GIOCO DIDATTICO PER L’APPRENDIMENTO INFORMALE DELLA MUSICA POLITECNICO DI MILANO SCUOLA DEL DESIGN Design del prodotto per l’innovazione Relatore: Prof. Francesco Zurlo Studente: Giuseppe Giompapa Matricola: 803632 1 2 3 4 INDICE Abstract 8 Introduzione 10 1. LA DIDATTICA DELLA MUSICA NELLA CONTEMPORANEA PEDAGOGIA 1.1 Tradizione e innovazione 13 1.2 Musica e linguaggio 15 1.3 Musica e Intelligenza 20 1.6 Musica e identità espressiva 24 2. I METODI DIDATTICI 2.1 I limiti del metodo tradizionale 27 2.2 La cultura orientale: Il metodo di Scinichi Suzuki 29 2.3 Edwin Gordon e l’ Audiation 33 5 2.4 Dalcroze e l’educazione al ritmo 34 2.5 La pedagogia Kodaly 36 2.6 Il metodo YAMAHA 38 3. IL GIOCO COME METODO DIDATTICO 3.1 Giocare la musica 43 3.2 Analogie fra gioco e musica 44 4. NUOVE TECNOLOGIE A SERVIZIO DELLA DIDATTICA 4.1 La musica nell’ era digitale 50 4.2 Software e APP nell’ educazione 55 4.2.1 Ascoltiamo 55 4.2.2 Pierre et le loup 56 4.2.3 Le 4 stagioni di Antoine 58 4.2.4 Music super heroes 59 4.3 La robotica e i sensori in campo educativo 62 4.3.1 Bee Bot & Blue Bot 64 4.3.2 Codie: Code having fun 65 4.3.3 Ototo 66 4.3.4 Musicink 67 5. DAL FENOMENO SONORO ALLA MUSICA 5.1 Il fenomeno fisico sonoro 69 5.2 La percezione del suono musicale 70 5.3 La percezione acusmatica 71 5.4 Il ruolo fondamentale dell’ascolto 72 6 6. IL VISIBILE DEL SUONO 6.1 I colori del suono nel tempo 75 6.2 Il codice cromatico di Luigi Veronesi 82 6.4 La visualizzazione musicale 86 6.5 La visual art: Performance digitali in musica e colori 88 musico Cos’è musico 96 Elementi principali 98 Finalità didattiche 102 La fusione dei metodi 103 Il codice cromatico 104 Il disco ritmico 106 Componenti elettroniche e funzionamento 110 A lezione di musico con Filippo 118 Bibliografia 132 7 ABSTRACT La musica è la seconda lingua che ogni nazione parla, si tratta di un medium espressivo universale ed estremamente democratico, tutti possiamo comprenderla e identificarci in essa, è infatti possibile risalire alla cultura di un popolo, senza conoscerne il linguaggio, ma, semplicemente ascoltandone la musica. Alla luce di questo, una corretta educazione musicale fin dalla tenera età, ascoltare musica e soprattutto FARE MUSICA, è un diritto che appartiene ad ogni essere umano, proprio perchè attraverso di essa possiamo comunicare ed esprimere la nostra identità, la nostra cultura. La seguente tesi ha indagato la musica in tutti suoi aspetti e sfaccettature, per poi sfociare progettualmente in Musico, un gioco didattico educativo, finalizzato all’apprendimento informale della musica da parte dei bambini di età compresa fra i 3 e i 9 anni. La tesi è essenzialmente divisa in 2 blocchi, la prima parte analizza e approfondisce gli elementi chiave della musica, le pratiche di insegnamento tradizionali e sperimentali, la percezione del suono e la visalizzazione musicale. La seconda parte 8 descrive nel dettaglio il progetto Musico, i contesti di utilizzo, le finalità didattiche e il funzionamento, contiene anche un breve reportage fotografico del piccolo Filippo a lezione di Musico. Il primo capitolo è incentrato sull’evoluzione delle pratiche didattiche musicali nel tempo, considerando l’influenza di altre discpline, quali la sociologia, la pedagogia, lo studio delle scienze cognitive e percettive e in che modo esse hanno cambiato l’insegnamento della musica e delle pratiche artistiche nel corso degli anni. Si passa poi alla definizione di musica come linguaggio, indagandone la sua dimensione democratica ed universale, le analogie e le divergenze rispetto al linguaggio verbale. Altri temi toccati in questo capitolo sono il rapporto fra musica e intelligenza e l’importanza della costruzione di un’ identità espressiva autonoma. Il secondo capitolo prende in rassegna i metodi didattici sperimentali per l’insegnamento della musica, dalla cultura orientale e il metodo del maestro Suzuki, alla Gordon audiation, dall’ educazione al ritmo di Dalcroze, al metodo YAMAHA. Il terzo capitolo mette in luce l’importanza dell’ attività ludica e delle pratiche legate al gioco nell’ educazione in generale, e nello specifico gli aspetti comuni fra gioco e musica, i vantaggi e i benefici di una didattica slegata dai limiti della tradizione, che utlizzi il gioco come collante formativo. Dopo una breve parentesi sugli aspetti scientifici e fisici del suono, e come questi influiscono sulla percezione dell’evento sonoro, il sesto capitolo indaga le corrispondenze fra i suoni e i colori, dal punto di vista scientifico, teorico e artistico. Una accurata ricerca sui codici di rappresentazione visiva della musica nel corso degli anni, e lo studio delle percezioni sinestetiche inter-soggettive che ne scaturiscono, sono stati la base teorica per la scelta del codice cromatico utilizzato nel progetto. Musico è un gioco didattico educativo finalizzato a un primo approccio informale alla musica da parte dei bambini dai 3 ai 9 anni di età, proprio in questi anni, il gioco diviene un’ attività essenziale per una corretta crescita. L’ obiettivo è stato di fondere in un unico dispositivo, gli elementi cardine dei metodi didattici sperimentali trattati in questa tesi, considerandone le peculiarità e gli aspetti comuni. La forma del prodotto si ispira al classico giradischi, con la differenza sostanziale che, la rotazione del disco viene effettuata manualmente. Tale scelta è motivata dalla ricerca di un gesto semplice e intuitivo che il bambino potesse compiere senza nessuna difficoltà e soprattutto senza necessariamente acquisire particolari abilità tecnico-motorie che, caratterizzano viceversa lo studio degli strumenti musicali tradizionali. Il gesto in questione consiste nel ruotare il disco di Musico in una sorta di centrifuga della musica. Essenzialmente si tratta di uno strumento didattico che, non ha la pretesa e la presunzione di insegnare la teoria e la pratica musicale in modo completo e dettagliato, si pone come “ facilitatore” dell’ apprendimento musicale, un medium fra tradizione e innovazione che consente al bambino di assorbire in modo divertente e del tutto informale, attraverso il gioco, gli elementi essenziali che costituiscono la musica: Il tempo, il ritmo, la melodia. 9 INTRODUZIONE La scelta della musica come tematica centrale di questa tesi, deriva innanzitutto da una profonda passione dell’autore verso questa disciplina, d’altronde credo si possa affermare con assoluta certezza che ognuno di noi abbia ascoltato musica almeno una volta nella propria vita, e abbia avuto l’occasione di sperimentare il suo potere evocativo ed espressivo, la sua capacità di dire tutto senza specificare nulla. A prescindere dal genere musicale, è innegabile che la musica possegga un quid novi in più rispetto agli altri linguaggi comunicativi, compresa la comunicazione verbale. Si tratta di un medium in grado di toccare la sensibilità di tutti gli individui, di veicolare contenuti senza limiti di nazionalità, età e cultura. Essa ci identifica e ci accompagna in tutte le fasi della crescita, un certo grado di musicalità è presente anche in soggetti che non praticano musica e non ne conoscono quindi la struttura. L’ intangibilità e l’inafferabilità della musica, il suo sfuggire a definizioni oggettive ci pone davanti a scenari di innovazione sempre nuovi, in termini di 10 fruibilità, condivisione e didattica specializzata. Fra le chiavi di innovazione che la musica mette a disposizione di un progettista, la scelta è ricaduta sull’educazione e la didattica, incentrando la ricerca sugli aspetti cognitivi e percettivi della musica, studiati dalla pedagogia contemporanea e sui metodi più efficaci di insegnamento che ne sono scaturiti durante gli anni. Il progetto Musico nasce sulla base di metodi didattici che, promuovono un’ apprendimento informale della musica, assecondando le reali capacità di apprendimento del bambino e come esse mutano durante le fasi della crescita, I programmi e le attività collettive che, tali metodi utilizzano, stimolano l’interesse e la partecipazione attiva dei bambini, attraverso pratiche focalizzate sul FARE MUSICA fin dalle prime lezioni per accrescere le reali capacità musicali presenti in ciascun individuo fin dalla nascita. Divertirsi con la musica è la chiave, e il gioco costituisce il punto di incontro fra tradizione e innovazione, consente l’assimilazione in modo informale di contenuti complessi quali: il ritmo, le figure musicali e la relativa trascrizione sul pentagramma. Le facoltà che il gioco stimola: memoria, coordinazione motoria e sintesi, sono le medesime abilità necessarie in ambito musicale. La memoria consente di riconoscere una nota ad altezze differenti ( orecchio assoluto), la coordinazione motoria è fondamentale per comprendere la pulsazione ritmica attraverso il corpo, la capacità di sintesi deriva dalla natura stessa della musica, che si presta ad essere manipolata e combinata senza soluzione di continuità. La combinatorietà e la modularità delle note musicali, le infinite frasi melodiche che possono essere ottenute, danno vita al grande gioco combinatorio che è la musica. L’obiettivo progettuale che ci si è posti è stato di creare un dispositivo in grado di stimolare tutte le capacità musicali latenti presenti in ogni bambino fin dal giorno della nascita, sfruttando appieno il potere educativo del gioco, Per fare ciò si è reso necessario semplificare la notazione musicale tradizionale e i relativi 7 suoni della scala cromatica in un codice visivo immediato, che annullasse il gap che si viene necessariamente a creare fra il suono ascoltato e la conversione in forma scritta. Quale mezzo se non il colore è il più adatto a stimolare al meglio la memoria visiva e dare giustizia al potere evocativo e simbolico della musica? Attraverso la sperimentazione delle infinite combinazioni di colori ottenibili in Musico, ogni bambino può comporre la propria tavolozza sonora, assimilando in modo semplice e divertente i primi rudimenti di teoria musicale. Prima di addentrarmi all’ interno dello sconfinato mondo che è la musica, è doveroso da parte mia chiarire che non sono in alcun modo un musicista professionista, ma da progettista e musicista autodidatta credo sia giusto indagare tutti gli aspetti di una disciplina, anche i più tecnici, per poter giungere a una resa progettuale che sia il più efficace possibile. Il progetto Musico non ha la presunzione di demistificare o denigrare anni e anni di teorie e pratiche di insegnamento musicale ben strutturati e collaudati, il mio progetto si pone essenzialmente come una gioco educativo e formativo. 11 12 1. LA DIDATTICA DELLA MUSICA NELLA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA 1.1 TRADIZIONE E INNOVAZIONE L’educazione musicale è stata da secoli identificata come la tecnica di esecuzione strumentale accompagnata da una completa conoscenza della teoria, appresa attraverso rigide lezioni teoriche e tecniche progressive per favorire l’abilità tecnico-motoria di esecuzione. Questa concezione portava inevitabilmente a una massiccia scrematura degli studenti fin dalla prima fase di studio, poiché si pensava che la musica fosse una pratica per i pochi eletti che possedevano il “talento musicale”, il risultato era una scarsa attenzione verso i reali interessi e la curiosità del bambino, ne conseguiva un mancato coinvolgimento in termini di partecipazione e apprendimento. L’accostamento alla reale pratica musicale, avveniva solo in un secondo momento, dopo noiose sedute di teoria e solfeggio, lo strumento musicale e il fare musica il più delle volte era un miraggio o un obiettivo lontano da raggiungere, non si trattava più di uno strumento, bensì di un fine. La situazione appena descritta si circoscriveva all’ambito della didattica specializzata, ma, nelle scuole la pratica musicale era molto sottovalutata. Fin dagli anni 70 La lezione di musica nelle scuole costituiva una componente “additiva” alle discipline “nobili”, forniva agli studenti qualche sporadica nozione di teoria associata a un programma di storia della musica. Il metodo di insegnamento delle altre discipline veniva applicato a forza anche alla musica, si basava sul trasferimento orale di nozioni maestro-allievo. La pratica musicale ovviamente richiedeva dei mezzi didattici e strumenti didattici mirati, era infatti impensabile e difficile capire come si potesse fare musica in un aula scolastica. Nel 1966 Herbert Read, poeta e pedagogista britannico, poneva la questione della mancanza di un riconoscimento importante delle pratiche musicali e artistiche nell’educazione scolastica. La formazione artistica e musicale era rilegata agli istituti specifici, quali accademie e conservatori. Nel XX secolo molti studiosi di musica e pedagogisti sollevano il tema della rivalutazione dell’educazione musicale, in termini non solo di rinnovamento, ma di una vera e propria rivoluzione, 13 MUSICA Tecnica e teoria Sensibilità artistica GIOCO Coordinazione motoria Rapporti sociali 1. Schema sintetico della discipline che concorrono auna corretta crescita dell’ individuo considerando il rapporto che la musica intrattiene con le altre discipline, la pedagogia e la sociologia in particolar modo, ma anche le scienze cognitive e percettive. Per porre rimedio all’artificiosità dell’insegnamento tradizionale, vengono condotti studi sulla musica come elemento intrinseco dell’essere umano, una componente interiore del bambino, un qualcosa di innato e sacro, da coltivare al fine di una maturazione individuale e sociale completa. Le prime proposte precise risalgono alla prima metà del 900, fra i maggiori esponenti (che tratterò in dettaglio nei capitoli successivi ) spiccano come padri della didattica musicale sperimentale: Suzuki, Dalcroze, Gordon, tutti accomunati dal desiderio di un ritorno alla concretezza degli apprendimenti, focalizzata sulll’attenzione verso i processi di apprendimento dei bambini, alle implicazioni sociali che la musica comporta, ma soprattutto alle loro reali passioni e interessi. Lo scopo della didattica non è più l’abilità tecnica, ma lo sviluppo delle abilità espressive, l’autonomia critica e il fare musica in rapporto con gli altri. Le loro ricerche richiamano concetti importanti della pedagogia, legati allo studio della sensazione e dell’esperienza senso-motoria. L’allievo 14 è quindi spinto a far pratica con la musica prima di un qualsiasi approccio teorico, in modo da assimilare gli elementi costitutivi della stessa, per mezzo di attività ludiche che stimolino il reale interesse dei bambini e la partecipazione. Viene data maggior rilevanza al canto, a giochi ritmici corporei che coinvolgono e stimolano la musicalità presente in ogni essere umano. In sintesi la centralità della didattica non è più volta a stimolare il talento, bensì a una formazione completa del bambino. Questi metodi didattici alternativi hanno fatto da apri-pista a una vera rivoluzione pedagogico-musicale. In una situazione attuale caratterizzata dalla perdita delle certezze e dei dogmi, le nuove sperimentazioni rispondono all’esigenza di svecchiamento e adattamento alla situazione contemporanea, aprono infinite possibilità di sviluppo e innovazione in questa disciplina, che si porta ancora dietro una bagaglio tradizionalistico molto forte. Questo approccio pluridisciplinare alla musica consente di avvicinare ad essa un numero molto maggiore di persone, per mezzo di pratiche innovative, legate al gioco, all’ intrattenimento, ad attività collettive, all’ ascolto condiviso, a un apprendimento di tipo informale. PEDAGOGIA - - - - - Scienza cognitive Scienze percettive EDUCAZIONE Rispetto del prossimo Disciplina 1.2 MUSICA E LINGUAGGIO La definizione tradizionale di musica come “arte di comporre suoni secondo un codice normativo preciso, composto da determinate leggi e convenzioni”, risulta oggi incompleta, poiché si tratta di un insegnamento che implica il coinvolgimento di molte discipline legate alla psicologia, alla sociologia, alla semiotica e ancora alla pedagogia. Esistono molte altre definizioni di “musica“, Leibniz la definiva “ L’ aritmetica sonora”,“ L’arte di pensare con i suoni” (B. Riemann) o ancora “ L’arte che si esprime attraverso i suoni” ( J. Combarieau). Queste definizioni, seppur affascinanti non analizzano a pieno la complessità degli elementi che orbitano intorno a questa disciplina. Esiste infatti una profonda connessione, testimoniata da studi e tecniche più o meno scientifiche, fra suono, sviluppo dell’intelligenza e linguaggio. La base di partenza di questi studi è che la musica è essenzialmente un linguaggio universale, ed esattamente come il linguaggio verbale può accompagnare l’essere umano nella crescita fin dalla fase prenatale. In che modo quindi la musica può essere considerata e definita come linguaggio e quanto ettivamente influisce sulla vita dell’essere umano? Si tratta di un lusso, di un mezzo che contribuisce a rendere piacevoli i nostri momenti di relax o può davvero essere un valido strumento di formativo per l’individuo. La caratteristica principale e più importante della musica è che, più di ogni altro mezzo di espressione è in grado di veicolare sentimenti ed emozioni comuni fra individui di età, nazionalità e culture differenti, ma anche di comunicare dei veri e propri messaggi verbali, nelle tribù africane ad esempio, attraverso il ritmo, la frequenza e la sovrapposizione dei battiti sui tamburi, che costituiscono un vero e proprio codice di comunicazione non verbale, o ancora in Svizzera, attraverso il canto Jodel, un sistema di comunicazione che permetteva ai pastori di comunicare messaggi attraverso le vallate. L’espressione “linguaggio musicale” è divenuta comune quanto enigmatica proprio perché il vero significato dell’arte dei suoni è sfuggente e non si comprende mai a pieno a quale realtà umana o cosmica si riferisca la forma musicale, poiché è in grado di dire tutto senza specificare nulla. Nel pensiero musicale occidentale ci si è sempre interrogati sulla somiglianza e sulla divergenze tra 15 B C A DO RE MI FA SOL LA SI DO A Corda libera B (2/3) : Quinta superiore C (1/2) : Ottava superiore 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2/1 2. Rapporti matematici fra le note della scala cromatica secondo lo schema pitagorico. La scala è basata con rigore matematico sull’intervallo di quinta (rappresentato dal rapporto 3/2) e di ottava (rapporto 2/1). In figura è presente una sola ottava. musica e linguaggio, l’esigenza di fondere questi due mezzi di comunicazione è sempre stata storicamente più o meno consapevole. Fino all’età moderna, l’uomo non si è interessato ad attribuire la funzione di linguaggio alla musica, a darne una definizione semantica consapevole, la musica era legata esclusivamente al concetto di “mimesi “, ci si concentrava sulle qualità rappresentative della stessa. I filosofi e gli scienziati dell’antichità definivano il suono attraverso due aspetti, uno legato a un sistema razionale di regole sintattiche e l’altro legato al valore degli effetti percettivi generati da quel sistema. I Pitagorici definivano una teoria quantitativa del suono, l’aritmetica pitagorica riduceva i fenomeni naturali e le espressioni a dati quantitativi numerici, costituenti la realtà fisica, l’indagine sulla musica si fonda sulla natura matematica e dei rapporti consonanti che la compongono, come puro dato empirico, espressione tangibile e manifesta ( fig.2). La retorica si fonde con la musica in modo più evidente nel tardo rinascimento, attraverso il concetto di “Musaica poetica”, dove la musica riceve lo status di espressione poetica, legata ai principi della retorica e del linguaggio. Si passerà poi dalla 16 musica teoretica, legata alla matematica aristotelica, alla musica pratica, intesa come tecnica esecutiva. Nel 