinzione c’è il concetto di economia di
mercato, difatti l’aumento della ricchezza collettiva ha fatto sì che
chi si appropria di una risorsa non ne priva un altro quindi non sono
in contrasto i due orientamenti.
Un mercato non è un soggetto ma presuppone che vi operino dei soggetti, i quali debbono rispettare le regole del mercato. Il mercato è il
luogo dove avvengono processi di istituzionalizzazione, cioè processi di ripetizione a consolidamento di pratiche sociali aventi significati riconosciuti dagli attori, pratiche considerate come doverose.
Un’istituzione è dunque un insieme strutturato di ruoli sociali, ovvero di regole, e pertanto di comportamenti, che svolgano una funzione
nella vita sociale.
Un’istituzione può essere un soggetto sociale in quanto tale capace di
adottare decisioni e quindi essere titolare di comportamenti ed azioni
sociali; oppure essere solo un’arena in cui operano diversi soggetti
(ogni arena è afferente ad un diverso ambito di significato: lo sport,
la religione, la scienza, la sanità). Per distinguere le istituzioni-soggetti dalle arene basta vedere chi può prendere delle decisioni (naturalmente attraverso organi). Ad es. il mercato non è soggetto perché
non decide nulla.
I cambiamenti indotti dalla rivoluzione industriale hanno portato a
farsi molte domande, a ciascuno di queste domande corrisponde un
problema sociale perché dietro ogni problema c’è un fenomeno
sociale .
La domanda è se esistano leggi che regolano i fenomeni sociali la cui
conoscenza possa permettere di risolvere i relativi problemi.
DALLA FISICA SOCIALE ALLA SOCIOLOGIA
INTERPRETATIVA
1) La causalità
Come primo sociologo può essere considerato Comte che pubblicava a Parigi il “Corso della filosofia positiva”, in cui egli esponeva il
sapere filosofico positivo, ossia il sapere scientifico considerato dal
punto di vista della filosofia positiva o positivismo. Cos’è il positivismo è lo stesso Comte a spiegarlo. Secondo lui la storia dell’umanità
si articola in tre stadi:
1) gli uomini cercavano l’essenza e le cause finali delle cose e consideravano i fenomeni come prodotti dell’azione di agenti soprannaturali
(studio teologico);
2) gli obiettivi conoscitivi restano gli stessi, ma agli agenti soprannaturali si sostituiscono concetti astratti (stadio metafisico) capaci di
generare da soli fenomeni;
3) nel terzo stadio, quello positivo, lo spirito umano rinuncia a cercare l’origine e lo scopo delle cose e si sforza di trovare le regolarità e
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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
concatenazioni tra i fenomeni e formulare delle leggi capaci di spiegarli.
Stando a ciò religione, filosofia e scienza corrisponderebbero a tre
fasi della storia umana, ciascuna delle quali supera e nega le precedenti. Sicchè in una prospettiva positivistica la scienza positiva
sarebbe l’unico tipo di sapere legittimo capace di soddisfare da solo
tutte le esigenze conoscitive (scientismo). Nel ‘600, le lotte sostenute
dai primi scienziati moderni avevano portato alla completa legittimazione del sapere scientifico. Questo accade non per merito del calvinismo come sosteneva Weber; la matematica, l’astronomia e la fisica nel medioevo facevano parte della filosofia. In età moderna al
contrario Francesco Bacone propugnava l’investimento pubblico
nello sviluppo della scienza partendo dalla considerazione che la collettività avrebbe potuto trarne vantaggio. Bacone introduce per primo
la nozione di progresso delle scienze, non a caso una delle sue opere
è intitolata proprio al progresso delle scienze. Dunque da una concezione statica del sapere se ne sostituisce una dinamica grazie alle
nuove strade aperte dall’invenzione della stampa dalla scoperta dell’America dai commerci con le Indie, e contemporaneamente dalla
messa in discussione del controllo ecclesiastico sul sapere, avviata
dalla riforma protestante. La scienza d’altronde è un potente fattore
di benessere perché essa non consiste solo in un sapere aulico, ma
inciderebbe sulla vita della società. Sarà comunque la rivoluzione
industriale quella che trasformerà il rapporto tra opinione pubblica e
sapere scientifico. L’applicazione della macchina a vapore innescherà il mutamento sociale. In questo terreno affonda le sue radici
l’idea positivistica della scienza.
