GIOCO DIDATTICO PER L’APPRENDIMENTO
INFORMALE DELLA MUSICA
POLITECNICO DI MILANO
SCUOLA DEL DESIGN
Design del prodotto per l’innovazione
Relatore: Prof. Francesco Zurlo
Studente: Giuseppe Giompapa
Matricola: 803632
1
2
3
4
INDICE
Abstract
8
Introduzione
10
1. LA DIDATTICA DELLA MUSICA NELLA
CONTEMPORANEA
PEDAGOGIA
1.1 Tradizione e innovazione
13
1.2 Musica e linguaggio
15
1.3 Musica e Intelligenza
20
1.6 Musica e identità espressiva
24
2. I METODI DIDATTICI
2.1 I limiti del metodo tradizionale
27
2.2 La cultura orientale: Il metodo di Scinichi Suzuki
29
2.3 Edwin Gordon e l’ Audiation
33
5
2.4 Dalcroze e l’educazione al ritmo
34
2.5 La pedagogia Kodaly
36
2.6 Il metodo YAMAHA
38
3. IL GIOCO COME METODO DIDATTICO
3.1 Giocare la musica
43
3.2 Analogie fra gioco e musica
44
4. NUOVE TECNOLOGIE A SERVIZIO DELLA DIDATTICA
4.1 La musica nell’ era digitale
50
4.2 Software e APP nell’ educazione
55
4.2.1 Ascoltiamo
55
4.2.2 Pierre et le loup
56
4.2.3 Le 4 stagioni di Antoine
58
4.2.4 Music super heroes
59
4.3 La robotica e i sensori in campo educativo
62
4.3.1 Bee Bot & Blue Bot
64
4.3.2 Codie: Code having fun
65
4.3.3 Ototo
66
4.3.4 Musicink
67
5. DAL FENOMENO SONORO ALLA MUSICA
5.1 Il fenomeno fisico sonoro
69
5.2 La percezione del suono musicale
70
5.3 La percezione acusmatica
71
5.4 Il ruolo fondamentale dell’ascolto
72
6
6. IL VISIBILE DEL SUONO
6.1 I colori del suono nel tempo
75
6.2 Il codice cromatico di Luigi Veronesi
82
6.4 La visualizzazione musicale
86
6.5 La visual art: Performance digitali in musica e colori
88
musico
Cos’è musico
96
Elementi principali
98
Finalità didattiche
102
La fusione dei metodi
103
Il codice cromatico
104
Il disco ritmico
106
Componenti elettroniche e funzionamento
110
A lezione di musico con Filippo
118
Bibliografia
132
7
ABSTRACT
La musica è la seconda lingua che ogni nazione
parla, si tratta di un medium espressivo universale ed estremamente democratico, tutti possiamo
comprenderla e identificarci in essa, è infatti possibile risalire alla cultura di un popolo, senza conoscerne il linguaggio, ma, semplicemente ascoltandone la musica. Alla luce di questo, una corretta
educazione musicale fin dalla tenera età, ascoltare
musica e soprattutto FARE MUSICA, è un diritto
che appartiene ad ogni essere umano, proprio
perchè attraverso di essa possiamo comunicare
ed esprimere la nostra identità, la nostra cultura.
La seguente tesi ha indagato la musica in tutti suoi
aspetti e sfaccettature, per poi sfociare progettualmente in Musico, un gioco didattico educativo, finalizzato all’apprendimento informale della musica
da parte dei bambini di età compresa fra i 3 e i 9
anni. La tesi è essenzialmente divisa in 2 blocchi,
la prima parte analizza e approfondisce gli elementi
chiave della musica, le pratiche di insegnamento
tradizionali e sperimentali, la percezione del suono e la visalizzazione musicale. La seconda parte
8
descrive nel dettaglio il progetto Musico, i contesti
di utilizzo, le finalità didattiche e il funzionamento,
contiene anche un breve reportage fotografico del
piccolo Filippo a lezione di Musico.
Il primo capitolo è incentrato sull’evoluzione delle
pratiche didattiche musicali nel tempo, considerando l’influenza di altre discpline, quali la sociologia, la pedagogia, lo studio delle scienze cognitive
e percettive e in che modo esse hanno cambiato
l’insegnamento della musica e delle pratiche artistiche nel corso degli anni. Si passa poi alla definizione di musica come linguaggio, indagandone
la sua dimensione democratica ed universale, le
analogie e le divergenze rispetto al linguaggio verbale. Altri temi toccati in questo capitolo sono il
rapporto fra musica e intelligenza e l’importanza
della costruzione di un’ identità espressiva autonoma. Il secondo capitolo prende in rassegna i
metodi didattici sperimentali per l’insegnamento
della musica, dalla cultura orientale e il metodo del
maestro Suzuki, alla Gordon audiation, dall’ educazione al ritmo di Dalcroze, al metodo YAMAHA.
Il terzo capitolo mette in luce l’importanza dell’ attività ludica e delle pratiche legate al gioco nell’
educazione in generale, e nello specifico gli aspetti
comuni fra gioco e musica, i vantaggi e i benefici
di una didattica slegata dai limiti della tradizione,
che utlizzi il gioco come collante formativo.
Dopo una breve parentesi sugli aspetti scientifici
e fisici del suono, e come questi influiscono sulla percezione dell’evento sonoro, il sesto capitolo
indaga le corrispondenze fra i suoni e i colori, dal
punto di vista scientifico, teorico e artistico. Una
accurata ricerca sui codici di rappresentazione visiva della musica nel corso degli anni, e lo studio
delle percezioni sinestetiche inter-soggettive che
ne scaturiscono, sono stati la base teorica per la
scelta del codice cromatico utilizzato nel progetto.
Musico è un gioco didattico educativo finalizzato a
un primo approccio informale alla musica da parte
dei bambini dai 3 ai 9 anni di età, proprio in questi anni, il gioco diviene un’ attività essenziale per
una corretta crescita. L’ obiettivo è stato di fondere in un unico dispositivo, gli elementi cardine dei
metodi didattici sperimentali trattati in questa tesi,
considerandone le peculiarità e gli aspetti comuni.
La forma del prodotto si ispira al classico giradischi, con la differenza sostanziale che, la rotazione
del disco viene effettuata manualmente. Tale scelta è motivata dalla ricerca di un gesto semplice e
intuitivo che il bambino potesse compiere senza
nessuna difficoltà e soprattutto senza necessariamente acquisire particolari abilità tecnico-motorie che, caratterizzano viceversa lo studio degli
strumenti musicali tradizionali. Il gesto in questione
consiste nel ruotare il disco di Musico in una sorta
di centrifuga della musica.
Essenzialmente si tratta di uno strumento didattico che, non ha la pretesa e la presunzione di
insegnare la teoria e la pratica musicale in modo
completo e dettagliato, si pone come “ facilitatore”
dell’ apprendimento musicale, un medium fra tradizione e innovazione che consente al bambino di
assorbire in modo divertente e del tutto informale,
attraverso il gioco, gli elementi essenziali che costituiscono la musica: Il tempo, il ritmo, la melodia.
9
INTRODUZIONE
La scelta della musica come tematica centrale di
questa tesi, deriva innanzitutto da una profonda
passione dell’autore verso questa disciplina, d’altronde credo si possa affermare con assoluta certezza che ognuno di noi abbia ascoltato musica
almeno una volta nella propria vita, e abbia avuto
l’occasione di sperimentare il suo potere evocativo
ed espressivo, la sua capacità di dire tutto senza
specificare nulla.
A prescindere dal genere musicale, è innegabile
che la musica possegga un quid novi in più rispetto agli altri linguaggi comunicativi, compresa la
comunicazione verbale. Si tratta di un medium in
grado di toccare la sensibilità di tutti gli individui, di
veicolare contenuti senza limiti di nazionalità, età e
cultura. Essa ci identifica e ci accompagna in tutte
le fasi della crescita, un certo grado di musicalità
è presente anche in soggetti che non praticano
musica e non ne conoscono quindi la struttura.
L’ intangibilità e l’inafferabilità della musica, il suo
sfuggire a definizioni oggettive ci pone davanti a
scenari di innovazione sempre nuovi, in termini di
10
fruibilità, condivisione e didattica specializzata. Fra
le chiavi di innovazione che la musica mette a disposizione di un progettista, la scelta è ricaduta
sull’educazione e la didattica, incentrando la ricerca sugli aspetti cognitivi e percettivi della musica, studiati dalla pedagogia contemporanea e sui
metodi più efficaci di insegnamento che ne sono
scaturiti durante gli anni.
Il progetto Musico nasce sulla base di metodi didattici che, promuovono un’ apprendimento informale della musica, assecondando le reali capacità di apprendimento del bambino e come esse
mutano durante le fasi della crescita, I programmi e le attività collettive che, tali metodi utilizzano,
stimolano l’interesse e la partecipazione attiva dei
bambini, attraverso pratiche focalizzate sul FARE
MUSICA fin dalle prime lezioni per accrescere le
reali capacità musicali presenti in ciascun individuo fin dalla nascita. Divertirsi con la musica è la
chiave, e il gioco costituisce il punto di incontro fra
tradizione e innovazione, consente l’assimilazione
in modo informale di contenuti complessi quali: il
ritmo, le figure musicali e la relativa trascrizione
sul pentagramma. Le facoltà che il gioco stimola:
memoria, coordinazione motoria e sintesi, sono le
medesime abilità necessarie in ambito musicale.
La memoria consente di riconoscere una nota ad
altezze differenti ( orecchio assoluto), la coordinazione motoria è fondamentale per comprendere la
pulsazione ritmica attraverso il corpo, la capacità
di sintesi deriva dalla natura stessa della musica,
che si presta ad essere manipolata e combinata
senza soluzione di continuità. La combinatorietà
e la modularità delle note musicali, le infinite frasi
melodiche che possono essere ottenute, danno
vita al grande gioco combinatorio che è la musica.
L’obiettivo progettuale che ci si è posti è stato di
creare un dispositivo in grado di stimolare tutte le
capacità musicali latenti presenti in ogni bambino
fin dal giorno della nascita, sfruttando appieno il
potere educativo del gioco, Per fare ciò si è reso
necessario semplificare la notazione musicale tradizionale e i relativi 7 suoni della scala cromatica
in un codice visivo immediato, che annullasse il
gap che si viene necessariamente a creare fra il
suono ascoltato e la conversione in forma scritta.
Quale mezzo se non il colore è il più adatto a stimolare al meglio la memoria visiva e dare giustizia
al potere evocativo e simbolico della musica? Attraverso la sperimentazione delle infinite combinazioni di colori ottenibili in Musico, ogni bambino può
comporre la propria tavolozza sonora, assimilando
in modo semplice e divertente i primi rudimenti di
teoria musicale.
Prima di addentrarmi all’ interno dello sconfinato
mondo che è la musica, è doveroso da parte mia
chiarire che non sono in alcun modo un musicista
professionista, ma da progettista e musicista autodidatta credo sia giusto indagare tutti gli aspetti di
una disciplina, anche i più tecnici, per poter giungere a una resa progettuale che sia il più efficace
possibile. Il progetto Musico non ha la presunzione
di demistificare o denigrare anni e anni di teorie e
pratiche di insegnamento musicale ben strutturati
e collaudati, il mio progetto si pone essenzialmente come una gioco educativo e formativo.
11
12
1. LA DIDATTICA DELLA MUSICA NELLA
PEDAGOGIA CONTEMPORANEA
1.1 TRADIZIONE E INNOVAZIONE
L’educazione musicale è stata da secoli identificata come la tecnica di esecuzione strumentale
accompagnata da una completa conoscenza della teoria, appresa attraverso rigide lezioni teoriche
e tecniche progressive per favorire l’abilità tecnico-motoria di esecuzione. Questa concezione
portava inevitabilmente a una massiccia scrematura degli studenti fin dalla prima fase di studio,
poiché si pensava che la musica fosse una pratica
per i pochi eletti che possedevano il “talento musicale”, il risultato era una scarsa attenzione verso
i reali interessi e la curiosità del bambino, ne conseguiva un mancato coinvolgimento in termini di
partecipazione e apprendimento.
L’accostamento alla reale pratica musicale, avveniva solo in un secondo momento, dopo noiose
sedute di teoria e solfeggio, lo strumento musicale
e il fare musica il più delle volte era un miraggio o
un obiettivo lontano da raggiungere, non si trattava
più di uno strumento, bensì di un fine.
La situazione appena descritta si circoscriveva
all’ambito della didattica specializzata, ma, nelle
scuole la pratica musicale era molto sottovalutata.
Fin dagli anni 70 La lezione di musica nelle scuole
costituiva una componente “additiva” alle discipline “nobili”, forniva agli studenti qualche sporadica
nozione di teoria associata a un programma di storia della musica. Il metodo di insegnamento delle
altre discipline veniva applicato a forza anche alla
musica, si basava sul trasferimento orale di nozioni
maestro-allievo. La pratica musicale ovviamente
richiedeva dei mezzi didattici e strumenti didattici
mirati, era infatti impensabile e difficile capire come
si potesse fare musica in un aula scolastica.
Nel 1966 Herbert Read, poeta e pedagogista britannico, poneva la questione della mancanza di un
riconoscimento importante delle pratiche musicali
e artistiche nell’educazione scolastica. La formazione artistica e musicale era rilegata agli istituti
specifici, quali accademie e conservatori.
Nel XX secolo molti studiosi di musica e pedagogisti sollevano il tema della rivalutazione dell’educazione musicale, in termini non solo di rinnovamento, ma di una vera e propria rivoluzione,
13
MUSICA
Tecnica e teoria
Sensibilità artistica
GIOCO
Coordinazione motoria
Rapporti sociali
1. Schema sintetico della discipline che concorrono auna corretta crescita dell’ individuo
considerando il rapporto che la musica intrattiene
con le altre discipline, la pedagogia e la sociologia
in particolar modo, ma anche le scienze cognitive
e percettive.
Per porre rimedio all’artificiosità dell’insegnamento
tradizionale, vengono condotti studi sulla musica
come elemento intrinseco dell’essere umano, una
componente interiore del bambino, un qualcosa di
innato e sacro, da coltivare al fine di una maturazione individuale e sociale completa. Le prime proposte precise risalgono alla prima metà del 900,
fra i maggiori esponenti (che tratterò in dettaglio
nei capitoli successivi ) spiccano come padri della
didattica musicale sperimentale: Suzuki, Dalcroze,
Gordon, tutti accomunati dal desiderio di un ritorno
alla concretezza degli apprendimenti, focalizzata
sulll’attenzione verso i processi di apprendimento
dei bambini, alle implicazioni sociali che la musica
comporta, ma soprattutto alle loro reali passioni e
interessi. Lo scopo della didattica non è più l’abilità tecnica, ma lo sviluppo delle abilità espressive,
l’autonomia critica e il fare musica in rapporto con
gli altri. Le loro ricerche richiamano concetti importanti della pedagogia, legati allo studio della sensazione e dell’esperienza senso-motoria. L’allievo
14
è quindi spinto a far pratica con la musica prima di
un qualsiasi approccio teorico, in modo da assimilare gli elementi costitutivi della stessa, per mezzo
di attività ludiche che stimolino il reale interesse
dei bambini e la partecipazione. Viene data maggior rilevanza al canto, a giochi ritmici corporei che
coinvolgono e stimolano la musicalità presente in
ogni essere umano. In sintesi la centralità della didattica non è più volta a stimolare il talento, bensì
a una formazione completa del bambino.
Questi metodi didattici alternativi hanno fatto
da apri-pista a una vera rivoluzione pedagogico-musicale. In una situazione attuale caratterizzata dalla perdita delle certezze e dei dogmi, le
nuove sperimentazioni rispondono all’esigenza di
svecchiamento e adattamento alla situazione contemporanea, aprono infinite possibilità di sviluppo
e innovazione in questa disciplina, che si porta
ancora dietro una bagaglio tradizionalistico molto
forte. Questo approccio pluridisciplinare alla musica consente di avvicinare ad essa un numero
molto maggiore di persone, per mezzo di pratiche
innovative, legate al gioco, all’ intrattenimento, ad
attività collettive, all’ ascolto condiviso, a un apprendimento di tipo informale.
PEDAGOGIA
-
-
-
-
-
Scienza cognitive
Scienze percettive
EDUCAZIONE
Rispetto del prossimo
Disciplina
1.2 MUSICA E LINGUAGGIO
La definizione tradizionale di musica come “arte
di comporre suoni secondo un codice normativo
preciso, composto da determinate leggi e convenzioni”, risulta oggi incompleta, poiché si tratta
di un insegnamento che implica il coinvolgimento
di molte discipline legate alla psicologia, alla sociologia, alla semiotica e ancora alla pedagogia.
Esistono molte altre definizioni di “musica“, Leibniz
la definiva “ L’ aritmetica sonora”,“ L’arte di pensare
con i suoni” (B. Riemann) o ancora “ L’arte che si
esprime attraverso i suoni” ( J. Combarieau).
Queste definizioni, seppur affascinanti non analizzano a pieno la complessità degli elementi che
orbitano intorno a questa disciplina. Esiste infatti
una profonda connessione, testimoniata da studi
e tecniche più o meno scientifiche, fra suono, sviluppo dell’intelligenza e linguaggio.
La base di partenza di questi studi è che la musica è essenzialmente un linguaggio universale, ed
esattamente come il linguaggio verbale può accompagnare l’essere umano nella crescita fin dalla
fase prenatale. In che modo quindi la musica può
essere considerata e definita come linguaggio e
quanto ettivamente influisce sulla vita dell’essere umano? Si tratta di un lusso, di un mezzo che
contribuisce a rendere piacevoli i nostri momenti di
relax o può davvero essere un valido strumento di
formativo per l’individuo.
La caratteristica principale e più importante della
musica è che, più di ogni altro mezzo di espressione è in grado di veicolare sentimenti ed emozioni
comuni fra individui di età, nazionalità e culture differenti, ma anche di comunicare dei veri e propri
messaggi verbali, nelle tribù africane ad esempio,
attraverso il ritmo, la frequenza e la sovrapposizione dei battiti sui tamburi, che costituiscono un vero
e proprio codice di comunicazione non verbale, o
ancora in Svizzera, attraverso il canto Jodel, un sistema di comunicazione che permetteva ai pastori
di comunicare messaggi attraverso le vallate.
L’espressione “linguaggio musicale” è divenuta
comune quanto enigmatica proprio perché il vero
significato dell’arte dei suoni è sfuggente e non si
comprende mai a pieno a quale realtà umana o
cosmica si riferisca la forma musicale, poiché è in
grado di dire tutto senza specificare nulla.
Nel pensiero musicale occidentale ci si è sempre
interrogati sulla somiglianza e sulla divergenze tra
15
B
C
A
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
A
Corda libera
B
(2/3) : Quinta superiore
C
(1/2) : Ottava superiore
9/8
5/4
4/3
3/2
5/3
15/8
2/1
2. Rapporti matematici fra le note della scala cromatica secondo lo schema pitagorico. La
scala è basata con rigore matematico sull’intervallo di quinta (rappresentato dal rapporto
3/2) e di ottava (rapporto 2/1). In figura è presente una sola ottava.
musica e linguaggio, l’esigenza di fondere questi
due mezzi di comunicazione è sempre stata storicamente più o meno consapevole.
Fino all’età moderna, l’uomo non si è interessato
ad attribuire la funzione di linguaggio alla musica,
a darne una definizione semantica consapevole,
la musica era legata esclusivamente al concetto
di “mimesi “, ci si concentrava sulle qualità rappresentative della stessa. I filosofi e gli scienziati dell’antichità definivano il suono attraverso due
aspetti, uno legato a un sistema razionale di regole
sintattiche e l’altro legato al valore degli effetti percettivi generati da quel sistema.
I Pitagorici definivano una teoria quantitativa del
suono, l’aritmetica pitagorica riduceva i fenomeni
naturali e le espressioni a dati quantitativi numerici, costituenti la realtà fisica, l’indagine sulla musica si fonda sulla natura matematica e dei rapporti
consonanti che la compongono, come puro dato
empirico, espressione tangibile e manifesta ( fig.2).