600, si giunge alla definizione di teorie di corrispondenze tra le frasi verbali e i gesti musicali (note, intervalli, modi e tonalità) rivalutate come espressioni comunicative in grado di imitare e sostituire la parola. Il termine “Linguaggio musicale” appare per la prima volta nel 700, con la nascita dell’estetica in campo filosofico, la sempre più accurata codificazione “architettonica” del linguaggio tonale e la riscoperta della melodia come veicolo di straordinarie potenzialità espressive. Conseguentemente vennero formulate le nuove idee che la melodia potesse costruire un vero e proprio “discorso sonoro” con una propria logica e grammatica, il primo a formulare una teoria sull’ origine comune fra il linguaggio verbale e la musica fu Jacques Rousseau, sostenendo che il canto superava di gran lunga il valore comunicativo della parola: “La melodia non imita solamente, essa parla; e il suo linguaggio inarticolato ma vivo, ardente, appassionato, possiede cento volte più energia della stessa parola” Nel 900 ci si interroga se la naturalità del suono, la tonalità e le sensazioni uditive che ne scaturiscono siano gli unici fattori da considerare al fine di attribuire alla musica il titolo di “linguaggio”. Questo scaturisce dalla nascita di nuove discipline quali la semiotica, la linguistica generativa, la fonologia, le scienze cognitive che influiscono in maniera massiccia sulle avanguardie musicali del secondo dopoguerra e sulla conseguente nascita di nuovi linguaggi musicali. Il dibattito sul significato e la funzione della musica può essere studiato e valutato in termini di contenuto espressivo evocativo, quindi dal contenuto espressivo e dal rapporto che la musica intrattiene con le emozioni umane. La posizione inversa si concentra invece sull’aspetto semantico e dei contenuti della musica, sul rapporto fra significato e significante, mettendo quindi da parte la componente legata alle emozioni. Susanne Langer, filosofa americana, che ha studiato il linguaggio musicale soprattutto in base al rapporto musica-emozione, definisce la musica come un “fenomeno inconsumato”, poiché è in grado di comunicare e suscitare emozioni mediante strutture sonore e figure simboliche, che a a differenza dei simboli legati al linguaggio verbale, non sono riconducibili a contenuti specifici corrispondenti. Risulta complesso quindi strutturare un codice musicale, nel quale a determinate figure sonore corrispondano dei significati ben precisi, nonostante questo non si può certo dire che la musica sia priva di significati, anzi è l’esatto contrario come affermava Edward Hanslick, che la definiva come “Espressività pura”, la sua caratteristica peculiare è l’espressività e non l’espressione, la musica possiede un carattere evocativo legato ai sentimenti e alle emozioni, diverso dal simbolismo linguistico. Innegabile è il fatto che la musica possieda un codice ben strutturato ed è proprio dalla combinazione degli elementi che lo compongono che una composizione può suscitare diversi tipi di emozioni. Una melodia può essere infatti triste o allegra, ma non si tratta di un incidente, il musicista è pienamente consapevole delle emozioni che prova e che vuol comunicare, dei codici e strutture da utilizzare per comunicarle al meglio, le emozioni musicali sono dunque piene e causate dalla struttura musicale stessa. Questo aspetto sintattico della musica, presuppone una “logica musicale” 17 c A Y U o Xl B Q b k E oz H jh e lascia aperta la possibilità di una corrispondenza fra il vocabolario dei suoni e quello delle parole, per esempio nel passaggio di una frase dalla forma attiva a quella passiva, il senso della frase può mutare, questo può avvenire anche in musica, attraverso la ricomposizione della cadenza degli stessi accordi (con la risoluzione dell’accordo di dominante sull’accordo di tonica), pur mantenendo gli stessi accordi, è possibile suscitare sensazioni diametralmente opposte. Lo stesso avviene concentrandosi sui singoli accordi, che provocano delle sensazioni oggettive e universali, un accordo maggiore comunica un senso di pienezza e allegria, un accordo minore risulta invece più cupo e riflessivo, gli accordi di settima comunicano invece un senso di sospensione. Esistono quindi delle analogie fra i codici di comunicazione verbali e musicali, se si parte dalla definizione del termine “linguaggio” e lo si circoscrive alla sfera della comunicazione verbale, i punti di contatto possono essere ricercati con termini di paragone e analogie; se invece si dà una definizione più estesa ovvero “ un sistema simbolico dotato di capacità espressiva e comunicativa ” la 18 W Y questione ci pone davanti a orizzonti più complessi. Questi sono stati studiati e approfonditi dal cognitivista John Sloboda, insegnante di psicologia presso l’università di Keelee, studioso dei processi generativi e cognitivi della musica, e del pensiero musicale. Egli volge la sua attenzione alle ricerche empiriche, studiando il comportamento dei musicisti nella vita reale, cercando di comprendere le caratteristiche delle abilità musicali e i meccanismi cognitivi che ne scaturiscono. Il cognitivismo di Sloboda analizza i processi cognitivi in termini di rappresentazione delle conoscenze, la musica diviene un pretesto, o meglio il punto di partenza per l’analisi dei processi cognitivi anche in altri settori della vita con i quali l’individuo viene a contatto. Egli sostiene che sia la musica che il linguaggio sono dei mezzi simili, poichè entrambi utilizzano lo stesso canale uditivo vocale, possono produrre un numero illimitato di frasi e sono presenti in forma scritta. In entrambi i linguaggi si distingue una fonologia e una sintassi e l’apprendimento da parte dei bambini, avviene tramite la riproduzione degli esempi fonetici prodotti dagli adulti. 4 4 B Y C La tesi di Sloboda è rafforzata dagli studi scientifici che hanno dimostrato che l’area del cervello situata nel lobo temporale, responsabile dell’elaborazione del linguaggio si occupa anche della distinzione e classificazione dei suoni. Vivere nel suono prodotto dal linguaggio, lascia dei segni nel sistema nervoso periferico, in funzione al tipo di stimolo uditivo, alle parole utilizzate, al timbro, verranno interessate diverse zone del corpo; quindi i movimenti che compiamo e i gesti che ripetiamo e che fanno ormai parte della nostra identità, sono il prodotto del tipo di linguaggio che apprendiamo. C’è anche chi afferma il contrario, S. Langer sostiene che la musica non può essere considerata un linguaggio in quanto non è possibile costruire un vocabolario di parole musicali, ben strutturato e comprensibile a tutti. Per la Langer la musica è un’espressione di uno stato emotivo dell’animo umano, il cui significato non può essere tradotto in un codice oggettivo. La corrispondenza fra suoni e parole può giungere solo attraverso allegorie, poichè la musica non possiede una grammatica e una sintassi. Per concludere, la corrispondenza g E A o fra suoni e linguaggio verbale è stata studiata fino ad oggi in chiave solo semantica o sintattica, non in modo strettamente pragmatico, la domanda che bisogna porsi secondo la teoria Lacaniana e “cosa posso fare con i suoni? “, considerare la pratica musicale come un “gioco combinatorio”. La comparazione fra i termini non mira più a individuare quelle che sono le analogie fra le parti, ma mette in luce il meccanismo ludico/gestuale di composizione e modulazione dei suoni, cosi come avviene nelle proposizioni del linguaggio. Cosi facendo non si cercheranno le analogie fra una parola o una determinata nota o accordo, si procederà invece alla valutazione di atti musicali, carichi della stessa potenza espressiva della parola e appartenenti al “gioco della musica”. Si può giocare con le parole, combinarle, per creare storie, la medesima cosa può essere fatta attraverso la musica. Essa ci offre un ricco vocabolario, certamente ben più limitato rispetto a quello linguistico, ma che consente allo stesso modo di creare infinite combinazioni di note e accordi, fraseggi melodici che al contrario del linguaggio non hanno limiti di nazionalità, tutti possono beneficiare del linguaggio musicale. 19 Movimento Sensi e percezione spaziale Linguaggio e memoria Vista 1.3 MUSICA E INTELLIGENZA Risulta fondamentale prima di addentrarci nelle analogie fra musica e intelligenza, capire la biologia del pensiero musicale, che, come ogni altra abilità cognitiva ha una precisa localizzazione cerebrale. La psicologia cerca infatti di studiare il comportamento umano in funzione delle operazioni compiute dal cervello e dal sistema nervoso, dettate da una forte componente genetica individuale. L’ apprendimento delle strutture che costituiscono la musica può avvenire per acculturazione educativa, cioè l ‘esposizione, durante l’infanzia a prodotti musicali derivanti dalla nostra cultura, o tramite un’educazione vera e propria col fine di acquisire determinate competenze con l’ausilio di un programma didattico. La musica è quindi un prodotto della cultura, ma quali sono i fattori responsabili della formazione delle differenze culturali musicali? la musica ha una funzione biologica? è possibile ricostruirla in modo da risalire alla nascita della musica nella specie umana? Per poter rispondere è necessario concentrarsi sul concetto di trasmissione della cultura, che 20 può basarsi sia sulle conoscenze che sulla memoria, la seconda forma di trasmissione, la memoria, viene studiata sulla base di in documento scritto. Non è sempre vero però, che la forma scritta sia la più veritiera e inattaccabile, soprattutto in campo musicale, è necessario precisare che si tratta di mezzi di trasmissione della cultura essenzialmente differenti. La nostra scrittura alfabetica ad esempio non garantisce una comunicazione a 360 gradi, non preserva infatti aspetti come il ritmo e l’intonazione, ma conserva invece la fonetica (il suono delle parole). In molte culture “orali” la comunicazione è impostata sulla gestualità del linguaggio, sul suono e il ritmo scandito dalle parole. Appurato che il linguaggio della musica varia in modo significativo in relazione alla cultura, è possibile stabilire della basi cognitive universali che trascendano i vincoli culturali? un buon punto di partenza è che le aree cerebrali utilizzate per la comprensione e l’apprendimento della musica sono certamente universali, inoltre la scala e la suddivisione della stessa e la tonica sono comuni in molte culture. Ma se si vuol studiare e comprendere appieno i meccanismi cognitivi che stanno alla base della comprensione musicale, non va Lobo temporale : Responsabile del linguaggio e della codificazione dei suoni dimenticato l’organo chiave che capta i suoni, l’orecchio. In ogni individuo l’orecchio destro è dominante, poiché trasmette gli impulsi uditivi alle aree del cervello che regolano il linguaggio (situate nell’ emisfero destro) in modo più veloce, al contrario dell’orecchio sinistro dove l’impulso sonoro compie un viaggio più lungo attraverso il cervello. Quali sono i luoghi del cervello, specifici dell’arricchimento musicale? Iniziamo con elencare quali sono le aree della corteccia e le loro funzioni principali: Frontale: Responsabile del linguaggio e del movimento Parietale: Responsabile delle sensi e della percezione spaziale Temporale: Responsabile della vista e della memoria Occipitale: Responsabile essenzialmente della vista Le funzioni che coincidono con le tematiche prese in analisi da questa tesi, ovvero le aree di percezione dei suoni, il ragionamento spazio – temporale e le abilità cognitive in generale, utilizzano una vasta porzione dell’area corticale del cervello. La corteccia cerebrale è quindi suddivisa in aree ben distinte, che assolvono funzioni di varia natura, c’è l’area destinata alle abilità motorie, quella della parola pronunciata e ascoltata, la sede del pensiero astratto nella parte anteriore e del linguaggio nella parte posteriore. Il processo di apprendimento può essere inteso come abilità di adattamento, e in modo prettamente scientifico la musica può essere considerata come uno stimolo che coinvolge a vari livelli di profondità il sistema nervoso centrale, che si occupa del ricevimento e dell’invio della sensazione musicale al cervello per l’elaborazione. Il linguaggio musicale, cosi come quello verbale non possono essere studiati tralasciando il ruolo determinante svolto dall’ udito, è grazie ad esso che è stato possibile per l’umanità costruire il linguaggio. Alfred Tomatis considera l’udito come il senso più iimportante per lo sviluppo dell’uomo nella sua totalità, non presiede solo alla capacità di sentire, ma soprattutto di ascoltare. Per ascoltare non occorre necessariamente sentire, infatti molti famosi musicisti erano sordi, riuscivano a percepire codici e schemi ritmici non solo attraverso l’udito, ma 21 con una percezione globale delle vibrazioni attraverso le mani e altre parti del corpo. Il saper ascoltare ha dei benefici anche in termini di concentrazione, memoria, equilibrio psicologico e capacità comunicativa, sviluppare una corretta capacità di ascolto è quindi essenziale. Lo psicologo H. Gardner ha infatti distinto ben nove tipi di intelligenza, distribuiti in varie zone dell’encefalo, si suddividono in intelligenza linguistica, spaziale, intrapersonale, esistenziale, naturalista, logico-matematica, cinestetica, sociale e musicale. Queste intelligenze possono essere sviluppate attraverso l’esercizio e alcune possono predominare le altre per predisposizione naturale, come ad esempio le abilità di disegno e l’abilità di riconoscere i suoni. L’ intelligenza musicale non può certamente prescindere dagli principali elementi che costituiscono la musica: la melodia e il ritmo. La sensibilità dell’orecchio nel riconoscere la qualità timbriche di un suono è un altro aspetto molto importante dell’intelligenza musicale, ed anche in questo caso la predisposizione naturale gioco un ruolo importante nello studio di questa disciplina. L’orecchio 22 musicale secondo Shenker è fondamentale nell’apprendimento della musica, ma anche in campo linguistico, nell’apprendimento della lingua madre attraverso l’ascolto, e proprio attraverso di esso, che è nata e si è sviluppa la comunicazione fra gli individui. La psicologia riconosce il saper ascoltare e possedere quindi una musicalità sviluppata, come un atto di intelligenza, fare musica coinvolge e sviluppa un gran numero di abilità e tocca in modo significativo anche le altre intelligenze, oltre che influenzare la personalità dell’individuo e di conseguenza la sua crescita. Werner, nel 1917 ha sviluppato una teoria suddividendo l’infanzia in “ stadi di sviluppo” del senso musicale. Fin dai primi anni il bambino percepisce il mondo intorno a se attraverso i sensi, persino all’interno del grembo materno sente il battito cardiaco della madre e i rumori provenienti dall’esterno, e una volta fuori è in continua ricerca di stimoli acustici. A partire dal secondo anno, tramite il movimento e il gioco il bambino entra maggiormente in contatto con la musica, e con il ritmo, che viene assimilato prima della melodia, poichè possiede delle strutture analoghe all’ apparato motorio. “ La musica è dentro al bambino, prima che intorno ad esso ” Edgar Willems A partire dal sesto anno la musica entra a far parte con più forza, nell’universo cognitivo del bambino, che presta molta attenzione in modo più o meno consapevole all’ascolto della melodia, tende ad essere presente ovunque vi sia musica. Attraverso il canto il bambino acquisisce fermezza e controllo, presta attenzione al tempo e all’intonazione e soprattutto presenta straordinarie capacità di memorizzazione, assimilazione e restituzione. L’ approcciarsi allo studio di uno strumento, fare musica insieme, entrare in un coro, in questa particolare fase stimolano l’intelligenza interpersonale, aumentano la sensibilità e l’empatia, l’introspezione, la consapevolezza delle proprie capacità e la fiducia in se stessi. Nel 1996 venne condotto uno studio dall’Università Irvine della California, che riportava i risultati degli studi sulle modifiche che subisce il cervello nei bambini avviati allo studio della musica e li sottoponeva a test per il quoziente intellettivo, parallelamente a lezioni di piano e canto. In questi bambini è stato riscontrato un notevole accrescimento delle capacità intellettive, logiche e deduttive e un accrescimento straordinario del ragionamento zio-temporale rispetto ai bambini che non avevano svolto attività musicali. Nei primi anni di vita il bambino è in grado di imparare velocemente e di assorbire un numero illimitato di tecniche e conoscenze, nell’ evoluzione dell’individuo esistono infatti dei periodi nei quali si attivano processi di natura neurologica e di apprendimento straordinari, le caratteristiche di questo periodo sono la rapidità con cui questi processi cognitivi avvengono e la forte stabilità degli apprendimenti. Ogni processo di apprendimento raggiunge il massimo potenziale in un periodo di tempo più o meno ampio, la cui durata dipende da quanto queste facoltà vengono esercitate, ma, a un certo punto la finestra di apprendimento e destinata a restringersi e la capacità di assorbire, metabolizzare e memorizzare informazioni decresce. Di primaria importanza è intervenire con una corretta educazione musicale proprio nella fase di maggior permeabilità cognitiva. Fare musica insieme costituisce in oltre un’ottima valvola di sfogo, diminuisce la tendenza alla violenza, e, come nello sport, far parte di un gruppo, spinge alla collaborazione ma anche alla sfida con se stessi e gli altri. 23 “ La musica è la seconda lingua che ogni nazione parla. Proprio per questo noi dovremmo avere diritto e accesso obbligatorio, a scuola, alla musica. È un diritto che compete a ogni bambino. Questo ci permetterebbe di esprimerci e di raccontare quello che abbiamo da raccontare ” Mauro Pagani . 