4.2 Sociologia e fisica sociale
D
unque per Comte il sapere scientifico è il supremo punto
di arrivo dell’evoluzione del sapere. All’interno del sapere
scientifico la disciplina che fornisce il modello a tutte le
altre è la fisica, non meraviglia che Comte annunciando
una nuova disciplina la sociologia l’abbia chiamata “fisica sociale”.
Così come la fisica studia la dinamica dei corpi naturali, altrettanto la
sociologia dovrebbe studiare la dinamica dei corpi sociali. La fisica
ha elaborato teorie che possono influenzare il corso degli eventi
quindi rappresentano il maggior strumento di potere dell’uomo sulla
natura e indirettamente di alcuni uomini su altri, quindi è chiaro che
il ruolo che Comte voleva per la sociologia e per i sociologi. Cosa le
è mancato perché ciò si verificasse?
4.3 Razionalità e verità
Una delle caratteristiche della scienza moderna è la pubblicità ossia
la ripercorribilità degli itinerari percorsi da chi ha formulato una
determinata teoria, da parte di chiunque sia in possesso degli strumenti concettuali e tecnici necessari. Le risorse che permettono agli
esseri umani di fare discorsi sono l’osservazione e la razionalità.
L’osservazione è quella pratica che permette al soggetto conoscente
di trovare informazioni dalla realtà fuori di lui. Sono scienze empiriche quelle che hanno nell’osservazione la loro caratteristica decisiva
(come la sociologia).
Non solo lo scienziato ma anche l’uomo della strada osserva la realtà
che lo circonda e ne trae gli insegnamenti che gli servono per vivere.
Ma per trarne questi insegnamenti non gli basta osservare, gli serve
anche di elaborare i risultati elaborando concetti, tenendo conto di
certi regolamenti, fino a elaborare delle teorie. Ma l’uomo della strada compie tutte queste operazioni senza avere prima sottoposto a una
rigorosa critica gli strumenti concettuali che intende adoperare. Lo
scienziato sociale invece esamina gli stessi fenomeni dopo una critica rigorosa delle sue tecniche di osservazione della realtà, dei criteri
per selezionare le informazioni, dei metodi impiegati, degli itinerari
da percorrere, in parole povere utilizza la razionalità. Per razionalità
ci limitiamo ad intendere la giustificabilità degli asserti ossia enunciati con cui si afferma o si nega l’esistenza di uno stato di cose. Per
un enunciato la relativa giustificazione implica:
1. la dimostrazione della sua verità
2. l’esplicitazione del senso che ha enunciare quell’asserto proprio in
quel contesto determinato.
Dimostrare la verità di un asserto comporta individuare una serie di
passaggi logici, queste procedure implicano:
a) afferrare fenomeni di esperienza scegliendo quelli considerati rilevanti e scartando gli altri
b) confrontare i concetti
c) costruire proposizioni per ciascun concetto
d) controllare la congruità di ciascun asserto e la reciproca compatibilità
e) determinare l’ambito di validità dell’asserto conclusivo.
4.4 Ordine, regola, legge
N
on è comunque la razionalità quella che, da sola, permette
alla scienza moderna di effettuare previsioni. La razionalità è uno strumento un metodo con il quale si costruiscono discorsi validi. Quello che però poi risulta decisivo è il
contenuto del discorso scientifico costituito dalle leggi scientifiche.
Ora se noi consideriamo che l’asserto principale è che il mondo è
intelligibile perché ordinato, difatti senza ordine il mutamento dei
fenomeni non avverrebbe con logica ma per casualità perciò nessun
fenomeno sarebbe prevedibile, al punto che potrebbero anche non
avvenire.