La retorica si fonde con la musica in modo più
evidente nel tardo rinascimento, attraverso il concetto di “Musaica poetica”, dove la musica riceve
lo status di espressione poetica, legata ai principi
della retorica e del linguaggio. Si passerà poi dalla
16
musica teoretica, legata alla matematica aristotelica, alla musica pratica, intesa come tecnica esecutiva. Nel 600, si giunge alla definizione di teorie
di corrispondenze tra le frasi verbali e i gesti musicali (note, intervalli, modi e tonalità) rivalutate come
espressioni comunicative in grado di imitare e sostituire la parola.
Il termine “Linguaggio musicale” appare per la prima volta nel 700, con la nascita dell’estetica in
campo filosofico, la sempre più accurata codificazione “architettonica” del linguaggio tonale e la
riscoperta della melodia come veicolo di straordinarie potenzialità espressive. Conseguentemente
vennero formulate le nuove idee che la melodia
potesse costruire un vero e proprio “discorso sonoro” con una propria logica e grammatica, il primo a formulare una teoria sull’ origine comune fra
il linguaggio verbale e la musica fu Jacques Rousseau, sostenendo che il canto superava di gran
lunga il valore comunicativo della parola:
“La melodia non imita solamente, essa parla; e
il suo linguaggio inarticolato ma vivo, ardente,
appassionato, possiede cento volte più energia
della stessa parola”
Nel 900 ci si interroga se la naturalità del suono, la
tonalità e le sensazioni uditive che ne scaturiscono
siano gli unici fattori da considerare al fine di attribuire alla musica il titolo di “linguaggio”. Questo
scaturisce dalla nascita di nuove discipline quali
la semiotica, la linguistica generativa, la fonologia,
le scienze cognitive che influiscono in maniera
massiccia sulle avanguardie musicali del secondo
dopoguerra e sulla conseguente nascita di nuovi
linguaggi musicali.
Il dibattito sul significato e la funzione della musica
può essere studiato e valutato in termini di contenuto espressivo evocativo, quindi dal contenuto
espressivo e dal rapporto che la musica intrattiene con le emozioni umane. La posizione inversa
si concentra invece sull’aspetto semantico e dei
contenuti della musica, sul rapporto fra significato
e significante, mettendo quindi da parte la componente legata alle emozioni.
Susanne Langer, filosofa americana, che ha studiato il linguaggio musicale soprattutto in base al
rapporto musica-emozione, definisce la musica
come un “fenomeno inconsumato”, poiché è in
grado di comunicare e suscitare emozioni mediante strutture sonore e figure simboliche, che a
a differenza dei simboli legati al linguaggio verbale,
non sono riconducibili a contenuti specifici corrispondenti. Risulta complesso quindi strutturare un
codice musicale, nel quale a determinate figure
sonore corrispondano dei significati ben precisi,
nonostante questo non si può certo dire che la
musica sia priva di significati, anzi è l’esatto contrario come affermava Edward Hanslick, che la definiva come “Espressività pura”, la sua caratteristica
peculiare è l’espressività e non l’espressione, la
musica possiede un carattere evocativo legato ai
sentimenti e alle emozioni, diverso dal simbolismo
linguistico.
Innegabile è il fatto che la musica possieda un codice ben strutturato ed è proprio dalla combinazione degli elementi che lo compongono che una
composizione può suscitare diversi tipi di emozioni. Una melodia può essere infatti triste o allegra,
ma non si tratta di un incidente, il musicista è pienamente consapevole delle emozioni che prova
e che vuol comunicare, dei codici e strutture da
utilizzare per comunicarle al meglio, le emozioni
musicali sono dunque piene e causate dalla struttura musicale stessa. Questo aspetto sintattico
della musica, presuppone una “logica musicale”
17
c
A Y
U
o
Xl
B Q
b
k
E
oz
H
jh
e lascia aperta la possibilità di una corrispondenza
fra il vocabolario dei suoni e quello delle parole,
per esempio nel passaggio di una frase dalla forma attiva a quella passiva, il senso della frase può
mutare, questo può avvenire anche in musica,
attraverso la ricomposizione della cadenza degli
stessi accordi (con la risoluzione dell’accordo di
dominante sull’accordo di tonica), pur mantenendo gli stessi accordi, è possibile suscitare sensazioni diametralmente opposte. Lo stesso avviene
concentrandosi sui singoli accordi, che provocano
delle sensazioni oggettive e universali, un accordo
maggiore comunica un senso di pienezza e allegria, un accordo minore risulta invece più cupo e
riflessivo, gli accordi di settima comunicano invece
un senso di sospensione.
Esistono quindi delle analogie fra i codici di comunicazione verbali e musicali, se si parte dalla definizione del termine “linguaggio” e lo si circoscrive
alla sfera della comunicazione verbale, i punti di
contatto possono essere ricercati con termini di
paragone e analogie; se invece si dà una definizione più estesa ovvero “ un sistema simbolico
dotato di capacità espressiva e comunicativa ” la
18
W
Y
questione ci pone davanti a orizzonti più complessi. Questi sono stati studiati e approfonditi dal cognitivista John Sloboda, insegnante di psicologia
presso l’università di Keelee, studioso dei processi
generativi e cognitivi della musica, e del pensiero
musicale. Egli volge la sua attenzione alle ricerche
empiriche, studiando il comportamento dei musicisti nella vita reale, cercando di comprendere le
caratteristiche delle abilità musicali e i meccanismi
cognitivi che ne scaturiscono.
Il cognitivismo di Sloboda analizza i processi cognitivi in termini di rappresentazione delle conoscenze, la musica diviene un pretesto, o meglio il
punto di partenza per l’analisi dei processi cognitivi
anche in altri settori della vita con i quali l’individuo
viene a contatto.
Egli sostiene che sia la musica che il linguaggio
sono dei mezzi simili, poichè entrambi utilizzano lo
stesso canale uditivo vocale, possono produrre un
numero illimitato di frasi e sono presenti in forma
scritta. In entrambi i linguaggi si distingue una fonologia e una sintassi e l’apprendimento da parte
dei bambini, avviene tramite la riproduzione degli
esempi fonetici prodotti dagli adulti.
4
4
B
Y
C
La tesi di Sloboda è rafforzata dagli studi scientifici che hanno dimostrato che l’area del cervello
situata nel lobo temporale, responsabile dell’elaborazione del linguaggio si occupa anche della
distinzione e classificazione dei suoni.
Vivere nel suono prodotto dal linguaggio, lascia
dei segni nel sistema nervoso periferico, in funzione al tipo di stimolo uditivo, alle parole utilizzate,
al timbro, verranno interessate diverse zone del
corpo; quindi i movimenti che compiamo e i gesti
che ripetiamo e che fanno ormai parte della nostra
identità, sono il prodotto del tipo di linguaggio che
apprendiamo.
C’è anche chi afferma il contrario, S. Langer sostiene che la musica non può essere considerata
un linguaggio in quanto non è possibile costruire
un vocabolario di parole musicali, ben strutturato
e comprensibile a tutti. Per la Langer la musica è
un’espressione di uno stato emotivo dell’animo
umano, il cui significato non può essere tradotto
in un codice oggettivo. La corrispondenza fra suoni e parole può giungere solo attraverso allegorie,
poichè la musica non possiede una grammatica
e una sintassi. Per concludere, la corrispondenza
g
E
A
o
fra suoni e linguaggio verbale è stata studiata fino
ad oggi in chiave solo semantica o sintattica, non
in modo strettamente pragmatico, la domanda che
bisogna porsi secondo la teoria Lacaniana e “cosa
posso fare con i suoni? “, considerare la pratica
musicale come un “gioco combinatorio”. La comparazione fra i termini non mira più a individuare
quelle che sono le analogie fra le parti, ma mette
in luce il meccanismo ludico/gestuale di composizione e modulazione dei suoni, cosi come avviene
nelle proposizioni del linguaggio. Cosi facendo non
si cercheranno le analogie fra una parola o una
determinata nota o accordo, si procederà invece
alla valutazione di atti musicali, carichi della stessa
potenza espressiva della parola e appartenenti al
“gioco della musica”. Si può giocare con le parole,
combinarle, per creare storie, la medesima cosa
può essere fatta attraverso la musica. Essa ci offre
un ricco vocabolario, certamente ben più limitato
rispetto a quello linguistico, ma che consente allo
stesso modo di creare infinite combinazioni di note
e accordi, fraseggi melodici che al contrario del
linguaggio non hanno limiti di nazionalità, tutti possono beneficiare del linguaggio musicale.
19
Movimento
Sensi e percezione spaziale
Linguaggio e memoria
Vista
1.3 MUSICA E INTELLIGENZA
Risulta fondamentale prima di addentrarci nelle
analogie fra musica e intelligenza, capire la biologia
del pensiero musicale, che, come ogni altra abilità
cognitiva ha una precisa localizzazione cerebrale.
La psicologia cerca infatti di studiare il comportamento umano in funzione delle operazioni compiute dal cervello e dal sistema nervoso, dettate da
una forte componente genetica individuale.
L’ apprendimento delle strutture che costituiscono
la musica può avvenire per acculturazione educativa, cioè l ‘esposizione, durante l’infanzia a prodotti musicali derivanti dalla nostra cultura, o tramite
un’educazione vera e propria col fine di acquisire
determinate competenze con l’ausilio di un programma didattico.
La musica è quindi un prodotto della cultura, ma
quali sono i fattori responsabili della formazione
delle differenze culturali musicali? la musica ha una
funzione biologica? è possibile ricostruirla in modo
da risalire alla nascita della musica nella specie
umana?
Per poter rispondere è necessario concentrarsi sul concetto di trasmissione della cultura, che
20
può basarsi sia sulle conoscenze che sulla memoria, la seconda forma di trasmissione, la memoria,
viene studiata sulla base di in documento scritto.
Non è sempre vero però, che la forma scritta sia
la più veritiera e inattaccabile, soprattutto in campo
musicale, è necessario precisare che si tratta di
mezzi di trasmissione della cultura essenzialmente
differenti. La nostra scrittura alfabetica ad esempio
non garantisce una comunicazione a 360 gradi,
non preserva infatti aspetti come il ritmo e l’intonazione, ma conserva invece la fonetica (il suono
delle parole). In molte culture “orali” la comunicazione è impostata sulla gestualità del linguaggio,
sul suono e il ritmo scandito dalle parole.
Appurato che il linguaggio della musica varia in
modo significativo in relazione alla cultura, è possibile stabilire della basi cognitive universali che
trascendano i vincoli culturali? un buon punto
di partenza è che le aree cerebrali utilizzate per
la comprensione e l’apprendimento della musica
sono certamente universali, inoltre la scala e la
suddivisione della stessa e la tonica sono comuni
in molte culture. Ma se si vuol studiare e comprendere appieno i meccanismi cognitivi che stanno
alla base della comprensione musicale, non va
Lobo temporale : Responsabile del linguaggio e della codificazione dei suoni
dimenticato l’organo chiave che capta i suoni, l’orecchio. In ogni individuo l’orecchio destro è dominante, poiché trasmette gli impulsi uditivi alle aree
del cervello che regolano il linguaggio (situate nell’
emisfero destro) in modo più veloce, al contrario
dell’orecchio sinistro dove l’impulso sonoro compie un viaggio più lungo attraverso il cervello.
Quali sono i luoghi del cervello, specifici dell’arricchimento musicale?
Iniziamo con elencare quali sono le aree della corteccia e le loro funzioni principali:
Frontale: Responsabile del linguaggio e del movimento
Parietale: Responsabile delle sensi e della percezione spaziale
Temporale: Responsabile della vista e della memoria
Occipitale: Responsabile essenzialmente della
vista
Le funzioni che coincidono con le tematiche prese
in analisi da questa tesi, ovvero le aree di percezione dei suoni, il ragionamento spazio – temporale e
le abilità cognitive in generale, utilizzano una vasta
porzione dell’area corticale del cervello. La corteccia cerebrale è quindi suddivisa in aree ben distinte, che assolvono funzioni di varia natura, c’è
l’area destinata alle abilità motorie, quella della parola pronunciata e ascoltata, la sede del pensiero
astratto nella parte anteriore e del linguaggio nella
parte posteriore.
Il processo di apprendimento può essere inteso
come abilità di adattamento, e in modo prettamente scientifico la musica può essere considerata come uno stimolo che coinvolge a vari livelli di
profondità il sistema nervoso centrale, che si occupa del ricevimento e dell’invio della sensazione
musicale al cervello per l’elaborazione. Il linguaggio
musicale, cosi come quello verbale non possono
essere studiati tralasciando il ruolo determinante
svolto dall’ udito, è grazie ad esso che è stato possibile per l’umanità costruire il linguaggio.
Alfred Tomatis considera l’udito come il senso più
iimportante per lo sviluppo dell’uomo nella sua totalità, non presiede solo alla capacità di sentire,
ma soprattutto di ascoltare. Per ascoltare non occorre necessariamente sentire, infatti molti famosi
musicisti erano sordi, riuscivano a percepire codici e schemi ritmici non solo attraverso l’udito, ma
21
con una percezione globale delle vibrazioni attraverso le mani e altre parti del corpo.
Il saper ascoltare ha dei benefici anche in termini
di concentrazione, memoria, equilibrio psicologico
e capacità comunicativa, sviluppare una corretta
capacità di ascolto è quindi essenziale.
Lo psicologo H. Gardner ha infatti distinto ben
nove tipi di intelligenza, distribuiti in varie zone
dell’encefalo, si suddividono in intelligenza linguistica, spaziale, intrapersonale, esistenziale, naturalista, logico-matematica, cinestetica, sociale
e musicale. Queste intelligenze possono essere
sviluppate attraverso l’esercizio e alcune possono
predominare le altre per predisposizione naturale,
come ad esempio le abilità di disegno e l’abilità di
riconoscere i suoni.
L’ intelligenza musicale non può certamente prescindere dagli principali elementi che costituiscono la musica: la melodia e il ritmo. La sensibilità
dell’orecchio nel riconoscere la qualità timbriche
di un suono è un altro aspetto molto importante
dell’intelligenza musicale, ed anche in questo caso
la predisposizione naturale gioco un ruolo importante nello studio di questa disciplina. L’orecchio
22
musicale secondo Shenker è fondamentale
nell’apprendimento della musica, ma anche in
campo linguistico, nell’apprendimento della lingua
madre attraverso l’ascolto, e proprio attraverso di
esso, che è nata e si è sviluppa la comunicazione fra gli individui. La psicologia riconosce il saper
ascoltare e possedere quindi una musicalità sviluppata, come un atto di intelligenza, fare musica
coinvolge e sviluppa un gran numero di abilità e
tocca in modo significativo anche le altre intelligenze, oltre che influenzare la personalità dell’individuo
e di conseguenza la sua crescita.
Werner, nel 1917 ha sviluppato una teoria suddividendo l’infanzia in “ stadi di sviluppo” del senso
musicale. Fin dai primi anni il bambino percepisce
il mondo intorno a se attraverso i sensi, persino
all’interno del grembo materno sente il battito cardiaco della madre e i rumori provenienti dall’esterno, e una volta fuori è in continua ricerca di stimoli
acustici. A partire dal secondo anno, tramite il movimento e il gioco il bambino entra maggiormente
in contatto con la musica, e con il ritmo, che viene
assimilato prima della melodia, poichè possiede
delle strutture analoghe all’ apparato motorio.
“ La musica è dentro al bambino, prima
che intorno ad esso ”
Edgar Willems
A partire dal sesto anno la musica entra a far parte
con più forza, nell’universo cognitivo del bambino,
che presta molta attenzione in modo più o meno
consapevole all’ascolto della melodia, tende ad
essere presente ovunque vi sia musica.
Attraverso il canto il bambino acquisisce fermezza
e controllo, presta attenzione al tempo e all’intonazione e soprattutto presenta straordinarie capacità
di memorizzazione, assimilazione e restituzione.
L’ approcciarsi allo studio di uno strumento, fare
musica insieme, entrare in un coro, in questa particolare fase stimolano l’intelligenza interpersonale,
aumentano la sensibilità e l’empatia, l’introspezione, la consapevolezza delle proprie capacità e la
fiducia in se stessi.
Nel 1996 venne condotto uno studio dall’Università Irvine della California, che riportava i risultati
degli studi sulle modifiche che subisce il cervello
nei bambini avviati allo studio della musica e li sottoponeva a test per il quoziente intellettivo, parallelamente a lezioni di piano e canto. In questi bambini è stato riscontrato un notevole accrescimento
delle capacità intellettive, logiche e deduttive e
un accrescimento straordinario del ragionamento
zio-temporale rispetto ai bambini che non avevano svolto attività musicali. Nei primi anni di vita il
bambino è in grado di imparare velocemente e di
assorbire un numero illimitato di tecniche e conoscenze, nell’ evoluzione dell’individuo esistono infatti dei periodi nei quali si attivano processi di natura neurologica e di apprendimento straordinari,
le caratteristiche di questo periodo sono la rapidità
con cui questi processi cognitivi avvengono e la
forte stabilità degli apprendimenti. Ogni processo
di apprendimento raggiunge il massimo potenziale
in un periodo di tempo più o meno ampio, la cui
durata dipende da quanto queste facoltà vengono esercitate, ma, a un certo punto la finestra di
apprendimento e destinata a restringersi e la capacità di assorbire, metabolizzare e memorizzare
informazioni decresce. Di primaria importanza è
intervenire con una corretta educazione musicale
proprio nella fase di maggior permeabilità cognitiva. Fare musica insieme costituisce in oltre un’ottima valvola di sfogo, diminuisce la tendenza alla
violenza, e, come nello sport, far parte di un gruppo, spinge alla collaborazione ma anche alla sfida
con se stessi e gli altri.
23
“ La musica è la seconda lingua che ogni nazione parla.
Proprio per questo noi dovremmo avere diritto e accesso
obbligatorio, a scuola, alla musica. È un diritto che compete
a ogni bambino. Questo ci permetterebbe di esprimerci e di
raccontare quello che abbiamo da raccontare ”
Mauro Pagani
.
1.4 MUSICA E IDENTITA ESPRESSIVA
La realtà di oggi è caratterizzata da una sempre
più crescente standardizzazione, nella quale i media hanno il ruolo di condizionare le opinioni e le
scelte di consumo musicale. L’autonomia critica e
le decisioni del bambino vengono fin dai primi anni
.orientate dai mass media, il recupero della capacità di creare e sognare in modo autonomo deve
essere, in questa fase una prerogativa irrinunciabile della didattica, solo attraverso la libertà e lo
sviluppo di un senso critico sarà possibile immaginare e creare nuovi futuri e scenari di innovazione.
Quale disciplina se non la musica può assumersi
questo fardello, la musica dispone di potenzialità
creative illimitate, proprio per la sua natura intangibile e inafferrabile.
Le attività principali che inducono il bambino alla
costruzione di una propria identità soggettiva forte
.sono l’ascolto ed l’interpretazione.
Ascolto inteso non come pura attività passiva di
ricezione e accettazione di indicazioni e informazioni standardizzate. L’ ascolto deve assumere
una funzione attiva per sfociare in una interpreta-
24
critica realmente costruttiva. John Paynter, compositore ed educatore musicale scomparso nel
2010, ha coniato il termine “ascolto creativo”,
come un’attività consapevole, maturata attraverso un’educazione all’ ascolto,tramite il quale si insegna ai bambini a individuare i mezzi espressivi,
le peculiarità artistiche e tecniche della melodia,
comprenderne la reale validità artistica in termini
di espressione e innovazione. Il bambino è invitato
dall’educatore a decodificare la forma e la struttura, smontandola e rimontandola quasi come fosse
un giocattolo, per individuarne il fondamento ritmico e melodico che lo fa funzionare. Si tratta di
un’ abilità che il bambino ha già sperimentato ben
prima della scuola, con l’utilizzo di giochi creativi,
puzzle e la mescolazione dei colori, il processo di
applicazione e composizione di forme e colori può
essere traslato in chiave musicale. La tradizione
ha sempre visto negativamente le nuove pratiche
educative per la didattica musicale, considerandole, imperfette, fuorvianti e prive di metodo. La
didattica calssica impone dei blocchi significativi,
vincolati a uno studio metodico, che risulta inevitabilmente noioso e demotivante per un bambino.