1.4 MUSICA E IDENTITA ESPRESSIVA La realtà di oggi è caratterizzata da una sempre più crescente standardizzazione, nella quale i media hanno il ruolo di condizionare le opinioni e le scelte di consumo musicale. L’autonomia critica e le decisioni del bambino vengono fin dai primi anni .orientate dai mass media, il recupero della capacità di creare e sognare in modo autonomo deve essere, in questa fase una prerogativa irrinunciabile della didattica, solo attraverso la libertà e lo sviluppo di un senso critico sarà possibile immaginare e creare nuovi futuri e scenari di innovazione. Quale disciplina se non la musica può assumersi questo fardello, la musica dispone di potenzialità creative illimitate, proprio per la sua natura intangibile e inafferrabile. Le attività principali che inducono il bambino alla costruzione di una propria identità soggettiva forte .sono l’ascolto ed l’interpretazione. Ascolto inteso non come pura attività passiva di ricezione e accettazione di indicazioni e informazioni standardizzate. L’ ascolto deve assumere una funzione attiva per sfociare in una interpreta- 24 critica realmente costruttiva. John Paynter, compositore ed educatore musicale scomparso nel 2010, ha coniato il termine “ascolto creativo”, come un’attività consapevole, maturata attraverso un’educazione all’ ascolto,tramite il quale si insegna ai bambini a individuare i mezzi espressivi, le peculiarità artistiche e tecniche della melodia, comprenderne la reale validità artistica in termini di espressione e innovazione. Il bambino è invitato dall’educatore a decodificare la forma e la struttura, smontandola e rimontandola quasi come fosse un giocattolo, per individuarne il fondamento ritmico e melodico che lo fa funzionare. Si tratta di un’ abilità che il bambino ha già sperimentato ben prima della scuola, con l’utilizzo di giochi creativi, puzzle e la mescolazione dei colori, il processo di applicazione e composizione di forme e colori può essere traslato in chiave musicale. La tradizione ha sempre visto negativamente le nuove pratiche educative per la didattica musicale, considerandole, imperfette, fuorvianti e prive di metodo. La didattica calssica impone dei blocchi significativi, vincolati a uno studio metodico, che risulta inevitabilmente noioso e demotivante per un bambino. L’imperfezione, tanto odiata dalla tradizione, è solamente una libera espressione del proprio mondo, da parte del bambino, con gesti, disegni e musiche, egli costruisce il suo bagaglio di esperienze, che rimarrà con lui durante la crescita. Non bisogna però cadere nell’errore di affidare tutto al caso e alla libera improvvisazione, bisogna prendere in considerazione come punto di partenza ciò che è innato e pregresso nel bambino, le sue abilità cognitive e interpretative, come esse mutano e si evolvono nel tempo, in quali strutture più ordinate e complesse si trasformano. Un docente che decide di prendere in considerazione e assecondare questi processi spontanei, aiuta il bambino nell’ esplorazione e nell’organizzazione dei suoni e lo accompagna in ogni tappa del processo creativo, avendo cura di considerare e rispettare la naturale evoluzione delle percezioni del bambino. I materiali e le tecniche, così come i rigidi programmi didattici costituiscono solo l’oggetto, è il soggetto che rielaborandoli e filtrandoli attraverso la propria personalità, li trasforma in materia viva. L’espressività musicale è da sempre vista dalla tradizione come un passo successivo nel percorso didattico, dapprima è fondamentale per l’allievo padroneggiare con la teoria e la tecnica per poter giungere a un livello espressivo consapevole. Viceversa, con un approccio pratico, il bambino comprende fin da subito le potenzialità espressive che la musica gli mette a disposizione, assume un ruolo attivo e creativo, è invogliato a sperimentare e giocare con i suoni, a costruire la sua identità sonora. La creatività e l’espressività sono attività propedeutiche e complemantari, portano all’autonomia nel compiere determinate scelte, affrontare i problemi con soluzione personali e originali. Autonomia significa anche capacità critica, sfuggire ai condizionamenti dei mezzi di comunicazione di massa, che oggi più che mai hanno trasformato l’industria musicale in merce. La musica è un diritto che appartiene dalla nascita ad ogni essere umano, è il potente veicolo intangibile tramite il quale ogni individuo può esprimersi e comunicare, poichè non ha nazionalità o confini, è possibile infatti risalire alla cultura di un popolo, senza conoscerne la lingua, semplicemente ascoltandone la musica. 25 5 4 3 2 1 26 2. I METODI DIDATTICI SPERIMENTALI 2.1 I LIMITI DEL METODO TRADIZIONALE Nella storia della didattica, e in particolar modo nell’insegnamento della musica, il metodo è sempre stato un concetto vincolante, mantenendo il suo forte grado di oggettività ed efficacia a prescindere dalla soggettività dell’insegnante e dell’allievo. Il docente aveva un ruolo autoritario, doveva innalzarsi a un livello superiore, per garantire una risposta colettiva efficace, come una sorta di direttore d’orchestra rigido e intransigente. Una delle prerogative del metodo è stata sempre quella di essere universale, lo caratterizza l’utopia di poter insegnare a bambini di classi sociali, culture e sesso differenti sfruttandone appunto la componente oggettiva universale. La regola didattica generale è che ogni disciplina venga dapprima esplicata attraverso rudimenti che ne dessero un’ idea generale e, in un secondo momento con esempi complessi e sistemi più completi. Il metodo tradizionale per l’apprendimento musicale, applicato nella maggior parte delle scuole di musica inizia intorno ai 9/10 anni e prevede rigorosamente un approccio dapprima strettamente teorico, legato alle pratiche di lettura delle note e solfeggio a voce, solo in un secondo momento si giunge all’atto pratico di suonare uno strumento. Questo rigido approccio teorico all’educazione musicale porta invevitabilmente a suscitare noia e svogliatezza nello studente e lo tiene lontano dal comprendere fin da subito le potenzialità artistico-espressive della musica. Per quanto concerne invece l’educazione musicale nelle scuole dell’obbligo, è difficile ricostrutire un quadro generale, poichè le scelte sui programmi didattici e i mezzi a disposizione variano di scuola in scuola. In linea generale, il corso di musica nelle scuole pubbliche è strutturato in modo da dare agli studenti un’ infarinatura generale di teoria e storia della musica, i testi contengono una raccolta di spartiti e canzoni della cultura popolare italiana che, gli studenti analizzano e riproducono con semplici strumenti musicali, il flauto soprano è lo strumento più diffuso nelle scuole elementari e medie.. La rigidità e l’adattamento di metodi derivanti da 27 discipline di natura diversa, allontanano la didattica dal considerare la naturale predisposizione alla musica che ogni individuo possiede e le potenzialità in essa contenute, la soggettività lascia il posto a un piatto risultato oggettivo. Il genitore è escluso dal percorso formativo e non può in alcun modo contribuire ad accrescere l’interesse del bambino, viene quindi a mancare l’ambiente consono allo sviluppo delle capacità musicali, descritto nel capitolo precedente. L’ascolto, fondamentale per lo sviluppo dell’orecchio non viene preso in considerazione, prima si suona e poi forse si ascolta. Pestalozzi, figura fondamentale nel campo della didattica sosteneva che l’obiettivo principale dell’educazione dovesse essere l’elevazione della società, la capacità di andare oltre la dimensione egoistica individuale, attraverso la costruzione di uno stato di pura umanità. Questo doveva avvenire mediante lo sviluppo di tre forze: Il cuore ( amore, volontà, fede religiosa), l’intelletto ( passaggio dalla conoscenza sensibile a quella razionale), la mano ( attività pratica legata al gesto). La mancanza di un’ educazione all’ascolto si riscontra in molti musicisti professionisti, impeccabili 28 tecnicamente nell’esecuzione, ma privi di capacità di composizione e improvvisazione. Inoltre la tradizione impone che venga messo l’accento sui risultati ottenuti e il corretto perseguimento degli obiettivi didattici, ed è chiaro che non tutti i bambini possiedono una predisposizione tale che permetta loro di ottenere gli stessi risultati, la maggior parte dei bambini avrà bisogno di più tempo e saranno proprio questi che abbandoneranno gli studi poichè, “privi di talento”. Il talento musicale appartiene alla sfera cognitiva di ogni bambino, ovviamente non è presente in egual misura in ogni individuo, ma è dovere morale dell’insegnante e della scuola fare in modo che venga correttamente coltivato e che la musica sia liberamente accessibile e fruibile da tutti. I metodi didattici sperimentali affrontati nei capitoli successivi hanno come obiettivo una diffusione epidemica della musica e delle pratiche legate ad essa, la musica assume, al pari di altre discipline un ruolo importantissimo nella formazione e nella crescita del bambino fin dal momento della nascita, lo accompagna per tutta la vita, rendendolo critico e indipendente 2.2 LA CULTURA ORIENTALE: IL METODO DI SHINICHI SUZUKI Shinichi Suzuki, musicista e insegnante di violino, si trasferisce in europa negli anni 20, qui conosce Albert Einstein ed entra in contatto con gli studi sull’educazione di Maria Montessori, avvicinandosi alla didattica pedagogica in modo scientifico. La profonda indagine compiuta dal maestro giapponese sul bambino inteso come “soggetto” unico e autonomo, lo porta a sintetizzare il metodo che ancora oggi porta il suo nome, ed è utilizzato da molte scuole di musica di tutto il mondo, e diffuso in Italia dall’Istituto Suzuki con sede a Milano. Il metodo Suzuki si diffonde in Europa, intorno agli anni 70 e in Italia nel 75 ed è meglio conosciuto come “metodo della lingua madre”. La culla in cui nasce e si sviluppa è la cultura orientale, nella quale la formazione del bambino fin dai primi anni di età è di fondamentale importanza, non a caso il termine “Kodakara” nella lingua giapponese significa “bambino tesoro”. L’oriente è anche la patria della filosofia Zen, che persegue il raggiungimento dell’obiettivo senza sforzo, attraverso una naturale padronanza della forma, lasciando fluire l’energia attraverso il corpo e raggiungendo la perfezione in ogni singolo gesto. Questi sono i punti chiave dai quali si sviluppa il metodo Suzuki, basato sulla ripetizione e sulla memoria, un’ abilità tecnica che diviene spirituale. L’ intima e profonda convinzione che sta alla base del suo metodo è che ogni bambino possiede un talento musicale innato, poichè la musica è un arte legata indissolubilmente all’ essenza di ogni essere umano e tutti i bambini possiedono le facoltà necessarie per accedere all’educazione musicale. Da questa sorta di democrazia del talento musicale, inteso come “universale”, Suzuki sosteneva che il linguaggio della musica potesse essere appreso dal bambino in modo analogo a quello verbale,che si potesse “suonare come parlare”, la sua è infatti definita una didattica per “imitazione”. Sulla stessa linea di pensiero del cognitivista John Sloboda, che ha speso tutta la sua vita sul ricercare le analogie fra musica e linguaggio dal punto di vista percettivo e fisiologico, Suzuki sosteneva che attraverso un ascolto attento e attivo, e la ripetizione per imitazione di un vocalizzo o di una melodia, 29 Scuola Ambiente favorevole Casa ll bambino potesse imparare e assimilare in modo naturale e automatico gli elementi fondanti della musica: Le note, il ritmo e la melodia. I processi cognitivi del linguaggio verbale e musicale possono quindi convivere e costituire la base del processo d’apprendimento umano proprio nei primi stadi della vita, in questo profonda convinzione risiede la straordinaria innovazione in campo didattico compiuta da Shinichi Suzuki, Un altro aspetto essenziale è la costruzione del giusto ambiente, uno scenario adeguato per una corretta educazione musicale comprende in primo luogo gli insegnanti, ma anche i genitori che, svolgono una funzione didattica attiva, poichè è proprio imitando il linguaggio verbale dei genitori che il bambino ha pronunciato le sue prime parole. Il genitore rappresenta il primo maestro di vita, sarà suo compito far ascoltare e respirare la musica ( non solo la musica presa in esame dal metodo, ma musica di qualità in generale ) al figlio, fin dai primi anni e accompagnarlo nella crescita artistica. Il metodo prende il via intorno ai 3/4 anni di età estendondosi fino ai 14, età in cui il ragazzo se lo vorrà potrà scegliere se continuare a studiare musica e fare della stessa una ragio30 -ne di vita. L’apprendimento di tipo imitativo raggiunge il picco più alto intorno ai 3 anni, in questa fase si interviene con la ritmica integrale, attraverso la quale i bambini, insieme ai genitori apprendono melodie, ritmiche ed esercizi più o meno complessi in preparazione del successivo studio strumentale. L’ apprendimento del ritmo avviene tramite l’ ascolto condiviso di brani prettamente di repertorio classico, suddivisi in ritmiche sempre più complesse. In una seconda fase i bambini sono invitati a riprodurre il brano appena ascoltato utilizzando lo strumento che conoscono meglio, il loro corpo, attraverso battiti di mani per la ritmica e vocalizzi per la parte melodica. L’utilizzo del corpo in questa fase prepara gli allievi ad acquisire abilità di coordinazione motoria, e li predispone al successivo apprendimento strumentale ( Il metodo tradizionale Suzuki prevede l’utilizzo del violino). Intorno ai 6 anni, frequentando la scuola il bambino acquisisce gradualmente l’autonomia dal genitore, la coscienza di se stesso, come individuo autonomo pensante, ed è proprio in questa fase che verrà introdotta la lettura delle note sul pentagramma e la pratica strumentale. “ Teaching music is not my main purpose. I want to make good citizens. If children hear fine music from the day of their birth and learn to play it, they develop sensitivity, discipline and endurance. They get a beautiful heart. ” Shinichi Suzuki 31 “ Il potenziale musicale del bambino non è mai stato cosi alto come al momento della nascita ” Edwin Gordon 2.3 EDWIN GORDON E L’ AUDIATION Sulle orme del maestro Suzuki, Edwin Gordon, conosciuto a livello internazionale come musicista, educatore e ricercatore univesitario, fonda e diffonde la “ Music learning theory”, pubblicata nella sua completezza a Chicago nel 1993. La MLT di Gordon è frutto dello studio del metodo Suzuki, e degli studi psicologici compiuti sui processi cognitivi e di apprendimento dell’individuo nella prima infanzia. Il principio di base è che, come sosteneva Suzuki la musica potesse essere appresa secondo gli stessi meccanismi dell’ apprendimento della lingua materna, in modo naturale senza la pretesa di nessun tipo di risultato in tempistiche stabilite, ma assecondando il naturale sviluppo dell’ intelletto musicale del bambino. Se avvicinato alla musica fin dai primi giorni di vita l’infante sviluppa il senso della sintassi musicale, il senso del ritmo e la capacità di ascoltare. I bambini imparano a comunicare attraverso il linguaggio, ascoltando e imitando i genitori. La comprensione del linguaggio musicale presuppone un “ascolto informale” fin dalla tenera età. Gordon sostiene 32 che il potenziale musicale del bambino è illimitato, poichè non ha ancora costruito la sua coscienza del mondo ed è in grado di pensare in musica. Se un adulto ascolta una melodia, ne codifica il ritmo e danza su di essa, in altre parole si muove sulla musica, il bambino è guidato da puro istinto e, in uno spazio sonoro sarà la musica stessa a muoverlo e non il contrario. L’intero metodo è finalizzato al mantenimento del pensiero musicale, poichè sostiene Gordon, dall’invenzione della stampa e la scrittura musicale, l’uomo ha perso la capacità di “pensare in musica” dunque il bambino almeno nella prima fase non ha bisogno di lezioni teoriche per comprendere la musica, l’ascolto e l‘imitazione costituiscono la chiave dell’apprendimento. Quando i bambini, invece, vengono avvicinati alla musica secondo un percorso completamente inverso, partendo dal pentagramma, dalla notazione, dalle altezze e le durate, senza un periodo precedente di apprendimento informale, anche dopo anni di studio, pochi saranno in grado di comunicare musicalmente in modo spontaneo, mediante l’improvvisazione. Risulta dunque fondamentale iniziare il percorso di educazione musicale in età prenatale, poichè l‘attitudine musicale è innata in ogni individuo, ma si sviluppa appieno solo se la qualità dell’ambiente in cui vive ne permette la crescita, gli insegnanti e i genitori assumono un ruolo importantissimo fino ai nove anni circa, età in cui il potenziale si stabilizza. Ma in cosa consiste il metodo Gordon e come è strutturato? Il materiale didattico utilizzato è costituito da canzoni e canti ritmici suddivisi per tre criteri fondamentali: varietà, complessità e ripetizione. Lo strumento più grande a disposizione dei piccoli allievi è il loro corpo in movimento. Il termine “Audiation” coniato dallo stesso Gordon, è la capacità di sentire i suoni fisicamente non presenti mediante l’ascolto corporeo, sullo sviluppo di questa abilità si fonda la prima parte del metodo, rivolta ai bambini dai 0 ai 3 anni. I bambini di pochi mesi sono sdraiati su un tappeto, quelli in grado di muoversi e gattonare sono disposti in un altri punto dell‘aula, liberi di muoversi a piacimento. Gli insegnanti, insieme ai genitori creano una sorta di evento musicale, caratterizzato da vocalizzi, canti ritmici e momenti di profondo silenzio. Sono tantissime le risposte dei piccoli agli stimoli musicali. Un orecchio attento può cogliere piccoli suoni e vocalizzi spontanei, intonati sulla tonica e sulla dominante, che costituiscono una vera e propria forma di lallazione tonale e ritmica. In questa fase i bambini sviluppano un vocabolario di “suoni ascoltati” che renderà più semplice lo sviluppo di una sintassi musicale fin dall’asilo, quando impareranno canzoncine per imitazione. La Music Learnig Theory si pone come “facilitatrice” dell’ apprendimento musicale”, è dimostrato infatti che anche fra musicisti professionisti, risulta spesso difficile improvvisare con la voce o lo strumento senza avere il pentagramma come supporto visivo per la lettura delle note. Gordon colma questo vuoto coltivando fin da subito la capacità insita nel bambino di comprendere in completa autonomia la realtà sensibile, ascoltare la musica, ma soprattutto “pensare in musica”. 33 2.4 DALCROZE E L’EDUCAZIONE AL RITMO Emile jack Dalcroze, uomo d’affari svizzero, musicista e insegnante di musica, conoscitore degli studi pedagogici e didattici di Pestalozzi, sviluppa nel 1910 un metodo didattico per i suoi studenti del conservatorio di Ginevra, ponendo l’accento sulla componente ritmica, successivamente ribattezzata e utilizzata come “ritmica Dalcroze”. Il suo metodo ha influenzato profondamente la didattica musicale e si colloca all’origine dei nuovi sistemi d’insegnamento della musica di questo secolo. L’ obiettivo di Dalcroze era appunto di sviluppare un metodo didattico alternativo, per ovviare alle difficoltà di percezione e codificazione del ritmo e amplificare le capacità di ascolto dei suoi studenti. Come Gordon, egli individua nel corpo umano, lo strumento ritmico per eccellenza, proprio attraverso i movimenti e i gesti, gli esseri umani comunicano, esprimono il loro stato fisico e mentale, scandiscono il tempo. Una percezione del tempo di tipo corporeo è presente in ogni individuo. In sintesi, la Ritmica Dalcroze mette in relazione i movimenti naturali del corpo, con una determinata composizione musicale, l’ elemento che lega musica e movimento è il ritmo. Lo studio ritmico Dalcroze, migliora il rapporto fra percezione e azione, al fine di raggiungere un’ unione completa fra corpo e mente, attraverso la musica. “ Il ritmo dipende esclusivamente dal movimento e trova l’esempio perfetto nel nostro sistema muscolare, colui che lavora con la ritmica si trova in contatto con lo spazio, il tempo e l’energia ” Emile Jack Dalcroze Una delle più grandi ballerine al mondo, Isadora Duncan, fu fra le prime a rompere i canoni accademici, rivalutando la potenza e la libertà espressiva del corpo, mezzo di espressione dei movimenti e dei contenuti emotivi della musica. Il lavoro di ricerca di Dalcroze ebbe considerevoli ripercussioni nell’ambito del ballo e della coreografia musicale. 34 Il risultato finale delle ricerche Dalcroziane è la coniatura del termine “euritmica”, partendo dalla ritmica e dalla metrica, egli ricerca un sentimento musicale collettivo. Vediamo adesso in dettaglio come si struttura e si articola il metodo ritmico di Dalcroze. Si tratta esclusivamente di lezioni in gruppo, nelle quali ogni singolo studente è essenziale per la crescita collettiva. Il brano musicale viene percepito ed espresso con il movimento, l’insegnante stimola i suoi allievi attraverso un’ improvisazione vocale o strumentale, che varia in funzione del livello, delle capacità e dei progressi compiuti dagli allievi. La didattica si struttura su 3 livelli differenti: 1. La ritmica Dalcroze: ( 3 anni ) Il bambino è invitato a riprodurre con il proprio corpo qualità del suono quali: la frase, l’altezza e il ritmo. Questi esercizi sono finalizzati all’ apprendimento e l’acquisizione spontanea dei parametri musicali di base, studiando il ritmo il bambino viene educato alla musica attraverso la musica. Semiminima TA.. Croma TI.. Biscroma TIRI.. 5. Schema di sillabazione delle figure musicali nella pedogogia Kodaly. Le figure musicali, nella notazione tradizionale descrivono la durata di ogni singola nota sul pentagramma. 