Cos’è quindi l’ordine? L’ordine è una situazione conforme a regola.
Regola ha la stessa radice di reggere = governare dunque nell’idea di
regola è implicita un’idea di governo dell’universo attraverso regole,
leggi, ordini. É un’idea che nell’età premoderna è coincisa con il
diritto di natura = diritto divino. Nel mondo moderno si è ereditata la
terminologia ma non la metafisica e la teologia che vi stavano dietro,
sicchè per i moderni leggi regole e norme sono diventate cose nettamente diverse. Le norme sono prescrizioni di comportamenti rivolte
a esseri umani da altri esseri umani che hanno titolo per farlo; le
leggi sono un sotto-insieme delle norme. Le norme debbono essere
applicate e le violazioni suscitano una reazione. Le norme dunque
hanno bisogno di una legittimazione sia in senso formale che sostanziale, qualora il riconoscimento da parte dei destinatari viene meno
esse decadono per desuetudine, possono essere abrogate (legittimazione in senso sostanziale). La legittimazione in senso formale consisterebbe nel riconoscimento della sua validità in quanto prodotta da
un’autorità dotata del potere giuridico di produrla ossia autorizzata
sulla base di un’altra norma. La norma esprime qualcosa che deve
essere realizzata non descrive una realtà che esiste già. Le regole
invece sono prodotto dell’esperienza. Regole e norme sono radicalmente differenti per quanto riguarda i meccanismi attraverso le quali
vengono prodotte, ma se le si guarda dal punto di vista del destinatario allora le differenze sfumano in quanto entrambe designano un
tipo di comportamento. Il termine legge invece è stato adoperato sia
per indicare un tipo di norma, sia per indicare le regolarità che si
verificano in natura.Una legge però non esprime solo una regolarità,
ossia il costante ripetersi di determinati fenomeni in determinate condizioni, ma anche la necessità che questa regolarità sia rispettata.
4.5 Alcuni problemi epistemologici in sociologia
S
econdo Amsterdamski non ci sarebbero motivi di principio
che impediscano di formulare leggi scientifiche nelle scienze
sociali. Va condivisa l’esigenza di non considerare le scienze
sociali e la sociologia in particolare influenzabili in misura
decisiva da fattori emozionali o irrazionalistici. Egli tenta di rafforzare una visione unitaria del sapere scientifico, che implica il rifiuto
di confinare le scienze sociali tra quelle letterarie. Ci sono differenze,
logicamente, fra la sociologia e le altre scienze, il sociologo non può
manipolare i fenomeni da studiare, si deve contentare nella generalità
dei casi, di studiare l’andamento dei fenomeni nel loro contesto
“naturale” con le interazioni con altri fenomeni. Perciò è difficile formulare relazioni universali e misurarle. Di conseguenza le leggi in
sociologia si presentano, spessissimo sotto forma di generalizzazioni
storiche, si presentano cioè come asserti che restringono il loro
campo di rilevanza ad alcuni intervalli di tempo. Non si cade nel
relativismo quando si fanno asserti specifici in rapporto ad oggetti
specifici, bensì quando si assegna pari dignità agli asserti confinandone però la validità, o in relazione all’autore, o alla situazione in cui
sono stati enunciati; o in altri termini si nega l’esistenza di criteri
validi per scegliere tra asserti reciprocamente incompatibili riguardanti il medesimo oggetto. La ricchezza di determinazioni di ciascun
fenomeno rende difficile individuare la causa del fenomeno stesso.
In teoria una o più di quelle determinazioni potrebbe avere avuto un
ruolo decisivo nel configurarsi di quel fenomeno. Si deve infine pensare, come precisava Gian Battista Vico, che studiare il comportamento di enti naturali è diverso da studiare comportamenti umani.
Tale diversità dipende dal fatto che lo scienziato sociale è in grado di
rivivere dentro di sè il comportamento che sta studiando, mentre non
altrettanto accade al naturalista.