L’imperfezione, tanto odiata dalla tradizione, è solamente una libera espressione del proprio mondo, da parte del bambino, con gesti, disegni e musiche, egli costruisce il suo bagaglio di esperienze,
che rimarrà con lui durante la crescita.
Non bisogna però cadere nell’errore di affidare tutto al caso e alla libera improvvisazione, bisogna
prendere in considerazione come punto di partenza ciò che è innato e pregresso nel bambino, le
sue abilità cognitive e interpretative, come esse
mutano e si evolvono nel tempo, in quali strutture
più ordinate e complesse si trasformano.
Un docente che decide di prendere in considerazione e assecondare questi processi spontanei,
aiuta il bambino nell’ esplorazione e nell’organizzazione dei suoni e lo accompagna in ogni tappa
del processo creativo, avendo cura di considerare
e rispettare la naturale evoluzione delle percezioni
del bambino. I materiali e le tecniche, così come
i rigidi programmi didattici costituiscono solo l’oggetto, è il soggetto che rielaborandoli e filtrandoli attraverso la propria personalità, li trasforma in
materia viva. L’espressività musicale è da sempre
vista dalla tradizione come un passo successivo
nel percorso didattico, dapprima è fondamentale
per l’allievo padroneggiare con la teoria e la tecnica per poter giungere a un livello espressivo consapevole. Viceversa, con un approccio pratico, il
bambino comprende fin da subito le potenzialità
espressive che la musica gli mette a disposizione,
assume un ruolo attivo e creativo, è invogliato a
sperimentare e giocare con i suoni, a costruire la
sua identità sonora.
La creatività e l’espressività sono attività propedeutiche e complemantari, portano all’autonomia nel
compiere determinate scelte, affrontare i problemi
con soluzione personali e originali. Autonomia significa anche capacità critica, sfuggire ai condizionamenti dei mezzi di comunicazione di massa,
che oggi più che mai hanno trasformato l’industria
musicale in merce.
La musica è un diritto che appartiene dalla nascita
ad ogni essere umano, è il potente veicolo intangibile tramite il quale ogni individuo può esprimersi
e comunicare, poichè non ha nazionalità o confini,
è possibile infatti risalire alla cultura di un popolo, senza conoscerne la lingua, semplicemente
ascoltandone la musica.
25
5
4
3
2
1
26
2. I METODI DIDATTICI SPERIMENTALI
2.1 I LIMITI DEL METODO TRADIZIONALE
Nella storia della didattica, e in particolar modo
nell’insegnamento della musica, il metodo è sempre stato un concetto vincolante, mantenendo il
suo forte grado di oggettività ed efficacia a prescindere dalla soggettività dell’insegnante e dell’allievo. Il docente aveva un ruolo autoritario, doveva
innalzarsi a un livello superiore, per garantire una
risposta colettiva efficace, come una sorta di direttore d’orchestra rigido e intransigente.
Una delle prerogative del metodo è stata sempre
quella di essere universale, lo caratterizza l’utopia
di poter insegnare a bambini di classi sociali, culture e sesso differenti sfruttandone appunto la componente oggettiva universale.
La regola didattica generale è che ogni disciplina venga dapprima esplicata attraverso rudimenti
che ne dessero un’ idea generale e, in un secondo momento con esempi complessi e sistemi più
completi.
Il metodo tradizionale per l’apprendimento musicale, applicato nella maggior parte delle scuole di
musica inizia intorno ai 9/10 anni e prevede rigorosamente un approccio dapprima strettamente
teorico, legato alle pratiche di lettura delle note e
solfeggio a voce, solo in un secondo momento
si giunge all’atto pratico di suonare uno strumento. Questo rigido approccio teorico all’educazione
musicale porta invevitabilmente a suscitare noia e
svogliatezza nello studente e lo tiene lontano dal
comprendere fin da subito le potenzialità artistico-espressive della musica. Per quanto concerne
invece l’educazione musicale nelle scuole dell’obbligo, è difficile ricostrutire un quadro generale,
poichè le scelte sui programmi didattici e i mezzi
a disposizione variano di scuola in scuola. In linea
generale, il corso di musica nelle scuole pubbliche
è strutturato in modo da dare agli studenti un’ infarinatura generale di teoria e storia della musica, i
testi contengono una raccolta di spartiti e canzoni
della cultura popolare italiana che, gli studenti analizzano e riproducono con semplici strumenti musicali, il flauto soprano è lo strumento più diffuso
nelle scuole elementari e medie..
La rigidità e l’adattamento di metodi derivanti da
27
discipline di natura diversa, allontanano la didattica dal considerare la naturale predisposizione alla
musica che ogni individuo possiede e le potenzialità in essa contenute, la soggettività lascia il posto
a un piatto risultato oggettivo.
Il genitore è escluso dal percorso formativo e non
può in alcun modo contribuire ad accrescere l’interesse del bambino, viene quindi a mancare l’ambiente consono allo sviluppo delle capacità musicali, descritto nel capitolo precedente. L’ascolto,
fondamentale per lo sviluppo dell’orecchio non
viene preso in considerazione, prima si suona e
poi forse si ascolta. Pestalozzi, figura fondamentale nel campo della didattica sosteneva che l’obiettivo principale dell’educazione dovesse essere l’elevazione della società, la capacità di andare oltre
la dimensione egoistica individuale, attraverso la
costruzione di uno stato di pura umanità. Questo
doveva avvenire mediante lo sviluppo di tre forze:
Il cuore ( amore, volontà, fede religiosa), l’intelletto
( passaggio dalla conoscenza sensibile a quella
razionale), la mano ( attività pratica legata al gesto).
La mancanza di un’ educazione all’ascolto si riscontra in molti musicisti professionisti, impeccabili
28
tecnicamente nell’esecuzione, ma privi di capacità
di composizione e improvvisazione.
Inoltre la tradizione impone che venga messo l’accento sui risultati ottenuti e il corretto perseguimento degli obiettivi didattici, ed è chiaro che non tutti i
bambini possiedono una predisposizione tale che
permetta loro di ottenere gli stessi risultati, la maggior parte dei bambini avrà bisogno di più tempo
e saranno proprio questi che abbandoneranno gli
studi poichè, “privi di talento”.
Il talento musicale appartiene alla sfera cognitiva
di ogni bambino, ovviamente non è presente in
egual misura in ogni individuo, ma è dovere morale dell’insegnante e della scuola fare in modo che
venga correttamente coltivato e che la musica sia
liberamente accessibile e fruibile da tutti.
I metodi didattici sperimentali affrontati nei capitoli
successivi hanno come obiettivo una diffusione
epidemica della musica e delle pratiche legate ad
essa, la musica assume, al pari di altre discipline
un ruolo importantissimo nella formazione e nella
crescita del bambino fin dal momento della nascita, lo accompagna per tutta la vita, rendendolo critico e indipendente
2.2 LA CULTURA ORIENTALE: IL METODO DI
SHINICHI SUZUKI
Shinichi Suzuki, musicista e insegnante di violino,
si trasferisce in europa negli anni 20, qui conosce
Albert Einstein ed entra in contatto con gli studi
sull’educazione di Maria Montessori, avvicinandosi
alla didattica pedagogica in modo scientifico. La
profonda indagine compiuta dal maestro giapponese sul bambino inteso come “soggetto” unico
e autonomo, lo porta a sintetizzare il metodo che
ancora oggi porta il suo nome, ed è utilizzato da
molte scuole di musica di tutto il mondo, e diffuso
in Italia dall’Istituto Suzuki con sede a Milano.
Il metodo Suzuki si diffonde in Europa, intorno agli
anni 70 e in Italia nel 75 ed è meglio conosciuto
come “metodo della lingua madre”.
La culla in cui nasce e si sviluppa è la cultura orientale, nella quale la formazione del bambino fin dai
primi anni di età è di fondamentale importanza, non
a caso il termine “Kodakara” nella lingua giapponese significa “bambino tesoro”. L’oriente è anche la
patria della filosofia Zen, che persegue il raggiungimento dell’obiettivo senza sforzo, attraverso una
naturale padronanza della forma, lasciando fluire
l’energia attraverso il corpo e raggiungendo la perfezione in ogni singolo gesto. Questi sono i punti
chiave dai quali si sviluppa il metodo Suzuki, basato sulla ripetizione e sulla memoria, un’ abilità tecnica che diviene spirituale.
L’ intima e profonda convinzione che sta alla base
del suo metodo è che ogni bambino possiede un
talento musicale innato, poichè la musica è un arte
legata indissolubilmente all’ essenza di ogni essere umano e tutti i bambini possiedono le facoltà
necessarie per accedere all’educazione musicale.
Da questa sorta di democrazia del talento musicale, inteso come “universale”, Suzuki sosteneva che
il linguaggio della musica potesse essere appreso
dal bambino in modo analogo a quello verbale,che
si potesse “suonare come parlare”, la sua è infatti
definita una didattica per “imitazione”.
Sulla stessa linea di pensiero del cognitivista John
Sloboda, che ha speso tutta la sua vita sul ricercare le analogie fra musica e linguaggio dal punto di
vista percettivo e fisiologico, Suzuki sosteneva che
attraverso un ascolto attento e attivo, e la ripetizione per imitazione di un vocalizzo o di una melodia,
29
Scuola
Ambiente
favorevole
Casa
ll bambino potesse imparare e assimilare in
modo naturale e automatico gli elementi fondanti della musica: Le note, il ritmo e la melodia.
I processi cognitivi del linguaggio verbale e musicale possono quindi convivere e costituire la
base del processo d’apprendimento umano proprio nei primi stadi della vita, in questo profonda
convinzione risiede la straordinaria innovazione in
campo didattico compiuta da Shinichi Suzuki,
Un altro aspetto essenziale è la costruzione del
giusto ambiente, uno scenario adeguato per una
corretta educazione musicale comprende in primo luogo gli insegnanti, ma anche i genitori che,
svolgono una funzione didattica attiva, poichè è
proprio imitando il linguaggio verbale dei genitori
che il bambino ha pronunciato le sue prime parole. Il genitore rappresenta il primo maestro di
vita, sarà suo compito far ascoltare e respirare la
musica ( non solo la musica presa in esame dal
metodo, ma musica di qualità in generale ) al figlio, fin dai primi anni e accompagnarlo nella crescita artistica. Il metodo prende il via intorno ai 3/4
anni di età estendondosi fino ai 14, età in cui il
ragazzo se lo vorrà potrà scegliere se continuare
a studiare musica e fare della stessa una ragio30
-ne di vita. L’apprendimento di tipo imitativo raggiunge il picco più alto intorno ai 3 anni, in questa
fase si interviene con la ritmica integrale, attraverso
la quale i bambini, insieme ai genitori apprendono
melodie, ritmiche ed esercizi più o meno complessi in preparazione del successivo studio strumentale. L’ apprendimento del ritmo avviene tramite l’
ascolto condiviso di brani prettamente di repertorio classico, suddivisi in ritmiche sempre più complesse. In una seconda fase i bambini sono invitati
a riprodurre il brano appena ascoltato utilizzando
lo strumento che conoscono meglio, il loro corpo,
attraverso battiti di mani per la ritmica e vocalizzi
per la parte melodica. L’utilizzo del corpo in questa
fase prepara gli allievi ad acquisire abilità di coordinazione motoria, e li predispone al successivo
apprendimento strumentale ( Il metodo tradizionale
Suzuki prevede l’utilizzo del violino).
Intorno ai 6 anni, frequentando la scuola il bambino acquisisce gradualmente l’autonomia dal genitore, la coscienza di se stesso, come individuo
autonomo pensante, ed è proprio in questa fase
che verrà introdotta la lettura delle note sul pentagramma e la pratica strumentale.
“ Teaching music is not my main purpose. I
want to make good citizens. If children hear
fine music from the day of their birth and learn
to play it, they develop sensitivity, discipline
and endurance. They get a beautiful heart. ”
Shinichi Suzuki
31
“ Il potenziale musicale del
bambino non è mai stato cosi
alto come al momento della
nascita ”
Edwin Gordon
2.3 EDWIN GORDON E L’ AUDIATION
Sulle orme del maestro Suzuki, Edwin Gordon,
conosciuto a livello internazionale come musicista,
educatore e ricercatore univesitario, fonda e diffonde la “ Music learning theory”, pubblicata nella
sua completezza a Chicago nel 1993.
La MLT di Gordon è frutto dello studio del metodo
Suzuki, e degli studi psicologici compiuti sui processi cognitivi e di apprendimento dell’individuo
nella prima infanzia.
Il principio di base è che, come sosteneva Suzuki
la musica potesse essere appresa secondo gli
stessi meccanismi dell’ apprendimento della lingua materna, in modo naturale senza la pretesa di
nessun tipo di risultato in tempistiche stabilite, ma
assecondando il naturale sviluppo dell’ intelletto
musicale del bambino.
Se avvicinato alla musica fin dai primi giorni di vita
l’infante sviluppa il senso della sintassi musicale, il
senso del ritmo e la capacità di ascoltare. I bambini imparano a comunicare attraverso il linguaggio,
ascoltando e imitando i genitori. La comprensione
del linguaggio musicale presuppone un “ascolto
informale” fin dalla tenera età. Gordon sostiene
32
che il potenziale musicale del bambino è illimitato,
poichè non ha ancora costruito la sua coscienza
del mondo ed è in grado di pensare in musica.
Se un adulto ascolta una melodia, ne codifica il
ritmo e danza su di essa, in altre parole si muove
sulla musica, il bambino è guidato da puro istinto e, in uno spazio sonoro sarà la musica stessa
a muoverlo e non il contrario. L’intero metodo è
finalizzato al mantenimento del pensiero musicale, poichè sostiene Gordon, dall’invenzione della
stampa e la scrittura musicale, l’uomo ha perso la
capacità di “pensare in musica” dunque il bambino
almeno nella prima fase non ha bisogno di lezioni
teoriche per comprendere la musica, l’ascolto e
l‘imitazione costituiscono la chiave dell’apprendimento. Quando i bambini, invece, vengono avvicinati alla musica secondo un percorso completamente inverso, partendo dal pentagramma,
dalla notazione, dalle altezze e le durate, senza un
periodo precedente di apprendimento informale,
anche dopo anni di studio, pochi saranno in grado
di comunicare musicalmente in modo spontaneo,
mediante l’improvvisazione. Risulta dunque fondamentale iniziare il percorso di educazione musicale
in età prenatale, poichè l‘attitudine musicale è innata in ogni individuo, ma si sviluppa appieno solo
se la qualità dell’ambiente in cui vive ne permette
la crescita, gli insegnanti e i genitori assumono un
ruolo importantissimo fino ai nove anni circa, età in
cui il potenziale si stabilizza. Ma in cosa consiste il
metodo Gordon e come è strutturato? Il materiale
didattico utilizzato è costituito da canzoni e canti
ritmici suddivisi per tre criteri fondamentali: varietà,
complessità e ripetizione. Lo strumento più grande
a disposizione dei piccoli allievi è il loro corpo in movimento. Il termine “Audiation” coniato dallo stesso
Gordon, è la capacità di sentire i suoni fisicamente non presenti mediante l’ascolto corporeo, sullo
sviluppo di questa abilità si fonda la prima parte del
metodo, rivolta ai bambini dai 0 ai 3 anni.
I bambini di pochi mesi sono sdraiati su un tappeto, quelli in grado di muoversi e gattonare sono
disposti in un altri punto dell‘aula, liberi di muoversi a piacimento. Gli insegnanti, insieme ai genitori
creano una sorta di evento musicale, caratterizzato da vocalizzi, canti ritmici e momenti di profondo
silenzio. Sono tantissime le risposte dei piccoli agli
stimoli musicali. Un orecchio attento può cogliere piccoli suoni e vocalizzi spontanei, intonati sulla
tonica e sulla dominante, che costituiscono una
vera e propria forma di lallazione tonale e ritmica.
In questa fase i bambini sviluppano un vocabolario di “suoni ascoltati” che renderà più semplice
lo sviluppo di una sintassi musicale fin dall’asilo,
quando impareranno canzoncine per imitazione.
La Music Learnig Theory si pone come “facilitatrice” dell’ apprendimento musicale”, è dimostrato
infatti che anche fra musicisti professionisti, risulta
spesso difficile improvvisare con la voce o lo strumento senza avere il pentagramma come supporto visivo per la lettura delle note.
Gordon colma questo vuoto coltivando fin da subito la capacità insita nel bambino di comprendere
in completa autonomia la realtà sensibile, ascoltare la musica, ma soprattutto “pensare in musica”.
33
2.4 DALCROZE E L’EDUCAZIONE
AL RITMO
Emile jack Dalcroze, uomo d’affari svizzero, musicista e insegnante di musica, conoscitore degli
studi pedagogici e didattici di Pestalozzi, sviluppa
nel 1910 un metodo didattico per i suoi studenti
del conservatorio di Ginevra, ponendo l’accento
sulla componente ritmica, successivamente ribattezzata e utilizzata come “ritmica Dalcroze”. Il suo
metodo ha influenzato profondamente la didattica
musicale e si colloca all’origine dei nuovi sistemi
d’insegnamento della musica di questo secolo.
L’ obiettivo di Dalcroze era appunto di sviluppare un metodo didattico alternativo, per ovviare alle
difficoltà di percezione e codificazione del ritmo e
amplificare le capacità di ascolto dei suoi studenti.
Come Gordon, egli individua nel corpo umano, lo
strumento ritmico per eccellenza, proprio attraverso i movimenti e i gesti, gli esseri umani comunicano, esprimono il loro stato fisico e mentale,
scandiscono il tempo. Una percezione del tempo di tipo corporeo è presente in ogni individuo.
In sintesi, la Ritmica Dalcroze mette in relazione
i movimenti naturali del corpo, con una determinata composizione musicale, l’ elemento che lega
musica e movimento è il ritmo. Lo studio ritmico
Dalcroze, migliora il rapporto fra percezione e azione, al fine di raggiungere un’ unione completa fra
corpo e mente, attraverso la musica.
“ Il ritmo dipende esclusivamente dal movimento e
trova l’esempio perfetto nel nostro sistema muscolare, colui che lavora con la ritmica si trova in contatto
con lo spazio, il tempo e l’energia ”
Emile Jack Dalcroze
Una delle più grandi ballerine al mondo, Isadora
Duncan, fu fra le prime a rompere i canoni accademici, rivalutando la potenza e la libertà espressiva del corpo, mezzo di espressione dei movimenti
e dei contenuti emotivi della musica. Il lavoro di ricerca di Dalcroze ebbe considerevoli ripercussioni
nell’ambito del ballo e della coreografia musicale.
34
Il risultato finale delle ricerche Dalcroziane è la
coniatura del termine “euritmica”, partendo dalla
ritmica e dalla metrica, egli ricerca un sentimento
musicale collettivo.
Vediamo adesso in dettaglio come si struttura e
si articola il metodo ritmico di Dalcroze. Si tratta
esclusivamente di lezioni in gruppo, nelle quali
ogni singolo studente è essenziale per la crescita
collettiva. Il brano musicale viene percepito ed
espresso con il movimento, l’insegnante stimola i
suoi allievi attraverso un’ improvisazione vocale o
strumentale, che varia in funzione del livello, delle
capacità e dei progressi compiuti dagli allievi.
La didattica si struttura su 3 livelli differenti:
1. La ritmica Dalcroze: ( 3 anni ) Il bambino è invitato a riprodurre con il proprio corpo qualità del suono quali: la frase, l’altezza e il ritmo. Questi esercizi
sono finalizzati all’ apprendimento e l’acquisizione
spontanea dei parametri musicali di base, studiando il ritmo il bambino viene educato alla musica
attraverso la musica.
Semiminima
TA..
Croma
TI..
Biscroma
TIRI..
5. Schema di sillabazione delle figure musicali nella pedogogia Kodaly. Le figure musicali,
nella notazione tradizionale descrivono la durata di ogni singola nota sul pentagramma.
2. Solfeggio Dalcroze: ( 6 anni ) Gli esercizi di educazione ritmica e armonica divengono più complessi, mirano a fornire al bambino strumenti per
riconoscere ed analizzare la materia musicale in
tutti i suoi aspetti. Attraverso l’ascolto vengono potenziate le abilità dell’ attenzione, della concentrazione e della memorizzazione.