2. Solfeggio Dalcroze: ( 6 anni ) Gli esercizi di educazione ritmica e armonica divengono più complessi, mirano a fornire al bambino strumenti per riconoscere ed analizzare la materia musicale in tutti i suoi aspetti. Attraverso l’ascolto vengono potenziate le abilità dell’ attenzione, della concentrazione e della memorizzazione. 3. Improvvisazione: ( 10 anni ) Inizialmente è proposta come un’ attività di gioco, favorisce la crescita di capacità di invenzione spontanee e di espressione, già presenti nel bambino. 2.5 LA PEDAGOGIA KODALY Ungherese di nascita, Zoltan Kodaly fu uno dei maggiori compositori del suo paese, anche lui mosso da una profonda passione per la didattica musicale per bambini e profondo conoscitore degli studi pedagogici dell’ epoca, ha scritto e pubblicato numerosi testi didattici, ed esercizi utilizzati ancora in tutto il mondo. Partendo dagli studi dei colleghi dell’epoca, Kodaly struttura la sua “ pedagogia musicale”, articolandola sugli stessi concetti base dei metodi sperimentali descritti fino adesso, ovvero che la musica ( innata in ogni essere umano ), straordinario mezzo di espressione e comunicazione, può essere appresa in modo analogo al linguaggio verbale. La musica è ritenuta da Kodaly di primaria importanza nello sviluppo intellettuale dell’ essere umano, oltre alla componente puramente artistica ed espressiva ne studia la simbologia e la semiotica, poichè il linguaggio musicale è composto da un sistema di segni grafici che ci permettono di esprimere la nostra interiorità e comprendere noi stessi e gli altri. Esattamente come Gordon. Kodaly riteneva che l’educazione musicale dovesse iniziare fin dai primi anni di vita, fase in cui l’ elesticità e la plasmabilità della musicalità del bambino è massima. Avvicinare più bambini a un’ adeguata pratica e cultura della musica è possibile solo tramite l’utilizzo di materiale di alto livello, composto da esercizi melodici e ritmici di diffcoltà crescente e sempre rapportata all’esperienza e le abilità del bambino. Avvicinare i bambini alla musica significa anche ricercare quelli che sono i punti di maggior impatto formativo, uno di questi è fare musica in gruppo, l’altro è l’utilizzo della voce come legante universale. Il canto in coro è un attività “attiva” e partecipativa, il mezzo di espressione è la voce, comune in tutti gli esseri umani e ritenuta da Kodaly come il più potente dei mezzi didattici, poichè permette di vivere la musica come momento altamente performativo e favorisce lo sviluppo dell’ orecchio musicale. La voce è la manifestazione dell’attività orale dell’uomo nell’arco della sua storia, il fulcro linguistico ed espressivo, oltre che il mezzo prinicipale di adattamento e socializzazione. Nella didattica di Kodaly il canto svolge un ruolo essenziale nella prima fase, tutte le percezioni e le acquisizioni passano dalla voce, attraverso l’esperienza concreta data da essa, i bambini assimilano in modo automatico e naturale strutture ritmiche e melodiche mentali, propedeutiche all’educazione musicale vera e propria, abbandonando qualsiasi approccio di tipo teorico per poi giungere a uno studio pratico più consapevole. L’educazione alla voce e all’orecchio precede lo 35 ee dd cc bb aa g f e d c b a g E D C B A G LA SOL FA MI RE LA SOL FA MI RE DO la sol fa mi re do LA SOL FA MI RE DO la sol fa LA mi SOL re FA do MI RE DO LA SOL FA MI RE DO DO 6. Schema di Solmisazione Kodalyana del Do mobile sul pentagramma. studio del pentagramma, ma c’è un altro elemento essenziale nella pedaogia Kodalyana, ed è la formazione ritimica. Per quanto concerne l’educazione al ritmo, Kodaly si discosta del tutto dalle pratiche teoriche della lettura e del solfeggio, il ritmo è indubbiamente legato al saper contare in musica e alla matematica, ma ha anche una base mentale e psicologica, proprio su questo aspetto, Kodaly si concentra per educare i bambini ad avere un pensiero e una coscienza ritmica. Saper codificare il ritmo consiste nello spezzare un continuum temporale in singole entità, questo processo avviene in modo automatico attraverso un educazione di tipo ritmico-motoria. In linea con la ritmica Dalcroziana, l’educazione di Kodaly inizia con la percezione della pulsazione, e la sincronizzazione della stessa con eventi regolari della quotidianeità, proprio per stimolare e accrescere il senso ritmico attingendo dalla realtà non tangibile, bensì “udibile”. L’ educazione ritmica prevede delle esemplificazioni mnemo-tecniche, ovvero l’utilizzo di sillabe ritmiche per segmentare il tempo: il TA per le se- 36 miminime, Ti per le crome e TIRI per le biscrome. In questo modo le sillabe andranno a trascrivere in modo semplice e intuitivo la durata delle note nelle attività di gruppo, scandite da movimenti ritmici e battiti di mani, su un brano scelto dal docente insieme ai suoi allievi. Una volta assimilate questi semplici figure ritmiche, gli studenti potranno scomporle e ricomporle e costruire degli ostinati ritmici. La suddivisione della classe in due gruppi, permetterà successivamente di armonizzare gli ostinati ritmici, attraverso esercizi di poliritmia corporea, i due gruppi eseguiranno gli ostinati a distanza di una battuta. Oltre che sulla componente ritmica Kodaly si concentra anche sullo studio di sistemi che permettano ai bambini di riconoscere e rappresentare le note in modo più intuitivo, semplice ed efficace, trovando uno strumento efficace nella Solmisazione, pratica inventato dallo stesso Kodaly. La base di partenza è che la suddivisione delle note musicali nella scala modale non è definita dalla frequenza assoluta delle singole note, ma dalle relazioni che si instaurano fra le varie frequenze. DO SOL RE LA MI SI FA DO 7. Dettato chironomico: Attraverso precisi gesti delle mani Kodaly identificava ciascuna nota L’orecchio avverte le altezze di un suono e le codifica solo in relazione a quello successive, non si tratta di una percezione assoluta, ma relativa, avviene lo stesso con la percezione del colore, che può cambiare drasticamente in base al colore al quale lo affianchiamo. Partendo dal presupposto della relatività della percezione sonora, Kodaly scrive le sillabe di solmisazione relativa utilizzando le lettere minuscole ( d - r - m - f - s - l - t ). Il passaggio alla lettura sul pentagramma avviene in modo graduale, dapprima vengono utilizzate solo le sillabe di solmisazione ( altezza delle note) disposte su una linea in modo sfalsato, in base alla loro altezza, successivamente vengono posti sulle sillabe i gambi indicanti il ritmo. Inizialmente Kodàly sceglie delle melodie cartterizzate da una estensione limitata; aggiungendo una seconda linea, l’ambito dell’estensione si allarga. Successivamente introduce una terza linea marcandone una per indicare la posizione del DO ( anticipazione di quello che sarà l’uso del DO mobile sul pentagramma ). Solo dopo aver raggiunto la giusta dimestichezza con almeno tre linee, introduce il primo esercizio di lettura sul pentagramma, utilizzando la scala pentatonica ( d-r-m-s-l ), senza ancora inserire il ritmo. La scala pentatonica viene trascritta da Kodàly ponendo DO nelle diverse posizioni, anche negli spazi. Giunti a questo punto del programma, Kodàly propone di scrivere sul pentagramma una melodia, indicando: il metro all’inizio della battuta e i valori ritmici delle note, posizionando i gambi sopra le sillabe di solmisazione. L’insegnante chiederà agli allievi d’intonarla. Un’ altro espediente didattico messo appunto da Kodaly, si identifica nel gesto musicale, e prende il nome di Chironomia. Ad ogni nota corrisponde un preciso segno gestuale (fig.7), questo fa sì che lo studente assimili più facilmente quella specifica nota, attraverso il dettato chironomico, una sorta di solfeggio gestuale cantato, mediante il quale i bambini intonano una determinata nota e ne restituiscono il segno gestuale corrispondente. L’utilizzo di un codice visivo favorisce secondo Kodaly, la rapida assimilazione delle note musicali, poichè il bambino collega un gesto semplice alla frequenza della nota, vedendola e ascoltandola sviluppa l’ orecchio musicale. 37 38 - studio della melodia - ascolto e canto - studio dell’ accompagnamento - Studio della base musicale - Riscaldamento tecnico motorio JOGGING ACCORDI - Ascolto e riconoscimento degli accordi 1 2 3 4 - Creazione di un contesto musicale concreto - Accompagnamenti orchestrali - suonare a due mani REPERTORIO ENSAMBLE - divisione in sezioni - Ruoli e timbri diversificati - esecuzione armonica di gruppo 8. Schema esemplificativo delle fasi didattiche che costituiscono il metodo YAMAHA. 2.6 Il METODO YAMAHA Questo metodo prende il nome ed è promosso fin dagli anni 50 dalla Yamaha, famosa casa giapponese, produttrice di strumenti musicali, si sviluppò all’interno delle piccole classi musicali e negli store Yamaha, giungendo successivamente alla fondazione di vere e proprie scuole che, applicavano il sistema YAMAHA per l’educazione musicale, oggi diffuso ed utilizzato in tutto il mondo. La didattica Yamaha rivoluzionò l’ insegnamento della musica dando spazio prima alla pratica e solo successivamente alla teoria, cosa assolutamente impensabile all’epoca. Sviluppato sulle orme e sugli insegnamenti del maestro Suzuki, questo metodo sostiene che la musica è un linguaggio spontaneo insito nel bambino, già predisposto di particolari abilità di apprendimento e si basa essenzialmente su giochi di squadra, dinamiche di gruppo e attività pratiche, attraverso i quali i bambini attingono al loro unico e personale talento. L’obiettivo è rendere l’apprendimento della musica, facile, immediato e divertente con fasi di ascolto, di canto e di pratica strumentale (tastiera). Il metodo è strutturato in una sequenza temporale di 4 step: 1. Music wonderland (3-4 anni) 2. Junior music (4-6 anni) 3. Junior extension (6-8 anni) 4. Junior advanced (8-10 anni) 1. Nella prima fase il bambino viene coinvolto a far parte di un racconto, di una fiaba musicale, della quale egli stesso diviene il musico. 2. Nella seconda fase vengono proposte diverse attività, giochi collettivi di ascolto, canto e primi approcci agli strumenti musicali. 3. Nelle fasi successive si passa allo sviluppo del ritmo e la lettura musicale, alle prime composizioni e allo studio degli accordi. Il percorso termina intorno ai 10 anni e il bambino sarà in grado di scomporre e ricomporre semplici melodie e quindi pronto a intraprendere se lo vorrà, un percorso musicale più approfondito. La scuole Yamaha seguono il bambino e lo preparano ad affrontare studi musicali più complessi, garantendogli l’acquisizione di competenze preliminari allo studio accademico e lo sviluppo del senso musicale. 39 Alcune delle associazioni e fondazioni che promuovono la diffusione dei metodi didattici sperimentali in tutto il mondo. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 40 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 1. Associazione Dalcroze italiana; 2. Associazione Kodaly italiana; 3. Istituto Suzuki Italia; 4. Suzuki association of the Americas; 5. AIGAM : Associazione italiana Gordon per l’apprendimento musicale; 6. Istituto Edwin E. De aprendizagem musical; 7. Audiation Institute Milano; 8. Audiation Institute Milano; 9. Dalcroze Society of America; 10. American Eurhithmic society; 11. YAMAHA method; 12. OAKE Organization of American Kodaly Educators; 13. PAN Pacific Suzuki association; 14. Suzuki association of Ontario; 15. Southern Alberta Suzuki association; 16. Asia Region Suzuki Organization; 17. KMEIA Kodaly Music Education Institute of Australia; 18. Kodaly Society of Canada; 18. Universal Logo of Suzuk method in the world; 41 42 3. IL GIOCO COME METODO DIDATTICO 3.1 GIOCARE CON LA MUSICA La musica, se analizzata oltre i soli fini didattici, può costituire un’ ottima occasione per giocare, giocando si può imparare moltissimo e in ambito musicale ancor più che studiando. Il gioco è una delle attività più importanti, attraverso il quale il bambino prende coscienza di sè, esperisce il mondo che lo circonda e le persone che vivono intorno a lui e con le quali entra in relazione. La musica costituisce uno strumento pedagogico importantissimo che stimola la curiosità, l’intuizione e il talento innato, presente in ogni bambino fin dalla nascita. Giocare con la musica fa sì che quest’ultima divenga più umanamente vissuta, l’esperienza del suonare supera cosi la meccanicità e la staticità dell’ insegnamento tradizionale e di pratiche teoriche, legate al solfeggio cantato e l’esecuzione di esercizi che portano inevitabilmente a svogliatezza e poco coinvolgimento da parte dello studente. L’ attività ludica permette di insegnare ai bambini in modo gratificante ed estremamante efficace come funziona la musica, quali sono i macro elementi che la compongono, le relazioni che instaurano fra loro, permette di contraddire la regola, smontare meccanisimi e abituidini consolidate e quindi di sperimentare nuovi metodi ludico-educativi. L’obiettivo è di rendere la musica quasi un bisogno fisiologico dell’individuo, far sì che determinate competenze siano acquisite in modo naturale dal bambino, senza forzature di alcun genere. Capacità quali l’ ascolto analitico, il saper suonare con gli altri, improvvisare in gruppo, possono essere acquisite con modi e tempi analoghi a quelli dell’ apprendimento del linguaggio verbale. La musica di per sè può essere definita un gioco, poichè fare musica è un’ attività divertente, tuttavia lo studio, o per meglio dire un certo modo di studiarla può privare lo studente della possibilità di manipolarla e di ogni libertà di scelta. Questa componente per esempio è rimasta viva nella musica Jazz, un genere che si basa essenzialmente su una profonda conoscenza teorica certo, ma anche sulla libera composizione di fraseggi musicali derivati dall’ improvvisazione, a differenza del repertorio classico e contemporaneo, dove ogni aspetto risulta preciso e schematico. 43 3.2 ANALOGIE FRA GIOCO E MUSICA La prima impressione che si riceve da un avvenimento, una situazione o un ambiente nuovi è determinante per il futuro sia per il bambino che per l’ adulto, se il primo contatto è felice, sorge spontaneo il desiderio di continuare ad approfondire la conoscienza e la curiosità, di verificarne gli sviluppi, l’interesse nasce se ci si sente a proprio agio, coinvolti e stimolati. Quando giocano, i bambini esercitano un attività che a loro piace, si impegnano e allo stesso tempo il gioco li aiuta a crescere e formarsi, verificare le loro possibilità, creare, fare delle scelte. Se consideriamo il gioco come un atto formativo, e non come un atto puramente ricreativo se ne deduce che il gioco può essere assunto a normale attività didattico educativa e con le sue varie espressioni, mette in evidenza tipologie e forme che descriveremo più avanti. I giochi di manipolazione ad esempio sviluppano la sensibilità motoria, il senso della forma e del volume nel quadro della creatività. Attraverso i giochi di costruzione con materiale predisposto, i bambini esprimono una 44 SINTESI 1 MEMORIA 3 tecnica. I giochi di intelligenza (come gli scacchi) prevedono la programmazione di piani in previsione delle mosse dell’avversario. I giochi di osservazione e di accostamento di forme e colori sviluppano le capacità di analisi e sintesi. Nei giochi di memoria il bambino deve impegnare appunto la memoria nella ricerca di nozioni precendentemente acquisite. I giochi di movimento all’aperto, basati sull’attività fisica e sull’uso corretto dello spazio in relazione ai propri riflessi, come i giochi di squadra, in cui ogni membro pur non esprimendo la propria personalità concorre alla riuscita collettiva tesa al raggiungimento di un risultato. Il gioco può essere quindi individuale, a coppie, a piccoli gruppi, con regole fisse o inventate di volta in volta. In questi giochi si possono individuare gli elementi che si prestano a un introduzione al discorso musicale, l’attività motoria, che è un espressione naturale del bambino, ci riporta direttamente alla musica poichè ad ogni movimento corrisponde un ritmo preciso, la presa di coscienza dei ritmi spaziali facilita un naturale accostamento ai ritmi temporali della musica. 2 4 CONCENTRAZIONE FANTASIA 8. Sintesi, memoria, concentrazione e fantasia concorrono a rendere l’educazione musicale più personalmente vissuta. Sintesi, memoria, concentrazione e fantasia concorrono a rendere l’educazione musicale più personalmente vissuta. (fig.9) Il bambini giocando tendono a vivere la musica corporalmente, imparano a percepire il ritmo e i cambi di velocità in modo naturale attraverso l’esperienza del gioco. I giochi come forma di apprendimento musicale possono trovare applicazione all’interno di una situazione prettamente scolastica che include come attori principali: Insegnanti, allievi e le attrezzature disponibili all’interno di una classe. Questo non limita il loro campo di utilizzo, possono essere sperimentati in situazioni diverse come la musicoterapia, l’ improvvisazione teatrale, lezioni individuali e in ambito domestico familiare. Questi giochi possono essere sintetizzati in 4 attività essenziali: L’ascolto, l’ imitazione, la manipolazione e l’invenzione. Queste 3 modalità sono profondamante implicate in ambito musicale, in varia misura nei diversi livelli di competenza dei vari individui, suonare implica anche saper ascoltare, e nella composizione ci si basa essenzialmente sulle esperienze di ascolto e di esecuzione strumentale. Analizziamo adesso in dettaglio queste 3 modalità di apprendimento: 1. Ascolto: L’apprendimento musicale inizia fin dai primi anni di vita e non cessa mai, poichè “ascoltare” musica implica l’ acquisizione di determinate capacità, permette di coglierne in modo inconsapevole i nessi, le strutture, i rapporti fra il tutto e le singole parti. 2. Imitazione: La capacità presente in ogni individuo di lasciarsi “ impressionare”, di divenire un’ impronta precisa di ciò che si sta osservando e ascoltando. Attraverso l’attivazione dei neuroni specchio, il bambino è in grado attraverso la ripetizione di riprodurre alla lettera un gesto musicale, imitare la voce, le inflessioni, una lingua straniera. 3. Manipolazione: Può avvenire per tentativi autonomi o sotto la supervisione di un insegnante. La componente essenziale di quest’attività è la sperimentazione, il bambino utilizza, manipola e combina le conoscenze e le nozioni acquisite per imitazione per creare qualcosa di nuovo e personale. 45 Giochi didattici educativi che sviluppano competenze analoghe allo studio musicale. 9. 10. 11. 46 12. 9. Enzo Mari : 16 animali. Prodotta per Danese Questa creazione evidenzia una doppia funzionalità: un oggetto puzzle e insieme un “gioco di costruzioni” che consente una libera composizione degli elementi. 10. Bruno Munari : Più o meno. La sovrapposizione dei fogli trasparenti consente4.al bambino di raccontare delle storie in forme e colori. 11. Bruno Munari : Prelibri. Si tratta di libri puramente sensoriali, privi di te4. o immagini. Questi libri colorati introducono sto e lo predispongono alla lettura di un libro. 12. Maria Montessori : Giochi educativi. La foto racchiude i giochi educativi utilizzati nel metodo Montessori. Sviluppano le capacità di memoria e sintesi. 13. Bruno Munari : ABC. ABC consiste in un Abecedario rivisitato da Munari, in funzione del reale apprendimento del bambino. L’ ordine alfabetico viene ribaltato , mettendo nelle prime posizioni le lettere che il bambino impare con più facilità. 13. 47 48 “ Conservare lo spirito dell’ infanzia dentro di sè per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare ” Bruno Munari . 