Sorradile, una pecora morta ma il virus è sotto controllo SORRADILE. Scoperto un focolaio di lingua blu nelle campagne del paese. La febbre catarrale ovina ha ucciso una pecora in un allevamento nella zona di Perdidina. Altri tre capi presentano i sintomi... 13 novembre 2014 SORRADILE. Scoperto un focolaio di lingua blu nelle campagne del paese. La febbre catarrale ovina ha ucciso una pecora in un allevamento nella zona di Perdidina. Altri tre capi presentano i sintomi del morbo. Quello di Sorradile è il secondo centro d’infezione a svilupparsi in provincia. Il primo focolaio era scoppiato due mesi fa in un ovile di Sedilo, dove a contrarre il morbo era stato un solo esemplare, un ariete deceduto tre giorni dopo la vaccinazione, quando l’antidoto non aveva ancora fatto effetto. Nell’azienda di Perdidina sono state immediatamente disposte le misure di precauzione per impedire il diffondersi della malattia. Dietro segnalazione della Asl 5 il Comune ha emesso l’ordinanza con cui si dispone il sequestro sanitario del gregge, il censimento degli animali con l’indicazione del numero degli esemplari infetti o già morti, il divieto di movimentazione dei capi fatta eccezione per quelli destinati alla macellazione, il ricovero delle pecore in ambienti protetti dagli attacchi del moscerino vettore e la profilassi con insetticidi specifici sugli animali e nei luoghi di stazionamento del gregge. Il secondo focolaio attivo nell’Oristanese non allarma gli esperti dell’Azienda sanitaria locale, che definiscono la situazione tranquillissima per quanto riguarda la circolazione virale, secondo il responsabile del servizio di Salute animale, Antonio Montisci. «In provincia sono meno di 200 le aziende che non hanno ancora vaccinato e se anche vi fosse circolazione del virus non ci sarebbero molti animali ricettivi, pertanto la malattia non può diffondersi», dice Montisci. Con la campagna vaccinale è stato immunizzato il 90% del patrimonio ovino e questo mette abbondantemente al riparo il territorio provinciale da un’epidemia. «L’obiettivo, comunque – prosegue Montisci – è di arrivare al 100% per eliminare la circolazione virale: solo così possiamo liberalizzare il territorio sardo, come è successo in alcune regioni d’Italia e in altri Paesi europei». Maria Antonietta Cossu