3. Improvvisazione: ( 10 anni ) Inizialmente è proposta come un’ attività di gioco, favorisce la crescita di capacità di invenzione spontanee e di
espressione, già presenti nel bambino.
2.5 LA PEDAGOGIA KODALY
Ungherese di nascita, Zoltan Kodaly fu uno dei
maggiori compositori del suo paese, anche lui
mosso da una profonda passione per la didattica
musicale per bambini e profondo conoscitore degli studi pedagogici dell’ epoca, ha scritto e pubblicato numerosi testi didattici, ed esercizi utilizzati
ancora in tutto il mondo.
Partendo dagli studi dei colleghi dell’epoca, Kodaly struttura la sua “ pedagogia musicale”, articolandola sugli stessi concetti base dei metodi sperimentali descritti fino adesso, ovvero che la musica
( innata in ogni essere umano ), straordinario mezzo di espressione e comunicazione, può essere
appresa in modo analogo al linguaggio verbale.
La musica è ritenuta da Kodaly di primaria importanza nello sviluppo intellettuale dell’ essere umano, oltre alla componente puramente artistica ed
espressiva ne studia la simbologia e la semiotica,
poichè il linguaggio musicale è composto da un
sistema di segni grafici che ci permettono di esprimere la nostra interiorità e comprendere noi stessi
e gli altri.
Esattamente come Gordon. Kodaly riteneva che
l’educazione musicale dovesse iniziare fin dai primi
anni di vita, fase in cui l’ elesticità e la plasmabilità
della musicalità del bambino è massima.
Avvicinare più bambini a un’ adeguata pratica e
cultura della musica è possibile solo tramite l’utilizzo di materiale di alto livello, composto da esercizi
melodici e ritmici di diffcoltà crescente e sempre
rapportata all’esperienza e le abilità del bambino.
Avvicinare i bambini alla musica significa anche ricercare quelli che sono i punti di maggior impatto
formativo, uno di questi è fare musica in gruppo,
l’altro è l’utilizzo della voce come legante universale. Il canto in coro è un attività “attiva” e partecipativa, il mezzo di espressione è la voce, comune
in tutti gli esseri umani e ritenuta da Kodaly come
il più potente dei mezzi didattici, poichè permette di vivere la musica come momento altamente
performativo e favorisce lo sviluppo dell’ orecchio
musicale. La voce è la manifestazione dell’attività
orale dell’uomo nell’arco della sua storia, il fulcro
linguistico ed espressivo, oltre che il mezzo prinicipale di adattamento e socializzazione.
Nella didattica di Kodaly il canto svolge un ruolo
essenziale nella prima fase, tutte le percezioni e le
acquisizioni passano dalla voce, attraverso l’esperienza concreta data da essa, i bambini assimilano
in modo automatico e naturale strutture ritmiche e
melodiche mentali, propedeutiche all’educazione
musicale vera e propria, abbandonando qualsiasi
approccio di tipo teorico per poi giungere a uno
studio pratico più consapevole.
L’educazione alla voce e all’orecchio precede lo
35
ee
dd
cc
bb
aa
g
f
e
d
c
b
a
g
E
D
C
B
A
G
LA
SOL
FA
MI
RE
LA
SOL
FA
MI
RE
DO
la
sol
fa
mi
re
do
LA
SOL
FA
MI
RE
DO
la
sol
fa
LA mi
SOL re
FA do
MI
RE
DO
LA
SOL
FA
MI
RE
DO
DO
6. Schema di Solmisazione Kodalyana del Do mobile sul pentagramma.
studio del pentagramma, ma c’è un altro elemento
essenziale nella pedaogia Kodalyana, ed è la formazione ritimica.
Per quanto concerne l’educazione al ritmo, Kodaly
si discosta del tutto dalle pratiche teoriche della
lettura e del solfeggio, il ritmo è indubbiamente legato al saper contare in musica e alla matematica, ma ha anche una base mentale e psicologica,
proprio su questo aspetto, Kodaly si concentra
per educare i bambini ad avere un pensiero e una
coscienza ritmica.
Saper codificare il ritmo consiste nello spezzare
un continuum temporale in singole entità, questo
processo avviene in modo automatico attraverso
un educazione di tipo ritmico-motoria. In linea con
la ritmica Dalcroziana, l’educazione di Kodaly inizia con la percezione della pulsazione, e la sincronizzazione della stessa con eventi regolari della
quotidianeità, proprio per stimolare e accrescere il
senso ritmico attingendo dalla realtà non tangibile,
bensì “udibile”.
L’ educazione ritmica prevede delle esemplificazioni mnemo-tecniche, ovvero l’utilizzo di sillabe
ritmiche per segmentare il tempo: il TA per le se-
36
miminime, Ti per le crome e TIRI per le biscrome.
In questo modo le sillabe andranno a trascrivere in
modo semplice e intuitivo la durata delle note nelle
attività di gruppo, scandite da movimenti ritmici e
battiti di mani, su un brano scelto dal docente insieme ai suoi allievi.
Una volta assimilate questi semplici figure ritmiche,
gli studenti potranno scomporle e ricomporle e costruire degli ostinati ritmici.
La suddivisione della classe in due gruppi, permetterà successivamente di armonizzare gli ostinati ritmici, attraverso esercizi di poliritmia corporea, i due gruppi eseguiranno gli ostinati a distanza
di una battuta.
Oltre che sulla componente ritmica Kodaly si concentra anche sullo studio di sistemi che permettano ai bambini di riconoscere e rappresentare le
note in modo più intuitivo, semplice ed efficace,
trovando uno strumento efficace nella Solmisazione, pratica inventato dallo stesso Kodaly.
La base di partenza è che la suddivisione delle
note musicali nella scala modale non è definita dalla frequenza assoluta delle singole note, ma dalle
relazioni che si instaurano fra le varie frequenze.
DO
SOL
RE
LA
MI
SI
FA
DO
7. Dettato chironomico: Attraverso precisi gesti delle mani Kodaly identificava ciascuna nota
L’orecchio avverte le altezze di un suono e le codifica solo in relazione a quello successive, non
si tratta di una percezione assoluta, ma relativa,
avviene lo stesso con la percezione del colore,
che può cambiare drasticamente in base al colore
al quale lo affianchiamo. Partendo dal presupposto della relatività della percezione sonora, Kodaly
scrive le sillabe di solmisazione relativa utilizzando
le lettere minuscole ( d - r - m - f - s - l - t ).
Il passaggio alla lettura sul pentagramma avviene
in modo graduale, dapprima vengono utilizzate
solo le sillabe di solmisazione ( altezza delle note)
disposte su una linea in modo sfalsato, in base alla
loro altezza, successivamente vengono posti sulle
sillabe i gambi indicanti il ritmo.
Inizialmente Kodàly sceglie delle melodie cartterizzate da una estensione limitata; aggiungendo una
seconda linea, l’ambito dell’estensione si allarga.
Successivamente introduce una terza linea marcandone una per indicare la posizione del DO (
anticipazione di quello che sarà l’uso del DO mobile sul pentagramma ). Solo dopo aver raggiunto
la giusta dimestichezza con almeno tre linee, introduce il primo esercizio di lettura sul pentagramma,
utilizzando la scala pentatonica ( d-r-m-s-l ), senza
ancora inserire il ritmo. La scala pentatonica viene
trascritta da Kodàly ponendo DO nelle diverse posizioni, anche negli spazi.
Giunti a questo punto del programma, Kodàly propone di scrivere sul pentagramma una melodia,
indicando: il metro all’inizio della battuta e i valori
ritmici delle note, posizionando i gambi sopra le
sillabe di solmisazione. L’insegnante chiederà agli
allievi d’intonarla.
Un’ altro espediente didattico messo appunto da
Kodaly, si identifica nel gesto musicale, e prende
il nome di Chironomia. Ad ogni nota corrisponde
un preciso segno gestuale (fig.7), questo fa sì che
lo studente assimili più facilmente quella specifica
nota, attraverso il dettato chironomico, una sorta
di solfeggio gestuale cantato, mediante il quale i
bambini intonano una determinata nota e ne restituiscono il segno gestuale corrispondente.
L’utilizzo di un codice visivo favorisce secondo
Kodaly, la rapida assimilazione delle note musicali,
poichè il bambino collega un gesto semplice alla
frequenza della nota, vedendola e ascoltandola
sviluppa l’ orecchio musicale.
37
38
- studio della melodia
- ascolto e canto
- studio dell’ accompagnamento
- Studio della base musicale
- Riscaldamento tecnico motorio
JOGGING
ACCORDI
- Ascolto e riconoscimento degli accordi
1
2
3
4
- Creazione di un contesto musicale concreto
- Accompagnamenti orchestrali
- suonare a due mani
REPERTORIO
ENSAMBLE
- divisione in sezioni
- Ruoli e timbri diversificati
- esecuzione armonica di gruppo
8. Schema esemplificativo delle fasi didattiche che costituiscono il metodo YAMAHA.
2.6 Il METODO YAMAHA
Questo metodo prende il nome ed è promosso fin dagli anni
50 dalla Yamaha, famosa casa giapponese, produttrice di
strumenti musicali, si sviluppò all’interno delle piccole classi
musicali e negli store Yamaha, giungendo successivamente
alla fondazione di vere e proprie scuole che, applicavano il
sistema YAMAHA per l’educazione musicale, oggi diffuso ed
utilizzato in tutto il mondo.
La didattica Yamaha rivoluzionò l’ insegnamento della musica dando spazio prima alla pratica e solo successivamente
alla teoria, cosa assolutamente impensabile all’epoca.
Sviluppato sulle orme e sugli insegnamenti del maestro Suzuki, questo metodo sostiene che la musica è un linguaggio
spontaneo insito nel bambino, già predisposto di particolari
abilità di apprendimento e si basa essenzialmente su giochi
di squadra, dinamiche di gruppo e attività pratiche, attraverso
i quali i bambini attingono al loro unico e personale talento.
L’obiettivo è rendere l’apprendimento della musica, facile,
immediato e divertente con fasi di ascolto, di canto e di pratica strumentale (tastiera). Il metodo è strutturato in una sequenza temporale di 4 step:
1. Music wonderland (3-4 anni)
2. Junior music (4-6 anni)
3. Junior extension (6-8 anni)
4. Junior advanced (8-10 anni)
1. Nella prima fase il bambino viene coinvolto a far parte di
un racconto, di una fiaba musicale, della quale egli stesso
diviene il musico.
2. Nella seconda fase vengono proposte diverse attività,
giochi collettivi di ascolto, canto e primi approcci agli strumenti musicali.
3. Nelle fasi successive si passa allo sviluppo del ritmo e la
lettura musicale, alle prime composizioni e
allo studio degli accordi.
Il percorso termina intorno ai 10 anni e il bambino sarà in
grado di scomporre e ricomporre semplici melodie e quindi
pronto a intraprendere se lo vorrà, un percorso musicale più
approfondito. La scuole Yamaha seguono il bambino e lo
preparano ad affrontare studi musicali più complessi, garantendogli l’acquisizione di competenze preliminari allo studio
accademico e lo sviluppo del senso musicale.
39
Alcune delle associazioni e fondazioni che promuovono la diffusione dei
metodi didattici sperimentali in tutto il mondo.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
40
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
1. Associazione Dalcroze italiana; 2. Associazione Kodaly italiana; 3. Istituto Suzuki Italia; 4. Suzuki association of the Americas; 5. AIGAM : Associazione italiana Gordon per l’apprendimento musicale; 6. Istituto Edwin E. De aprendizagem musical;
7. Audiation Institute Milano; 8. Audiation Institute Milano; 9. Dalcroze Society of America; 10. American Eurhithmic society;
11. YAMAHA method; 12. OAKE Organization of American Kodaly Educators; 13. PAN Pacific Suzuki association; 14. Suzuki association of Ontario; 15. Southern Alberta Suzuki association; 16. Asia Region Suzuki Organization; 17. KMEIA Kodaly Music Education Institute of Australia; 18. Kodaly Society of Canada; 18. Universal Logo of Suzuk method in the world;
41
42
3. IL GIOCO COME METODO DIDATTICO
3.1 GIOCARE CON LA MUSICA
La musica, se analizzata oltre i soli fini didattici,
può costituire un’ ottima occasione per giocare,
giocando si può imparare moltissimo e in ambito
musicale ancor più che studiando.
Il gioco è una delle attività più importanti, attraverso
il quale il bambino prende coscienza di sè, esperisce il mondo che lo circonda e le persone che
vivono intorno a lui e con le quali entra in relazione.
La musica costituisce uno strumento pedagogico
importantissimo che stimola la curiosità, l’intuizione e il talento innato, presente in ogni bambino fin
dalla nascita.
Giocare con la musica fa sì che quest’ultima divenga più umanamente vissuta, l’esperienza del
suonare supera cosi la meccanicità e la staticità
dell’ insegnamento tradizionale e di pratiche teoriche, legate al solfeggio cantato e l’esecuzione di
esercizi che portano inevitabilmente a svogliatezza e poco coinvolgimento da parte dello studente.
L’ attività ludica permette di insegnare ai bambini in
modo gratificante ed estremamante efficace come
funziona la musica, quali sono i macro elementi
che la compongono, le relazioni che instaurano fra
loro, permette di contraddire la regola, smontare
meccanisimi e abituidini consolidate e quindi di
sperimentare nuovi metodi ludico-educativi.
L’obiettivo è di rendere la musica quasi un bisogno fisiologico dell’individuo, far sì che determinate
competenze siano acquisite in modo naturale dal
bambino, senza forzature di alcun genere. Capacità quali l’ ascolto analitico, il saper suonare con
gli altri, improvvisare in gruppo, possono essere
acquisite con modi e tempi analoghi a quelli dell’
apprendimento del linguaggio verbale.
La musica di per sè può essere definita un gioco,
poichè fare musica è un’ attività divertente, tuttavia lo studio, o per meglio dire un certo modo di
studiarla può privare lo studente della possibilità
di manipolarla e di ogni libertà di scelta. Questa
componente per esempio è rimasta viva nella musica Jazz, un genere che si basa essenzialmente
su una profonda conoscenza teorica certo, ma
anche sulla libera composizione di fraseggi musicali derivati dall’ improvvisazione, a differenza del
repertorio classico e contemporaneo, dove ogni
aspetto risulta preciso e schematico.
43
3.2 ANALOGIE FRA GIOCO E MUSICA
La prima impressione che si riceve da un avvenimento, una situazione o un ambiente nuovi è
determinante per il futuro sia per il bambino che
per l’ adulto, se il primo contatto è felice, sorge
spontaneo il desiderio di continuare ad approfondire la conoscienza e la curiosità, di verificarne gli
sviluppi, l’interesse nasce se ci si sente a proprio
agio, coinvolti e stimolati.
Quando giocano, i bambini esercitano un attività
che a loro piace, si impegnano e allo stesso tempo il gioco li aiuta a crescere e formarsi, verificare
le loro possibilità, creare, fare delle scelte.
Se consideriamo il gioco come un atto formativo,
e non come un atto puramente ricreativo se ne
deduce che il gioco può essere assunto a normale attività didattico educativa e con le sue varie
espressioni, mette in evidenza tipologie e forme
che descriveremo più avanti. I giochi di manipolazione ad esempio sviluppano la sensibilità motoria,
il senso della forma e del volume nel quadro della creatività. Attraverso i giochi di costruzione con
materiale predisposto, i bambini esprimono una
44
SINTESI
1
MEMORIA
3
tecnica. I giochi di intelligenza (come gli scacchi)
prevedono la programmazione di piani in previsione delle mosse dell’avversario. I giochi di osservazione e di accostamento di forme e colori sviluppano le capacità di analisi e sintesi. Nei giochi di
memoria il bambino deve impegnare appunto la
memoria nella ricerca di nozioni precendentemente acquisite.
I giochi di movimento all’aperto, basati sull’attività
fisica e sull’uso corretto dello spazio in relazione ai
propri riflessi, come i giochi di squadra, in cui ogni
membro pur non esprimendo la propria personalità concorre alla riuscita collettiva tesa al raggiungimento di un risultato. Il gioco può essere quindi
individuale, a coppie, a piccoli gruppi, con regole
fisse o inventate di volta in volta.
In questi giochi si possono individuare gli elementi che si prestano a un introduzione al discorso
musicale, l’attività motoria, che è un espressione
naturale del bambino, ci riporta direttamente alla
musica poichè ad ogni movimento corrisponde
un ritmo preciso, la presa di coscienza dei ritmi
spaziali facilita un naturale accostamento ai ritmi
temporali della musica.
2
4
CONCENTRAZIONE
FANTASIA
8. Sintesi, memoria, concentrazione e fantasia concorrono a rendere l’educazione musicale più personalmente vissuta.
Sintesi, memoria, concentrazione e fantasia concorrono a rendere l’educazione musicale più personalmente vissuta. (fig.9)
Il bambini giocando tendono a vivere la musica
corporalmente, imparano a percepire il ritmo e i
cambi di velocità in modo naturale attraverso l’esperienza del gioco.
I giochi come forma di apprendimento musicale
possono trovare applicazione all’interno di una situazione prettamente scolastica che include come
attori principali: Insegnanti, allievi e le attrezzature
disponibili all’interno di una classe. Questo non limita il loro campo di utilizzo, possono essere sperimentati in situazioni diverse come la musicoterapia, l’ improvvisazione teatrale, lezioni individuali e
in ambito domestico familiare.
Questi giochi possono essere sintetizzati in 4 attività essenziali: L’ascolto, l’ imitazione, la manipolazione e l’invenzione. Queste 3 modalità sono
profondamante implicate in ambito musicale, in
varia misura nei diversi livelli di competenza dei vari
individui, suonare implica anche saper ascoltare, e
nella composizione ci si basa essenzialmente sulle
esperienze di ascolto e di esecuzione strumentale.
Analizziamo adesso in dettaglio queste 3 modalità
di apprendimento:
1. Ascolto: L’apprendimento musicale inizia fin dai
primi anni di vita e non cessa mai, poichè “ascoltare” musica implica l’ acquisizione di determinate
capacità, permette di coglierne in modo inconsapevole i nessi, le strutture, i rapporti fra il tutto e le
singole parti.
2. Imitazione: La capacità presente in ogni individuo di lasciarsi “ impressionare”, di divenire un’
impronta precisa di ciò che si sta osservando e
ascoltando. Attraverso l’attivazione dei neuroni
specchio, il bambino è in grado attraverso la ripetizione di riprodurre alla lettera un gesto musicale,
imitare la voce, le inflessioni, una lingua straniera.
3. Manipolazione: Può avvenire per tentativi autonomi o sotto la supervisione di un insegnante. La
componente essenziale di quest’attività è la sperimentazione, il bambino utilizza, manipola e combina le conoscenze e le nozioni acquisite per imitazione per creare qualcosa di nuovo e personale.
45
Giochi didattici educativi che sviluppano competenze analoghe
allo studio musicale.
9.
10.
11.
46
12.
9. Enzo Mari : 16 animali.
Prodotta per Danese Questa creazione evidenzia una doppia funzionalità: un oggetto puzzle e
insieme un “gioco di costruzioni” che consente
una libera composizione degli elementi.
10. Bruno Munari : Più o meno.
La sovrapposizione dei fogli trasparenti consente4.al bambino di raccontare delle storie in forme
e colori.
11. Bruno Munari : Prelibri.
Si tratta di libri puramente sensoriali, privi di te4. o immagini. Questi libri colorati introducono
sto
e lo predispongono alla lettura di un libro.
12. Maria Montessori : Giochi educativi.
La foto racchiude i giochi educativi utilizzati nel
metodo Montessori. Sviluppano le capacità di
memoria e sintesi.
13. Bruno Munari : ABC.
ABC consiste in un Abecedario rivisitato da Munari, in funzione del reale apprendimento del
bambino. L’ ordine alfabetico viene ribaltato ,
mettendo nelle prime posizioni le lettere che il
bambino impare con più facilità.
13.
47
48
“ Conservare lo spirito dell’ infanzia dentro di sè per tutta
la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il
piacere di capire, la voglia di comunicare ”
Bruno Munari
.
49
50
4.