49 50 4. NUOVE TECNOLOGIE A SERVIZIO DELLA DIDATTICA 4.1 LA MUSICA NELL’ ERA DIGITALE. Nell’ultimo decennio l’affermarsi di internet come mezzo di consumo e distribuzione della musica, ma anche come strumento di diffusione di software e applicazioni e device, ha radicalmente cambiato negli utenti il modo di percepire la musica, poichè la stessa ha perso del tutto il contatto con il supporto fisico, con lo strumento che la produce, si tratta di un fenomeno ancor più astratto e difficile da decifrare, l’ inafferabilità e l’intangibilità della musica, aspetti che da sempre la caratterizzano, nell’era di internet risultano ben più amplificati. Il docente dell’ università di Cambridge Steve Jones afferma che “ l’utilizzo quotidiano dei computer e la disponibilità della connessione ad internet hanno posto le basi per la nascita di nuove esperienze musicali, aprendo un ampio ventaglio di opportunità ma rischiando, al tempo stesso, di sopraffare l’utente con possibilità di scelta troppo vaste”. ( Steve Jones, 2000, trad. it pag. 118) Le nuove opportunità offerte dalla rete, favoriscono la sperimentazione e l’intenisificarsi delle ricerche multidisciplinari dell’ambito musicale: l’ analisi dei social network come mezzi di divulgazione, la ricerca di nuovi metodi di ascolto attivo, la visualizzazione musicale, lo studio del valore che la musica assume per gli utenti, sono fra i temi di ricerca di musicologi, ingegneri, elettronici e informatici ed esperti di comunicazione. Di fondamentale importanza risulta comprendere i nuovi reali bisogni degli utenti, in considerazione delle nuove forme di fruizione e percezione dell’evento sonoro, e quali siano le conseguenze sulla percezione della musica da parte dei bambini, e come la didattica deve evolversi in funzione di queste. I bambini vivono ormai all’interno di un “ mondo mediale” che è il loro mondo, sono nati e cresceranno in queste circostanze, la loro conoscenza è esperita attraverso i media e la tecnologia e non direttamente. Il fenomeno della conoscenza “ mediata” è caratterizzato da pareri discordanti da parte degli studiosi sugli effetti che tali dispositivi hanno sulle capacità cognitive del bambino. 51 Fra gli antagonisti, l’epistemologo Karl Popper (1902-1994) ci metteva in guardia sul potere dei media di provocare mutamenti antropologici, di modificare in modo lento e costante i quadri percettivi e cognitivi e le forme del sapere umano. Fra le sue priniciapali preoccupazioni: La trasformazione del modo di pensare che da analitico, sequenziale, potrebbe diventare generico e globale, il crollo della capacità critica e l’impoverimento dell’attività cognitiva causata da una progressiva delega di tali funzioni alla macchina. Altri studiosi, fra i quali Seymour Papert, matematico e pedagogista statunitense, si oppongono a tali visioni allarmistiche, mettendo invece l’accento sulle potenzialità espressive ed educative di tali tecnologie, sulla loro possibilità di coinvolgere e valorizzare più forme di intelligenza in modo simultaneo e un potenziamento delle attività cognitive. In particolar modo la diffusione delle informazioni su internet portano al superamento di un approccio individualistico, incentivando la collaborazione, la cooperazione e l’apprendimento condiviso. 52 Secondo Roberto Maragliano, insegnante di tecnologie dell’ istruzione presso l’universtià di Roma Tre, i media e la tecnologia non costituiscono dei semplici canali di comunicazione, ma interfacce orientate alla costruzione, alla negoziazione e condivisione di significati, supportati da tecnologie che elaborano sistemi simbolici socialmente indentificabili, egli sostiene inoltre che la tecnologia in campo educativo possa avviare un ripensamento dell’intera esperienza umana. Antonio Calvani autore del libro “ I nuovi media nella scuola, perchè, come, quando avvalersene “pone l’accento sull’ effetto e le interazioni che le nuove tecnologie instaurano con i modi interni del pensiero, le macchine e le tecnologie contribuiscono ad accumulare e condividere conoscenza, “costruiscono dei veri e propri “ micromondi ” con i quali pensiamo le forme del mondo, e le forme che noi stessi diamo al mondo”. Per quanto concerne l’attività ludica connessa alle nuove tecnologie, esistono pareri discordanti sull’effetto che i videogiochi, su qualsiasi piatta- forma ( consolle, tablet ecc..) esercitino sui bambini a livello cognitivo ed esperienziale. Fra gli studiosi, promotori del valore didattico e pedagogico dei giochi digitali in generale, Papert afferma che giocando con tali dispositivi, il bambino compie essenzialmente un’attività immaginativa e creativa, impara ed usa correttamente un determinato codice, aumenta le sue capacità deduttive, e migliora i riflessi e la coordinazione oculo-motoria. Un’ altra visione ottimistica è data da Patricia Greenfield, docente di psicologia dell’università della California, sostenendo che tali attività sviluppino il pensiero ipotetico e l’intuizione, poichè in tali giochi le regole non sono sempre chiare, sono indotte dall’ osservazione e mettono in atto dei processi induttivi, stimolano anche la capacità di prendere decisioni in breve tempo, di affrontare quindi le difficoltà con spirito di iniziativa. Dall’ altro lato della medaglia gli oppositori riscontrano gli aspetti negativi che, risultano simili a quelli indotti dalla televisione fra i quali: problemi fisici legati alla contrazione muscolare e alle cattive posture, isolamento, perdita della cognizione del gnizione del tempo e dello spazio reali, sottrazioni ad attività socializzanti come lo sport e il gioco all’aperto. Queste negatività possono essere ovviate grazie alla possibilità di interazioni che tali software possono fornire se utilizzate in contesti sociali più ampi ( asili, scuole, attività familiari ecc..) recentamente in ambito strettamente pedagogico si registra una sempre maggiore produzione di “software educativi”, che coinvolgono anche l’ambito analizzato da questa tesi. Questi dispositivi mirano ad educare ed istruire in bambino e in alcuni casi favoriscono l’ apprendimento anche per bambini affetti da particolari patologie ( dislessie, deficit sensoriali, disturbi della personalità, autismo ecc..) poichè sono caratterizzati da particolari elementi quali: Nella maggior parte dei casi sono presenti dei tutor, colorati e simpatici che assistono e accompagno il bambino nell’ apprendimento, in secondo luogo utilizzano un linguaggio semplice ed intuitivo che consente di acquisire in modo graduale concetti complessi. 53 4.2 I SOFTWARE E LE APPLICAZIONI PER LA DIDATTICA MUSICALE. Lo sterminato universo delle applicazioni mobili, subisce di anno in anno una fase di crescita esponenziale, costituendo un mercato sempre più frammentato e dinamico. Le applicazioni si evolvono, divengono sempre più accessibili, in termini di usabilità e flessibilità, sono infatti facilmente scaricabili in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo e compatibili con un crescente numero di dispositivi mobili. Comunicano con l’utente attraverso interfacce grafiche, che divengono sempre più efficienti in termini di immediatezza e usabilità, questo comporta una diffusione su larga scala in ambiti e settori diversificati: Software di produttività personale, informazione ( nel senso più ampio del termine), giochi, didattica ed educazione, intrattenimento, divulgazione scientifica, scienze applicate fino alle applicazioni di tipo aziendale, marketing e commerciali. Nell’ambito dell’ educazione e della didattica in generale, e nel particolare nell’insegnamento della 54 musica ai bambini, ci si trova davanti ad un universo sconfinato di software e applicazioni che utilizzano artefatti comunicativi estremamente diversificati in termini di strategia, qualità peculiari ed efficacia, è possibile però riscontrare delle linee guida comuni per la maggior parte di questi giochi musicali. In primis la componente gestuale, derivata dal funzionamento touch screen della maggior parte dispositivi mobili, questo consente ai bambini di muovere gli elementi sullo schermo con estrema rapidità ed ottenere feedback sonori immediati dalle loro performance gestuali. La quasi totalità di queste applicazioni si servono di avatar digitali, nella maggior parte dei casi si tratta di animali buffi e divertenti che compiono con l’aiuto del bambino attività semplici, come il trasporto di oggetti e la soluzione di piccoli enigmi, il bambino interagisce con loro e si sorprende e si compiace dei risultati e degli scores ottenuti. Alcune riproducono delle verie e proprie storie, attraverso le quali il bambino cresce e matura le sue competenze insieme a personaggi fantastici. Le attività che il bambino compie interagendo con queste applicazioni comprendono l’ascolto attivo, attraverso il quale il bambino memorizza i tratti caratterizzanti di un vocalizzo o di una melodia, la successiva ricomposizione che avviene attraverso il canto, la manipolazione degli elementi presenti sullo schermo, o suonando dei veri e propri strumenti musicali riprodotti in modo più o meno fedele dal dispositivo, in questo modo il bambino impara a distinguere i timbri differenti dei vari strumenti. Tuttavia la smisurata quantità di queste applicazioni didattiche o pseudo-didattiche, fa sì che si venga a formare un limbo non eterogeneo in termini di qualità ed effettiva efficacia educativa, con il rischio di ricadere in un’ educazione di tipo frammentario, priva di modelli e riferimenti precisi, a discapito del reale apprendimento da parte dei bambini. Risulta quindi necessario che tali artefatti seguano dei metodi efficaci, che si plasmino intorno alle realie abilità e percezioni cognitive del bambino, che siano realmente interattive e non subite in modo passivo, poichè educazione e intrattenimento sono due attività differenti. A parere di chi scrive, solo le applicazioni ludico- educative che perseguano un reale intento didattico possono assurgere a tale titolo, su queste basi e in linea di coerenza con le tematiche prinicipali trattate dalla tesi sono state escluse le applicazioni e i software con finalità esclusivamente ludiche. “Shared Listening” è un sito internet, fondato e promosso dall’ AIGAM ( Associazione Italiana Gordon Audiation Method ) che promuove il metodo Gordon e il concetto di ascolto condiviso fra bambini, insegnanti e genitori. Si tratta di un progetto contenitore che divulga pratiche di insegnamento, supporti didattici e nuove tecnologie. Fra le APP incubate all’ interno di Shared listening sono presenti: Ascoltiamo e Pier et le loupe. 4.2.1 Ascoltiamo “Ascoltiamo” è un’ applicazione disponibile per iOS e Android, che essenzialmente racchiude i principi fondanti della Music learning theory di Gordon: Qualità e varietà degli stimoli musicali, lo sviluppo del senso musicale e l’ascolto condiviso. L’ obiettivo di questa applicazione è di organizzare il materiale musicale secondo principi di contrasto 55 14. Interfaccia principale dell’ APP Ascoltiamo, promossa dall’ AIGAM. e di esaltazione della diversità, attraverso ascolti brevi ma densi di significato. Ascoltiamo suggerisce dei percorsi di ascolto organizzandoli in sessioni, caratterizzate dalla ciclizzazione dei brani, in modo da permettere al bambino di ascoltarli più volte e attraverso l’accostamento e il confronto con altri brani, individuarne e riconoscerne le differenze in modo informale per un ascolto attivo, profondo e interessato. L’ organizzazione dei brani è strutturata dall’applicazione sulle basi del lavoro di ricerca degli insegnanti dell’ AIGAM e dell’ IEGAM sul tema dell’ esperienza dell’ascolto ( Music Learning Theory) e la sua funzione nel dare un senso alla musica e nello sviluppare competenze musicali informali come l’intonazione, l’orecchio, il senso del ritmo, l’audiation. Le opzioni d’uso sono molteplici: Organizzazione di sessioni di ascolto presso asili nido, scuole di infanzia e scuole primarie, ma anche in ambito domestico con la possibilità di ascoltare brani di generi, stili ed epoche diverse e di ogni parte del mondo ( L’applicazione è connessa con Itunes). 56 4.2.2 Pierre e le loup Un’ altra esempio di applicazione musicale finalizzata alla didattica è “Pierre et le loup”, vincitrice del Bologna Ragazzi Digital Award e ispirata ala celebre opera del compositore russo Prokofiev.(ved.p) Nella celebre opera del 1936 “ Pierino e il lupo” del compositore russo Prokof’ev, ad ogni personaggio della fiaba è associato uno strumento musicale e una melodia : Pierino è rappresentato dagli archi, l’uccellino dal flauto traverso, il gatto dal clarinetto, il nonno dal fagotto e il lupo dai corni. La potenza evocativa e sinestetica di quest’ opera sta nel portare l’ascoltatore ad immaginare l’aspetto e il carattere di ogni singolo personaggio,il suo ruolo nella storia, il peso o la leggerezza, la sua andatura nello spazio, L’ APP “Pierre e le loup” comprende un film della durata di 30 minuti, adattamento dell’ opera di Prokofiev in un mix di animazioni e musica, narrate dall’ attore francese Francois Morel. Si tratta di un’ esperienza immersiva per il bambino che impara ad associare ad ogni timbro strumentale e fraseggio melodico il personaggio corrispondente. In un secondo momento il bambino potrà interagire con i personaggi e ripercorrere le loro avventure attraverso 9 giochi interattivi: - Amici di Pierre: Ricomporre i personaggi del film all’interno di un grande puzzle. - L’anattra labirinto: Aiutare l’anatra a fuggire dal labirinto, salvandosi dal lupo. - Il pasticcio del nonno: Manipolazione degli strumenti musicali e degli animali corrispondenti es. come appare il lupo suonato dal corno, o l’anatra dall’ oboe ecc.. - Tap Tap del lupo: Seguire il ritmo del lupo per riuscire ad intrappolarlo. - All’ inseguimento del lupo: Riuscire a scattare una foto del lupo prima che fugga via - L’ uccello d’orchestra: Attraverso l’interazione con l’uccellino, il bambino scopre come è composta un’ orchestra e il ruo In fine il bambino è invitato a prendere il posto di Francois Morel nella narrazione della storia, divertendosi a manipolare ed associare i temi musicali all’ animale corrispondente, restituendo la sua personale versione della storia. 15. Pierre e le loup, una delle sequenze animate presenti nell’ APP. 57 16. Le stagioni di Antoine 4.2.3 Le 4 stagioni d’ Antoine Si tratta di un‘ App sviluppata da France television distribution SA per dispositivi iOS disponibile in lingua francese, ma anche in italiano. La componente narrativa anche in questa applicazione gioca un ruolo decisivo, si narra della storia di Antoine, un bambino che trascorre i mercoledi dal nonno liutaio, il quale gli regala un libro magico in grado di animarsi nel momento in cui ci si disegna sopra. Le animazioni accompagnano il bambino per un anno intero, e mostrano la loro magia con l’opera Le 4 stagioni di Vivaldi in sottofondo. L’ opera di Vivaldi (1775) suddivisa in 4 concerti, uno per ogni stagione, racconta l’ inverno e l’autunno con tinte fredde e scure in tonalità minore, l’estate e la primavera in tonalità maggiore, con colori caldi e vibranti che esprimono l’allegria della rinascita della vita. La trasposizione in APP del film francese trasmesso da France television è un percorso magico attraverso il quale il bambino esperisce la poesia della musica e la associa alle sue risultanti figurative, attraverso passaggi lievi e senza soluzione di 58 continuità. Come nel caso di Pierre e le loup, sono presenti dei giochi interattivi in linea con la storia di Antoine e le stagioni musicali corrispondenti. Guidato dagli elementi grafici dell’applicazione il bambino compone le figure che, prendono vita e si muovono sulle note della musica leggera di Vivaldi. Unendo i puntini numerati sarà possibile far nascere un gigante di ghiaccio, che si muoverà sulle note invernali per poi sciogliersi e lasciare il posto a gli splendidi fiori della primavera. L’ App fornisce al bambino fin da subito una serie di strumenti, fra i quali un annaffiatoio per innaffiare i semi e preparare la coreografia di arbusti, di forme e colori che accolgono l’ arrivo delle note della Primavera. L’utilizzo della visualizzazione musicale e delle percezioni sinestetiche costituisce un potente espediente didattico per un apprendimento di tipo informale dei codici musicali, quest’ applicazione fonde al suo interno questi principi in modo magistrale, utilizzando un linguaggio narrativo semplice e a misura di ogni bambino. Tutto si tiene e si intreccia con grazia, lasciando intravedere percorsi inesplorati per i contenuti su tablet. 17. Music super heroes 4.2.4 Music super heroes Sviluppata da Creative experience-Lisbon labs, Music super heroes è compatibile con IPhone, IPad e IPad touch e disponibile in tutte le lingue. Si tratta di un’ APP totalmente priva di descrizioni e parti didascaliche, presenta infatti qualche carenza dal punto di vista metodologico, ma risulta utile per un primissimo approccio informale alla conoscenza degli strumenti musicali, alla composizione dell’orchestra e alle nozioni base quali: il ritmo, le note e il senso musicale. L’ applicazione si struttura in 5 attività principali, che se eseguite correttamente portano alla raccolta di un numero di credits, spendibili nella sezione orchestra. Tali attività mirano alla sperimentazione sul ritmo e sul tempo musicale, e si svolgono su una tastiera virtuale sulla quale il bambino riproduce e accompagna semplici canzoni con l’ausilio di un metronomo. Per ogni attività completata in modo adeguato, (le emoticon, in modo dinamico ed espressivo fa capire al bambino se la sua esecuzione è corretta o meno) si attiva il suono di uno strumento nell’Orchestra. In questa sezione sarà possibile “accendere” o “spegnere” il tasto di ogni strumento, in modo da modulare il risultato della melodia suonata dall’orchestra e comprendere a pieno il ruolo di ogni singolo strumento all’interno di essa. A parere di chi scrive, l’unico aspetto mancante riscontrato ( forse per scelta da parte degli stessi sviluppatori ) è rintracciabile nell’assenza di descrizioni o didascalie, non si fa alcun riferimento ai nomi degli strumenti, dando per scontato che il bambino li conosca già, non vengono fornite nozioni in forma scritta in merito all’ orchestra, il piccolo utente può solo sperimentare senza riferimenti o indicazioni precise con i suoni, il ritmo e le note sulla tastiera (distinte come nel mondo anglosassone dalle lettere A, B, C, D, E, F, G), ma non viene data loro alcuna indicazione sul perché eseguire le attività ne’ alcuna nozione sull’affascinante mondo della musica. Assenti anche le sezioni dedicate ai crediti o ai genitori. La qualità dell’App rimane comunque alta poichè gli artefatti comunicativi e giochi sono ben strutturati per un apprendimento prettamente informale. 59 18. Singing finger: APP che permette di suonare i colori e registrare delle tracce musicali mediante l’utilizzo del touch screen. In questa applicazione la gestualità ricopre un ruolo dominante. 19. Guitar Hero : Forse uno dei videogiochi più popolari degli ultimi, trasforma gli utenti in vere Rock Star. Gli avatar impersonificano le figure più importanti del mondo del rock. 60 La musica di Bufo: APP che Narra la vicenda di un piccolo ranocchio magrolino e occhialuto si innamora della musica. La sua storia è una book app musicale, tratta dal libro di Zak Baldisserotto con le illustrazioni di Roberta Zeta. Figure di Propellerhead: Applicazione per iOS che consente di fare musica in modo semplici e di condividere le tracce prodotte con altri musicisti. Molto curata è la rappresentazione visiva dei timbri, delle frequenze e dei colori. 20. 21. 