4.6 Dal solipsismo all’interazione costruttiva
P
roviamo ad ipotizzare che alla nascita noi esseri umani
siamo tutti uguali nella nostra ignoranza del mondo. Nel
corso dei primi anni si apprendono poi moltissime cose, e
tra queste la lingua materna, e ciò grazie a concrete circostanze di vita, quelle in cui avviene il processo della socializzazione.
Si apprendono linguaggi destinati a permetterci di rapportarci col
mondo e con gli altri esseri umani che vengono appresi da ciascuno
all’interno di situazioni che possono essere molto simili da soggetto
a soggetto ma anche molto diversificate, se poi si aggiunge che ciascuno di noi è portatore di un patrimonio genetico specifico ne deriverà l’impossibilità di garantire che i vocabolari di cui ciascuno
dispone, per decodificare i messaggi siano uguali. Ciò vuol dire che
non si è certi che i messaggi ricevuti da ciascuno di noi siano interpretati così come gli emittenti avrebbero voluto. Navighiamo quindi
nella più assoluta indeterminazione, c’è però il metodo per uscirne
(non sul piano teorico, bensì su quello pratico). Ciascuno di noi, sulla
base della sua interpretazione compie scelte, e agisce nel mondo e
viene a contatto con scelte e decisioni prese da altri. Rispetto alle
nostre scelte ed azioni formuliamo le nostre aspettative, ossia ci
aspettiamo che avvengano determinate cose o che i nostri interlocutori si comportino in un determinato modo ce lo aspettiamo sulla
base della nostra conoscenza del mondo (strategia cognitiva), nonché
sulla base del presupposto che le norme e le regole che si applicherebbero alla situazione in cui ci troviamo siano osservate dai nostri
interlocutori nello stesso nostro modo (strategia normativa). L’esigenza che le aspettative non vengano deluse, spinge alla creazione
delle istituzioni del controllo sociale, di cui il diritto costituisce una
dimensione centrale e di cui fanno parte, i linguaggi artificiali (matematica, tecnica..) e le lingue naturali (francese, italiano…) e le stesse
regole, le quali si possono pensare come il significato dei comportamenti, connessi con le loro relative conseguenze. Forti dunque dell’aspettativa che le nostre aspettative non andranno deluse, nella
maggior parte dei casi non vengono deluse e la nostra intenzione con
gli interlocutori è costruttiva perché contribuisce a costruire i rapporti sociali. Questo è il modo di uscire dall’indeterminazione comunicativa sul piano pratico. Ciò però non garantisce che il nostro messaggio sia interpretato correttamente, generalmente ci accontentiamo
della risposta e non ci preoccupiamo dell’interlocutore come persona. Ma l’interazione spesso avviene nell’ambito di quei rapporti che
Cooley definiva primari ossia dove gli interlocutori si prendono in
considerazione non solo per la prestazione che l’uno si aspetta dall’altro (come invece avviene nei rapporti secondari).
Tornando al discorso tra la differenza tra la fisica e la sociologia
torna utile un esempio di Watzlawick. Immaginiamo una persona
che camminando in campagna dia un calcio ad un sasso, questo percorrerà una traiettoria calcolabile dalle leggi newtoniane. Se invece
si colpisce un cane quello che accadrà sarà imprevedibile (influenza
della casualità). La scienza moderna ha concepito la spiegazione dei
fenomeni con individuazione delle relative cause, cioè, fattori capaci
di produrne il verificarsi. Nella sociologia è difficile difendere l’applicabilità del principio di causalità perché bisogna considerare che i
fenomeni sociali non hanno mai a monte un solo fattore ma molteplici. In ogni caso è impossibile isolare le cause per controllarle una ad
una e questo rende impraticabile la cosa che ci interessa di più: ossia
prevedere ed influenzare il corso degli eventi. Dobbiamo riprendere
ora in considerazione l’esempio di prima, il cane potrebbe, dopo il
calcio abbaiare, addentare la persona, o allontanarsi guaendo o avere
altre reazioni. Il calcio quindi sarebbe la causa di ciascuno di questi?
E come possono essere gli effetti, diversi avendo tutte la stessa
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