NUOVE TECNOLOGIE A SERVIZIO DELLA
DIDATTICA
4.1 LA MUSICA NELL’ ERA DIGITALE.
Nell’ultimo decennio l’affermarsi di internet come
mezzo di consumo e distribuzione della musica,
ma anche come strumento di diffusione di software e applicazioni e device, ha radicalmente cambiato negli utenti il modo di percepire la musica,
poichè la stessa ha perso del tutto il contatto con
il supporto fisico, con lo strumento che la produce,
si tratta di un fenomeno ancor più astratto e difficile da decifrare, l’ inafferabilità e l’intangibilità della
musica, aspetti che da sempre la caratterizzano,
nell’era di internet risultano ben più amplificati.
Il docente dell’ università di Cambridge Steve Jones afferma che “ l’utilizzo quotidiano dei computer e la disponibilità della connessione ad internet hanno posto le basi per la nascita di nuove
esperienze musicali, aprendo un ampio ventaglio
di opportunità ma rischiando, al tempo stesso, di
sopraffare l’utente con possibilità di scelta troppo
vaste”. ( Steve Jones, 2000, trad. it pag. 118)
Le nuove opportunità offerte dalla rete, favoriscono
la sperimentazione e l’intenisificarsi delle ricerche
multidisciplinari dell’ambito musicale: l’ analisi dei
social network come mezzi di divulgazione, la ricerca di nuovi metodi di ascolto attivo, la visualizzazione musicale, lo studio del valore che la musica assume per gli utenti, sono fra i temi di ricerca
di musicologi, ingegneri, elettronici e informatici ed
esperti di comunicazione. Di fondamentale importanza risulta comprendere i nuovi reali bisogni degli utenti, in considerazione delle nuove forme di
fruizione e percezione dell’evento sonoro, e quali
siano le conseguenze sulla percezione della musica da parte dei bambini, e come la didattica deve
evolversi in funzione di queste.
I bambini vivono ormai all’interno di un “ mondo
mediale” che è il loro mondo, sono nati e cresceranno in queste circostanze, la loro conoscenza
è esperita attraverso i media e la tecnologia e
non direttamente. Il fenomeno della conoscenza “
mediata” è caratterizzato da pareri discordanti da
parte degli studiosi sugli effetti che tali dispositivi
hanno sulle capacità cognitive del bambino.
51
Fra gli antagonisti, l’epistemologo Karl Popper
(1902-1994) ci metteva in guardia sul potere dei
media di provocare mutamenti antropologici, di
modificare in modo lento e costante i quadri percettivi e cognitivi e le forme del sapere umano. Fra
le sue priniciapali preoccupazioni: La trasformazione del modo di pensare che da analitico, sequenziale, potrebbe diventare generico e globale, il crollo della capacità critica e l’impoverimento
dell’attività cognitiva causata da una progressiva
delega di tali funzioni alla macchina.
Altri studiosi, fra i quali Seymour Papert, matematico e pedagogista statunitense, si oppongono a
tali visioni allarmistiche, mettendo invece l’accento sulle potenzialità espressive ed educative di tali
tecnologie, sulla loro possibilità di coinvolgere e
valorizzare più forme di intelligenza in modo simultaneo e un potenziamento delle attività cognitive.
In particolar modo la diffusione delle informazioni
su internet portano al superamento di un approccio individualistico, incentivando la collaborazione,
la cooperazione e l’apprendimento condiviso.
52
Secondo Roberto Maragliano, insegnante di tecnologie dell’ istruzione presso l’universtià di Roma
Tre, i media e la tecnologia non costituiscono dei
semplici canali di comunicazione, ma interfacce
orientate alla costruzione, alla negoziazione e condivisione di significati, supportati da tecnologie che
elaborano sistemi simbolici socialmente indentificabili, egli sostiene inoltre che la tecnologia in
campo educativo possa avviare un ripensamento
dell’intera esperienza umana.
Antonio Calvani autore del libro “ I nuovi media
nella scuola, perchè, come, quando avvalersene
“pone l’accento sull’ effetto e le interazioni che le
nuove tecnologie instaurano con i modi interni del
pensiero, le macchine e le tecnologie contribuiscono ad accumulare e condividere conoscenza,
“costruiscono dei veri e propri “ micromondi ” con i
quali pensiamo le forme del mondo, e le forme che
noi stessi diamo al mondo”.
Per quanto concerne l’attività ludica connessa
alle nuove tecnologie, esistono pareri discordanti
sull’effetto che i videogiochi, su qualsiasi piatta-
forma ( consolle, tablet ecc..) esercitino sui bambini a livello cognitivo ed esperienziale. Fra gli studiosi, promotori del valore didattico e pedagogico
dei giochi digitali in generale, Papert afferma che
giocando con tali dispositivi, il bambino compie
essenzialmente un’attività immaginativa e creativa,
impara ed usa correttamente un determinato codice, aumenta le sue capacità deduttive, e migliora i
riflessi e la coordinazione oculo-motoria.
Un’ altra visione ottimistica è data da Patricia Greenfield, docente di psicologia dell’università della
California, sostenendo che tali attività sviluppino il
pensiero ipotetico e l’intuizione, poichè in tali giochi le regole non sono sempre chiare, sono indotte dall’ osservazione e mettono in atto dei processi
induttivi, stimolano anche la capacità di prendere
decisioni in breve tempo, di affrontare quindi le difficoltà con spirito di iniziativa.
Dall’ altro lato della medaglia gli oppositori riscontrano gli aspetti negativi che, risultano simili a quelli indotti dalla televisione fra i quali: problemi fisici legati alla contrazione muscolare e alle cattive
posture, isolamento, perdita della cognizione del
gnizione del tempo e dello spazio reali, sottrazioni ad attività socializzanti come lo sport e il gioco all’aperto. Queste negatività possono essere
ovviate grazie alla possibilità di interazioni che tali
software possono fornire se utilizzate in contesti
sociali più ampi ( asili, scuole, attività familiari ecc..)
recentamente in ambito strettamente pedagogico
si registra una sempre maggiore produzione di
“software educativi”, che coinvolgono anche l’ambito analizzato da questa tesi.
Questi dispositivi mirano ad educare ed istruire in
bambino e in alcuni casi favoriscono l’ apprendimento anche per bambini affetti da particolari patologie ( dislessie, deficit sensoriali, disturbi della
personalità, autismo ecc..) poichè sono caratterizzati da particolari elementi quali: Nella maggior
parte dei casi sono presenti dei tutor, colorati e
simpatici che assistono e accompagno il bambino
nell’ apprendimento, in secondo luogo utilizzano
un linguaggio semplice ed intuitivo che consente
di acquisire in modo graduale concetti complessi.
53
4.2 I SOFTWARE E LE APPLICAZIONI
PER LA DIDATTICA MUSICALE.
Lo sterminato universo delle applicazioni mobili, subisce di anno in anno una fase di crescita
esponenziale, costituendo un mercato sempre più
frammentato e dinamico. Le applicazioni si evolvono, divengono sempre più accessibili, in termini di usabilità e flessibilità, sono infatti facilmente scaricabili in qualsiasi momento e in qualsiasi
luogo e compatibili con un crescente numero di
dispositivi mobili. Comunicano con l’utente attraverso interfacce grafiche, che divengono sempre
più efficienti in termini di immediatezza e usabilità,
questo comporta una diffusione su larga scala in
ambiti e settori diversificati: Software di produttività
personale, informazione ( nel senso più ampio del
termine), giochi, didattica ed educazione, intrattenimento, divulgazione scientifica, scienze applicate fino alle applicazioni di tipo aziendale, marketing
e commerciali.
Nell’ambito dell’ educazione e della didattica in
generale, e nel particolare nell’insegnamento della
54
musica ai bambini, ci si trova davanti ad un universo
sconfinato di software e applicazioni che utilizzano
artefatti comunicativi estremamente diversificati in
termini di strategia, qualità peculiari ed efficacia, è
possibile però riscontrare delle linee guida comuni
per la maggior parte di questi giochi musicali.
In primis la componente gestuale, derivata dal
funzionamento touch screen della maggior parte
dispositivi mobili, questo consente ai bambini di
muovere gli elementi sullo schermo con estrema
rapidità ed ottenere feedback sonori immediati
dalle loro performance gestuali.
La quasi totalità di queste applicazioni si servono di avatar digitali, nella maggior parte dei casi
si tratta di animali buffi e divertenti che compiono
con l’aiuto del bambino attività semplici, come il
trasporto di oggetti e la soluzione di piccoli enigmi, il bambino interagisce con loro e si sorprende
e si compiace dei risultati e degli scores ottenuti.
Alcune riproducono delle verie e proprie storie, attraverso le quali il bambino cresce e matura le sue
competenze insieme a personaggi fantastici.
Le attività che il bambino compie interagendo con
queste applicazioni comprendono l’ascolto attivo, attraverso il quale il bambino memorizza i tratti
caratterizzanti di un vocalizzo o di una melodia, la
successiva ricomposizione che avviene attraverso
il canto, la manipolazione degli elementi presenti
sullo schermo, o suonando dei veri e propri strumenti musicali riprodotti in modo più o meno fedele dal dispositivo, in questo modo il bambino impara a distinguere i timbri differenti dei vari strumenti.
Tuttavia la smisurata quantità di queste applicazioni didattiche o pseudo-didattiche, fa sì che si venga a formare un limbo non eterogeneo in termini di
qualità ed effettiva efficacia educativa, con il rischio
di ricadere in un’ educazione di tipo frammentario,
priva di modelli e riferimenti precisi, a discapito del
reale apprendimento da parte dei bambini.
Risulta quindi necessario che tali artefatti seguano
dei metodi efficaci, che si plasmino intorno alle realie abilità e percezioni cognitive del bambino, che
siano realmente interattive e non subite in modo
passivo, poichè educazione e intrattenimento
sono due attività differenti.
A parere di chi scrive, solo le applicazioni ludico-
educative che perseguano un reale intento didattico possono assurgere a tale titolo, su queste basi
e in linea di coerenza con le tematiche prinicipali
trattate dalla tesi sono state escluse le applicazioni
e i software con finalità esclusivamente ludiche.
“Shared Listening” è un sito internet, fondato e
promosso dall’ AIGAM ( Associazione Italiana Gordon Audiation Method ) che promuove il metodo
Gordon e il concetto di ascolto condiviso fra bambini, insegnanti e genitori. Si tratta di un progetto
contenitore che divulga pratiche di insegnamento,
supporti didattici e nuove tecnologie.
Fra le APP incubate all’ interno di Shared listening
sono presenti: Ascoltiamo e Pier et le loupe.
4.2.1 Ascoltiamo
“Ascoltiamo” è un’ applicazione disponibile per iOS
e Android, che essenzialmente racchiude i principi fondanti della Music learning theory di Gordon:
Qualità e varietà degli stimoli musicali, lo sviluppo
del senso musicale e l’ascolto condiviso.
L’ obiettivo di questa applicazione è di organizzare
il materiale musicale secondo principi di contrasto
55
14. Interfaccia principale dell’ APP Ascoltiamo, promossa dall’ AIGAM.
e di esaltazione della diversità, attraverso ascolti
brevi ma densi di significato. Ascoltiamo suggerisce dei percorsi di ascolto organizzandoli in sessioni, caratterizzate dalla ciclizzazione dei brani, in
modo da permettere al bambino di ascoltarli più
volte e attraverso l’accostamento e il confronto
con altri brani, individuarne e riconoscerne le differenze in modo informale per un ascolto attivo,
profondo e interessato.
L’ organizzazione dei brani è strutturata dall’applicazione sulle basi del lavoro di ricerca degli insegnanti dell’ AIGAM e dell’ IEGAM sul tema dell’
esperienza dell’ascolto ( Music Learning Theory)
e la sua funzione nel dare un senso alla musica
e nello sviluppare competenze musicali informali
come l’intonazione, l’orecchio, il senso del ritmo,
l’audiation.
Le opzioni d’uso sono molteplici: Organizzazione
di sessioni di ascolto presso asili nido, scuole di
infanzia e scuole primarie, ma anche in ambito
domestico con la possibilità di ascoltare brani di
generi, stili ed epoche diverse e di ogni parte del
mondo ( L’applicazione è connessa con Itunes).
56
4.2.2 Pierre e le loup
Un’ altra esempio di applicazione musicale finalizzata alla didattica è “Pierre et le loup”, vincitrice del
Bologna Ragazzi Digital Award e ispirata ala celebre opera del compositore russo Prokofiev.(ved.p)
Nella celebre opera del 1936 “ Pierino e il lupo” del
compositore russo Prokof’ev, ad ogni personaggio della fiaba è associato uno strumento musicale
e una melodia : Pierino è rappresentato dagli archi,
l’uccellino dal flauto traverso, il gatto dal clarinetto,
il nonno dal fagotto e il lupo dai corni. La potenza evocativa e sinestetica di quest’ opera sta nel
portare l’ascoltatore ad immaginare l’aspetto e il
carattere di ogni singolo personaggio,il suo ruolo
nella storia, il peso o la leggerezza, la sua andatura nello spazio,
L’ APP “Pierre e le loup” comprende un film della durata di 30 minuti, adattamento dell’ opera di
Prokofiev in un mix di animazioni e musica, narrate
dall’ attore francese Francois Morel. Si tratta di un’
esperienza immersiva per il bambino che impara
ad associare ad ogni timbro strumentale e fraseggio melodico il personaggio corrispondente.
In un secondo momento il bambino potrà interagire con i personaggi e ripercorrere le loro avventure
attraverso 9 giochi interattivi:
- Amici di Pierre: Ricomporre i personaggi del film
all’interno di un grande puzzle.
- L’anattra labirinto: Aiutare l’anatra a fuggire dal
labirinto, salvandosi dal lupo.
- Il pasticcio del nonno: Manipolazione degli strumenti musicali e degli animali corrispondenti es.
come appare il lupo suonato dal corno, o l’anatra
dall’ oboe ecc..
- Tap Tap del lupo: Seguire il ritmo del lupo per
riuscire ad intrappolarlo.
- All’ inseguimento del lupo: Riuscire a scattare
una foto del lupo prima che fugga via
- L’ uccello d’orchestra: Attraverso l’interazione
con l’uccellino, il bambino scopre come è composta un’ orchestra e il ruo
In fine il bambino è invitato a prendere il posto di
Francois Morel nella narrazione della storia, divertendosi a manipolare ed associare i temi musicali
all’ animale corrispondente, restituendo la sua personale versione della storia.
15. Pierre e le loup, una delle sequenze animate presenti nell’ APP.
57
16. Le stagioni di Antoine
4.2.3 Le 4 stagioni d’ Antoine
Si tratta di un‘ App sviluppata da France television
distribution SA per dispositivi iOS disponibile in lingua francese, ma anche in italiano.
La componente narrativa anche in questa applicazione gioca un ruolo decisivo, si narra della storia
di Antoine, un bambino che trascorre i mercoledi
dal nonno liutaio, il quale gli regala un libro magico
in grado di animarsi nel momento in cui ci si disegna sopra. Le animazioni accompagnano il bambino per un anno intero, e mostrano la loro magia
con l’opera Le 4 stagioni di Vivaldi in sottofondo.
L’ opera di Vivaldi (1775) suddivisa in 4 concerti,
uno per ogni stagione, racconta l’ inverno e l’autunno con tinte fredde e scure in tonalità minore,
l’estate e la primavera in tonalità maggiore, con
colori caldi e vibranti che esprimono l’allegria della
rinascita della vita.
La trasposizione in APP del film francese trasmesso da France television è un percorso magico
attraverso il quale il bambino esperisce la poesia
della musica e la associa alle sue risultanti figurative, attraverso passaggi lievi e senza soluzione di
58
continuità. Come nel caso di Pierre e le loup, sono
presenti dei giochi interattivi in linea con la storia di
Antoine e le stagioni musicali corrispondenti. Guidato dagli elementi grafici dell’applicazione il bambino compone le figure che, prendono vita e si
muovono sulle note della musica leggera di Vivaldi.
Unendo i puntini numerati sarà possibile far nascere un gigante di ghiaccio, che si muoverà sulle
note invernali per poi sciogliersi e lasciare il posto
a gli splendidi fiori della primavera. L’ App fornisce
al bambino fin da subito una serie di strumenti, fra
i quali un annaffiatoio per innaffiare i semi e preparare la coreografia di arbusti, di forme e colori che
accolgono l’ arrivo delle note della Primavera.
L’utilizzo della visualizzazione musicale e delle percezioni sinestetiche costituisce un potente espediente didattico per un apprendimento di tipo informale dei codici musicali, quest’ applicazione fonde
al suo interno questi principi in modo magistrale,
utilizzando un linguaggio narrativo semplice e a misura di ogni bambino. Tutto si tiene e si intreccia
con grazia, lasciando intravedere percorsi inesplorati per i contenuti su tablet.
17. Music super heroes
4.2.4 Music super heroes
Sviluppata da Creative experience-Lisbon labs,
Music super heroes è compatibile con IPhone,
IPad e IPad touch e disponibile in tutte le lingue.
Si tratta di un’ APP totalmente priva di descrizioni e
parti didascaliche, presenta infatti qualche carenza dal punto di vista metodologico, ma risulta utile
per un primissimo approccio informale alla conoscenza degli strumenti musicali, alla composizione
dell’orchestra e alle nozioni base quali: il ritmo, le
note e il senso musicale.
L’ applicazione si struttura in 5 attività principali,
che se eseguite correttamente portano alla raccolta di un numero di credits, spendibili nella sezione
orchestra. Tali attività mirano alla sperimentazione
sul ritmo e sul tempo musicale, e si svolgono su
una tastiera virtuale sulla quale il bambino riproduce e accompagna semplici canzoni con l’ausilio
di un metronomo. Per ogni attività completata in
modo adeguato, (le emoticon, in modo dinamico
ed espressivo fa capire al bambino se la sua esecuzione è corretta o meno) si attiva il suono di uno
strumento nell’Orchestra. In questa sezione sarà
possibile “accendere” o “spegnere” il tasto di ogni
strumento, in modo da modulare il risultato della
melodia suonata dall’orchestra e comprendere a
pieno il ruolo di ogni singolo strumento all’interno
di essa.
A parere di chi scrive, l’unico aspetto mancante
riscontrato ( forse per scelta da parte degli stessi sviluppatori ) è rintracciabile nell’assenza di descrizioni o didascalie, non si fa alcun riferimento
ai nomi degli strumenti, dando per scontato che
il bambino li conosca già, non vengono fornite
nozioni in forma scritta in merito all’ orchestra, il
piccolo utente può solo sperimentare senza riferimenti o indicazioni precise con i suoni, il ritmo
e le note sulla tastiera (distinte come nel mondo
anglosassone dalle lettere A, B, C, D, E, F, G),
ma non viene data loro alcuna indicazione sul perché eseguire le attività ne’ alcuna nozione sull’affascinante mondo della musica. Assenti anche le
sezioni dedicate ai crediti o ai genitori. La qualità
dell’App rimane comunque alta poichè gli artefatti
comunicativi e giochi sono ben strutturati per un
apprendimento prettamente informale.
59
18.
Singing finger: APP che permette di suonare i colori e registrare delle tracce musicali
mediante l’utilizzo del touch screen. In questa applicazione la gestualità ricopre un ruolo
dominante.
19.
Guitar Hero : Forse uno dei videogiochi più popolari degli ultimi, trasforma gli utenti in vere
Rock Star. Gli avatar impersonificano le figure più importanti del mondo del rock.
60
La musica di Bufo: APP che Narra la vicenda
di un piccolo ranocchio magrolino e occhialuto si innamora della musica. La sua storia è
una book app musicale, tratta dal libro di Zak
Baldisserotto con le illustrazioni di Roberta
Zeta.
Figure di Propellerhead: Applicazione per iOS
che consente di fare musica in modo semplici e di condividere le tracce prodotte con altri
musicisti. Molto curata è la rappresentazione
visiva dei timbri, delle frequenze e dei colori.
20.
21.
61
4.3 LA ROBOTICA E I SENSORI IN
CAMPO EDUCATIVO E DIDATTICO.
La contemporaneità è caratterizzata da un graduale passaggio dall’ era dell’elettronica a quella meccatronica. Negli anni 60 l’automa era visto come
un oggetto tecnologico superiore gerarchicamente all’untensile, autonomo in termini di controllo e
apporto energetico ed unicamente utilizzabile in
campo industriale. Oggi, grazie alla miniaturizzazione dei componenenti informatici ed elettronici
è divenuta una scienza alla portata di tutti ed ogni
famiglia può ospitare nella propria casa un robot
dotato di sensori in grado di svolgere svariate tipologie di mansioni.