61 4.3 LA ROBOTICA E I SENSORI IN CAMPO EDUCATIVO E DIDATTICO. La contemporaneità è caratterizzata da un graduale passaggio dall’ era dell’elettronica a quella meccatronica. Negli anni 60 l’automa era visto come un oggetto tecnologico superiore gerarchicamente all’untensile, autonomo in termini di controllo e apporto energetico ed unicamente utilizzabile in campo industriale. Oggi, grazie alla miniaturizzazione dei componenenti informatici ed elettronici è divenuta una scienza alla portata di tutti ed ogni famiglia può ospitare nella propria casa un robot dotato di sensori in grado di svolgere svariate tipologie di mansioni. Anche l’ educazione e la didattica si stanno lentamente conformando a questo processo evolutivo, la robotica può infatti costituire un valido strumento formativo, sia nella didattica curricolare, coinvolgendo quindi ambiti disciplinari diversi ( matematica, algebra, scienze, arte e musica), ma anche per quel che riguarda l’approccio propedeutico e la graduale familiarizzazione con questi nuovi 62 oggetti meccatronici e un loro utilizzo eticamente corretto. Per gli allievi delle scuole contemporanee familiarizzare con i robot e i nuovi strumenti tecnologici muniti di sensori è di fondamentale importanza, perchè in un futuro molto prossimo diverranno oggetti familiari come lo sono oggi il computer o lo smartphone. L’ insegnamento mediato esclusivamente dai libri ha come conseguenza un’ eccessiva astrazione del concetto didattico, che in alcune discipline specifiche, come la musica ( oggetto di questa tesi) porta all’ autoferenzialità, allontanando gli allievi dal fenomeno reale e sensoriale. La robotica educativa, indicata come priorità della scuola italiana dalla Direttiva del MIUR n. 93 del dicembre 2009 in tema di ampliamento Offerta formativa, mira ad offrire agli insegnanti nuovi strumenti didattici che permettono una didattica attiva, in cui l’apprendimento è stimolato e motivato. In particolare la robotica è una tecnologia concreta, manipolabile, lontana dall’immaterialità di quanto avviene con il computer. L’ insegnamento di una determinata disciplina attraverso l’ausilio di robot e sensori offre opportunità in termini motivaziona- li, poichè il bambino interagisce in modo attivo e concreto con la macchine ed è stimolato attraverso attività di manipolazione e composizione, ma anche in termini di potenziamento della didattica verso orizzonti ancora inesplorati. Il robot diviene dunque uno strumento per la verifica sperimentale di concetti (nota) non necessariamente riconducibili all’ambito della robotica, fornisce una metodologia di studio alternativa, che permette di articolare e isolare gli elementi di un sistema complesso e affrontarli in modo separato ( la musica è un sistema complesso, costituito dalle figure musicali). La macchina non è quindi il fine dell’attività, ma è riconosciuta dal bambino come mezzo per potenziare le sua attività, per far questo è necessario che tali strumenti siano ludicamente appetibili, che intrighino e incuriosiscano i piccoli utenti, rendendoli fruitori attivi che progettano, pensano, costruiscono e soprattutto verificano. Da parecchi anni la robotica educativa è stata introdotta in moltissime scuole italiane, di ogni ordine e grado, per studiare una grande varietà di fenomeni scientifici attraverso la manipolazione diretta dei parametri di programmazione. La differenza che contraddistingue un robot da un computer o un sistema di controllo può apparire sfumata, la robotica racchiude infatti al suo interno almeno 3 discipline quali: meccanica, elettronica e in secondo luogo psicologia e bioingegneria. La peculiarità che li distingue da un computer si racchiude essenzialmente nell’ utilizzo di sensori e attuatori che costituiscono il medium fra il linguaggio di programmazione o sorgente astratto ( nascosto all’utente, se non nel caso di programmazione della macchine da parte dello stesso) e l’azione meccanica, fisica e tangibile (esperibile dall’utente) compiuta dall’ artefatto tecnologico. La progettazione di un robot didattico deve pertanto tener conto della complessità della materia trattata, nella sua totalità e nelle singole parti e in base a questa analisi andrà costruito un modello fisico ( Modello bidimensionale o tridimensionale) e un modello comportamentale ( algoritmo, rappresentato per mezzo di un linguaggio di programmazione). Passiamo adesso all’ analisi di alcuni robot didattici non necessariamente legati alla sfera musicale. 63 22. Bee-Boot & Blue-Bot 4.3.1 Bee-Bot & Blue-Bot La robotica viene utilizzata sempre più frequentemente in scuole dell’infanzia e scuole primarie per una fascia di età che varia dai 5 agli 11 anni. L’ apetta Bee-Bot e il gemello trasparente BlueBot sono stati progettati come semplici robot mobili da pavimento con l’obiettivo di avvicinare i bambini alle basi dei linguaggi di programmazione, sviluppando le abilità logiche, di calcolo e di visualizzazione. La versione Blue-Bot ( aggiornata rispetto a Bee-Bot) può essere controllata tramite un’ applicazione per tablet o smartphone disponibile per iOS, Android, Pc e MAC. Blue-Bot è in realizzato in plastica trasparente, in modo che i bambini possano vedere i componenti interni, si utilizza e si programma in modo semplice e intuitivo mediante 4 tasti posti sul dorso dell’ape che le permettono di compiere tratti di 15 m a destra destra o sinistra, con angoli di 90 gradi e 45 gradi.In grado di memorizzare fino a 40 comandi, restituisce dei feed-back luminosi per la conferma dei comandi assegnati. Il dispostivo è corredato 64 da un software Bee-Bot da utilizzare nelle classi tramite una lavagna interattiva, e da un kit di mappe e percorsi che fungono da guida per la programmazione dei movimenti, tali percorsi possono essere costituiti da gabbie numeriche o da forme geometriche, da lettere dell’alfabeto ecc.. L’ape può essere introdotta nelle classi come personaggio fantastico durante i laboratori creativi, i bambini imparano a programmare i movimenti del robot in modo che si sposti sul percorso secondo una logica stabilita, assimilando in questo modo dei semplici codici di programmazione, formati dall’ ordine e dalla priorità assegnata a ciascuna delle frecce direzionali. È importante sottolineare come questo simpatico robot a forma di ape sia uno strumento didattico utile allo sviluppo della percezione spaziale e della logica, ma non solo. Il bambino è anche chiamato a mettere in atto strategie risolutivelegate al “problem solving”, deve ipotizzare un percorso, possibilmente il più breve e conveniente al fine del raggiungimento della meta o di un determinato obiettivo prestabilito. 23. Codie : Code having fun 4.3.2 Codie: code having fun Codie è un robot mobile, che ha come abbiettivo l’insegnamento delle basi dei linguaggi di programmazione ai bambini di età compresa fra i 5 e gli 11 anni. Ideata da un team di ingegneri elettronici e designer, Codie ha vinto numerosi premi per le start up innovative ( Sturt up weekend 2013, Kairos global summit 2014). Il linguaggio di programmazione di Codie ( gestibile attraverso l’apposita applicazione per Ios e Android ) è essenzialmente visuale, organizzato in macro blocchi, collegabili ed organizzabili al fine di costruire codici di programmazione più complessi. La grafica semplificata mira a colmare il gap fra la sfrenata fantasia dei bambini e la rigidità del pensiero algoritmico, i blocchi raccordati presentano colore diverso e sono collegabili con frecce che indicano la direzione di esecuzione. In questo modo i bambini possono gestire le attività di Codie attraverso dei veri linguaggi di programmazione: Strutture If-else, variabili e loop. I benefici del touch screen contribuiscono a rendere l’ applicazione di Codie ancor più intuitiva e pratica da usare. Codie rappresenta quella categoria di giocattoli in grado di andare oltre la componente ludica e di intrattenimento, si tratta infatti di un compagno di viaggio per il bambino, uno strumento creativo per la sua crescita. Il processo di apprendimento è assolutamente informale ed efficace, attraverso il gioco la componente noiosa della didattica classica lascia il posto alla curiosità di scoprire se stessi e le proprie potenzialità. A parere degli autori, Codie potenzia la relazione fra i bambini e le problematiche della vita reale, la programmazione di Codie predispone il piccolo utente all’utilizzo della tecnologia in modo flessibile, plasmandola secondo le proprie necessità e i propri obiettivi. Nel momento in cui configurano il loro primo algoritmo per le attività di Codie, hanno già fatto il primo passo per lo sblocco delle interessanti possibilità che la tecnologia moderna offre, nel capire come queste si configurano e si uniscono per creare i mattoni della realtà in cui viviamo, realtà troppo spesso subiamo in modo passivo. 65 24. OTOTO : Play music with anything 4.3.3 OTOTO Ototo è una scheda intelligente che permette di fare musica con qualsiasi oggetto che ci circonda. Invita l’utente ad esplorare le potenzialità dei sensori in campo musicale, poichè Ototo permette di costruire dei veri e propri strumenti musicali con i materiali più disparati e suonarli con una qualità audio assolutamente impeccabile. La scheda contiene una piccola tastiera, con le sette note della scala cromatica ed è possibile cambiare il timbro di esecuzione con un semplice gesto, la scheda ha in memoria più di 50 qualità timbriche, per soddisfare al meglio le esigenze dei progettisti. Ototo è venduto con un pratico Kit di utilizzo, una semplice guida illustrata che introduce l’utente al mondo dei sensori e delle schede di programmazione, oltre esplicarne il funzionamento e le infinite possibilità aspressive. Facile, amichevole, e divertente, viene così descritto dai suoi ideatori. Ototo è l’esempio lampante delle infinite possibilità che le schede e i sensori offrono in campo musicale. 66 25. Musicink all’ opera 4.3.4 MUSICINK Musicink è un progetto nato all’ interno delle aule del Politecnico di Milano dalle menti creative di Riccardo Vendramine e Gilda Negrini. L’obiettivo dei progettisti è di creare una via alternativa per l’ insegnamenteo della musica, attraverso la ricerca di un’ interazione diversa con gli strumenti musicali. Musicink funziona grazie ad Arduino e una speciale vernice conduttiva ( Bare conductive) che permette al bambino di disegnare a suonare la sua musica. Una sempice e immediata infografica rappresenta le qualità principali del suono e i diversi timbri utilizzabili. L’ Arduino board è connessa a un’ applicazione tramite bluetooth, che converte il segnale in una musica brillante con un’ alta qualità del suono. Musicink introduce alla musica, attraverso un codice visivo semplice e immediato, la magia del disegno che diviene musica oltre che suscitare stupore e meraviglia nelle mente di qualsiasi bambino, consente un apprendimento informale delle qualità prinicipali della musica. 67 68 5. DAL FENOMENO SONORO ALLA MUSICA 5.1 IL FENOMENO FISICO SONORO Il fenomeno fisico del suono, cosi come quello del colore, interagisce con il contesto nel quale viene emesso in base all’altezza, la posizione, alle caratteristiche dello spazio sonoro, ma soprattutto varia in relazione alla soggettività dell’ascoltatore. La percezione di un qualsivoglia fenomeno fisico è caratterizzata quindi da una componente fortemente soggettiva, è la capacità cognitiva di ogni essere vivente, la sua età, la sua cultura; a conferire al fenomeno forme e significati diversi. Partendo dal presupposto della soggetività delle percezioni, può esistere una correlazione fra i colori e i suoni? è possibile associare a un detederminato suono con caratteristiche timbriche e di altezza ben precise, delle sensazioni cromatiche comuni fra i soggetti ascoltanti ? Per rispondere a questa domanda è necessario in primis descrivere il fenomeno sonoro dal punto di vista fisico. Il suono è la sensazione data dalla vibrazione di un corpo in oscillazione, che, propagandosi nell’aria (mezzo elastico) raggiunge l’apparato uditivo. L’onda sonora prodotta da un corpo in oscillazione è definita onda di pressione longitudinale e può essere trasmessa solo in un mezzo materiale gassoso, liquido o solido, si deduce quindi che il suono non può propagarsi nel vuoto. Ogni ciclo di un ‘ onda sonora è composto da una fase di compressione e rarefazione, la frequenza di un suono è il numero di cicli che passano in un secondo in uno stesso punto del mezzo in cui l’onda si propaga. Un soggetto giovane riesce a sentire suoni che hanno frequenze comprese tra 20 Hz e 20 000. La capacità di sentire i suoni diminuisce con l’età, di fatti una persona di mezz’età non riesce più a percepire suoni con frequenze superiori a 12-14 kHz. La frequenza del suono, che è una qualità oggettiva dello stesso va a definire un parametro soggettivo, l’altezza. Un suono con alta frequenza è interpretato dall’orecchio come alto o acuto, un suono con una bassa frequenza è interpretato come basso o grave. Le note della scala cromatica convenzionale, variano in altezza poichè corrispondono a precise frequenze sonore, che vanno da 66 Hz ai 4186 69 s Periodo Ampiezza t 26. Rappresentazione grafica di un’ onda sonora Le note si suddividono quindi in ottave, in base alla loro frequenza, l’ ottava è l’intervallo di 8 note posizionate a frequenza diversa nella scala musicale, l’orecchio umano tende a sentire due note separate da un’ottava come se fossero “uguali”, per questo motivo due note distanti un‘ ottava portano lo stesso nome. Il pianoforte, con i suoi 88 tasti, raggiunge un’estensione di ben 7 ottave. Il Timbro invece può essere definito come la qualità del suono, erroneamente nel linguaggio comune si suol dire “ abbassare il timbro di voce”, in realtà si abbassa l’intensità o il tono e non il timbro. Esso varia in base alla sorgente, per questo siamo in grado di distinguere la stessa nota suonata da un pianoforte o da una chitarra. 5.2 LA PERCEZIONE DEL SUONO MUSICALE La struttura fisica del suono presenta un principio di ordine e di organizzazione che lo predispone ad essere esplorato, selezionato, ordinato e combinato intenzionalmente. L’uomo è da sempre in 70 contatto con fenomeni sonori, è stimolato da essi a manipolarli e convertirli in un veicolo di espressione, di piacere e di elaborazione artistica. Il termine percezione è sinonimo di sensazione e l’atto di percepire sta alla base della conoscenza e nello specifico significa catturare attraverso i sensi qualcosa di estraneo, di esterno rispetto a se stessi. La mente estrae informazioni dalle sensazioni esterne al fine di comprenderle, se ne deduce che noi percepiamo a fondo solo ciò che conosciamo. I veicoli nei quali le informazioni sensoriali si muovono sono l’orecchio, il sistema nervoso e l’epidermide. Avviene in questo modo una trasformazione delle vibrazioni provenienti dall’ambiente in stimoli nervosi, che una volta raggiunto il cervello lo nutrono e lo stimolano. A seconda della frequenza il nervo acustico va a stimolare aree differenti della corteccia, che a sua volta comunica con differenti parti del corpo attraverso trasmissione neurochimica. Partendo da questo principio, attraverso l’ascolto di un suono, può raggiungere ed interagire con qualsiasi parte del corpo.L’udito è responsabile della percezione di sé e del proprio modo di comunicare sia nell’atto verbale, attraverso la voce, che in quello non verbale, attraverso la gestualità e la postura del corpo. Vari studi e sperimentazioni hanno dimostrato come l’ascolto filtrato della propria voce condizioni la voce stessa ed alcuni movimenti del corpo al di là della volontà del soggetto. L’udito ci rende in grado di sentire i suoni, ma non possiamo toccarli, annusarli, o assaporarli. I colori invece si predispongono ad essere percepiti in maniera più fisica e materiale, poichè la nostra conoscenza dei colori proviene dagli oggetti dotati di colore, nonostante il complesso fenomeno della luce, i colori sono strettamente legati agli oggetti che li possiedono, sono materici e tangibili a livello percettivo. I suoni invece non presentano questa dipendenza nei confronti della sorgente, possono essere definiti come “proprietà” ma in maniere diversa dai colori. Gli oggetti non hanno un suono, ma emettono suoni e possono essere percepiti anche senza una causa identificabile dagli altri sensi e dalla vista in particolar modo. 5.3 LA PERCEZIONE ACUSMATICA L’ esperienza di tipo acusmatico deriva dalla caratteristica del suono di essere indipendente dalla sorgente, può esisitere percettivamente anche se l’oggetto che lo causa rimane ignoto. Si racconta che lo stesso Pitagora tenesse le sue lezioni dietro uno schermo, in modo tale che i suoi studenti si concentrassero sul contenuto in se e non fossere fuorviati dalla sorgente sonora. La moderna tecnologia e i riproduttori musicali hanno sancito questo distacco sorgente-suono, che in passato poteva essere riprodotta solo in sala da concerto. Se ne deduce che la musica è un fenomeno esistente di per sè, la natura del suono è quella di essere autosufficiente, per cui l’ascoltatore, immerso in un contesto musicale, la ascolta e la percepisce in quanto musica, senza necessariamente individuare il tipo di strumento che la produce, ascolta il messaggio sonoro e lo codifica indipendentemente dalle conoscenze tecniche e dalla cultura d’origine, risiede proprio in questo la potenza espressiva del linguaggio musicale. 71 5.4 IL RUOLO DELL’ ASCOLTO IN MUSICA. Prima di descrivere il ruolo determinante dell’ascolto musicale, bisogna chiedersi quando e in che circostanze gli eventi sonori, fin qui descritti vengono convertiti e definiti con il termine “musica”? Ovviamente non tutti gli eventi sonori ( comprendenti anche i rumori) possono essere definiti musica e rispondere alla domanda “ cos’è la musica” non è cosa molto semplice, poichè dalla seconda metà del novecento fino ad oggi l’esplorazione delle potenzialità tecniche di nuovi strumenti ( musica elettronica ), il superamento del sistema tonale e del concetto di melodia, la contaminazione dei generi, hanno allargato l’orizzonte concettuale della musica stessa. Per dare una definizione di Musica, è indispensabile concentrarsi sugli elementi certi che la contraddistinguono, uno di questi è l’ intonazione ( la messa in tono di più voci o strumenti ) e del suono, nello specifico. Per far in modo che questi toni vengano percepiti come musica è necessario che siano disciplinati 72 da un codice che li metta in relazione fra di loro e li definisca all’ interno di un evento sonoro organizzato. I parametri utilizzati per la classificazione e l’analisi dei fondamenti del linguaggio musicale sono : Il ritmo, la melodia, l’armonia e il timbro. La conseguenza della trasformazione del suono in musica è che viene automaticamente costituendosi una dimensione comunicativa della stessa, che può essere percepita a prescindere da una conoscenza approfondita dei codici musicali. La musica non necessita di una conversione in discorso musicale, poichè l’attività ancestrale dell’ascoltare e l’elaborazione del suono in messaggio, permette di coglierne l’aspetto comunicativo, senza ulteriore approfondimento o indagine. L’ascolto di musica non è un atto solitario, ma presuppone l’interazione tra sè e un altro, tra la fonte del messaggio sonoro e il recipiente, questo dualismo sta alla base della comunicazione umana a qualsiasi livello. Gli elementi di un discorso musicale possono essere definite come entità, poichè assumono una propria vita e fisionomia, si stratificano all’interno delle varie culture e sono immediatamente riconoscibili, familiari e inconfondibili. L’ esercizio all’ascolto, e il riascolto in particolar modo consentono di acquistare sicurezza e sottigliezza nel percepire le variazioni, gli accenti ritmici, gli elementi peculiari che rendono unica quella particolare melodia. La ripetizione è alla base dello sviluppo del senso musicale a tutti i suoi livelli: nell’ apprendimento, nella costruzione di frasi melodiche, nell’ esecuzione e nella ricezione della stessa. La reintroduzione di una configurazione musicale genera nell’ascoltatore l’attesa del successivo ritorno di essa. La risoluzione o meno dell’attesa, il grado di attenuazione della tensione che nell’attesa è implicita e la generazione di ulteriori attese dipendono dal modo di procedere del “discorso” musicale: esso si comunica all’ascoltatore e ne conquista l’attenzione attraverso una gamma infinita di relazioni tra ripetizione e variazione del già udito, tra elementi familiari e nuovi, tra appagamento e sorpresa. La complessità del fenomeno musicale, ci con- trappone alla facilità con cui si predispone ad essere recepita, con cui riesce a penetrare all’interno dell’animo umano e comunicare stati d’animo comuni nei soggetti ascoltanti. Il riascoltare un brano musicale che si ama produce una soddisfazione che non viene mai meno, questo non succede con altri linguaggi, come la letteratura o almeno non con la stessa potenza e risultante si appagamento. L’esperienza interiore generata dall’ascolto può verificarsi su infiniti livelli. Non esiste un modo di ascoltare la musica. Ognuno di noi investe nell’ascolto energie e inclinazioni diverse. Noi percepiamo nel carattere e nella “vita” degli “individui” musicali qualcosa che corrisponde alla nostra vita interiore: l’intera storia della musica è attraversata da ripetuti e appassionai tentativi di definire questo “qualcosa”. Che si chiami ‘traccia’, ‘riflesso’, ‘eco’, ‘imitazione’, ‘sublimazione’ o quant’altro - quel che importa non sono i termini scelti ma la consapevolezza di una dimensione sempre ulteriore che l’ascolto della musica ci se serba. 