Anche l’ educazione e la didattica si stanno lentamente conformando a questo processo evolutivo,
la robotica può infatti costituire un valido strumento formativo, sia nella didattica curricolare, coinvolgendo quindi ambiti disciplinari diversi ( matematica, algebra, scienze, arte e musica), ma anche
per quel che riguarda l’approccio propedeutico
e la graduale familiarizzazione con questi nuovi
62
oggetti meccatronici e un loro utilizzo eticamente
corretto. Per gli allievi delle scuole contemporanee
familiarizzare con i robot e i nuovi strumenti tecnologici muniti di sensori è di fondamentale importanza, perchè in un futuro molto prossimo diverranno
oggetti familiari come lo sono oggi il computer o lo
smartphone. L’ insegnamento mediato esclusivamente dai libri ha come conseguenza un’ eccessiva astrazione del concetto didattico, che in alcune
discipline specifiche, come la musica ( oggetto di
questa tesi) porta all’ autoferenzialità, allontanando
gli allievi dal fenomeno reale e sensoriale.
La robotica educativa, indicata come priorità della
scuola italiana dalla Direttiva del MIUR n. 93 del
dicembre 2009 in tema di ampliamento Offerta
formativa, mira ad offrire agli insegnanti nuovi strumenti didattici che permettono una didattica attiva,
in cui l’apprendimento è stimolato e motivato. In
particolare la robotica è una tecnologia concreta,
manipolabile, lontana dall’immaterialità di quanto
avviene con il computer. L’ insegnamento di una
determinata disciplina attraverso l’ausilio di robot
e sensori offre opportunità in termini motivaziona-
li, poichè il bambino interagisce in modo attivo e
concreto con la macchine ed è stimolato attraverso attività di manipolazione e composizione, ma
anche in termini di potenziamento della didattica
verso orizzonti ancora inesplorati. Il robot diviene
dunque uno strumento per la verifica sperimentale
di concetti (nota) non necessariamente riconducibili all’ambito della robotica, fornisce una metodologia di studio alternativa, che permette di articolare e isolare gli elementi di un sistema complesso
e affrontarli in modo separato ( la musica è un sistema complesso, costituito dalle figure musicali).
La macchina non è quindi il fine dell’attività, ma è
riconosciuta dal bambino come mezzo per potenziare le sua attività, per far questo è necessario
che tali strumenti siano ludicamente appetibili, che
intrighino e incuriosiscano i piccoli utenti, rendendoli fruitori attivi che progettano, pensano, costruiscono e soprattutto verificano.
Da parecchi anni la robotica educativa è stata introdotta in moltissime scuole italiane, di ogni ordine e grado, per studiare una grande varietà di
fenomeni scientifici attraverso la manipolazione
diretta dei parametri di programmazione.
La differenza che contraddistingue un robot da un
computer o un sistema di controllo può apparire
sfumata, la robotica racchiude infatti al suo interno
almeno 3 discipline quali: meccanica, elettronica
e in secondo luogo psicologia e bioingegneria. La
peculiarità che li distingue da un computer si racchiude essenzialmente nell’ utilizzo di sensori e attuatori che costituiscono il medium fra il linguaggio
di programmazione o sorgente astratto ( nascosto all’utente, se non nel caso di programmazione
della macchine da parte dello stesso) e l’azione
meccanica, fisica e tangibile (esperibile dall’utente) compiuta dall’ artefatto tecnologico. La progettazione di un robot didattico deve pertanto tener
conto della complessità della materia trattata, nella
sua totalità e nelle singole parti e in base a questa
analisi andrà costruito un modello fisico ( Modello bidimensionale o tridimensionale) e un modello
comportamentale ( algoritmo, rappresentato per
mezzo di un linguaggio di programmazione). Passiamo adesso all’ analisi di alcuni robot didattici
non necessariamente legati alla sfera musicale.
63
22. Bee-Boot & Blue-Bot
4.3.1 Bee-Bot & Blue-Bot
La robotica viene utilizzata sempre più frequentemente in scuole dell’infanzia e scuole primarie per
una fascia di età che varia dai 5 agli 11 anni.
L’ apetta Bee-Bot e il gemello trasparente BlueBot sono stati progettati come semplici robot
mobili da pavimento con l’obiettivo di avvicinare i
bambini alle basi dei linguaggi di programmazione, sviluppando le abilità logiche, di calcolo e di
visualizzazione. La versione Blue-Bot ( aggiornata
rispetto a Bee-Bot) può essere controllata tramite
un’ applicazione per tablet o smartphone disponibile per iOS, Android, Pc e MAC.
Blue-Bot è in realizzato in plastica trasparente, in
modo che i bambini possano vedere i componenti
interni, si utilizza e si programma in modo semplice
e intuitivo mediante 4 tasti posti sul dorso dell’ape
che le permettono di compiere tratti di 15 m a destra destra o sinistra, con angoli di 90 gradi e 45
gradi.In grado di memorizzare fino a 40 comandi,
restituisce dei feed-back luminosi per la conferma
dei comandi assegnati. Il dispostivo è corredato
64
da un software Bee-Bot da utilizzare nelle classi
tramite una lavagna interattiva, e da un kit di mappe e percorsi che fungono da guida per la programmazione dei movimenti, tali percorsi possono
essere costituiti da gabbie numeriche o da forme
geometriche, da lettere dell’alfabeto ecc..
L’ape può essere introdotta nelle classi come personaggio fantastico durante i laboratori creativi, i
bambini imparano a programmare i movimenti del
robot in modo che si sposti sul percorso secondo
una logica stabilita, assimilando in questo modo
dei semplici codici di programmazione, formati
dall’ ordine e dalla priorità assegnata a ciascuna
delle frecce direzionali. È importante sottolineare
come questo simpatico robot a forma di ape sia
uno strumento didattico utile allo sviluppo della
percezione spaziale e della logica, ma non solo. Il
bambino è anche chiamato a mettere in atto strategie risolutivelegate al “problem solving”, deve
ipotizzare un percorso, possibilmente il più breve e
conveniente al fine del raggiungimento della meta
o di un determinato obiettivo prestabilito.
23. Codie : Code having fun
4.3.2 Codie: code having fun
Codie è un robot mobile, che ha come abbiettivo
l’insegnamento delle basi dei linguaggi di programmazione ai bambini di età compresa fra i 5 e gli
11 anni. Ideata da un team di ingegneri elettronici
e designer, Codie ha vinto numerosi premi per le
start up innovative ( Sturt up weekend 2013, Kairos global summit 2014). Il linguaggio di programmazione di Codie ( gestibile attraverso l’apposita
applicazione per Ios e Android ) è essenzialmente
visuale, organizzato in macro blocchi, collegabili
ed organizzabili al fine di costruire codici di programmazione più complessi. La grafica semplificata mira a colmare il gap fra la sfrenata fantasia
dei bambini e la rigidità del pensiero algoritmico,
i blocchi raccordati presentano colore diverso e
sono collegabili con frecce che indicano la direzione di esecuzione. In questo modo i bambini
possono gestire le attività di Codie attraverso dei
veri linguaggi di programmazione: Strutture If-else,
variabili e loop. I benefici del touch screen contribuiscono a rendere l’ applicazione di Codie ancor
più intuitiva e pratica da usare. Codie rappresenta quella categoria di giocattoli in grado di andare
oltre la componente ludica e di intrattenimento, si
tratta infatti di un compagno di viaggio per il bambino, uno strumento creativo per la sua crescita. Il
processo di apprendimento è assolutamente informale ed efficace, attraverso il gioco la componente noiosa della didattica classica lascia il posto
alla curiosità di scoprire se stessi e le proprie potenzialità. A parere degli autori, Codie potenzia la
relazione fra i bambini e le problematiche della vita
reale, la programmazione di Codie predispone il
piccolo utente all’utilizzo della tecnologia in modo
flessibile, plasmandola secondo le proprie necessità e i propri obiettivi.
Nel momento in cui configurano il loro primo algoritmo per le attività di Codie, hanno già fatto il primo
passo per lo sblocco delle interessanti possibilità
che la tecnologia moderna offre, nel capire come
queste si configurano e si uniscono per creare i
mattoni della realtà in cui viviamo, realtà troppo
spesso subiamo in modo passivo.
65
24. OTOTO : Play music with anything
4.3.3 OTOTO
Ototo è una scheda intelligente che permette di
fare musica con qualsiasi oggetto che ci circonda.
Invita l’utente ad esplorare le potenzialità dei sensori in campo musicale, poichè Ototo permette di
costruire dei veri e propri strumenti musicali con
i materiali più disparati e suonarli con una qualità
audio assolutamente impeccabile.
La scheda contiene una piccola tastiera, con le
sette note della scala cromatica ed è possibile
cambiare il timbro di esecuzione con un semplice
gesto, la scheda ha in memoria più di 50 qualità
timbriche, per soddisfare al meglio le esigenze dei
progettisti. Ototo è venduto con un pratico Kit di
utilizzo, una semplice guida illustrata che introduce l’utente al mondo dei sensori e delle schede di
programmazione, oltre esplicarne il funzionamento
e le infinite possibilità aspressive.
Facile, amichevole, e divertente, viene così descritto dai suoi ideatori. Ototo è l’esempio lampante delle infinite possibilità che le schede e i sensori
offrono in campo musicale.
66
25. Musicink all’ opera
4.3.4 MUSICINK
Musicink è un progetto nato all’ interno delle aule
del Politecnico di Milano dalle menti creative di
Riccardo Vendramine e Gilda Negrini. L’obiettivo
dei progettisti è di creare una via alternativa per l’
insegnamenteo della musica, attraverso la ricerca
di un’ interazione diversa con gli strumenti musicali. Musicink funziona grazie ad Arduino e una
speciale vernice conduttiva ( Bare conductive) che
permette al bambino di disegnare a suonare la sua
musica. Una sempice e immediata infografica rappresenta le qualità principali del suono e i diversi
timbri utilizzabili.
L’ Arduino board è connessa a un’ applicazione
tramite bluetooth, che converte il segnale in una
musica brillante con un’ alta qualità del suono.
Musicink introduce alla musica, attraverso un codice visivo semplice e immediato, la magia del
disegno che diviene musica oltre che suscitare
stupore e meraviglia nelle mente di qualsiasi bambino, consente un apprendimento informale delle
qualità prinicipali della musica.
67
68
5. DAL FENOMENO SONORO
ALLA MUSICA
5.1 IL FENOMENO FISICO SONORO
Il fenomeno fisico del suono, cosi come quello del
colore, interagisce con il contesto nel quale viene
emesso in base all’altezza, la posizione, alle caratteristiche dello spazio sonoro, ma soprattutto varia
in relazione alla soggettività dell’ascoltatore.
La percezione di un qualsivoglia fenomeno fisico
è caratterizzata quindi da una componente fortemente soggettiva, è la capacità cognitiva di ogni
essere vivente, la sua età, la sua cultura; a conferire al fenomeno forme e significati diversi.
Partendo dal presupposto della soggetività delle percezioni, può esistere una correlazione fra i
colori e i suoni? è possibile associare a un detederminato suono con caratteristiche timbriche e di
altezza ben precise, delle sensazioni cromatiche
comuni fra i soggetti ascoltanti ?
Per rispondere a questa domanda è necessario in
primis descrivere il fenomeno sonoro dal punto di
vista fisico.
Il suono è la sensazione data dalla vibrazione di un
corpo in oscillazione, che, propagandosi nell’aria
(mezzo elastico) raggiunge l’apparato uditivo.
L’onda sonora prodotta da un corpo in oscillazione
è definita onda di pressione longitudinale e può
essere trasmessa solo in un mezzo materiale gassoso, liquido o solido, si deduce quindi che il suono non può propagarsi nel vuoto.
Ogni ciclo di un ‘ onda sonora è composto da una
fase di compressione e rarefazione, la frequenza
di un suono è il numero di cicli che passano in
un secondo in uno stesso punto del mezzo in cui
l’onda si propaga.
Un soggetto giovane riesce a sentire suoni che
hanno frequenze comprese tra 20 Hz e 20 000.
La capacità di sentire i suoni diminuisce con l’età,
di fatti una persona di mezz’età non riesce più a
percepire suoni con frequenze superiori a 12-14
kHz. La frequenza del suono, che è una qualità
oggettiva dello stesso va a definire un parametro
soggettivo, l’altezza.
Un suono con alta frequenza è interpretato dall’orecchio come alto o acuto, un suono con una bassa frequenza è interpretato come basso o grave.
Le note della scala cromatica convenzionale, variano in altezza poichè corrispondono a precise
frequenze sonore, che vanno da 66 Hz ai 4186
69
s
Periodo
Ampiezza
t
26. Rappresentazione grafica di un’ onda sonora
Le note si suddividono quindi in ottave, in base
alla loro frequenza, l’ ottava è l’intervallo di 8 note
posizionate a frequenza diversa nella scala musicale, l’orecchio umano tende a sentire due note
separate da un’ottava come se fossero “uguali”,
per questo motivo due note distanti un‘ ottava portano lo stesso nome.
Il pianoforte, con i suoi 88 tasti, raggiunge un’estensione di ben 7 ottave.
Il Timbro invece può essere definito come la qualità
del suono, erroneamente nel linguaggio comune si
suol dire “ abbassare il timbro di voce”, in realtà si
abbassa l’intensità o il tono e non il timbro.
Esso varia in base alla sorgente, per questo siamo
in grado di distinguere la stessa nota suonata da
un pianoforte o da una chitarra.
5.2 LA PERCEZIONE DEL SUONO MUSICALE
La struttura fisica del suono presenta un principio
di ordine e di organizzazione che lo predispone
ad essere esplorato, selezionato, ordinato e combinato intenzionalmente. L’uomo è da sempre in
70
contatto con fenomeni sonori, è stimolato da essi
a manipolarli e convertirli in un veicolo di espressione, di piacere e di elaborazione artistica.
Il termine percezione è sinonimo di sensazione e
l’atto di percepire sta alla base della conoscenza e
nello specifico significa catturare attraverso i sensi
qualcosa di estraneo, di esterno rispetto a se stessi. La mente estrae informazioni dalle sensazioni
esterne al fine di comprenderle, se ne deduce che
noi percepiamo a fondo solo ciò che conosciamo.
I veicoli nei quali le informazioni sensoriali si muovono sono l’orecchio, il sistema nervoso e l’epidermide. Avviene in questo modo una trasformazione
delle vibrazioni provenienti dall’ambiente in stimoli
nervosi, che una volta raggiunto il cervello lo nutrono e lo stimolano.
A seconda della frequenza il nervo acustico va a
stimolare aree differenti della corteccia, che a sua
volta comunica con differenti parti del corpo attraverso trasmissione neurochimica. Partendo da
questo principio, attraverso l’ascolto di un suono,
può raggiungere ed interagire con qualsiasi parte
del corpo.L’udito è responsabile della percezione
di sé e del proprio modo di comunicare sia nell’atto
verbale, attraverso la voce, che in quello non verbale, attraverso la gestualità e la postura del corpo. Vari studi e sperimentazioni hanno dimostrato
come l’ascolto filtrato della propria voce condizioni
la voce stessa ed alcuni movimenti del corpo al di
là della volontà del soggetto.
L’udito ci rende in grado di sentire i suoni, ma non
possiamo toccarli, annusarli, o assaporarli.
I colori invece si predispongono ad essere percepiti in maniera più fisica e materiale, poichè la nostra conoscenza dei colori proviene dagli oggetti
dotati di colore, nonostante il complesso fenomeno della luce, i colori sono strettamente legati agli
oggetti che li possiedono, sono materici e tangibili
a livello percettivo.
I suoni invece non presentano questa dipendenza nei confronti della sorgente, possono essere
definiti come “proprietà” ma in maniere diversa dai
colori. Gli oggetti non hanno un suono, ma emettono suoni e possono essere percepiti anche senza una causa identificabile dagli altri sensi e dalla
vista in particolar modo.
5.3 LA PERCEZIONE ACUSMATICA
L’ esperienza di tipo acusmatico deriva dalla caratteristica del suono di essere indipendente dalla
sorgente, può esisitere percettivamente anche se
l’oggetto che lo causa rimane ignoto.
Si racconta che lo stesso Pitagora tenesse le sue
lezioni dietro uno schermo, in modo tale che i suoi
studenti si concentrassero sul contenuto in se e
non fossere fuorviati dalla sorgente sonora.
La moderna tecnologia e i riproduttori musicali hanno sancito questo distacco sorgente-suono, che
in passato poteva essere riprodotta solo in sala
da concerto. Se ne deduce che la musica è un
fenomeno esistente di per sè, la natura del suono
è quella di essere autosufficiente, per cui l’ascoltatore, immerso in un contesto musicale, la ascolta
e la percepisce in quanto musica, senza necessariamente individuare il tipo di strumento che la
produce, ascolta il messaggio sonoro e lo codifica
indipendentemente dalle conoscenze tecniche e
dalla cultura d’origine, risiede proprio in questo la
potenza espressiva del linguaggio musicale.
71
5.4 IL RUOLO DELL’ ASCOLTO IN MUSICA.
Prima di descrivere il ruolo determinante dell’ascolto musicale, bisogna chiedersi quando e in che
circostanze gli eventi sonori, fin qui descritti vengono convertiti e definiti con il termine “musica”?
Ovviamente non tutti gli eventi sonori ( comprendenti anche i rumori) possono essere definiti musica e rispondere alla domanda “ cos’è la musica”
non è cosa molto semplice, poichè dalla seconda metà del novecento fino ad oggi l’esplorazione
delle potenzialità tecniche di nuovi strumenti ( musica elettronica ), il superamento del sistema tonale e del concetto di melodia, la contaminazione
dei generi, hanno allargato l’orizzonte concettuale
della musica stessa.
Per dare una definizione di Musica, è indispensabile concentrarsi sugli elementi certi che la contraddistinguono, uno di questi è l’ intonazione ( la
messa in tono di più voci o strumenti ) e del suono,
nello specifico.
Per far in modo che questi toni vengano percepiti
come musica è necessario che siano disciplinati
72
da un codice che li metta in relazione fra di loro e
li definisca all’ interno di un evento sonoro organizzato. I parametri utilizzati per la classificazione
e l’analisi dei fondamenti del linguaggio musicale
sono : Il ritmo, la melodia, l’armonia e il timbro.
La conseguenza della trasformazione del suono in
musica è che viene automaticamente costituendosi una dimensione comunicativa della stessa,
che può essere percepita a prescindere da una
conoscenza approfondita dei codici musicali.
La musica non necessita di una conversione in discorso musicale, poichè l’attività ancestrale dell’ascoltare e l’elaborazione del suono in messaggio,
permette di coglierne l’aspetto comunicativo, senza ulteriore approfondimento o indagine.
L’ascolto di musica non è un atto solitario, ma presuppone l’interazione tra sè e un altro, tra la fonte
del messaggio sonoro e il recipiente, questo dualismo sta alla base della comunicazione umana a
qualsiasi livello.
Gli elementi di un discorso musicale possono essere definite come entità, poichè assumono una
propria vita e fisionomia, si stratificano all’interno
delle varie culture e sono immediatamente riconoscibili, familiari e inconfondibili.
L’ esercizio all’ascolto, e il riascolto in particolar
modo consentono di acquistare sicurezza e sottigliezza nel percepire le variazioni, gli accenti ritmici,
gli elementi peculiari che rendono unica quella particolare melodia.
La ripetizione è alla base dello sviluppo del senso
musicale a tutti i suoi livelli: nell’ apprendimento,
nella costruzione di frasi melodiche, nell’ esecuzione e nella ricezione della stessa.
La reintroduzione di una configurazione musicale
genera nell’ascoltatore l’attesa del successivo
ritorno di essa. La risoluzione o meno dell’attesa,
il grado di attenuazione della tensione che nell’attesa è implicita e la generazione di ulteriori attese
dipendono dal modo di procedere del “discorso”
musicale: esso si comunica all’ascoltatore e ne
conquista l’attenzione attraverso una gamma infinita di relazioni tra ripetizione e variazione del già udito, tra elementi familiari e nuovi, tra appagamento
e sorpresa.