73 74 6 . IL VISIBILE DEL SUONO 6.1 I COLORI DEL SUONO NEL TEMPO Come ampiamente descritto nel precedente capitolo, l’intangibilità e fugacità visiva che caratterizzano il suono sia nella fase di ascolto, che nella fase di esecuzione, non lasciano la possibilità di creazione di un supporto fisico per la memoria, se a questo si aggiunge la scarsa capacità evocativa della scrittura musicale se ne deduce quanto sia difficile il suggerimento di sensazioni vicine all’ evento sonoro. Forse proprio per questo la musica è stata oggetto nell’ arco della sua storia di numerosi tentativi di darne delle rappresentazioni visive veritiere in relazione al complesso fenomeno sonoro. Uno degli artisti che ha indagato gli aspetti visibili del suono è stato Vasilij Kandinskij (1866-1944), In particolar modo la sua opera Impression III ( Konzert) traduce in forme e colori le sensazioni provate durante un concerto di musica classica. Impossibile non citare il grande artista tedesco Paul Klee (1879-1940) che ha avuto come unico obiettivo nell’ arco di tutta la sua opera pittorica, il “ rendere visibile l’invisibile ”. La musica ha contribuito alla creazione di un grande quantità di opere figurative, ( la raccolta di Maur del 1985 e l’ esposizione Sons Lumières del 2004 Si tratta di un processo di trasposizione grafica della musica, che affonda le sue radici nel pensiero di Pitagora, che per primo studiò le relazioni numeriche fra le lunghezze e le frequenze dei suoni, attraverso l’uso del monocordo ( descritto nel primo capitolo ), cercò di rappresentare la musica attraverso la perfezione del numero, conferendole quindi una rappresentazione quantitativa. Attraverso la costruzione delle proporzioni musicali si giunge nel Rinascimento alla loro applicazione in architettura, tali costruzioni dovevano essere la rappresentazione dell’armonia del corpo umano e della natura, il termine armonia ci riconduce necessariamente alla musica. Nel De re Aedificatoria ( 1450 ) Leon Battista Alberti, applica le proporzioni musicali alla progettazione architettonica, con l’obiettivo di convertire il piacere dell’ascolto dei numeri musicali in soddisfazione estetica per gli occhi. Il numero si ripresenta più di un secolo dopo nel trattato “Trait d’ union” di Newton (1642- 1727). 75 Egli indaga sulle relazioni fra lo spettro cromatico visibile dei colori e le altezze dei suoni che compongono l’ottava musicale, il tutto basato su una relazione matematica, i rapporti musicali definiscono le dimensioni degli spicchi del cerchio cromatico. Newton non ci fornisce però dei dati scientifici che dimostrino e verifichino l’accostamento di determinati suoni a determinati colori, si tratta di un’ imposizione sui colori delle leggi che regolano i suoni, la scientificità di tale accostamento rimane solo apparente. Nel secolo successivo Goethe (1749-1832) criticherà l’approccio forzatamente scientifico di Newton, sostenendo che le relazioni fra suono e immagine andasserò ricercate attraverso lo studio delle reazioni emotive che tali elementi sucitano nell’animo umano. Egli non nega quindi che sussista una connessione fra suono e colore, ma si tratta di una suggestione emotiva e non può essere spiegata scientificamente poichè sosteneva che: “ Colore e suono sono due fiumi che nascono dalla stessa montagna, ma scorrono in condizioni del tutto diverse”. 76 Nella sua indagine Goethe si concentra sulle opposte reazioni che la scala minore ( malinconica, riflessiva) e la scala maggiore ( brillante, gioiosa ) suscitano nell’animo umano, cercando di attribuire alle due scale condizioni cromatiche differenti. Per affettuare questi accostamenti si basa sulla componente energica del colore, utilizzando colori caldi per la tonalità maggiore, e i colori freddi per la tonalità minore. Indaga anche sulla componente timbrica, attribuendo i colori a strumenti musicali differenti: Indaco per il violoncello, azzurro per la viola e violino, giallo per il clarinetto, rosso per la tromba. Ci si trova quindi davanti a un bivio, diviso su due posizioni estreme: La prima basata sulla ricerca di dati scientifici quantificabili, l’altra, senza ombra didubbio più affascinante e romantica, sullo studio delle sensazioni prodotte dal connubio suono-immagine. Continuiamo la nostra indagine cercando di definire il rapporto tra suono e immagine in tutti i suoi aspetti, attraverso la scomposizione di entrambi i fenomeni e le anologie che hanno in comune. 26. Vassiily Kandinskij Impression III (concerto) 1911 Seguendo le orme di Goethe, l’ingegnere francese Louis Favre nel suo libro “ La music des colouers” si concentra sulle percezioni comuni che determinati suoni e colori negli individui, escludendo a priori qualsiasi spiegazione o dimostrazione di tipo numerico-scientifico. Va a invece a individuare nei colori, quelle qualità riscontrabili nei suoni, nello specifico: Altezza, intensità, timbro e durata. Il termine di paragone e comparazione fra i due fenomeni e la capacacità di sollecitazione, in base a questa Favre definisce i seguenti punti: Altezza: I suoni gravi sono associati ai colori scuri, poichè comunicano pesantezza e profondità. I suoni acuti vengono invece associati ai colori chiari, le risultanti percettive comuni sono l’ allegria, la dinamicità ecc.. Intensità: Equivale alla propagazione del colore nello spazio, così come un suono che varia dal piano al forte. Timbro: La qualità del suono viene tradotta con il rapporto colore-supporto materico. Durata: Equiparata al silenzio, all’assenza di colore. Negli anni successivi un altro francese Maurice Touzè si pone gli stessi obiettivi di Favre, discostandosi per molti aspetti e sottolineando le imprecisioni del suo codice nel libro “ Les sons et les Couleurs” (1946). Touzè mette in evidenza una serie di errori compiuti fino a quel momento dagli scenziati e artisti che avevano studiato e ricercato le analogie fra suoni e colori. Il primo errore, secondo Touzè, è di aver confrontato tutti i colori dello spettro con la scala diatonica, che contiene solo la metà dell’intera scala cromatica utilizzata in musica. Un altro aspetto per nulla considerato dai suoi predecessori è che l’orecchio umano è in grado di percepire gli stessi suoni in 8 ottave differenti, questo non avviene coi colori per i quali l’occhio ne percepisce una soltanto: Lo spettro cromatico visibile. Per Touzè la soluzione sta nel rappresentare i suoni e i colori alla stessa maniera, in termini di qualità, quantità e proporzioni. Per anologia dispone i 12 suoni della scala cromatica e i colori delle spettro anchessi suddivisi in 12 parti in 2 circonferenze distinte e separate. 77 f e g d a c b Segmenti I 12 colori sono disposti su una circonferenza, con i tre colori primari collocati ai vertici di un triangolo equilatero, i restanti colori sono ricavati dalla mescolanza dei primari. Il cerchio dei suoni è invece ottenuto disponendo i 12 suoni a intervalli di quinta. Con questo espediente rappresentativo Touzè non si pone l’obiettivo di dimostrare che un determinato suono preso come entità unica possa evocare un preciso colore, ricerca invece dei comportamenti analoghi intorno alla caratteristica della “neutralità”. La mescolanza di tutti i colori del cerchio danno come risultato un grigio neutro, così come la mescolaza delle singole note produce degli accordi neutri. In conclusione si può affermare che determinati suoni e colori sono in grado di suscitare percezioni comuni far gli individui, nonostante non si possa affermare con certezza che il DO è violetto, e il Re è invece azzurro, la mescolanza delle note in una melodia procura delle percezioni di tipo spirituale, ed evocativo analoghe fra soggetti di età , sesso e culture diverse, si tratta quindi di percezioni intersoggettive. 78 Note Intervalli SOL DE 1/9 LA EF 1/16 FA FG 1/10 SOL GA 1/9 LA AB 1/10 MI BC 1/16 FA CD 1/9 SOL 27. 27. Cerchio cromatico di Newton, suddiviso in 7 parti: DE, EF, FG, GA, AB, BC, CD, ciascuna parte è proporzionale alle 8 note che compongono l’ ottava, a loro volta proporzionali ai numeri 1/9, 1/16, 1/10, 1/9, 1/10, 1/16, 1/9. 28. Goethe (1808 ) : Rappresentazione del “colore energico”, i colori che prevalgono sono il porpora e il giallo, associati alla tonalità maggiore. 28. 29. Goethe (1808) : Rappresentazione dell’ effetto blando, in questo caso prevalgono i colori tra il porpora e il verde, associati alla tonalità minore. 29. 79 Ivan Wyschnegradskij (1943-44) : Progetto per 30. un mosaico luminoso per una cupola. L’andamento periodico dei 12 colori è associato al medesimo andamento dei 12 suoni della scala cromatica. Pierr Karinthi : Rappresentazione cromatica del 31. valzer op. 69 di Chopin. La forma regolare in basso rappresenta la mano sinistra che esegue l’accompagnamento, la forma in alto è la trasposizione della melodia, suonata con la mano destra. La linea di base è convessa nelle battute 1,3 e 5, concava per le battute 2 e 4. Pierr Karinthi : Visualizzazione cromatica degli 32. accordi della prima e della seconda battuta della partituta musicale. Una battuta ha un angolo di 32° e la distanza di C3, E3, G3 e C4 da C1 è in relazione alla frequenza del suono. Es. C3 e C4 distano un ottava secondo la proporzione 2:1. Corrispondenze fra colori e suoni secondo i 33. rispettivi autori dal 1704 al 2004. 30. 31. 80 32. AUTORE ANNO ISAAC NEWTON 1704 LOUIS BERTRAND CASTEL 1734 GEORGE FIELD 1816 D. D.JAMESON 1844 H. VON HELMOTZ 1867 THEODOR SEEMAN 1881 A. WALLACE REMINGTON DO RE MI FA SOL LA SI 1893 BAINBRIDGE BISHOP 1893 ALEXANDER SCRIABRIN 1911 ADRIAN BERNARD KLEIN 1930 AUGUSTE AEPPLI 1940 I. J. BELMONT 1944 STEVE ZIEVERINK 2004 33. 81 HZ Intervalli DO RE MI FA SOL LA SI 523 587 659 698 784 880 987 10/10 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 34. 6.2 IL CODICE DI LUIGI VERONESI Artista milanese della seconda metà del 900’, Luigi Veronesi, ha studiato per 15 anni il rapporto suono/colore, pubblicando nel 1977 il frutto dei suoi studi nel libro “ Proposta per una ricerca sui rapporti suono-colore” Siemens Data editore. Veronesi studia dapprima i fenomeni fisici del suono e del colore, rintracciandone i tratti comuni. Sia il suono che il colore sono il prodotto di onde che si propagano nello spazio, il rapporto fra l’estremo viola e l’estremo rosso dello spettro visibile, secondo Veronesi è pari a 1/2, esattamente come nella frequenza delle ottave musicali dal DO al DO. Per riprodurre l’intera gamma delle ottave di un pianoforte, Veronesi utilizza la saturazione o la luminosità come parametri principali, poichè man mano che si sale lungo le ottave il suono si alleggerisce, divenendo più acuto del 50% ed anche La saturazione diminuisce in proporzione. Il procedimento è analogo se si utilizza la luminosità come parametro per la definizione delle ottave musicali. 82 Veronesi si concentra in oltre sul rappresentare geometricamente la durata delle singole note, per far ciò utilizza il rettangolo ( per la sua forma astratta e la facile leggibilità), in modo tale che la durata di ogni singolo suono si traduca in proporzione attraverso la dimensione del rettangolo. L’unità di misura scelta è il mm, che rappresenta il limite massimo in cui l’occhio umano riesce a distinguere valori differenti della stessa zona cromatica, proprio in 1 mm Veronesi definisce la dimensione della figura musicale più breve: La semibiscroma. Una semiminima di 90 periodi al minuto corrispondeva a un rettangolo con base di 16 mm, la semibreve con la durata di 64/64 è rappresentata da un rettangolo con base di 64 mm e altezza doppia rispetto alla base. Le pause e i silenzi vennero tradotte da Veronesi con le tonalità di grigio medio e grigio neutro (50 %) perchè esso produce nell’occhio un’ eccitazione cromatica pari a 0, quindi riconducibile al silenzio e alla pausa musicale. 34. Veronesi: Rappresentazione schematica del rapporto fra le frequenze delle note della scala diatonica e le frequenze dei colori dello spettro cromatico. 128 mm 64 mm 1 1/2 1/4 1/8 1/16 1/32 1/64 35. 35. Veronesi: schema di interpretazione formale delle durate musicali e dei rapporti matematici che instaurano fra loro. la larghezza del rettangolo è pari a 1 per la semibreve, 1/2 per la minima, 1/4 per la seminima, 1/8 per la croma, 1/16 per la semicroma, 1/32 per la biscroma, 1/64 per la semibiscroma. f s ff f m f mP P PP PPP 36. Veronesi: Interpretazione delle dinamiche musicali, il paramentro che varia in questo caso è l’altezza del rettangolo, in funzione della durata delle figure musicali. 4/4 sf 1/8 1/16 36. 83 lumin. 50% Sat. 100% Sat. 50% 37. Veronesi: Rappresentazione cromatica di 4 ottave del pianoforte. I parametri che definiscono la crescita di frequenza dei suoni lungo le ottave sono la luminosità e la saturazione, i quali aumentano rispettivamente del 50 % per ogni ottava. 38. 84 38. Veronesi: Trasposizione cromatica del contrappunto n.1 di J. S Bach. L’ interpretazione di Veronesi tiene conto dei parametri descritti in precedenza: Altezza dei suoni, definizione delle ottave, durata delle figure musicali. 39. Veronesi: Interpretazione cromatica di Gnossien, opera del compositore e pianista francese E. Satie (1866- 1925). 39. 85 40. L’esperimento dello psicologo tedesco kohler (1933) 6.3 LA VISUALIZZAZIONE MUSICALE Con Il termine visualizzazione si intende, nella sua accezione più specifica, la visualizzazione di informazioni attraverso un codice strutturato, è errore comune racchiudere all’interno del termine visualizzazione, qualsiasi artefatto che comunichi sotto forma di immagini. Nei paragrafi precedenti abbiamo compreso come sia impossibile determinare quale sia il codice di corrispondenza suono colore migliore o che generi delle percezioni al 100% oggettive. Questo non significa che le teorie del passato siano del tutto prive di fondamento, il loro valore non va ricercato nella “ verosimiglianza dei singoli elementi, ma all’interno dei rapporti delle scale o matrici utilizzate” ( Gombrich in Riccò p. 56). Le percezioni cromatiche date dai suoni sono influenzate dalle percezioni di ogni singolo individuo, esistono però delle costanti associative, che possono dar luogo a percezioni inter-soggettive, che costituiscono un buon punto di partenza per lo sviluppo di nuovi codici cromo-musicali sempre più 86 “precisi” e di artefatti didattici che li utilizzino. Per comprendere meglio cosa di intende per percezione intersoggettiva, può essere utile ricorrere al linguaggio verbale, e ai risultati sinestetici generati dal suono delle parole. L’esperimento dello psicologo tedesco kohler (1933) consisteva nel confronto di due parole inventate “Maluma” e “Takete”, entrambe associate a 2 immagini, una caratterizzata da linee morbide, l’altra da linee spezzate. Il risultato dell’ esperimento fu che la maggioranza delle persone, anche di cultura diversa, associava la parola “takete” alla figura spezzata e “Maluma” alla figura morbida, questo dimostra l’esistenza di percezioni comuni fra gli individui. Le corrispondenze fra suono e immagine vanno dunque ricercate nell’ambito di tali percezioni comuni, queste possono essere riscontrate nella struttura che compone un determinato brano musicale, nella relazione delle parti (note) che concorrono a dar forma al tutto (melodia), ma anche nelle reazioni emotive comuni che alcune combinazioni di note suscitano negli ascoltatori: es. tonalità maggiore e tonalità minore. “ Il colore è un mezzo in grado di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde ” Vasilij Kandinskij 87 41. HPSCHD. John Cage. (1969) 3.5.1 LA VISUAL ART : LA PERFORMANCE DIGITALE FRA MUSICA E COLORE La visual art e l’avvento delle nuove tecnologie permettono oggi di giungere a rappresentazioni del suono sempre più complesse e affascinanti, in grado di suscitare nello spettatore percezioni sinestetiche multiple, coinvolgendo tutto lo spettro sensoriale. L’ impiego dei computer negli ultimi 20 anni è cresciuto vorticosamente in ambito artistico e ha avuto come conseguenza la necessità di adottare nuove denominazioni quali: New media art, computer art ecc.. La convergenza di più linguaggi attraverso il medium digitale, e in particolar modo l’interazione fra suono e immagine, hanno cambiato radicalmente l’arte contemporanea e la percezione della medesima da parte dei suoi fruitori. La visual art e il rapporto che instaura con la musica, affonda le sue radici nella straordinaria figura di John Cage ( 1912-1992 ), una delle personalità più influenti del 900, figura centrale nell’evoluzione 88 della musica contemporanea, considerato la guida dell’avanguardia musicale e della nuova multimedialità. Padre degli happening musicali, fra le sue opere più conosciute e controverse spiccano “ 4’ 33’’” (1947) e HPSCHD (1969). Nella prima Cage mette in scena la teatralità della musica, attraverso l’assenza del suono. HPSCHD (fig.41) è un’ opera multimediale, realizzata da Cage con l’ausilio di software progettati in collaborazione con l’università dell’Illinois. Il risultato fu la realizzazione di un video che convertiva in immagini, una selezione di 7 opere classiche: Beethoven, Chopin e Schuman e “Winter music” dello stesso Cage. Del 1969 è la celebre opera “ Empire” di Andy Warhol (Fig.42), lungometraggio in bianco e nero della durata di 8 ore che riprendeva L’ Empire State Building di New York. L’ opera è stata riprodotta nel 2010 al Varsity theater, nel Nord Carolina, accompagnata da musica dal vivo. “ Blue ” di Dereck Jarman (fig.43), è un’ opera cinematografica del 1993, caratterizzata di un unico fotogramma blu oltremare, fa da sfondo la colonna sonora composta da Simon Fisher Turner. 42. Empire. Andy Warhol (1969) Distanziandosi dall’ambito artistico, un’ altro esempio di visualizzatore musicale digitale è rappresentato da MilkDrop (fig.45), sviluppato nel 2001 da Ryan Geiss per Winanp. Si tratta di un Plug-in che permette le visualizzazioni musicale tramite dei preset impostati dall’utente. Ho volutamente limitato l’ analisi tutte le opere digitali, artistiche e non, che non sono caratterizzate dall’ interazione piena e consapevole da parte dell’utente Il motivo di tale esclusione è che non si tratta di vere e proprie visualizzazioni musicali, poichè come spiegato nel capitolo precedente, per visualizzazione si intende si intende la trasmisione di dati, visibili e riconoscibili dallo spettatore. L’utente non può risalire a tali dati, ai parametri che determinano il risultato finale, non può quindi interpretare e rielaborare alcunchè, a posteriori, perchè nella maggior parte dei casi si tratta di programmi ad elaboratore, il linguaggio macchina rimane nascosto. Se invece si osserva un’ opera pittorica, oltre alla componente emozionale e alle sensazioni irrazio- 43. Blue. Dereck Jarman (1993) nali che suscita, è possibile codificarne gli elementi che la costituiscono, analizzarli e rielaborarli, lo spettatore svolge un ruolo attivo e interpretativo. Nelle opere di visual art vi è invence una “combinazione di suoni ed effetti visivi complementari in un’ unità olistica” ( Levin, 2000, trad. it. p. 46), il fruitore subisce in modo passivo lo stimolo sensoriale. Quanto asserito non vuole in alcun modo sminuire la qualità di tali opere, ma le differenzia dalle elaborazioni di tipo pragmatico, che non hanno un fine puramente artistico, ma anche, didattico ed educativo, vivono quindi dell’interazione diretta con l’utente. Non tutti i ricercatori ci forniscono la stessa definizione di “visualizzazione”, lo studioso Lev Manovich sostiene che qualsiasi trasformazione di dati in rappresentazione visiva può essere considerata di per sè una visualizzazione. In definitiva si può affermare che le opere di Visual art, hanno aperto la strada e contribuito allo sviluppo e alla progettazione degli elementi che definiscono oggi le corrispondeze suono-immagine, e soprattutto alla sperimentazione sui possibili utilizzi in previsione di scenari futuri. 89 44. Pink Floyd The Wall (1982): Film diretto da Alan Parker, trasposizione cinematrografica dell’ album The Wall dei Pink Floyd. Nell’immagine la conversioni in forme e colori della traccia “What shall we do now”, i 2 fiori animati realizzati da Gerard Scarfe, danzano e si trasformano in relazione al crescendo drammatico della struttura melodica in tonalità minore. 45. Milkdrop : Plug in per la visualizzazione musicale, con accellerazione hardware, sviluppato da Ryan Geiss nel 2001. Milkdrop utilizza le direct a attraverso un sistema di interpolazioni renderizza immagini che creano un’ esperienza visica che varia nel tempo. Le forme e le onde possiedono delle variabili, che una volta modificate permettono all’autore di modificarne forma, dimensione e la posizione sullo schermo. 90 46. Golan Levin, Messa di voce (2003): Opera interattiva in grado di visualizzare la voce in tempo reale. Il software rileva la frequenza e la complessità della voce e ne restituisce una grafica espressiva corrispondente. Il progetto tocca i temi della comunicazione astratta, delle relazioni sinestetiche in un contesto ludico e interattivo. 47. Performance live di visual music. L’autore Golan Levin utilizza una penna grafica e la tastiera per fornire un input al computer. Tali dati vengono elaborati, proiettati e trasformati in segnale audio in tempo reale. 46. 48. Video mapping Duomo di Milano ( 2015): Il fenomeno del video mapping, sempre più diffuso in tutto il mondo, costituisce un ottimo esempio di simbiosi fra musica e immagine. 47. 48. 91 92 93 94 95 Cos’è musico Musico è un gioco didattico educativo finalizzato a un primo approccio informale alla musica da parte dei bambini dai 3 ai 9 anni di età, proprio in questi anni, come illustrato nei capitoli precedenti, il gioco diviene un’ attività essenziale per una corretta crescita individuale e sociale. L’ obiettivo è stato di fondere in un unico dispositivo, gli elementi cardine dei metodi didattici sperimentali trattati in questa tesi, considerandone gli elementi peculiari e gli aspetti comuni. La struttura riprende morfologicamente e funzionalmente la forma di un giradischi, la scelta di tale forma deriva dalla ricerca di un gesto semplice e istintivo che il bambino potesse compiere senza nessuna difficoltà e soprattutto senza necessaria- 96 mente acquisire particolari abilità tecnico-motorie che, caratterizzano viceversa lo studio degli strumenti musicali tradizionali. Tale gesto consiste nel ruotare il disco di Musico in una sorta di centrifuga della musica. La manipolazione dei dischetti tonali e la successiva disposizione degli stessi sul disco, consentirà al bambino di riprodurre semplici melodie per imitazione e in un secondo momento sperimentare con le infinite combinazioni di note ottenibili con Musico. Ogni dischetto tonale presenta un colore diverso, a ciascun colore è associata una nota della scala cromatica musicale, ( si va dal violetto per il DO fino al rosso per il Si ), esattamente come nei colori dello spettro visibile. Dopo un’ attenta ricerca sugli studi studi condotti fin da Newton sulle corrispondenze percettive fra suoni e colori si è scelto di utilizzare il codice cromatico di Luigi Veronesi, artista milanese attivo negli anni 70 che, più di tutti ha cercato di determinare scientificamente le corrispondenze fra le altezze dei suoni della scala musicale e le frequenze delle lunghezze d’onda dei colori che compongono lo spettro cromatico visibile. La magia del colore che diviene musica diventa realtà per mezzo di Arduino, la famosa scheda open source made in Italy conosciuta ed utilizzata in tutto il mondo, e grazie alla tecnologia Rfid ( Radio-Frequency-IDentification). Arduino è posizionato all’ interno della cassa ar- monica di Musico e riconosce per mezzo di lettori Rfid ciascun dischetto colorato, restituendone immediatamente la nota corrispondente. Musico è essenzialmente un giocattolo, ma sopratutto uno strumento didattico che, non ha la pretesa e la presunzione di insegnare la teoria e la pratica musicale in modo completo e dettagliato, non sostituisce in alcun modo i tradizionali metodi didattici, utilizzati nelle scuole primarie e nelle scuole ad indirizzo musicale in Italia e nel mondo. Musico si pone come “ facilitatore” dell’ apprendimento musicale, un medium fra tradizione e innovazione che consente al bambino di assorbire in modo del tutto informale, attraverso il gioco, gli elementi basilari che costituiscono la musica. 97 98 “ Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. ” Danny Boodman T.D Lemon Novecento ( La leggenda del pianista sull’oceano) 99 Descrizione degli elementi prinicpali CASSA ARMONICA La scocca di Musico trae ispirazione da un elemento iconico della tradizione musicale: La cassa armonica dei comuni strumenti acustici a corde. Esattamente come avviene nel corpo di un violino, le due chiavi consentono di amplificare il suono prodotto dai due speaker grazie al fenomeno della risonanza. L’obiettivo è di mantenere una memoria evocativa verso la tradizione musicale del passato, all’interno di un oggetto essenzialmente moderno. La scocca ingloba al suo interno Arduino e il relativo circuito elettronico che da vita alla magia della musica. VANO CONTENITORE Contiene 70 dischetti tonali. DISCHETTO TONALE Ciascun dischetto tonale presenta un colore univoco associato a una determinata nota della scala cromatica. Il colore permette al bambino di visualizzare il suono, per mezzo di una percezione sinestetica. La possibilità di manipolare e sperimentare con le infintite combinazioni di note e colori, garantisce al bambino un apprendimento immediato, accresce le capacità di memoria e sintesi, lo sviluppo del senso melodico e dell’orecchio musicale. 100 DISCO RITMICO Il disco ritmico restituisce un ‘ immagine immediata della composizione musicale, un pentagramma visivo dove le figure musicali sono sostituite dai colori. Ruotando il disco in una sorta di centrifuga musicale, il bambino assimila per mezzo di un gesto motorio semplice, la capacità di contare in musica e di suddividere il tempo in ostinati ritmici. CHIAVE DI MUSICO L’ equivalente della chiave di violino sul pentagramma musicale, non emette nessuna nota. Determina il punto di partenza per la lettura della melodia e al completamento di ogni giro del disco, esegue uno switch dalla riga esterna a quella interna e viceversa. 101 Ritmo / Durata METODO SUZUKI Didattica per imitazione: Suonare come parlare Democrazia del talento musicale Note es nt i Si Partecipazione attiva dei genitori e degli insegnanti Sviluppo di un senso musicale collettivo Orecchio musicale Res GORDON AUDIATION zi t i tu on Apprendimento di tipo informale Ascolto corporeo Tempo e Ascolto condiviso Ambiente musicale favorevole Armonia Obiettivi didattici: Sintesi dei metodi Il maestro Suzuki sosteneva che ogni bambino possedesse un talento musicale innato, una predisposizione naturale verso questa disciplina, antica quanto il mondo stesso. La formazione di bravi musicisti non era il suo unico scopo, egli attribuiva alla musica un ruolo ben più elevato, il suo obiettivo era di formare dei buoni cittadini, sensibili, disciplinati e con un “ buon cuore”. Suzuki si riferiva al bambino con il termine “ kodakara”, che nella lingua giapponese significa “ bambino tesoro”. Sono proprio queste le premesse che hanno costituito un terreno fertile per la nascita e la crescita del progetto Musico. Dallo studio del Suzuki e degli altri metodi didattici che ne sono scaturiti, ci si è concentrati sulle peculiarità e gli aspetti comuni di 102 ciascun metodo, al fine di creare un gioco didattico che li potesse inglobare in modo da garantire al bambino una completa formazione pre-musicale. Il primo aspetto comune riscontrato è la didattica di tipo imitativo, far sì che il bambino assimili in modo del tutto informale e senza sforzo gli elementi principali della musica, attraverso l’attivazione dei neuroni specchio e la ripetizione di una frase melodica più e più volte. La ripetizione stimola infatti la memoria e ne consegue lo sviluppo dell’ “orecchio assoluto”, la capacità di riconoscere un determinata nota a differenti altezze (ottave), timbri e in relazione al contesto ritmico e melodico. L’ altra componente comune è lo sviluppo della coordinazione mente-corpo, attraverso la continua Intelligenza PEDAGOGIA KODALY Creatività As co Sviluppo dell’intonazione e dell’orecchio Segmentazione del ritmo Ritmica di tipo gestuale lto Codice visivo alternativo alla notazione tradizionale Fantasia zio ne METODO YAMAHA Dinamiche di gruppo ita Im Memoria Giochi collettivi Rappresentazione visiva della melodia Priorità della pratica strumentale prima, poi alla della teoria Coordinazione ripetizione di un gesto motorio, un ascolto musicale di tipo corporeo. Il corpo è infatti lo strumento principale a nostra disposizione per fare esperienza della realtà sensibile che ci circonda, esperire la musica attraverso di esso predispone il bambino a comprendere la pulsazione ritmica e il tempo musicale, lo rende capace di suddividerlo in ostinati ritmici ( Pedagogia Kodaly), di contare in musica. Un accrescimento del legame mente-corpo predispone il bambino a un futuro studio di uno strumento musicale, ogni strumento richiede infatti particolari abilità tecniche e posture specifiche delle mani e del corpo. Da non sottovalutare è la costruzione di un codice visivo immediato, semplice ed intuitivo che si pon- ga come alternativa alla notazione e alla nomenclatura tradizionale. Solfeggiare con forme e colori, manipolarli e combinarli in una sorta di puzzle musicale può costituire una valida e divertente alternativa ( nella fase di studio iniziale) alle noiose pratiche di solfeggio e allo studio teorico in generale. Kodaly utilizzava la chironomia e la sillabazione ritmica per introdurre gradualmente i suoi studenti alla lettura delle note sul pentagramma. Per ultimo, ma di certo non per importanza, tutti i metodi presi in analisi da questa tesi considerano la musica essenzialmente come una pratica collettiva, FARE MUSICA in gruppo ed imparare divertendosi garantisce una crescita collettiva, stimola l’ altruismo, la collaborazione e il confronto. 103 c : 88 r:0 m : 77 g : 0 y:0 b : 255 k:0 Re Do c : 56 r:0 m:0 g : 255 y : 45 b : 255 Mi r : 255 c : 27 g:0 m : 82 b : 255 y:0 k:0 Si r : 255 c:0 g:0 m : 97 b : 128 y : 14 k:0 k:0 c : 56 r:0 m:0 g : 255 y : 45 b : 128 Fa k:0 LA r : 255 c : 0 g : 128 m : 61 Sol c : 47 r : 128 m:0 g : 255 b:0 y : 100 k:0 y : 100 b : 0 k:0 49. Cerchio cromatico di Veronesi. Il codice cromatico La rappresentazione visiva delle note musicali attraverso il colore costituisce un’ ottima opportunità di apprendimento informale, consente al bambino di memorizzare e distinguere in tempi decisamente più brevi, l’altezza delle singole note e la relazione che instaurano fra di loro. Gli studi di Kodaly hanno dimostrato che lo sviluppo dell’orecchio assoluto può essere ottenuto attraverso l’esercizio mnemonico e il consenguente riconoscimento di ogni singola nota, ma soprattutto sviluppando la capacità di mettere in relazione la nota precedente con quella successiva, all’interno di un contesto melodico. Così come un colore può apparirci diverso se, messo in relazione o sovrapposto a un altro, lo stesso può avvenire in musica, cambiando 104 l’ordine delle note, ci rendiamo conto ( se possediamo un orecchio sensibile alla musica) che la sensazione uditiva per ogni singola nota muta in relazione al contesto ritmico e melodico. La manipolazione e la combinazione dei colori consente al bambino di visualizzare questi passaggi in modo semplice ed intuitivo, senza necessariamente passare fin da subito a pratiche noiose quali il solfeggio cantato e lo studio teorico. Come analizzato nel capitolo 6, fin da Newton numerose figure, fra scenziati e artisti hanno indagato le corrispondenze fra suono e colore, sia dal punto di vista scientifico ( relazione fra le onde elettromagnetiche e le onde sonore), che dal punto di vista delle percezioni intersoggetive di tipo emotivo. Do : 262 hz Re : 294 hz Mi : 330 hz Fa : 349 hz Sol : 392 hz La : 440 hz Si : 494 hz Il codice cromatico scelto per i dischetti tonali di Musico si rifà agli studi condotti da Giovanni Veronesi negli anni 70, artista che più di tutti ha indagato dal punto di vista scientifico le corrispondenze visive fra le onde elettromagnetiche che costituiscono lo spettro visibile e le frequenze che determinano le note della scala cromatica ( vedi Cp. 6.2). In figura sono riportati i valori RGB e CMYK dei colori corrispondenti ad ogni singola nota, (si va dal violetto per il do fino al rosso per il si), i colori delle note di Musico ricostruiscono l’intero spettro cromatico visibile della luce bianca. Lo studio di Veronesi ha cercato di coprire l’intera gamma delle frequenze e della relative ottave, ma, per le finalità didattiche che Musico persegue sono stati volutamente eliminati i semitoni (diesis) e ci si è concentrati su un’ unica ottava musicale, precisamente la quarta, compresa fra i 262 hz per il Do fino a 494 hz per il Si. La scelta di eliminare i semitoni è scaturita dal fatto che in un primo approccio informale alla musica, i metodi didattici analizzati in questa tesi prevedono l’ utilizzo dei toni principali o addirittura una scala pentatonica ( do-re-mi-fa-sol) che consente di riprodurre una grande quantità di semplici canzoni per l’infanzia. Ogni dischetto fornisce un’ univoca informazione cromatica, non presenta alcun richiamo sotto forma di testo o grafica alla nota corrispondete, questo per favorire la memoria e lo sviluppo dell’orecchio. 105 Finalità didattiche del disco musico Chiave di musico L’ equivalente della chiave di violino sul pentagramma musicale, non emette nessuna nota. Determina il punto di partenza per la lettura della melodia e al completamento di ogni giro del disco, esegue uno switch dalla riga esterna a quella interna e viceversa. Dischetto tonale Un colore univoco identifica ciascuna nota per consentire lo sviluppo dell’orecchio musicale. Non è presente nessun riferimento sottoforma di testo o grafica, al fine di stimolare una percezione sinestetica che favorisca la memorizzazione in relazione al colore. Durata Ciascun dischetto suona per una durata massima di 4/4 (semibreve). Il bambino può decidere quanto tempo soffermarsi su ogni singola nota, in funzione della melodia riprodotta. Attraverso la suddivisione del tempo in ostinati ritmici Musico offre la possibilità di solfeggiare e introduce il bambino allo comprensione informale della durata figure musicali. Cerchi di lettura I dischetti tonali vengono posizionati in sequenza e in senso orario partendo dal cerchio più esterno, fino a completamento dei 35 slot disponibili sul disco. 106 Scansione ritmica La disposizione dei dischetti a distanze differenti, ma proporzionali, consente di variare la scansione ritmica della melodia, favorendo l’apprendimento del tempo musicale. Lo stesso risultato può essere ottentuo aumentando la velocità di rotazione del disco. 1 1. Disposizione dei dischetti tonali sul disco di musico La fase di composizione può avvenire staccando il disco dal relativo supporto e disponendo i dischetti in senso orario, posizionando il primo subito dopo la chiave di musico, fino al riempimento dei 35 slot disponibili. 2 2. Completata la disposizione dei gettoni, il disco può essere facilmente posizionato sulla struttura per la fase di verfica e restituzione della melodia. 3 3. La rotazione viene eseguita inserendo il dito indice nell’apposito foro e in senso antiorario come suggerisce l’infografica presente sul disco. Un gesto semplice e intuitivo alla portata di ogni bambino, non richiede particolari abilità tecniche e motorie. 107 108 109 Componente elettronica e funzionamento Batteria 9 v Lettori Mifare Rfid musico è alimentato da un’ unica pila da 9 volt. I 2 lettori Rfid ( Radio-Frequency-IDentification) sono posizionati nell’area sottostante al disco, a una distanza pari a 2 cm da esso. Il primo è posizionato in corrispondenza della chiave di musico, il secondo è ruotato leggermente a sinistra per facilitare il passaggio dalla prima alla seconda riga durante la rotazione. Arduino UNO Per il prototipo di musico sono stati utilizzati 2 Arduino UNO, ma per abbattere ulteriormente i costi e gli ingombri dimensionali possone essere rimpiazzati da due Arduino Pro Mini. Arduino UNO Arduino riconosce il codice univoco appartente a ciascun Tag Rfid che transita nel campo magnetico dei lettori, elabora l’ informazione e restituisce la frequenza della nota corrispondente. La scheda ha in memoria i codici di 70 Tag. Speaker Il suono fuoriesce attraverso due altoparlanti da 8 Ohm. Per aumentare il volume del suono il circuito può essere predisposto di un’uscita ( Jack ), al fine di collegare il dispositivo a un amplificatore. Area di lettura : Altezza massima = 2 cm 110 Speaker Area di lettura 2 Area di lettura 1 Segnalazione riga di lettura Interruttore per l’accensione Riga di lettura 111 50 mm 320 mm Dimensioni 320 mm 112 1 2 3 4 5 6 7 Sequenza di montaggio 113 114 115 116 117 Lezioni di musico con il piccolo Filippo 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 BIBLIOGRAFIA Azzolin M., “ Suoni e musiche per i piccoli”, Ericksson, 2009. Baroncini G., “ Colori e suoni fra Newton e Goethe”, 1989. Bova A., “ Giocare con la musica”, Ericksson, 2003. Cage J., “ The sound of colors”, London, Thames and Huston, 1993. Dalcroze E., “ Il ritmo, la musica e l’educazione”, Torino, ERI, 1986. Della Marina A., “ Il rapporto suono-colore nella metodologia di Luigi Veronesi, Milano, Fascicolo, 2002 Facchin G., Caroldi M., Cristina M., “ Oggetti sonori. Attività per scoprire, costruire e giocare con il suono ”, Materiali per l’educazione, Ericksson, 2005. 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