La complessità del fenomeno musicale, ci con-
trappone alla facilità con cui si predispone ad essere recepita, con cui riesce a penetrare all’interno
dell’animo umano e comunicare stati d’animo comuni nei soggetti ascoltanti.
Il riascoltare un brano musicale che si ama produce una soddisfazione che non viene mai meno,
questo non succede con altri linguaggi, come la
letteratura o almeno non con la stessa potenza e
risultante si appagamento.
L’esperienza interiore generata dall’ascolto può
verificarsi su infiniti livelli. Non esiste un modo di
ascoltare la musica. Ognuno di noi investe nell’ascolto energie e inclinazioni diverse.
Noi percepiamo nel carattere e nella “vita” degli
“individui” musicali qualcosa che corrisponde alla
nostra vita interiore: l’intera storia della musica è
attraversata da ripetuti e appassionai tentativi di
definire questo “qualcosa”. Che si chiami ‘traccia’,
‘riflesso’, ‘eco’, ‘imitazione’, ‘sublimazione’ o
quant’altro - quel che importa non sono i termini
scelti ma la consapevolezza di una dimensione
sempre ulteriore che l’ascolto della musica ci se
serba.
73
74
6 . IL VISIBILE DEL SUONO
6.1 I COLORI DEL SUONO NEL TEMPO
Come ampiamente descritto nel precedente capitolo, l’intangibilità e fugacità visiva che caratterizzano il suono sia nella fase di ascolto, che nella
fase di esecuzione, non lasciano la possibilità di
creazione di un supporto fisico per la memoria, se
a questo si aggiunge la scarsa capacità evocativa della scrittura musicale se ne deduce quanto
sia difficile il suggerimento di sensazioni vicine all’
evento sonoro.
Forse proprio per questo la musica è stata oggetto
nell’ arco della sua storia di numerosi tentativi di
darne delle rappresentazioni visive veritiere in relazione al complesso fenomeno sonoro.
Uno degli artisti che ha indagato gli aspetti visibili
del suono è stato Vasilij Kandinskij (1866-1944), In
particolar modo la sua opera Impression III ( Konzert) traduce in forme e colori le sensazioni provate
durante un concerto di musica classica.
Impossibile non citare il grande artista tedesco
Paul Klee (1879-1940) che ha avuto come unico
obiettivo nell’ arco di tutta la sua opera pittorica, il
“ rendere visibile l’invisibile ”.
La musica ha contribuito alla creazione di un grande quantità di opere figurative, ( la raccolta di Maur
del 1985 e l’ esposizione Sons Lumières del 2004
Si tratta di un processo di trasposizione grafica
della musica, che affonda le sue radici nel pensiero di Pitagora, che per primo studiò le relazioni
numeriche fra le lunghezze e le frequenze dei suoni, attraverso l’uso del monocordo ( descritto nel
primo capitolo ), cercò di rappresentare la musica
attraverso la perfezione del numero, conferendole
quindi una rappresentazione quantitativa.
Attraverso la costruzione delle proporzioni musicali
si giunge nel Rinascimento alla loro applicazione
in architettura, tali costruzioni dovevano essere la
rappresentazione dell’armonia del corpo umano e
della natura, il termine armonia ci riconduce necessariamente alla musica.
Nel De re Aedificatoria ( 1450 ) Leon Battista Alberti, applica le proporzioni musicali alla progettazione
architettonica, con l’obiettivo di convertire il piacere dell’ascolto dei numeri musicali in soddisfazione
estetica per gli occhi.
Il numero si ripresenta più di un secolo dopo nel
trattato “Trait d’ union” di Newton (1642- 1727).
75
Egli indaga sulle relazioni fra lo spettro cromatico
visibile dei colori e le altezze dei suoni che compongono l’ottava musicale, il tutto basato su una
relazione matematica, i rapporti musicali definiscono le dimensioni degli spicchi del cerchio cromatico. Newton non ci fornisce però dei dati scientifici che dimostrino e verifichino l’accostamento di
determinati suoni a determinati colori, si tratta di
un’ imposizione sui colori delle leggi che regolano
i suoni, la scientificità di tale accostamento rimane
solo apparente.
Nel secolo successivo Goethe (1749-1832) criticherà l’approccio forzatamente scientifico di
Newton, sostenendo che le relazioni fra suono e
immagine andasserò ricercate attraverso lo studio
delle reazioni emotive che tali elementi sucitano
nell’animo umano. Egli non nega quindi che sussista una connessione fra suono e colore, ma si tratta di una suggestione emotiva e non può essere
spiegata scientificamente poichè sosteneva che:
“ Colore e suono sono due fiumi che nascono dalla stessa montagna, ma scorrono in condizioni del
tutto diverse”.
76
Nella sua indagine Goethe si concentra sulle opposte reazioni che la scala minore ( malinconica,
riflessiva) e la scala maggiore ( brillante, gioiosa )
suscitano nell’animo umano, cercando di attribuire alle due scale condizioni cromatiche differenti.
Per affettuare questi accostamenti si basa sulla
componente energica del colore, utilizzando colori
caldi per la tonalità maggiore, e i colori freddi per
la tonalità minore. Indaga anche sulla componente
timbrica, attribuendo i colori a strumenti musicali
differenti: Indaco per il violoncello, azzurro per la
viola e violino, giallo per il clarinetto, rosso per la
tromba.
Ci si trova quindi davanti a un bivio, diviso su due
posizioni estreme: La prima basata sulla ricerca di
dati scientifici quantificabili, l’altra, senza ombra didubbio più affascinante e romantica, sullo studio
delle sensazioni prodotte dal connubio suono-immagine.
Continuiamo la nostra indagine cercando di definire il rapporto tra suono e immagine in tutti i suoi
aspetti, attraverso la scomposizione di entrambi i
fenomeni e le anologie che hanno in comune.
26. Vassiily Kandinskij Impression III (concerto) 1911
Seguendo le orme di Goethe, l’ingegnere francese
Louis Favre nel suo libro “ La music des colouers”
si concentra sulle percezioni comuni che determinati suoni e colori negli individui, escludendo a
priori qualsiasi spiegazione o dimostrazione di tipo
numerico-scientifico.
Va a invece a individuare nei colori, quelle qualità
riscontrabili nei suoni, nello specifico: Altezza, intensità, timbro e durata.
Il termine di paragone e comparazione fra i due
fenomeni e la capacacità di sollecitazione, in base
a questa Favre definisce i seguenti punti:
Altezza: I suoni gravi sono associati ai colori scuri,
poichè comunicano pesantezza e profondità.
I suoni acuti vengono invece associati ai colori
chiari, le risultanti percettive comuni sono l’ allegria,
la dinamicità ecc..
Intensità: Equivale alla propagazione del colore
nello spazio, così come un suono che varia dal
piano al forte.
Timbro: La qualità del suono viene tradotta con il
rapporto colore-supporto materico.
Durata: Equiparata al silenzio, all’assenza di colore.
Negli anni successivi un altro francese Maurice
Touzè si pone gli stessi obiettivi di Favre, discostandosi per molti aspetti e sottolineando le imprecisioni del suo codice nel libro “ Les sons et les
Couleurs” (1946).
Touzè mette in evidenza una serie di errori compiuti fino a quel momento dagli scenziati e artisti
che avevano studiato e ricercato le analogie fra
suoni e colori. Il primo errore, secondo Touzè, è
di aver confrontato tutti i colori dello spettro con la
scala diatonica, che contiene solo la metà dell’intera scala cromatica utilizzata in musica. Un altro
aspetto per nulla considerato dai suoi predecessori è che l’orecchio umano è in grado di percepire
gli stessi suoni in 8 ottave differenti, questo non
avviene coi colori per i quali l’occhio ne percepisce
una soltanto: Lo spettro cromatico visibile.
Per Touzè la soluzione sta nel rappresentare i suoni e i colori alla stessa maniera, in termini di qualità,
quantità e proporzioni. Per anologia dispone i 12
suoni della scala cromatica e i colori delle spettro
anchessi suddivisi in 12 parti in 2 circonferenze
distinte e separate.
77
f
e
g
d
a
c
b
Segmenti
I 12 colori sono disposti su una circonferenza,
con i tre colori primari collocati ai vertici di un triangolo equilatero, i restanti colori sono ricavati dalla mescolanza dei primari. Il cerchio dei suoni è
invece ottenuto disponendo i 12 suoni a intervalli
di quinta. Con questo espediente rappresentativo
Touzè non si pone l’obiettivo di dimostrare che un
determinato suono preso come entità unica possa evocare un preciso colore, ricerca invece dei
comportamenti analoghi intorno alla caratteristica
della “neutralità”. La mescolanza di tutti i colori del
cerchio danno come risultato un grigio neutro, così
come la mescolaza delle singole note produce degli accordi neutri.
In conclusione si può affermare che determinati
suoni e colori sono in grado di suscitare percezioni
comuni far gli individui, nonostante non si possa
affermare con certezza che il DO è violetto, e il Re
è invece azzurro, la mescolanza delle note in una
melodia procura delle percezioni di tipo spirituale,
ed evocativo analoghe fra soggetti di età , sesso e
culture diverse, si tratta quindi di percezioni intersoggettive.
78
Note
Intervalli
SOL
DE
1/9
LA
EF
1/16
FA
FG
1/10
SOL
GA
1/9
LA
AB
1/10
MI
BC
1/16
FA
CD
1/9
SOL
27.
27. Cerchio cromatico di Newton, suddiviso in 7 parti: DE, EF, FG, GA, AB, BC, CD, ciascuna parte è
proporzionale alle 8 note che compongono l’
ottava, a loro volta proporzionali ai numeri 1/9,
1/16, 1/10, 1/9, 1/10, 1/16, 1/9.
28. Goethe (1808 ) : Rappresentazione del “colore
energico”, i colori che prevalgono sono il porpora
e il giallo, associati alla tonalità maggiore.
28.
29. Goethe (1808) : Rappresentazione dell’ effetto
blando, in questo caso prevalgono i colori tra il
porpora e il verde, associati alla tonalità minore.
29.
79
Ivan Wyschnegradskij (1943-44) : Progetto per 30.
un mosaico luminoso per una cupola.
L’andamento periodico dei 12 colori è associato
al medesimo andamento dei 12 suoni della
scala cromatica.
Pierr Karinthi : Rappresentazione cromatica del 31.
valzer op. 69 di Chopin.
La forma regolare in basso rappresenta la mano
sinistra che esegue l’accompagnamento, la
forma in alto è la trasposizione della melodia,
suonata con la mano destra. La linea di base è
convessa nelle battute 1,3 e 5, concava per le
battute 2 e 4.
Pierr Karinthi : Visualizzazione cromatica degli
32.
accordi della prima e della seconda battuta
della partituta musicale.
Una battuta ha un angolo di 32° e la distanza di
C3, E3, G3 e C4 da C1 è in relazione alla frequenza del suono. Es. C3 e C4 distano un ottava
secondo la proporzione 2:1.
Corrispondenze fra colori e suoni secondo i 33.
rispettivi autori dal 1704 al 2004.
30.
31.
80
32.
AUTORE
ANNO
ISAAC NEWTON
1704
LOUIS BERTRAND CASTEL
1734
GEORGE FIELD
1816
D. D.JAMESON
1844
H. VON HELMOTZ
1867
THEODOR SEEMAN
1881
A. WALLACE REMINGTON
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
1893
BAINBRIDGE BISHOP
1893
ALEXANDER SCRIABRIN
1911
ADRIAN BERNARD KLEIN
1930
AUGUSTE AEPPLI
1940
I. J. BELMONT
1944
STEVE ZIEVERINK
2004
33.
81
HZ
Intervalli
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
523
587
659
698
784
880
987
10/10
9/8
5/4
4/3
3/2
5/3
15/8
34.
6.2 IL CODICE DI LUIGI VERONESI
Artista milanese della seconda metà del 900’, Luigi
Veronesi, ha studiato per 15 anni il rapporto suono/colore, pubblicando nel 1977 il frutto dei suoi
studi nel libro “ Proposta per una ricerca sui rapporti suono-colore” Siemens Data editore.
Veronesi studia dapprima i fenomeni fisici del suono e del colore, rintracciandone i tratti comuni.
Sia il suono che il colore sono il prodotto di onde
che si propagano nello spazio, il rapporto fra l’estremo viola e l’estremo rosso dello spettro visibile,
secondo Veronesi è pari a 1/2, esattamente come
nella frequenza delle ottave musicali dal DO al DO.
Per riprodurre l’intera gamma delle ottave di un pianoforte, Veronesi utilizza la saturazione o la luminosità come parametri principali, poichè man mano
che si sale lungo le ottave il suono si alleggerisce,
divenendo più acuto del 50% ed anche La saturazione diminuisce in proporzione. Il procedimento è
analogo se si utilizza la luminosità come parametro
per la definizione delle ottave musicali.
82
Veronesi si concentra in oltre sul rappresentare
geometricamente la durata delle singole note, per
far ciò utilizza il rettangolo ( per la sua forma astratta e la facile leggibilità), in modo tale che la durata
di ogni singolo suono si traduca in proporzione attraverso la dimensione del rettangolo.
L’unità di misura scelta è il mm, che rappresenta il limite massimo in cui l’occhio umano riesce
a distinguere valori differenti della stessa zona
cromatica, proprio in 1 mm Veronesi definisce la
dimensione della figura musicale più breve: La semibiscroma.
Una semiminima di 90 periodi al minuto corrispondeva a un rettangolo con base di 16 mm, la semibreve con la durata di 64/64 è rappresentata da
un rettangolo con base di 64 mm e altezza doppia
rispetto alla base.
Le pause e i silenzi vennero tradotte da Veronesi
con le tonalità di grigio medio e grigio neutro (50 %)
perchè esso produce nell’occhio un’ eccitazione
cromatica pari a 0, quindi riconducibile al silenzio e
alla pausa musicale.
34. Veronesi: Rappresentazione schematica
del rapporto fra le frequenze delle note della scala diatonica e le frequenze dei colori
dello spettro cromatico.
128 mm
64 mm
1
1/2
1/4
1/8 1/16 1/32 1/64
35.
35. Veronesi: schema di interpretazione formale delle durate musicali e dei rapporti matematici che instaurano fra loro. la larghezza
del rettangolo è pari a 1 per la semibreve,
1/2 per la minima, 1/4 per la seminima, 1/8
per la croma, 1/16 per la semicroma, 1/32
per la biscroma, 1/64 per la semibiscroma.
f
s
ff
f
m
f
mP
P
PP
PPP
36. Veronesi: Interpretazione delle dinamiche
musicali, il paramentro che varia in questo
caso è l’altezza del rettangolo, in funzione
della durata delle figure musicali.
4/4 sf
1/8 1/16
36.
83
lumin. 50%
Sat. 100%
Sat. 50%
37. Veronesi: Rappresentazione cromatica di 4
ottave del pianoforte. I parametri che definiscono la crescita di frequenza dei suoni
lungo le ottave sono la luminosità e la saturazione, i quali aumentano rispettivamente
del 50 % per ogni ottava.
38.
84
38. Veronesi: Trasposizione cromatica del contrappunto n.1 di J. S Bach. L’ interpretazione di Veronesi tiene conto dei parametri
descritti in precedenza: Altezza dei suoni,
definizione delle ottave, durata delle figure
musicali.
39. Veronesi: Interpretazione cromatica di
Gnossien, opera del compositore e pianista
francese E. Satie (1866- 1925).
39.
85
40.
L’esperimento dello psicologo tedesco kohler (1933)
6.3 LA VISUALIZZAZIONE MUSICALE
Con Il termine visualizzazione si intende, nella sua
accezione più specifica, la visualizzazione di informazioni attraverso un codice strutturato, è errore
comune racchiudere all’interno del termine visualizzazione, qualsiasi artefatto che comunichi sotto
forma di immagini.
Nei paragrafi precedenti abbiamo compreso come
sia impossibile determinare quale sia il codice di
corrispondenza suono colore migliore o che generi delle percezioni al 100% oggettive.
Questo non significa che le teorie del passato
siano del tutto prive di fondamento, il loro valore
non va ricercato nella “ verosimiglianza dei singoli
elementi, ma all’interno dei rapporti delle scale o
matrici utilizzate” ( Gombrich in Riccò p. 56).
Le percezioni cromatiche date dai suoni sono influenzate dalle percezioni di ogni singolo individuo,
esistono però delle costanti associative, che possono dar luogo a percezioni inter-soggettive, che
costituiscono un buon punto di partenza per lo sviluppo di nuovi codici cromo-musicali sempre più
86
“precisi” e di artefatti didattici che li utilizzino.
Per comprendere meglio cosa di intende per percezione intersoggettiva, può essere utile ricorrere
al linguaggio verbale, e ai risultati sinestetici generati dal suono delle parole. L’esperimento dello
psicologo tedesco kohler (1933) consisteva nel
confronto di due parole inventate “Maluma” e “Takete”, entrambe associate a 2 immagini, una caratterizzata da linee morbide, l’altra da linee spezzate.
Il risultato dell’ esperimento fu che la maggioranza
delle persone, anche di cultura diversa, associava
la parola “takete” alla figura spezzata e “Maluma”
alla figura morbida, questo dimostra l’esistenza di
percezioni comuni fra gli individui.
Le corrispondenze fra suono e immagine vanno
dunque ricercate nell’ambito di tali percezioni comuni, queste possono essere riscontrate nella
struttura che compone un determinato brano musicale, nella relazione delle parti (note) che concorrono a dar forma al tutto (melodia), ma anche nelle
reazioni emotive comuni che alcune combinazioni di note suscitano negli ascoltatori: es. tonalità
maggiore e tonalità minore.
“ Il colore è un mezzo in grado di esercitare
sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un
tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce,
l’anima lo strumento dalle mille corde ”
Vasilij Kandinskij
87
41.
HPSCHD. John Cage. (1969)
3.5.1 LA VISUAL ART : LA PERFORMANCE DIGITALE FRA MUSICA E COLORE
La visual art e l’avvento delle nuove tecnologie
permettono oggi di giungere a rappresentazioni
del suono sempre più complesse e affascinanti,
in grado di suscitare nello spettatore percezioni
sinestetiche multiple, coinvolgendo tutto lo spettro
sensoriale.
L’ impiego dei computer negli ultimi 20 anni è
cresciuto vorticosamente in ambito artistico e ha
avuto come conseguenza la necessità di adottare
nuove denominazioni quali: New media art, computer art ecc..
La convergenza di più linguaggi attraverso il medium digitale, e in particolar modo l’interazione fra
suono e immagine, hanno cambiato radicalmente
l’arte contemporanea e la percezione della medesima da parte dei suoi fruitori.
La visual art e il rapporto che instaura con la musica, affonda le sue radici nella straordinaria figura
di John Cage ( 1912-1992 ), una delle personalità
più influenti del 900, figura centrale nell’evoluzione
88
della musica contemporanea, considerato la guida
dell’avanguardia musicale e della nuova multimedialità. Padre degli happening musicali, fra le sue
opere più conosciute e controverse spiccano “ 4’
33’’” (1947) e HPSCHD (1969). Nella prima Cage
mette in scena la teatralità della musica, attraverso
l’assenza del suono. HPSCHD (fig.41) è un’ opera multimediale, realizzata da Cage con l’ausilio di
software progettati in collaborazione con l’università dell’Illinois. Il risultato fu la realizzazione di un video che convertiva in immagini, una selezione di 7
opere classiche: Beethoven, Chopin e Schuman
e “Winter music” dello stesso Cage.
Del 1969 è la celebre opera “ Empire” di Andy
Warhol (Fig.42), lungometraggio in bianco e nero
della durata di 8 ore che riprendeva L’ Empire State Building di New York. L’ opera è stata riprodotta
nel 2010 al Varsity theater, nel Nord Carolina, accompagnata da musica dal vivo.
“ Blue ” di Dereck Jarman (fig.43), è un’ opera cinematografica del 1993, caratterizzata di un unico
fotogramma blu oltremare, fa da sfondo la colonna
sonora composta da Simon Fisher Turner.
42.
Empire. Andy Warhol (1969)
Distanziandosi dall’ambito artistico, un’ altro esempio di visualizzatore musicale digitale è rappresentato da MilkDrop (fig.45), sviluppato nel 2001
da Ryan Geiss per Winanp. Si tratta di un Plug-in
che permette le visualizzazioni musicale tramite dei
preset impostati dall’utente.
Ho volutamente limitato l’ analisi tutte le opere digitali, artistiche e non, che non sono caratterizzate dall’ interazione piena e consapevole da parte
dell’utente
Il motivo di tale esclusione è che non si tratta di
vere e proprie visualizzazioni musicali, poichè
come spiegato nel capitolo precedente, per visualizzazione si intende si intende la trasmisione di
dati, visibili e riconoscibili dallo spettatore.
L’utente non può risalire a tali dati, ai parametri
che determinano il risultato finale, non può quindi interpretare e rielaborare alcunchè, a posteriori, perchè nella maggior parte dei casi si tratta di
programmi ad elaboratore, il linguaggio macchina
rimane nascosto.
Se invece si osserva un’ opera pittorica, oltre alla
componente emozionale e alle sensazioni irrazio-
43.
Blue. Dereck Jarman (1993)
nali che suscita, è possibile codificarne gli elementi che la costituiscono, analizzarli e rielaborarli, lo
spettatore svolge un ruolo attivo e interpretativo.
Nelle opere di visual art vi è invence una “combinazione di suoni ed effetti visivi complementari in un’
unità olistica” ( Levin, 2000, trad. it. p. 46), il fruitore
subisce in modo passivo lo stimolo sensoriale.
Quanto asserito non vuole in alcun modo sminuire la qualità di tali opere, ma le differenzia dalle
elaborazioni di tipo pragmatico, che non hanno
un fine puramente artistico, ma anche, didattico
ed educativo, vivono quindi dell’interazione diretta
con l’utente. Non tutti i ricercatori ci forniscono la
stessa definizione di “visualizzazione”, lo studioso
Lev Manovich sostiene che qualsiasi trasformazione di dati in rappresentazione visiva può essere
considerata di per sè una visualizzazione.
In definitiva si può affermare che le opere di Visual
art, hanno aperto la strada e contribuito allo sviluppo e alla progettazione degli elementi che definiscono oggi le corrispondeze suono-immagine, e
soprattutto alla sperimentazione sui possibili utilizzi
in previsione di scenari futuri.
89
44. Pink Floyd The Wall (1982): Film diretto da Alan Parker, trasposizione cinematrografica dell’ album The
Wall dei Pink Floyd. Nell’immagine la conversioni in forme e colori della traccia “What shall we do now”, i 2
fiori animati realizzati da Gerard Scarfe, danzano e si trasformano in relazione al crescendo drammatico
della struttura melodica in tonalità minore.
45. Milkdrop : Plug in per la visualizzazione musicale, con accellerazione hardware, sviluppato da Ryan Geiss
nel 2001. Milkdrop utilizza le direct a attraverso un sistema di interpolazioni renderizza immagini che
creano un’ esperienza visica che varia nel tempo. Le forme e le onde possiedono delle variabili, che una
volta modificate permettono all’autore di modificarne forma, dimensione e la posizione sullo schermo.
90
46. Golan Levin, Messa di voce (2003): Opera
interattiva in grado di visualizzare la voce in
tempo reale. Il software rileva la frequenza
e la complessità della voce e ne restituisce
una grafica espressiva corrispondente.
Il progetto tocca i temi della comunicazione
astratta, delle relazioni sinestetiche in un
contesto ludico e interattivo.
47. Performance live di visual music. L’autore
Golan Levin utilizza una penna grafica e la
tastiera per fornire un input al computer.
Tali dati vengono elaborati, proiettati e trasformati in segnale audio in tempo reale.
46.
48. Video mapping Duomo di Milano ( 2015): Il
fenomeno del video mapping, sempre più
diffuso in tutto il mondo, costituisce un ottimo esempio di simbiosi fra musica e immagine.
47.
48.
91
92
93
94
95
Cos’è musico
Musico è un gioco didattico educativo finalizzato a
un primo approccio informale alla musica da parte
dei bambini dai 3 ai 9 anni di età, proprio in questi
anni, come illustrato nei capitoli precedenti, il gioco
diviene un’ attività essenziale per una corretta crescita individuale e sociale.
L’ obiettivo è stato di fondere in un unico dispositivo, gli elementi cardine dei metodi didattici sperimentali trattati in questa tesi, considerandone gli
elementi peculiari e gli aspetti comuni.
La struttura riprende morfologicamente e funzionalmente la forma di un giradischi, la scelta di tale
forma deriva dalla ricerca di un gesto semplice e
istintivo che il bambino potesse compiere senza
nessuna difficoltà e soprattutto senza necessaria-
96
mente acquisire particolari abilità tecnico-motorie
che, caratterizzano viceversa lo studio degli strumenti musicali tradizionali. Tale gesto consiste nel
ruotare il disco di Musico in una sorta di centrifuga
della musica.
La manipolazione dei dischetti tonali e la successiva disposizione degli stessi sul disco, consentirà
al bambino di riprodurre semplici melodie per imitazione e in un secondo momento sperimentare
con le infinite combinazioni di note ottenibili con
Musico. Ogni dischetto tonale presenta un colore diverso, a ciascun colore è associata una nota
della scala cromatica musicale, ( si va dal violetto
per il DO fino al rosso per il Si ), esattamente come
nei colori dello spettro visibile. Dopo un’ attenta
ricerca sugli studi studi condotti fin da Newton sulle corrispondenze percettive fra suoni e colori si è
scelto di utilizzare il codice cromatico di Luigi Veronesi, artista milanese attivo negli anni 70 che, più
di tutti ha cercato di determinare scientificamente
le corrispondenze fra le altezze dei suoni della scala musicale e le frequenze delle lunghezze d’onda
dei colori che compongono lo spettro cromatico
visibile.
La magia del colore che diviene musica diventa
realtà per mezzo di Arduino, la famosa scheda
open source made in Italy conosciuta ed utilizzata
in tutto il mondo, e grazie alla tecnologia Rfid ( Radio-Frequency-IDentification).
Arduino è posizionato all’ interno della cassa ar-
monica di Musico e riconosce per mezzo di lettori
Rfid ciascun dischetto colorato, restituendone immediatamente la nota corrispondente.
Musico è essenzialmente un giocattolo, ma sopratutto uno strumento didattico che, non ha la pretesa e la presunzione di insegnare la teoria e la
pratica musicale in modo completo e dettagliato,
non sostituisce in alcun modo i tradizionali metodi didattici, utilizzati nelle scuole primarie e nelle
scuole ad indirizzo musicale in Italia e nel mondo.
Musico si pone come “ facilitatore” dell’ apprendimento musicale, un medium fra tradizione e innovazione che consente al bambino di assorbire
in modo del tutto informale, attraverso il gioco, gli
elementi basilari che costituiscono la musica.
97
98
“ Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono.
Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non
sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la
musica che puoi fare è infinita. ”
Danny Boodman T.D Lemon Novecento
( La leggenda del pianista sull’oceano)
99
Descrizione degli elementi prinicpali
CASSA ARMONICA
La scocca di Musico trae ispirazione da un elemento
iconico della tradizione musicale: La cassa armonica dei
comuni strumenti acustici a corde. Esattamente come
avviene nel corpo di un violino, le due chiavi consentono
di amplificare il suono prodotto dai due speaker grazie al
fenomeno della risonanza. L’obiettivo è di mantenere una
memoria evocativa verso la tradizione musicale del passato, all’interno di un oggetto essenzialmente moderno.
La scocca ingloba al suo interno Arduino e il relativo circuito elettronico che da vita alla magia della musica.
VANO CONTENITORE
Contiene 70 dischetti tonali.
DISCHETTO TONALE
Ciascun dischetto tonale presenta un colore
univoco associato a una determinata nota della scala cromatica. Il colore permette al bambino di visualizzare il suono, per mezzo di una
percezione sinestetica.
La possibilità di manipolare e sperimentare con
le infintite combinazioni di note e colori, garantisce al bambino un apprendimento immediato, accresce le capacità di memoria e sintesi,
lo sviluppo del senso melodico e dell’orecchio
musicale.
100
DISCO RITMICO
Il disco ritmico restituisce un ‘ immagine immediata della
composizione musicale, un pentagramma visivo dove le
figure musicali sono sostituite dai colori.
Ruotando il disco in una sorta di centrifuga musicale, il
bambino assimila per mezzo di un gesto motorio semplice, la capacità di contare in musica e di suddividere il
tempo in ostinati ritmici.
CHIAVE DI MUSICO
L’ equivalente della chiave di violino sul
pentagramma musicale, non emette
nessuna nota.
Determina il punto di partenza per la
lettura della melodia e al completamento di ogni giro del disco, esegue uno switch dalla riga esterna a quella interna
e viceversa.
101
Ritmo / Durata
METODO SUZUKI
Didattica per imitazione: Suonare come parlare
Democrazia del talento musicale
Note
es
nt
i
Si
Partecipazione attiva dei genitori e degli insegnanti
Sviluppo di un senso musicale collettivo
Orecchio
musicale
Res
GORDON AUDIATION
zi
t i tu
on
Apprendimento di tipo informale
Ascolto corporeo
Tempo
e
Ascolto condiviso
Ambiente musicale favorevole
Armonia
Obiettivi didattici: Sintesi dei metodi
Il maestro Suzuki sosteneva che ogni bambino
possedesse un talento musicale innato, una predisposizione naturale verso questa disciplina, antica quanto il mondo stesso. La formazione di bravi
musicisti non era il suo unico scopo, egli attribuiva
alla musica un ruolo ben più elevato, il suo obiettivo era di formare dei buoni cittadini, sensibili, disciplinati e con un “ buon cuore”. Suzuki si riferiva
al bambino con il termine “ kodakara”, che nella
lingua giapponese significa “ bambino tesoro”.
Sono proprio queste le premesse che hanno costituito un terreno fertile per la nascita e la crescita
del progetto Musico. Dallo studio del Suzuki e degli altri metodi didattici che ne sono scaturiti, ci si è
concentrati sulle peculiarità e gli aspetti comuni di
102
ciascun metodo, al fine di creare un gioco didattico che li potesse inglobare in modo da garantire al
bambino una completa formazione pre-musicale.
Il primo aspetto comune riscontrato è la didattica
di tipo imitativo, far sì che il bambino assimili in
modo del tutto informale e senza sforzo gli elementi principali della musica, attraverso l’attivazione dei neuroni specchio e la ripetizione di una frase melodica più e più volte. La ripetizione stimola
infatti la memoria e ne consegue lo sviluppo dell’
“orecchio assoluto”, la capacità di riconoscere un
determinata nota a differenti altezze (ottave), timbri
e in relazione al contesto ritmico e melodico.
L’ altra componente comune è lo sviluppo della
coordinazione mente-corpo, attraverso la continua
Intelligenza
PEDAGOGIA KODALY
Creatività
As
co
Sviluppo dell’intonazione e dell’orecchio
Segmentazione del ritmo
Ritmica di tipo gestuale
lto
Codice visivo alternativo alla notazione tradizionale
Fantasia
zio
ne
METODO YAMAHA
Dinamiche di gruppo
ita
Im
Memoria
Giochi collettivi
Rappresentazione visiva della melodia
Priorità della pratica strumentale prima, poi alla della teoria
Coordinazione
ripetizione di un gesto motorio, un ascolto musicale di tipo corporeo. Il corpo è infatti lo strumento
principale a nostra disposizione per fare esperienza della realtà sensibile che ci circonda, esperire la
musica attraverso di esso predispone il bambino a
comprendere la pulsazione ritmica e il tempo musicale, lo rende capace di suddividerlo in ostinati
ritmici ( Pedagogia Kodaly), di contare in musica.
Un accrescimento del legame mente-corpo predispone il bambino a un futuro studio di uno strumento musicale, ogni strumento richiede infatti
particolari abilità tecniche e posture specifiche
delle mani e del corpo.
Da non sottovalutare è la costruzione di un codice
visivo immediato, semplice ed intuitivo che si pon-
ga come alternativa alla notazione e alla nomenclatura tradizionale. Solfeggiare con forme e colori,
manipolarli e combinarli in una sorta di puzzle musicale può costituire una valida e divertente alternativa ( nella fase di studio iniziale) alle noiose pratiche di solfeggio e allo studio teorico in generale.
Kodaly utilizzava la chironomia e la sillabazione ritmica per introdurre gradualmente i suoi studenti
alla lettura delle note sul pentagramma.
Per ultimo, ma di certo non per importanza, tutti i
metodi presi in analisi da questa tesi considerano
la musica essenzialmente come una pratica collettiva, FARE MUSICA in gruppo ed imparare divertendosi garantisce una crescita collettiva, stimola l’
altruismo, la collaborazione e il confronto.
103
c : 88
r:0
m : 77 g : 0
y:0
b : 255
k:0
Re
Do
c : 56
r:0
m:0
g : 255
y : 45
b : 255
Mi
r : 255
c : 27
g:0
m : 82
b : 255
y:0
k:0
Si
r : 255
c:0
g:0
m : 97
b : 128
y : 14
k:0
k:0
c : 56
r:0
m:0
g : 255
y : 45
b : 128
Fa
k:0
LA
r : 255 c : 0
g : 128 m : 61
Sol
c : 47
r : 128
m:0
g : 255
b:0
y : 100
k:0
y : 100 b : 0
k:0
49.
Cerchio cromatico di Veronesi.
Il codice cromatico
La rappresentazione visiva delle note musicali attraverso il colore costituisce un’ ottima opportunità
di apprendimento informale, consente al bambino
di memorizzare e distinguere in tempi decisamente più brevi, l’altezza delle singole note e la relazione che instaurano fra di loro. Gli studi di Kodaly
hanno dimostrato che lo sviluppo dell’orecchio
assoluto può essere ottenuto attraverso l’esercizio
mnemonico e il consenguente riconoscimento di
ogni singola nota, ma soprattutto sviluppando la
capacità di mettere in relazione la nota precedente
con quella successiva, all’interno di un contesto
melodico. Così come un colore può apparirci diverso se, messo in relazione o sovrapposto a un
altro, lo stesso può avvenire in musica, cambiando
104
l’ordine delle note, ci rendiamo conto ( se possediamo un orecchio sensibile alla musica) che la
sensazione uditiva per ogni singola nota muta in
relazione al contesto ritmico e melodico.
La manipolazione e la combinazione dei colori
consente al bambino di visualizzare questi passaggi in modo semplice ed intuitivo, senza necessariamente passare fin da subito a pratiche
noiose quali il solfeggio cantato e lo studio teorico.
Come analizzato nel capitolo 6, fin da Newton numerose figure, fra scenziati e artisti hanno indagato
le corrispondenze fra suono e colore, sia dal punto
di vista scientifico ( relazione fra le onde elettromagnetiche e le onde sonore), che dal punto di vista
delle percezioni intersoggetive di tipo emotivo.
Do : 262 hz
Re : 294 hz
Mi : 330 hz
Fa : 349 hz
Sol : 392 hz
La : 440 hz
Si : 494 hz
Il codice cromatico scelto per i dischetti tonali di
Musico si rifà agli studi condotti da Giovanni Veronesi negli anni 70, artista che più di tutti ha indagato dal punto di vista scientifico le corrispondenze
visive fra le onde elettromagnetiche che costituiscono lo spettro visibile e le frequenze che determinano le note della scala cromatica ( vedi Cp.
6.2). In figura sono riportati i valori RGB e CMYK
dei colori corrispondenti ad ogni singola nota, (si
va dal violetto per il do fino al rosso per il si), i colori
delle note di Musico ricostruiscono l’intero spettro
cromatico visibile della luce bianca.
Lo studio di Veronesi ha cercato di coprire l’intera gamma delle frequenze e della relative ottave,
ma, per le finalità didattiche che Musico persegue
sono stati volutamente eliminati i semitoni (diesis)
e ci si è concentrati su un’ unica ottava musicale,
precisamente la quarta, compresa fra i 262 hz per
il Do fino a 494 hz per il Si. La scelta di eliminare i semitoni è scaturita dal fatto che in un primo
approccio informale alla musica, i metodi didattici analizzati in questa tesi prevedono l’ utilizzo dei
toni principali o addirittura una scala pentatonica
( do-re-mi-fa-sol) che consente di riprodurre una
grande quantità di semplici canzoni per l’infanzia.
Ogni dischetto fornisce un’ univoca informazione cromatica, non presenta alcun richiamo sotto
forma di testo o grafica alla nota corrispondete,
questo per favorire la memoria e lo sviluppo dell’orecchio.
105
Finalità didattiche del disco musico
Chiave di musico
L’ equivalente della chiave di violino sul pentagramma
musicale, non emette nessuna nota.
Determina il punto di partenza per la lettura della
melodia e al completamento di ogni giro del disco,
esegue uno switch dalla riga esterna a quella interna
e viceversa.
Dischetto tonale
Un colore univoco identifica ciascuna nota per
consentire lo sviluppo dell’orecchio musicale.
Non è presente nessun riferimento sottoforma di
testo o grafica, al fine di stimolare una percezione
sinestetica che favorisca la memorizzazione in
relazione al colore.
Durata
Ciascun dischetto suona per una durata
massima di 4/4 (semibreve).
Il bambino può decidere quanto tempo
soffermarsi su ogni singola nota, in
funzione della melodia riprodotta.
Attraverso la suddivisione del tempo in
ostinati ritmici Musico offre la possibilità
di solfeggiare e introduce il bambino
allo comprensione informale della
durata figure musicali.
Cerchi di lettura
I dischetti tonali vengono posizionati in
sequenza e in senso orario partendo dal
cerchio più esterno, fino a completamento dei 35 slot disponibili sul disco.
106
Scansione ritmica
La disposizione dei dischetti a distanze differenti, ma
proporzionali, consente di variare la scansione ritmica
della melodia, favorendo l’apprendimento del tempo
musicale. Lo stesso risultato può essere ottentuo
aumentando la velocità di rotazione del disco.
1
1. Disposizione dei dischetti tonali sul disco di musico
La fase di composizione può avvenire staccando il disco dal relativo supporto e disponendo i dischetti in senso orario,
posizionando il primo subito dopo la chiave di musico, fino al riempimento dei 35 slot disponibili.
2
2. Completata la disposizione dei gettoni, il disco può essere facilmente posizionato sulla struttura per la fase di verfica e restituzione della melodia.
3
3. La rotazione viene eseguita inserendo il dito indice nell’apposito foro e in senso antiorario
come suggerisce l’infografica presente sul disco. Un gesto semplice e intuitivo alla portata di
ogni bambino, non richiede particolari abilità tecniche e motorie.
107
108
109
Componente elettronica e funzionamento
Batteria 9 v
Lettori Mifare Rfid
musico è alimentato da
un’ unica pila da 9 volt.
I 2 lettori Rfid ( Radio-Frequency-IDentification) sono
posizionati nell’area sottostante al disco, a una distanza
pari a 2 cm da esso. Il primo è posizionato in corrispondenza della chiave di musico, il secondo è ruotato
leggermente a sinistra per facilitare il passaggio dalla
prima alla seconda riga durante la rotazione.
Arduino UNO
Per il prototipo di musico sono stati utilizzati 2 Arduino UNO, ma per abbattere
ulteriormente i costi e gli ingombri dimensionali possone essere rimpiazzati da due
Arduino Pro Mini.
Arduino UNO
Arduino riconosce il codice univoco
appartente a ciascun Tag Rfid che transita
nel campo magnetico dei lettori, elabora
l’ informazione e restituisce la frequenza
della nota corrispondente. La scheda ha in
memoria i codici di 70 Tag.
Speaker
Il suono fuoriesce attraverso due altoparlanti
da 8 Ohm. Per aumentare il volume del suono il circuito può essere predisposto di un’uscita ( Jack ), al fine di collegare il dispositivo
a un amplificatore.
Area di lettura : Altezza massima = 2 cm
110
Speaker
Area di lettura 2
Area di lettura 1
Segnalazione riga di lettura
Interruttore per l’accensione
Riga di lettura
111
50 mm
320 mm
Dimensioni
320 mm
112
1
2
3
4
5
6
7
Sequenza di montaggio
113
114
115
116
117
Lezioni di musico con il
piccolo Filippo
118
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121
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131
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